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Sanremo: crogiuolo di voci e note
Musicando
di Gabriele Biancardi
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SANREMO
IL CROGIUOLO DI VOCI E NOTE
“Chi vince festeggia, chi perde spiega”. Il motto inventato dal guru del volley, Julio Velasco lo possiamo applicare a questo festival di Sanremo dai numeri panciuti. Già, cinque serate che hanno fatto segnare picchi di ascolto da capogiro per i vertici Rai e per tutti coloro, Amadeus in primis, che lo hanno confezionato. Certo, qualcuno potrà obiettare e dire che la quantità non fa la quantità, anche ciò è vero, ma per coloro che vendono gli spazi pubblicitari durante la settimana, poco importa. I profitti legati al festival fanno sorridere fino alla paresi gli economi della tv di stato (si dice ancora?). Poi c’è la musica ovviamente. Non dobbiamo più ragionare nei termini di bella o brutta, ma di target. Oggi il target, il bersaglio in italiano, conta tantissimo e il festival, da anni direi, cerca di colpirne il maggior numero possibile. Ecco perché non dobbiamo stupirci di trovare Gianni Morandi e Iva Zanicchi, al fianco di Rkomi o Tananai. Si cerca di spaziare in un raggio anagrafico il più ampio possibile. Ami il cantautorato? Nessun problema! Ecco Giovanni Truppi, ti piace il reggaeton di Ana Mena, romanticismo che cola? Via di Moro/Elisa/Ferreri. Il tormentone è assicurato da La rappresentante di lista. La loro “ciaociao” ci farà compagnia molto a lungo. I giovani non ci sono più, o meglio, lo sono anagraficamente, ma tutti sanno già come si muove il carrozzone. Sangiovanni, Tananai, Yuman, Matteo Romano, sono coloro che viaggiano nelle classifiche. Che effettivamente hanno il tempo che trovano. Lo dimostra ampiamente il “caso” Tananai. Ultimo al sabato sera, ma suonatissimo tra radio e spotify. Togliendo la classifica delle “nuove proposte”, può stridere l’accostamento tra Akaseven e Massimo Ranieri. Ma a pensarci bene, forse male non fa. Se la musica è davvero la forma di democrazia più genuina, perché inscatolare in categorie gli artisti? Certo, la bellezza sta nel commentare ogni serata, anni fa accadeva al mattino di fronte al caffè, ora sui social ovviamente, ma siamo tutti in quella settimana critici musicali, come all’occorrenza siamo allenatori e qualunque categoria venga chiamata in causa. Fermo restando quei duri e puri che “mai visto il festival, è brutto”, senza pensare allo strano ragionamento che lega le due cose. A me è piaciuto molto Rkomi, il suo pezzo è davvero “potente”, gira benissimo in radio e si muove bene anche in classifica. Poteva anche aspirare al podio, ma per quello ci sono altri discorsi da fare e non tutti sono eticamente corretti. Di solito, dopo la gara si raccolgono i frutti, che vuol dire serate e concerti. Il clima di pandemia tiene tutti con il fiato sospeso, sarebbe un peccato non poter andare a ballare con D’argen D’amico o la strana accoppiata Rettore/Ditonellapiaga. Il festival però ha un vincitore, o meglio, una vincitrice assoluta. Drusilla Foer. Una signora agè, elegantissima, ironica. Portata al successo da un attore intelligente come Gianluca Gori, nella sua serata ha preso pieno possesso di tutto il suo talento. Lo dimostra come la sua tourneè, nei giorni successivi, ha preso un picco pazzesco. Sold out ovunque, anche a Trento. Ora, a conti fatti, Amadeus dovrebbe fare come la Pennetta. Vinse gli open di New York di tennis e nel discorso post vittoria, diede addio allo sport. Immagino che non sia facile ma un quarto festival monogestionale potrebbe essere fatale. Mi piacerebbe un nome davvero fuori dagli schemi, Gepi Cucciari, Favino... artisti che magari poco hanno a che fare con la musica, ecco perché Ama potrebbe fare da direttore artistico, ma che porterebbero linfa nuova. Chiudo con una triste annotazione per noi addetti ai lavori. Per il secondo anno, le interviste sono state fatte in remoto, togliendo il gusto di avere di prima mano le emozioni che indubbiamente Sanremo ancora regala. So che ci sono categorie che hanno sofferto, che hanno perso tanto se non tutto. Ma il ritorno alla normalità per noi vuol dire anche continuare a fare il nostro mestiere nel migliore dei modi. Guardiamo avanti imparando dal vissuto.
Come eravamo: lavori di un tempo
di Marta Bazzanella e Luca Faoro*
CON IL FILO E CON L’AGO
Storie ritrovate di maglie, vestiti, ricami
Vogliamo soffermarci in queste pagine su una delle cinque storie presentate alla mostra “Con il filo e con l’ago. Storie ritrovate di maglie, vestiti, ricami” allestita presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina a San Michele all’Adige: quella di Teresina Marchi, merlettaia di Borgo Valsugana. Teresina Marchi fu merlettaia professionista a Borgo Valsugana. Poco sappiamo della sua vita privata: nata negli anni Ottanta dell’Ottocento, frequentò la scuola di merletto di Borgo nel primo dopoguerra. Le tecniche così apprese, unite all’abilità nel cucito e nel ricamo, le permisero di realizzare manufatti completi, differenziandosi da molte altre merlettaie dell’epoca, che producevano pizzo a metratura, senza rifiniture, per le sartorie e i negozi del tempo. Pare che Teresina Marchi non vendesse ai commercianti, ma lavorasse piuttosto su commissione diretta delle clienti, che ordinavano tovaglie, centri, colletti, tende e inserti per i tessili domestici, curati e perfezionati anche nelle cuciture e nei dettagli ad ago. Secondo le testimonianze orali raccolte da Irene Fratton (stagista presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina nel 2018 e autrice della tesi di laurea specialistica “Ho ‘mparà quela volta ala scòla dei pizzi… Storie di allieve e maestre delle scuole di merletto del Trentino” presso l’Università di Venezia), Teresina realizzò anche alcune decorazioni per paramenti sacri e una tovaglia per l’altare del Sacro Cuore nella chiesa della Natività di Maria, a Borgo. I lavori originali della nostra maestra mer-
Come eravamo: lavori di un tempo
lettaia sembrano però essere ormai perduti. Sono stati ritrovati invece i modelli per merletto che lei disegnava di suo pugno: si tratta di ben 196 fogli di carta oleata, di varie dimensioni, che riportano i disegni e talvolta le istruzioni per l’esecuzione della lavorazione e che sono esposti in mostra al Museo di San Michele. Essere in grado di progettare dei modelli personalizzati non era comune per le merlettaie di quel periodo: il disegno tecnico era insegnato raramente nelle scuole di pizzi, ma soprattutto non era incoraggiata l’iniziativa personale. Teresina era invece un’artigiana a tutto tondo, curava ogni sua realizzazione nei minimi particolari, dall’ideazione e progettazione del lavoro, all’esecuzione, alla rifinitura e infine alla vendita dei merletti. Una fortuita coincidenza ha voluto che insieme ai disegni fossero ritrovati anche i tomboli di Teresina: prima della sua morte, avvenuta negli anni Quaranta, lei stessa li aveva donati a una famiglia di Borgo, le cui figlie hanno a lungo lavorato il merletto a fuselli; con il passare degli anni e nella consapevolezza che ormai la loro arte, con tutto il suo bagaglio tecnologico, stava tramontando, Carla
e Maria Antonietta Pasqualini di
Borgo Valsugana hanno voluto che fosse il Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina a conservare lo strumentario tecnologico di Teresina e parte dei suoi disegni. Nata da una collaborazione tra il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina e la Casa degli Artisti di Canale di Tenno, la mostra Con il
filo e con l’ago. Storie ritrovate di
maglie, vestiti, ricami è un progetto corale avviato per far dialogare tradizione e innovazione partendo da una materia prima semplicissima, il filo, che intrecciato per mezzo di uno strumento altrettanto semplice, l’ago, può dare vita a innumerevoli e pregevoli manufatti. Un’occasione per aprire e valorizzare i depositi del Museo di San Michele, e non solo per presentare allo sguardo del pubblico oggetti che fanno parte del locale patrimonio etnografico, ma anche per far riemergere una storia dimenticata: quella di donne e uomini che hanno fatto della padronanza di un’arte millenaria, come quella eseguita con il filo e con l’ago, una professione. Troviamo esposti i lavori della magliaia Narcisa Pedrotti di Trento, del sarto Albino Borga di Tuenno, della merlettaia Teresina Marchi di Borgo Valsugana, delle ricamatrici Caterina Bellotti e Pulcheria Marcolini di Varignano di Arco. Artigiani di cui il Museo conserva una parte degli strumenti di lavoro e dei quali, grazie alla ricerca sul campo, è stato possibile recuperare brani di una vita di passione e dedizione al proprio mestiere.
*La mostra Con il filo e con l’ago.
Storie ritrovate di maglie, vestiti,
ricami, curata da Marta Bazzanella, Luca Faoro e Irene Fratton è stata inaugurata lo scorso 22 dicembre e sarà visitabile fino al 17 aprile 2022 con orario 9-12.30 e 14.30-18. Chiuso i lunedì non festivi.