EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 10 • Ottobre 2019
GUSTAmi in evoluzione Aspettando CIBUSTEC 2019
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MEATOPIA 20019 Il banco carni sempre aperto
La Natura non é mai stata così Buona.
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti
22-25 ottobre 2019 Pad. 04 – Stand D15
Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi
Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura EURO ANNUARIO CARNE 2019
Euro Annuario Carne La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2019 Copia cartacea: € 95,00
Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone
Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
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Stampa
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero:
La carne nel mondo
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Agenda
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Diamo i numeri
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Anteprima
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Naturalmente carnivoro
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Tendenze
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Lettere alla Redazione
30
Attualità
Le tante sfide dell’industria delle carni
Elena Benedetti
L’incognita Brexit nel commercio internazionale Slalom
Frenata della Germania e ripercussioni per l’Italia
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Cosimo Sorrentino
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A pagina 78.
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La carne in rete
Social meat Qualità a portata di smartphone
Aziende
44 Sebastiano Corona
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GUSTAmi, il connubio perfetto tra semplicità e gusto
50
La filiera di ProSus si tinge sempre più di verde
54
Il banco carni “sempre aperto”
Elena Benedetti
Tracciabilità e trasparenza dal campo alla tavola: la filiera AmicΩmega Voce del verbo Stagionare
58 62
Elena Benedetti
Bettcher Industries festeggia 75 anni di esperienza nel settore dei trimmer
66 68
Speciale carne bovina francese
Trasformare la carne, quel valore aggiunto che premia la filiera
Elena Benedetti
72
Speciale Belgio
Colruyt Group
Elena Benedetti
78
Retail news
Notizie dalla GDO
84
Comunicare la carne
Smontiamo le bufale più diffuse sul mondo della carne
86
Indagini
Le infinite vie dell’abusivismo
Sebastiano Corona
90
Razze
Il recupero del Maiale nero d’Aspromonte
Riccardo Lagorio
94
Macellerie d’Italia
Macelleria popolare con cucina: la filosofia della carne di Giuseppe Zen
Federica Cornia
96
Francesco Parrillo, naturalmente macellaio
Riccardo Lagorio
100
Interviste
Il senso di Alessia per la carne
Gaia Borghi
104
Eventi carnivori
Chef… al Massimo 2019, si va dove i sogni prendono forma
Meat blogger
Tendenze meat? La parola a Meatopia 2019
108 Andrea Laganga
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A pagina 120.
EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 10 • Ottobre 2019
GUSTAmi in evoluzione Aspettando CIBUSTEC 2019
€ 5,42
MEATOPIA 20019 Il banco carni sempre aperto
In copertina: spiedone di manzo.
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Nutrizione
Anche la carne rossa fa parte di una dieta 100% healthy
Sapori dal mondo
Würstel gourmet
Fiere
Aspettando Intercarn ad Alimentaria 2020
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Essere sostenibili nell’industria delle carni
130
CibusTec 2019: a Parma in mostra la tecnologia alimentare
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ESPERA Nova al CibusTec di Parma
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Anteprima CibusTec
Tecnologie
La pagina scientifica
120 Riccardo Lagorio
122
Niederwieser Spa: la nuova linea di film e buste riciclabili…
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Processi digitali per l’industria alimentare
148
Monofilm flessibile a base PE, per una riciclabilità totale
152 Sebastiano Corona
Il fake nel panino In calo l’uso di antibiotici negli allevamenti italiani
154 160
Curiosità
La carne si cuoce nella lavapiatti
Giovanni Ballarini 164
Sono 180 grammi, lascio?
Huevos de toro e shoegaze
Giovanni Papalato 168
Storia e cultura
Elogio della carne bovina
Giovanni Ballarini 174
A pagina 114.
A pagina 72. A pagina 44.
www.eurocarni-online.com 8
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LA CARNE NEL MONDO
Danimarca DANISH CROWN, il maggior produttore europeo di carni di maiale, ha dichiarato che lancerà presto i suoi primi prodotti a base vegetale per diversificare l’assortimento e capitalizzare la crescente domanda di alimenti senza proteine animali. Il primo prodotto sarà un hamburger vegetale fresco, vendibile nei banchi frigo della Grande Distribuzione. Il prodotto non sarà a base di soia, ma di piselli e barbabietole, e dovrebbe essere disponibile sul mercato danese entro la fine dell’anno (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © gustavofrazao – stock.adobe.com).
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Brasile Torna a macinare marginalità e utili JBS, il gruppo brasiliano leader mondiale nella produzione di carni, al centro di un colossale scandalo di tangenti che aveva spazzato via i precedenti vertici della società fondata da JOÃO BATISTA SOBRINHO. Nel secondo trimestre 2019, il gruppo ha realizzato ricavi per 50,8 miliardi di reais (12,5 miliardi di dollari), in crescita del 12,5% sul corrispondente trimestre del 2018, con un Ebitda di 1,2 miliardi di dollari (+20,3% e un margine del 10%) e un utile netto pari a 542 milioni di dollari. «Due anni dopo aver definito le nostre priorità, ovvero efficienza operativa, crescita organica, investimenti in innovazione e qualità, riduzione della leva finanziaria e un solido coordinamento globale dei nostri programmi — ha detto il chairman e CEO GILBERTO TOMAZONI — siamo lieti di annunciare risultati record che riflettono il successo della nostra strategia, l’eccellenza operativa dell’azienda e la capacità del nostro team». In Italia la società controlla RIGAMONTI, l’azienda valtellinese che è il principale produttore italiano di bresaola (fonte: EFA News – European Food Agency; in foto, un allevamento nella zona di San Paolo, Brasile; photo © gustavofrazao – stock.adobe.com).
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Italia Il GRUPPO MARCHESE di Sanremo, attivo nell’importazione, esportazione e trasformazione delle carni bovine, mette a segno un’importante acquisizione strategica rilevando l’intero pacchetto societario della Miglioli Plus Srl. Lo storico salumificio cremonese, facente capo alla famiglia Gaibazzi di Parma, col passaggio del pacchetto societario ora vedrà il rilancio lo stabilimento di Pozzaglio per la produzione, stagionatura e commercializzazione delle carni e dei salumi. Il Gruppo Marchese fa così un ulteriore passo avanti nella realizzazione del proprio piano industriale e renderà quanto prima operativo lo stabilimento acquisito che era chiuso da tempo e nei momenti di massima attività contava tre linee produttive e impiegava una settantina di persone. GIUSEPPE MARCHESE, presidente del Gruppo, vede in questa acquisizione un’opportunità per poter ulteriormente diversificare la propria produzione al fine della successiva commercializzazione dei prodotti sia in Italia che all’estero. Nei prossimi mesi verranno effettuati importanti investimenti di ripristino e modernizzazione delle linee produttive affinché possa rifiorire lo storico stabilimento che per anni è stato un punto di riferimento nella storia della salumeria italiana cremonese con prodotti tipici di alta qualità: prosciutto crudo, salame, mortadella e altri prodotti innovativi, garantendo una crescita occupazionale ed economica dell’intera zona (fonte: EFA News – European Food Agency; in basso, salame cremonese, photo © UMB-O – stock.adobe.com).
Argentina Il segretario del Governo dell’Agroindustria argentino LUIS MIGUEL ETCHEVEHERE si è recentemente recato in visita col vicepresidente del Servizio nazionale per la salute e la qualità degli alimenti (SENASA) GUILLERMO ROSSI e JUAN CARLOS PALADINI, presidente della società omonima di Santa Fe, presso le strutture del macello in occasione della prima spedizione argentina in Cina di 10 container di carne suina avvenuta durante la prima settimana di agosto. L’abilitazione sanitaria della Paladini è stata annunciata dal presidente dell’Argentina MAURICIO MACRI nell’aprile di quest’anno. Si prevede che nel corso del 2019 l’Argentina esporterà un totale di 18.000 tonnellate di carne suina nel paese asiatico. Da gennaio a giugno di quest’anno, la produzione di carne di maiale ha raggiunto le 310.893 tonnellate di carcasse con osso, il 4% in più rispetto allo stesso periodo del 2018. Per le esportazioni di carne suina argentina vuol dire una crescita di oltre il 50% rispetto allo scorso anno, con 9.524 tonnellate (fonte: www.argentina.gob.ar – 3tre3.it; in foto, la preparazione di un insaccato della tradizione argentina – photo © Gabriel Rojo).
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Il meglio della
C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Lo sapevate che la vera cotoletta alla milanese è fatta con la carne di vitello? Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Garanzia data dall’integrazione. Tutte le aziende del VanDrie Group sanno di essere responsabili al 100% per la qualità ottimale del prodotto finale. Questo vale sia per gli allevamenti sia per le aziende produttrici di latte in polvere e di carne. In quest’ottica la collaborazione per offrire al consumatore finale la garanzia di un prodotto di elevata qualità diventa logica. Così il VanDrie Group ha sviluppato la sua strategia integrata, assistito da uno dei più avanzati sistemi di controllo. www.vandriegroup.com La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).
“LA COTOLETTA ALLA MILANESE” interpretata da Chef Stefano De Gregorio
Ricetta
Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com
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AGENDA Clermont-Ferrand (Francia) Il 2, 3 e 4 ottobre al Parco esposizioni della Grande Halle d’Auvergne di Clermont-Ferrand, nel cuore della Francia, torna il Sommet de l’Élevage, il rendez-vous dei professionisti dell’allevamento zootecnico francese, per una tre giorni di concorsi d’eleganza, convegni e gare. Con oltre 2.000 capi vivi delle migliori razze francesi, europee e del mondo, 1.500 espositori del settore zootecnico e agricolo, un fitto calendario di incontri e approfondimenti, l’edizione 2019 del Sommet si preannuncia come un evento da non mancare (in foto, uno splendido capo di razza Charolaise; photo © paysan-breton.fr). www.sommet-elevage.fr
Colonia (Germania) L’evento fieristico internazionale dell’anno per il mondo food è dal 5 al 9 ottobre a Colonia con Anuga e i suoi 10 sotto-saloni specializzati tra carne, pesce, gourmet e delicatessen, surgelati, freschi, formaggi e latticini, pane e bakery, biologico, drink e bevande. Anuga Meat occuperà i padiglioni 5.2, 6 e 9 e ospiterà circa mille espositori tra aziende produttrici di carni e insaccati di bovino, suino, ovino, avicolo e selvaggina. Tra i trend del settore carne anticipiamo l’attenzione verso il benessere animale, le carni bio e la tracciabilità. Tra le novità di quest’anno ricordiamo il salone specializzato Anuga Culinary Concepts, che ospiterà progetti gastronomici come i concorsi “Il cuoco dell’anno” e “Il pasticcere dell’anno”, e Anuga Hot Beverages café, té & Co., tra i principali trend-setter della distribuzione e dell’out-of-home (nella foto uno scatto allo spazio di Vion Food Group nell’edizione del 2017; photo © Vion Food Group – YouTube channel). www.anuga.com
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Cornellà de Llobregat, Barcellona (Spagna) Dopo il successo del 2018, iMEAT® España, organizzata da ECOD, rinnova l’appuntamento con i macellai spagnoli e torna ad occupare il padiglione fieristico di Cornella, Barcellona, per la sua seconda edizione in calendario domenica 6 e lunedì 7 ottobre. iMEAT® España si prefigge l’obiettivo di diventare l’appuntamento di punta per il negozio di macelleria e gastronomia operativo nel mercato spagnolo, proponendo il format iMEAT che in Italia, a Modena, si è consolidato di edizione in edizione crescendo in termini di interesse, espositori e visitatori. L’edizione 2019 si svolgerà in collaborazione con Gremi de Carnissers de Barcelona, Cedecarne, Anafric, Carnissers i Xarcuters de Catalunya, Gremi de Carnissers-Xarcuters de València i Província (photo © elperiodico.cat). www.imeat.it
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Milano La 41a edizione di Hostmilano a Fieramilano sarà dal 18 al 22 ottobre. Il numero delle aziende che hanno scelto Hostmilano per promuove i propri prodotti e servizi sfiora quota 2.000 espositori (+8% rispetto al 2017), di cui 1.127 italiani (+7%) e 785 internazionali (+10%). Questi ultimi rappresentano 54 Paesi e tra le new entry ci sono Albania, Argentina, Colombia, Iran, Lettonia e Libano. La fiera si conferma una sorta di hub “senza confini”, dove si riunirà tutto il mondo dell’ospitalità e della ristorazione professionale. www.host.fieramilano.it Parma L’appuntamento con l’innovazione e la tecnologia alimentare — dagli ingredienti alle tecnologie di trasformazione, dal confezionamento alla logistica — è a Parma dal 22 al 25 ottobre con CibusTec, dal 2016 braccio operativo di KPE, Koeln Parma Exhibitions, e tra le più importanti piattaforme globali dedicate alle tecnologie del food & beverage. Nel complesso si contano 1.300 espositori (nel 2016 erano 1.000), le tecnologie per tutte le filiere dell’agroalimentare (Frutta e Vegetali, Latte e derivati, Carne e Prodotti ittici, Piatti pronti) e l’ingresso di un nuovo comparto: i Prodotti da forno e derivati dai cereali, Snack e Prodotti dolciari. La sezione dedicata alle proteine animali crescerà del 20% forte di un distretto, quello di Parma, che vanta 500 aziende alimentari di settore e best practice esportate in tutto il mondo. Anche nel comparto del packaging si segna con questa edizione un cambio di passo: dal confezionamento primario all’imballaggio, dal fine-linea alla logistica, con una crescita dell’area del 40% rispetto alla precedente edizione. Infine, sul fronte internazionalizzazione, per aiutare l’export delle aziende italiane CibusTec organizzerà il più grande Top Buyer Program di tutte le fiere FoodTec che porterà a Parma più di 3.000 operatori internazionali provenienti da 70 Paesi, e due iniziative speciali relative ad India e Africa. www.cibustec.com
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Caput Mundi BBQ Contest: dall’11 al 13 ottobre presso la Città dell’altra economia – Antico Macello del Testaccio, Roma L’associazione culturale sportiva dilettantistica Suqulento organizza a Roma la prima gara di BBQ sanzionata dalla KCBS, la gara più a sud d’Europa. • Quando? Da venerdì 11 a domenica 13 ottobre. Siamo nel pieno della ottobrata romana, il periodo tipico del mese di ottobre in cui l’alta pressione delle Azzorre domina, per più giorni, sul Mediterraneo centrale, portando condizioni di stabilità atmosferica con tempo in prevalenza soleggiato. Un clima particolarmente mite che impedisce l’arrivo di perturbazioni nel nostro Paese, determinando un’anomala assenza di piogge proprio ad ottobre che, invece, dovrebbe essere tra i mesi più piovosi. A Roma le ottobrate si celebravano tradizionalmente sino ai primi decenni del XX secolo con scampagnate domenicali “fori porta”, gite nelle vigne o nelle osterie fuori porta e, pur di parteciparvi, acquistando un vestito per l’occasione, si era disposti ad indebitarsi ricorrendo ai Gobbi, ossia al Monte dei Pegni. Una delle mete preferite era il Monte Testaccio o Monte dei Cocci, luogo in cui si svolgerà l’evento. • Dove? Presso l’Antico Macello, all’interno di un’area di oltre 14.000 m2 nota come Città dell’altra economia, sita a ridosso del fiume Tevere, in piena zona Testaccio, sotto al Monte dei Cocci. La Città dell’altra economia fa parte del Mattatoio di Roma, considerato uno dei più importanti edifici di archeologia industriale della città: recuperata dall’amministrazione capitolina all’inizio degli anni 2000 dopo un lungo periodo di abbandono, essa comprende il Dipartimento di Architettura dell’Università di Roma Tre, spazi polivalenti dedicati alla cultura e alla formazione tecnica e artistica, tra i quali il Mattatoio (l’ex Macro Testaccio, museo di Arte contemporanea di Roma), il Dipartimento di Architettura, l’Accademia di Belle Arti, la Scuola popolare di musica di Testaccio. Ad essi si aggiungono, insieme con altri insediamenti, appunto le aree e i padiglioni della Città dell’altra economia e della Pelanda. La zona è ben servita dai mezzi pubblici, con stazione del treno e fermata della metropolitana (linea B) a circa 500 m (Piramide Ostiense). La struttura è famosa per ospitare eventi culturali e di aggregazione popolare come lo Spring Beer Fest, il Biomercato, il VAN, la fiera con degustazione dei Vignaioli Artigiani Naturali, ed altri eventi di street food. Il rione Testaccio è considerato uno dei quartieri più caratteristici della Capitale, un vero e proprio museo all'aria aperta capace di condurre i visitatori in un viaggio attraverso tutte le diverse epoche, partendo dalle testimonianze dell’Emporium romano fino ad arrivare ai palazzi fascisti ed agli edifici di stampo industriale. È inoltre un luogo simbolo della movida romana, ricco di trattorie tipiche e di locali notturni. • Perché? L’associazione Suqulento (www.suqulento.it), ufficialmente costituita ad inizio 2016, nasce dall’incontro di 4 appassionati di American BBQ che hanno dato vita ad un progetto di sviluppo e di diffusione della cultura del barbecue in Italia. Oltre alle competizioni, l’associazione si occupa di organizzare corsi di American BBQ, eventi collegati alla cultura culinaria all’aria aperta, feste private. “Questo evento — raccontano gli organizzatori — nasce dal desiderio di far arrivare la cultura del barbecue nel Centro Italia: oggi il 100% delle gare di American BBQ in Italia si svolge a nord del fiume Po. Riteniamo che il Centro-Sud Italia sia un bacino incredibilmente interessante per il mondo del barbecue: tutto sta nel portare la giusta cultura di questo fantastico metodo di cottura”.
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DIAMO I NUMERI
Il clamore mediatico che ha accolto l’ultimo saggio dello scrittore e saggista statunitense JONATHAN SAFRAN FOER ha imposto una riflessione sulla quantità di carne consumata. Foer ha rivolto il suo appello principalmente ai cittadini americani e ha raccontato il climate change come un’emergenza complessa derivata da molti fattori fra cui l’uso di energie non rinnovabili, il sovrappopolamento, e — anche ma non solo — l’eccessivo consumo di proteine animali. Ma quanta carne si mangia davvero in Italia? Sulla questione è intervenuta Carni Sostenibili, l’associazione italiana no profit che si dedica alla corretta informazione sul mondo delle carni. I recenti studi, fanno notare dall’associazione, dicono che il nostro consumo è equilibrato e sostenibile, a differenza di quello di altri paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, da dove spesso vengono campagne per la riduzione del consumo che arrivano fino a noi senza essere contestualizzate. «Per quanto l’invito dello scrittore americano sia ancora troppo generalizzato — commenta il presidente di Carni Sostenibili, prof. GIUSEPPE PULINA — se il senso è quello di andare verso un consumo equilibrato e sostenibile, non solo siamo d’accordo, ma l’Italia è già su questa strada. Infatti, gli Italiani mangiano la metà del quantitativo di carne bovina consumata dagli Americani e, se consideriamo bovino, pollo e maiale, si arriva a quasi 40 kg pro capite in meno in un anno. Insomma, se in America serve davvero una campagna di sensibilizzazione verso una corretta alimentazione, in Italia la situazione è molto diversa: fortunatamente il nostro stile alimentare è parte della nostra cultura e oggi possiamo vantare un consumo sostenibile e l’adozione di un regime dietetico corretto, nell’ambito del quale una quantità equilibrata di carne apporta solo benefici». Il consumo di carne in USA è molto distante da quello italiano per quantità e qualità: secondo i dati ufficiali della FAO, oggi in Italia abbiamo un consumo di carne di circa 77 kg pro capite l’anno, in America invece si arriva a 114 kg a testa. Andando poi a vedere nel dettaglio di questa cifra, scopriamo che in America si consumano 36 kg di carne bovina, in Italia 19 kg (circa la metà), 50 kg di carne di pollo, tre volte quella che mangiamo qui da noi, cioè 19 kg. Solo sulla carne suina gli USA arrivano dopo l’Italia, 28 kg contro i nostri 40 kg, ma dobbiamo considerare che quel quantitativo è costituito quasi totalmente da bacon, würstel e poco altro (fonte: EFA News – European Food Agency).
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ANTEPRIMA
Lo scorso maggio a Panzano in Chianti, nella macelleria di Dario Cecchini, durante il battesimo dell’Institute of Masters of Meat, abbiamo conosciuto Jacques Abbatucci (in foto), allevatore, macellatore della “Vache Tigre”, una razza bovina corsa, unica per resa qualitativa delle carni. Franck Ribière, produttore e regista francese del film documentario “Steak (R)evolution”, ha creato una rete alla quale aderiscono personaggi unici, ciascuno con la propria storia ed esperienza ma tutti accomunati dalla stessa visione: dare valore alla carne di qualità per ciò che rappresenta e per ciò che è, ovvero il risultato di un complesso lavoro di filiera che coinvolge allevatori, veterinari, macellatori e trasformatori, in un contesto ambientale che non è più estraneo alla discussione ma parte integrante. Sul prossimo numero di Eurocarni Novembre proseguirà il nostro viaggio alla scoperta dei protagonisti dell’Institute of Masters of Meat. Vi racconteremo la storia di Jacques, della sua famiglia, della sua visione di agricoltura biodinamica. Una storia bellissima (photo © www.la-croix.com).
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NATURALMENTE CARNIVORO
Giuseppe De Falco, classe 1981, della Macelleria O’ Sistimato di Melito di Napoli, è l’ultimo “acquisto” in ordine di tempo della nostra favolosa Nazionale Italiana Macellai. «Faccio il macellaio da quando avevo 10 anni, grazie a mio padre che mi ha trasmesso l’amore per questo lavoro» ci racconta Giuseppe. «Ho aperto la mia macelleria nel 2004, dedicando anima e corpo a questo negozio ed oggi posso dire che sono cresciuto tanto, tratto prodotti di alta qualità ed ho una passione per i pronto cuoci, nella cui preparazione do libero sfogo a tutta la mia creatività». Massima cura nella selezione delle carni, tanta tecnica ed entusiasmo sono gli ingredienti alla base della professionalità di Giuseppe, che gestisce la sua attività insieme alla moglie Margherita. Il team italiano macellai parteciperà al World Butchers’ Challenge, evento attesissimo in programma il 4 e 5 settembre 2020 a Sacramento, in California, dove siamo sicuri che Giuseppe ci darà grandi soddisfazioni!
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TENDENZE We love food to go
Pratico, veloce e sempre più spesso comprato al supermercato: nell’ultimo anno il food to go ha visto crescere le vendite del 12,3% nella GDO, arrivando a superare 1,3 miliardi di euro. Un risultato che si deve anche all’offerta in continua crescita e segmentazione, capace di cogliere diverse occasioni d’uso e di soddisfare ogni esigenza alimentare dei consumatori, con proposte veg, etniche, salutiste o sfiziose. A rilevare questo fenomeno del momento è l’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy che, analizzando oltre 72.100 prodotti alimentari venduti in supermercati e ipermercati, ha restituito un’analisi nutrizionale dei prodotti ready-to-eat nel carrello degli Italiani. Questo è un trend da seguire con attenzione anche per gli opera nel canale tradizionale delle macellerie e dei negozi specializzati di salumeria (in foto i meravigliosi micro-panini di Kobe beef di WAGYUMAFIA; photo © instagram.com/wagyumafia).
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La nostra qualità VMǼIXXI MP ORS[ LS[ YRMGS HIM RSWXVM TVSJIWWMSRMWXM
Il taglio “alla francese” è riconosciuto dai professionisti di tutto il mondo come il più accurato. Le carcasse sono sezionate metodicamente, secondo le linee anatomiche dell’animale, in 34 tagli evidenziando così il carattere unico di ciascun muscolo. Vi è una vasta gamma di sapori grazie alle 22 razze bovine prodotte in Francia GLI SǺVSRS ZEVMIXª XIRIVI^^E WYGGSWMXª e gusto persistente.
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razze bovine
Portavoce della ĀĮĞåŹ±ƐÚåĮĮ±ƐϱŹĻå ÆŇƽĞĻ±ƐüŹ±ĻÏåžå
LETTERE ALLA REDAZIONE Informazioni obbligatorie al consumatore nell’ambito della ristorazione Preg.mo collega, premesso che seguo e apprezzo ogni tuo articolo sulle riviste di settore, tutti utilissimi per il nostro lavoro quotidiano, mi permetto di disturbarti per chiederti delucidazioni in merito alle informazioni obbligatorie da fornire ai consumatori nell’ambito della ristorazione — attraverso menu, registri, ecc… — per la somministrazione di alimenti “non preimballati” secondo le nuove definizioni. Ritengo fuor di dubbio inserire nei menu, o altro sistema documentato, le informazioni riguardanti la denominazione di vendita o commerciale (es. pizza margherita), la lista degli ingredienti in ordine decrescente (es. ingredienti: farina 00, mozzarella, pomodoro, olio, sale, ecc…), con specifica degli allergeni eventualmente presenti, e l’informazione relativa ad eventuale scongelamento del prodotto. Rimango in attesa di una tua illuminante risposta in merito, se possibile citando le norme di riferimento. Grazie. E-mail firmata La risposta al quesito Il Regolamento (UE) n. 1169/2011 non prevede, per i prodotti alimentari preimballati, obblighi in materia di etichettatura, fatto salvo l’unico obbligo di indicare gli allergeni presenti (art. 44). Gli Stati Membri possono comunque adottare disposizioni nazionali per l’etichettatura dei prodotti non preimballati. In Italia l’intervento normativo nazionale è avvenuto con il Decreto Legislativo 15 dicembre 2017 n. 231, che stabilisce l’obbligo di indicazione di: • denominazione del prodotto; • elenco degli ingredienti; • modalità di conservazione per i prodotti rapidamente deperibili, se necessario; • data di scadenza per paste fresche e paste fresche con ripieno; • titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande con contenuto alcolico superiore a 1,2% in volume; • percentuale di glassatura, considerata tara, per gli alimenti congelati glassati; • la designazione “decongelato” per i prodotti in tale stato.
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Le attività di ristorazione rientrano nella definizione di “collettività” fornita dall’art. 2, paragrafo 2, lettera d), del Regolamento: “collettività: qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale”. Le indicazioni obbligatorie di cui sopra sono stabilite dall’art 19, punto 1, del DLgs. 231/2017 per i “prodotti alimentari offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio, i prodotti imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore, i prodotti preimballati ai fini della vendita diretta, nonché i prodotti non costituenti unità di vendita ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera e), del regolamento in quanto generalmente venduti previo frazionamento ancorché posti in confezione o involucro protettivo, esclusi gli alimenti di cui al comma 8 forniti dalle collettività”, mentre per questi ultimi, ai sensi dello stesso art. 19 comma 8, è obbligatoria l’indicazione degli allergeni di cui all’Allegato II del Regolamento. Pertanto, per gli alimenti non preimballati somministrati nell’ambito della ristorazione al consumatore finale (pietanze servite ai clienti), è obbligatoria solamente l’indicazione degli allergeni, di
cui all’elenco fornito dall’Allegato II del Regolamento n. 1169/2011 (nell’esempio della pizza margherita fatto dal collega: farina di grano 00 — in quanto derivato di cereali contenenti glutine — e mozzarella — in quanto prodotto a base di latte —, da fornire ai clienti nel menu o con sistemi documentati alternativi secondo procedure definite dall’OSA, anche considerando quanto riportato nelle circolari ministeriali successive al Regolamento, mentre non sono obbligatorie altre indicazioni nel menu, tra cui l’elenco completo degli ingredienti che resta facoltativo. Resta implicita la necessità di indicare la denominazione della pietanza per poterla mettere in correlazione con gli allergeni presenti; inoltre, deve essere indicato l’eventuale stato del prodotto “decongelato” per garantire al cliente una corretta informazione merceologica e non incorrere in provvedimenti per frode nell’esercizio del commercio (art. 515 del codice penale) o tentata frode se la consegna non si è ancora concretizzata (art. 56 c. p.), vale a dire se nel menu non è indicato che il tale prodotto è decongelato inducendo il cliente a richiederlo credendo che sia fresco. Dott. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione Azienda Sociosanitaria Ligure 5 La Spezia
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ATTUALITĂ&#x20AC;
Le tante sfide dellâ&#x20AC;&#x2122;industria delle carni Nel corso della 14a edizione della tavola rotonda del Belgian Meat Office con la stampa specializzata europea si è discusso di antibioticoresistenza, di filiere e di come comunicare in modo efficace e autentico con i consumatori di Elena Benedetti
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In basso: nelle Fiandre, la regione più settentrionale del Belgio, si concentrano il 94% della produzione totale di suini e il 78% della produzione totale di bovini (photo © Mick Go – stock.adobe.com).
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ra il 2005 quando il Belgian Meat Office, l’ente di promozione delle carni belghe, ebbe l’intuizione di organizzare una tavola rotonda che aggregasse i rappresentanti della stampa specialistica delle carni in Europa al fine di favorire un confronto di idee, opinioni ed esperienze. Da allora, puntualmente ogni fine agosto, una quindicina di giornalisti di testate “carnivore” — tra cui EUROCARNI — si riunisce in Belgio per non mancare a questo appuntamento, sempre attesissimo per qualità di contenuti e scambi raccolti. L’edizione 2019 non è stata da meno e si è svolta il 28 e 29 agosto nella cittadina di Mechelen, nel cuore delle Fiandre, a metà strada tra Bruxelles e Anversa. Padrone di casa dell’evento è stato JORIS COENEN, manager del Belgian Meat Office, che insieme al suo staff ha accolto i giornalisti e articolato due giornate di intenso lavoro. La trasferta del primo giorno è stata quest’anno incentrata sulla visita dello stabilimento di disosso e lavorazione carne Fine Food Meat del gruppo Colruyt, una delle insegne di supermercati leader in Belgio (si veda l’articolo a pagina 78). Il giorno successivo, presso la location esclusiva del Martin’s Patershof, chiesa del XIX secolo sconsacrata e trasformata in hotel e centro congressi, si è articolata la tavola rotonda con l’obiettivo di far luce sui miglioramenti qualitativi dell’industria delle carni, anche alla luce delle nuove dinamiche del mercato. Riassumendo, tre sono stati i temi trattati nel corso dell’incontro: antibioticoresistenza, comparto suinicolo e comunicazione. JEROEN DEWULF, professore presso la Ghent University e ricercatore nei campi dell’epidemiologia veterinaria, economia agraria, animal science e food science, ha illustrato una serie di dati 2018 in materia di resistenza dei batteri all’attività di un farmaco antimicrobico. La resistenza antimicrobica è una delle maggiori minacce che la comunità globale si sta preparando ad affrontare.
Lo stesso gruppo di coordinamento dell’ONU, quest’anno, ha pubblicato un rapporto che ha lanciato l’allarme, scuotendo l’opinione pubblica. «Se non si interverrà e se la resistenza agli antibiotici aumentasse del 40% — ha rimarcato il prof. Dewulf — le malattie resistenti ai farmaci potrebbero causare 10 milioni di morti all’anno entro il 2050 e danni all’economia». Questo che cosa significa? Che sempre più malattie comuni, come per esempio le più semplici infezioni del tratto respiratorio e delle vie urinarie, potrebbero diventare difficilmente curabili, col conseguente aumento del numero di ricoveri e di complicazioni. «L’antibioticoresistenza è una problematica molto subdola e decisamente poco esposta verso l’opinione pubblica», ha detto Dewulf, ricordando che «una categoria particolarmente esposta è quella del personale che frequenta abitualmente le aziende agricole, gli allevamenti e gli stabilimenti di macellazione». Il prof. Dewulf ha poi precisato: «La discussione non sta nella quantità di residui antibiotici nella carne. Questa quantità, infatti, è talmente bassa che, se anche ci fosse, sarebbe distrutta dal processo digestivo, nello stomaco. Il problema è legato alla presenza di antibiotici nei terreni ad alta densità zootecnica». Qual è quindi la soluzione? «Diminuire l’uso di antibiotici, preferendo eventualmente quelli a piccolo spettro». In Belgio, nel 2012 è iniziata una politica di riduzione dell’impiego di antibiotici negli allevamenti che ha dato ottimi risultati, con un calo di farmaci somministrati per motivi sanitari e veterinari — tra il 2011 e il 2018 — che ha raggiunto il 70%. «In Belgio è stato fatto un lavoro importante, ma occorre proseguire su questa strada e lavorare insieme agli allevatori e ai veterinari per abbassare ulteriormente l’impiego di antibiotici, soprattutto negli allevamenti di vitelli», ha detto infine Dewulf. Il professore dell’Università di Ghent ha sottolineato la portata mondiale del problema e ricordato che in Asia, soprattutto in Cina, i
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In alto: foto di gruppo dei giornalisti europei partecipanti al Round Table 2019 del Belgian Meat Office (photo © Elena Benedetti). In basso: Joris Coenen, manager del Belgian Meat Office e moderatore della tavola rotonda, Jeroen Dewulf, professore della Ghent University, Liesbet Pluym, coordinatrice e quality advisor di Belpork, e Erik Lenaers, direttore associato dell’agenzia Weber Shandwick. governi si stanno muovendo rapidamente. «La mia opinione è che sia possibile una produzione di carne su larga scala con un ridotto impiego di antibiotici — ha concluso Dewulf —
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ricordando che l’antibiotico lavora sul sintomo ed è quindi bene trovare le soluzioni indagando direttamente alla fonte». La parola è quindi passata a LIESBET PLUYM, coordinatrice e quality ad-
visor di BELPORK (www.belpork.be), organizzazione no profit fondata nel 2000 che si occupa di promuovere lo sviluppo dell’industria delle carni suine a livello integrato, con etichettatura, tracciabilità, servizi e sviluppo del benessere animale. «Tra i nostri macro obiettivi c’è quello di creare valore aggiunto nella produzione di carni suine e lavorare per favorirne la percezione presso il consumatore», ha sottolineato Pluym. Il tema del valore aggiunto delle proteine animali è stato più volte ripreso nel corso della tavola rotonda, sia nelle presentazioni che negli interventi dei giornalisti partecipanti. Eh già, perché la filiera può agire correttamente per operare in modo sostenibile da un punto di vista ambientale e di sicurezza sanitaria ma resta la questione di come comunicare questo lavoro, complesso e articolato, al consumatore. Tale punto è stato approfondito dal terzo relatore, ERIK LENAERS, direttore associato dell’agenzia Weber Shandwick, che da anni si occupa di comunicazione, campagne ADV e profilazione del
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Diamo i numeri sulla carne belga L’industria delle carni in Belgio è specializzata nell’allevamento e lavorazione di carni suine e bovine. Da parecchi anni queste carni sono esportate in oltre 60 Paesi del mondo. Per quanto concerne le carni bovine, i Paesi Bassi restano il maggior importatore di carne, con un volume del 34%. Francia, Germania, Italia e Lussemburgo completano la top 5. Per quanto riguarda il suino è la Germania il maggiore importatore (29%), seguito da Polonia (27%), Paesi Bassi, Regno Unito e Repubblica Ceca. Compito del Belgian Meat Office è quello di coordinare le attività di esportazione delle carni suine e bovine. Il Belgio non solo figura tra i principali esportatori di carne in Europa, ma è anche un punto di riferimento in materia di sicurezza alimentare, vantando una solida reputazione nel sistema di gestione del rischio attuato dalle aziende belghe. Caso unico in Europa, in Belgio la sicurezza dell’intera catena alimentare è infatti di competenza di una sola agenzia indipendente, l’Agenzia federale belga per la sicurezza della catena alimentare (FASFC). Questa integra tutti i servizi di controllo in materia di salute pubblica e zootecnica, vigilando sull’autocontrollo obbligatorio per gli operatori e sulla corretta tracciabilità dei loro prodotti. • • • •
6.209.130 2.398.090 15.240 28.552
patrimonio di capi suini nel 2018 patrimonio di capi bovini nel 2018 tonnellate di carne bovina belga esportata in Italia nel 2018 (+10%) tonnellate di carne suina belga esportata in Italia nel 2018 (+7%)
Circa la metà della carne suina belga esportata in Italia è costituita da tagli di carne, seguiti da carcasse, sottoprodotti e grasso (photo © www.europeanpork.eu).
mercato delle carni. «Comunicare con il consumatore oggi non è mai stato così difficile» ha esordito Lenaers, sottolineando che «c’è un vuoto sulla fiducia, sulle aspettative e sui comportamenti». Ma come si può colmare questo gap? «Innanzitutto occorre precisare che c’è una bella differenza tra ciò che i consumatori dicono e ciò che fanno per davvero! Come cittadino pensi e agisci in un modo, ma come consumatore, spesso e volentieri, ti comporti in un altro». Che fare, allora? Secondo Lenaers occorre comunicare con un registro il più possibile onesto, seguendo quelle che oggi sono le
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tematiche verso le quali il consumatore è più sensibile, ovvero il benessere animale, l’impatto ambientale degli allevamenti, la sostenibilità e la salute. «Occorre non sottovalutare il consumatore, essere consapevoli del suo punto di vista e del fatto che esso richiede autenticità». Un esempio? Secondo la fonte Euromonitor, in Germania l’85% dei consumatori sarebbe disposto a pagare di più la carne se questo costo addizionale fosse a beneficio degli allevatori e delle politiche di benessere animale. O ancora, la maggioranza dei teenager e under 16 nel Regno Unito ritiene giusto che i brand non solo
siano responsabili del minimizzare l’impatto che le loro attività hanno sull’ambiente, ma che debbano anche restituire responsabilmente ciò che alterano alla società. Oggi il concetto di qualità è considerato da chi compra un qualcosa di scontato. «Occorre creare una nuova narrazione attraverso il canale distributivo, per spiegare al consumatore medio qual è il valore aggiunto di quel dato prodotto, rendendolo più consapevole di ciò che sta acquistando, di ciò che sta dietro a quella vaschetta di carne». Elena Benedetti >> Link: www.belgianmeat.com
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Antibioticoresistenza: informazione, alleato prezioso Sul sito del progetto “Carni Sostenibili” (carnisostenibili.it), a fine agosto è stata pubblicata una lettera della FEDERAZIONE NAZIONALE ORDINI VETERINARI ITALIANI (FNOVI) scritta in risposta ad un articolo-intervista al prof. Walter Ricciardi sull’antibioticoresistenza pubblicato su LA STAMPA e contenente diverse inesattezze. Sicuri di fare l’interesse dei lettori, anche noi la riportiamo di seguito. La tutela della salute pubblica: anche la corretta informazione è un alleato prezioso L’antibioticoresistenza è considerata la terza emergenza sanitaria mondiale: preservare l’efficacia degli antibiotici è quindi una priorità per tutte le professioni sanitarie in tutti i paesi del mondo. A questo proposito, la medicina veterinaria ha profuso molte energie ed impegno: dal 2006 è stato bandito l’uso degli antibiotici quali additivi alimentari, dal 2010 le vendite degli antibiotici ad uso veterinario vengono attentamente monitorate in tutti i Paesi Europei dall’Agenzia del Farmaco (EMA) e i risultati vengono aggregati in dati resi pubblici ed accessibili (ESVAC project; www.ema.europa.eu/en/veterinaryregulatory/overview/antimicrobial-resistance/european-surveillance-veterinary-antimicrobial-consumption-esvac). Proprio sulla base di tali dati è possibile osservare che a partire dal 2011 la zootecnia Italiana ha ridotto l’uso degli antimicrobici del 73%; inoltre, gli obiettivi del Piano Nazionale di Contrasto dell’antimicrobicoresistenza prevedono un’ulteriore riduzione del 30% entro il 2020. Sottolineiamo inoltre il fatto che i dati AISA (Associazione Industrie Sanità Animale) indicano chiaramente che il mercato totale dei farmaci veterinari, sia in zootecnia che per gli animali da compagnia, è pari a poco più del 2% del totale del mercato italiano dei medicinali umani. Oltre a ciò, con grande impegno da parte di tutta la professione, da metà aprile è entrato in vigore il sistema della Ricetta Elettronica Veterinaria anche con la finalità di monitorare il consumo degli antibiotici. Corre poi l’obbligo precisare — in risposta alla frase comparsa su La Stampa del 24 agosto a pagina 17: “Sebbene ci siano una legge internazionale e una nazionale che autorizzano l’uso degli antibiotici negli allevamenti solo in caso di necessità e con protocolli e controlli molto rigidi, denuncia Ricciardi, in Italia «vengono somministrati anche agli animali sani a scopo preventivo»” — che la normativa che regola l’uso del farmaco in medicina veterinaria, ed in particolare negli animali destinati a produrre alimenti per l’uomo, declina con precisione le possibilità di utilizzo di antibiotici anche alla luce della valutazione del rischio per il consumatore per l’eventuale presenza negli alimenti derivati di residui di farmaci o di loro metaboliti. Si ribadisce il divieto di somministrare agli animali antibiotici a scopo preventivo, se non quando strettamente consentito dalla legge, per casi particolari, sotto la sorveglianza e la responsabilità del medico veterinario. Considerando inoltre l’importanza sanitaria in un’ottica One Health dell’antibioticoresistenza e l’impatto che le informazioni diffuse a mezzo stampa ed altri media possono esercitare sulla popolazione e sugli stakeholders ci auguriamo che l’affermazione riportata sempre nel medesimo articolo — “L’antibioticoresistenza — spiega sempre Walter Ricciardi — viene messa in moto anche da alterazioni indotte dall’alimentazione degli animali che mangiamo. Attraverso pollame, uova e carne di maiale (compreso insaccati e altri derivati), si ingeriscono «frammenti di genoma modificati che entrano nel genoma di chi li mangia»” — sia dovuta ad una mancata corrispondenza tra quanto affermato dal prof. Ricciardi e il redattore. Siamo certi che il prof. Ricciardi si riferisse alla possibilità di trasferimento di frammenti di materiale genetico da batterio resistente a batterio sensibile, e non certo al genoma umano. Pienamente consapevoli del ruolo del medico veterinario nella tutela della salute pubblica del cittadino e della sicurezza alimentare del consumatore riteniamo fondamentale una corretta informazione su temi tanto delicati e di interesse generale. Siamo certi della attenzione e dello spazio che riserverà a questa nostra comunicazione. Fonte: FNOVI (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) www.fnovi.it
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L’incognita Brexit nel commercio internazionale UK ed Europa sono da sempre partner commerciali legati a doppio filo anche nel settore agroalimentare
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l divorzio del Regno Unito dall’UE è caratterizzato da continui colpi di scena nel contesto politico della Gran Bretagna. Il rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo sviluppo (UNCTAD) ha recentemente sottolineato che una Brexit senza accordo costerebbe alla Gran Bretagna oltre 16 miliardi di dollari di mancato export verso l’Unione Europea. Ma tutto ciò che cosa significa? Certamente un pesante contraccolpo per il comparto agri-
colo britannico, che oggi esporta 2/3 della sua produzione nel vecchio continente, importando dallo stesso quasi il 70% tra frutta, verdura, carne e altri generi alimentari. «Da quando il 51,8% dei cittadini britannici si è espresso per il leave più di tre anni fa, ci siamo interrogati molto sul potenziale impatto che il commercio di prodotti agricoli avrebbe potuto subire a breve e a lungo termine», ha recentemente dichiarato alla stampa di settore JEFF MARTIN, responsabile AHDB BEEF &
LAMB — ente di promozione della carne inglese — per il mercato italiano. «Il comparto bovino e ovino, che noi rappresentiamo insieme a quello dell’orticoltura, sono in particolare i settori che potenzialmente potrebbero essere più colpiti da una Brexit senza accordo». Le carni hanno sempre rappresentato una parte fondamentale del commercio fra l’Europa e i Paesi d’Oltremanica in entrambe le “direzioni”: l’UK è un mercato di sbocco importante per gli allevatori euro-
Manifestanti anti Brexit. Il premier Boris Johnson ha recentemente dichiarato che Londra uscirà dall’Unione Europea «come farebbe Hulk», il supereroe della Marvel. «Più si arrabbia, più Hulk diventa forte. E riesce sempre a fuggire, non importa quanto sembra imprigionato. Lo stesso vale per questo Paese» (photo © ink drop – stock.adobe.com).
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Tra il 2013 e il 2017 l’UK ha esportato una media di oltre 84.000 t/anno di carne bovina fresca, per un valore di 373 milioni di sterline. L’export verso l’UE ha rappresentato l’82% del totale (photo © Rawpixel.com – stock.adobe.com). pei, così come un grande allevatore di bestiame. Basti pensare che nel 2015 il Regno Unito si è classificato come il terzo più grande produttore bovino e il primo produttore ovino di tutta Europa. Tra il 2013 e il 2017 l’Inghilterra ha esportato una media di oltre 84.000 tonnellate all’anno di carne bovina fresca, pari ad un valore di 373 milioni di sterline circa. Durante questo periodo l’export verso l’UE ha rappresentato in media l’82% del totale. Irlanda, Olanda, Francia e Germania sono i principali paesi che hanno acquistato manzo britannico.
Il risultato più auspicabile per tutti gli operatori del settore, britannici ed europei, è sicuramente quello di un accordo che garantisca un commercio fra i due blocchi alle stesse condizioni esistenti ora
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Sul fronte ovino, nello stesso quinquennio, la media delle esportazioni è stata di quasi 100.000 tonnellate annue, pari ad un valore di 392 milioni di sterline. Ancora una volta l’Europa è stata la principale destinazione, con una media dell’89% delle esportazioni britanniche complessive. Francia e Germania sono stati i principali destinatari dei prodotti provenienti dall’UK. «Dati i numeri così importanti per le esportazioni di manzo e ovino britannici verso l’EU, la prospettiva del NO-deal non è mai stata ignorata in AHDB», ha rimarcato Martin. «Abbiamo lavorato da subito per aumentare la consapevolezza del potenziale impatto che lo scenario peggiore potrebbe avere sui nostri comparti di beef e lamb». Se sulle carni di provenienza britannica venissero applicati i dazi doganali di un Paese Terzo, infatti, le esportazioni subirebbero un pesante arresto. Le tariffe applicate potrebbero essere molto alte, tanto quanto il costo del prodotto stesso, se non addirittura
di più. Inoltre, aumenterebbero anche i controlli veterinari, alle dogane e i costi di trasporto. Questo ridurrebbe la competitività delle carni made in UK. Non da ultimo, una hard Brexit porterebbe alla perdita di 32.000 posti di lavoro. Anche sul fronte delle importazioni gli scenari cambierebbero radicalmente, impattando in modo significativo su tutti i mercati europei, sia in volume che in valore. La Gran Bretagna è un grande mercato per i 27: l’Irlanda, principalmente per le carni di manzo, e la Danimarca, per la carne suina, sarebbero i paesi più penalizzati. Anche l’Italia figura fra i top five esportatori di carne bovina in UK. «Il risultato più auspicabile per tutti gli operatori del settore, britannici ed europei è sicuramente quello di un accordo che garantisca un commercio fra i due blocchi alle stesse condizioni esistenti ora» ha concluso Martin. Non resta che seguire gli sviluppi nell’auspicio che l’hard Brexit sia evitata.
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Al via una nuova stagione dell’Agnello gallese Igp in Italia L’Agnello gallese IGP è pronto per una nuova stagione sul mercato italiano. Nonostante l’incertezza legata al tema Brexit, il 2019-2020 si preannuncia come un anno già ricco di importanti novità, a conferma che la carne ovina made in Wales è sempre più apprezzata dai consumatori e dai professionisti del settore. La ripresa delle esportazioni coincide con un momento delicato per la vita politica dell’UK, ma la situazione non spaventa i rappresentanti del comparto zootecnico d’oltremanica. «Regno Unito ed Europa sono da sempre partner commerciali, anche nell’agroalimentare. Una Brexit no deal non gioverebbe né alla Gran Bretagna né all’UE», ha affermato Jeff Martin, responsabile per il mercato italiano di HCC, l’ente promotore delle carni rosse gallesi. «Siamo pertanto fiduciosi che arriveremo ad un accordo». Il parlamento di Westminster ha da poco approvato una legge anti NO-deal, costringendo Boris Johnson a chiedere una proroga della Brexit fino a gennaio 2020, una decisione che ha trovato d’accordo anche il Parlamento europeo. «La pressione sul Primo Ministro per arrivare all’accordo è ora così grande che dovrà fornirne una soluzione positiva a medio termine — precisa Martin — e questo garantirà le esportazioni del Regno Unito per almeno due anni». Nel 2018 le esportazioni di Welsh Lamb e Welsh Beef hanno contribuito per 187,6 milioni di sterline all’economia gallese, in gran parte concentrate nel periodo settembre-dicembre data la stagionalità della carne ovina, vero fiore all’occhiello del comprato zootecnico del Galles. Durante la prima settimana di novembre dello scorso anno, circa 37.000 carcasse di agnello dal sono state esportate dal Galles all’UE. Oltre un terzo della produzione gallese di carne ovina e circa un ottavo di quella bovina sono destinate all’estero, con i paesi della Comunità europea che rappresentano oltre il 90% del commercio. «HCC ha lavorato duramente negli ultimi anni per ottenere l’accesso a nuovi mercati, con notevoli successi in Asia e Medio Oriente, ma è irrealistico pensare che questi nuovi sbocchi possano sostituire le relazioni commerciali con l’Europa» continua Martin. «Anche quest’anno i consumatori italiani potranno trovare l’Agnello gallese IGP nei principali supermercati d’Italia, nelle macellerie di fiducia e nei menù di molti ristoranti. La stagione dell’Agnello gallese inizia a settembre e prosegue fino alla fine dell’anno: la qualità che offriamo è sempre la stessa, ormai riconosciuta da molti estimatori. Una garanzia di gusto, tenerezza e provenienza che non ha eguali». In Galles, infatti, gli ovini crescono in armonia con l’ambiente circostante e si riproducono nei tempi previsti dalla natura: nascono nella stagione estiva, quando trovano molta acqua fresca e abbondanti prati rigogliosi che li nutrono in abbondanza e, in questo modo, vivono alimentandosi con il cibo che la natura ha da sempre previsto per loro. Il risultato è una carne gustosa, saporita e tenera che ha saputo conquistare con semplicità i consumatori di tutta Italia (in foto, paesaggio gallese). >> Link: www.agnellogallese.it
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Vanlommel fornisce carne di vitello su misura: tagliata e confezionata come pi vi piace. In quanto regista di una Þliera chiusa, Vanlommel si occupa in proprio dellÕintero processo, dallÕacquisto e dallÕevoluzione dei vitelli da ingrassare, Þno alla tracciabilit completa a livello del singolo pezzo porzionato. Professionalit con totale Þducia.
Commerico di bovini e carni Industrielaan 21 2250 Olen Belgio
T: +32 (0)14 21 51 50 F: +32 (0)14 21 44 42 E: info@vanlommel.be www.vanlommel.be
SLALOM
Frenata della Germania e ripercussioni per l’Italia di Cosimo Sorrentino
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fine agosto, senza attendere la fine delle vacanze estive, l’OCSE ha fornito dati importanti sull’andamento dell’economia dei Paesi ad essa aderenti, definendo una situazione di chiaro rallentamento. Si registra infatti una riduzione della crescita del PIL complessivo dell’area dei predetti Paesi, passato dallo 0,6% dei primi tre mesi dell’anno allo 0,5% del secondo trimestre, e questa frenata che potrebbe accentuarsi ancora di più a causa della situazione politica piuttosto tesa tra Stati Uniti e Cina. L’Italia, come aveva
preannunciato l’ISTAT a luglio, ha registrato, nel secondo trimestre dell’anno, una crescita zero sia rispetto al trimestre precedente che rispetto allo stesso periodo del 2018. Particolare riferimento va fatto ai Paesi aderenti al G7, che, pur riportando l’incremento medio dell’1,6%, lo stesso dell’area OCSE, vedono Germania e Regno Unito nettamente sulle peggiori posizioni tra primo e secondo trimestre di quest’anno, e cioè: –0,2% (da +0,5%) per il Regno Unito, –0,1% (da +0,4%) per la Germania. Una decelerazione, ma più moderata,
I dati definitivi di fine agosto hanno confermato che la locomotiva d’Europa ha innestato la retromarcia nel secondo trimestre dell’anno, gettando un’ombra su tutto il continente, Italia in primis.
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viene rilevata se si guarda l’andamento su base annua, che rileva il rallentamento dei Paesi dell’OCSE dall’1,7% all’1,6% tra i due trimestri di quest’anno. Tra le sette economie principali, gli USA hanno messo a segno la crescita annuale migliore (2,3%), mentre l’Italia ha fatto registrare quella più contenuta (zero); anche la media della UE (1,3%) e di Eurolandia (1,1%) sono migliori rispetto al nostro Paese. In merito all’andamento dell’economia globale, pesa lo stato di salute della Germania, dalla quale continuano ad arrivare segnali negativi, con riflessi concomitanti anche per il nostro Paese, dipendente molto dalle esportazioni. Secondo accreditati osservatori, responsabile della frenata dell’economia tedesca sarebbe il suo commercio con l’estero: nel secondo trimestre 2019 le esportazioni di merci e servizi sono infatti diminuite in misura maggiore rispetto alle importazioni; il consumo privato invece è aumentato e gli investimenti nel settore edilizio, dopo un forte aumento avvenuto all’inizio dell’anno scorso, sono calati durante l’inverno. A sostenere l’economia tedesca è stato il forte aumento dei consumi alla luce della contenuta disoccupazione e dei bassi tassi d’interesse, che, ovviamente, non invogliano al risparmio. D’altra parte, l’industria tedesca ha risentito del raffreddamento dell’economia mondiale, dei pericoli causati dai rapporti commerciali USA-Cina e dalle incertezze collegate alla Brexit. Per di più, nell’industria automobilistica ha probabilmente pesato il cambio strutturale dovuto all’elettromobilità. Per tali motivi, secondo gli esperti, la ripresa della
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congiuntura per il prosieguo dell’anno si presenta a rischio e le prospettive favorevoli, riguardanti soprattutto l’industria, sono considerate in diminuzione. Il governo tedesco ha infatti di recente stimato una crescita dello 0,5% per il 2019 contro l’1,5% del 2018, ma il PIL nell’Eurozona è leggermente cresciuto nel secondo trimestre di quest’anno rispetto al primo (0,2% secondo i dati EUROSTAT). Il timore di una recessione, alimentata da sfavorevoli dati economici, ha indotto una parte dell’attuale governo ad esercitare una spinta su ANGELA MERKEL affinché non si tenga più conto della regola del pareggio di bilancio che, secondo chi scrive, difficilmente verrà attuato, tenuto conto dell’inflessibilità finora dimostrata sulla rigidità del bilancio. Ma la situazione tedesca non può far piacere all’Italia, per le forti ripercussioni che ne derivano. Infatti, il volume dell’interscambio commerciale tra i due Paesi, già sostenuto, ha fatto registrare un ulteriore aumento nel 2018, raggiungendo il massimo storico di 128 miliardi di euro (+5,4% rispetto al 2017). Secondo i dati ISTAT, nel 2018 le esportazioni italiane verso la Germania hanno raggiunto 58,1 miliardi di euro, mentre il valore delle importazioni si è attestato a 70,3 miliardi di euro (+6,8% rispetto al 2017); la Germania ha così confermato la posizione di primo partner commerciale per l’Italia consolidando il netto distacco dal secondo posto, occupato dalla Francia con 85 miliardi di euro. Tra i partner della Germania il nostro Paese ha guadagnato la quinta posizione, scavalcando il Regno Unito. Ciò detto, pur registrando in un contesto mondiale una fase di rallentamento (anche se non si tratta di crisi globale, come ritenuto da molti esperti e commentatori), più preoccupante appare la congiuntura in Europa, specialmente per quanto riguarda la Germania, come detto, e la situazione del Regno Unito, dove l’economia è entrata in segno negativo. Fonte di preoccupazione viene nutrita anche dalla BCE, secondo la quale serve “un grado significativo di stimolo” e “una politica monetaria altamente accomodante ancora a lungo”, facendo intravedere la necessità del perseguimento dell’inflazione prossima al 2% con i tassi che resteranno sui livelli attuali (o inferiori) almeno fino a metà 2020, e, se necessario, anche riaprire il Quantitative Easing, tenendo conto della situazione del settore manifatturiero, di fatto in recessione, trascinato al ribasso dalla citata contrazione tedesca e dalle difficoltà italiane. Per quanto riguarda in particolare l’Italia, alla vigilia di una complicata manovra di bilancio, è necessario avviare un proficuo percorso di crescita, ma con un programma basato su un’impostazione complessiva di politica economica in modo da indirizzare concretamente le risorse disponibili verso obiettivi che non siano di ragione elettoralistica, altrimenti difficilmente riusciremo a portare il Paese verso una costante, se pur lenta, ripresa. Cosimo Sorrentino
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
2. Il giro del mondo con Bervini Primo 1. Dal Valdarno fiorentino al web Bollito misto, bistecche, frattaglie, salumi e formaggi. L’ANTICA MACELLERIA STOPPIONI di Rignano sull’Arno (FI) lavora con allevatori selezionati del territorio e offre un’ampia gamma di carni e tagli, alcuni dei quali accessibili anche on-line su www.anticamacelleriastoppioni.it (photo © anticamacelleriastoppioni.it).
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Sono quasi 70 gli anni della BERVINI PRIMO SRL, azienda di Salvaterra (RE) — www.bervini.com — che seleziona e offre le migliori carni del mondo e i prodotti ittici al mercato del catering e retail italiano ed estero. Tra beef e tante altre carni, tra cui bisonte, selvaggina, ovino, suino, vitello, equino e carni esotiche c’è davvero tutto! Nella sezione Bervini Beef trovate i vari tagli con provenienza e info sulla filiera certificata e i consigli sulla loro preparazione. Più di così è veramente difficile.
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meat Benedetti
3. La Bottega della Sorana Sfondo rigorosamente nero per dare il massimo risalto alle texture della carne, una navigazione facile e immediata, informazioni aggiunte su tagli, origine e frollature. Ecco un sito e-commerce e informativo fatto davvero bene, con la stessa cura con cui ALBERTO POZZAN ha deciso di proseguire il lavoro di famiglia, prima del padre e ancor prima del nonno. La BOTTEGA DELLA SORANA si trova a Pressana, in provincia di Verona, ed è a portata di clic su www.labottegadellasorana.it. Bravissimi (photo © labottegadellasorana.it).
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4. Sicilia, terra di zootecnia Lo sapevate che gran parte della superficie del territorio in Sicilia è dedicata all’allevamento zootecnico? Il CONSORZIO CARNI DI SICILIA — presente on-line al link www.carnidisicilia.it — vi apre le porte al patrimonio zootecnico dell’isola, caratterizzato da diverse razze e incroci. Queste sono selezionate sia per la resa delle carni, sia per le qualità nutrici (photo © gpiazzese – stock.adobe.com).
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Qualità a portata di smartphone Nascono portale web e app di Dop, Igp ed Stg italiane, uno strumento importante per fornire informazioni a consumatori e turisti, un progetto innovativo, per il target, le tematiche, l'approccio e le informazioni di Sebastiano Corona
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ndicazioni geografiche: sono certamente loro il più grande patrimonio dell’Italia nell’ambito del comparto agroalimentare. Il Belpaese conferma infatti il suo primato mondiale, con 823 prodotti DOP, IGP ed STG registrati, su 3.036 complessivi, riconosciuti dall’Unione Europea. Un elenco ricco e vario, ma evidentemente
non esaustivo, considerato che a questa lunga lista — già di per sé lusinghiera — si aggiungono, mese dopo mese, nuove specialità locali di food & wine. Tra le ultime acquisite, abbiamo la Pitina IGP (Friuli-Venezia Giulia), il Marrone di Serino IGP (Campania), la Lucanica di Picerno IGP (Basilicata) e il Cioccolato di Modica IGP (Sicilia), quest’ultimo primo
cioccolato a indicazione geografica in assoluto. Le denominazioni italiane nel 2018 hanno superato i 15 miliardi di euro alla produzione, per un contributo del 18% al valore economico complessivo del comparto nazionale. Se lo scorso anno l’agroalimentare italiano ha visto crescere il
Homepage del portale dopigp.politicheagricole.it
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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2
Capi di agnello sardo Igp al pascolo in Sardegna (photo © Ekaterina Pokrovsky – stock.adobe.com). proprio valore del 2,1%, quello delle indicazioni geografiche ha ottenuto un risultato ancora più performante, pari al +2,6%, con un export anch’esso in aumento, che raggiunge gli 8,8 miliardi di euro (+4,7%), pari al 21% dell’export agroalimentare italiano. Secondo la FONDAZIONE QUALIVITA, sono ragguardevoli anche i consumi interni nella GDO. Continuano infatti a mostrare trend positivi con una crescita del +6,9% per le vendite food a peso fisso e del +4,9% per il vino. L’alimentare sfiora i 7 miliardi di valore alla produzione e i 3,5 miliardi all’export, per una crescita del 3,5%. Mentre raggiunge i 14,7 miliardi al consumo, con un +6,4% sul 2016. Il wine, invece, vale 8,3 miliardi alla produzione (+2%) e 5,3 all’export, su un totale di circa 6 miliardi del settore. dopigp.politicheagricole.it: primo portale istituzionale dedicato solo alle denominazioni d’origine Un sistema complesso, quello descritto, che coinvolge oltre 197.000
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operatori e garantisce qualità e sicurezza anche attraverso una rete che conta ben 275 consorzi di tutela riconosciuti dal MIPAAFT e oltre 10.000 interventi effettuati da organismi pubblici di controllo. Un patrimonio preziosissimo, dunque, a cui il MIPAAFT — che già gli riserva una parte cospicua del suo portale internet istituzionale — ha voluto dedicare un sito di stato, reso di recente on-line. Si tratta del primo portale istituzionale interamente dedicato alle denominazioni d’origine: oltre 823 pagine, una per prodotto, disponibili on-line con informazioni per gli operatori, ma soprattutto per consumatori e turisti. Il fine è quello di avvicinare sempre più persone al mondo delle indicazioni geografiche. Il sito ha infatti lo scopo di spiegare ai non addetti ai lavori cosa siano DOP, IGP e STG, capire come riconoscerle ed individuarle facilmente, come evitare le imitazioni e gli abusi e perché acquistare preferibilmente prodotti a denominazione.
L’indirizzo è dopigp.politicheagricole.it: i suoi contenuti, disponibili per ora solo in italiano e in inglese, saranno a breve fruibili anche grazie ad una app dedicata, che integrerà le informazioni sui prodotti, i dati sugli agriturismi e quelli relativi ai beni culturali del Belpaese. Un modo per accedere immediatamente ad informazioni importanti sul prodotto, anche di fronte allo scaffale. L’importanza del legame col territorio Oltre a sottolineare la differenza tra DOP e IGP — che talvolta nemmeno i consumatori più accorti hanno ben presente — sul portale è facile rilevare il legame del prodotto con il territorio. Ogni regione italiana possiede in media oltre 40 denominazioni, che con i siti culturali e i beni paesaggistici rappresentano un patrimonio prezioso da valorizzare. Ed è proprio per questo motivo che il sito offre una sezione importante che consente, per ogni singola
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regione, di sapere quali siano le indicazioni geografiche presenti. Una serie di pagine che descrivono le caratteristiche dei prodotti, i metodi di produzione, le aree geografiche di riferimento e anche i disciplinari di produzione per intero. In un’altra sezione sono invece disponibili, divise tra operatori del settore e consumatori, le manifestazioni e gli eventi di riferimento, che hanno come protagonisti i prodotti registrati. La complessità resa semplice Il portale ha però anche il merito di spiegare, con termini semplici, come si ottiene, da parte dell’Unione Europea, il tanto agognato riconoscimento. Al di là di quanto si possa pensare, infatti, l’iter per giungere al bollino è frutto di un lungo e complesso lavoro dei produttori con il Ministero che, da un lato interagisce con le amministrazioni locali ed europee e, dall’altro, con la filiera. Un lavoro che parte dalla base, dunque,
Tagli freschi di Cinta senese Igp (photo © fotografiche.eu – stock.adobe.com). dalle aziende che, attraverso un comitato promotore, presentano la domanda, corredata dalla storia del prodotto e dal disciplinare, oltre che da una lunga serie di altri documenti e dossier. Un vero e proprio processo di sinergie e di ecosistema
che vuole essere una garanzia per il consumatore sulla qualità ed il valore dei prodotti riconosciuti come DOP, IGP, STG. Un riconoscimento a quell’Italia che ama fare e ama fare bene. Sebastiano Corona
GUSTAmi, il connubio perfetto tra semplicitĂ e gusto
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el 2017 Lanza Srl — azienda con sede a Negrar di Valpolicella (VR) che dal 1935 macella, seziona e commercializza carni bovine — ha presentato una nuova linea di prodotti, lanciando sul mercato il brand GUSTAmi. «La linea GUSTAmi è realizzata con carni pregiate di altissima qualità, provenienti da allevamenti italiani qualificati, dove gli animali vengono nutriti in modo sano e naturale ed accuditi nel pieno rispetto del benessere animale certificato CReNBA» ci racconta MARCO LANZA. «Proporre un prodotto già consolidato sul mercato è stata una vera sfida, ma pensiamo di aver centrato l’obiettivo». Hamburger per iniziare Frutto di una serie di lunghe e approfondite ricerche, infatti, i pionieri del nuovo marchio GUSTAmi sono gli hamburger, realizzati con il 90% di carne di scottona proveniente da allevamenti italiani e conditi solo con pochi ingredienti di origine naturale. «I nostri hamburger, come tutti gli altri prodotti della linea GUSTAmi, oltre ad essere privi di conservanti e gluten free, vantano, anche, una clean label: abbiamo deciso infatti di escludere dalla lista degli ingredienti qualsiasi sostanza artificiale e di concentrarci sulla ricerca di un equilibrio nella texture e nel sapore» prosegue Marco Lanza. «La ricetta è semplice e la consistenza gioca un ruolo fondamentale: il giusto rapporto tra il contenuto di magro e di grasso, nonché le modalità di macinatura, trasmettono al nostro prodotto una succosità ed una morbidezza ineguagliabili». Per il confezionamento degli hamburger si è optato per lo skin: un sistema versatile che, escludendo l’utilizzo di gas, consente di non interrompere il processo di maturazione della carne e garantisce un
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I prodotti della linea GUSTAmi sono realizzati solo con carni pregiate di primissima qualità, ingredienti naturali e il divieto assoluto di utilizzare sostanze artificiali, conservanti e glutine. prolungato periodo di conservazione del prodotto. «Il nostro consiglio è quello di assaggiare gli hamburger GUSTAmi così come li proponiamo, senza aggiungere alcun condimento in fase di cottura» specifica meglio Marco Lanza. «Per gli appassionati (e non) del panino più famoso del mondo, che sono alla ricerca di un’idea per prepararlo in modo originale e sfizioso, abbiamo poi realizzato una pagina di ricette sul sito www.gustami.eu, che riproponiamo anche all’interno del cluster che avvolge i nostri hamburger». GUSTAmi in evoluzione Quest’anno la ditta Lanza ha re-
alizzato e presentato due nuovi prodotti: la salsiccia di vitello e la salsiccia di scottona. La filosofia di fondo rimane sempre la stessa: materie prime di primissima scelta, ingredienti naturali (compreso il budello) e il divieto assoluto di utilizzare sostanze artificiali, conservanti e glutine. La salsiccia di vitello, semplice ma gustosa, è realizzata con sola carne macinata di vitello impastata con pochi ingredienti, tutti di origine naturale; inoltre, essendo insaccata in budello naturale di montone, è interamente pork free. Regina di tantissime ricette, è in grado di conquistare qualsiasi palato
«Il nostro consiglio è quello di assaggiare gli hamburger GUSTAmi senza aggiungere alcun condimento in fase di cottura», suggerisce Marco Lanza. «Per i più golosi, abbiamo, inoltre, realizzato una pagina di ricette sul sito www.gustami.eu, che riproponiamo anche all’interno del cluster che avvolge i nostri hamburger»
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col suo inconfondibile ed invitante aroma. La salsiccia di scottona, invece, prodotta con sola carne di bovino, andrebbe gustata (secondo le indicazioni dei produttori) lasciandola leggermente rosata al centro, così da poterne apprezzare appieno il flavour unico. «Questi sono solo i primi prodotti nati all’interno della nostra linea GUSTAmi» conclude Marco Lanza. «Il nostro obiettivo, infatti, è quello di continuare ad implementare questo brand con prelibatezze sempre nuove e sfiziose».
Lanza Srl Sede Legale: Viale Europa 9 37024 Negrar di Valpolicella (VR) Web: www.lanzasrl.com www.gustami.eu
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La filiera di ProSus si tinge sempre più di verde
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alle aziende agricole dei soci ai trasporti, dalle energie rinnovabili ai pack sostenibili: la cooperativa cremonese PROSUS sta mettendo in campo numerose iniziative nella direzione della sostenibilità e del benessere animale. A partire dalla maggior parte delle aziende agricole dei soci dove, da anni, sono presenti impianti a biogas per l’autoproduzione di energia elettrica. Segnale, questo, che la base sociale in primis è attenta e sensibile al tema delle risorse rinnovabili e che crede ed investe in questo settore. Anche l’impianto di macellazione di Vescovato (CR), sede storica della cooperativa, di recente ha attivato un impianto di cogenerazione ed un impianto a biogas alimentato dai sottoprodotti della macellazione, riuscendo così a trasformare un problema in un’opportunità per tutti: produrre energia elettrica e recuperare acqua calda per le lavorazioni grazie allo smaltimento — in modo ecologico — di tutti quei prodotti di scarto che prima dovevano essere trattati con lavorazioni più impattanti sia per l’azienda (soprattutto in termini economici), che per l’ambiente. Sempre nell’ottica delle energie rinnovabili, nei prossimi mesi è in progetto la rimozione dell’amianto dalle coperture dei fabbricati e la posa di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica — 1 MW — destinato all’autoconsumo dell’azienda. «Oggi ci rendiamo tutti conto che è necessario prestare la massima attenzione alla sostenibilità delle produzioni, cercando di ridurne l’impatto in termini ambientali» spiega MICHELA GARATTI, responsabile comunicazione di ProSus. «Farsi carico della responsabilità di produzioni etiche e sostenibili è un aspetto cardine della CSR (Cor-
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porate Social Responsibility), che a sua volta è uno degli asset intangibili che oggi compongono quasi il 90% del valore di un’azienda». Non si tratta solo di una moda, dunque, ma di un nuovo modo di approcciare le produzioni e di comunicare al consumatore. «Noi lo facciamo partendo già dal pack — prosegue Garatti — che per i nostri prodotti a marchio Le Buone Terre è sicuramente uno strumento di comunicazione immediata con il nostro consumatore». Infor mazioni sul prodotto (come la percentuale – % – di grassi, l’assenza di glutine), indicazioni di preparazione, ma anche informazioni sulla tipologia dei materiali, con la scelta di mettere in primo piano il “bollo” Secondo Natura, che racconta l’utilizzo di cartoncino riciclabile e certificato FSC e di vaschette in plastica riciclata. Ma l’innovazione non si ferma qua. «La nostra Ricerca & Sviluppo sta lavorando da mesi con grande passione per arrivare ad utilizzare un vassoio in cartoncino invece della vaschetta in plastica» spiega ENRICO ROSSINI, direttore commerciale. «Siamo a buon punto e siamo fiduciosi che nei prossimi mesi riusciremo ad implementare la produzione con questo materiale. Non abbiamo dubbi che il mercato, sempre più sensibile alle tematiche ambientali, possa cogliere positivamente ed apprezzare questa novità». Anche sul piano della lotta allo spreco alimentare la linea Le Buone Terre è stata pioniera di questo approccio, in quanto le vaschette in vacuum skin sono state lanciate già 4 anni fa, quando ancora sul mercato non si vedeva nulla di simile in fatto di confezionamento. «Siamo stati tra i primi a capire le potenzialità di questa tecnologia che garantisce al prodotto una shelf-life fino a tre
volte superiore, oltre ad un aspetto pratico di riduzione degli ingombri» racconta ancora Garatti. Le scelte d’acquisto infatti oggi sono guidate per oltre il 70% da temi legati alla sostenibilità ed alla qualità dei prodotti, con i consumatori che si dichiarano disposti a spendere qualcosa in più a fronte della garanzia di un acquisto etico, sostenibile, con la possibilità di avere ben espressa l’origine del prodotto. Anche in tema di origine della materia prima, Le Buone Terre da sempre ha offerto al consumatore la possibilità di scoprire l’origine della carne con la semplice scansione di un QR-Code in etichetta. «In quanto cooperativa di allevatori, abbiamo il controllo dell’intera filiera della nostra carne: con il nostro QR-Code riusciamo a mostrare al consumatore la foto e la geolocalizzazione dell’allevamento in cui i nostri animali sono stati cresciuti seguendo i disciplinari di produzione delle DOP Parma e San Daniele». Anche qui la comunicazione diventa fondamentale per far arrivare al consumatore la storia e le caratteristiche dell’azienda e dei suoi prodotti. Per l’anno in corso, l’azienda ha deciso di investire nel digitale, puntando sui canali
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social e sui suoi due siti internet (www.prosus.it e www.buoneterre. it). A fianco di questi strumenti, non mancano iniziative più tradizionali, come le attività di degustazione instore. «Sul piano digital, ci stiamo concentrando su una comunicazione specifica e molto ingaggiante sulle nostre pagine Facebook ed Instagram, dalle quali oggi la comunicazione non può prescindere» spiega Garatti. «Raggiungiamo settimanalmente le persone che ci seguono raccontando l’impegno della nostra cooperativa e la qualità dei prodotti, cercando di coinvolgerli e di aumentare la brand awareness. Abbiamo rinnovato nella grafica e nei contenuti i nostri siti, per una comunicazione più istituzionale e divulgativa». Non mancano però le iniziative sul punto vendita, che coinvolgono il consumatore proprio nel momento dell’acquisto «Con le attività di degustazione in-store abbiamo la possibilità di far assaggiare i nostri prodotti cucinati — racconta
Rossini — direttamente al nostro target di consumatori, cogliendoli proprio al momento della scelta d’acquisto. Queste attività danno sempre un riscontro immediato nell’acquisto ed incentivano sul lungo periodo la fidelizzazione del consumatore». Oltre ai temi di sostenibilità e CSR, il 2019 ha segnato anche due importanti momenti per l’impianto di macellazione di Vescovato: in primis la tanto attesa apertura del mercato cinese alle carni di suino congelate, con l’approvazione degli accordi bilaterali e la convalida del certificato sanitario (anche ProSus è stata inserita nell’elenco dei 9 macelli italiani autorizzati ad esportare carni suine nelle Repubblica Popolare Cinese). Attesa da quasi 15 anni, finalmente questa opportunità diventa realtà concreta, con la possibilità di accedere al mercato più grande al mondo; strategico e dal potenziale immenso, ricerca particolari tagli anatomici che vengono valorizzati meglio rispetto ai
mercati tradizionali, con volumi estremamente importanti. Superati gli ultimi step burocratici, i macelli potranno iniziare le produzioni e far partire i primi container di prodotto. L’altra grande soddisfazione di ProSus nel 2019 è la realizzazione delle nuove stalle di sosta presso l’impianto di Vescovato. Il progetto, avviato a gennaio, verrà a compimento nei primi mesi del prossimo anno. Su un’area totale di oltre 17.000 m2, sorgeranno i 4.800 m2 coperti, realizzati per ottemperare alle normative sul benessere animale in primis e per l’ottimizzazione dei trasporti ed il miglioramento delle aree di lavaggio. Grande spazio alla tecnologia in campo di innovazione e di automazione, a partire dalla movimentazione degli animali, che nei box di stallo (previste soste da 8 a 12 ore) potranno essere divisi già per categorie di peso e differenziati in funzione dei diversi canali o delle filiere a cui sarà destinata la carne.
Cinta senese: obiettivo crescita Circa trent’anni fa gli sforzi comuni di tante componenti imprenditoriali, istituzionali e scientifiche hanno permesso di salvaguardare la biodiversità delle razze suine autoctone italiane evitando l’estinzione della Cinta senese, un animale conosciuto fin dal Medioevo e probabilmente indietro ancora nel tempo. Da allora molti passi avanti sono stati compiuti con il moltiplicarsi degli allevamenti, la costituzione del Consorzio e il riconoscimento DOP per la carne, apprezzata per le sue caratteristiche in Italia e nel mondo. Una vera e propria eccellenza dell’agroalimentare del nostro Paese. Tale è l’apprezzamento per la Cinta senese che l’offerta non riesce a far fronte alla domanda del mercato. «Questo squilibrio non consente un’adeguata programmazione alle aziende distributrici e trasformatrici, non garantisce una stabilità nei prezzi e un adeguato livello remunerativo per gli allevatori» afferma DANIELE BARUFFALDI, presidente del Consorzio della Cinta senese. «Indispensabile dunque far crescere il numero dei capi allevati (attualmente tra i 3.900-4.300 annui) fino a farli raddoppiare, ma anche triplicare. Il raggiungimento di tale obiettivo comporterà la creazione di un mercato solido, di un prezzo adeguato ai costi di allevamento». Dunque promozione sì del prodotto, ma anche azioni che consentano il moltiplicarsi delle aziende e degli imprenditori agricoli e quindi nuovi allevamenti. «Per questo occorre ancora una volta lo sforzo di tutti, come trent’anni fa quando le sinergie messe in campo consentirono di raggiungere un grande traguardo. Un altro traguardo ci attende: consolidare e dare certezze economiche a chi con tanta passione e dedizione alleva la Cinta senese. Offrendo di pari passo nuove opportunità di lavoro per tanti giovani che guardano all’agricoltura e all’allevamento con rinnovato interesse, riscoprendo il valore inestimabile del legame con il territorio» prosegue Baruffaldi. «Il Consorzio è disponibile ad impegnarsi come supporto tecnico per facilitare i contatti tra allevatori ed acquirenti, mettendo a disposizione l’esperienza dei propri soci e le opportunità commerciali che via via si presentano. Pronti al confronto, chiediamo di aiutarci a individuare quali possano essere le azioni più adeguate affinché la storia della Cinta senese continui e sia una storia di un’eccellenza italiana sempre più conosciuta e apprezzata nel mondo».
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HAI MAI ASSAGGIATO
L’INSALATA DI CARNE?
Gustala fresca così com’è con un filo d’olio e qualche goccia di limone. Oppure sull’insalata verde, ma anche sulla pizza an o come ingrediente per rendere ancora h le tue ricette. più piacevoli e ri ricche
ilvitellodicasavercelli.com consumatori@ilvitellodicasavercelli.com
Con i distributori automatici e i dispenser di DF Italia si può
Il banco carni “sempre aperto” di Elena Benedetti
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anto è stato scritto e commentato su quella visione di società liquida dei nostri tempi, nella quale anche le modalità di acquisto mutano rapidamente dettate da nuovi stili di vita e dall’utilizzo sempre più crescente di strumenti digitali. Senza scomodare troppo il filosofo polacco BAUMAN, si può affermare che oggi il consumatore può iniziare a scegliere come, dove e quando acquistare i prodotti di cui necessita, senza più vincoli. Questo dato di fatto è confermato anche da CONFIDA, l’associazione italiana della distribuzione automatica, secondo cui “il settore del vending mostra segni di vitalità ed esprime
Le vending machine di DF Italia distribuiscono un’ampia gamma di prodotti alimentari, tra cui carne, salumi, vino, olio, acqua, pesce, bibite, snack, latte, yogurt, formaggi, frutta, verdura, dessert e surgelati. L’offerta di distributori comprende la gestione di prodotti freschi, a temperatura 12/15 °C, refrigerati a 0/4 °C e surgelati a –18/-24 °C
una qualità crescente, così come la produzione di macchine per la distribuzione automatica è sempre più un esempio di made in Italy che funziona”. Interessante quindi anche il fatto che in questo segmento del mercato ci sia proprio l’Italia,
leader in Europa per quantità di macchine installate. Questo tema riguarda anche il mercato delle carni. In numerosi paesi europei, prima fra tutti la Germania, all’interno o all’esterno delle macellerie sono presenti distributori automatici che
Un distributore all’esterno di un punto vendita della catena di macellerie tedesca Wir Grillen (photo © KWiucha – info@kwiucha.de).
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Specifiche dei distributori DF Italia • • • • • • • •
Alto isolamento termico Doppio sistema di erogazione Grande capienza di prodotti Ampio sportello di prelievo Possibilità di erogazione codificata Multisistema di pagamento GSM/e-mail e telemetria Ascensore salva-prodotto
In alto: a sinistra, distributore automatico della Macelleria Fontana all’esterno della bottega delle carni a Marostica (VI). A destra: una selezione di burger, sughi, salumi di Walter e Andrea Fontana, disponibili alla clientela 24/7. In basso: la bocca di prelievo è decisamente ampia. non conoscono orari di chiusura e che offrono un servizio 24H, perfetto per chi fatica a stare dentro ai vincoli dell’apertura del punto vendita. In questo senso, le vending machine sono per i consumatori un servizio imprescindibile durante i loro spostamenti quotidiani. Lo sa bene DIEGO FERRONATO di DF ITALIA, azienda di Sandrigo (VI) produttrice di distributori automatici di prodotti freschi. «Siamo nati nel
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2004 come azienda produttrice di vending machine per il latte sfuso» mi racconta Diego. «Abbiamo quindi iniziato la vendita e, a quel punto, non solo i piccoli produttori hanno cominciato a rivolgersi a noi, ma anche le latterie più grandi». Come siete arrivati ai distributori di prodotti a base di carne? «Dal 2008 abbiamo iniziato a farci conoscere all’estero e oggi
la nostra presenza è capillare in tutta Europa: Germania, Francia, Spagna, Romania, Ungheria e altri paesi. Fuori Europa, ad esempio, siamo in Russia, Colombia, Africa, Pakistan e Nuova Zelanda. Questo ci ha portato a viaggiare molto e a visitare realtà che sembrano distanti dalla nostra. Il mondo delle carni e dell’ittico sono due grandi scommesse, due sfide su cui puntiamo molto, proprio perché alla base del
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nostro lavoro c’è l’idea di dare un servizio importante al dettagliante, ma soprattutto alla sua clientela, che può contare sull’accesso ai prodotti senza vincoli di orario». Quali sono gli elementi che fanno la differenza nel vostro lavoro? «Sicuramente la qualità e l’affidabilità, che sono poi i punti chiave che ci hanno distinto rispetto ai nostri concorrenti e che fanno sì che il nostro lavoro e la nostra ricerca continuino ad essere premiati. Occupandoci direttamente dell’intero ciclo, dalla progettazione alla realizzazione delle macchine, abbiamo risolto tutte le problematiche legate alla temperatura, che va calibrata e tarata perfettamente. Utilizziamo motori molto potenti e spessi isolamenti che garantiscono una tenuta stabile del freddo». Nel rivolgervi al mercato delle carni offrite un prodotto standard o potete calibrarlo sulla base delle esigenze del cliente? «La personalizzazione è il nostro punto di forza. Ogni distributore automatico può essere personalizzato per rispondere alle esigenze del cliente, per tipologia di prodotti, dimensioni, tipo di erogazione. La bocca di prelievo è molto grande: ci passa anche un pollo! È presente un ascensore a tutta larghezza che fa sì che il prodotto selezionato non cada, perfetto anche per le uova». Come si effettua il pagamento? «La scelta è ampia tra monete e banconote (con erogazione del resto), carta di credito e chiavetta elettronica ricaricabile». Con un distributore automatico quali sono in vantaggi del titolare di negozio? «Posizionando il distributore presso il punto vendita si fornisce un servizio veloce al cliente che non può magari attendere il proprio turno e che in autonomia può acquistare i prodotti di cui necessita. Posizionando il distributore all’esterno, il negozio resta aperto 24H garantendo la qualità dei prodotti — perfettamente bilanciati dalle corrette temperature — ad un numero maggiore di persone e
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9 cose da sapere e da fare con un distributore automatico, tra normative e ASL Abbiamo chiesto a MARCO CAPPELLI, tecnico della prevenzione della ASL 5 Liguria, un parere su quelli che sono gli adempimenti in materia di sicurezza degli alimenti. Ecco qui di seguito 9 punti a cui attenersi: 1. notifica del distributore automatico all’autorità competente (ASL) secondo le disposizioni nazionali e regionali (SCIA sanitaria); 2. igiene del sezionamento, della preparazione e del confezionamento (per evitare contaminazioni); 3. utilizzo di involucri conformi alla normativa sui MOCA; 4. se si tratta di sezionamento, preparazione e confezionamento effettuati dal dettagliante per la sola vendita diretta, in distributore posto all’interno dell’esercizio di vendita o, se all’esterno, comunque connesso all’esercizio, non occorre il riconoscimento (bollo CE) ma è sufficiente la registrazione mediante notifica all’ASL; 5. rispetto della catena del freddo in tutte le fasi, compresi il trasporto verso il distributore e l’esposizione nel distributore; 6. definizione della shelf-life (durata commerciale, scadenza) e suo rispetto; 7. etichettatura ai sensi del Regolamento 1169/2011, che rimanda per i distributori automatici alla normativa nazionale che in Italia è costituita dal DLgs 15 dicembre 2017, n. 231, che all’art. 18 recita: “nel caso di distribuzione di alimenti non preimballati messi in vendita tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati, devono essere riportate sui distributori e per ciascun prodotto le indicazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere a), b) e c), del regolamento nonché il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede dell’impresa responsabile della gestione dell’impianto”; trattandosi nel nostro caso di alimenti preimballati dallo stesso rivenditore al dettaglio per la vendita diretta, sono assimilati, ai fini dell’etichettatura, agli alimenti non preimballati, e quindi le indicazioni obbligatorie sono quelle sopra indicate, vale a dire la denominazione del prodotto, l’elenco degli ingredienti e quello degli allergeni presenti; 8. etichettatura aggiuntiva “di origine”, ove prevista ai sensi delle norme specifiche per tipologia di carni (es. bovina, avicola, ecc…); 9. gestione mediante predisposizione e applicazione di procedure di autocontrollo basate sul sistema HACCP o mediante eventuali procedure semplificate secondo le normative regionali.
svincolando queste ultime da orari di apertura e chiusura». Vendere anche quando la tua attività ha le saracinesche abbassate è o non è il sogno di tutti? «Il mondo del vending è in sviluppo e DF Italia con la sua gamma di distributori automatici e dispenser per prodotti freschi, refrigerati e surgelati può essere la soluzione migliore per distribuire prodotti di qualità, anche le carni migliori». Elena Benedetti
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Tracciabilità e trasparenza dal campo alla tavola: la filiera AmicΊmega
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A
micΩmega: già dal nome capiamo con chi abbiamo a che fare e che gli Omega-3 la fanno da padroni. Il CONSORZIO AMICΩMEGA si propone di produrre alimenti sani, equilibrati e di qualità partendo dall’allevamento degli animali, ma, soprattutto, i suoi prodotti si contraddistinguono per la naturale presenza di Omega-3, così importanti per la nostra salute e così ricercati oggi dal consumatore informato e attento al cibo sano. Gli attori della filiera La filiera AmicΩmega offre prodotti certificati, salutari, genuini ed esclusivamente italiani, nel pieno rispetto del benessere animale e dell’ambiente. Tutti gli attori della filiera, a cominciare dai mangimifici, gli allevatori, i trasformatori, fino ai distributori, collaborano e lavorano a stretto contatto per garantire tracciabilità, sicurezza, qualità e trasparenza dal campo alla tavola. I mangimifici sono il punto di partenza dell’intera filiera, dove vengono prodotti gli alimenti che nutriranno gli animali, selezionati e
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garantiti, di primissimo livello e naturalmente ricchi di Omega-3, così da assicurare una dieta completa e bilanciata agli animali, aumentando il loro stato di benessere e le performance. I trasformatori sono selezionati in base a rigorosi criteri sviluppati dal Consorzio AmicΩmega all’atto dell’adesione e sono tenuti ad assicurare l’applicazione di un sistema interno di tracciabilità ed etichettatura a garanzia della rintracciabilità. Tutti gli allevatori che aderiscono al progetto devono attenersi con rigore ad un Disciplinare tecnico di produzione che prevede l’utilizzo di una dieta perfettamente bilanciata per gli animali, in modo da ottenere i risultati prefissati. Infine, i distributori assicurano al consumatore l’acquisto di prodotti certificati provenienti da una filiera integrata e controllata, mettendo loro a disposizione tutte le informazioni sulle fasi di processo a monte e a valle della filiera, circa l’origine e la lavorazione degli alimenti a cominciare dalla coltivazione delle materie prime, la produzione e la trasformazione dei prodotti.
Ogni scelta del Consorzio viene rigorosamente avvallata da un comitato scientifico con cui c’è un confronto continuo, ma a fare la differenza e a dare un ulteriore valore aggiunto è la presenza di personale tecnico specializzato, che attraverso la sua consulenza professionale, competente e qualificata lungo tutte le fasi della filiera, garantisce un’alimentazione corretta e bilanciata, un miglioramento del benessere e delle performance produttive degli animali ed una migliore qualità e genuinità dei prodotti. Alimenti gustosi e sani, con la garanzia del benessere animale I prodotti AmicΩmega si contraddistinguono per la presenza di acidi grassi Omega-3 grazie ad un piano alimentare appositamente formulato che garantisce agli animali non solo il giusto apporto di nutrienti essenziali, ma anche la presenza di questi grassi benefici, a tutto vantaggio della salute del consumatore, che gode di un alimento gustoso e sano. I prodotti sono certificati e provenienti da una filiera integrata e controllata in ogni fase, offrendo
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non solo un maggiore apporto giornaliero di Omega-3, ma anche un rapporto ideale Omega-6/Omega-3 ed una minor assunzione di acidi grassi saturi, grazie ad un’alimentazione controllata ed equilibrata del bestiame ricca di varietà di vegetali fonti di Omega-3. Questo ha dei risvolti positivi anche sul benessere degli animali, in quanto gli Omega-3 aumentano le loro difese immunitarie e li rendono più resistenti alle malattie, riducendo dunque drasticamente l’impiego dei farmaci. L’allevamento è libero in box multipli e gli elevati standard di benessere sono garantiti dal Centro di Referenza Nazionale. Gli animali che necessitano di cure e trattati con i farmaci necessari invece escono dalla filiera AmicΩmega e non possono essere più inseriti nel suo circuito. Particolare attenzione viene rivolta anche alla sostenibilità ambientale attraverso la riduzione dello spreco di nutrienti ottenibile con tecniche di precision feeding, che
I prodotti AmicΩmega si contraddistinguono per la presenza di acidi grassi Omega-3, a tutto vantaggio della salute del consumatore, che gode di un alimento gustoso e sano. prevede una diminuzione del contenuto di nutrienti, in particolare di azoto, negli effluenti di allevamento ed una diminuzione delle emissioni indirette dovute allo stoccaggio delle deiezioni. L’introduzione dei grassi Omega-3 nella dieta permette anche di ridurre l’emissione endogena di
metano dei ruminanti, con conseguenze positive per la salute e per l’ambiente. >> Link: www.amicomega.it Nota Alle pagine 62 e 63, capi della filiera AmicΩmega.
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Voce del verbo Stagionare di Elena Benedetti
L
a lavorazione delle carni è un processo tanto affascinante quanto complesso, perché le variabili in gioco sono parecchie. Servono manualità nei gesti, esperienza, che è spesso affare di famiglia e di tradizioni locali. Ci sono le materie prime, tra carni, budelli e spezie da selezionare con cura e, non ultima, la tecnologia, grande alleata dei norcini italiani. La stagionatura delle carni richiede un bilanciamento perfetto della temperatura e dell’umidità e attraverso quest’ultima le tanto amate muffe lavorano per conferire odori e sapori. L’equilibrio è precario, servono abilità e professionalità.
Lo sanno bene PAOLO e FRANCESCO MINOZZI, che nello stabilimento di Camposanto, in provincia di Modena, affiancano norcini e salumieri con la loro tecnologia, attraverso il marchio Stagionare che racchiude in sé tutta l’esperienza di oltre trent’anni di lavoro. Abbiamo incontrato Paolo lo scorso agosto, in una giornata assolata che se per il resto del mondo era tempo di vacanze e gite al mare, per lui e Francesco era lavoro e consegne da fare. «Siamo in crescita e questi risultati ci appagano dal tanto lavoro fatto per costruire una rete di clientela in tutta Italia e, soprattutto, per il riconoscimento di un
prodotto che agevola il lavoro degli operatori» mi dice Paolo. L’azienda è specializzata nella realizzazione di armadi per l’asciugatura e stagionatura dei salumi, stagionatura dei formaggi e maturazione delle carni. Alla base dell’attività c’è la volontà di fornire un prodotto facile e intuitivo nell’utilizzo, dotato di centraline touch che si possono controllare e regolare comodamente da remoto, e l’impiego di materiali in acciaio inox, rigorosamente made in Italy, ritenuti idonei e affidabili (come ad esempio lo spessore di isolamento di 7,5 mm dell’armadio inox).
Paolo e Francesco Minozzi all’edizione 2019 di iMeat a Modena hanno presentato la loro gamma di armadi di asciugatura e stagionatura. La consegna del prodotto avviene mediamente entro le 2 settimane dall’ordine e comprende anche l’assistenza sulla messa a punto di prodotto con l’ausilio di consulenti esterni. Stagionare opera in Italia attraverso una consolidata rete di distributori presenti da Nord a Sud che garantiscono anche un’assistenza tecnica rapida e puntuale.
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Ma forse il vero punto di forza di Stagionare sta nel servizio al cliente e «nella capacità di adeguare gli impianti a seconda delle esigenze del cliente», sottolinea Paolo Minozzi. «Il nostro è un lavoro praticamente sartoriale, nel quale la messa a punto del prodotto più adatto per un certo tipo di cliente e di prodotto da realizzare, va fatta su misura, insieme a lui, affiancandolo in ogni passaggio e fornendo la corretta consulenza» continua Minozzi. Per quanto concerne la vendita di armadi di stagionatura di insaccati, l’azienda emiliana mette a disposizione della propria clientela l’esperienza di personale esterno specializzato nella realizzazione di salumi, che affianca il cliente in ogni passaggio aiutandolo ad ottenere il prodotto e il livello di qualità desiderati. Quali sono le più grandi difficoltà in questo processo? «È un insieme di cose e il punto negativo è che il norcino se ne accorge solo alla fine della lavorazione. Non è
spesso facile capire dove sta l’errore, in quale fase del lavoro. Diciamo che la scelta della materia prima e del budello incidono per il 40% mentre il resto, la lavorazione delle carni, la preparazione dell’insaccato e la stagionatura fanno il resto» risponde Paolo. Oggi grazie alla tecnologia la tradizione convive con la modernità e da quest’ultima può trarre una serie di vantaggi in termini di maggiore facilità nella lavorazione e, soprattutto, meno rischi nella realizzazione di un buon prodotto finale. Personalizzazioni e servizio di assistenza post vendita Il prodotto di punta di Stagionare è l’armadio inox monoscocca con caldo e freddo a bassa ventilazione. Facile da utilizzare, consente l’impostazione dei tempi di lavoro e di pausa. Le personalizzazioni sono tante, dalle porte in vetri alle ruote, fino all’implementazione degli strumenti touch.
Dal monoscocca si passa poi ad armadi componibili in lamiera plastificata e a mini celle con caldo e freddo ventilato. La gamma dell’offerta è quindi piuttosto ampia, coprendo le esigenze di piccole pezzature, dai 50 kg di prodotto, fino ad allestimenti industriali. Il business di Stagionare è in piena evoluzione e spazia anche nel mondo della maturazione delle carni, con le lunghe frollature tanto di moda anche tra i ristoratori, e all’essiccatura dell’ittico. Tutto ciò continuando a seguire la clientela e le sue esigenze e garantendo un ottimo servizio di assistenza personalizzata anche dopo la vendita. Elena Benedetti
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La storia di successo dello specialista USA degli utensili da taglio
Bettcher Industries festeggia 75 anni di esperienza nel settore dei trimmer
B
INDUSTRIES compie 75 anni. Il leader mondiale di strumenti per il taglio e la rifilatura per l’industria della lavorazione della carne ha “tagliato” un importante traguardo e ha festeggiato nella sua sede statunitense di Birmingham, Ohio. Bettcher Industries è stata fondata nel 1944 da LOUIS A. BETTCHER come officina per la riparazione ETTCHER
di attrezzature per la lavorazione della carne. Nel 1947, l’azienda presentava già il primo strumento sviluppato in proprio, una sega elettrica da taglio. Fu quello l’inizio di una storia di successo, rappresentata in maniera emblematica dal Whizard®, pluripremiato coltello manuale introdotto nel 1954, che in brevissimo tempo cominciò ad essere utilizzato in tutti gli Stati
Uniti. Un coltello che ancora oggi è uno dei più venduti nel portafoglio prodotti Bettcher, in tutte le sue varianti sviluppate successivamente. Dal 1959, Bettcher iniziò ad espandersi in tutto il mondo, fondando nel 1978 la sua sede europea a Dierikon, Svizzera, e aprendo le due filiali in Brasile e Cina. Con il Bettcher Innovation Center, Bettcher ha creato nel 2017 un reparto R&S
Gregor Thomalla, managing director di Bettcher GmbH, e Russ Stroner, vicepresidente della Distribuzione Mondiale di Bettcher (photo © Bettcher GmbH).
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Il quartier generale di Bettcher Industries, il grande fienile rosso in Ohio, punto di riferimento storico e da 75 anni casa di Bettcher (photo © Bettcher GmbH). all’avanguardia: condizione ideale per continuare a stupire i clienti con strumenti da taglio sempre nuovi e precisi, che consentono di aumentare la produttività di chi li acquista e offrono le migliori prestazioni ergonomiche e di sicurezza, con il plus costante di una grande maneggevolezza. Ampliamento portafoglio prodotti Oggi Bettcher ha clienti in oltre 70 paesi del mondo. Con l’acquisizione delle filiali GAINCO e, nel 2019, della società CANTRELL, fornitori di attrezzature per il monitoraggio in tempo reale e il taglio nel settore avicolo, e la fondazione di EXSURCO MEDICAL, produttore di strumenti da taglio per applicazioni mediche, Bettcher ha ulteriormente ampliato la sua gamma di servizi, fornendo i suoi prodotti non solo all’industria alimentare ma anche ai settori della ristorazione e della medicina. Ricordiamo inoltre che la società ha più di 100 brevetti attivi e detiene oltre il 95% della quota di mercato mondiale coi suoi sistemi di taglio e rifinitura manuale.
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Ottimizzazione del servizio con vendite dirette Nella direzione di uno sviluppo sostenibile dell’azienda e con l’obiettivo di fornire ai propri clienti un supporto ancora migliore, Bettcher ha deciso di espandere gradualmente le vendite dirette. «Dopo Germania, Gran Bretagna,
Irlanda e Italia, da settembre il mercato spagnolo viene servito direttamente dalla nostra sede europea» spiega GREGOR THOMALLA, AD di Bettcher GmbH. «Ciò significa una consulenza ancora più personalizzata e un servizio di prima classe, con tempi di reazione più brevi».
Bettcher Industries Inc. è un’azienda di produzione integrata verticalmente certificata ISO 9001: 2015, con una base clienti globale e distribuzione diretta e assistenza in oltre 70 paesi in tutto il mondo. L’impresa è uno sviluppatore e produttore leader di attrezzature innovative per l'industria alimentare, lavorazione degli alimenti, ristorazione e industria medica. Fondata nel 1944, Bettcher porta sul mercato da 75 anni innovazioni di successo, tra cui detiene circa 100 brevetti attivi. >> Link: www.bettcher.com
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Vicentini Carni. Qualità garantita dalla A agli Zoccoli.
Vicentini Carni è un nome storico a forte tradizione familiare nel panorama delle aziende specializzate nell’allevamento e macellazione di carni bovine di Alta Qualità. Grazie al progetto Filiera, Vicentini garantisce qualità e controllo in ogni fase, portando le carni bovine più prelibate direttamente sul banco delle migliori macellerie italiane. Vicentini Carni, oltre 50 anni di passione, per offrirvi solo il meglio!
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Seconda tappa del viaggio nella filiera delle carni bovine francesi
Trasformare la carne, quel valore aggiunto che premia la filiera di Elena Benedetti
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rosegue il nostro viaggio alla scoperta della filiera delle carni bovine francesi, in un territorio che rappresenta il primo grande allevamento di razze da carne nutrici in Europa. Ma per fare una buona bistecca non bastano 22 razze bovine di eccellenza, 10 delle quali sono destinate alla filiera delle razze da carne. Questo patrimonio zootecnico, espressione della biodiversità, è infatti una condizione decisamente necessaria ma non sufficiente: ciò che serve sono l’impegno e il lavoro coordinato di tutto il processo, dall’allevamento alla trasformazione, fino al prodotto finale. Se l’allevamento si fonda su un patrimonio genetico straordinario e sulla cura dell’animale e del suo benessere, è in realtà nel processo di trasformazione che si esalta il prodotto grazie alla professionalità, al know-how e a quella cultura del lavorare bene le carni che è nel DNA degli operatori francesi. È all’interno degli stabilimenti di macellazione, taglio e disosso che alle carni viene dato quel valore aggiunto fatto di cura manuale e scrupolosa attenzione nella lavorazione e nei vari passaggi supportati dalla tecnologia. Il trasporto, un tema strategico per la cura e la protezione dell’animale Il trasporto dei capi bestiame dagli allevamenti agli impianti di macellazione è una delle fasi più delicate
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sulla quale l’Interprofessione francese ha lavorato parecchio. I trasportatori sono soggetti a regole severe per evitare lo stress: la densità e lo spazio a disposizione, il tema della durata del trasporto, lo stato dei sistemi di ventilazione all’interno degli automezzi, la presenza di abbeveratoi nelle aree di sosta e, infine, dei tempi di pausa adeguati sono tutti elementi sui quali si è molto lavorato per tutelare il benessere dell’animale. Oltre all’obiettivo di abbattere i livelli di stress nel corso della movimentazione del vivo, c’è poi la questione sanitaria che è e resta di primaria importanza: al loro arrivo al macello, tutti gli animali sono soggetti ad una sistematica ispezione ante mortem da parte dei servizi veterinari e ad un controllo scrupoloso circa l’identificazione e i documenti sanitari. I macelli, anello fondamentale della catena sanitaria Essendo il luogo dove l’animale diventa prodotto, il macello è l’elemento chiave della sicurezza. In che modo? Attraverso la pianificazione degli ambienti, l’igiene dei locali, del materiale e dei metodi di lavoro che permettono di lavorare le carcasse in condizioni ottimali. Qui nulla è lasciato al caso e, come previsto dalle stringenti normative europee, ogni singola fase del processo è vigilata dai servizi veterinari e dal rispetto delle buone pratiche messe a punto
in collaborazione con lo Stato e con le associazioni di protezione animale. Presso gli impianti di macellazione sono inoltre operativi i Responsabili della Protezione Animale (RPA): è anche attraverso il loro lavoro che è possibile portare in tavola un prodotto di qualità. Carcasse, ispezione, marchiatura e stoccaggio in cella Dopo la macellazione si procede con l’ispezione post mortem: le carcasse sono divise in mezzene per rispondere alle varie esigenze commerciali e per facilitarne l’ispezione e l’inserimento nella catena alimentare. Si procede quindi alla marchiatura con un bollo sanitario che riporta il numero di autorizzazione del macello e al loro stoccaggio in celle frigorifere per preservarne le qualità sanitarie, nutrizionali e organolettiche. Tecniche di punta e igiene perfetta durante il sezionamento Ogni mezzena viene tagliata in due quarti e, nella sala del disosso, i muscoli vengono separati dalle ossa. In seguito, ogni muscolo viene preparato per essere confezionato sottovuoto o porzionato in vaschetta. A seconda del mercato di destinazione, la carne può essere consegnata direttamente in mezzena, quarti o già porzionata. Nel laboratorio di sezionamento vengono obbligatoriamente effettuati autocontrolli ed esami
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Sul territorio francese sono attivi 263 impianti di macellazione. Forse non tutti sanno che al loro interno operano 1.500 responsabili della protezione degli animali (photo Š Aldo Soares â&#x20AC;&#x201C; Interbev).
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Il percorso di qualità delle carni francesi inizia dal campo e arriva al piatto. Esso si articola intorno a tre tematiche principali: la qualità dell’allevamento, la trasformazione e il prodotto finale (photo © Interbev).
La campagna della carne bovina francese “La nostra passione, il nostro impegno”: questa è la firma della nuova campagna di comunicazione della carne bovina francese. Creata su iniziativa di Interbev, l’interprofessione francese del bestiame e delle carni, la campagna valorizza l’immagine dell’intera filiera bovina francese, attraverso la voce di tutti gli operatori che ne fanno parte. Perché sono proprio l’unione e l’impegno di tutti i soggetti coinvolti gli elementi che consentono alla Francia di offrire un prodotto di qualità, riconosciuta in tutto il mondo. Ma da dove nasce questa qualità? Dall’allevamento, dove il rispetto dell’animale e un’alimentazione naturale sono centrali, fino al processo di trasformazione, caratterizzato da una sicurezza irreprensibile e un know-how unico. Questo percorso di qualità, dal campo al piatto, fa sì che la Francia sia da sempre leader europeo nel settore. Il nuovo progetto si articola così intorno a tre tematiche principali: la qualità dell’allevamento, della trasformazione e del prodotto finale. Esso si basa in particolare su un’identità visiva dal carattere forte e distintivo, che rispecchia i valori comuni a tutta la filiera: la passione e l’impegno che ogni attore mette tutti i giorni nel proprio lavoro, dai quali ne deriva lo slogan. Lo stile e la forma che evocano un timbro — con al suo interno un bovino stilizzato con i colori della bandiera francese — veicolano il valore di certificazione di origine e di qualità del prodotto stesso.
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LA NOSTRA STORIA NASCE DA MANI ESPERTE Dal 1936 lavoriamo la carne con la volontà costante di offrire prodotti sani e di qualità, cercando di cogliere i processi di cambiamento del mercato e soddisfare le esigenze dei nostri clienti. Tutto ciò ha contribuito a rendere la nostra azienda una realtà capace, fondata su basi solide e sull’impegno quotidiano nella crescita e nello sviluppo dei reparti produttivi, nella cura delle spedizioni, nelle rigide applicazioni delle norme sanitarie.
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batteriologici, per evitare qualsiasi contaminazione durante la manipolazione. Anche in questo caso, il ruolo dei servizi veterinari consiste nel verificare l’efficacia delle misure igieniche e il corretto funzionamento della catena del freddo nel laboratorio.
Qualche numero Se c’è una fase in cui il rigore professionale assume tutto il suo significato, è quella della trasformazione. Un processo incentrato su benessere animale e buone pratiche, garanzie di qualità per i consumatori. Nei 263 impianti di macellazione
presenti sul territorio francese operano 1.500 responsabili della protezione degli animali. Perché anche in questa fase il benessere animale resta una priorità. Come del resto è una priorità la sicurezza sanitaria garantita da una rete di processi certificata. Elena Benedetti
Nuovo sito web per la campagna di comunicazione della carne bovina francese Un sito moderno e intuitivo, una vetrina on-line capace di accompagnare i visitatori alla scoperta delle principali caratteristiche della filiera francese, contenuti che divulgano gli elementi chiave della campagna: allevamenti responsabili; massima attenzione e cura alla trasformazione del prodotto; proposta di una carne tenera e gustosa. Questi gli elementi caratterizzanti il nuovo sito web — www.carnebovinafrancese.it — ufficialmente on-line da giugno dedicato alla filiera della carne bovina francese. Pensato per dialogare principalmente con un target B2B, il sito rispecchia i valori comuni a tutta la filiera: la passione e l’impegno che ogni attore mette tutti i giorni nel proprio lavoro, dai quali ne deriva lo slogan stesso della campagna “La nostra passione, il nostro impegno”. Nata su iniziativa di Interbev, l’associazione interprofessionale francese del bestiame e delle carni, la campagna ha l’obiettivo di valorizzare in Italia l’immagine dell’intera filiera bovina francese, dando voce a tutti gli operatori che ne fanno parte. >> Link: carnebovinafrancese.it
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PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE
“Vitellone ai cereali” “Scottona ai cereali” “Fassone di razza Piemontese”
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FORNITORE UFFICIALE
SPECIALE BELGIO
Viaggio nella GDO europea
Colruyt Group di Elena Benedetti
L
a trasferta in Belgio per partecipare alla XIV edizione della tavola rotonda organizzata dal Belgian Meat Office è stata anche un’occasione per scoprire il mondo della GDO e, in particolare, COLRUYT dell’omonimo Gruppo (www.colruyt.be). Nella top 20 delle insegne con una presenza più capillare sul territorio belga, spiccano tre Gruppi che detengono i 2/3 del mercato (fonte: retaildetail.eu): COLRUYT GROUP (27%), DELHAIZE (22,5%) e CARREFOUR (22%), seguiti da ALDI (11%), LIDL (5,6%) e MAKRO (4,5%). Considerando le varie tipologie di carne in modo aggregato, la quota dei canali di distribuzione della carne fresca in Belgio nel 2018 era ripartita tra acquisti in ipermercati e supermercati per il 38,6% (leggermente in calo rispetto al 2017), presso gli hard discount per il 13,9% (sostanzialmente stabile), nei supermercati locali per il 20,2% (anch’esso stabile), nel canale tradizionale, ovvero le macellerie, i mini market e i mercati per il 20,3% (leggermente in aumento) e altri (7%). Il Gruppo Colruyt, con un 83% di attività nel business del retail e un fatturato di 7.837 milioni di euro, è un case-study interessante per capire le dinamiche della GDO belga. Insieme ai sottobrand Okay e Spar, Colruyt arriva a detenere il 32,2% della quota di mercato in Belgio, con quasi 30.000 dipendenti per una struttura che ricopre 704.000 m2 di superficie dedicata alle vendite, assorbendo 378 milioni di investimenti. Lo scorso febbraio l’impianto di Halle Fine Food Meat (FFM2) dedicato alla lavorazione dei prodotti di salumeria e dei piatti pronti è stato premiato con il riconoscimento “Factory of the Future” Award 2019 (photo © Colruyt Group).
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Valore aggiunto con artigianalità Il loro mantra? Come Gruppo, è quello di «lavorare tutti insieme e
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In alto: nello stabilimento Fine Food Meat del Gruppo Colruyt, a Halle, vengono lavorate carni bovine, di vitello e suine destinate ai banchi di libero servizio e di macelleria dei punti vendita del Gruppo (photo © Colruyt Group). In basso: l’attività di pulizia e sanificazione delle varie stazioni di lavoro all’interno di Fine Food Meat, effettuata interamente con acque di ricircolo (photo © Colruyt Group).
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Suini provenienti dall’allevamento biologico del Gruppo Colruyt (photo © Colruyt Group).
Linea diretta con gli allevamenti La notizia è di aprile e riguarda la definizione di una partnership siglata dal Gruppo Colruyt con tre associazioni di allevatori di bovini in Belgio, ovvero En direct de mon élevage, Les Saveurs d’Ardenne e Vlaams Hoeverund. Queste sono realtà che aggregano piccole aziende zootecniche, spesso e volentieri a conduzione famigliare, che forniscono su base settimanale e secondo specifiche messe a punto e condivise con Colruyt il bestiame vivo destinato alla macellazione. Con questo partenariato il Gruppo si prefigge di promuovere rapporti di lavoro più trasparenti e diretti con i fornitori di materia prima, rafforzando al tempo stesso la qualità e sostenibilità degli allevamenti stessi e attivando un processo di maggiore conoscenza reciproca (in foto: allevamento di bovini presso un’azienda agricola fornitrice del Gruppo Colruyt; photo © Colruyt Group).
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Wim Haeck, Kris de Laere e Stefan Goethaert a capo del Gruppo Colruyt (photo © Colruyt Group).
Gruppo Colruyt (Belgio–Lussemburgo–Francia) Insegna
Specifiche n°
Colruyt
Okay
di cui in gestione esterna
19
in .000 m2
426
n°
141
di cui in gestione esterna in .000 m
30 29
di cui in gestione esterna
15
in .000 m
19
n°
42
Dreamland di cui in gestione esterna
15
in .000 m2
76
n°
29
Dreambaby di cui in gestione esterna 2
in .000 m n° in .000 m n°
di cui in gestione esterna in .000 m2
82
Belgio-Lussemburgo
15
Belgio-Lussemburgo
Belgio-Lussemburgo
Belgio-Lussemburgo
17 3
di cui in gestione esterna 2
Colruyt
Belgio-Lussemburgo
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creare valore aggiunto sostenibile attraverso l’artigianalità nel mondo del retail». Questo il messaggio che ci ha trasmesso nel corso dell’incontro con la stampa europea PIETER VAN DYCK, capo della produzione dello stabilimento Fine Food Meat del Gruppo Colruyt a Halle, nelle Fiandre. In questo stabilimento vengono lavorate le carni bovine, suine e di vitello destinate ai banchi di libero servizio e di macelleria dei punti vendita del Gruppo. I numeri sono da capogiro, con 200.000 porzioni di salumi affettati confezionate su base giornaliera, 47.900 tonnellate di carne lavorata annualmente, 21.000 tori, 6.500 vitelli e 450.000 suini e 3 milioni di avicoli trasformati su base annua. L’impianto occupa 950 addetti e si sviluppa su 36.000 m2 di superficie. Insieme a STEF DE WEGHE, capo della divisione di taglio e disosso, e a BART BOELEN, consulente di produzione, abbiamo visitato in lungo e in largo le varie divisioni di taglio, disosso, le celle di maturazione delle carni (2 settimane in media per la
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frollatura a secco), il confezionamento, la lavorazione dei salumi con relativo packaging e la produzione di pronti a cuocere e piatti cotti, tra cui anche sughi e salse. La Fabbrica del Futuro Lo stabilimento Fine Food Meat è considerato a tutti gli effetti una Fabbrica del Futuro, esempio virtuoso di sostenibilità ambientale e di linee di produzione nelle quali la componente umana ha un peso fondamentale nel calibrare la giusta organizzazione e il flusso di lavoro più efficiente. La sezione dedicata ai piatti pronti e alle lavorazioni, inaugurata nel gennaio del 2017, è stata progettata per affrontare le sfide del futuro, quelle dettate dal cambiamento delle abitudini dei consumatori e dallo sviluppo di nuove fonti di proteine. Le sue linee di produzione ospitano anche specialità a base vegetale e altri prodotti innovativi che il Gruppo sta seguendo con grande attenzione. Colruyt Group Fine Food in 5 aree di prodotto Il Gruppo Colruyt è l’unico food retailer in Belgio ad operare con la gestione diretta dei propri settori mono-prodotto. Questo significa lavorare in modo più efficiente, con un netto risparmio di costi, un monitoraggio costante del livello qualitativo lungo l’intero processo e la creazione di valore aggiunto per il cliente finale. Colruyt Group Fine Food è infatti composto da una divisione dedicata alla lavorazione delle carni (Fine Food Meat), all’imbottigliamento dei vini (Fine Food Wine), alla produzione di formaggi in Belgio e Francia (Fine Food Cheese), alla torrefazione del caffè (Fine Food Coffee) e alla panificazione e prodotti da forno in joint venture (Fine Food Bakery). Voce al benessere animale Colruyt è particolarmente sensibile al tema del benessere degli animali che, ricordiamolo, contribuisce in modo diretto e indiretto alla salubri-
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tà e alla qualità dei prodotti. Questa attenzione si esplicita su numerosi fronti, dal divieto della castrazione dei suinetti (a cui si preferisce la vaccinazione), dall’allevamento dei polli 100% non in gabbia, alla riduzione degli antibiotici nella zootecnia, agli audit da parte di enti indipendenti all’interno degli impianti di macellazione fino alla produzione, novità del 2019, di carne suina biologica. Macro-obiettivi Sono 4 le aree di intervento del Gruppo, ovvero: 1. sicurezza alimentare, 2. organizzazione aziendale e cura dei dipendenti; 3. benessere degli animali 4. tema ambientale. L’impianto di Halle, da questo punto di vista, è un perfetto esempio di sostenibilità, oggi vero trend topic, con turbine eoliche per l’autoproduzione di energia elettrica, il riciclo 100% delle acque, rese potabili e reimmesse in circolo per essere utilizzate nella lavorazione dei prodotti e nella sanificazione e, non ultimo, la gestione dei rifiuti e degli scarti della macellazione. L’offerta bio Attraverso l’insegna dedicata BioPlanet il Gruppo è presente sul mercato con un’ampia gamma di prodotti alimentari interamente certificati biologici. Questo è un segmento del mercato che, a detta del retailer belga — e in generale degli analisti —, è in forte crescita e sviluppo. BioPlanet seleziona prodotti bio, ecosostenibili e provenienti da aziende agricole e allevamenti certificati in materia di sostenibilità ambientale e benessere animale. Negli store di Verviers e Kortrijk Bio-Planet ha recentemente attivato dei banchi di libero servizio multi prodotto con prodotti di carne, formaggi e verdure, confezionati e a disposizione per il self-service. Questo per migliorare l’esperienza d’acquisto dei clienti, riducendo i tempi di passaggio all’interno del punto vendita. Elena Benedetti
RETAIL NEWS
Notizie dalla GDO
Conad finalizza acquisizione Auchan e il Gruppo bolognese diventa leader in Italia nella Grande Distribuzione Avevano annunciato la chiusura dell’operazione il 31 luglio e così è stato. CONAD ha comunicato di aver concluso le procedure per l’acquisizione delle attività di AUCHAN RETAIL ITALIA, oggetto dell’accordo siglato lo scorso 14 maggio. In attesa della conclusione delle verifiche da parte dell’autorità garante della concorrenza e del mercato, Conad può cominciare il percorso di integrazione dei punti vendita ex Auchan nella propria organizzazione. I primi cambi di insegna sui negozi ex Auchan si vedranno da novembre. FRANCESCO PUGLIESE, AD di Conad, ha dichiarato: «Abbiamo accelerato e siamo arrivati al closing in tempi rapidi. Ringrazio tutti quanti hanno lavorato intensamente per questo importante risultato che voglio condividere con il nostro partner WRM GROUP. Possiamo così cominciare a lavorare alla valorizzazione dei punti vendita della rete ex Auchan: un patrimonio che sta attraversando un periodo di difficoltà che supereremo lavorando insieme e che abbiamo riportato nelle mani di imprenditori italiani. Da oggi la rete Auchan può rinascere su nuove basi, nell’interesse delle persone che vi lavorano, delle aziende italiane e dei consumatori finali». L’accordo comporta l’acquisizione di circa 1.600 punti vendita della catena francese in Italia: ipermercati, supermercati, negozi di prossimità con i marchi Auchan e Simply, ossia della quasi totalità delle sue attività in Italia. Con l’acquisizione, Conad diventa il gruppo leader in Italia nella Grande Distribuzione, con una quota di mercato che sale dal 13 al 19% e un fatturato aggregato che, su base pro-forma e facendo riferimento ai dati 2018, si dovrebbe attestare sui 17,1 miliardi di euro (fonte: EFA News – European Food Agency).
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recanzone s.r.l. PORTE INDUSTRIALI - INDUSTRIAL DOORS - PORTES INDUSTRIELLES
Carrefour Italia sigla due accordi con Abulia Distribuzione e Etruria Retail, riformando la propria rete franchising in Centro e Sud Italia CARREFOUR ITALIA continua l’implementazione del Piano di trasformazione Carrefour 2022 annunciato ad inizio 2018, firmando due accordi di master franchising con APULIA DISTRIBUZIONE e ETRURIA RETAIL, che permetteranno il consolidamento della propria rete ad insegna CARREFOUR MARKET e CARREFOUR EXPRESS in Calabria, Basilicata e Puglia, rafforzandone la presenza nelle regioni Toscana e Umbria. I nuovi 546 punti vendita, dal 1 gennaio 2020, si andranno ad aggiungere ai 1.085 che costituiscono l’attuale rete di vendita di Carrefour Italia, confermando ulteriormente l’importanza di una presenza capillare su tutto il territorio italiano. Della rete franchising di Etruria Retail, alcuni punti vendita manterranno l’insegna La Bottega. «L’annuncio dello scorso 3 settembre rappresenta un momento fondamentale per il rafforzamento di Carrefour Italia sul territorio italiano, in cui crediamo fortemente» ha commentato GÉRARD LAVINAY, presidente di Carrefour Italia. «Ad un anno e mezzo dalla presentazione del progetto globale di transizione alimentare del nuovo piano strategico annunciato dal Gruppo, confermiamo quindi la profonda fiducia riposta in questo mercato e l’impegno verso i nostri clienti in Italia. Le attività verso un’alimentazione sostenibile sono in pieno sviluppo e, con quanto annunciato, riusciremo a coinvolgere ulteriormente il Centro e il Sud Italia in questo processo di cambiamento epocale. Per continuare a implementare il Piano di trasformazione presentato a inizio 2018 e consolidare ulteriormente la nostra presenza in Italia è importante poter contare su partner di valore quali Apulia Distribuzione e Etruria Retail» conclude Lavinay. Grazie ai due accordi, infatti, Carrefour Italia sarà in grado di espandere la propria presenza territoriale riservando un’attenzione particolare all’imprenditoria locale. Il cambio insegna coinvolgerà i singoli imprenditori sul territorio in un importante piano di comunicazione verso le comunità locali di riferimento. I due separati accordi prevedono, inoltre, importanti sinergie a livello di acquisti, consentendo ad Apulia Distribuzione e ad Etruria Retail di accedere alle condizioni di acquisto di Carrefour Italia e di distribuire prodotti a marchio Carrefour e prodotti della linea top di gamma “Terre d’Italia” che vive di un forte impulso di export.
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COMUNICARE LA CARNE
Smontiamo le bufale piĂš diffuse sul mondo della carne
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La piattaforma web Carni Sostenibili ha diffuso una guida contro 5 fake news alimentari sul settore delle carni e dei salumi. Riportiamo la terza delle notizie-bufala che circolano on-line e ne smontiamo il messaggio con dati alla mano
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l 90% degli Italiani parla di cibo e la maggior parte di loro, più del 70%, si informa on-line, ma solo il 6% quando cerca notizie lo fa su siti istituzionali. Il rischio è quello di imbattersi in fake news, informazioni false e dannose messe in circolazione per sostenere tesi predefinite, con l’unico scopo di inquinare il panorama informativo. Un problema tutt’altro che relativo, se si pensa che lo scorso anno 3 Italiani su 4 hanno creduto almeno ad una bufala. Il settore più tormentato dal dilagare di queste false notizie è quello della produzione e del consumo delle proteine animali: • “si mangia troppa carne”; • “la carne che mangiamo è piena di ormoni e antibiotici”; • “la carne provoca il cancro”; • “la sua produzione consuma troppa acqua e inquina”. La verità però è molto diversa e, in occasione del Fact-Checking Day, CARNI SOSTENIBILI ha deciso di sventare alcune delle fake news più diffuse sul mondo della carne. E noi le riportiamo. Nota Photo © александр таланцев – stock. adobe.com
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“La produzione di carne non è
sostenibile. Servono 15.000 litri d’acqua per produrne 1 kg di carne bovina!” È vero che per produrre 1 kg di carne di manzo servono 15.000 litri d’acqua? Non proprio, soprattutto in Italia: vediamo perché. Innanzitutto, la quasi totalità dei dati di letteratura relativi all’impronta idrica dei prodotti alimentari è stata pubblicata dal Water Footprint Network (WFN) attraverso un’analisi che non quantifica l’impatto ambientale associato all’utilizzo d’acqua, ma soltanto la quantità di acqua utilizzata.
Non tutta l’acqua è uguale! Col Water Footprint, infatti, si calcola di solito la quantità di acqua utilizzata nei processi produttivi. È la cosiddetta “acqua virtuale” che, quando si parla di carne, include anche quella usata per la coltivazione dei foraggi necessari all’alimentazione del bestiame e nella fase di macellazione. Questo metodo di valutazione dei consumi d’acqua nel settore zootecnico calcola l’impronta idrica di un prodotto sommando
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appunto l’acqua “blu”, quella prelevata dalla falda o dai corpi idrici superficiali, l’acqua “verde”, quella piovana evo-traspirata dal terreno durante la crescita delle colture, e l’acqua “grigia”, il volume d’acqua necessario a diluire e depurare gli scarichi idrici di produzione. In Italia, ad esempio, si impiega rispetto alla media mondiale il 25% d’acqua in meno per produrre un chilo carne bovina. Una seconda criticità sostanziale è che, prendendo in esame il valore complessivo (medio mondiale) e ignorando il contesto locale in cui avvengono la produzione e l’allevamento, non si mette in relazione il prelievo di acqua con la disponibilità di quel territorio. Tenendo dunque conto del consumo effettivo d’acqua per 1 kg chilo di carne in una filiera efficiente, possiamo affermare che in Italia per produrre 1 kg di carne bovina vengono consumati effettivamente 790 litri*.
E anche quando l’allevamento non si distingue per efficienza il consumo, si attesta al massimo a 7.000 litri, la metà di quanto comunemente viene stimato. A livello complessivo, infatti, l’intero settore italiano delle carni (bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua e che sono restituite all’ambiente come l’acqua piovana, mentre solo il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di carne viene effettivamente consumata. Fonte • CARNI SOSTENIBILI, www.carnisostenibili.it Nota * ATZORI A.S., CANALIS C., FRANCESCONI A.H.D., PULINA G., A preliminary study on a new approach to estimate water resource allocation: the net water footprint applied to animal products, SCIENCE DIRECT.
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INDAGINI
Le infinite vie dell’abusivismo Alle soglie del 2020, assistiamo all’assurdo antagonismo tra le imprese regolari e il sommerso, dove le prime sono inspiegabilmente messe in discussione nel loro operato e costrette a difendersi da bufale, false credenze e comunicazione distorta di Sebastiano Corona
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arà pure un momento florido per l’agroalimentare italiano, ma forse, proprio in ragione del successo che sta vivendo in termini di numeri e di immagine, il comparto si scontra con una serie di problematiche che si fanno ogni giorno più pregnanti. Se, infatti, da una parte la normativa igienicosanitaria è incalzante e riguarda ormai ogni aspetto della vita di un alimento, dall’altra prolificano le
attività parallele dove ogni cosa è concessa, talvolta con buona pace delle istituzioni. Le fake news girano indisturbate per anni sul web, senza che ci sia un’efficace possibilità di smentita. L’opinione pubblica — spesso completamente ignara dell’improbabilità che certe cose avvengano in contesti vigilati come il nostro — si fa un’idea distorta dell’industria alimentare e del suo operato.
C’è poi un tam tam che ci martella da anni e che piano piano è entrato nell’immaginario comune: il fatto che il prodotto sia tanto più sano quanto è più vicina la zona geografica in cui è stato realizzato. Al consumatore piace l’idea che ciò che ha nel piatto sia stato prodotto o trasformato in un luogo poco distante da dove si trova e si è, nel tempo, convinto che solo in
Le fake news hanno un impatto devastante per le imprese a livello micro e macroeconomico e l’agroalimentare è uno dei settori più colpiti da questa tipologia di finte notizie.
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ragione di questa vicinanza quel cibo sia straordinariamente meglio di tutto il resto. Un concetto, questo, che ha certamente una valenza sul fronte economico, ma che è anche privo di elementi oggettivi che lo supportino sul piano della qualità. In tempi di manuali HACCP, di sistemi di tracciabilità e rintracciabilità, di bolli sanitari e di molto altro ancora, ecco che spopola “il fatto in casa”, il “così lo faceva la nonna”, con un prolificare di pane venduto per strada, torte di compleanno fatte dall’amica dell’amica, vasetti di ricci riempiti cucchiaino dopo cucchiaino, in una bancarella al bordo della carreggiata. Non c’è quindi da stupirsi se in un mondo in cui qualcuno inizia a sospettare che la terra sia piatta e non tonda, che i vaccini siano nocivi, che lo stregone sia meglio del medico e molto altro ancora, che anche il cibo realizzato in un garage sia considerato qualitativamente superiore e igienicamente più sicuro di quello prodotto nel rispetto delle innumerevoli regole a cui i produttori — quelli veri — devono oggi attenersi. È ancora più grave che un certo messaggio venga comunicato tramite i canali ufficiali. A questo proposito si è vista costretta ad intervenire pubblicamente anche FEDERALIMENTARE, costola di CONFINDUSTRIA, che associa a sé le maggiori imprese del comparto della trasformazione in Italia e che, per voce del suo presidente IVANO VACONDIO, comunica: «Siamo quelli che spendono di più nella pubblicità, ma siamo le prime vittime delle fake news: sembra un paradosso, ma è così». Nel 2018 l’industria alimentare è stato il comparto che ha investito maggiormente in pubblicità; a sostenerlo è la NIELSEN, che rileva un impegno per circa 725 milioni di euro su un totale di quasi 5: il 14,6% circa del totale. Eppure, secondo Vacondio, i programmi televisivi della RAI richiamano spesso delle fake news sul tema del cibo, danneggiando pesantemente l’immagine del comparto. FEDERALIMENTARE ha argomentato quanto sostenuto, presentando al
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direttore dell’emittente, MARCELLO FOA, un ampio dossier che richiama programmi televisivi e passaggi che a più riprese, negli ultimi tempi, hanno privilegiato un approccio bucolico, di ritorno al passato, di prodotti alimentari a km 0, preparati in casa, contrapponendoli a quello industriale, reo di essere frutto di un processo che semplifica e riduce i tempi di preparazione, compromettendo un’alimentazione sana ed equilibrata. Nei servizi richiamati — giudicati talvolta parziali, talvolta faziosi — è mancato, sempre o spesso, secondo FEDERALIMENTARE, il giusto contraddittorio con esperti del settore o rappresentanti dell’industria o delle istituzioni. «È così che anche su canali di comunicazione ufficiale — ha ribadito Vacondio — talvolta si lascia che giunga al consumatore un messaggio equivoco, parziale o che insinua dubbi sul prodotto trasformato da grandi imprese, minando il rapporto di fiducia tra azienda e consumatore, generando danni incalcolabili». Non bastasse, certa stampa ufficiale usa frequentemente un tono allarmistico, anche laddove non esiste alcuna emergenza, paventando enormi pericoli quando, per ragioni diverse, andrebbe invece usato un approccio fortemente prudenziale. «C’è di mezzo la reputazione dei più grandi brand italiani, di quelli che ancora investono in Italia e non solo nella pubblicità. Ci sono filiere che possono e talvolta vengono danneggiate anche con una sola trasmissione che ingenera paure e causa crolli irrimediabili delle vendite. Chi si occupa del servizio pubblico radiotelevisivo, per questo, ha una grande responsabilità e deve essere sempre attento ai messaggi che lancia», hanno sottolineato da FEDERALIMENTARE, il cui presidente ha aggiunto: «A parlare di cibo nel servizio pubblico devono essere persone competenti e titolate. È inammissibile che disquisizioni importanti come quelle sull’alimentazione o la salute umana vengano condotte dal personaggio del momento, starlette o uomini e donne di spettacolo. Pur con tutto
DALLA GERMANIA IL TRITACARNE CON IL RIVOLUZIONARIO SISTEMA DI TAGLIO SENZA L’AUSILIO DI COLTELLI E DISCHI
Per una carne di altissima qualità senza eguali • •
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taglio che non scalda la carne e non fa poltiglia espulsione dei corpi estranei, piccoli ossi, nervi, cartilagini, plastiche, clips metalliche la fibra della carne rimane intatta si può ottenere carne di alta qualità anche da rifilature senza essere indicata come CMS
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“Il fatto in casa è meglio del prodotto realizzato in un’azienda”: questo concetto, apparentemente innocuo, è fortemente pericoloso. Quel “fatto in casa”, infatti, non significa solo “realizzato da chi lo consuma, nella propria abitazione”, ma lascia anche passare il concetto che, piuttosto che fare acquisti al supermercato, sia meglio rivolgersi a chi produce in barba a qualunque norma, tra le pareti domestiche o in ambienti improvvisati
Salsicce fatte in casa. il rispetto per chi svolge il proprio lavoro di opinionista, il tema è troppo delicato perché sia sviscerato in televisione da inesperti». Il messaggio — lo ripetiamo — è quasi sempre lo stesso: il “fatto in casa” è meglio del prodotto realizzato in un’azienda. Questo concetto apparentemente innocuo è invece fortemente pericoloso. Quel “fatto in casa”, infatti, non significa solo “realizzato da chi lo consuma, nella propria abitazione”. Lascia anche passare il concetto che, piuttosto che fare acquisti al supermercato, sia meglio rivolgersi a chi produce in barba a qualunque norma, tra le pareti domestiche o in ambienti improvvisati. Prolificano infatti sempre più attività sommerse e sconosciute alla pubblica amministrazione che vendono tramite il passaparola o grazie a internet. Non si creda che il fenomeno sia marginale e che non intacchi minimamente il mercato. A farne le spese sono soprattutto le imprese artigiane, quelle sotto i 10 dipendenti, il nocciolo duro del tessuto produttivo nazionale, costretto a scontrarsi con concorrenti fantasma.
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E a chi sostiene che questo fatto sia comunque ininfluente, la risposta è presto data: innanzitutto è una questione di legalità. Non si comprende infatti perché le aziende regolari, anche le più piccole, composte da uno o due addetti, debbano sottostare a regole rigidissime e rischino sanzioni per il minimo errore, anche involontario, mentre chi lavora nell’ombra possa agevolmente sfuggire a qualunque obbligo. C’è poi un problema di natura igienico-sanitaria, considerato che gli abusivi non dispongono né di laboratori adeguati, né tengono conto della normativa vigente in materia di ambiente, sicurezza e igiene. Ergo, la salute di chi consuma quei cibi potrebbe essere a rischio. E ultimo, ma non ultimo, l’aspetto fiscale e contributivo: chi opera nel sommerso non contribuisce a tenere alte le sorti economiche di questo Paese, tutt’altro. A sottolineare questo ed altri aspetti è anche la CONFARTIGIANATO IMPRESE che in diversi territori ha denunciato il fenomeno, sottolineando che la “tracciabilità non è
garantita e sono alti i rischi per la salute che derivano da panificatori e pasticceri improvvisati. È infatti in crescita il fenomeno di chi prepara cibi senza seguire la benché minima regola igienicosanitaria, per poi venderli al pubblico abusivamente, grazie anche alle potenzialità di promozione dei social network”. I vantaggi dell’acquistare sui social, in strada o grazie a conoscenze comuni, non sarebbero solo i prezzi più convenienti — d’altronde sono privi del carico di imposte, tasse e contributi — ma anche il consumare un cibo così come lo faceva la nonna. Quello che si omette di dire è che certe cose che al tempo i nostri avi potevano fare sono oggi vietate tassativamente dalle disposizioni in materia igienico-sanitaria. E ci sarebbe anche da chiedersi: ma veramente nel sommerso si utilizzano sempre materie prime di qualità elevata? Davvero si è certi che anche quel cibo, che dovrebbe essere fatto come un tempo, non sia realizzato con ingredienti di pessima qualità? Le frontiere del nero, o forse del grigio, non finiscono
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qui. C’è anche un mondo che si maschera dietro la cosiddetta sharing economy, ossia l’economia della condivisione. Si tratta di pratiche non esplicitamente vietate, ma nemmeno espressamente ammesse, che se non si possono ritenere proprio nel sommerso, certamente sopravvivono sfruttando una lacuna normativa che il nostro legislatore non ha ancora colmato. Un classico esempio è quello degli home restaurant, le cene a pagamento, in casa propria o in location particolari, dove si accolgono perfetti estranei anche attraverso specifiche piattaforme on-line che fanno incrociare domanda e offerta. Si tratta di attività non imprenditoriali, che però sono a tutti gli effetti competitori dei ristoratori. Ma il problema è, oltre che di mercato, ancora una volta di rispetto delle regole. Le cene a pagamento — che tra l’altro non sono normalmente più economiche di quelle svolte in attività regolari — sono diventate
un business per tanti. Ma chi tutela i consumatori in materia di sicurezza, di igiene e di adeguatezza dei locali? Perché chi ha un’impresa di ristorazione deve sottostare a mille norme, deve pagare imposte, tasse e contributi, se poi si scontra sulla piazza con soggetti che operano in deroga a qualsiasi regola? A questo proposito siamo in attesa di disposizioni chiare che, seppure non completamente punitive, pongano almeno dei paletti e dei limiti. Sulle attività di produzione, un segnale l’ha dato invece già da tempo l’Unione Europea, introducendo l’Impresa Alimentare Domestica, che consente — a determinate condizioni — di produrre e vendere quantità modeste di pane, pasta, dolci e altri cibi fatti nella cucina di casa. Le IAD non hanno però riscosso sinora grande successo. Forse perché, pur facilitando alcuni aspetti del lavoro, chi produce, in realtà, è un’impresa a tutti gli effetti, con gli oneri che ne derivano. Le IAD possono proporre e vendere tra-
mite canali classici come mercati, e-commerce e stand in centri commerciali e i clienti possono essere sia privati che bar, ristoranti e negozi. Le uniche limitazioni riguardano il divieto di somministrazione e quello di esposizione in vetrina. Ma i carichi, in termini di adempimenti e burocrazia, sono pur sempre tanti. E per fortuna, aggiungiamo noi. D’altronde, con la salute delle persone non si scherza, considerato che i danni che si possono generare nella cucina di casa non sono inferiori a quelli di una grande industria. Anzi, semmai è proprio il contrario. Le imprese non solo mettono in atto sistemi di autocontrollo interni, ma sono anche soggette a verifiche periodiche da parte degli innumerevoli organismi di controllo deputati che, a vario titolo, ispezionano ogni aspetto dell’azienda, nessuno escluso. Questo bisognerebbe ribadire ad ogni occasione sui mezzi di stampa, perché le imprese sono un valore, da qualunque parte le si osservi. Sebastiano Corona
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RAZZE
Il recupero del Maiale nero d’Aspromonte di Riccardo Lagorio
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sistono persone che intingono la comunità in sogni che poi realizzano. Il loro impulso vitale continua per anni, talvolta per sempre. Esistono persone che per naturale predisposizione, talvolta inconsapevolmente, trasformano gli altri che stanno intorno, li migliorano e creano occasioni di riscatto e di nuova, migliore, vita. Obiettivi che ottengono grazie a gesti e azioni concreti, ma impalpabili allo stesso tempo. GIANCARLO MARIA BREGANTINI è una di queste persone. Arcivescovo di Campobasso-Bojano, durante il ministero episcopale in Calabria, ha adoperato il proprio incarico per recuperare ragazzi in difficoltà, creando tangibili alternative alla strada e alla criminalità. Fece clamore la sua scomunica a
Oggi che i mercati sono sempre più alla ricerca di prodotti caratteristici e unici, l’antico suino dal pelo nero pascola allo stato brado negli ampi recinti costruiti alle falde dell’Aspromonte. Sono animali dalla morfologia primordiale ma il vero miracolo di questa razza sta nelle sue carni, dal colore rosso scuro, sode e ben marezzate
“coloro che fanno abortire la vita dei nostri giovani, uccidendo e sparando, e nelle nostre terre, avvelenando i nostri campi”. Evangelizzatore, visionario al punto giusto, lievito di bene per un intero territorio. Grazie ai suoi buoni auspici nacque la Cooperativa Valle del Bonamico, che divenne punto fermo della produzione nazionale di frutti di
bosco. Sciolta nel 2015, l’esperienza rimane unica nella diocesi LocrideGerace, sullo Ionio reggino. La sua opera continua però oggi nel recupero del Maiale nero d’Aspromonte, una razza dimenticata sulle montagne tra San Luca e Platì. Il primo missionario è uno dei ragazzi che hanno affrontato il percorso di recupero, lo hanno vinto e raccolto
Capi di Maiale nero d’Aspromonte nell’azienda agricola Sollazzo a Benestare, in provincia di Reggio Calabria.
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I salumi realizzati con le carni di Maiale nero d’Aspromonte. la buona novella del riscatto. Dalla fine intelligenza, ATTILIO CORDÌ guida il manipolo di allevatori che porta sul mercato un migliaio di esemplari di suino Nero d’Aspromonte. «Le cosce prendono la strada per un noto salumificio toscano, le altre parti anatomiche servono ad un salumificio crotonese e alle macellerie locali, che purtroppo non sono ancora in grado di valorizzare questo animale». Tuttavia, gli sforzi messi in campo dalla decina di allevatori, spesso come attività di integrazione al reddito, sono ingenti. Racconta che «alla fine degli anni Novanta erano rimasti pochissimi gli esemplari schedati e riconducibili alla razza di Maiale nero d’Aspromonte. Con il Progetto Pòtamos, sostenuto anche dal CREA* di Roma, è partita la ricerca dei suini alle falde di Pietra Cappa», un panettone di pietra che si erge dalla foresta aspromontana. Animale rustico e passeggiatore dei boschi, per secoli al centro dei bilanci familiari, ha corso il rischio della definitiva scomparsa. Di fatto, il lento accrescimento ponderale in relazione alla rapida crescita dei suini dal pelo rosa, allevati in stazzi al chiuso, aveva allontanato questa razza dall’economia domestica. Per questa ragione, gli esemplari più puri e adatti per la riproduzione furono rinvenuti in quella zona impervia. Oggi che i mercati sono sempre più alla ricerca di prodotti
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caratteristici e unici, l’antico suino del pelo nero pascola allo stato brado negli ampi recinti costruiti alle falde dell’Aspromonte. Lo si può vedere, ad esempio, stancamente steso sotto particolari capanne per ripararsi dal sole o sgranchirsi le zampe alla ricerca di ghiande, castagne, radici, tuberi e frutti del sottobosco. Come tra Benestare e Ardore, nell’allevamento di FORTUNATO SOLLAZZO. «I 60 maiali, dalla morfologia primordiale, con due bargigli sotto la gola, margare nel nostro dialetto, lo rendono distinguibile fra tutte le razze di suini neri. Il maschio si riconosce dalla criniera. Ma il miracolo sta soprattutto nelle sue carni, dal colore rosso scuro, marezzate e sode. Al superamento dei 100 kg, gli animali si caratterizzano per l’alto strato di lardo». A 16 mesi i suini raggiungono i 120 kg di peso mentre l’età media a cui vengono macellati varia tra 18 e 20 mesi, quando raggiungono i 180 kg. «Tra tutti i salumi prodotti con il Maiale nero d’Aspromonte, quello più caratteristico è la sopressata. La carne proviene da prosciutto e costata e la forma è irregolare, con grana grossa tagliata a mano, poco grassa. Nell’impasto ci vanno solo sale e pepe nero; esclusi tassativamente i conservanti. L’olfatto è molto gradevole, intenso e persistente, il gusto delicato, equilibrato e con una giusta sapidità» spiega Cordì.
Il prosciutto crudo possiede colore rosa vivo con tendenza al granato e riflessi purpurei. Il contrasto con il grasso lucente è di straordinario impatto. La persistenza aromatica del gusto fa il paio con la morbidezza della fetta. Grazie alla presenza di lardo e alla marezzatura delle carni, capocollo e guanciale speziati di peperoncino sono tra i salumi che meglio interpretano l’utilizzo in salumeria del Maiale nero d’Aspromonte, sulla strada di un completo recupero. Per nuovi miracoli gastronomici. Riccardo Lagorio Azienda Agricola Sollazzo Loc. Varacalli 89030 Benestare (RC) Telefono: 392 3020450 Nota * CREA-Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, www.crea.gov.it
Illogochecontraddistinguele carni di Maiale nero d’Aspromonte e i salumi realizzati con esse.
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MACELLERIE D’ITALIA
Macelleria popolare con cucina: la filosofia della carne di Giuseppe Zen Mangiare la carne? Sì, ma poca e da animali allevati grass fed. È il pensiero di questo cuoco prestato all’arte della macelleria che opera al Mercato comunale della Darsena di Milano di Federica Cornia
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acelleria popolare con cucina”: ci inciampi mentre navighi sul web. La curiosità sorge immediata. Interessante, pensi. Di click in click scopri che è la macelleria aperta al Mercato comunale della Darsena di Milano da GIUSEPPE ZEN, patron del noto locale Mangiari di Strada, ristorante in città con alla carta il
meglio della cucina popolare italiana. Vuoi assolutamente andare a vedere. Ti capita l’occasione. Bene. Ma prima ti vuoi preparare almeno un po’ per l’intervista, non si sa mai. Puoi, come me, leggere qualche articolo qua e là per raccogliere informazioni e farti un’idea. Puoi pure prepararti qualche domanda e scriverla sul quadernino che infili
in borsa, certo, ma sappi che tanto salterà tutto gioiosamente per aria non appena entrata al mercato, giri l’angolo e incontri Giuseppe Zen. Un’accoglienza come lui nessuno mai. Scompiglia tutto in un battito di ciglia e in men che non si dica ti introduce nel suo mondo in un’alternanza favolosa di assaggi, considerazioni dal sapore filosofico
Giuseppe Zen al banco della Macelleria popolare con cucina al Mercato della Darsena di Milano.
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sul mondo della carne e del cibo più in generale, racconti appassionati e divertiti. Mentre ti spiega che sta spolpando un collo di pecora per preparare le svizzere, ti ha già indicato la salsiccia di pecora, messo sul bancone un calice di vino bianco naturale e un’insalata di trippa con sale, limone, carota, menta, sedano e cipolla. Il rapimento è istantaneo e tu stai lì, confusa, t’incanti, come sotto un fuoco d’artificio ascolti piovere parole mentre un gusto nuovo si apre al palato. «Questa è l’unica macelleria in Italia che ha scelto di trattare esclusivamente carne, bovina e ovina, di solo pascolo, carne grass fed» dice Giuseppe. Intanto gente va e viene, assaggia, acquista, fa domande, si ferma a curiosare cosa c’è di buono in vetrina e fa i complimenti per la bella figura fatta con le bombette di Cisternino alla grigliata della sera prima. «Tutto quello che è qui non contiene chimica» continua Giuseppe. «La trippa è lavata a vapore. È un modus vivendi per me. Non è una scelta commerciale. Se vuoi fare avanguardia oggi devi andare indietro di 80 anni e cercare esclusivamente quel che è naturale. In una mucca nutrita con mangimi che arrivano da granaglie, tenuta alla catena, curata con antibiotici, cosa c’è di naturale?». Per questo Giuseppe cerca e fruga lungo tutta la dorsale appenninica. Lì vede grandi potenzialità perché c’è chi alimenta il bestiame solo a fieno e ad erba. Lascia fare alla natura anche in macelleria Giuseppe: i tagli di carne bovina non finiscono a banco prima di 30 giorni. Come il filetto che mi indica, 4 mesi di frollatura, dice. Cuoco prestato all’arte della macelleria, come si autodefinisce, Giuseppe Zen della macelleria dice che è un’artigianalità bellissima. «E chi meglio del cuoco può dare interpretazione a questi aspetti di naturalità della carne e del cibo? Per questo ho pensato di fare il macellaio e con carne di solo pascolo. Ma cucinata come? Beh, secondo le declinazioni della cucina popolare italiana: dalla lingua alla genovese alla salsa verde, dal mor-
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zeddhu (tipico piatto calabrese a base di carne di vitello considerato un vero e proprio simbolo della città di Catanzaro, NdR) alle bombette di Cisternino». Sul banco intanto approda un altro assaggio: carpaccio puro con olio di brace, sale e pepe. Una prelibatezza. «Il mio mestiere è la ricerca. La cultura sul prodotto è primigenia, ma il macellaio una visione della carne come quella di un cuoco non ce l’ha». Ricerca, unisce competenze, sperimenta Giuseppe Zen. E lo fa con passione. Ha tutta una sua visione filosofica secondo cui anche il mestiere del macellaio è figlio della sociologia, nel senso che riflette e risponde alla relatività di umori del tempo storico e del luogo: «Vendi quel che va per la maggiore e noi oggi confondiamo il tenero col buono. Io sono per lasciar fare alla natura e allora la metrica, il passo, sono diversi. Tutto ciò che c’è dietro ad un cibo ottenuto così è diverso». Per dire che se la morbidezza della carne è un parametro di qualità, bisogna però rivalutarne il gusto. Per questo il grass fed, per questo la scelta di piccoli allevatori delle colline parmensi, dell’Oltrepò Pavese, di Sicilia e Sardegna, per i quali è fondamentale il rispetto per l’animale. Come ROCCO MARIA RONCHI, che alleva Angus a Fornovo di Taro (PR), o come GIUSEPPE GRASSO che alleva bovini in libertà a Vizzini(CT). «In questo modo si riscopre la meraviglia dell’agricoltura famigliare che produce tutto in modo autonomo» racconta Giuseppe. «La totalità dei miei fornitori ha scelto di fare una vita dedicata alla natura. Certo nessuno di loro è ricco come lo intendiamo oggi. Ma credo che la libertà sia anche essere libero da strutture mentali che ci condizionano». In ambito agricolo questo significa coltivare naturalmente, cosa che, da curioso sperimentatore quale è, Giuseppe mette in pratica nel suo orto adottando le teorie del libro “La Rivoluzione del Filo di Paglia” di MASANOBU FUKUOKA, botanico e filosofo giapponese, teorico dell’agricoltura del non fare. «Dopo trent’anni di ricerca sulla materia
1) Differenti livelli di frollatura della carne. 2) A banco, pronti a cuocere e polpette bio (photo © yelp.it). 3) L’offerta della Macelleria popolare con cucina, oltre ai vari tagli di carne frollata, comprende preparazioni e pronti a cuocere da gustare a casa o sul posto, per uno spuntino in Darsena. prima ora voglio dedicarmi alla sua origine». Una sorta di punto zero, di ritorno al punto di partenza a cui è arrivato, come dice lui, un po’ anche a causa del destino: «Succede che in una sera 30 anni di lavoro vengano spazzati via dall’acqua. E tu sei lì, impotente». Sta parlando dell’allagamento del ristorante di via Loren-
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teggio il 29 dicembre 2017, quando 85 metri cubi d’acqua, 85.000 litri, inondano le segrete di Mangiari di Strada. «Abbiamo rifatto subito tutto e realizzato la prima cantina di vino naturale a Milano. Una cantina di quelle vere, in cui arriva l’uva, si pigia, diraspa, si affina e si imbottiglia» sottolinea. Voleva riaprire il locale in modo continuativo il 25 luglio 2018
ma si è preso una pausa. In fondo quell’incidente, dice, in un certo senso è la madre di Macelleria popolare con cucina, di Panificio Italiano e Resistenza Casearia, l’Eden gastronomico cui ha dato vita in Darsena. Posa una polpetta sotto i miei occhi: «Questa è la polpetta della nonna. Sai, c’è sempre una liaison familiare nel rapporto col cibo». E
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1) A banco, insieme alla carne bovina, protagonista è la carne di pecora con svizzere e salsicce. 2) Polpetta della nonna. 3) Dinamica, sempre in fermento, Macelleria popolare sta cercando del personale “speciale”, anche “cuochemacellaie”. Per parlare a Giuseppe Zen l’indirizzo di posta elettronica a cui scrivere è info@mangiaridistrada.com di questa preparazione originata dal riutilizzo dell’avanzo, appena ne assaggio un boccone, ne ridisegno l’idea nel mio immaginario. Stessa cosa mi succede per il montone arrosto con timo, maggiorana e menta assaggiato poco prima: tutt’altra cosa dal kebab a cui siamo abituati. In questa macelleria dove si celebra la carne di pascolo, e dove se
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chiedi una bistecca assaggi subito la fettina insieme a Giuseppe, stupore e meraviglia sono la quintessenza dell’esperienza che si fa del cibo. Esperienza che ti apre un mondo nuovo, inatteso. Qui davvero l’effetto sorpresa ridisegna le geografie del gusto. Aperta sabato e domenica, chiusa il lunedì, alla Macelleria popolare con cucina ti puoi far
preparare un panino al lampredotto o con la trippa, o il pani câ meusa (milza), sederti ai tavoli riservati a Mangiari di Strada e, affacciato al lungomare di Milano, leccarti i baffi. Federica Cornia Nota Dove non diversamente segnalato le foto sono di Federica Cornia.
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Francesco Parrillo, naturalmente macellaio di Riccardo Lagorio
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utti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada. Una vocazione, un destino, un’immagine innata: cose che, insieme, sostanziano la teoria della ghianda, l’idea, cioè, che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta. Una vocazione può essere rimandata, elusa, a tratti perduta di vista. Oppure può possederci totalmente. Ma alla fine verrà fuori, garantendo ad Ananke, la dea personificazione del destino, la supremazia sul mondo. La storia di FRANCESCO PARRILLO inizia così: aiuto macellaio a 11 anni, durante
il periodo che segue al terremoto del 1980 è costretto a lavorare come autotrasportatore, ma nel 2002, appena gli si presenta l’occasione, rileva con la moglie FILOMENA LOMONACO la vecchia macelleria del paese, aperta nel 1968. Un punto d’arrivo scontato in quel Muro Lucano (PZ) che, dopo quarant’anni, ha ripreso a richiamare i turisti grazie al museo archeologico e al fresco sentiero che porta nella valle dei mulini. «Io ho sempre lavorato nella ristorazione, così che il lavoro di macelleria l’ho imparato da mio marito, che ora seguo nel sezionamento delle carni e nella preparazione dei salumi» racconta Filomena.
Le carni bovine vengono cresciute in famiglia, grazie al genero allevatore in Laviano, un borgo agricolo nell’alta valle del Sele, in provincia di Salerno. «Nell’allevamento si trovano 130 capi di razza Podolica, di per sé dalla carne saporita, ma soprattutto marezzata al punto giusto. Sono quelle infiltrazioni di grasso morbido a donare gusto ai piatti. Le nostre clienti ci hanno riconosciuto sin dall’inizio una speciale predisposizione a suggerire il giusto taglio per ogni piatto» interviene con orgoglio Francesco. «Le caratteristiche organolettiche e le proprietà nutrizionali la rendono unica, anche se non è molto conosciuta», continua. In-
Muro Lucano, in provincia di Potenza, è noto come “borgo presepe” per la sua struttura urbanistica costruita su uno sperone di roccia calcarea su cui appaiono, come aggrappate l’una dietro l’altra, le caratteristiche abitazioni.
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Francesco Parrillo e la moglie Filomena Lomonaco. fatti, la carne di bovino podolico si riconosce per il gusto intenso, saporito e leggermente dolciastro, grazie all’alimentazione esclusivamente d’erba di pascolo e foraggi freschi, che gli animali possono brucare. Si tratta spesso di bovini allevati allo stato brado. Una carne che, senza slogan precostituiti, si inserisce nel sistema della sostenibilità ambientale. Prima che il tema divenisse di moda e fosse ampiamente utilizzato dagli uffici di marketing per stimolare gli acquisti di una determinata carne, per il bovino podolico il metodo di allevamento è sempre stato costituito da mandrie che vivono allo stato brado o semibrado. I vitelli fino a otto mesi vengono alimentati prevalentemente con il latte materno e trascorrono buona parte della giornata insieme alle
mamme al pascolo. Dopo l’ottavo mese vengono spostati e intorno al sedicesimo mese i vitelli sono pronti per la macellazione. «Si tratta dell’età giusta per avere carne consistente e già marezzata, che si adatta alle preparazioni più diffuse sul nostro territorio, dallo spezzatino alla fettina» rimarca. «Per il ragù suggeriamo invece il collo e la spalla». Il destino ha aiutato Francesco Parrillo nella agevolezza, si potrebbe dire l’ineluttabilità ad incontrare una carne sana e naturale in una parte di Belpaese considerata marginale, ma che proprio per tale motivo si è mantenuta genuina. La norcineria Così può esprimere la naturale propensione all’attività di macellaio e norcino con spontaneità anche
Le carni bovine provengono dall’allevamento del genero di Francesco e Filomena, allevatore a Laviano, un borgo agricolo nell’alta valle del Sele. Si tratta di un centinaio di capi di razza Podolica, da cui deriva una carne saporita, dal gusto intenso e leggermente dolciastro ma, soprattutto, giustamente marezzata e dalle proprietà nutrizionali uniche
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nella produzione di salumi. «I suini provengono da Ripacandida, una cinquantina di chilometri da noi. Il prodotto più richiesto è la salsiccia, per confezionare la quale utilizziamo pancetta e spalla, sale e pepe. Nient’altro. Le prepariamo anche due volte al giorno, così che i clienti le possano consumare freschissime, alla graticola». Talvolta sono disponibili capocolli giganti; tuttavia, è la sopressata il salume che rappresenta la punta di diamante della macelleria. Una deliziosa carne di prosciutto e costata tagliata a coltello a cui si aggiungono solo pepe in grani e sale. «Niente peperoncino perché voglio che il coloro e il sapore siano naturali», chiarisce. Stagiona in una camera di campagna, ovviamente senza frigoriferi ed essiccatoi. «La maturazione la fa la Terra, non la Tecnologia». Ecco di nuovo affacciarsi Ananke nell’ineludibile e inevitabile incontro/scontro che gli esseri umani affrontano nella realtà di tutti i giorni. Riccardo Lagorio Macelleria Filomena Lomonaco Via Guglielmo Marconi 146 85054 Muro Lucano (PZ) Telefono: 0976 2317
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INTERVISTE
Il senso di Alessia per la carne La carne è materia prima di valore, che richiede tempo e dedizione, sia quando la si mangia che quando la si tratta nelle cucine di un ristorante, ci dice Alessia Morabito, chefcuoca-cuciniera di origine toscana che da qualche anno vive e lavora a Modena, non lontano dalla nostra redazione. Qualche riflessione con lei sul suo approccio a questo alimento, consapevoli che non è affatto vero che “tutto fa brodo” di Gaia Borghi
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Alessia Morabito.
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na toscana in Emilia, una chef-cuoca-cuciniera (così c’è scritto infatti sul suo biglietto da visita) di talento, attenta e appassionata, che si è innamorata di questo mestiere durante gli studi universitari, abbandonati per seguire una strada che percepiva come scelta istintiva, naturale. ALESSIA MORABITO, nata a Pisa nel 1975 ma cresciuta a Tirrenia, «dove la natura è rigogliosa e il mare profuma anche in inverno», è approdata nella città della Ghirlandina nel 2015, «seguendo il sogno della food valley, della cultura trasversale e dell’Amore» come lei stessa ci racconta. Oggi, dopo un paio d’anni di lavoro stabile in un locale della provincia modenese, Alessia si divide tra “tante cucine”: consulenze, didattica professionalizzante e amatoriale, wedding catering, serate di degustazione, cene private, volontariato e studio del territorio di adozione, anche andando a cena dai colleghi o partecipando con entusiasmo alle loro alle manifestazioni. Con Alessia, che è una professionista scrupolosa ma è anche e soprattutto un’amica, abbiamo voluto approfondire alcune questioni riguardanti l’uso della carne nella ristorazione e il suo rapporto con questo alimento. Una materia prima pregiata, che necessita, forse più di altri prodotti, di attenzione, rispetto e cura.
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Iniziamo parlando della tua esperienza personale. «Entro per la prima volta nella cucina di una trattoria per mantenermi all’università e rendermi indipendente» mi dice Alessia. «Una volta iniziato, sento il lavoro letteralmente fiorirmi in mano, senza sforzo, con una soddisfazione mai provata prima. Così, poco prima dalla laurea, faccio una scelta: abbandonare gli studi e abbracciare la professione di cuoca. Una parola molto bella, “cuoca”, con una connotazione emotiva forte e determinante a livello professionale: ad oggi, sono 19 anni che faccio questa professione senza rimorsi e senza rimpianti. Qual è la tua idea di cucina? «La mia idea di cucina nasce in famiglia, dai miei genitori: a casa abbiamo sempre mangiato bene, sia a livello di qualità che di cura della preparazione e del piatto. Mangiare bene per me è sempre stato ed è tuttora un gesto d’amore. Nel corso del tempo, durante il mio percorso di formazione da autodidatta, cambiando città e posto di lavoro — Livorno,Sardegna,Torino, Inghilterra,Costa Azzurra, Svizzera, Maremma… —, mi sono da subito appassionata alla parte organizzativa della cucina, come si fanno gli acquisti, il prezzo, l’ottimizzazione, la gestione degli “scarti”, oltre che alle materie prime e le tecniche di cottura. Dalla cucina maremmana invece ho imparato la poesia dei rituali: dai racconti di mia nonna e altre massaie, ho appreso una certa attitudine alla cultura gastronomica tradizionale, il saper raccogliere e usare i prodotti selvatici, alcuni materiali desueti e antiche modalità di cottura, spesso da attualizzare ma sempre con affetto e rispetto». Carne, “odi et amo”. Da qualche tempo a questa parte il consumare carne è oggetto di un’attenzione mediatica massiccia, ahimè spesso piena di pregiudizi, condizionamenti e convinzioni totalmente errate, figlie di certe mode o volutamente lesive di un intero settore. Qual è il tuo pensiero riguardo a tutto questo? «Siamo animali onnivori e da
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Il gusto del tempo: «Mi piacciono moltissimo le cotture lente — mi dice Alessia — per me la carne richiede tempo, oltre che per essere conosciuta anche per essere “riconosciuta”» (in foto, un fondo di ossi di pollo). questa dieta derivano la nostra dentatura, le caratteristiche del processo digestivo: è un’evidenza scientifica. Io ho sempre mangiato carne e continuo a farlo, anche se non così spesso. Di carne se ne mangia troppa a mio parere e la si mangia spesso male. Considero la carne una materia prima di valore estremo, sottende un sacrificio e richiede dedizione: io non riesco a mangiarla distrattamente, mai. La carne è poi da sempre e in diverse culture, anche molto distanti tra loro, simbolo di benessere: i consumi di carne crescono con il miglioramento dello stile di vita e lo sviluppo dell’economia. Peccato che, dal punto di vista storico della cucina, pensiamo all’Italia del secondo Dopoguerra e in particolare in diverse regioni,
come l’Emilia-Romagna, in “suo nome” siano state dimenticate tante ricette tradizionali povere a base di conserve domestiche, pane vecchio, erbe selvatiche, che venivano usate nella quotidianità e di cui oggi si ignora addirittura l’esistenza». Si sente spesso dire che, al di là dei locali specializzati, a molti cuochi manchi genericamente una formazione specifica sulla carne, con conseguenti esiti nefasti nella preparazione dei piatti. Esisterebbe insomma un gap tra cucina e macelleriaconoscenza del prodotto che porterebbe alla non valorizzazione della carne nel piatto: cotture sbagliate, uso errato dei tagli, il proporre sempre gli stessi. Sei d’accordo? «Sì, è vero, in molte cucine la carne si trasforma spesso in un’occasione sprecata. Stiamo
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A destra: Alessia Morabito in cucina. A sinistra: un piatto preparato per una serata di degustazione a La Bottega dei Golosi di Modena, la tartara di Fassona con aglio nero, bagna cauda, erba oliva e nocciole del Piemonte. parlando di una materia prima nobile e facilmente deperibile, che impari a trattare solo investendo in prima persona nell’acquisto di un’ottima materia prima o in una cucina dove lo chef investe su di lei e tu impari. Il lavoro del cuoco è quello di un artigiano altamente specializzato — qualche artista c’è, ma si tratta di eccezioni rare — e il suo approccio alla carne, così come ad altri ingredienti, deve essere, in primis, quello di non cercare scorciatoie (odio l’inteneri-
L’approccio alla carne da parte di un cuoco deve essere, in primis, di non cercare scorciatoie, quindi di conoscerne i diversi stadi di maturazione e di degenerazione, nonché la sua trasformazione tramite le cotture antiche e nuove
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tore ad aghi!) e poi di conoscerne i diversi “stadi dell’esistenza”, i livelli di maturazione e degenerazione, la trasformazione tramite i processi di cottura antichi e nuovi. Occorre imparare a riconoscerne gli odori, la consistenza, il sapore, quando è fresca e quando non lo è più, sia da cruda che da cotta. Non sempre è piacevole quindi, come per le frattaglie, che nel mio caso lavoro sempre e comunque volentieri: io, ad esempio, non amo il fegato, ma ho imparato a conoscerlo ed usarlo perché quando faccio il mio lavoro cerco di prendere una certa distanza dai miei gusti personali. Quando cucino, non ho un’urgenza di espressione egoica: cucino per gli altri, mi prendo cura degli altri». È importante per un cuoco la conoscenza di tagli-razze-frollature, ecc.. o basta affidarsi ad un buon fornitore? «Un bravo cuoco deve essere consapevole di quello che non conosce: non si può sapere tutto o si può scegliere di sapere fino ad un certo punto. In questo caso, diventa
essenziale affidarsi ad un bravo fornitore, un macellaio competente e preparato: la scelta dei collaboratori è fondamentale nel nostro lavoro. Io ho diversi macellai di fiducia, persone che stimo e che si dedicano a questo mestiere così delicato con dedizione, competenza e grande senso di responsabilità». Il tuo piatto di carne preferito? «Da cucinare? Non ne ho uno in particolare: potrei dirti le terrine, le galantine o il collo di gallina ripieno; da mangiare le tartare». Una tecnica particolare o inusuale che ti piace applicare alla carne? «Le cotture e le conservazioni sotto grasso o sotto strutto, alla toscana, l’oliocottura, il confit alla francese. Mi piacciono moltissimo le cotture lente: per me la carne richiede tempo, oltre che per essere conosciuta anche per essere “riconosciuta”». L’educazione al consumo carnivoro passa anche dalle cucine fuori casa. Gaia Borghi
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EVENTI CARNIVORI
Per l’11a edizione l’evento si trasferisce all’agriturismo Le Conchiglie di Sasso Marconi e vi prende ufficiale residenza
Chef… al Massimo 2019, si va dove i sogni prendono forma
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razie! Un grazie a tutti gli chef, a tutte le aziende vinicole, a tutti i volontari e a tutti gli amici che, ancora una volta, per l’undicesima volta, hanno reso questa domenica una giornata davvero unica. Un grazie a tutti voi che, col vostro entusiasmo e le vostre emozioni, ci spingete ad andare avanti. E un grazie a Massimo, che riesce ogni anno in questa magia». Con queste parole espresse da ALDO in rappresentanza di tutta la FAMIGLIA ZIVIERI si chiude l’undicesima edizione di
Chef… al Massimo, manifestazione “carnivora” — la carne della MACELLERIA ZIVIERI naturalmente — nata, e fortemente voluta e portata avanti da chi lo amava, in memoria di MASSIMO ZIVIERI, un «artista capace di trasmettere, dall’allevamento alla tavola, una storia di saperi antichi e attuali». Organizzata per otto anni di seguito nel piccolo paesino bolognese di Monzuno, poi spostata nel 2017 presso l’agriturismo Le Conchiglie a Sasso Marconi e lo scorso anno a FICO-Eataly World, Chef…al Massimo ha fatto ritorno domenica 1
settembre in Appennino, di nuovo e proprio alle Conchiglie, luogo in cui ha preso ufficialmente la residenza definitiva. La tenuta — uno dei primi agriturismi dell’Emilia, cento ettari di prati e boschi con stalle e accoglienza voluti da ROMANO FOSCHI — è stata, infatti, acquistata a febbraio dalla famiglia Zivieri insieme ad alcuni soci per essere trasformata, o, più semplicemente, riportata ad essere un luogo in cui poter riscoprire i modi e i tempi autentici del mondo agreste.
Il discorso inaugurale dell’undicesima edizione di “Chef… al Massimo” tenuto da Aldo Zivieri circondato dai famigliari e dai più stretti collaboratori.
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1) Il pranzo all’ombra degli alberi dell’agriturismo Le Conchiglie. 2) Costine di Mora romagnola affumicate e cotte al barbecue. 3) Gnoccata con salame rosa di Mora romagnola e mortadella tradizionale Fattoria Zivieri. 4) Le t-shirt dell’evento con lo slogan dedicato a Massimo Zivieri, “Quando penso a te, penso al bello della vita”. 5) Lo spettacolo di burattini “Brutta come la fame” a cura della Compagnia Burattini di Riccardo. 6) Remo Pasquini, artigiano del legno e figura di riferimento nell’arredo di design per l’alta ristorazione e per la conservazione del vino con la bottega di famiglia Pasquini Marino di Bovolone (VR).
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1) La galantina di pollo con mortadella di filiera Fattoria Zivieri e insalata russa con crumble di pistacchi e olio al prezzemolo. 2) Cartoccio con alici e calamari fritti e guanciale di Mora romagnola. 3) “Doppietta estiva”: doppia polpetta nei pomodori in doppia salsa. 4) L’hamburger di Fassona piemontese al BBQ.
Chef…al Massimo è stata una delle prime manifestazioni culinarie con l’ambizione di riunire, nello stesso luogo, più di 20 chef provenienti da tutta Italia per una giornata all’insegna del mangiar bene e sano: solo carne della macelleria Zivieri, lavorata da rinomati chef per dar vita a piatti in grado di soddisfare occhi e palato. Pensata, ideata e organizzata per la prima volta nel 2009 dalla famiglia Zivieri — proprietaria, a quel tempo, di una storica macelleria in un paese dell’Appennino bolognese, Monzuno — in ricordo di Massimo Zivieri, fondatore dell’azienda di famiglia e saldo sostenitore dei concetti di allevamento etico e filiera controllata, la manifestazione Chef…al Massimo è ben presto diventata un appuntamento fisso non solo per i clienti della storica macelleria, ma anche per gli appassionati e i professionisti del mondo food. In questi anni la kermesse ha coinvolto: • 20.000 partecipanti, con una media di 2.000 partecipanti a ciascuna edizione; • oltre 50 chef e pasticceri provenienti da tutta Italia, tra cui IGLES CORELLI, ALBERTO BETTINI, FRANCESCO VINCENZI, GINO FABBRI, ITALO BASSI, CRISTIANO IACOBELLI, FRANCESCO BALDISSARUTTI, FABIO FIORE, IVAN POLETTI, MAURO LORENZON, ALBERTO FACCANI, GABRIELE SPINELLI, MASSIMILIANO POGGI, MARIO FERRARA… solo per citarne alcuni; • oltre 30 aziende vinicole e birrifici artigianali con una proposta di più di 270 etichette. >> Link: www.chefalmassimo.it www.macelleriazivieri.it
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Un’oasi di tranquillità e pace immersa nella natura: Le Conchiglie si trova in via Lagune 76 a Sasso Marconi (BO). Ed è anche per questo motivo che questa edizione della manifestazione, la numero undici, voleva essere un omaggio alla neonata Fattoria Zivieri, ramo dell’omonima macelleria che si dedica esclusivamente alla produzione di salumi artigianali di filiera, dalla mortadella artigianale al salame rosa, passando per il salame montanaro ed il salame di selvaggina. «Questa edizione di “Chef… al Massimo” — racconta Aldo Zivieri — ha voluto conservare inalterato lo spirito delle precedenti giornate, mantenendo forte il significato simbolico che questo appuntamento ha per la nostra famiglia e per i tanti amici di Massimo, che tutti gli anni ci travolgono con il loro affetto. Allo stesso tempo, però, è stata un po’ un’edizione di svolta. Le Conchiglie, infatti, rappresentano per noi, e per i soci coinvolti nel progetto, una sfida importante, un punto di arrivo rispetto alle tematiche che la macelleria Zivieri affronta con serietà e determinazione da più di trent’anni, ma anche un punto di partenza nella riscoperta e
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condivisione, con un pubblico che speriamo possa essere sempre più numeroso e consapevole, dei valori del mondo agreste da cui dipendono la bontà e genuinità dei prodotti che, ambiziosamente, desideriamo portare sulle tavole di tutti». Menu e premi, in omaggio ai sogni che prendono forma E proprio la mortadella di filiera Fattoria Zivieri è stata la mascotte della giornata, data in omaggio come “ricordo” ai duemila partecipanti all’evento e protagonista di diverse preparazioni dei cuochi e delle brigate di cucina partecipanti a questa bellissima manifestazione: trasformata in una soffice “spuma” ad accompagnare il mantou al vapore con osmosi di cipolla, peperone fermentato e panna acida di IGLES CORELLI; insieme al salame rosa di Mora romagnola sulla gnoccata di ENRICO SPAGNA; nella galantina di pollo accompagnata da insalata russa con crumble di pistacchi e olio al prezzemolo di ANDREA SERRA… «La mortadella tradizionale di filiera Fattoria Zivieri è il simbolo di una
produzione artigianale che pone al centro di questo lavoro il benessere animale e le abilità umane, per riscoprire valori nutrizionali, di carni e salumi, che appartengono solo ai tempi di crescita naturali» sottolinea Aldo Zivieri. Nella mattinata, dopo il discorso inaugurale tenuto dalla famiglia Zivieri affiancata sul palco dalle autorità regionali, provinciali, comunali e dei partner istituzionali EMIL BANCA e CONFCOMMERCIO ASCOM BOLOGNA, è stato consegnato il premio “Massimo Zivieri, per l’innovazione, la passione e la professionalità” ai due giovani imprenditori under 40 associati a Confcommercio Ascom Bologna: FRANCESCO ANTONELLI e LORENZO “LOLLO” BIAGIONI. Ricordiamo poi che attraverso WAMI – WATER WITH A MISSION, partner della giornata, per ogni bottiglia di acqua WAMI consumata sono stati donati 100 litri di acqua potabile nelle zone del mondo più bisognose. Musica nell’aria di FIO ZANOTTI e della sua band, sole e felicità in abbondanza. Arrivederci all’anno prossimo.
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MEAT BLOGGER
Tendenze meat? La parola a Meatopia 2019 di Andrea Laganga
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nche quest’anno il vostro butcher non ha potuto farne a meno. Essere presenti al Meatopia di Londra è diventata un vera e propria “fissa”, una voglia spasmodica da saziare alla scoperta delle tendenze carnivore tra artisti carnivori, con la presenza di alcuni dei migliori chef al mondo. Prima, però, facciamo un passo indietro per chi ancora non sapesse di cosa stiamo parlando. Cos’è Meatopia? Fondata negli Stati Uniti dal grande
JOSHUA OZERSKY, pace all’anima sua, e portata nel Regno Unito dallo chef RICHARD H. TURNER, Meatopia è un Festival della carne di alta qualità e di provenienza etica, cucinato su legno e carboncino. Un week-end d’amore per Carne, Bevande, Fuoco e Musica, diventato oramai leggendario tra tutti i veri carnivori amanti del cibo. Giunto alla sua settima edizione, ogni anno l’organizzazione ha un solo obiettivo: stupire i partecipanti. E vi preannuncio che ci sono riusciti. Perché, che tu sia un veterano del Tobacco Dock o un principiante,
avrai per tutto il tempo gli occhi spalancati per l’euforia... e il fumo. Il mio Meatopia Meatopia è un posto dove lasciare i preconcetti all’entrata e provare qualcosa di nuovo: che si tratti di uno chef che non avete mai sentito nominare prima o di un ingrediente a voi sconosciuto, poco importa. Se varcate quel cancello, vi dovrete buttare! Per me era la seconda volta davanti a quell’ingresso di ferro. Interminabili i minuti passati ad aspettare dietro la transenna che
Alla sua settima edizione, Meatopia UK, negli spazi del Tobacco Dock, ha offerto ai suoi partecipanti anche quest’anno squisiti piatti soprattutto a base di carne cucinati da alcuni degli chef più ricercati del mondo, con ingredienti di alta qualità e di provenienza etica (in alto, photo ©www.standard.co.uk; a lato, photo © www.facebook.com/ MeatopiaUk).
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A Meatopia tutti gli chef cuociono “live” le proprie specialità su fuoco fatto con legna e carbone (in alto e a lato, photo © www.facebook.com/MeatopiaUk). divide il sacro dal profano (siamo nel paese delle code d’altronde…). Un secondo anno sicuramente vissuto con emozioni nuove. Non più con quell’ansia sana dell’ignoto, quella della prima volta, insomma, che ti fa vivere l’esperienza in modo diverso, un po’ da incoscienti. Con quello sfarfallio da “amore di terza media” nello stomaco. Memore dell’anno scorso, avevo con me una pianificazione ben fatta. Il mio obiettivo? Vivermela a 360°, per carpire quale fosse la tendenza del momento raccontata dai migliori chef carnivori mondiali. Solo i migliori protagonisti del panorama gastronomico del momento — anche se per molti di noi magari sono totalmente sconosciuti —, hanno infatti il privilegio di poter prendere parte al round up di Meatopia UK. Tanto per citarne alcuni, quest’anno era presente la leggenda del London street food EDGAR WALLACE, famoso per le proposte di cucina cinese eseguite sulla parte posteriore della sua bicicletta. Per non parlare dell’hamburger pop up di
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ROSITA DELUXE, conosciuta in tutte la strade di Singapore. Senza dimenticare KILLIAN CROWLEY, JON PARRY di The Mash Inn, nuovo arrivato nella lista dei National Restaurant Awards. Insomma, ovunque ci si giri, la certezza è quella di scoprire sempre qualcosa di nuovo ed eccitante. Il Tobacco Dock era gremito come le edizioni passate, anzi, forse quest’anno era persino più affollato: pensate che per mangiare dai “più gettonati” occorre fare file anche di 25 minuti. Ma qui il tempo passa in modo differente. Le persone sono in perfetta convivialità. E aspettare mentre una street band suona i motivetti più in voga del momento rende il tutto più piacevole. Poi finalmente arrivi lì, davanti agli chef affumicati che con velocità cercano di darti il meglio senza farti aspettare troppo. Sapori, colori, profumi che ti inebriano mentre attendi di capire cosa stai per assaggiare. Perché certi ingredienti nemmeno li conosci e quindi non sai cosa aspettarti veramente da
quel primo morso che attendi con l’acquolina in bocca. Poi tocca a te: «Hi friend» —, sì perché qui siamo già tutti amici —, ci si stringe la mano, ci si fa un selfie veloce e io mi ritrovo senza tante cerimonie ad entrare in possesso del piatto preparato appositamente per me. Lo guardi, lo fotografi, lo annusi e… gnam: da lì in poi capisci che volare a Londra per vivere quell’emozione valeva ogni singolo risparmio investito. Pulled, kebab and burger Ma arriviamo al nocciolo della questione. Cosa avranno mai proposto i blasonati chef carnivori quest’anno? Almeno per il venerdì sera che ho vissuto, un filo conduttore direi di averlo trovato. Potrei raggruppare le 20 proposte della serata in tre grandi gruppi: oltre la metà dei piatti (quindi un buon 60%) era composto da carni sfilacciate, quindi da tagli anatomici cotti lentamente al BBQ, in low-and-slow, e “pullati” prima di essere impiattati con salse e verdure, magari in mezzo ad una
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Andrea Laganga e Jonathan Parry, chef del londinese Bistro Union. tortillas di mais cotta rigorosamente a legna. Il 30%, invece, è stato dedicato alle cotture kebab, ovvero strati di carne di ogni genere, agnello, maiale, manzo o addirittura miste, infilzati in lunghi spiedi e fatti ruotare vicino al fuoco per una cottura davvero squisita e succulenta. Ma non vi immaginerete mai a chi attribuiremo il resto delle proposte. Una minoranza che, però, ci crediate o no, ha riscosso la maggior preferenza del pubblico. Interminabili le file davanti a quei banchetti, con i partecipanti all’evento disposti ad attendere un panino anche per oltre un’ora. E vi dirò di più: alcuni di questi chef avevano già terminato la materia prima dopo solo un’ora e mezzo di servizio. Il vincitore del Meatopia 2019 va quindi alla proposta BURGER. Semplice carne macinata, magari una simil-polpetta di manzo schiacciata, con cipolle fritte e sottaceti, tutto dentro ad un panino di patate dolci (beef patty, fried onion in a potato bun with pickles). Sono rimasto in-
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credulo nel vedere la calca di gente di fronte al cartello di “Jeff Claudio & Andrei Soen” di Singapore con l’umile scritta “The Classic Cheese Burger”. E penso che questo debba essere spunto di grande riflessione per noi addetti al servizio food. Noi che ogni giorno ci scervelliamo per andare a creare l’innovazione o la fusion più originale tra ingredienti che neppure con la colla potrebbero restare uniti per ottenere un sapore decente. Ciò che ho visto e vissuto a Meatopia 2019 è la conferma che a vincere spesso è proprio la semplicità del prodotto. Un conosciutissimo, ultra copiato e spesso denigrato burger sarà sempre una pietra miliare e un simbolo intramontabile del mondo carnivoro italiano e mondiale. Quello che sono riuscito a trarre da questa esperienza, insomma, va nella direzione del ribadire il concetto che l’unica vera innovazione sta nel riscoprire e, magari, soltanto riproporre in modo differente, la tradizione gastronomica autentica.
Novità: Meatopia per l’ambiente Quest’anno anche l’organizzazione ha giocato a favore dell’ambiente. Tutto il monouso di plastica presente nelle edizioni precedenti è stato eliminato per fare spazio a materiali riciclabili o comunque di basso inquinamento come in bamboo o la cellulosa. Persino le bevande dei bar venivano servite in bicchieri di plastica riciclabili, acquistabili con un piccolo contributo di 1$ alla prima bevuta e ricaricati per le seguenti consumazioni. Insomma, un piccolo gesto ben condiviso dal pubblico per cercare di combattere un’inutile spreco di plastica. Spero di essere riuscito a farvi provare anche se solo per qualche secondo cosa significhi Meatopia e magari essere riuscito anche ad invogliarvi a partecipare il prossimo anno. Sia chiaro, non ho una percentuale eh! Aspetto invece i vostri commenti sulla pagina facebook di @Maremma Che Ciccia. Alla prossima avventura! Andrea Laganga www.facebook.com/maremmacheciccia
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NUTRIZIONE
Anche la carne rossa fa parte di una dieta 100% healthy Non solo frutta: il segreto alla base di unâ&#x20AC;&#x2122;alimentazione sana, naturale ma anche gustosa è lâ&#x20AC;&#x2122;equilibrio dei suoi componenti, tra i quali ritroviamo anche la carne rossa. E il manzo irlandese possiede le caratteristiche nutrizionali e di sapore ideali per essere scelto dai consumatori
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angiare sano è uno dei primi passi per uno stile di vita corretto e salutare. Molte volte è sufficiente adottare una dieta che sia veramente equilibrata per sentirsi in forma, tenendo a mente alcune accortezze sulle proprie abitudini alimentari che possono influire positivamente non solo sul peso forma, ma anche sull’umore di ciascuno di noi. Quando si parla di dieta equilibrata, infatti, di In basso: la carne bovina irlandese, proveniente da capi nutriti a erba, ha una distribuzione più uniforme del grasso, con conseguente impatto positivo in termini di gusto e sapore.
solito si consiglia di mangiare tanta frutta, verdura, cereali e legumi, ma BORD BIA — ente governativo irlandese dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari —, consiglia di integrare la propria alimentazione anche con un corretto apporto di carne rossa. Componente insostituibile di una dieta sana e varia, in particolare se in famiglia ci sono bambini, adolescenti e anziani, la carne rossa è infatti ricca di nutrienti essenziali. In particolare, Bord Bia indica come la carne di manzo irlandese, allevata su pascoli ricavati su terreni ricchi di minerali e sostanze nutritive, contenga proteine ad alto valore biologico, acidi grassi benefici e una varietà di micronutrienti indispensabili per una salute ottimale. Queste proprietà nutrizionali sono riconosciute dagli Italiani: secondo recenti indagini, oltre il 50% ritiene che la carne di manzo sia più valida dal punto di vista nutrizionale rispetto ad altre carni e costituisca un alimento essenziale della propria dieta. Inoltre, tra gli Italiani si evidenzia un fenomeno di riduzione quantitativa dei consumi di carne rossa a fronte di un miglioramento qualitativo: si preferisce cioè mangiarne meno, ma di migliore qualità. Anche un’analisi di COLDIRETTI su dati ISMEA conferma questa tendenza: secondo l’indagine, il 20% degli Italiani tende a privilegiare la carne con certificazioni o marchi di
qualità come il manzo irlandese che, grazie alla tecnica di allevamento al pascolo per oltre 8 mesi all’anno, mantiene importanti caratteristiche organolettiche e nutrizionali che lo rendono un prodotto premium. Infatti, la carne da pascolo è 8 volte più ricca di betacarotene e 5 volte più ricca di vitamine A e E, ma anche di Omega-3, rispetto alla carne allevata con le tecniche tradizionali. La carne rossa è indicata anche per chi deve seguire diete dimagranti, in quanto, se allevata al pascolo, risulta più magra e con un’equilibrata distribuzione dei grassi. Proprio grazie all’effetto saziante e all’alto contenuto proteico, anche una buona bistecca o un filetto possono aiutare a perdere peso. Infine, la carne rossa, se consumata senza oltrepassare il limite di 5 porzioni da 100 grammi a settimana, non deve mai mancare in una dieta davvero completa ed equilibrata, in quanto alimento capace di dare un contributo decisivo nel soddisfare le esigenze nutrizionali in ogni fase della vita. Fonti * SPRIM A CADEMY , workshop, “Carne e proteine animali nell’alimentazione moderna”. * COLDIRETTI, www.coldiretti.it/ economia/consumi-carne-dati-2018 * CAMBRIDGE JOURNALS, Proceedings of the Nutrition Society, Vol. 75, Issue 3.
Bord Bia – Irish Food Board è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2018 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 12,1 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 64% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 328 milioni di euro nel 2018; è il mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 192 milioni di euro. >> Link: www.bordbia.ie
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SAPORI DAL MONDO
Baviera, Weiβwurst & Co.
Würstel gourmet di Riccardo Lagorio
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e alla salumeria italiana è unanimemente riconosciuta la supremazia mondiale per la sua diversificazione e le sue articolazioni regionali, basta al-
lungare lo sguardo per accorgersi dell’esistenza di tradizioni e culture alimentari assai differenziate in ogni dove nel vecchio continente. Nello stereotipo nazionale, ad esempio,
la Germania viene raramente associata a Paese gourmet. Tuttavia, la sola Baviera orientale cela sul tema numerosi spunti inaspettati e vanta un’infinità di varietà diverse di wür-
Il Weißwurst è certamente la specialità culinaria più famosa della cucina bavarese.
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stel. «Nella regione se ne producono almeno un centinaio di tipologie, su almeno 1.500 che si possono classificare nell’intera Germania» spiega NORBERT WITTMANN, macellaio e imprenditore di Neumarkt, 150 km a nord di Monaco e patria della casa automobilistica Maybach. Wittmann si è inventato il primo Museo del würstel, dove espone strumenti da macelleria che risalgono fino al XVII secolo. «Se vogliamo suddividere i würstel in famiglie, se ne possono individuare tre: da consumare crudi, bolliti o cotti. Nel Baden-Württemberg e in Baviera, e soprattutto a Neumarkt, è molto diffuso il Weiβwurst». Un prodotto che ha 150 anni di storia certificata. Wittmann mostra il primo documento ufficiale in cui si faccia riferimento al Weiβwurst, un menu datato 22 febbraio 1857. In origine il salsicciotto, di carni di vitello e maiale, veniva infatti consumato a carnevale e insaccato in budello di pecora. «Ma quel giorno — racconta Wittmann — a Monaco scarseggiavano le budella di pecora e SEPP MOSER, il cuoco di un influente ristorante del centro, iniziò a insaccare in budello di suino, capendo che non si potevano friggere perché si sarebbero spaccate. Ebbe l’idea di bollire il Weißwurst e questa è una tradizione che continua da allora». Le salsicce vengono preparate due volte al giorno e consumate freschissime. Nell’impasto si aggiungono pepe, macis e cardamomo, macinati separatamente. Cipolla, prezzemolo e buccia di limone si aggiungono invece nell’impasto. Il contenuto è carne di vitello per il 40%, suino per un 10%, più un 25% di pancetta e un 25% di ghiaccio, indispensabile per preservare le proteine, che oltre i 16 °C raggiunti durante la preparazione si sciupano. Anche nell’Ottocento si ovviava a questo inconveniente con l’aggiunta di ghiaccio, proveniente allora dai corsi d’acqua gelati». Il Weißwurst ha una misura che varia dai 12 ai 15 cm e un peso di circa 85 grammi. Va bollito per 10 minuti in acqua poco salata e si serve con senape, bretzel e birra.
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In alto: Norbert Wittmann. In basso: la Weißwurst-Akademie.
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In alto: la Metzgerei Hottner si trova proprio al centro della piazza del mercato di Amberg. Il Bratwurststand posizionato davanti al negozio durante i mesi estivi è una vera e propria istituzione. In basso: Herbert Hottner.
A 40 km, sul fiume Vils, Amberg è una cittadina dall’aspetto medievale. Esiste un servizio di barche che la attraversa e con le quali si possono prenotare gite a base di birra, bretzel e würstel. In questo
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caso, però, si tratta di Schinkenwurst, salsiccia di prosciutto. Lo svelano IRMGARD FRINT e KAMILA CIROKOVA nella macelleria di HERBERT e DANIELA HOTTNER, nella piazza centrale della cittadina. L’attività risale al 1900,
aperta dal bisavolo di Herbert. «Le nostre salsicce sono realizzate secondo ricette tradizionali, alcune delle quali non cambiano da 100 anni. Ci ispiriamo anche alla cucina moderna e creiamo nuove composizioni di gusto, ma i nostri clienti sono particolarmente affezionati alla salsiccia di prosciutto, Schinkenwurst, caratterizzata da un’alta percentuale del muscolo di suino». Per la produzione di questo würstel, di solo suino e da consumare prevalentemente crudo, una parte viene macinata nel cutter e una parte di carne e pancetta viene macinata grossolanamente. «Come spezie si usano prevalentemente pepe e semi di senape. Talvolta anche poco aglio”.
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SICUREZZA ALIMENTARE
EFFICIENZA OPERATIVA
â&#x20AC;&#x2DC; ESTENSIONE DELLAâ&#x20AC;&#x2DC; SHELF LIFE
â&#x20AC;&#x2DC; BRAND BUILDING
IDEALE PER PROTEGGERE LE CARNI, IL POLLAME, IL PESCE â&#x20AC;Ś E I PROFITTI. Il produttore sa che lâ&#x20AC;&#x2122;elemento chiave per un miglior profitto è lâ&#x20AC;&#x2122;Efficienza Operativa. Questo è il motivo per cui Sealed Air continua a offrire innovazioni rivoluzionarie per aumentare i profitti, come CryovacÂŽ DarfreshÂŽ On Tray confezionamento skin. Questa novitĂ permette di aumentare la produzione fino al 45%, risparmiando il 40% di film a confezione. Il maggiore vantaggio è che questa soluzione di packaging funziona con un sistema di carico pre-esistente. Guardate come può fornire risultati misurabili per voi. Per saperne di piĂš: sealedair.com/darfreshontray
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Da consumare crudi, bolliti o cotti, con carni diverse e altrettante differenti speziature: altro che il semplice salsicciotto da mangiare con birra e patatine fritte alle fiere di paese. La sola Baviera orientale, ad esempio, vanta un’infinita varietà di würstel: nella regione se ne producono almeno un centinaio di tipologie, sulle 1.500 di tutta la Germania
La macelleria Weishäupl a Weiden in der Oberpfalz. Oltre alle salsicce, le città di Weiden e Neumarkt sono accomunate anche da una vivace cultura della birra, perfetto accompagnamento per Bratwurst, Schinkenwurst e Weiβwurst. Una volta insaccato in budello dal diametro variabile tra 50 e 75 mm, si procede all’affumicatura. Spesso appena accennata. Nel banco frigo anche la Grobe Stadtwurst, la specialità di Norimberga, prodotta con tagli di carne macinata grossolanamente e condita con pepe, coriandolo, macis, zenzero e maggiorana. Una volta che la massa ha riempito il budello, viene cotta per alcuni minuti in acqua o scottata a vapore. A seguire, le salsicce vengono affumicate a caldo per mezz’ora. Il consumo avviene entro tre giorni. La macelleria fa parte del circuito Stroh Schweine (www.stroh-machtfroh.de). Potremmo tradurre il motto con Suino della paglia. Racconta HERBERT HOTTNER: «Ne fanno parte allevatori e macellerie che hanno firmato un patto per la salubrità degli animali e, di conseguenza, delle carni proposte. I suini vivono sulla paglia e ciò ne risveglia il comportamento originario: vivono in maniera naturale e sono alimentati con foraggi solo vegetali provenienti dalla stessa azienda agricola,
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essendo vietato l’uso di mangimi geneticamente modificati». Anche l’allevatore non è un mistero: MAX KRAUS di Grün, pochi minuti in automobile. Ancora più a nord, a Weiden, cittadina nota per la tradizione della porcellana e la facciata del vecchio municipio contrassegnata da 24 campanelle, la macelleria dei fratelli WEISHÄUPL e ANDREA LUBER fu aperta nel 1887. «Weiden è una delle capitali della Bratwurst, la salsiccia di suino che viene cucinata alla griglia, consumandola con insalata di patate bollite e rafano o senape. La sua particolarità è l’aggiunta di maggiorana all’impasto, che è di carne tritata piuttosto finemente. È possibile anche stagionarla e affettarla, accompagnandola con buona birra», racconta Andrea. In verità, col termine Bratwurst si intendono numerose varianti di salsiccia, da quella di Coburgo, condita con pepe, noce moscata e scorza di limone, a quella di Kulmbach, di carne soprattutto di vitello condita con noce moscata, cumino, aglio e maggiorana. Si tratta quasi sempre
di salsicce che si consumano grigliate. «Le nostre Bratwurst risentono ovviamente della tradizione di Norimberga, che vanta l’IGP. Talvolta le affumichiamo e consiglio sempre di averne qualcuna nel frigorifero o appese in cucina, per l’arrivo di amici o parenti». E noi che pensavamo che il würstel fosse il salsicciotto di carne macinata finissima da consumare nelle fiere di paese… Riccardo Lagorio
Metzgerei Wittmann GmbH Bahnhofstraße 21 92318 Neumarkt in der Oberpfalz Telefono: +49 09181 907426 Web: hotel-wittmann.de Metzgerei Hottner Marktplatz 7 92224 Amberg Telefono: +49 09621 13193 Web: metzgerei-hottner.de Metzgerei Hans Weishäupl Oberer Markt 27 92637 Weiden in der Oberpfalz Telefono: +49 0961 44788
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MEATY. store
Orgoglio Carnivoro, T-shirts etc.
FIERE
Appuntamento a Barcellona dal 23 al 26 aprile 2020
Aspettando Intercarn ad Alimentaria 2020
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poco meno di sette mesi dal suo svolgimento (23-26 aprile), Intercarn, il salone tematico dedicato alle carni e ai prodotti di salumeria, sta iniziando ad assumere un ruolo da protagonista all’interno di Alimentaria 2020, sia per numero di aziende espositrici che per i visitatori che metteranno in agenda la trasferta in fiera. Sono già stati assegnati oltre 12.000 m2 di spazio espositivo per i prodotti a base di carne, per un totale previsto di circa 17.000 m2 di superficie netta. Intercarn sarà una piattaforma di business con una forte vocazione all’internazionalizzazione e un’oc-
casione per esporre le carni migliori, i processi e i prodotti salumieri. «Il tutto anche in ottica di novità di mercato e analisi delle tendenze di settore», come ha dichiarato l’AD per l’Europa meridionale di Grupo Campofrío. «Nell’ambito di un evento fieristico multisettoriale come Alimentaria, Intercarn è l’unica fiera in Europa con l’intera gamma di prodotti esposti e, al contempo, la capacità di creare sinergie con gli altri spazi espositivi, primo fra tutti Restaurama, dedicata agli operatori della ristorazione», ci ha detto J. ANTONIO VALLS, direttore generale di Alimentaria.
Carne in crescita in fiera L’accoglienza commerciale più che positiva di Intercarn ha portato alla necessità di espandere lo spazio ad essa dedicato per accogliere un’offerta in crescita, con la partecipazione di oltre 600 aziende espositrici, che rappresentano un aumento del 20% rispetto alla precedente edizione. «La crescita sensibile del numero di espositori e dell’area espositiva riflettono il ruolo che il settore occupa all’interno dell’economia spagnola», ha detto il presidente di Intercarn, aggiungendo che «l’industria della carne deve mantenere il suo
A Intercarn, il salone tematico delle carni e dei salumi di Alimentaria 2020, in calendario a Barcellona il prossimo anno dal 23 al 26 aprile, sono attesi oltre 600 espositori che occuperanno i 17.000 m2 di spazio espositivo del Recinto de Gran Via (photo © Antonio Navarro Wijkmark – Alimentaria).
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CARRELLO RIBALTATORE
22-25 ottobre 2019 Pad. 2 – Stand E050
La catena del valore dell’industria della carne spagnola rappresenta il 2,2% del PIL totale del Paese. impegno per l’innovazione al fine di rispondere alle nuove esigenze di un consumatore che, allo stesso tempo, sta adottando anche nuove abitudini di consumo». La crescita internazionale e il consolidamento di Intercarn 2020 stanno comportando un incremento significativo della partecipazione di società estere. A tal proposito Germania e Romania hanno confermato la loro presenza insieme a Gruppi dell’America Latina e degli Stati Uniti. Inoltre, il programma di fidelizzazione e l’invito di buyer esteri favorirà incontri mirati di business organizzati direttamente dalla fiera. Ricordiamo, infatti, che lo strumento di matchmaking di Alimentaria è disponibile per tutti gli espositori, agevolandoli nella gestione di agenda e appuntamenti. Un palcoscenico per i produttori spagnoli Intercarn ospiterà i nomi più importanti dell’industria delle carni spagnola, con GRUPO NORTEÑOS, GRUPO JORGE, NOEL ALIMENTARIA, EL POZO, CAMPOFRÍO, GRUPO COSTA, EMBUTIDOS MONELLS, COSTA BRAVA FOODS, GRUP BALCELLS, GRUPO SADA, JOAQUIM ALBERTÍ/LA SELVA, CORPORACIÓN ALIMENTARIA GUISSONA, COMPANYIA GENERAL CÀRNIA, GRUPO VALL COMPANYS, SPLENDID FOODS, CÁRNICAS TELLO, JAMONES ALJOMAR e GRUPO COREN, oltre a un numero significativo
di altre aziende di carne che hanno già confermato la loro partecipazione all’evento. È stata confermata anche l’adesione della Federazione delle imprese per l’industria della carne spagnola (FECIC), dell’Associazione delle imprese della carne (ANAFRIC) e dell’Organizzazione agroalimentare interprofessionale spagnola di suini bianchi (INTERPORC). Potenza a livello internazionale L’industria della carne spagnola si sta consolidando come potenza internazionale: secondo i dati di ICEX, nel 2018 il comparto ha esportato un totale di 2,35 milioni di tonnellate di carne e prodotti trasformati per un valore di 5.976 milioni di euro nei mercati di tutto il mondo, con un saldo commerciale sempre più positivo. Il settore ha inoltre ripetuto la sua crescita in volume del 2,5%, nonostante le vendite stagnanti rispetto al 2017. La catena del valore dell’industria della carne comprende quasi 3.000 aziende e rappresenta il 2,2% del PIL totale del Paese. È la quarta industria in Spagna e la prima nel settore alimentare spagnolo, secondo gli ultimi dati pubblicati dal Ministero dell’agricoltura, della pesca e dell’alimentazione.
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L’appuntamento con IFFA è a Francoforte dal 14 al 19 maggio 2022
Essere sostenibili nell’industria delle carni
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el corso della passata edizione di IFFA (Messe Frankfurt, 4-9 maggio 2019), le aziende leader a livello internazionale del settore della carne hanno presentano le tecnologie di ultima generazione e informato sui principali trend e sviluppi del comparto. La gestione sostenibile delle risorse e l’impiego di processi energeticamente efficienti lungo l’intera catena del valore rappresentano le sfide chiave della nostra epoca. Gli esempi di best practice presentati al salone di Francoforte offrono agli operatori professionali preziosi suggerimenti e un valido supporto a livello decisionale. Evitare le perdite di freddo Una catena del freddo ininterrotta ed efficiente lungo l’intera value chain è una priorità assoluta
nell’industria di lavorazione e trasformazione della carne ai fini della sicurezza alimentare. Refrigerazione, congelamento e surgelazione sono le procedure più importanti per preservare dal deterioramento prodotti facilmente deperibili come carne e insaccati. Cabine di raffreddamento rapido, magazzini frigoriferi e congelatori, tunnel di raffreddamento, freezer a spirale, congelatori a piastre… le richieste in termini di moderni sistemi di refrigerazione aumentano sempre più. La produzione del freddo è, tuttavia, uno dei processi più dispendiosi sotto il profilo energetico. Secondo le stime ufficiali gli impianti di refrigerazione, con circa il 30% del fabbisogno energetico totale, rappresentano i maggiori consumatori di energia. Spesso gli impianti di refrigerazione non sono però ottimamente
conformati al reale fabbisogno, il che porta a livelli di efficienza più bassi e, conseguentemente, a costi energetici eccessivamente elevati. Revisionare gli impianti di refrigerazione esistenti nell’ambito di un retrofit (da vecchio trasformare in nuovo), adattandoli alla reale esigenza, è un metodo economico ed ecologicamente sensato per aumentare l’efficienza. Per esempio revisionando il compressore, ottimizzando il condensatore o migliorando il recupero di calore. Utilizzare il calore più volte Oltre alla generazione del freddo, nel settore della lavorazione della carne la fornitura di calore rappresenta un processo molto oneroso in termini di energia e di costi, ad esempio, per rosolare, lessare, sbollentare e pastorizzare. Il ca-
Refrigerazione, congelamento e surgelazione sono le procedure più importanti per preservare dal deterioramento prodotti facilmente deperibili come carne e insaccati (photo © Sandra Gätke – Messe Frankfurt).
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BOLOGNA
2020
16a edizione
15-16 GENNAIO
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lore perduto dall’aria esausta, dal vapore e dall’acqua può essere in gran parte recuperato tramite scambiatori di calore, temporaneamente immagazzinato in accumulatori di calore e successivamente utilizzato per riscaldare l’acqua di lavaggio o l’aria dell’ambiente interno. Altre fonti di calore di scarto sono i compressori e i motori di grandi dimensioni, così come le acque reflue dei processi di pulizia di macchinari e impianti. Depurare l’aria di scarico in modo efficiente ed economico La sostituzione di processi e tecnologie ad alto consumo energetico con processi, macchine e impianti più “parsimoniosi” è un presupposto fondamentale per raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici concordati a livello internazionale. Punto di partenza nell’industria della carne è, a questo riguardo, la depurazione dell’aria di scarico. I sistemi di post-combustione catalitica (KNV) o termica (TNV) dei flussi di aria di scarico degli impianti di affumicatura, arrostitura, frittura e tostatura sono oggi ancora molto diffusi; tuttavia, sono altamente energivori, costosi e inquinanti. La conversione ai precipitatori elettrostatici, energeticamente più efficienti, consente invece di risparmiare fino all’80% dei costi energetici rispetto a un comparabile ossidatore termico (TNV), riducendo contemporaneamente le emissioni di biossido di carbonio in maniera significativa. A seconda delle esigenze di depurazione dell’aria di scarico, si potranno aggiungere ancora altri moduli, come il raffreddamento dell’aria di scarico con recupero di calore per l’acqua calda per uso domestico, il lavaggio dei gas di scarico, lampade e sistemi UV, così come filtri biologici e a carboni attivi. Se perfettamente armonizzati tra loro, questi diversi moduli consentono di depurare l’aria di scarico in modo estremamente efficace, rispettando l’ambiente e tutelando le risorse, riducendo i consumi energetici e quindi anche i costi. I sistemi di pulizia del futuro Macchine e impianti progettati se-
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condo i principi dell’Hygienic Design (HD) rappresentano oggi lo stato dell’arte e il presupposto per la pulizia, l’igiene e la sicurezza alimentare in tutte le fasi del processo di lavorazione della carne. L’Hygienic Design riduce l’accumulo di residui di cibo, sporco e germi microbici, consentendo così di risparmiare tempo, acqua ed energia, nonché detergenti e disinfettanti durante la pulizia. Questo vale soprattutto in combinazione con procedimenti come il CIP (Cleaning in Place), che garantisce processi di pulizia definiti e ottimizzati in termini di tempo, senza tuttavia sfruttare appieno nei processi di pulizia il potenziale possibile. La causa di ciò risiede nelle procedure di pulizia stabilite. I robot intelligenti offrono qui un approccio completamente nuovo; lavorano controllati da telecamere e adattano singolarmente i processi di pulizia sulla base del livello di sporco esistente sul posto. I loro ugelli possono essere direzionati singolarmente e orientati in maniera mirata. Il robot mobile adatta anche la propria velocità di avanzamento alle circostanze specifiche. Inoltre, grazie al suo software intelligente, evita le ombre di spruzzatura anche su geometrie complesse, il che porta a risultati di pulizia significativamente migliori rispetto a quelli che si possono ottenere con i metodi convenzionali. Come valori indicativi approssimativi si parla qui di una portata inferiore di circa il 50%, di una maggiore efficienza delle risorse del 20%, ovvero di una riduzione del 20% del consumo di acqua. Energy management e gestione delle risorse naturali Gli aspetti soprammenzionati sono solo una parte di ciò che si potrebbe fare per aumentare l’efficienza energetica e migliorare l’uso delle risorse. La sensoristica smart, software di controllo e applicazione, così come il networking di macchine e impianti, il control monitoring e l’implementazione dei principi dell’Industria 4.0 offrono ulteriori possibilità per risparmiare tempo, forza lavoro e le limitate risorse naturali. (Fonte: IFFA, www.iffa.com)
SANA 2019, sempre più bio e naturale SANA, il Salone internazionale del biologico e del naturale (Fiera di Bologna, 6-9 settembre) organizzato da BolognaFiere in collaborazione con AssoBio e FederBio, con i patrocini del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo e con il supporto di ITA, Italian trade agency, e il contributo di Cosmetica Italia, rafforza il proprio ruolo di capitale del biologico e del naturale, a supporto dell’agricoltura e dell’agroalimentare del nostro Paese, in progressivo sviluppo e con un ruolo sempre più importante per l’ambiente e l’economia. Ne è testimonianza la presenza, nell’edizione 2019, di oltre mille aziende espositrici che hanno presentato altrettante novità di prodotto. In occasione di SANA, la neo ministra delle Politiche Agricole TERESA BELLANOVA ha indirizzato agli operatori del settore un messaggio non scontato. «Il nostro obiettivo è evidente: rimettere l’agricoltura e l’alimentare al centro dell’Agenda del Paese, sostenere sempre più e sempre meglio qualità, eccellenza, tracciabilità, sicurezza, posizionamento delle nostre imprese e dei nostri prodotti in Italia e nel mondo. E questo anche alla luce dei dati diffusi proprio in questa occasione, che certificano il nostro Paese come leader in Europa per imprese ed ettari di superfici biologiche certificate. La buona agricoltura e il buon mangiare sono irrinunciabili, il che significa da parte nostra assoluto sostegno alle imprese di qualità e contemporaneamente contrasto altrettanto assoluto e prioritario alle contraffazioni, alla pirateria alimentare, alle agromafie, al falso made in Italy, al lavoro irregolare in tutte le sue forme. L’incremento dei terreni destinati alle coltivazioni biologiche è un buon segno, ma non è ovviamente l’unico». I numeri del biologico italiano sono la testimonianza della dinamicità del settore: in Italia sono quasi 2 milioni gli ettari di superfici agricole a coltura bio (+3% rispetto al 2017; 15,5% della SAU nazionale), il Paese è primo esportatore dell’Unione Europea (2 miliardi di fatturato annuo) ed è ai vertici mondiali per il numero di aziende che trasformano prodotti biologici. Tra le aziende del comparto carne che hanno esposto a SANA ricordiamo la veronese Bioalleva di Vallese di Oppeano (www.bioalleva.it; in foto lo staff dell’azienda, photo © facebook.com/bioalleva), specializzata nella lavorazione e produzione di carni selezionate bovine, suine, avicole e salumi, tutto rigorosamente bio. Anche Bio Export, il Consorzio Export dell’Emilia-Romagna, ha promosso i propri servizi per le imprese associate, produttrici di prodotti di qualità certificati tra cui carni e salumi biologici. All’appuntamento fieristico ha partecipato anche il Consorzio Natura e Alimenta di Agliè (TO), costituito da un gruppo di produttori agricoli che condivide la scelta di fare solo ed esclusivamente agricoltura biologica e biodinamica. Non ultima, anche l’azienda agricola biologica Sant’Uberto di Monterenzio (BO), presente con le proprie carni di selvaggina di ungulati dei nostri Appennini: cinghiale, cervo, capriolo e daino. Tra le novità di quest’anno segnaliamo il Manifesto del Bio 2030 promosso dagli “Stati Generali del bio”. Frutto del confronto delle istituzioni e associazioni coinvolte, il Manifesto è articolato in 10 punti programmatici: 1. un’agricoltura attiva per affrontare la sfida climatica; 2. l’importanza dell’approccio agro-ecologico; 3. rafforzare gli elementi di distintività del biologico; 4. conversione della zootecnia al biologico; 5. il ruolo cruciale di regolamentazione e controlli; 6. il ruolo fondamentale di innovazione e rivoluzione digitale; 7. modelli di sviluppo territoriale; 8. informazione e importanza della tracciabilità; 9. adozione di un logo nazionale; 10. comunicazione e consapevolezza: potenziamento dell’educazione alimentare diffusa e il ruolo del consumatore proattivo. Non resta che attendere la prossima edizione di SANA, sempre a Bologna, in calendario da venerdì 11 a lunedì 14 settembre 2020. >> Link: www.sana.it
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ANTEPRIMA CIBUSTEC
CibusTec 2019: a Parma in mostra la tecnologia alimentare
M
anca davvero pochissimo all’edizione 2019 di CibusTec, la fiera della tecnologia alimentare, vetrina completa delle migliori soluzioni — dagli ingredienti alle tecnologie di trasformazione, dal confezionamento alla logistica — per tutti i settori dell’industria alimentare e delle bevande. Sono attesi 1.300 espositori e le tecnologie per tutte le filiere dell’agroalimentare (frutta e vegetali, latte e derivati, carne e prodotti ittici, piatti pronti) oltre all’ingresso di un nuovo comparto: i prodotti da forno e derivati dai cereali, snack e prodotti dolciari. Nell’anno dei grandi appuntamenti internazionali, cresce del 20% la sezione “carne”, forte di un distretto, quello di Parma, che vanta 500 aziende alimentari di settore, e best practice esportate in tutto il mondo. Infine, cambio di passo del comparto del packaging: dal confezionamento primario all’imballaggio, dal fine line alla logistica con una crescita dell’area del 40% rispetto alla precedente edizione. Tutti i settori, tutte le tecnologie Ad andare in scena a Fiere di Parma, insomma, non sarà più semplicemente una “manifestazione” dedicata al processing, ma una “piattaforma” tecnologica completa e unica sul mercato. Per aiutare l’export delle aziende italiane, CibusTec organizzerà il più grande Top Buyer Program di tutte le fiere FoodTec, che porterà a Parma più di 3.000 operatori internazionali prevenienti da 70 Paesi e due iniziative speciali relative ad India e Africa. Secondo PROMETEIA, oggi l’Italia vanta la leadership indiscussa nelle tecnologie alimentari con 7,3 miliardi di euro di fatturato e una produzione che rappresenta il 32% della produzione della UE28.
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Seguono sul podio la Germania con 5,9 miliardi di euro (25% del totale produzione UE28) e Francia con 1,8 miliardi (8%). Questo è un settore poco noto al grande pubblico, ma che testimonia il meglio della manifattura made in Italy: leadership di nicchia, produzioni ad alto valore aggiunto e forte propensione all’export. Sostenibilità e innovazione A CibusTec le innovazioni proposte strizzeranno l’occhio al futuro, assecondando la necessità di produzioni sempre più sostenibili, per offrire al consumatore prodotti nutrienti e soprattutto caratterizzati da elevati standard di sicurezza. È in tale ottica che sarà ospitato l’IBS – International Biofilm Summit, la più importante conferenza mondiale dedicata alle problematiche da biofilm nell’industria alimentare.
Nel mondo, ogni anno, più di un miliardo di tonnellate di cibo è sprecato proprio a causa delle contaminazioni. Va invece nella direzione dell’innovazione tecnologica CibusTec Industry, il progetto che riprodurrà in fiera 4 linee altamente automatizzate e funzionanti dedicate al settore caseario, delle carni, dei piatti pronti e dei prodotti da forno. Linee di produzione a ciclo completo, dalla materia prima al prodotto finito, fino a soluzioni avanzate di stoccaggio. CibusTec 2019 22-25 ottobre Quartiere fieristico di Parma www.cibustec.it Orari visitatori: 9.30-18.00 Orari espositori: 8.30-18.30 Acquisto biglietti on-line: biglietteria.fiereparma.it
A CibusTec si potranno incontrare più di 1.000 espositori che presenteranno soluzioni pionieristiche e sistemi di produzione all’avanguardia su 120.000 m2 di area espositiva a 40.000 professionisti del settore alimentare e delle bevande, provenienti da più di 100 Paesi.
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L’azienda leader sul mercato per quanto riguarda la pesatura e prezzatura di alimenti pre-confezionati
ESPERA Nova al CibusTec di Parma
Q
uest’anno la gamma di prodotti ESPERA NOVA è stata premiata con il Meat Technology Award per la categoria Digitalizzazione e Automazione. In particolare, la commissione ha apprezzato le eccellenti funzioni digitali — come la testina termica intelligente e il software macchina
intuitivo Think4Industry — volte ad aumentare e a migliorare l’efficienza e il controllo della qualità nella produzione. L’eccezionale applicatore modulare intercambiabile, disponibile sia per l’applicazione di etichette a contatto sia a soffio d’aria, dimostra anch’esso il livello di automazione
unico raggiunto dalla generazione di macchine Nova. Espera è l’unica azienda produttrice nel settore del fine-linea ad aver attualmente sviluppato simili tecnologie misurabili, digitali ed automatizzate, dimostrando ancora una volta quanto queste soluzioni siano orientate alle necessità del cliente.
Espera Nova sarà a Parma in occasione del CibusTec, la più famosa fiera italiana di tecnologia per l’industria alimentare e delle bevande. Espera è l’unica azienda produttrice nel settore del fine-linea ad aver attualmente sviluppato simili tecnologie misurabili, digitali ed automatizzate, dimostrando ancora una volta quanto queste soluzioni siano orientate alle necessità del cliente.
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“SUSSIDIARIO”, IL TUO SOFTWARE DI FABBRICA PER
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La stampante Multi-Roller ES 7800 completamente integrata alla linea In collaborazione con l’azienda di automazione CSB AUTOMATION, Espera presenta un’integrazione di linea orientata alla preparazione robotizzata degli ordini, alla pesatura, all’etichettatura e al controllo dei prodotti fino allo smistamento in scatole destinate alla vendita. «L’idea di base — raccontano i responsabili dell’azienda — è quella di mostrare come possa essere semplice trattare lotti di prodotti disposti in modo caotico. Nella prima fase, i pacchetti passano alla stampante Multi-Roller per essere pesati ed etichettati singolarmente: è eccezionale poter stampare fino a 5 differenti etichette con una sola stampante». Anche relativamente ai lotti più piccoli, fino al singolo pacchetto, la stampante può scegliere uno tra i 5 cassetti di etichette. Tutto ciò con informazioni completamente individuali, senza dover sprecare tempo nel cambio del rotolo di etichette. Dopo questa fase, i pacchetti sono suddivisi per tipologia in casse di smistamento. Assolutamente imbattibile: massima digitalizzazione! La gamma della generazione Nova continua a crescere ed ora vince con il massimo della modularità: ES-M sistema di etichettatura manuale. Think4Industry integrato Il nuovissimo software Nova Think4Industry è integrato come standard nel sistema di etichettatura manuale. Questo significa che funzioni d’avanguardia come la testina termica intelligente; l’anteprima di stampa e l’assistenza sono disponibili anche per il sistema manuale.
velocità di stampa fino a 300 mm / secondo. La più grande modularità di sempre: scopri di più intorno alla nuova generazione di etichettatrici ES-M • Stai cercando un display posizionabile separatamente, maggiore flessibilità, libertà di movimento durante la produzione? Nessun problema, la ES-M è disponibile anche con terminale removibile. • Stai cercando una stampante senza display da utilizzare come stampante di totale? Nessun problema, puoi decidere se dotare il sistema manuale di display oppure no. • Trasferimento termico o stampa termica diretta? Espera Nova ES-M è disponibile in entrambe le versioni. • Il software Think4Industry è concepito per un utilizzo intuitivo della macchina. • Struttura stabile e igienica in acciaio inossidabile del corpo macchina e di tutti i componenti interni. • Esclusiva barra di fotocellule per il riconoscimento automatico di una grande quantità di dimensioni e forme dell’etichetta. • Range di pesatura disponibili fino a: 7,5 kg / 12 kg / 30 kg / 60 kg. • Regolazione individuale dell’intensità di stampa, distribuzione dell’intensità stessa per una perfetta qualità di stampa dell’etichetta. • Intelligente: controllo totale della testina termica.
Progettazione igienica L’alloggiamento interno dei cavi e delle loro connessioni garantisce un ottimo livello di protezione dall’acqua e dalla corrosione.
Espera Nova: la trasformazione dei sistemi di etichettatura con Switch & Go Non sono solamente le caratteristiche digitali della nuova generazione di macchine Espera Nova ES-R ad emergere per la loro unicità. La nuova generazione di sistemi di etichettatura completamente automatici determina nuovi standard anche per quanto riguarda la modularità.
Stampa al massimo livello Per chi vuole stampare più rapidamente, la ES-M è anche disponibile nella versione alta-velocità, con una
Due varianti nel modo di applicazione per garantire la massima flessibilità al vostro processo di peso-prezzatura Non solo le stampanti di sopra e da
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sotto possono essere aggiunte individualmente: anche l’applicatore è intercambiabile. Al momento sono disponibili due differenti sistemi di applicazione: 1. in primo luogo, l’applicatore a pendolo per contatto, per i prodotti in vassoi classici, sottovuoto, confezioni lunghe, confezioni skin, o altre tipologie di confezioni rigide; 2. inoltre, è disponibile anche l’applicatore a soffio per posizionare l’etichetta sfruttando la pressione dell’aria. Questa versione è preferibile per i prodotti delicati, come ad esempio frutta in imballaggi flessibili. L’applicazione dell’etichetta attraverso la pressione dell’aria non danneggia il prodotto. Questa possibilità di applicazione tramite soffio d’aria è unica sul mercato. L’applicatore si muove in maniera completamente elettronica insieme alla confezione che scorre sui nastri trasportatori, e rilascia l’etichetta pochi millimetri sopra la confezione stessa. I sistemi tradizionali di applicazione a soffio rilasciano l’etichetta ad un’altezza superiore ai 120 mm dal pacchetto. Questo generalmente comporta la scarsa qualità dell’etichettatura dei prodotti o, nel peggiore dei casi, prodotti non etichettati, poiché la pressione dell’aria non risulta sufficiente per permettere all’etichetta di attaccarsi alla confezione. La soluzione di Espera, unica nel suo genere, cattura invece l’etichetta e la applica nella posizione esatta sfruttando il getto d’aria, ad una piccolissima distanza dal pacchetto. Questo significa che si possono raggiungere livelli di accuratezza nell’applicazione dell’etichetta tramite soffio d’aria fino a +/–1 mm.
>> Link: www.espera.com
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TREIF a CibusTec: 70 anni di esperienza al servizio dell’industria alimentare TREIF presenterà a CibusTec 2019 le ultime innovazioni tecnologiche e le soluzioni di taglio tradizionali best seller aziendali. La fiera sarà anche occasione per introdurre ufficialmente sul mercato italiano la nuova affettatrice compatta DIVIDER, start up che unisce la semplicità di utilizzo alla migliore tecnologia di taglio, con massima attenzione all’igiene. Ingombro minimo, telaio su ruote e impugnatura sul corpo macchina permettono di movimentarla facilmente in qualsiasi realtà produttiva. Saranno poi visibili le classiche soluzioni compatte per la cubettatura come FELIX e ARGON, adatte al taglio a sagoma di svariati prodotti (carni crude e cotte, salumi, prodotti elaborati, ittico e formaggi), già molto conosciute e apprezzate. Immancabile sarà l’ultima generazione di taglia porzioni automatiche FALCON evolution e la taglia fettine PUMA, molto conosciuta e di grande reputazione. La taglia porzioni automatica FALCON evolution è adatta alla preparazione di porzioni a peso impostato di carne anche con osso, con ottimizzazione delle rese. Elevata produttività con precisione continua, grazie alla pre-bilancia e alle telecamere superiori e inferiori che la contraddistingue rispetto a qualsiasi altra soluzione sul mercato, per la misurazione completa del prodotto prima del taglio in termini di peso, volume e profilo. È dotata di nuovi accessori operativi rispetto alle versioni precedenti, come il nuovo gruppo ferma-prodotto che conferisce elevata stabilità al prodotto durante il taglio, e il nuovo software di gestione, che permette il riconoscimento della centratura della sezione di taglio su prodotti di qualsiasi dimensione. Inoltre, FALCON evolution si utilizza facilmente per mezzo dell’ampio monitor a colori con menù intuitivi. PUMA, grazie ai suoi accessori, è adatta sia al taglio di carni con e senz’osso che di altri prodotti crudi o cotti, tagliando con precisione tranci o fettine a spessore impostato fino a 2 mm (in base al tipo di prodotto e alla sua temperatura). Il comodo pannello touch-screen permette di impostare i tagli e comporre porzioni con gruppi di fette o tagliare l’intero prodotto in sezioni di spessori diversi. Dedicata al settore caseario, è la potente e precisa cubettatrice Casan 200, per il taglio di formaggi in cubetti, sticks, julienne, granuli, francobolli, rapé. L’ampia camera di taglio può lavorare due euroblocchi contemporaneamente anche di formaggi misti. È ideale per la preparazione di semilavorati destinati alla farcitura di pizze e per la lavorazione di numerosi altri prodotti. Casan vanta un livello di sanificazione ineguagliabile; tutti gli accessori sono rimovibili per agevolare le operazioni di lavaggio. • Treif Italia Srl, via Sant’Agnese 43-45, 40132 Bologna – www.treif.com/it
TECNOLOGIE
Niederwieser Spa: la nuova linea di film e buste riciclabili per lâ&#x20AC;&#x2122;economia circolare Un innovativo metodo per il confezionamento sottovuoto e in atmosfera modificata che garantisce ottime prestazioni e unâ&#x20AC;&#x2122;effettiva riduzione degli sprechi
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P
er anni l’obiettivo dell’azienda NIEDERWIESER SPA è stato quello di creare un prodotto che supportasse l’economia circolare. Oggi tutto questo è reale.
In basso: busta liscia sottovuoto carne. L’imballaggio sottovuoto è ampiamente utilizzato per proteggere gli alimenti più facilmente deteriorabili come carne cruda e trasformata, pesce, verdure e alimenti secchi, durante la filiera produttori, rivenditori, ristoranti e consumatori finali, grazie alla sua semplicità, bassi costi di investimento iniziali ed efficacia del processo.
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Il progetto NextFlex Con il progetto NextFlex, Niederwieser lancia sul mercato la nuova linea di film termoformabili e buste per sottovuoto riciclabili. Un innovativo metodo per il confezionamento sottovuoto e in atmosfera modificata che garantisce ottime prestazioni e un’effettiva riduzione degli sprechi. La generazione NextFlex abbatte il concetto di rifiuto sostituendolo con quello di riciclo. Nulla viene sprecato, tutto è valorizzato e reintrodotto in un processo di economia circolare, massimizzando la vita del prodotto per ridurre la produzione dei rifiuti. Tra tutti i requisiti che gli imballaggi alimentari devono soddisfare, il più importante è la protezione del prodotto stesso. Affinché quest’ultimo si conservi e sia sicuro fino al momento del consumo, l’imballaggio primario deve essere progettato e sviluppato in maniera tale da prevenire, o almeno ritardare, il deterioramento chimico, microbiologico e fisico del contenuto. Difatti, la maggior parte dei prodotti alimentari si deteriora in qualità a causa di fenomeni di trasferimento di massa come l’assorbimento di umidità e di odori, l’invasione di ossigeno e la perdita di sapore. Fino ad oggi questo obiettivo poteva essere raggiunto unicamente con materiali convenzionali, difficilmente riciclabili per la loro incompatibilità con i requisiti delle strutture di selezione e riciclo. NextFlex è l’ingrediente alla base della rivoluzione green messa in atto da Niederwieser. La sua formulazione a base di Monopoliolefine contribuisce alla sostenibilità e soddisfa i requisiti delle normative in termini di imballaggio. La versatilità di questo nuovo materiale lo rende adatto sia a film per termoformatura che a buste per sottovuoto. I film NextFlex e le buste CombiNext made with NextFlex sono oggi una risposta riciclabile nel mondo del packaging.
Lo scenario europeo In un contesto europeo segnato dalla Direttiva 852, creata allo scopo di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e promuoverne il riutilizzo, il riciclaggio e altre forme di recupero dei rifiuti, diventano uno strumento necessario per la transizione verso un’economia circolare. I paesi dell’UE devono adoperarsi per ratificare quanto prescritto dalla direttiva, tenendo conto degli obiettivi imposti per ciascuna tipologia di materiale da imballaggio. I suddetti obiettivi prevedono che almeno il 65% in peso di tutti gli imballaggi debba essere riciclato entro il 31 dicembre 2025. Nello specifico, per quanto concerne gli imballaggi plastici, il riciclo dovrà essere pari al 50%, e raggiungere il 70% entro il 2030. Il confezionamento sottovuoto: ieri e oggi Attualmente per il confezionamento sottovuoto e in atmosfera modificata vengono utilizzate buste e film realizzati da una combinazione di materie plastiche di vario tipo. Questi hanno lo scopo di fornire all’imballo resistenza meccanica, barriera ai gas e all’umidità, termoformabilità e saldabilità, preservando così l’atmosfera protettiva all’interno del pack. Pur essendo efficaci queste strutture non sono riciclabili allo stato delle tecnologie attuali. Più leggero e più sottile Lo scopo del progetto NextFlex era quello di trovare un’alternativa adeguata agli attuali materiali utilizzati, mantenendo o, addirittura, migliorando le prestazioni di prodotto nel rispetto dei requisiti di riciclabilità imposti dalle normative europee. Nel caso specifico delle buste per sottovuoto è sufficiente una comparazione per dimostrare i benefici dati dall’utilizzo di questo nuovo materiale. Rispetto al materiale più comunemente utilizzato sul mercato per la produzione di buste sottovuoto, che ha uno spessore di 90µ ed è tipicamente composto da cinque strati, le buste CombiNext made with
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I film per il confezionamento NetFlex.
Tabella 1
Permeabilità al vapore acqueo
Buste sottovuoto convenzionali
CombiNext made with NextFlex
Calcolato
g/m² 24 h
<5
<1
Permeabilità all’ossigeno
ISO 15105-2 (50% R.H.23 °C) Din 53380-3
cc/m²24h atm
< 50
< 1,5
Permeabilità all’azoto
Calcolato
cc/m²24h atm
< 12,5
<1
Permeabilità alla anidride carbonica
Calcolato
cc/m²24h atm
< 250
< 7,5
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NextFlex presentano una riduzione dello spessore del film pari a 10µ (–11%), utilizzando una speciale struttura a 11 strati che consente di raggiungere uno spessore finale di 80µ. Al tempo stesso, la densità del film risulta inferiore rispetto a quella di un film standard per buste. L’effetto downgauging complessivo, ottenuto combinando questi due fattori comporta un risparmio
•
•
•
netto complessivo di materiale pari al 14%. Aumentano le proprietà di barriera, prevenendo inutili sprechi Posto che il film NextFlex sia in grado di generare un effettivo risparmio complessivo (riduzione alla fonte), questo risulta anche fornire migliori prestazioni in termini di conservazione degli alimenti de-
peribili, aumentando la shelf-life di prodotto, grazie ad una maggiore barriera ai gas e all’ossigeno. I numeri mostrano un miglioramento di NextFlex rispetto ai film convenzionali in termini di trasmissione del vapore acqueo, dovuto allo strato sigillante che, in entrambi i casi, è costituito da polietilene, già noto per le buone proprietà di barriera contro l’umidità, ma a differenza
Niederwieser Spa è un’azienda a conduzione familiare con più di 230 dipendenti. La Divisione Niederwieser Food Processing vanta oltre 50 anni di esperienza nel settore della vendita di macchinari per la lavorazione, la trasformazione e il confezionamento di carne e prodotti alimentari. Nel tempo, conoscenza del mercato e capacità di coglierne i bisogni, hanno orientato l’azienda anche verso il settore degli imballaggi e del converting. La divisione Niederwieser Food Processing, con sede a San Giacomo di Laives (Bolzano), distribuisce sul mercato nazionale le più innovative affettatrici industriali, scotennatrici e clippatrici dei migliori Marchi a livello mondiale, quali WEBER, TEXTOR e TIPPERTIE. La Divisione Niederwieser Food Packaging, con sede a Campogalliano (Modena), produce e distribuisce in tutto il mondo, in collaborazione con VF Verpackungen, una gamma completa di imballaggio flessibile, frutto di una innovativa tecnologia di estrusione. E propone un ampio assortimento di film flessibili, film flessibili stampati, film per cottura, film per sterilizzazione, buste per cottura, buste per sterilizzazione, buste stampate, buste goffrate, buste goffrate per cottura, buste per sottovuoto, sacchetti sottovuoto, buste sottovuoto per alimenti, buste per Sous-Vide e cottura sottovuoto a tutte le temperature. La Divisione Niederwieser Food Packaging offre inoltre, una personalizzazione grafica di altissima qualità per ogni tipo di imballaggio, mediante un procedimento di stampa flessografica fino a 8 colori. Completa le proposte Niederwieser Food Packaging la nuovissima finitura di stampa flessografica con vernice a effetto tattile, per dare al cliente finale un’esperienza coinvolgente in tutti i sensi.
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Lo scopo del progetto NextFlex era quello di trovare un’alternativa adeguata agli attuali materiali utilizzati, mantenendo o, addirittura, migliorando le prestazioni di prodotto nel rispetto dei requisiti di riciclabilità imposti dalle normative europee. Il modo in cui NextFlex si approccia all’economia circolare è attraverso un design studiato per favorire il riciclaggio, utilizzando unicamente materiali fra loro compatibili e che possano essere riciclati insieme. Ciò evita i disagi arrecati da sostanze incompatibili
del passato NextFlex non contiene poliammide. Il film NextFlex può quindi essere considerato una perfetta alternativa per il confezionamento di prodotti secchi che necessitano protezione dall’umidità (cereali, riso, noci). Ancor più importanti sono i numeri che mostrano una barriera di gran lunga superiore in termini di permeabilità all’ossigeno, parametro chiave dei film utilizzati per il confezionamento sottovuoto. Difatti, una barriera più alta impedisce la perdita del vuoto protettivo mantenendo l’ossigeno all’esterno. Questo garantisce un’atmosfera più duratura e povera di ossigeno. Ciò si traduce in una crescita di batteri o funghi aerobici più lenta e in una migliore conservazione delle proprietà organolettiche degli alimenti rispetto alle buste sottovuoto convenzionali, dove c’è il rischio che l’ossigeno penetri con più facilità intaccando l’atmosfera protettiva. Ne risulta quindi una durata di conservazione potenzialmente più lunga dei prodotti confezionati. Infine, un minore spreco di cibo causato dal deterioramento. Anche per quanto riguarda l’imballaggio in atmosfera modificata, i film NextFlex mostrano prestazioni di gran lunga migliori per la preservazione dell’atmosfera di gas protettivo rispetto alle buste per sottovuoto convenzionali. Riciclabile e adatto per l’economia circolare La nuova generazione di film e buste NextFlex applica una riduzione alla fonte del materiale e aumenta la du-
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rata di conservazione del prodotto imballato. Si approccia all’economia circolare attraverso un design studiato per favorire il riciclaggio, utilizzando unicamente materiali fra loro compatibili e che possano essere riciclati insieme. NextFlex si basa solamente su materie plastiche a base poliolefinica ottenendo così una struttura quanto più omogenea e perfettamente adatta ad essere co-trasformata nei flussi di valore degli impianti di riciclaggio plastico esistenti. La barriera O2 ottenuta fino ad oggi sfruttando le proprietà barriera di altre materie prime o lacche, non compatibili con Polietilene e Polipropilene, contamina la matrice poliolefinica, rendendo l’imballaggio recuperabile unicamente sotto forma di energia per incenerimento. Nei film e buste NextFlex questa si ottiene aggiungendo un sottile strato di alcol etilenvinilico co-processato, in valori inferiori al <5%; così facendo la sua presenza in basse percentuali non intacca in alcun modo i flussi di valore del Polietilene e del Polipropilene rendendo il materiale perfettamente riciclabile.
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Processi digitali per l’industria alimentare Col motto “Digitize and automate your business”, CSB-System presenterà ad Anuga e a CibusTec soluzioni innovative per la digitalizzazione e l’automazione delle aziende del settore alimentare
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igitalizzare e automatizzare con successo le aziende alimentari”: un argomento, oggi, più rilevante che mai. E sarà proprio questo, in pochissime parole, il filo conduttore della partecipazione del gruppo CSB-System alla fiera Anuga di Colonia, in Germania, e al CibusTec di Parma. Grazie all’impiego efficiente delle tecnologie, infatti, emergono per le aziende nuove possibilità di riduzione dei costi, accelerazione e automazione dei processi di produzione e apertura di nuovi canali digitali di vendita.
Anuga (Koelnmesse, 5-9 ottobre) A Colonia, allo stand B090-C093 del padiglione 7.1, CSB presenterà le sue soluzioni nelle aree: • Smart ERP; • Smart Food Factory; • Smart Sales & Webshop Solutions; • Smart Greenfield. Smart ERP Solutions Il software ERP è il cuore pulsante di un’azienda. CSB mette il suo ERP in tre varianti diverse: 1. il Basic ERP, soluzione pensata per realtà aziendali e/o laboratori di piccole dimensioni,
2. il Factory ERP per gli stabilimenti di produzione di gruppi o multinazionali 3. infine, la soluzione completa Industry ERP. Oltre alle funzionalità commerciali e gestionali, i sistemi consentono anche il monitoraggio in tempo reale delle macchine, pianificano i complessi processi di produzione e garantiscono una rintracciabilità rapida e completa degli alimenti. Smart Food Factory Le soluzioni software e di automazione del gruppo CSB hanno
Grazie al quadro di controllo CSB Linecontrol, possono essere meglio monitorate le macchine per la produzione e il confezionamento, aumentando di conseguenza l’efficienza complessiva degli impianti (OEE).
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funzionano le aziende alimentari digitalizzate, può iscriversi ai tour aziendali di alcuni rinomati clienti CSB dei settori lattiero-caseari, convenience food, carne, prodotti dolciari e succhi di frutta. Durante le visite guidate, i partecipanti potranno dare uno sguardo di persona a processi digitalizzati e automatizzati di aziende alimentari: partendo dalle materie prime, passando per la produzione fino ai nuovi canali di vendita digitali (maggiori informazioni su www.csb.com).
Allo stand CSB di Anuga i visitatori potranno informarsi anche su come orientare le fabbriche verso il futuro digitale, già nella fase di progettazione. Questo balzo in avanzi verso la fabbrica smart avrà maggiori probabilità di successo se tecnologie, processi, richieste della distribuzione e desideri dei consumatori saranno in perfetta sintonia (photo © Milenko Đilas – Veternik, Serbia). l’obiettivo di rendere la produzione e la logistica degli stabilimenti più intelligente ed efficiente. Oltre agli innovativi sistemi sorter per rendere più efficiente la pesoprezzatura e l’evasione ordini, c’è ora anche il quadro di controllo CSB Linecontrol, grazie al quale possono essere meglio monitorate le macchine per la produzione e il confezionamento, aumentando di conseguenza l’efficienza complessiva degli impianti (OEE). Smart Sales & Webshop Solutions Utilizzando un negozio on-line le aziende alimentari potranno sfruttare nuovi canali di vendita. Quale presupposto necessario, però, la tecnologia impiegata deve essere in grado di gestire le richieste elevate del commercio on-line dove spesso vale il motto “Oggi l’ordine, domani la consegna”. Ad Anuga CSB presenterà i nuovi webshop e i sistemi di ordini sviluppati per il settore B2B e B2C. Un’importante caratteristica delle soluzioni web CSB è la completa integrazione tra gestione merci e negozio on-line. In questo modo i dati degli articoli, degli indirizzi e
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degli ordini possono essere trasmessi senza interfaccia da un sistema ad un altro. Il vantaggio per le aziende è che sia l’introduzione che la gestione degli shop o del portale web per le filiali collegate avvengono senza problemi, con un risparmio di tempo e di costi. Smart Greenfield Allo stand CSB i visitatori potranno informarsi anche su come orientare le fabbriche verso il futuro digitale, già nella fase di progettazione. Questo balzo in avanzi verso la fabbrica smart avrà maggiori probabilità di successo se tecnologie, processi, richieste della distribuzione e desideri dei consumatori saranno in perfetta sintonia. CSB fornirà informazioni sui più importanti fattori di successo per progetti di nuove fabbriche o ristrutturazioni, al fine di realizzare strutture e processi migliori nel contesto di Industria 4.0 e della digitalizzazione. Visitare di persona le aziende smart del settore alimentare Chi vuole combinare la visita alla fiera di Colonia con la possibilità di vedere con i propri occhi come
Profilo internazionale anche per il CibusTec (Fiere di Parma, 22-25 ottobre) A Parma, subito dopo Anuga, si svolgerà il CibusTec, fiera dedicata alle tecnologie per il settore Alimenti & Bevande, che da anni ormai richiama visitatori da tutto il mondo. Palcoscenico ideale questo, per presentare e conoscere idee e prodotti innovativi, analizzare i trend di mercato e scambiare esperienze. In quest’occasione la CSB-SYSTEM SRL, filiale italiana del gruppo con sede a Verona, sarà presente allo stand M19 del padiglione 2. Ai visitatori interessati saranno mostrati gli ultimi sviluppi del software ERP, nelle sue tre varianti precedentemente menzionate; sarà anche un’occasione per ragionare sui vantaggi che derivano dall’implementazione in azienda di un gestionale totalmente integrato e modulare, qual è il CSB-System.
Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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Da ITP – Industria Termoplastica Pavese Spa
Monofilm flessibile a base PE, per una riciclabilità totale Dall’estrusione del film al suo utilizzo sull’impianto di confezionamento, come busta o top vaschetta, senza passare per la laminazione
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er rispondere alle richieste dell’Unione Europea confluite nell’European Strategy For Plastics In A Circular Economy, ITP ha messo in campo le sue migliori risorse in termini sia di capitale umano che di tecnologia. Già da anni la politica dell’azienda di Bosnasco (PV) è quella della riduzione degli spessori e della semplificazione delle strutture proposte ai propri clienti, affinché questi possano realizzare packaging sempre meno impattanti non solo sull’ambiente ma anche sul consumatore, al quale vengono oggi richiesti un impegno e uno sforzo importanti nello smaltimento dei propri rifiuti domestici. Differenziare significa rispettare l’ambiente.
Monomateriale per surgelati e per stand up pouches Il nuovo film messo a punto da ITP è un unico PE, quindi monofilm oltre che monomateriale, con caratteristiche differenti nelle sue superfici esterna e interna. Perché se gli sforzi maggiori delle aziende di packaging si concentrano sul problema dell’inquinamento dei mari per contribuire a ridurlo, non si possono tralasciare le funzioni principali dell’imballo, specie per i prodotti alimentari freschi: di conservazione dell’alimento il più a lungo possibile per evitare lo spreco di cibo — il quale è ormai risaputo causare, oltre al problema etico, eccessive ed inutili emissioni di CO2 nell’aria — e di protezione
della salute del consumatore. Tutto questo viene garantito nonostante l’eliminazione della fase di accoppiamento e, anzi, senza l’utilizzo di colle e adesivi, viene azzerato il rischio di formazione di ammine aromatiche, dannose per la salute e per l’ambiente. In un unico PE, ITP ha concentrato un’elevata resistenza termica con le caratteristiche tipiche dei film bi-orientati nella sua parte esterna, e una bassa sealing initiation temperature (SIT) nel lato interno, in modo che la saldatura del film sulle macchine confezionatrici avvenga a bassa temperatura. Monoflex può quindi essere utilizzato direttamente sull’impianto di confezionamento senza necessità di accoppiamento
Il nuovo film prodotto da ITP è un unico PE, che riunisce le caratteristiche tipiche dei film bi-orientati nella sua parte esterna e una bassa sealing initiation temperature (SIT) nel lato interno.
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Curva saldatura Monoflex
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a supporti biorientati (quali boPET, boPP, oPA,…), il che lo rende totalmente riciclabile. I nostri clienti hanno già effettuato prove industriali con successo, sperimentando come il film sia facilmente macchinabile su linee di confezionamento tradizionali, adattandosi perfettamente ai difetti di saldatura, e senza che i normali ritmi produttivi siano minimamente penalizzati. Destinazione d’uso ITP è in grado di realizzare monofilm a partire da spessori indicativamente di 50 µm (per buste e piccole confezioni) fino a spessori molto elevati, indicativamente 160-180 µm (per realizzare stand up pouches o bustoni di grandi dimensioni). In questi casi viene richiesta la barrie-
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ra con contenuto di EVOH <5%, comunemente ritenuto riciclabile. Infine, il film è utilizzabile anche come top di chiusura di vaschette. Quando la destinazione d’uso di questi monofilm sono i prodotti surgelati, non è richiesta alcuna funzione barriera. Qualunque tecnologia di stampa può conferire attrattività al monofilm in PE sugli scaffali dei supermercati. Si tratta di una stampa esterna che, a richiesta, viene protetta da una vernice resistente ai graffi e che dona alla stampa una particolare lucentezza.
Un passo avanti per la sostenibilità ambientale e il servizio al cliente: ITP ha chiuso il 2018 dotandosi, a fronte di un importante investimento, di un magazzino completamente automatizzato. Nei suoi 22 metri di altezza, pari a 12 piani, può contenere oltre 5.400 pallet, con una dimensione massima del carico trasportabile di 1.200x1.600 mm e un peso fino a 1.000 kg per pallet. Funzionante 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, è stato ideato per eliminare totalmente il rischio di incendi. All’interno dell’ambiente, infatti, la presenza prevista di ossigeno è pari al 15,2% prevenendo, impedendolo, lo sviluppo di una combustione. Dopo oltre 8 mesi di lavori, ad aprile 2019 il nuovo magazzino automatico ha cominciato ad essere alimentato. Completamente automatizzato e inserito in un sistema di dialogo continuo con Sap, consente lo stoccaggio, il recupero e il trasferimento di bobine in corretta sequenza. La movimentazione è affidata ad un trasloelevatore con 2 navette che operano in contemporanea all’interno dei canali. Il tempo medio per compiere una missione è di 55 secondi, mentre il tempo di attraversamento di un pallet dura circa 48 secondi (è possibile vedere il viaggio di una delle navette sul canale Youtube di ITP Spa). La razionalizzazione delle missioni e la nuova organizzazione dei trasporti hanno consentito di ridurre gli spostamenti inutili, ottimizzare sia i tempi di carico dei mezzi che le movimentazioni interne favorendo una razionalizzazione degli spazi e riducendo il numero dei carrelli elevatori in movimento nel reparto logistica. In questi spazi e con queste tempistiche ITP ha notevolmente ridotto i tempi di consegna al cliente, integrando anche un servizio di stoccaggio che prima sarebbe stato impensabile.
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LA PAGINA SCIENTIFICA
Il fake nel panino Prodotti vegetali in tutto simili alla carne realizzati per sostituirla. Vegetariani e vegani hanno trovato una valida alternativa per mettere in pace palato e coscienza. Ma il nuovo piatto non seduce solo loro. Siamo all’inizio di una nuova era alimentare di Sebastiano Corona
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anto tuonò che piovve. La campagna denigratoria nei confronti della carne non poteva che avere questi esiti e, dopo innumerevoli annunci di sperimentazioni, prove e test di laboratorio, eccola: la carne finta. Gli allevamenti, da tempo ingiustamente accusati di essere la principale ragione del surriscaldamento del pianeta, dei
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cambiamenti climatici e del maggior consumo d’acqua, sono stati messi alla gogna con poche possibilità di replica. Peggio ancora per la carne, rea, secondo alcune scuole di pensiero, di essere cancerogena e causa di altre gravi patologie. La carne finta è in commercio ormai da qualche tempo e si sta paradossalmente imponendo nei templi
sacri del consumo di carne, come i fast food o i ristoranti che servono bistecche e hamburger come piatti principali del menu. Due sono le proposte che più di altre si stanno diffondendo: quelle di IMPOSSIBLE FOODS e di BEYOND M EAT . È importante segnalarlo perché i due prodotti sono frutto di sperimentazioni differenti e per
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Il settore dei surrogati della carne, prodotti con proteine vegetali, è un business che oggi fa gola a tutti i grandi gruppi di trasformazione alimentare e che in America sta rapidamente conquistando un’ampia fetta di mercato (photo © freshidea – stock.adobe.com). questo non perfettamente identici, a riprova che anche in quest’ambito l’offerta, destinata ad ampliarsi in maniera importante, è già a suo modo varia, pur essendo agli albori. In relazione alla loro composizione, i due hamburger presi in considerazione sono simili, sebbene uno utilizzi la leghemoglobina di soia, mentre l’altro la proteina del pisello, impiegando l’estratto di barbabietola per ottenere il classico effetto sangue. Sul piano nutritivo poco cambia tra i due e rispetto alla carne vera: 300 calorie circa, una ventina di grammi di proteine, quasi 400 milligrammi di sodio, dai 20 ai 14 grammi di grassi. La differenza più
marcata rispetto alla carne vera risiede forse nei micronutrienti come ferro e zinco o la vitamina B12, che potrebbero essere decisamente inferiori nel prodotto vegetale. Le società che si stanno dedicando alla causa sono sempre di più, alcune sostenute da nomi illustri e noti, la maggior parte già quotate in borsa con risultati più che lusinghieri, non solo perché in anni di ricerca si è riusciti a diminuire drasticamente i costi di produzione sino a equiparare o quasi la carne vera, ma anche perché in tanti vedono qui il futuro del cibo e sono pronti a scommetterci, anche acquistando azioni di società impegnate nel campo, pur trattandosi di start-up.
Carne finta solo per vegetariani e vegani? Niente di più sbagliato! Complici anche una serie di fake sul mondo della carne e sui danni che sarebbe capace di causare, il carnivoro che vuole alleggerirsi la coscienza trova in questi prodotti grande conforto. Chi cede alle sirene del falso hamburger sono infatti proprio coloro che normalmente non si fanno mancare la bistecca nel piatto
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Il mercato sta rispondendo bene e anche la sperimentazione sembra non avere ostacoli. Il prossimo passo sarà infatti il pesce finto, un composto vegetale che non ha visto né acqua di mare né di vasca d’allevamento. C’è poi un’ulteriore strada che si sta prendendo, che è quella del prodotto misto, realizzato sia con carne vera che con proteine di piselli. Un piatto che mette in parte a posto la coscienza dei vegetariani e che in più promette meno grassi saturi e meno calorie rispetto agli hamburger di origine vegetale. Facendo un ulteriore passo verso il futuro, ecco comparire le cellule staminali coltivate in laboratorio, prelevate dalla pelle o dal muscolo dell’animale per poi finire nel nostro panino. Non manca nemmeno una proposta di biotecnologia e l’immancabile stampa 3D. Carnivori… vegetariani? Considerata la campagna di criminalizzazione degli allevamenti, si sarebbe portati a pensare che il target nella vendita di cane finta sia esclusivamente o principalmente quello dei vegetariani o dei vegani. Niente di più sbagliato! Complici una serie di fake sul mondo della carne e sui danni che sarebbe capace di causare, il carnivoro che vuole alleggerirsi la coscienza trova nella carne finta grande conforto. Non a caso, chi cede alle sirene del falso hamburger, è proprio colui che non si fa mancare la bistecca nel piatto. Il cibo da laboratorio, dunque non intercetta tanto il mercato dei prodotti privi di proteine animali, quanto quello classico della zootecnia a tutti i livelli. E anche se il 30% delle calorie consumate al mondo arriva ancora da manzo, polli e maiali, questo è un duro colpo per quelle economie. D’altronde, la carne finta aiuta a sentirsi meno in colpa e lo fa senza obbligare a grandissime rinunce. È vero che per il momento non è possibile avere una bistecca con l’osso, ma aspetto e sapore sono quelli di un classico hamburger o di un filetto e l’offerta si sta ampliando ogni giorno.
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Lo sforzo delle varie aziende produttrici di rendere sempre più simili alla carne i propri prodotti, ho sortito l’effetto sperato. Dalle fettine di ceci che sembrano petti di pollo, al succo di barbabietola per far “sanguinare”, tutto fa pensare ad una grigliata qualunque. Compreso il comportamento in padella, dove la reazione al calore è in tutto e per tutto, quella della carne vera. Ma ci sono anche gli affettati di alghe e lupino, molto somiglianti al prosciutto, o le polpette di carne cresciute in vitro. Insomma, un menu completo e a suo modo sfizioso. Commistione di imprese e linguaggio: che confusione! Che sia un mercato in espansione l’hanno capito in tanti, al punto che nel mondo della produzione, trasformazione e commercializzazione della carne in diversi cercano alleanze per garantire un’offerta ampia. Detto in soldoni: sono proprio coloro che storicamente hanno prodotto o venduto carne che oggi si stanno espandendo nel settore. La commistione non è però solo tra imprese. C’è anche una terminologia che si confonde. Ed ecco che si sente parlare di macellaio vegetariano, di bistecca di soia, di salsiccia vegana, solo per fare alcuni esempi. E, come recita lo slogan di una ormai nota società impegnata nel campo, “abbiamo selezionato un nuovo prodotto, che è impossibile distinguere dalla carne, con una sola enorme differenza: nessun animale viene utiliz-
Salsicce vegetali e verdure in padella. zato nella preparazione”. Ciò che ci si scorda di dire, è che si tratta di un alimento di sintesi, artificiale, ricco di ingredienti chimici sostitutivi. Si sta quindi delineando una situazione di confusione in cui il tentativo di promuovere il nuovo prodotto come fosse carne a tutti gli effetti è suscettibile di indurre in errore il consumatore. Il fenomeno è talmente diffuso da aver preso un nome tutto suo: il meat sounding, che indica un utilizzo ingannevole di denominazioni commerciali tipiche di prodotti di origine evidentemente non vegetale. D’altronde un uso improprio di termini che nel linguaggio comune
hanno un determinato e specifico significato, entra in contrasto con i principi dettati dal Regolamento CE 1169/2011. La domanda sorge spontanea: se è dalla carne che si vuole prendere distanze, perché rievocarla di continuo? Perché imitarla nella forma, nei colori, nella consistenza, nelle sembianze? Le questioni sono tante e ci sarà da discutere molto ancora. In fondo siamo solo all’inizio di una nuova era. Sebastiano Corona Nota A pagina 154, meat burger versus veg burger (photo © freshidea – stock. adobe.com).
Arkansas, Missouri e Mississippi contro i veg burger: una legge per vietare l’uso della parola “carne” Arkansas, Mississippi e Missouri vogliono proteggere gli interessi dei produttori di carne e formaggi dal nuovo “marketing veg”. La crociata è partita proprio dallo stato dell’Arkansas dove lo scorso luglio è entrata in vigore la legge Arkansas Act 501 che vieta l’etichettatura di prodotti vegetali con denominazioni che richiamano la carne o i prodotti caseari. Secondo i legislatori tali diciture sono fuorvianti per i consumatori e chiunque scriva sull’etichetta meat, milk o cheese sarà multato fino a 1.000 dollari per ogni prodotto confezionato non a norma. E anche gli Stati del Missouri e del Mississippi si preparano a varare una legge simile. Ma c’è chi si sta ribellando a questa normativa. L’ACLU-American Civil Liberties Union e l’azienda di prodotti veg Tofurky hanno presentato denuncia e raccolta di firme sostenendo che la legislazione è incostituzionale perché viola i diritti civili di libertà di parola. Gli esperti di politica alimentare ritengono che la legge, che impedirebbe ai produttori di piante di etichettare i loro prodotti come “carne”, costituisca una violazione del primo emendamento (fonte: EFA News – European Food Agency).
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Meno 30% in 6 anni, lo dice la Commissione europea
In calo l’uso di antibiotici negli allevamenti italiani
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iminuisce in Italia l’utilizzo degli antibiotici negli allevamenti zootecnici. Secondo l’ultimo report della Direzione Salute e Sicurezza alimentare della Commissione UE, si registra una riduzione sostanziale del 30% dell’utilizzo degli antibiotici negli allevamenti italiani dal 2010 al 2016 (Final Overview Report “Measures to Tackle Antimicrobial Resistance through the Prudent Use of Antimicrobials in Animals”). La Commissione segnala infatti che le vendite di antibiotici negli allevamenti italiani “restano elevate” rispetto alla maggior parte degli altri paesi europei, ma il
rapporto suggerisce anche diversi elementi positivi, come i progetti pilota che hanno portato ad una drastica riduzione nell’uso degli antimicrobici senza compromettere la produttività e la salute degli animali e il software per il monitoraggio volontario negli allevamenti sviluppato dell’Associazione nazionale dei medici veterinari. Positivo il giudizio di CARNI SOSTENIBILI. «La carne che arriva sulle nostre tavole è sicura», afferma GIUSEPPE PULINA, presidente dell’associazione. «La somministrazione di antibiotici con scopi auxinici, cioè per favorire la crescita, è vietata
in Europa dal 2006. L’approccio europeo è tra i più severi al mondo, poiché ne vieta ogni uso diverso da quello terapeutico. L’uso degli antibiotici deve avvenire sotto stretta sorveglianza e su prescrizione di un medico veterinario. Inoltre, dettagliatamente regolamentato nella scelta dei principi attivi, nei cicli di trattamento e nella loro registrazione, nel rispetto rigoroso dei tempi di sospensione al fine di evitare la presenza di residui nelle carni. Non solo, nel corso degli ultimi anni in Italia sono stati avviati programmi volti ad affrontare il
Nel giugno 2017 la Commissione europea ha adottato un piano d’azione sanitario unitario dell’UE contro la resistenza antimicrobica, chiedendo un’azione efficace contro questa minaccia e riconoscendo che deve essere affrontata in termini sia di salute umana, che di salute degli animali e ambiente.
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In Italia, la proporzione di infezioni resistenti agli antibiotici è cresciuta dal 17% del 2005 al 30% nel 2015 e potrà raggiungere il 32% nel 2030 se il consumo di antibiotici, la crescita demografica e la crescita economica dovessero continuare a seguire gli stessi trend. problema dell’antibioticoresistenza, ai quali si aggiungono nuove disposizioni normative volte al miglioramento dei sistemi di controllo dei farmaci utilizzati in allevamento. Prima fra tutte la ricetta elettronica, la cui applicazione è iniziata a partire da aprile 2019». CARNI SOSTENIBILI precisa che l’adesione a questi protocolli è garantita anche da piani di cam-
pionamento annuali delle carni, attuati per verificare l’assenza di residui potenzialmente pericolosi. Le indagini avvengono periodicamente e senza alcun preavviso. I risultati di questi controlli dimostrano che i campioni di carne irregolari sono inferiori allo 0,3%: nelle 325.383 analisi condotte su circa 33.000 campioni nel 2018 solo 81 sono risultati positivi (PNR-Piano Nazio-
nale Residui elaborato dal Ministero della Salute). «Se un animale si ammala bisogna curarlo, quindi l’uso degli antimicrobici, antibiotici in particolare, è un obbligo», fa presente il professor Pulina. «Tra le responsabilità degli allevatori rientra infatti anche quella della salute degli animali. Detto questo, non è possibile analizzare il settore dell’allevamento e della produzione di carne in modo parziale. Sempre di più, e con sempre maggior successo, allevatori e aziende produttrici attuano protocolli virtuosi che garantiscono eccellenti standard quali-quantitativi di produzione. Le strutture produttive zootecniche hanno nel tempo modificato i sistemi di allevamento per renderli adeguati alle richieste, introducendo nuove tecniche di gestione degli allevamenti, di selezione degli animali, di stabulazione, di alimentazione ed anche di profilassi e terapia delle malattie. Di particolare importanza sono poi gli interventi di prevenzione immunologica, basati sull’utilizzazione di vaccini, al fine di limitare l’impiego di farmaci antibiotici in allevamento». Fonte: EFA News European Food Agency
Antibioticoresistenza: ricetta elettronica e controlli a garanzia della sicurezza. ASSALZOO: “l’intera filiera è impegnata per ridurre l’utilizzo del medicinale veterinario” “L’antibioticoresistenza è un tema di grande serietà che riguarda tanto la salute degli esseri umani quanto quella degli animali. Da parte delle istituzioni e di tutti i protagonisti della filiera zootecnica c’è un grande impegno per elaborare i processi che al meglio possano ridurre i rischi derivanti dall’uso eccessivo di antibiotici, senza inutili allarmismi”. È questa la posizione di ASSALZOO (Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici) a seguito della pubblicazione di uno studio condotto dal Policlinico Gemelli da cui emergerebbe come il 50% del consumo degli antibiotici avvenga negli allevamenti. ASSALZOO ha ricordato “come nel sistema normativo italiano siano numerose le azioni operative tese proprio a limitare l’uso degli antibiotici in allevamento: l’introduzione nel gennaio del 2019 della ricetta elettronica che garantisce un controllo digitale delle prescrizioni; l’esistenza di un sistema sorvegliato a livello istituzionale in relazione alle prescrizioni; la riconosciuta competenza dei medici veterinari nella diagnosi e prescrizione; l’oggettiva riduzione negli ultimi anni a livello nazionale dell’uso degli antibiotici”. «L’intera filiera zootecnia si è data il compito di ridurre l’utilizzo del medicinale veterinario — sottolinea il presidente ASSALZOO MARCELLO VERONESI — e, in questa prospettiva, il settore mangimistico ha recentemente promosso una posizione sull’uso responsabile del medicinale veterinario. In un piano per la riduzione dell’utilizzo del medicinale veterinario è fondamentale porre la giusta attenzione all’alimentazione degli animali, una corretta strategia alimentare a partire dall’utilizzo di materie prime controllate e sicure e di additivi studiati per garantire lo stato di salute degli animali» (fonte: EFA News - European Food Agency).
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CURIOSITÀ
La carne si cuoce nella lavapiatti di Giovanni Ballarini
L
a Cottura a Bassa Temperatura (CBT) avviene tra i 55 °C e i 60 °C in condizioni di assenza d’aria o sottovuoto e ne possono beneficiare le carni, il pesce e le verdure. Il metodo prevede che gli alimenti siano inseriti dentro buste di plastica apposite o vasi di vetro con coperchio a tenuta stagna e siano cotti a temperatura costante e controllata. Alla temperatura di 55-60 °C avviene la coagulazione delle proteine senza che queste siano danneggiate, mantenendo il loro valore nutrizionale e gastronomico più elevato con la conservazione del sapore e delle proprietà organolettiche, oltre ad ottenere
una consistenza quasi vellutata dei cibi. Temperature di 55-60 °C per almeno due ore sono sufficienti per inattivare la gran parte dei batteri pericolosi. Per la CBT, i cuochi e l’industria alimentare usano attrezzature particolari nelle quali l’acqua e il tempo sono accuratamente controllati. Nelle normali cucine è necessario dotarsi di una pentola capiente, un termometro digitale a sonda per controllare la temperatura dell’acqua e un orologio per controllare il tempo di cottura. I cibi da cuocere vanno inseriti in buste di plastica per alimenti come da Direttiva EU 2002/72/ EC, dai quali va levata l’aria anche
senza ricorrere ad un’attrezzatura particolare (utilizzando cioè molto semplicemente le mani). I vasi a tenuta stagna devono esser riempiti completamente e i cibi ben stipati, eliminando bolle d’aria. È possibile utilizzare più volte i vasetti e i sacchetti per il sottovuoto, avendo la sola accortezza di lavarli bene e asciugarli all’aria. Per la cottura a bassa temperatura l’aggiunta di grassi non è necessaria; tuttavia, un poco d’olio può servire a non fare attaccare tra loro i vari pezzi di cibo. Cottura delle carni Tempi e temperature di cottura variano in base al tipo di alimento,
La cottura a bassa temperatura consente di mantenere inalterate le proprietà organolettiche e i sapori degli alimenti (photo © www.ristorantiweb.com).
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alla sua dimensione e consistenza. Per una bistecca di manzo di medio spessore è necessaria una cottura alla temperatura di 55 °C di circa 2,5-4 ore. Un taglio di carne più grande o fibroso necessiterà di temperature superiori (almeno 60 °C), con tempi che varieranno dalle 24 fino alle 72 ore, mentre per un trancio di pesce basteranno 15 minuti a 61 °C. Una volta che il cibo è cotto si può dorarlo o rosolarlo in padella con eventuale aggiunta di aromi, ottenendo una crosticina croccante all’esterno. Cottura nella lavapiatti Nelle proprie case la CBT si può sperimentare usando la comune lavastoviglie. Il cibo con i suoi condimenti, inserito nei sacchetti appositi o nei barattoli di vetro — come già detto, riempiendoli completamente e, quindi, eliminando in toto o quasi l’aria — vengono messi nell’elettrodomestico programmando il ciclo di lavaggio, alla temperatura desiderata, senza risciacquo. Il vapore che si sviluppa all’interno della lavastoviglie, mentre è in funzione, è simile a quello che si sprigiona nella cottura a vapore. Se si usano barattoli di vetro è possibile metterli assieme alle stoviglie da lavare. Al termine del ciclo di lavaggio (in generale due ore e mezzo, tre ore), si estraggono i vasetti e il gioco è fatto! La lavastoviglie, utilizzata a pieno carico, permette di risparmiare
Immagine tratta dal video su Youtube, “Cooking a Steak in a Dishwasher”. acqua rispetto al lavaggio a mano: secondo la rivista ALTROCONSUMO, infatti, si utilizzano 60 litri d’acqua circa se le stoviglie sono lavate a mano sotto l’acqua corrente; 20 circa lavando a mano con una bacinella o tappando il lavandino; 16 in media con lavapiatti di classe A e programma Eco. Se contemporaneamente al lavaggio si cuociono anche alimenti, oltre a risparmiare acqua si risparmierà energia elettrica. Le temperature di cottura che si scelgono in base al programma selezionato per il lavaggio dei piatti sono le seguenti: lavaggio Eco – cottura a bassa temperatura (50°-55°); lavaggio
normale – cottura a media temperatura (60°-65°); lavaggio intensivo – cottura a temperatura medio-alta (70°-75°). Gli alimenti che danno i migliori risultati alle basse temperature sono carni, pesci, molluschi, crostacei, uova, frutta e ortaggi. Meglio evitare, per esempio, di cuocervi riso o legumi che richiedono lunghe cotture e più alte temperature. Ovviamente, per usare la lavapiatti come mezzo di cottura è necessario avere un poco di esperienza e ci si può aiutare anche con i libri che iniziano a comparire sugli scaffali (si veda box). Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
Cucinare dove sembrava impossibile: forse non ci avete mai pensato, ma il calore che una lavastoviglie sviluppa durante un lavaggio può essere utilizzato anche per cuocere i cibi. Le temperature all’interno dell’elettrodomestico, costanti e non troppo elevate, permettono di ottenere una perfetta cottura a bassa temperatura, simile a quella praticata dagli chef professionisti: l’ideale per esaltare profumi e sapori del cibo. Cucinare nella lavastoviglie è ecologico, perché non si utilizza altra energia oltre a quella adoperata per il lavaggio; è sicuro, perché le analisi chimiche hanno dimostrato che gli alimenti non vengono contaminati dalle sostanze detergenti; è facile, perché si possono utilizzare contenitori presenti in ogni casa. Il libro di LISA CASALI, Cucinare in lavastoviglie. Gusto, sostenibilità e risparmio con un metodo rivoluzionario (2011, Editore Gribaudo, 120 pp., al momento fuori catalogo) fornisce tutte le indicazioni necessarie per imparare a cucinare nella lavastoviglie e cambiare quindi radicalmente le proprie consuetudini in cucina. Inoltre, si propongono tante ricette, suddivise in base alle temperature sviluppate nei vari tipi di lavaggi, per creare 15 menu di successo.
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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
Mezcal Head, Swervedriver
Huevos de toro e shoegaze di Giovanni Papalato
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uando nella Maremma toscana viene il giorno della castratura dei puledri, s’invitano gli amici ad un pranzo ove il piatto che fa i primi onori è un magnifico fritto di granelli”: così scrive l’ARTUSI ne La Scienza in Cucina e l’arte di mangiar bene (1891). Ora io scrivo dalla mia vacanza maremmana, ma ho chiamato al telefono il mio amico ROBERTO che ha una meravigliosa macelleria a Roma per farmi raccontare dei granelli, sì, ma di toro, perché un toro è il protagonista della copertina di Mezcal Head di SWERVEDRIVER. Simili nel gusto alle animelle ma dalla consistenza nettamente più concentrata, mi sono ripromesso di provarli al rientro a Modena, ordinandoli al mio macellaio di fiducia. Come certi tagli di carne, anche questo disco fu accolto con una certa diffidenza quando uscì. Non è chiaramente identificabile, non si smarca nettamente da un genere e non per mancanza di personalità ma perché ha cosi tanto da dire che non basta un solo mezzo espressivo codificato. Finisce così per rimanere un disco di culto e senza il successo commerciale, non solo in ambito economico, che invece ha reso altre band contemporanee di egual talento transgenerazionali. Perché certe chitarre nel 1993 erano più appetibili ad un orecchio statunitense (e più tardi anche del Vecchio Continente) in piena sbornia alternative/grunge ma non avevano nulla da invidiare a band come RIDE, SLOWDIVE, MY BLOODY VALENTINE cioè i tre simboli del cosiddetto movimento Shoegaze. Un genere musicale che letteralmente significa “fissare lo sguardo sulle scarpe”, rappresentativo di chi sul
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palco non aveva un atteggiamento atto a intrattenere o interagire con il pubblico ma, al contrario, si isolava in un’introspezione in cui il capo spesso era chino. Tra gli elementi che lo definiscono, oltre ad un significativo
utilizzo di distorsore e riverbero, riff monocordi (droni) e un muro di feedback che ricorda il Wall Of Sound di PHIL SPECTOR che caratterizzano le chitarre elettriche, c’è un estremo senso melodico delle parti vocali. Dopo un buon album di esordio
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COLOGNE, 05. â&#x20AC;&#x201C; 09.10.2019
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pubblicato due anni prima, nel 1991, la band di Oxford dovette gestire l’abbandono del batterista e del bassista, sostituendo il primo ma non il secondo. Questa situazione in ambito ritmico, oltre alla scelta alla produzione di ALAN MOULDER, che fino ad allora aveva lavorato con RIDE, JESUS & MARY CHAIN e SMASHING PUMPKINS, portò un suono più profondo e marcato, decisamente aperto. L’avvio è una dichiarazione di intenti, non si nasconde: un crescendo che parte lontano e poi il ritmo impellente di For Seeking Heat, un uptempo con svariate linee di chitarre sovrapposte e la voce chiara di Franklin a scandire il ritmo veloce. È già un manifesto, qualcosa di identificativo nella sua eterogeneità. Poi un riff distorto, sbilanciato a destra, come una spallata in corsa, ci disarciona e ci trascina in Duel, un brano che invece sa di stagione effimera, fatta di power cords irregolari e con la batteria che gioca a rimpiattino, rilassandosi fino a scomparire per poi ritornare decisa e nel finale nascondersi di nuovo, rallentando fino a mischiarsi tra il rumore del mare in Blowin’ Cool. Corde percosse quasi a scrollarsi di dosso qualcosa, ridestarsi e ripartire. C’è tanta melodia, le vocali trascinate ad assecondare un flusso in cui le chitarre sono chiare e quasi solari, piene di riverbero. Ecco, così
ci si trova in un territorio ampio in cui i riferimenti sono molteplici e nel quale non bisogna sentirsi disorientati ma farsi rapire dall’armonico contrasto di suggestioni. La sequenza composta da MM Abduction e Last Train To Satansville è uno dei momenti più belli del disco, con la prima a prendersi il tempo, dondolando sospesa e la seconda a rivelarsi come la più vicina ad in identità shoegaze codificata. Quando si arriva a girare il disco si corre veloci in Harry and Maggie ma con un’attitudine più riflessiva, come se ci fosse una sorta di malinconia che prima non era presente. Questo fattore eleva la seconda parte del disco a qualcosa di più. Come un completamento, qualcosa che quando si manifesta ti fa rendere conto della sua importanza in maniera netta e indiscutibile. Questo non svilisce quanto ascoltato e detto finora, perché completa un racconto e le due parti assumono forme significative e complementari. A Change Is Gonna Come continua nella scia di grazie tracciata, si muove capace e cosciente della sua indole. Girl On A Motorbike è uno degli episodi migliori, una sintesi importante di visioni e attitudini non solo musicali. Un racconto filmico in cui sembra proprio di stare su quella moto, con gli strappi, le soste e le ripartenze nella notte, tra le strade di Berlino.
Siamo quasi al termine del disco ed ecco che si arriva al climax con Duress. Un intro lunghissimo, quasi 3 minuti e mezzo, fatto di un ritmo lento di basso e percussioni, chitarre che dialogano senza mai aprire un discorso. Poi quando Franklin comincia a cantare gli si sovrappone una chitarra che segue la sua melodia, iniziando un crescendo che aggiunge un suono ad ogni ritornello. È il brano che rappresenta nel migliore dei modi la poetica di Swervedriver, in cui convivono molteplici e contrastanti identità stilistiche ma che trovano una personale e credibile espressione psichedelica invece di disperdersi in approssimazioni. Quando comincia la conclusiva You Find It Everywhere siamo come risvegliati ma anche pacificati. Ci si perde così in riverberi, melodie sixties filtrate da distorsioni nineties e ci si ritrova alla fine di un viaggio con una consapevolezza: Mezcal Head è un disco meraviglioso ed importante anche se appartiene alla più sottovaluta band shoegaze. Quello che a volte ci spaventa perché non riusciamo a dargli definizione può essere una sorpresa che non sapevamo quanto ci potesse piacere. Giovanni Papalato Nota A pagina 168, photo © Lucio Pellacani.
Una birra con le palle! Se a Virginia City, in Nevada, nel giorno di San Patrizio si festeggia da ben 28 anni il Rocky Mountain Oyster Fry Festival, appuntamento dedicato proprio alla cucina dei testicoli di toro (o di montone), chiamati localmente “ostriche delle Montagne Rocciose”, con queste “ostriche” a Denver hanno deciso di fare una birra. Ebbene sì. Qualche anno fa, il birrificio artigianale WYNKOOP BREWING COMPANY realizzò per scherzo (era il 1o di aprile) un video che annunciava la creazione di una nuova birra prodotta con“uno dei gioielli culinari del Colorado”. Il video, molto ironico e divertente, divenne virale e i consumatori iniziarono ad inviare massicce richieste per acquistare l’originale bevanda. La Rocky Mountain Oyster Stout è stata infine prodotta usando 25 libbre (11,3 kg) di testicoli di toro, tagliati a pezzetti e arrostiti prima di essere gettati nel mash tun insieme a del sale marino, ottenendo otto barili di birra (350 galloni circa). Ad oggi la birra ai testicoli di toro non è in produzione ma si possono acquistare le magliette dedicate.
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STORIA E CULTURA
Elogio della carne bovina Si dice che quando le popolazioni italiane povere del passato si lamentavano di non mangiare carne si riferissero a quella bovina e non alle altre carni, di maiale o di pollame, di cui avevano una certa, anche se limitata, disponibilità di Giovanni Ballarini
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olte migliaia di anni fa i nostri antenati, dopo aver inventato l’agricoltura con annesso allevamento del bestiame e aver costruito le prime città, idearono la scrittura, usando prima delle immagini o icone e poi dei simboli o lettere ancora in uso. Gli scribi, tutti maschi — e ne vedremo alcune conseguenze —, dovettero mettere ordine nelle
lettere e iniziarono con quelle di maggior valore. Prima immagine e lettera fu aleph o alfa, la testa del bue, di forma triangolare con due corna che, rovesciata, è ancora la nostra A maiuscola. Testa, capo o capite, da qui capitale, base di ogni ricchezza, di animali anche oggetto di culto. Seconda lettera per importanza la casa, beta, rappresentata inizialmente da una spirale o cerchio di
una tenda o capanna e poi da due quadrati congiunti ovvero l’abitazione e l’annesso recinto del bestiame: si tratta dell’attuale B maiuscola. Solo in terza posizione gli scribi, con un criterio maschilista, posero il simbolo del triangolo aperto che rappresenta il sesso femminile, la donna, γuvή, poi divenuto gamma, termine peraltro escluso nella denominazione dell’elenco, l’alfabeto.
L’ leph è la prima lettera dell’alfabeto fenicio e dell’alfabeto ebraico. Essa ha come corrispondente greco l’alfa, in arabo alif, dalla quale si è originata anche la A latina. In origine la sua forma assomigliava ad una testa di bue stilizzata: aleph significava infatti “bue”. In seguito ad una rotazione della lettera, connessa col variare del senso della scrittura, le due “corna” del bue sono diventate le due “gambe” della A in stampatello maiuscolo.
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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.
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Gli animali sacri più importanti I bovini furono gli animali più importanti, tra quelli di grande taglia, addomesticati nella fertile mezzaluna, prima del cavallo, importanti oggetto di culto, dal Toro Rosso dell’Anatolia al Bue Api dell’Egitto. Nella Bibbia del popolo d’Israele, il bue è uno dei quattro esseri viventi della Sacra Quadriga, il misterioso cocchio di Dio, secondo una visione del profeta EZECHIELE ripresa dall’Apocalisse. Sempre nella Bibbia si ricorda che il nuovo tempio di Gerusalemme è consacrato con l’olocausto di una giovenca dal mantello rosso. Le vacche sacre al dio Sole uccise dai compagni di Ulisse sono causa di tanti guai e il toro è al centro del culto di Mitra. La sacralità della carne dei bovini, animali che venivano “resi sacri”, “sacrificati” (da sacrum facere), essendo destinati a banchetti nei quali erano simbolicamente chiamati a partecipare gli dei attraverso il fumo di alcuni organi bruciati dell’animale, ne sancisce l’importanza all’interno dell’alimentazione umana. Solo gli animali giovani, immaturi e imperfetti, venivano usati come cibo non religioso o profano. Italia, terra dei vitelli L’importanza dei bovini per il popolo italiano è avvalorata dall’ipotesi che il nome Italia derivi proprio da loro, (v)italia. Questa denominazione sarebbe stata data dai Greci che, quando arrivarono dal mare, videro sagome taurine nelle penisole Bruzia e Japigia. Altri credono tuttavia che la parola Viteliù, di origine osca, significhi terra di bovini giovani, perché il toro era un simbolo molto diffuso presso le antiche genti della penisola. La carne di bovino è sempre stata ambita e si dice che, quando le antiche popolazioni italiane si lamentavano di non mangiare carne, si riferissero a quella e non alle altre carni, il maiale o il pollame, di cui avevano una certa anche se limitata disponibilità. Oggi poi l’Italia è sempre meno terra di vitelli, anche se il consumo annuale di bovino, dopo un certo calo, si è stabilizzato su 20 kg circa pro capite.
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Un miliardo di bovini Nel mondo vivono circa un miliardo e trecento milioni di bovini. L’India ne detiene il 28% e supera di cinque volte la popolazione umana italiana. Seguono Brasile, Cina, Unione Europea, Stati Uniti, Argentina, Colombia, Australia, Russia e Messico. Nel mondo ogni anno si producono e si consumano quasi sessanta milioni di tonnellate di carni bovine lorde (peso di mezzene di animali macellati, comprendendo ossa, grasso e altre parti scartate). La “polpa” effettivamente mangiata non è più di due terzi. Stati Uniti, Brasile e Unione Europea producono quasi la metà della carne bovina del mondo. Carne bovina italiana L’Italia non è tra i paesi maggiori allevatori di bovini, perché paese montuoso, scarso di pascoli adatti a questi animali ma ideali invece per i piccoli ruminanti, pecore e capre. In Italia i bovini sono poco più di sei milioni, di cui uno circa è costituito da mucche da latte e non produce carne sufficiente per gli oltre sessanta milioni di residenti. I nostri consumi di carne, dopo il forte aumento del secondo dopoguerra, ora si sono assestati su un consumo medio lordo o apparente pro capite di poco maggiore a 80 kg. Per le carni bovine, dai 10 kg scarsi a testa degli anni Trenta, ora il consumo si è assestato a poco più di 20 kg per persona. La produzione nazionale di carne bovina non è sufficiente, e dei 20,70 kg/anno pro capite (media 2011-2012) solo il 63% (13,10 kg) è di origine nazionale mentre il 37% (7,60 kg) è d’importazione. I bovini domestici sono classificati in razze secondo gli usi: da lavoro, da latte e da carne. Un tempo prevalevano quelli a duplice o triplice attitudine; oggi, nei paesi industrializzati come l’Italia, le macchine hanno sostituito i bovini da lavoro e sono rimaste solo le razze da latte e da carne. Celebri razze da carne italiane sono la Chianina, la Marchigiana, la Piemontese dalla doppia coscia, la Romagnola, la Maremmana e la Podolica. Purtroppo
queste razze non sono allevate in numero sufficiente; perciò, importiamo e alleviamo bovini di diverse razze straniere, soprattutto francesi e anche inglesi. Da circa un milione di mucche da latte a fine carriera si ottiene una certa quantità di carne, un tempo destinata alle lunghe cotture dei lessi e bolliti e degli stracotti, oggi in buona parte trasformata in hamburger e altre preparazioni similari. La produzione italiana di carne bovina, concentrata nella Pianura Padana, si basa in prevalenza sull’importazione di giovani bovini, maschi e femmine di razze specializzate da carne, di età variabile tra 6 e 14 mesi, provenienti principalmente dalla Francia e in misura molto minore da Irlanda, Austria e Polonia. Questi animali sono allevati e ingrassati in allevamenti intensivi, per un periodo in generale compreso tra 6 e 10 mesi, alimentati con diete concentrate più costose rispetto ai sistemi estensivi o semiestensivi di pascolo, come avviene in Sud America. Le diete hanno un livello nutritivo medio o elevato, si basano su insilato di mais, paglia e, in misura minore, fieno con aggiunta di mais come principale cereale energetico, farine residue dall’estrazione di oli vegetali (principalmente soia e girasole) e coprodotti del mais e di altri cereali amilacei (semola di mais e distillers) e altri alimenti vegetali di origine industriale (crusca e polpe di barbabietola). Molti di questi alimenti sono importati, mentre i foraggi e, soprattutto, gli insilati sono autoprodotti o di origine nazionale. Al contrario di quanto accade in altri paesi, è proibito l’utilizzo di promotori di crescita o di antibiotici ad uso auxinico. Sarebbe oggi necessario produrre più vitelli da ingrasso, avere una maggiore interazione di filiera, una maggiore unione tra i produttori, affermare una maggiore qualificazione della carne prodotta, diminuire l’elevata burocratizzazione e i costi per energia e lavoro, spesso superiori rispetto a quelli dei principali paesi europei. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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