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Cappone di Racconigi, magnifi ca DE.CO. piemontese Riccardo Lagorio
I bovini della razza Blonde d’Aquitaine si contraddistinguono per la loro docilità (photo © Paolo Ferrante, Altaluce).
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L’internazionalizzazione della Blonde d’Aquitaine
Nel 1966 PHILIPPE DE NADAILLAC succede a Raphaël Trémouille nel suo progetto di salvaguardia della Blonde d’Aquitaine. Egli è consigliere alla Corte dei Conti e, grazie alle sue ampie reti sociali, riesce nell’intento di internazionalizzare la razza. Grazie a lui, infatti, già negli anni ‘70 la si esporta in Inghilterra, in Canada, negli Stati Uniti, in Israele e in Brasile. Nel 1972, l’UPRA rimpiazza l’Herd Book e, per la prima volta, il suo presidente è un allevatore: JACQUES LAIGNEAU. Quest’ultimo è ricordato in particolare per avere creato, nel 1992, il sindacato agricolo a coordinazione rurale. Più recentemente, nel 2008, l’UPRA diventa Organismo di Selezione.
Nei 10-15 anni a seguire la Blonde d’Aquitaine continua ad essere esportata, sempre rispettando la volontà di preservare la distintiva qualità della carne.
Cos’è un Herd Book
L’Herd Book, o Studbook in inglese, è il Libro (o registro) genealogico. Si tratta di un registro di censimento degli animali appartenenti ad una certa specie, sottospecie o razza, e di cui i genitori sono noti. Esistono Libri genealogici per quasi tutte le razze domestiche, tra cui i bovini. Un animale iscritto sul registro genealogico possiede un suo codice di identifi cazione, che attesta l’appartenenza alla razza, comunemente chiamato pedigree. I bovini vengono generalmente registrati dagli allevatori in giovane età. Ciascun esemplare possiede un orecchino con l’indicazione del suo codice di identifi cazione, in modo che possa essere riconosciuto per tutto il corso della sua vita.
Blonde d’Aquitaine: l’allevamento
I bovini della razza Blonde d’Aquitaine si contraddistinguono per la loro docilità. Una simile peculiarità comporta un grande vantaggio tanto per l’allevatore, che può allevare la mandria a cielo aperto, quanto per l’ingrassatore, che ha la possibilità di creare lotti di bovini.
La Blonde d’Aquitaine si adatta facilmente a svariati tipi di clima. Per questa ragione la si può allevare dal Canada al Brasile, passando per gli Stati Uniti, oltre che, ovviamente, in Europa. Inoltre, la Blonde d’Aquitaine è particolarmente longeva: non è raro, infatti, trovare esemplari di 15 anni d’età.
La produttività delle vacche è il risultato di grande fertilità e di una certa facilità di allevamento, pur trattandosi di una razza da carne. Si tratta, di fatto, di peculiarità legate alla stessa morfologia delle vacche e dei vitelli.
I bovini di questa razza sono fertili e la stessa conformazione fi sica di vacche e vitelli è particolarmente adatta alla riproduzione e al parto. Infatti, da una parte il bacino delle
Asprocarne Piemonte è un’organizzazione italiana di produttori di bovini da carne, che opera sull’intero territorio della Regione Piemonte, costituita nel 1985 sulla base di un’apposita normativa comunitaria. Oggi Asprocarne conta circa 500 soci, che allevano oltre 130.000 bovini da carne di razze italiane ed estere e che rappresentano il 25% della produzione regionale. Asprocarne Piemonte rappresenta il volto dei produttori piemontesi di carne bovina sul mercato. E ha come obbiettivo quello di migliorare, qualifi care, promuovere, valorizzare e commercializzare le carni prodotte dagli allevatori associati. www.asprocarne.com
France Blonde d’Aquitaine Sélection è un’associazione francese incaricata dal Ministero dell’Agricoltura che ha il compito di curare la selezione genetica della Blonde d’Aquitaine per migliorarne le qualità originali, la sua morfologia e le performance dei capi. Si occupa inoltre di mantenere aggiornato il Libro Genealogico della razza, di certifi care i capi riproduttori selezionati e di assicurare gli interessi generali degli allevatori attraverso l’organizzazione di eventi specifi ci e implementando attività di promozione sul territorio. www.blonde-aquitaine.com
Il Consorzio Sigillo Italiano, riconosciuto con Decreto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali n. 828 del 28.02.2018, è un Consorzio di valorizzazione dei prodotti ottenuti grazie all’adozione dei Disciplinari approvati all’interno dei Sistemi di Qualità Nazionale in Zootecnia (SQNZ). Gli allevamenti piemontesi che partecipano al progetto aderiscono al Disciplinare del “Vitellone e Scottona ai cereali” e sono rappresentati all’interno del Consorzio dall’Asprocarne Piemonte. sigilloitaliano.it
femmine, grazie all’ampia apertura pelvica, favorisce la riproduzione. Dall’altra i vitelli nascono con una conformazione affusolata e piatta, con un’ossatura leggera, testa allungata e zampe fi ni, caratteristiche ereditate geneticamente dai tori da monta. Ciò facilita il parto, garantendo una mortalità post-parto piuttosto ridotta.
Più in generale, la Blonde d’Aquitaine presenta una corporatura ben equilibrata, con arti leggeri e pelle sottile. La sua muscolatura è marcata, formosa, rotonda e compatta, con uno sviluppo maggiore nelle zone del collo, della spalla, della coscia e della zona lombare. Ha, pertanto, una mole particolarmente imponente: le femmine arrivano a pesare dai 700 agli 800 kg e i maschi dai 1.200 ai 1.300 kg. Il loro mantello è di colore fromentino — ma non è raro trovare bovini con capi rossicci o bianchi — e presentano una testa piccola con fronte larga e corna corte e giallastre.
Il progetto di promozione per valorizzare la Blonde d’Aquitaine
Da gennaio 2020 fi no a marzo 2023 questa magnifi ca razza da carne è oggetto di un progetto di informazione e promozione denominato
“Blonde d’Aquitaine: European
Beef Excellence” e cofi nanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Reg. (UE) 1144/2014. Promotori dell’iniziativa sono ASPROCARNE PIEMONTE, organizzazione di produttori di bovini da carne operante sul territorio della regione Piemonte,
e FRANCE BLONDE D’AQUITAINE SÉLECTION, associazione francese incaricata della selezione genetica della razza al fi ne di migliorarne qualità originali, morfologia e performance. L’obiettivo è far conoscere al pubblico italiano e francese la Blonde d’Aquitaine e le eccezionali caratteristiche della sua carne, in particolare tenerezza e magrezza. In Italia, la promozione riguarda anche il marchio del Consorzio Sigillo Italiano, ente riconosciuto dal MIPAAF come garante del Sistema
di Qualità Nazionale in Zootecnia
(SQNZ) e del Disciplinare “Vitellone e Scottona ai cereali”, nel quale si inscrive la Blonde d’Aquitaine.
Il contenuto di questa campagna promozionale rappresenta soltanto le opinioni dell’autore ed è di sua esclusiva responsabilità. La Commissione europea e l’Agenzia esecutiva europea per la ricerca (REA) non accettano alcuna responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni che include.
• Info: www.blonde-aquitaine.com • E-mail: info@blonde-aquitaine.com • Blonde d’Aquitaine: European Beef
Excellence • blonde.aquitaine
Cappone di Racconigi,
magnifi ca DE.CO. piemontese
di Riccardo Lagorio
Teresio Spertino, allevatore di Cappone DE.CO. di Racconigi. Dopo almeno 200 giorni di vita l’animale atto a divenire Cappone di Racconigi DE.CO. deve presentare un piumaggio lucente, testa piccola, priva di cresta e bargigli. Le zampe sono di colore giallo intenso e si presentano sottili e vissute, la pelle risulta giallo paglierino e il petto poco sviluppato. M algrado intorno alla Denominazione Comunale (DE.CO.) scorra una generale ignoranza, esistono amministrazioni comunali che hanno saputo valorizzare e potenziare il loro tessuto economico proprio grazie a questo strumento. La DE.CO. nasce da un’idea di LUIGI VERONELLI già negli anni Sessanta del secolo scorso e vede la sua prima completa realizzazione nel 2002 da parte di chi scrive. In questi venti anni molti Comuni hanno giocato la carta della DE.CO. con il tentativo di vitalizzare il proprio territorio e tutelare l’immagine di un loro prodotto tradizionale. Molti altri, travisando il senso stesso della DE.CO. e affermando che si tratta di una mera attestazione di origine, hanno contribuito ad affossarne parzialmente la validità.
La Denominazione Comunale è un marchio collettivo di proprietà municipale. Emerge, tra i virtuosi, il Comune di Racconigi, nel Cuneese. Qui si è adottata la DE.CO. per il (Real) Cappone. Decisivo il coordinamento di COLDIRETTI, sotto la direzione di DANIELE CAFFARO, dell’uffi cio di zona per la creazione del Consorzio di Valorizzazione del Cappone di Racconigi dopo l’adozione della DE.CO. nel 2018. Ne fanno parte 11 aziende agricole e una ventina di hobbisti, che possono allevare al massimo 15 capi. Un apposito Disciplinare stabilisce le modalità di allevamento di animali di razza Bianca di Saluzzo ovvero Bionda piemontese.
Il pullo atto a divenire Cappone di Racconigi DE.CO. viene distribuito secondo tradizione durante il mese di marzo da parte dell’amministrazione comunale di Racconigi
Allevamento di Capponi di Racconigi DE.CO.
a singoli, associazioni e aziende agricole. I pulli vanno mantenuti ad una temperatura di circa 32° per 25 giorni. Durante questo periodo il recinto misura 2 m2 in ragione di 50 soggetti. Qualora il recinto sia una gabbia, essa è provvista di pavimento a maglie strette sul quale si stende del materiale isolante da cambiare ogni due giorni. Trascorso il periodo di 25 giorni, la temperatura può scendere gradualmente sino a quella riscontrabile in un ambiente esterno.
Sin dalla prima settimana di vita i pulli vanno alimentati con mangime non OGM. All’età di circa 30 giorni gli animali atti a divenire Cappone di Racconigi a DE.CO. possono essere liberati nel pollaio, evitando l’accesso all’esterno in caso di pioggia o maltempo, curando la pulizia ed evitando la compresenza di altri avicoli provenienti da incubatoi e allevamenti industriali.
L’allevamento viene condotto a terra, garantendo almeno 7 m2 a soggetto durante il pascolo e almeno 2 m2 per il ricovero notturno. Il pascolo è caratterizzato dalla presenza di cespugli, alberi o canneti, pozze d’acqua o fossi. Durante il ciclo di vita degli animali non è prevista nessuna profi lassi a base di antibiotici, ormoni, coloranti o altri fattori migliorativi della crescita.
Arriva poi il momento della castrazione. All’età di 50 giorni, quando il soggetto ha raggiunto almeno i 500 grammi di peso, gli animali atti a divenire Cappone di Racconigi DE.CO. possono essere castrati chirurgicamente, con l’avvertenza di eseguire tale operazione seguendo i criteri del benessere animale. Dopo almeno 200 giorni di vita l’animale atto a divenire Cappone di Racconigi DE.CO. deve presentare un piumaggio lucente, testa piccola, priva di cresta e bargigli. Le zampe sono di colore giallo intenso e si presentano sottili e vissute, la pelle risulta giallo paglierino e il petto poco sviluppato.
Per rendere riconoscibile il Cappone di Racconigi DE.CO., il marchio viene fi ssato, ai 90 giorni di età, per mezzo di anelli di poliuretano non rimuovibili alla zampa destra. Sull’anello, oltre al logo DE.CO., è impresso il codice del produttore.
L’inanellamento è autorizzato annualmente dal Comune di Racconigi a coloro che seguono per interezza il Disciplinare di produzione. La medesima rappresentazione grafi ca del logo può essere utilizzata anche sulla carta per avvolgere il volatile una volta macellato o comunque sulla confezione da imballo. Il peso fi nale può variare tra 2,5 e 4 kg.
Viene data possibilità esclusiva agli esemplari di Cappone di Racconigi DE.CO. di partecipare alla mostra annuale di Santa Lucia organizzata dal Comune di Racconigi.
La vendita avviene tra il 1o dicembre
e il 31 gennaio.
Il primo Cappone di Racconigi DE.CO. della stagione viene venduto all’incanto qualche giorno prima, durante una cena preparata da tutti i cuochi locali avente scopi benefi ci. «La decisione di crescere al massimo 1.200 capponi risiede nel desiderio di mantenere un modello di allevamento familiare. L’obiettivo di
questa sostenibilità è la tutela delle modalità tradizionali di allevamento e la giusta remunerazione del lavoro
agricolo» spiegano il sindaco VALERIO ODERDA e l’assessore ANNALISA ALLASIA che dal principio hanno seguito il progetto.
Riccardo Lagorio
La razza Piemontese in mostra al MIAC
Piemontese, una razza “moderna”
di Riccardo Lagorio
Dal 4 al 6 novembre scorsi la razza Piemontese si è messa mostra al MIAC, il Mercato Ingrosso Agroalimentare di Cuneo durante la tradizionale Mostra Nazionale. Un appuntamento che va avanti da 42 anni e che allevatori, tecnici, appassionati e buongustai aspettano e frequentano con interesse.
Certo assai originale la parabola della razza bovina Piemontese, che negli anni si è trasformata da bovino tuttofare ad animale specializzato nella produzione di carne di altissima qualità. Il lavoro selettivo dei genetisti ha saputo riorganizzare la razza adattandola alla differente richiesta dei consumatori, che richiedono carne magra, tenera, povera in grasso e colesterolo.
Ma la Piemontese ha le carte in regola anche dal punto di vista ecologico, ambientale e sociale. Si tratta infatti di una razza allevata in piccole aziende, dove la famiglia è ancora l’unità di base. I foraggi e i mangimi autoprodotti sono reimpiegati direttamente come alimenti per i propri animali. In queste aziende agricole si fa inoltre un uso limitato di antiparassitari e diserbanti, in quanto il prato non ne richiede e il letame è favorevolmente utilizzato come fertilizzante del terreno, migliorando l’apporto di sostanza organica.
Anche secondo le parole di ANDREA RABINO, presidente dell’ANABORAPI (l’associazione a cui aderiscono oltre 4.000 allevatori di Piemontese, www.anaborapi.it), «si sta lavorando con l’obiettivo di ottenere una razza
rispettosa dell’ambiente, longeva, fertile, resistente alle malattie e
La locandina della 42ª Mostra nazionale dei bovini di razza Piemontese. L’evento ha rappresentato l'occasione per presentare i risultati del progetto fi nanziato dalla Comunità europea I-BEEF – Italian Biodiversity Environment Effi ciency Fitness, che, utilizzando le più recenti tecnologie disponibili per il miglioramento genetico basate anche sullo studio del DNA, permette di scegliere i riproduttori tori, manze e vacche in modo più preciso ed effi ciente.
Capi di Piemontese in mostra.
dal temperamento docile». A tal riguardo va precisato che il progetto I-BEEF (Italian Biodiversity Environment Effi ciency Fitness), fi nanziato dalla Comunità europea, utilizza le più recenti tecnologie disponibili per il miglioramento genetico basate anche sullo studio del DNA e permette di scegliere i riproduttori in modo più preciso ed effi ciente.
«Si contano circa 150.000 fattrici, con una media di 32 vacche per azienda. Il dato da sottolineare è che la Piemontese risulta tutta iscritta al libro genealogico perché gli allevatori hanno creduto nella loro associazione e, accanto agli aspetti collegati alla selezione e al miglioramento genetico, hanno anche benefi ciato del fatto che l’iscrizione permette di mettere a valore la produzione fi no al bancone della macelleria grazie alla cosiddetta etichettatura volontaria» rimarca il presidente.
Il direttore di ANABORAPI, ANDREA QUAGLIANO, nel corso dell’iniziativa ha aggiunto che «La Mostra Nazionale è stata l’occasione per presentare i risultati di questo progetto ed i programmi futuri ai nostri allevatori, ma anche ad un pubblico più vasto e sempre più attento agli aspetti ecologici ed ambientali.
Gli oltre 250 bovini in concorso, oltre alla cinquantina di vacche e vitelli portate dai margari a pascolare sui prati intorno al MIAC, sono un esempio della vitalità degli allevatori. Un tempo la nostra razza era allevata quasi esclusivamente in Piemonte, Liguria e sud-ovest della Lombardia; ora è sempre più frequente la richiesta di animali da parte di allevatori di altre regioni, in particolare del Nord Italia. Si tratta solitamente di aziende in fase di conversione che trovano nella Piemontese delle opportunità di mercato».
Del resto da vent’anni a questa parte molte cose sono cambiate. «Un tempo l’unico sbocco era la macelleria tradizionale. Ora la GDO assorbe oltre il 50% del prodotto, la macelleria tradizionale il 30% ed il settore HO.RE.CA. la parte restante. Ma, soprattutto, in progressiva crescita è la vendita diretta» spiega Rabino. «Quest’ultima non sarà forse la soluzione per tutti, in quanto è necessaria una struttura della manodopera di tipo famigliare e pure la localizzazione dell’azienda gioca un ruolo importate. Tuttavia, la vendita diretta contribuirà sempre più a presentare al consumatore lo stretto rapporto che c’è tra Piemontese e territorio».
Riccardo Lagorio
Andrea Rabino è stato eletto presidente ANABORAPI durante la riunione del Consiglio direttivo svoltasi a Carmagnola il 28 luglio scorso. 38 anni, sposato, padre di due fi gli, da sempre impegnato nel sistema allevatori, conduce uno storico allevamento di 120 vacche Piemontesi a Villafranca d’Asti. Nella sua azienda pratica il ciclo chiuso, ovvero ingrassa in azienda i propri vitelli. Per l’inseminazione delle bovine utilizza i migliori tori messi a disposizione da ANABORAPI e certifi ca la produzione con il marchio Coalvi.
La fi liera di S. Uberto “Le Carni del Bosco”
Torniamo a parlare di selvaggina, capi non allevati ma presenti in natura allo stato brado, che nascono e crescono senza alcun intervento dell’uomo, nutrendosi dei frutti del bosco, ghiande, castagne, tuberi, foglie, erbe spontanee. Lo facciamo in occasione di un evento svoltosi nel Bolognese, a Pizzano di Monterenzio, dove ha sede l’azienda agricola biologica (che è anche agriturismo) Sant’Uberto – Le Carni del Bosco, realtà nata una quindicina di anni fa dall’idea di ROBERTO ALEOTTI, insieme alla moglie LUCIA e all’amico
e collega SALVATORE ARCIDIACONA, di lavorare le carni provenienti da fauna selvatica da pelo (cervi, daini, caprioli e cinghiali) italiana. «In realtà il nostro cammino per la valorizzazione di queste colline e del patrimonio naturale che rappresentano è iniziato nel 1963, quando il commendator VALTER ALEOTTI progettò di valorizzare l’unicità delle colline bolognesi, costituendo una riserva protetta compatibile con quel territorio» puntualizzano i titolari di Sant’Uberto. Ed è in quel momento che ha inizio la storia di un’azienda faunistico-venatoria che, nata a carattere amatoriale, ne ha conserva tutt’oggi, pur nella diversità legata allo sviluppo d’impresa, lo spirito e la genuinità, espressi nei sapori delle diverse produzioni, carni, salumi e preparati. «Abbiamo creato un centro di macellazione unico, il primo centro certifi cato riconosciuto in Italia, realizzato solo per la lavorazione delle carni degli ungulati selvatici provenienti esclusivamente dall’attività venatoria nei boschi del territorio.
Ogni taglio di carne viene lavorato in maniera esclusiva, con la cura e la tradizione dell’artigiano, per conservarne inalterata la qualità. Garantiamo inoltre tutta la fi liera produttiva, dai tempi di frollatura al confezionamento sottovuoto del prodotto fresco e al successivo processo di refrigerazione rapida in abbattitore a –30°C e stoccaggio a temperatura controllata in cella frigorifera a –20°C».
Ricordiamo anche che, rispettando le regole di base di un’attività venatoria cosciente, le sofferenze cui va incontro l’animale prima di essere abbattuto sono pressoché nulle poiché non si rende affatto conto di ciò che sta accadendo (se l’abbattimento viene eseguito correttamente, la morte avviene infatti istantaneamente).
Naturalmente bio
«La selvaggina sarebbe il prodotto biologico nel vero senso della parola, in quanto c’è completa assenza di interferenza dell’uomo nella sua crescita così come la presenza di ormoni e/o antibiotici. Purtroppo,
Lombata di daino con osso. Le carni di capi di selvaggina non allevata assicurano un apporto proteico di alto livello insieme con vitamine, minerali e Omega-3 sempre meno presenti nella nostra dieta quotidiana.
però, non troveremo mai una certifi cazione “bio” sulla confezione di selvaggina in quanto manca il controllo assoluto sulla disponibilità alimentare dell’animale» puntualizzano dall’azienda. «Le nostre carni vengono da animali che vivono allo stato brado e il loro continuo movimento, legato anche alla colorazione più scura (il muscolo è molto ossigenato), è una garanzia di carne sempre magra, compatta e assolutamente sana».
«Le carni degli animali selvatici sono naturalmente prive di residui farmacologici poiché essi, conducendo vita libera, non vengono sottoposti a trattamenti terapeutici per la cura di patologie e infezioni o a scopo preventivo per evitare diffusione di malattie o, ancora, come promotori della crescita e della produttività» ha precisato il dott. Roberto Barbani, AUSL Bologna. «Questa carne possiede, inoltre, un’elevata concentrazione di vitamina E, che contribuisce all’aumento della conservabilità (la cosiddetta shelf-life) grazie al suo potere antiossidante».
Proprietà organolettiche e benefi ci nutrizionali
Il valore nutrizionale della carne di selvaggina è ben noto nell’ambito della letteratura scientifi ca degli ultimi decenni. «La carne selvatica è una risorsa rinnovabile e sostenibile, naturalmente biologica e a impatto zero: si “alleva” praticamente da sola, non serve alcun input umano, possiede un incomparabile valore nutrizionale è qualità organolettiche uniche» ha detto la dott. ssa Assunta Susanna Bramante, Agronomo PhD, Diet and Nutrition Adviser, Meat Specialist, Science Communicator. «Queste carni possiedono un quarto del contenuto di grassi rispetto alle carni tradizionali e sono molto più ricche di proteine, in quantità superiore al 22%, oltre ad avere un contenuto di acidi grassi polinsaturi Omega-3 benefi ci cinque volte superiore rispetto alle carni allevate. Contengono i CLA, i coniugati dell’acido linoleico, dalle proprietà antitrombotiche, anticancerogene, antidiabetiche e perfi no antitumorali, sono ricche di ferro, ma anche zinco, selenio, calcio, magnesio e rame e tutte le vitamine del gruppo B.
Vantaggio ulteriore, il gusto: gli animali selvatici vivono liberi nel loro ambiente e si cibano delle essenze spontanee che trovano e che più preferiscono: essenze che trasferiscono i loro profumi nella carne, così come gli antiossidanti e i nutraceutici che fanno un gran bene alla salute».
E ancora, «sono carni ricche di collagene e tessuto connettivo, importante per la nostra pelle, ossa e cartilagini. Nella carne di selvaggina il collagene è presente anche in forma solubile e assorbibile, rendendola preziosa per la bellezza della pelle, preservandola dall’invecchiamento precoce. Il connettivo potrebbe rendere la carne di selvaggina un po’ dura e di diffi cile digestione: per questo motivo in alcuni casi può servire sottoporla a lunghe frollature per renderla più digeribile e tenera. Si può arrivare fi no a 72 giorni per la selvaggina da pelo di grossa taglia, 3-4 giorni per gli animali piccoli e giovani, mentre i piccoli uccelli in genere non ne hanno bisogno». In sintesi, le carni di animali selvatici non allevati rappresentano «un’opportunità di nutrire il mondo con una risorsa rinnovabile, sostenibile e benefi ca per la salute. Il nostro cibo selvaggio, adatto al nostro DNA».
Alternativa sana e sicura
«Il nostro obiettivo — dicono i titolari di Sant’Uberto — è mettere a disposizione della nostra clientela, dal consumatore fi nale alla ristorazione e alle attività commerciali, tutta l’esperienza che la nostra azienda riesce a esprimere in termini di altissima qualità di prodotto e di lavorazione. Le nostre carni provengono solo da territori boschivi italiani controllati e sono disponibili in tutti i periodi dell’anno. Surgelate con abbattitori di calore e confezionate sottovuoto, conservano inalterati i loro genuini sapori».
>> Link: www.lecarnidelbosco.it
Ogni generazione ha il suo hamburger
di Giorgia Fieni
Mai come in questo momento il concetto di hamburger è vago e complicato. Quando ero piccola io, negli anni ‘70, non era così diffi cile. C’era la svizzera: una specie di polpetta un po’ più grande che mia mamma cuoceva nell’olio (anche con un po’ d’acqua, per ammorbidirla) e che mangiavo con l’insalata o le patatine fritte. Negli anni ‘80 era ancora più facile capirlo: sono arrivati i fast food e lì il concetto era chiaro. Entravi in un locale colorato, prevalentemente di giallo e rosso, ma anche di verde, e ti arrivava il profumo della carne e quello delle patatine… e potevi inondare tutto con le salse e renderlo ancora più goloso. E i panini erano altissimi!
Il successo è stato immediato e con risultati al di là di ogni aspettativa. Specie le giovani generazioni ci si sono riconosciute e in quel momento la carne di manzo (che prende il nome dalla cittadina in cui fu presentata per la prima volta in questa forma) è diventata un simbolo: la rappresentazione dei paninari, che si aggiravano, specie nelle grandi città, con piumino e cuffi ette nelle orecchie ascoltando il pop e immaginando l’America.
A quel punto, le grandi catene di fast food hanno iniziato a cercare un altro tipo di pubblico: le fami-
Di “carne fi nta” o realizzato con le carni delle migliori razze in circolazione? Da simbolo di un’alimentazione veloce e ipercalorica, amato e diff uso a livello globale (il 28 maggio se ne celebra la giornata mondiale), dagli anni 2000 l’hamburger è stato riabilitato dagli chef, acquistando l’aggettivo “gourmet”. Le maggiori piattaforme di delivery continuano a consegnarlo nelle case degli Italiani insieme a pizza, poke e sushi, che lo amano indipendentemente dalla loro età. In alto: hamburger di Wagyu.
glie. Confezioni mini contenenti giocattoli e sorprese, collaborazioni con la Disney, aree gioco sempre disponibili…
L’hamburger non cambiava, ma il marketing che lo accompagnava sì e per questo è diventato un prodotto troppo “di massa”, fi no ad essere considerato il simbolo della malnutrizione.
L’attacco è diventato anche fi sico, con alcuni manifestanti che rompevano le vetrine in tutto il mondo, e un fi lm, “Super size me”, che ne denunciava il mix ipercalorico che rovina la salute. Anche perché in quegli anni ‘90 aveva assunto dimensioni spropositate: porzioni sempre più grandi e farciture sempre più “ingombranti”.
A riabilitare l’hamburger ci hanno pensato gli chef e gli esperti di settore. Dagli anni 2000 hanno confessato di esserne ghiotti e di cucinarselo da soli in versione haute cuisine. ALICE WATERS: «Per gli hamburger mi piace il macinato di spalla di manzo allevato al pascolo, sia per il sapore che per il rapporto tra grasso e carne magra. Serviteli su pane tostato (vi consiglio pane a lievitazione naturale o focaccia) con cipolle grigliate, qualche foglia di rucola o insalata e i vostri condimenti preferiti. Variante: tritate delle erbe e aggiungetele alla carne; il levistico ci sta molto bene».
Melanzane, zucchine oppure legumi come lenticchie e ceci, o ancora quinoa o miglio: le proposte di burger vegani oggi sono moltissime, anche nella Grande Distribuzione e non più solo nelle catene specializzate.
ANTHONY BOURDAIN: «Ritengo che il grande hamburger americano sia un esempio di bellezza e il suo fascino, semplice e nobile, sia incontaminato. La ricetta base — carne di manzo tritata, sale e pepe, in forma di medaglioni alla griglia o scottati sulla piastra, posti tra due metà di un panino, di solito, ma non per forza, accompagnati da lattuga, una fetta di pomodoro e del ketchup — non è, a mio avviso, migliorabile, né dall’uomo né da Dio. Un buon hamburger può essere reso più elaborato, perfi no più interessante con l’aggiunta di altri ingredienti — come un buon formaggio o la pancetta… salsa piccante forse — ma non potrà mai essere migliorato. Mi piacciono gli hamburger al Blue Cheese, come a chiunque altro, quando sono in vena di Blue Cheese. Ma se ho voglia di hamburger, preferisco i classici: carne e panino. Credo che sia il modo migliore di mangiarlo».
FIAMMETTA FADDA: «Si deve mangiare con le mani, anche nelle boutique di alto profi lo, e deve colare».
DANIEL BOULUD, infi ne, lo ha preparato con manzo del Wyoming (cotto con tecniche che prevedono il sottovuoto e l’azoto liquido) e tartufi neri (eventualmente anche uovo di quaglia e foglia d’oro).
Il problema è che, anche se usi ingredienti di ottima qualità, resta sempre una ricetta “nutrizionalmente pericolosa” e non solo per la salute umana, ma anche per l’ambiente, a causa delle emissioni di CO2, per cui negli ultimi decenni si sta cercando un nuovo hamburger. E qui torniamo al concetto di “vago e complicato” perché attualmente sul mercato ce ne sono di tre tipi: il tradizionale, quello di carne sintetica e quello vegetale.
Quello tradizionale può anche essere preparato in casa, con della tartare di fi letto avanzata, con carne di prima qualità da specie locali, con pane lievitato e cotto nel proprio forno. Anziché il manzo si possono usare le carni bianche o il pesce. Le salse sono a base di legumi o avocado, legate con yogurt. Ad accompagnare, formaggi tradizionali e verdure dell’orto.
Quello sintetico è ottenuto da cellule staminali ed è ancora in fase di sperimentazione. Cucinato dallo chef RICHARD MCGEOWN (e inizialmente proposto a un prezzo di 250.000 euro, in quanto esemplare unico), è stato così commentato dal nutrizionista HANNI RUTZLER: «Consistenza perfetta: gusto simile a quello della carne, ma non altrettanto succoso. Mi aspettavo una texture più morbida. Mancavano sale e pepe». Il food writer JOSH SCHONWALD invece ha detto: «Il sapore è come quello della carne. Sentivo la mancanza del grasso, ma in generale sì, sembra di masticare un hamburger».
Quello a base vegetale è preparato con tofu o legumi o soia. Qualsiasi pastella di verdure può essere formata a burger (a questo punto l’ham non è più incluso nella ricetta) e messa nel panino, farcito con i sapori che più amiamo.
A questo punto però sono curiosa: in un momento storico in cui abbiamo problemi di fornitura di gas e di risparmio dell’energia, in un mondo che sta cambiando alla velocità di una guerra e di un governo in continuo rinnovamento, come sarà il nuovo hamburger? Tu, come lo vuoi?
Giorgia Fieni
And the Winner is… Bun Burgers
Premiato ai Retail Awards tra i retailer più talentuosi dell’anno e Restaurant & Bars Design Awards per la categoria Fast casual
La recente VI edizione dei Retail Awards ha svelato e premiato i retailer più talentuosi dell’anno. Dall’esperienza di oltre 20 anni di Forum Retail, gli Awards si sono confermati ancora una volta come la cerimonia di premiazione dei progetti di mercato che rifl ettono la volontà delle aziende retail di affermarsi in termine di crescita, innovazione digitale e performance d’impresa, anche in questo periodo di cambiamenti a livello globale. A guidare il pubblico alla scoperta dei vincitori è stato GIACOMO DE LORENZO, head of Partner Success Italy di Klarna. Tra le 8 categorie in gara, si è distinto Bun Burger, fi nalista per la categoria Best Marketing & Social Campaign insieme al GRUPPO VÈGÈ e a CARREFOUR e nel Best Start Up & Next Generation con SHO.DEA, RE-Analytics Data Boutique. Per Best Marketing & Social Campaign, Bun Burgers si è aggiudicato il premio per aver saputo sfruttare una tecnologia che ha conquistato giovanissimi e non solo: un progetto divertente
e inclusivo capace di proiettare il cliente all’interno di un mondo in
cui virtuale e reale si uniscono, dove la capacità di adattarsi e rinnovarsi si è dimostrata vincente.
Restaurant & Bars Design Awards
Nel corso del 2022 Bun Burgers si è aggiudicato anche il Restaurant & Bars Design Awards, il prestigioso contest internazionale di che celebra gli spazi più creativi per il Food & Beverage. Il concorso è stato creato nel 2008 da MARCO REBORA ed è giunto alla 14a edizione. L’obiettivo? Premiare l’ambiente in cui cibi e bevande sono serviti considerando qualsiasi tipologia di spazio per la ristorazione, dai ristoranti stellati alla ristorazione di stazioni ferroviarie, aeroporti, navi, ecc… fi no allo street food. Sono stati in totale 39 i premi di categoria assegnati in Europa, Asia, Medio Oriente e Africa, Americhe e Australia e Pacifi co da una giuria composta da 40 tra le personalità più infl uenti nel design, hospitality e lifestyle. Le categorie analizzate hanno riguardato ogni aspetto dell’interior design che contribuisce a creare un locale funzionale all’esperienza di consumo del pasto. Qui ovviamente entrano in gioco tantissimi elementi: dall’utilizzo delle luci alla scelta dei colori e dettagli di arredo nella progettazione degli spazi. Il Bun Burgers di Milano è stato progettato dallo studio MASQUESPACIO, con sede a Valencia.
>> Link: bunburgers.com retailawards.it restaurantandbardesignawards.com
DoubleB – The Burger Bar
Super tasty. Always fresh: è questo lo slogan di DoubleB, azienda italiana specializzata in hamburger, operativa già su Caserta e Napoli (con recente apertura) e pronta ad espandersi nel resto d’Italia. DoubleB nasce dall’idea di un giovane casertano, NICOLA SMARRA, che in tre anni ha trasformato il progetto in una Factory e due punti vendita. Complice un viaggio fatto nella capitale olandese, dove Nicola scopre le potenzialità del “Burger Bar”, una catena di fast food che offre hamburger di manzo di alta qualità e, questa è la particolarità del servizio, personalizzabili: “Build your Burger” tradotto dall’inglese vuol dire appunto “Costruisci il tuo Burger”. Da qui l’idea di legare la tradizione culinaria italiana a questo genere di fast food — stile classico americano e hamburger cotti sulla griglia con la tecnica dello smashed burger — con la possibilità di comporre il panino sulla base delle proprie preferenze partendo dalla scelta della carne (solo Scottona, presente con diverse razze e in diverse grammature) ai condimenti e formaggi.
«Dietro a DoubleB c’è un’esperienza famigliare di oltre 50 anni nel settore della carne e questo ci consente di scegliere sempre i migliori tagli, nonché di selezionare i migliori prodotti presenti sul mercato, dalla mozzarella di bufala alla provola di Agerola passando per la cipolla di Tropea» spiega Nicola. «La preparazione avviene tutta nella nostra Factory, il che ci permette di mantenere uno standard qualitativo uniforme in tutti i punti vendita».
Oltre alla peculiarità del menù, risulta distintivo l’approccio alla tecnologia. In aggiunta alle piattaforme di delivery e all’utilizzo di applicativi in Cloud che permettono di intercettare velocemente i trend di consumo, con l’obiettivo di offrire un’esperienza unica alla propria clientela DoubleB ha investito in una app di proprietà. Un nuovo canale di contatto diretto, rapido ed effi ciente attraverso il quale è possibile creare i propri ordini tramite smartphone, esprimere le proprie preferenze/valutazioni e ricevere offerte e promozioni. «L’evoluzione del modello di servizio e del mix tecnologico risponde sempre e solo all’obiettivo di soddisfare i nostri clienti» continua Nicola Smarra. «La possibilità di comprendere le esigenze della clientela analizzando feedback e valutazioni ci permette di evolvere la nostra offerta in linea con i trend di consumo».
L’innovazione tecnologica e la tutela dell’ambiente sono due facce della stessa medaglia, quindi se da un lato c’è la app, dall’altro c’è l’attenzione all’ambiente con il prevalente utilizzo di prodotti biodegradabili.
>> Link: www.doubleburger.it
SIAL Paris torna leader a livello mondiale
Dopo il fermo causato dalla crisi pandemia l’appuntamento fi eristico di Parigi torna a riaffermarsi come evento leader sul palcoscenico internazionale dell’industria alimentare. Il focus? Abbracciare il cambiamento e innovare
L’ appuntamento del SIAL con gli operatori italiani ed esteri era fi ssato per cinque giornate, dal 15 al 19 ottobre, e così è stato, con un picco registrato al lunedì. I risultati dell’edizione 2022 del Salone Internazionale dell’Alimentazione di Parigi sono molto positivi: si tratta infatti del primo evento globale di questa portata che è riuscito a ritornare al suo livello pre-pandemico, da vari punti di vista. La manifestazione ha infatti riunito oltre 7.000 espositori provenienti da 127 Paesi (90% dei quali internazionali), con un’affluenza quasi equivalente all’edizione 2018, ovvero 265.000 professionisti e una percentuale di visitatori internazionali pari all’85%, il 50% dei quali rappresentato da importatori/ esportatori. A questi si sono aggiunti 8.000 top buyer con un portafoglio di acquisti complessivo di oltre 50
Il tema centrale dell’edizione 2022 di SIAL Paris è stato il cambiamento come impegno a innovare, produrre, distribuire, consumare in modo più virtuoso (photo © Xavier Muyard).
Una veduta dell’ingresso al Padiglione 6, da sempre dedicato alle proteine animali e, dalle ultime edizioni, anche vegetali, con l’esposizione delle carni alternative.
miliardi di euro. Il salone francese ha mantenuto tutte le sue promesse, a partire dal rimettere in contatto tra loro gli operatori del settore e rafforzare la strategia B2B nel business dell’agroalimentare globale.
Focus su innovazione
Per questa edizione per la prima volta la fi era ha aperto i battenti nella giornata del sabato (al fi ne di agevolare gli spostamenti dei buyer più lontani e, al tempo stesso, diminuire la pressione sulla rete metropolitana e sul sistema SIAL, NdR), proponendo un’ampia offerta di prodotti sul fronte dell’innovazione. «La nostra idea è stata quella di creare un laboratorio mondiale dell’innovazione alimentare in tutte le sue componenti: 10 miliardi di persone dovranno essere sfamate entro il 2030-2040. Non possiamo continuare a consumare e produrre come oggi. La transizione alimentare deve accelerare», ha dichiarato NICOLAS TRENTESAUX, direttore generale di SIAL Network.
Le carni protagoniste al Padiglione 6
SIAL Paris è un mix di esperienze tra fi liere alimentari mature e settori emergenti, gruppi consolidati, giovani aziende e start-up. Il Padiglione 6, da sempre dedicato alla carne e ai prodotti a base di carne, ha ospitato i grandi player internazionali tra cui Inalca e il Gruppo Cremonini, Danish Crown, JBS, VanDrie, Vion Food Group, oltre a decine e decine di aziende tra produttori, importatori e distributori di carni. Anche le carni alternative hanno trovato spazio, senza ampliare però l’offerta rispetto alla passata edizione, fatta eccezione per Redefi ne Meat, che con le stampanti industriali 3D ha generato parecchio interesse.
Internazionalità e Italia, primo Paese rappresentato
In cinque giorni di fi era si sono svolte 120 visite uffi ciali internazionali, a testimonianza che il cibo e la gastronomia sono leve sempre più importanti di comunicazione tra i
In alto: sempre presente con un ampio spazio espositivo il Gruppo VanDrie, leader mondiale nella produzione di carne di vitello. In basso: Vincenzo Sisto, Herman van Drie e René van der Rijst di VanDrie Group insieme ad Antonino Marfi si con la signora Marfi si e la fi glia Chiara.
1) Danish Crown, leader mondiale nella produzione sostenibile di carne, nello spazio condiviso con Ess-Food, società del Gruppo danese. 2) Il Gruppo Dawn Meats commercializza in oltre 50 Paesi, servendo i mercati con prodotti freschi, in osso e sottovuoto, e hamburger congelati. 3) Gruppo Alcar Uno, leader in Italia e Europa nella commercializzazione di carni suine. A SIAL è stato presentato il progetto Filiera Uno Azienda Agricola, che promuove un controllo completo della fi liera, dall’allevamento alla lavorazione fi no alla produzione di prosciutti stagionati.
1/2) Interbev, l’interprofessione francese del bestiame e delle carni bovine e Interporc, l’omologa per le carni suine. 3) Lo spazio dedicato ai produttori di carni irlandesi gestito da Bord Bia, l’ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari irlandesi. 4) Il Gruppo belga Sopraco è tra i principali fornitori di carne in Europa. Nello stand di SIAL Paris 2022, Andrea Carta, referente per il mercato italiano, con Maxim Oeyen, direttore commerciale, hanno accolto clienti e buyer mettendo in evidenza i plus della loro fi liera integrata.
E-R-A Foods Spa vanta una consolidata esperienza nel commercio internazionale di carni. In alto, da sinistra, Enzo Fatiga, Roberto Veschi e Arnaud David, referenti commerciali di E-R-A Foods nello spazio condiviso con Fribin e Vanlommel.
In alto: foto di gruppo per Fribin. Da sinistra, Luis Bagaria, direttore commerciale Fribin, Enzo Fatiga, responsabile E-R-A FOODS vendite Fribin per l’Italia, Victor Nalda, direttore generale Fribin, Eduardo Abadia, responsabile commerciale settore suino, David Lòpez, commerciale settore suino. In basso: nello spazio Vanlommel, da sinistra, Johan Heylen, direttore generale Vanlommel, Enzo Fatiga, responsabile vendite E-R-A FOODS per Italia, Mano Zaal, responsabile commerciale e Henk-Jan Voss, responsabile commerciale.
1) Lo spazio del gruppo tedesco Tönnies leader a livello internazionale nella lavorazione della carne suina e bovina. 2) Anche Vion Food Group, global food company, ha scelto SIAL Paris 2022 per la promozione dei propri prodotti e per il networking con buyer e operatori delle carni. 3) Lo spazio del Belgian Meat Offi ce è stato meta di incontro per la promozione e commercializzazione delle carni belghe.
1) Dettaglio sui pack di carni gallesi nello spazio di Welsh Meat. 2) Anche la danese JN Neat International ha rinnovato la propria presenza con la linea Sashi al SIAL Paris 2022. 3) Materiale informativo su Creekstone Farms, allevamento di Black Angus degli Stati Uniti, che segue il rigoroso programma “Grain Fed” riconosciuto dalla US FDA che vieta utilizzo e somministrazione di OGM, antibiotici ed anabolizzanti, presso lo spazio dedicato alle carni made in USA.
Gli spazi Dawn Meats – Dunbia e ABP al SIAL Paris 2022.
AHDB, le carni inglesi a SIAL Paris 2022
Gli operatori italiani, produttori, distributori, buyer e operatori commerciali, sono rimasti profondamente scossi dalla recente scomparsa del suo storico referente delle carni inglesi e gallesi, JEFF MARTIN, che per tanti anni ha lavorato per la promozione e diff usione di carni di manzo di agnello pregiate sul canale della GDO e in quello tradizionale. Ciò nonostante l’Italia è e resta un mercato importante e a questo proposito PHIL HADLEY (in foto), direttore dello Sviluppo Internazionale dei Mercati di AHDB, ci ha rassicurato sul fatto che l’ente di promozione sta lavorando per garantire continuità al lavoro svolto e sviluppato in questi anni dal suo referente Jeff Martin. Nel corso della tradizionale cena di gala organizzata da AHDB, Phil Hadley ha sottolineato la “resistenza” del comparto delle carni britanniche che — nonostante l’uscita dall’UE, la crisi pandemia e ora quella energetica — ha consolidato un export di 567 milioni di sterline di carne suina, 439 milioni di sterline di carne bovina e 445 milioni di sterline di carne ovina, quasi 1,5 miliardi di sterline di esportazioni per il settore delle carni rosse. «Con l’apertura di nuovi mercati, come i recenti successi per la carne suina in Messico e Cile e l’export di agnello britannico negli USA, si aprono nuove opportunità, oltre a un forte commercio verso i nostri attuali mercati vicini in Europa».
A SIAL Paris 2022 annunciata la partnership strategica tra Redefi ne Meat e Giraudi Meats, per accelerare l’adozione di New-MeatTM in tutta Europa
Il palcoscenico di SIAL Paris 2022 è stato l’occasione per l’annuncio della collaborazione strategica tra New-Meat™, Redefi ne Meat™ e Giraudi Meats, l’importatore di carne high-end e ristoratore internazionale, segnando una tappa importante nell’ambito dei piani di espansione della società a livello europeo. Aff ermata in oltre 30 Paesi con una rete leader di vendite, marketing e distribuzione nel settore dell’hospitality comprendente più di 300 distributori e grossisti di carne, Giraudi Meats promoverà la rapida espansione di New-Meat nei servizi di ristorazione europei, partendo innanzitutto dalla Francia, a cui andranno ad aggiungersi Italia, Grecia e Svezia nel corso del 2023 e a seguire molti altri Paesi.
Rinomata per la vendita di carne esclusiva di alta qualità al settore europeo dei servizi di ristorazione, Giraudi Meats distribuirà New-Meat alla sua clientela e a potenziali nuovi clienti interessati a vendere i prodotti Redefi ne Meat, e inserirà dei prodotti nei menù della sua catena di ristoranti Beefbar in tutta Europa.
RICCARDO GIRAUDI, CEO della Giraudi Group, ha commentato: «Lavoriamo a stretto contatto con il settore europeo dei servizi di ristorazione e stiamo assistendo a una domanda sempre crescente di più prodotti fl exitariani per soddisfare le esigenze degli amanti della carne. Siamo stati alla ricerca di un’alternativa La collaborazione strategica tra Redefi ne Meat e Giraudi Meats vedrà il alla carne di alta qualità da aggiungere debutto di New-Meat nei servizi di ristorazione in nuove regioni europee, a alle nostre carni high-end per far fronte partire dalla Francia, seguita da Italia, Grecia e Svezia. a questo mercato in crescita e, devo dire che, New-Meat è in una categoria a parte. Siamo convinti che, con questo livello di qualità, affi ancato alla versatilità dei prodotti a base di carne di manzo, agnello e maiale, New-Meat ci permetterà di generare nuovi signifi cativi fl ussi di entrate nel mercato della carne di fascia alta».
ESHCHAR BEN-SHITRIT, CEO e co-fondatore di Redefi ne Meat, ha aggiunto: «Le sinergie tra Redefi ne Meat e la Giraudi Meats poggiano sul nostro amore e la nostra passione per la carne, nonché sulla nostra visione comune di off rire al mondo solo carne di alta qualità, una visione che non conosce compromessi. Il fatto che un importatore di carne così prestigioso come la Giraudi Meats, che collabora con i migliori chef e macellai europei, scelga di integrare la gamma New-Meat nel suo portfolio di carni esclusive high-end al fi anco di manzo Angus e Kobe, spiega perfettamente perché New-Meat sta defi nendo una nuova categoria di prodotti di fascia alta nel settore della carne. La comprovata reputazione della Giraudi Meats nella creazione di nuove categorie nel mercato della carne europeo e la sua abilità di cambiare e innovarsi continuamente rendono questa partnership una collaborazione speciale, che accelererà notevolmente la diff usione di New-Meat in tutta Europa».
In alto: lo spazio di Inalca che ha accolto clienti e operatori delle carni al SIAL. Il Gruppo Cremonini attraverso Inalca è leader assoluto in Italia e si conferma uno tra i maggiori player europei nel settore delle carni bovine, con la leadership in Italia nella produzione di hamburger e carni in scatola. In basso: l’eccellenza italiana al SIAL.
1) La campagna europea di promozione del consumo di carni di manzo sviluppata in Spagna ed esposta al SIAL Paris 2022. 2) Gruppo Pini, tra i leader a livello europeo nella macellazione suina e uno dei principali player europei nella produzione di bresaole. 3) Presenti a Parigi anche i maialini da latte di Segovia IGP di Carnicas Tabladillo SL, distribuiti in Italia da Andrea Conticelli Meat & Food Trading. 4) Il Gruppo francese Bigard.
mercati. Per la prima volta l’Italia è
stato il Paese più rappresentato al
SIAL con oltre 800 espositori. Signifi cativa in questa edizione anche la partecipazione degli altri Paesi europei e la presenza importante di buyer turchi, americani, coreani e brasiliani. La Corea del Sud si propone come nuovo territorio di espressione del quality food, con 132 marchi presentati da chef coreani e uno chef francese di fama mondiale, Eric Trochon.
Abbracciare il cambiamento, un tema fortemente promosso da SIAL Innovation, SIAL Talk e SIAL Startup
Il SIAL non poteva non avere come tema centrale proprio il cambiamento come impegno a innovare, produrre, distribuire, consumare in modo più virtuoso. SIAL ha infatti promosso il tema #OwnTheChange, lanciato nel 2020 per dare a tutti le chiavi di lettura necessarie per creare il cibo di domani.
Tutti i numeri di SIAL Paris 2022
• 7.000 espositori • 127 Paesi rappresentati di cui il 90% internazionali • 400.000 i prodotti presentati • 265.000 operatori in visita provenienti da 200 Paesi • 120 delegazioni estere accolte in fi era
E si pensa già alla prossima edizione nel 2024
SIAL Paris è già al lavoro per organizzare al meglio la prossima edizione, in calendario dal 19 al 23 ottobre 2024 (edizione che segnerà i 60 anni del salone). Tra i progetti di successo che saranno replicati sono da segnalare SIAL Startup Invest, all’interno di SIAL Startup, con la presenza in loco di investitori, e il SIAL Future LAB, uno spazio interattivo e immersivo per esplorare il cibo del futuro in vista del 2030.
>> Link: www.sialparis.com instagram.com/sial.paris
Le analisi chimiche degli alimenti, edizione 2022: com’è andata
Una sintesi della giornata di studio: le novità, gli approfondimenti e le dimostrazioni pratiche
Il ritorno alla modalità in presenza ha arricchito la V edizio ne del convegno tecnico-scientifi co dedicato alle analisi rapide chimiche degli alimenti che si è tenuto venerdì 30 settembre nell’auditorium dell’Innovation Center Giulio Natta di Giussago (PV). Il convegno ha riportato un’ampia partecipazione e ha registrato la presenza di 85 professionisti in aula e di 74 on-line grazie alla diretta streaming dei lavori trasmessa sulla piattaforma live.in-formare.net. La formula ibrida ha consentito la partecipazione di corsisti provenienti da aziende ed enti di tutta Italia come Parmalat, Balocco, CNR-ISPA, CirFood, Istituto Zooprofi lattico del Mezzogiorno, Galbusera e Università degli Studi di Catania.
I temi affrontati nel corso della giornata di studio hanno riguardato le analisi chimiche degli alimenti con metodi rapidi e la riferibilità metro-
logica richiesta per questo tipo di
determinazioni. L’uso dei materiali di riferimento in microbiologia si basa su esigenze differenti rispetto alle determinazioni chimiche, per questa ragione tale aspetto non è stato incluso nell’edizione 2022. Gli interventi dei relatori hanno approfondito gli argomenti in agenda.
FRANCESCA LEGA, chimico dirigente dell’Istituto Zooprofi lattico
Sessione plenaria del convegno tecnico-scientifi co dedicato alle analisi rapide chimiche degli alimenti edizione 2022.
Sperimentale delle Venezie, col suo intervento di apertura, ha fornito una panoramica sulle diverse tipologie di kit rapidi esistenti sul mercato e sulle caratteristiche prestazionali degli stessi, tra cui accuratezza, sensibilità, specifi cità e l’adeguatezza allo scopo. Ha anche specifi cato che «i kit rapidi possono essere uno strumento importante per le aziende al fi ne di controllare la bontà di processi e prodotti, in particolar modo in situazioni caratterizzate da una certa standardizzazione delle attività».
GIANCARLO DI BLASI, direttore tecnico di un laboratorio accreditato ISO/IEC 17025, ha illustrato tutte le novità introdotte dal nuovo documento Accredia RT-08 rev05 e il documento ILAC P10:2020, tra cui il nuovo requisito che richiede ai laboratori di prova di riferirsi a produttori di materiali di riferimento accreditati secondo la norma ISO 17034. Inoltre, sono stati evidenziati gli ambiti di impiego dei materiali di riferimento (RM), tra cui lo studio di un metodo, stima dell’incertezza di misura e verifi ca della giustezza, e i criteri da utilizzare per la scelta dei RM più appropriati allo scopo, ovvero omogeneità, stabilità, incertezza e tracciabilità metrologica.
TEODORA UVA, avvocata dello studio legale Avvocati per l’impresa, durante la sua relazione, ha chiarito che: «Oltre a rappresentare un utile strumento in sede di autocontrollo, i metodi rapidi possono costituire un’opportunità per gli operatori del settore alimentare sia da un punto di vista commerciale che da un punto di vista di contenzioso». I metodi rapidi possono essere uno strumento anche per dare enfasi al cosiddetto fattore “prova di diligenza”, assolutamente da tenere in conto da un punto di vista di contenzioso con l’autorità competente. L’esecuzione di analisi, anche mediante metodi rapidi, costituisce un elemento utile in tal senso, come anche suffragato dai diversi casi discussi dall’avvocata durante il suo intervento.
Proprio sui metodi rapidi è stata incentrata la relazione del dottor GIOVANNI DEDENARO, Application Specialist di Eurofi ns Tecna, che ha presentato il kit, basato su tecnica ELISA, per la rilevazione degli allergeni negli alimenti, e ha illustrato le caratteristiche prestazionali del test e la sua fl essibilità di impiego in diverse matrici alimentari.
Altro intervento sui test rapidi è stato quello tenuto dall’inge-
gnera CLAIRE VICTORIA MARCHITTI, sales area manager R-Biopharm Italia, che ha fornito una panoramica sui diversi kit portatili disponibili sia per l’individuazione di allergeni e contaminazioni crociate, sia per la rilevazione di contaminanti tipo le micotossine. I test, basati su tecnologie consolidate ed affi dabili, permettono un monitoraggio tempestivo delle contaminazioni, anche direttamente in campo.
NICOLA BORTOLETTO, sales and marketing manager di Generon, ha illustrato i materiali di riferimento per l’analisi degli allergeni, di come questi sono stati ottenuti e delle diverse possibilità di impiego da parte dei laboratori, dalla verifi ca dei metodi fi no alla validazione di procedimenti analitici più complessi.
FABIO GIUSEPPE BATTISTA, M.Sc, Chemical Sciences, senior technical service scientist, Chemistry and Analytical Chemistry, Science and Lab Solutions, Merck Life Science Srl, ha infi ne fornito una panoramica sui materiali di riferimento commercializzati dall’azienda, che possono essere impiegati nelle determinazioni relative ad esempio a micotossine, allergeni, antibiotici e fi tofarmaci.
Nel pomeriggio i partecipanti hanno potuto assistere alla sessione dimostrativa, durante la quale Merck, Eurofi ns Tecna, R-Biopharm, Generon, Chr. Hansen e OrSell hanno presentato i kit per l’esecuzione dei test rapidi e i loro materiali di riferimento per le analisi chimiche degli alimenti.
L’appuntamento con la 6a edizione del convegno è previsto per settembre 2023, con nuovi approfondimenti teorici e le dimostrazioni pratiche: un format che, anche nella forma ibrida in presenza e on-line, conferma il grande apprezzamento dei partecipanti e il suo successo.