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Fame di proteine, ecco le risposte Angelo Gamberini

aziende agricole. Siciliani ha chiesto al ministro Cingolani un nuovo inquadramento autorizzativo che permetta non solo ad una azienda agricola ma anche ad un’industria agroalimentare di poter accedere al meccanismo incentivante.

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La presenza del sottosegretario Centinaio ha permesso al presidente Siciliani di rivolgere l’invito a prevedere una campagna di informazione sul comparto delle carni che possa accompagnare la ripresa e rilanciare il volano degli investimenti da parte degli imprenditori.

«Da ultimo — ha concluso Siciliani — voglio porre l’accento sulla futura riforma della PAC appena approvata che fra i tanti elementi di novità prevede che il 25% degli aiuti diretti sia destinato ai cosiddetti eco-schemi.

Sarà estremamente importante partecipare attivamente alla formulazione del Piano Strategico Nazionale affi nché queste misure siano effettivamente realizzabili e accompagnino gli allevatori verso gli obiettivi di sostenibilità più volte ricordati».

Luigi Scordamaglia presidente ASSOCARNI

«Il settore zootecnico — ha detto Scordamaglia — è uno dei settori maggiormente penalizzati da un approccio ideologico che non ha nulla a che fare con la realtà, con i numeri, con i dati di un comparto che opera nel nostro Paese con un modello fortemente distintivo e che oggi vogliamo rivendicare con orgoglio». Il presidente di ASSOCARNI poi ha sottolineato l’impatto economico della zootecnia italiana. «A chi pensa sia la cenerentola economica ricordiamo che il nostro settore vale complessivamente 30 miliardi di euro, con più di 180.000 addetti, un settore capace di generare indotto come nessun altro». Dati che risultano altrettanto signifi cativi a livello europeo dove l’agroalimentare è il primo comparto e di questo ben il 40% pari a 170 miliardi di euro è rappresentato proprio dalla zootecnia con la cifra record di 4 milioni di famiglie impiegate.

Al centro della tavola rotonda la necessità di un dibattito informato sul settore. «Un settore che come nessun altro è oggetto di fake news che non tengono nessun conto della realtà dei dati scientifi ci» ha sottolineato Scordamaglia che ha evidenziato come il consumo di carne rossa in Italia non solo sia in linea, ma addirittura al disotto delle raccomandazioni dell’OMS. «Per quella bovina meno di 25 grammi al giorno».

Su impatto ambientale e allevamento il presidente di ASSOCARNI ha ricordato che «Il nostro modello, secondo la FAO, per un chilogrammo di carne prodotta emette 1/5 di CO2 rispetto a quello di Asia o America». E sulla fake meat: «Chiunque è libero di mangiare delle cellule indifferenziate prodotte in un brodo di crescita e antibiotici. Per produrre la carne bovina consumata in Italia ci vorrebbero 470 piscine olimpioniche di questo brodo di crescita, tra l’altro ottenuto da cellule bovine non certo vegetali — ha detto Scordamaglia — ma chiamarla con termini che richiamano la carne (hamburger, steak…) è una vera e propria frode».

«La fi liera zootecnica e della trasformazione delle carni è centrale nell’assetto economico e occupazionale di questo Paese; è distintiva per qualità e pregio dei propri prodotti; è dipendente dall’estero ma ha tecnologie e asset che possono aiutarci non a consumare di più ma a importare di meno; non ultimo, è orgogliosa di ciò che è pronta a fare» (Luigi Scordamaglia)

E proprio sugli antibiotici Scordamaglia ha ricordato come il settore stia facendo enormi passi avanti «solo trattamenti terapeutici con rigidi tempi sospensione e –42% negli ultimi anni». E ancora sulla PAC, «non possiamo smantellare produzione — ha detto il presidente di ASSOCARNI — non dobbiamo frammentare chi è già piccolo, non possiamo pensare di ridurre il sostegno a chi produce, non possiamo pensare che i costi maggiori del benessere animale li possa sostenere solo il consumatore che nel concreto rischierebbe trovare sul mercato prodotti da Paesi Terzi realizzati senza gli stessi standard.

La vera offensiva in atto al food system dell’ONU — ha aggiunto — è di chi vuole slegare la produzione alimentare dalla terra, togliendo lavoro a 4 milioni di famiglie, non si può fare la transizione verde contro la produzione naturale».

E ha concluso Scordamaglia «Siamo orgogliosi di dove siamo ma consapevoli e decisi a fare sempre di più soprattutto su aspetti fondamentali come il benessere animale e l’impatto ambientale. Abbiamo progetti cantierabili per il PNRR ed è per questo che vogliamo usare le risorse».

Bruno Ronchi, panoramica scientifi ca ed approfondita del mondo zootecnico nazionale

La relazione del prof. Ronchi ha centrato l’attenzione sui reali impatti ambientali delle produzioni zootecniche confutando le informazioni che molto spesso vengono veicolate in modo strumentale e ideologicamente schierato: rispetto al 1990, il sistema zootecnico italiano ha ridotto le emissioni del 12%, e rispetto al 1970 gli allevamenti italiani hanno ridotto le emissioni di metano, il principale gas serra della zootecnia, del 40%. Il contributo della zootecnia italiana alle emissioni gas serra è modesto e in costante diminuzione; attualmente rappresenta il 5,2% del totale nazionale. Sull’utilizzo dell’acqua per la produzione di 1 kg di carne in Italia, ben l’87% è costituito da acqua piovana.

Il prof. Ronchi ha evidenziato come per ridurre ulteriormente l’impatto sull’ambiente delle produzioni zootecniche occorra migliorare l’effi cienza produttiva e riproduttiva degli allevamenti, anche per mezzo dell’adozione di piani di alimentazione improntati alle tecniche di precision feeding, impiego di tecnologie per il controllo integrato dei dati aziendali e per la formulazione di interventi di adeguamento.

Roberto Cingolani, Ministro della Transizione ecologica

«L’Italia nel settore agrifood è una nazione guida a livello mondiale ma dobbiamo migliorare la percezione della qualità italiana a livello europeo» ha detto il ministro, ricordando anche che la carne è un alimento fondamentale della Dieta Mediterranea e che il consumatore va educato ad un consumo corretto. In materia di PNRR Cingolani ha detto che «questa è una scommessa mondiale che l’Italia si trova a giocare. Dobbiamo trovare soluzioni comuni e fare una buona fi gura come nazione», rinnovando la propria disponibilità a collaborare.

Paolo De Castro, primo vicepresidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale

De Castro ha sottolineato l’importanza di una tavola rotonda con la doppia regia ASSOCARNI e UNICEB: «questa è una giornata importante perché serve coesione per affrontare insieme il tema della sostenibilità nel settore zootecnico».

Fame di proteine, ecco le risposte

Gli allevamenti si stanno preparando a nutrire un mondo sovraffollato, migliorando al contempo l’impatto sull’ambiente

di Angelo Gamberini

Ci attende un mondo molto più popolato: chi se ne intende (onuitalia.com) parla di 10 miliardi di persone nel 2050, fra appena 29 anni. Facile prevedere che la maggior spinta demografi ca giunga dai Paesi in forte sviluppo, dove l’economia è in maggiore crescita. Emblematica a questo proposito la recente decisione del governo cinese di alzare a tre il numero dei fi gli consentiti ad ogni coppia. Più persone e con maggiori capacità di spesa si tradurrà con tutta probabilità in aumento del consumo di carne.

È una “naturale” evoluzione conseguente all’aumentato potere d’acquisto. Poco potrà fare l’Europa per controbilanciare questa crescita con la sua controproducente e contraddittoria politica del Farm to Fork, tesa a ridurre gli acquisti di carne. Nel Vecchio Continente il consumo di carne (reale, non quello apparente delle statistiche) è già a livelli fi siologici e l’Italia, con i suoi 38 kg di carne pro capite all’anno è un virtuoso esempio al quale ispirarsi.

Così, mentre la produzione mondiale di carne è stimata dalla Fao in 339 milioni di tonnellate per anno (con riferimento al 2019), nel mondo del 2050 si arriverà a 465 milioni tonnellate. Ma ci sono le risorse suffi cienti a sostenere questa crescita? E sul piano della sostenibilità, cosa potrebbe accadere?

Da tempo la scienza è al lavoro per rispondere a questi interrogativi e già oggi ci offre alcune risposte su come affrontare la “fame di proteine” (non solo quelle animali) senza incidere sull’ambiente.

L’attenzione all’impiego di soia proveniente da produzioni ottenute senza deforestazione va in questa direzione. In Europa, ricorda FEFAC, l’associazione delle imprese mangimistiche, il 78% della soia impiegata risponde ai criteri di sostenibilità.

La soia, grazie al suo elevato contenuto proteico e alla buona composizione amminoacidica è la leguminosa di riferimento per l’alimentazione degli animali monogastrici, come polli e suini.

Ma di soia in Europa ce n’è poca e ancor meno in Italia, tanto da doverne importare oltre 4 milioni di tonnellate ogni anno. Nulla di fronte alla Cina, che da sola importa cinque volte di più di tutta l’Unione europea.

Non è dunque all’Italia e nemmeno a tutta l’Europa che bisogna guardare, quando si pensa alla soia come causa di deforestazioni o altri scempi ambientali. Tanto più che lo stesso Brasile, fra i più grandi produttori mondiali, dichiara con forza di aver messo sotto controllo la coltivazione di soia, limitandone la produzione al rispetto di precisi vincoli ambientali.

Ma non è la soia, da sola o insieme alle altre colture proteiche, che potrà rispondere alla “fame di proteine” di oggi e soprattutto di domani quando crescerà la “fame di carne”. Occorrono altre fonti

proteiche, sia per gli animali sia

per l’uomo.

Una di queste è rappresentata dagli insetti, che negli ultimi tempi hanno ricevuto il via libera delle autorità comunitarie per essere annoverati fra i novel foods e come tali arrivare direttamente sulle nostre tavole. Ma il loro ruolo resta limitato (e lo sarà ancora per lungo tempo, per la gioia di molti) all’alimentazione degli animali.

Pur se con una forte variabilità, che dipende dalla specie e dal substrato di allevamento, gli insetti vantano un elevato contenuto proteico, paragonabile a quello della soia. La chitina dei loro esoscheletri, insieme ad altri elementi bioattivi in essi contenuti, promettono interessanti effetti sul sistema immunitario degli animali da allevamento. Vantano poi la presenza di acidi grassi (il laurico fra questi) ai quali si attribuiscono proprietà antimicrobiche. Si vedrà in seguito quanto utili per ridurre ulteriormente l’impiego di antibiotici in zootecnia.

Una loro infl uenza positiva è segnalata poi sul fronte del benessere animale. Le larve vive, messe a disposizione di polli e galline, stimolano comportamenti naturali che ne aumenterebbero appunto lo stato di benessere.

Carni Sostenibili

La carne è un alimento di primaria importanza. Che, da almeno due decenni, è però soggetto a numerosi attacchi e critiche. Fra le principali accuse che le si rivolgono, spiccano il suo impatto ambientale e i supposti problemi a livello salutistico a essa collegati. Al dibattito sulla produzione e il consumo di carne partecipano organizzazioni e stakeholder di vario genere, caratterizzati da scopi diff erenti: associazioni animaliste e/o ambientaliste, centri di ricerca, media. In questo contesto non si è mai inserito, almeno in Italia, il punto di vista dei produttori di carne, che hanno invece sentito la necessità di partecipare al dibattito fornendo informazioni, dettagli e dati oggettivi utili a correggere, dove necessario, alcune posizioni, a volte pregiudiziali se non completamente scorrette. Per far questo, dal 2012 un gruppo di operatori del settore zootecnico (aziende e associazioni) si è organizzato per supportare studi scientifi ci che, in una logica di trasparenza pre-competitiva, hanno permesso di arrivare, oltre che alla pubblicazione dello studio “La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia“, all’avvio del progetto “Carni Sostenibili” e, quindi, del portale carnisostenibili.it. Nato dalla comunione di intenti delle tre principali associazioni di categoria, Assocarni, ASS.I.CA. e UNAItalia, il sito si propone di trattare in modo trasversale tutti gli argomenti legati al mondo delle carni: un progetto senza precedenti, in Italia, che con un approccio formativo e informativo vuole contribuire a una informazione equilibrata su salute, alimentazione e sostenibilità.

>> Link: www.carnisostenibili.it

Ci sono però dei limiti. Della variabilità del loro valore nutritivo si è detto. L’altro è di carattere normativo. Per l’Unione Europea quello degli insetti è un allevamento come tutti gli altri. E dunque deve sottostare alle stesse regole. Ne consegue che non si possono utilizzare rifi uti o scarti di origine animale.

In quanto “animali” il loro impiego nell’alimentazione delle altre specie è vietato, con l’unica eccezione dei pesci. Ma presto, si dice nei corridoi di Bruxelles, si darà il via libera al loro utilizzo nell’alimentazione delle specie avicole.

Ma c’è un altro scoglio da superare, quello dei costi. La farina di insetto ha prezzi enormemente più alti rispetto a qualunque altra fonte proteica, farina di pesce compresa, che è una delle più care.

Simili alla farina di pesce e con un contenuto proteico altrettanto elevato, intorno al 60%, sono le microalghe, la più “famosa” delle quali è probabilmente la “spirulina” (Arthrospira platensis), già nota per il suo impiego nell’uomo.

Molte altre sono le microalghe di interesse per l’alimentazione zootecnica, grazie al buon contenuto proteico e alla presenza di carboidrati e grassi che garantisce un interessante apporto energetico. Si stanno valutando poi le proprietà antimicrobiche e antiossidanti di alcuni micronutrienti in esse

Il mondo degli allevamenti si sta attrezzando per produrre più carne nel modo più sostenibile. Non è la prima volta che questa impresa riesce. È accaduto nella metà del secolo scorso, innovando e perfezionando coltivazioni e allevamenti per nutrire un mondo che passava dai 2,5 miliardi del 1950 ai sei miliardi di abitanti del 2000

contenuti. I punti di debolezza, anche in questo caso, sono la composizione variabile, cui si aggiunge una quota di indigeribilità delle pareti cellulari. Infi ne, gli elevati costi di produzione che ne rendono del tutto antieconomico, per il momento, l’impiego. Problema che l’affi namento delle tecniche e l’aumento della produzione potrebbe in futuro risolvere.

Il mondo degli allevamenti si sta dunque “attrezzando” per produrre più carne e per farlo nel modo più sostenibile. Non è la prima volta che questa impresa riesce. È accaduto nella metà del secolo scorso, innovando e perfezionando coltivazioni e allevamenti per nutrire un mondo che in pochi decenni passava dai 2,5 miliardi del 1950 ai sei miliardi di abitanti del 2000, sino agli odierni 7,85 miliardi di persone.

Ora si dovrà ripetere un analogo

“miracolo”, ma senza uscire dal

perimetro della sostenibilità. Gli strumenti ci sono e si sta lavorando per metterli a punto.

Angelo Gamberini

Carni Sostenibili

EFSA: insetti commestibili e valutazione scientifi ca dei nuovi alimenti

L’EFSA (www.efsa.europa.eu) ha pubblicato lo scorso 13 gennaio un insieme di pareri scientifi ci in esito a richieste di valutazione di nuovi alimenti [Scientifi c opinion on dried mealworms (Tenebrio molitor) as a novel food]. Tra i pareri compare la prima valutazione completa di un prodotto proposto come alimento derivato da insetti. Le valutazioni EFSA in termini di sicurezza sono una

tappa necessaria per la regolamentazione dei nuovi alimenti in quanto la sua consulenza scientifi ca affi anca il lavoro

degli enti europei e nazionali che autorizzano tali prodotti per il mercato europeo. Dall’entrata in vigore del regolamento sui nuovi alimenti il 1o gennaio 2018 l’EFSA ha ricevuto un gran numero di richieste di valutazione in merito ad un’ampia varietà di fonti di alimenti sia tradizionali che inedite: prodotti erboristici derivati da piante, alimenti a base di alghe e frutti non autoctoni, oltre a diverse varietà di insetti commestibili. «Le richieste di valutazione di nuovi alimenti sono talmente varie che abbiamo bisogno di competenze scientifi che diversifi cate per valutarle» ha dichiarato in proposito HELLE KNUTSEN, biologa molecolare e tossicologa, presidente del gruppo di lavoro sui nuovi alimenti. «Tanto per citarne alcune: nutrizione umana, tossicologia, chimica e microbiologia. La composizione del gruppo di lavoro le rifl ette e, insieme, i nostri scienziati formano un gruppo multidisciplinare di grande esperienza». «Gli insetti sono organismi complessi, e ciò rende problematica la caratterizzazione della composizione dei prodotti alimentari da essi derivati» commenta ERMOLAOS VERVERIS, chimico ed esperto EFSA in scienza degli alimenti che ha coordinato l’elaborazione del primo parere adottato su insetti usati come nuovi alimenti. «Comprenderne la microbiologia è di fondamentale importanza, considerato anche che si consuma l’insetto intero. Vari cibi derivati da insetti vengono spesso dichiarati fonte di proteine per l’alimentazione. Le formule a base di insetti possono essere ad elevato contenuto proteico, benché i livelli proteici utili possono risultare sovrastimati quando sia presente la chitina, una delle principali sostanze che compongono l’esoscheletro degli insetti. Un nodo fondamentale della valutazione è che molte allergie alimentari sono connesse alle proteine, per cui dobbiamo valutare anche se il consumo di insetti possa scatenare reazioni allergiche. Tali reazioni possono essere provocate dalla sensibilità individuale alle proteine di insetti, dalla reazione crociata con altri allergeni o da allergeni residuati da mangimi per insetti, ad esempio il glutine. È un lavoro impegnativo perché la qualità e la disponibilità dei dati varia, e c’è molta diversità tra una specie di insetti e l’altra».

La novità di usare insetti nei cibi ha suscitato grande interesse da parte del pubblico e dei media, per cui le valutazioni scientifi che dell’EFSA sono cruciali per i responsabili politici che debbono decidere se autorizzare o meno tali prodotti prima della loro immissione sul mercato dell’UE. GIOVANNI SOGARI, ricercatore all’Università di Parma, ha commentato: «Ci sono ragioni derivanti dalle nostre esperienze sociali e culturali, il cosiddetto “fattore disgusto”, che rendono il pensiero di mangiare insetti repellente per molti europei. Col tempo e l’esposizione tali atteggiamenti potranno mutare». MARIO MAZZOCCHI, esperto di statistica, ha aff ermato: «Ci sono chiari vantaggi ambientali ed economici nel sostituire le fonti tradizionali di proteine animali con quelle che richiedono meno mangime, producono meno rifi uti e provocano meno emissioni di gas serra. L’abbassamento di costi e prezzi potrebbe migliorare la disponibilità di alimenti, mentre la nuova domanda creerà nuove opportunità economiche, che potrebbero però interferire con i settori esistenti». Gli scienziati EFSA continueranno a inserire le numerose richieste di valutazione di nuovi alimenti nella loro agenda, mentre i responsabili delle decisioni a Bruxelles e nelle capitali nazionali decideranno se tali alimenti debbano essere autorizzati per fi nire nei piatti europei. In defi nitiva, i consumatori potranno scegliere con fi ducia ciò che mangiano, ben sapendo che la relativa sicurezza è stata accuratamente verifi cata.

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