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La carne in tavola Asado, passione argentina Nunzia Manicardi
Illari Fullin e il pecorino di Malga Illari, sul tagliere col salame che ottiene anch’esso dalla razza Alpagota, con le carni di animali a fi ne carriera e carne suina, sale, pepe e grappa.
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La tradizione ci ha consegnato diverse specialità locali che nei secoli hanno avuto lo scopo di utilizzare ogni parte dell’animale.
Molto spesso le pecore a fi ne carriera erano destinate alla preparazione delle pendole. Si tratta di strisce di carne prima conciate con sale e pepe, poi messe a macerare nel vino ed infi ne appese alla cappa del camino, per essere affumicate, utilizzando fronde di ginepro per aromatizzarle. Si consumano prevalentemente tal quale e per assaggiarle il luogo ideale è la Macelleria Brandalise di Spert d’Alpago, dove si producono, in quantità invero limitate, i salami di pecora.
Per evidenti ragioni di vicinanza geografi ca con la vicina Val Tramontina, nella macelleria si trova anche la pitina, l’impasto di carne di pecora infarinato con granella di mais e affumicato. FERRUCCIO BRANDALISE, il proprietario, spiega che «la pecora dell’Alpago è allevata al pascolo o con foraggi secchi di prati stabili di montagna. La tipicità della razza e l’alimentazione influiscono positivamente sulle caratteristiche della carne, saporita ma non invasiva».
Malga Illari, dove FRANCO PIANON e ILLARI FULLIN ospitano 500 fattrici, è un po’ il cardine del recupero della razza d’Alpago e punto di riferimento della Cooperativa Fardjma, che ne commercializza la carne e la lana. «Fardjma corrisponde al periodo d’inizio settembre, quando i montoni si ricomponevano al gregge programmando così le nascite degli agnelli per gennaio e febbraio, utili per le festività pasquali» spiega Franco.
Illari svolgeva l’attività di parrucchiera, ma è stata conquistata dal lavoro in malga. Alla sua passione si deve la preparazione di uno squisito pecorino, intenso in giusta misura, da media stagionatura, con il latte dell’Alpagota. Ma anche di salame.
«Quello che prepariamo qui proviene dalle carni di animali a fi ne carriera. Utilizziamo carne di coscia, spalla e carré macinata con piastre dal diametro da 7 mm e con l’aggiunta di carne suina».
Le caratteristiche della pecora di razza Lamon
La pecora di razza Lamon, autoctona dell’omonima area nella provincia di Belluno e diff usa in diverse province del Veneto, Trentino e Friuli, attualmente è presente soprattutto nel comune di Lamon e in alcuni limitrofi della Valbelluna. Le pecore di razza Lamon erano spesso utilizzate in passato nella pastorizia transumante che si spostava dagli alpeggi estivi ai pascoli in pianura, seguendo come punto di riferimento il percorso dei fi umi che attraversano la pianura veneta. Questa razza ovina autoctona, infatti, è molto resistente e ben si presta a lunghi spostamenti, ed era quindi adatta alla pratica della transumanza e non richiedeva particolari ricoveri. Con il venir meno dell’attività transumante come forma di allevamento, in particolare per i connessi motivi socio-economici, la razza ha visto una rapida riduzione della sua popolazione; dai circa 10.000 capi del 1960, nel 1990 ne rimanevano circa 600, e all’inizio degli anni 2000 meno di 300 capi. Considerata una razza a triplice attitudine, attualmente viene allevata solo per la produzione della carne.
Le caratteristiche della pecora Alpagota
Classifi cata tra le pecore Alpine, si distingue dalle altre razze per le sue caratteristiche di rusticità e frugalità coniugate con la sua mole ridotta. Piccola, con un mantello bianco folto, fi ne e ondulato, che la ricopre totalmente dal ginocchio e dal garretto fi no all’osso frontale, e una singolare maculatura scura, la pecora Alpagota, o “Pagota”, dalle orecchie minute, a volte quasi inesistenti, e dal curioso profi lo montonino, è una razza tipica dell’altipiano dell’Alpago/Cansiglio, nel Bellunese. Testa corta e leggera, con il profi lo leggermente montonino, presenta una fi tta maculatura di colore marrone, nero e raramente rossiccio; le orecchie sono generalmente di media lunghezza e mediamente pendenti, frequentemente si trovano anche pecore con orecchie di dimensioni ridotte o ridottissime che prendono l’appellativo rispettivamente di “monche” e “muche o oche” con corna assenti in maschi e femmine. Collo di media lunghezza ben attaccato al tronco che risulta compatto e non molto lungo con arti proporzionati e robusti; maculatura scura nell’inferiore del garretto e del ginocchio.
Fonte: sheepallchain.it
All’impasto si aggiungono sale, pepe e 1 litro di grappa per quintale di carne. All’asciugatura di una dozzina di giorni segue una leggera affumicatura con bacche mature di ginepro e, trascorsi 45 giorni, il salame è pronto per il consumo.
«La carne di questa razza — chiarisce — ha anche un grasso digeribile e gradevole. Viene utilizzata in diverse preparazioni. Quella più classica è l’agnello al forno o il cosciotto al forno con cottura rosa, che esalta la sapidità e la delicatezza delle carni».
In zona sono numerosi i ristoranti e le trattorie che si affi dano alla carne di razza d’Alpago per allietare i propri clienti. Alla rinomata Locanda San Lorenzo (locandasanlorenzo. it), PAOLO SPERANZON è ad esempio convinto che l’agnello d’Alpago sia «un tassello fondamentale della cucina, fatta di materia e memoria». Da provare i Paccheri con ragù d’agnello d’Alpago, salsa al peperone e crumble al curry.
Più incentrata sulla tradizione la proposta della Locanda al Capriolo (locandaalcapriolo.it), a due passi dalla foresta del Cansiglio, dove l’agnello d’Alpago è servito con patate al forno.
Riccardo Lagorio
Macelleria Brandalise dal 1950
32016 Località Spert di Farra d’Alpago (BL) Telefono: 0437 472151 E-mail: info.brandalise@gmail.com
Malga Illari
Località Cate 32010 Chies d’Alpago (BL) Telefono: 340 6179251
Il metodo di cottura tipico dei gauchos della pampa
Asado, passione argentina
Grandi tagli di manzo, salsa chimichurri, legno di quercia… Non c’è festa senza il fuoco e il calore di questa preparazione che ogni strato della popolazione ama incondizionatamente
di Nunzia Manicardi
Quando si pensa all’Argentina solitamente si pensa al tango. Ma, oltre che dai tangueros, chi non è mai rimasto affascinato dalla fi gura dal gaucho, il leggendario mandriano che, avvolto in un variopinto poncho e protetto da larghi gambali di cuoio, si sposta sul suo cavallo creolo attraverso le sterminate pampas argentine roteando con mira pressoché infallibile boleadores e lazo con cui, pure a lunghissima distanza, riesce a catturare i bovini allevati allo stato brado facendoli inciampare dopo aver attorcigliato intorno alle loro zampe questi fenomenali attrezzi di caccia?
L’asador può scegliere di cuocere alla fi amma o alla brace. La cottura molto lenta fa sì che la pelle, dalla parte opposta rispetto alla fi amma, non bruci e non faccia la crosta, conferendo alla carne morbidezza a sapore (photo © Kuma Media – stock.adobe.com).
Il chimichurri è una salsa tradizionale argentina a base di prezzemolo, origano, aglio e peperoncino simile alla nostra salsa verde (photo © Ildi – stock.adobe.com).
Vive in una tenda (a volte accompagnato da una donna, la china, che in lingua quechua signifi ca appunto “ragazza”), beve yerba mate, fuma tabacco e… cucina l’asado. Ma forse sarebbe meglio dire che cucina “all’asado”, dato che questo termine non indica tanto un arrosto in sé e per sé o un taglio di carne particolare ma un metodo di cottura e di preparazione che ormai da tempo è sinonimo di Argentina data sia la sua generalizzata diffusione che l’entusiastico favore che gli riserva ogni strato della popolazione.
“Asado” signifi ca “cotto alla
brace” e infatti corrisponde a una grigliata, però — come vedremo — dai sapori, odori e tempi di cottura differenti rispetto a quella in uso presso di noi. Richiede inoltre una notevole abilità da parte dell’asador. E richiede, soprattutto, carne di primissima qualità come era, e ancora in gran parte è, quella di bovini abituati a nutrirsi in modo assolutamente naturale, con pascolo libero e sconfi nati spazi a disposizione.
L’asado era sostanzialmente, a parte alcune verdure, l’unico cibo di cui si cibava il gaucho, non avendone altro a disposizione a causa della vita che conduceva. Data la tanta materia prima a disposizione utilizzava tagli di carne molto grandi. Quando ad incontrarsi erano parecchi gauchos, di solito la sera dopo aver trascorso tutta la giornata a galoppare per la pampa, succedeva che cucinassero manzi interi, dai 200 ai 400 kg, preparati lasciando le carni a cottura indiretta per molte ore.
Il manzo continua tuttora ad essere la carne prediletta per l’asado. Accompagnano abitualmente la cottura le interiora (entrañas o achuras), le salsicce (chorizos) e i sanguinacci (morcillas). Con questo metodo si possono cucinare anche l’agnello, il cavallo selvatico, la capra e il maiale, di solito preparato utilizzando il metodo di cottura “al palo” oppure un lungo spiedo.
La cottura un tempo avveniva a la cruz, “alla croce”, perché la carne veniva infi lzata in una croce di metallo piantata per terra intorno alla quale si faceva il fuoco. Altro antico sistema di cottura, pressoché del tutto abbandonato, consisteva nel cuocere la carne alla brace dentro un pozzo scavato nella terra o in un forno di mattoni crudi. Diffi cile oggi trovare ancora il modo di preparazione “alla croce”, se non presso i cultori della tradizione più pura. Di solito, specialmente nei ristoranti, l’asado viene invece preparato sulla parrilla, la meno caratteristica griglia. In ogni caso l’animale abitualmente non viene scuoiato e la cottura — ed è questa una delle sue tipicità — dura molto a lungo.
L’asador può scegliere di cuocere alla fi amma o alla brace. La cottura molto lenta fa sì che la pelle, dalla parte opposta rispetto alla fi amma, non bruci e non faccia nemmeno la crosta, conferendo alla carne morbidezza a sapore. Se la si toglie, il tempo di cottura naturalmente si velocizza. Nella cottura al palo