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Slalom Crescita sì, ma attenzione a infl azione e costi delle materie prime Cosimo Sorrentino

Agricoltura biodinamica?

L’interesse del mercato, i dubbi della scienza: si riaccende il dibattito, rischiando di travolgere la riforma del biologico, alla vigilia della sua approvazione

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di Guido Guidi

Prima che iniziasse la discussione sul DDL 988 in Parlamento, cosa fosse l’agricoltura biodinamica era probabilmente sconosciuto ai più. È un tema complesso quello del disegno di legge in questione, in parte frainteso e oggetto di polemiche, non sempre senza ragione. Certo è che lo scontro che ne è scaturito, pur nella confusione generale, ha costretto all’approfondimento di una materia che appare interessante sotto diversi profi li.

Dopo anni di attesa e di continui rinvii, il Senato ha approvato, infatti, il DDL sull’agricoltura biologica, che contiene, tra gli altri, il marchio Biologico Italiano, di cui potranno fregiarsi i prodotti bio ottenuti da materia prima nazionale, e un Piano strategico, a cui si aggiungono un aggiornamento sul sistema dei controlli e una serie di altri provvedimenti, che rispondono all’esigenza di standard più elevati e criteri di trasparenza, in un’ottica di tutela del consumatore fi nale.

Una necessità, quella di rivedere l’intero sistema, fattasi ancor più pregnante alla luce della netta riduzione dell’impatto della chimica nel suolo, imposta dal Green New Deal europeo.

La norma risponde dunque all’esigenza, rilevata da più parti, di una disciplina completa che regoli e sostenga il comparto bio, in cui tra

l’altro l’Italia è leader europeo nella

produzione e nell’esportazione.

Un provvedimento che pone l’attenzione su un settore che sta dando enormi soddisfazioni in ambito economico e di sviluppo e che, a maggior ragione, ha bisogno di ulteriori indicazioni e sostegni.

In questo contesto, il pomo della discordia risiede nel fatto che in uno dei primi commi il disegno di legge equipara l’agricoltura biodinamica a quella biologica. Un passaggio che ha scatenato la contrarietà del mondo scientifi co, in un dibattito che ha ampiamente travalicato le mura di Palazzo Madama.

Nasce su iniziativa di RUDOLF STEINER nei primi decenni del secolo scorso l’agricoltura biodinamica che unisce i dettami dell’omeopatia ad alcune tecniche del biologico, in un approccio olistico. Una certa importanza viene attribuita alle forze cosmiche e al concetto di energia vitale, sconfi nando anche in ambiti religiosi, senza mai comprovare il rapporto di causa ed effetto, tra le pratiche adottate e i risultati ottenuti.

Si tratta di un metodo che, pur presentando diverse similitudini con l’agricoltura biologica, se ne discosta quando prevede l’attuazione di particolari protocolli e l’utilizzo di preparati che si somministrano al suolo in determinate fasi lunari e in presenza di una specifi ca posizione dei pianeti nelle costellazioni dello zodiaco.

Nel contempo, la biodinamica rigetta in modo netto qualsiasi innovazione scientifi ca o tecnologica collegabile alla rivoluzione verde, cioè a quella fase storica dell’agricoltura

che, attraverso l’impiego di varietà vegetali geneticamente selezionate, fertilizzanti, fi tofarmaci, acqua e altri investimenti in forma di nuovi mezzi meccanici, ha consentito nella metà del secolo scorso, di incrementare signifi cativamente le produzioni.

Di contro, però, impone l’attuazione di protocolli riportati in al trettanti disciplinari, che prevedono di nutrire il terreno con preparati ottenuti da letame, parti di animali come la vescica di cervo, le corna di vacca o il suo intestino, il cranio di bue e polvere di quarzo o sostanze vegetali, in diluizione omeopatica. Oggetti, questi ultimi, che in più devono essere trattati, sepolti e poi dissotterrati con un preciso calendario, in parte legato alle fasi lunari.

Pratiche a cui probabilmente si rifacevano in tutto o in parte i nostri nonni, ma di cui non era scontata la validità scientifi ca. Così come è da dimostrare una migliore qualità o sicurezza dei cibi che ne derivano.

A maggior ragione gli scienziati mostrano un certo disappunto non solo all’ipotesi di una legittimazione vera e propria di certe consuetudini, ma anche al fatto che a queste vengano destinati fondi pubblici, soprattutto se si considera che lo stesso termine “agricoltura biodinamica” è un marchio commerciale e pertanto privato, con tutte le conseguenze del caso.

Corre l’obbligo di precisare che la bozza di decreto prevede che la biodinamica venga fi nanziata solo laddove ci sia una certifi cazione di agricoltura biologica e non tutte le aziende biodinamiche — manco a dirlo — ce l’hanno. Questa è la principale argomentazione portata da chi ritiene che le obiezioni siano pretestuose.

I sostenitori della norma fanno presente che, seppur in assenza di una dignità scientifi ca, la biodinamica rappresenta ormai un segmento di mercato di una certa importanza, capace di creare un notevole valore aggiunto, generato sinora con investimenti privati. Nella norma in discussione la biodinamica dovrebbe soddisfare innanzitutto i requisiti del biologico, con in aggiunta una visione olistica dell’agricoltura che, oltre a non nuocere nessuno, crea sviluppo e occupazione e già questo dovrebbe bastare perché la riforma veda fi nalmente la luce. Come non essere d’accordo?

Ci sarebbe però da chiedersi, al netto del DDL 988, se sia corretto che il nostro ordinamento incoraggi certe pratiche, contribuendo a consolidare le errate convinzioni di un consumatore, che — pur avendo il portafoglio pieno — non sempre ha gli strumenti per fare scelte oculate. Non bastasse, questo rischia di condurre alla deriva della contrarietà verso processi che invece hanno piena dignità e basi scientifi che.

Da troppo tempo si contrappongono — come avessero pari requisiti ad albergare in certi dibattiti — i pareri di semplici individui senza titolo con quelli della competenza, dell’esperienza e della conoscenza.

Il rischio è anche quello di rafforzare la cultura della demonizzazione di ogni tecnologia e ogni innovazione, dando, di contro, piena cittadinanza a credenze prive di ogni

fondatezza.

Avremmo invece forse bisogno, in questo momento storico, di infondere fi ducia nella scienza, nella medicina e nella scuola e di dare nel contempo al consumatore strumenti validi per fare scelte consapevoli di fronte allo scaffale.

Guido Guidi

Un esempio classico di metodologia pseudoscientifi ca usata in agricoltura biodinamica è il cornoletame (o preparato 500). Si tratta di letame inserito in un corno di vacca che ha partorito almeno una volta, tenuto sottoterra, poi estratto e dinamizzato con acqua: tutte operazioni adottate — a detta degli agricoltori biodinamici — per migliorare la resa produttiva del terreno. Le ragioni sono spiegate direttamente da Steiner in una lezione in cui illustra che nelle corna della vacca ci sarebbero forze vitali e che sarebbe quindi un organo che irradia vita e astralità (photo © FreeProd – stock.adobe.com).

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