IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO
PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67
N. 1/2020
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N. 1 Anno XXXVII Febbraio 2020
IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»
Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi
Collaboratori scientifici Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Dr. Antonio Trincanato
Prestampa Marco Credi
Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele)
Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin – Chiara Zaccaroni
ANNUARIO del PESCE e della PESCA
Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi
2019/2020 N. 30
Annuario del Pesce e della Pesca
La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione. Edizione 2019/2020 Copia cartacea: € 60,00
Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
IL PESCE, 1/20
Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
IL PESCE DAL
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N. 1 Anno XXXVII Febbraio 2020
IL PESCE
In questo numero:
Agenda
12
Immagini
14
Una foto, un pesce
18
Mercati in breve
20
Calendario fiere
Fiere, eventi, convegni 2020
22
AttualitĂ
Alimenti e burocrazia
Sebastiano Corona
24
Legislazione
Sugar e plastic tax: il conto di fine anno per le imprese
Sebastiano Corona
30
Il pesce in rete
Social fish
Elena Benedetti
34
A pagina 48.
IL PESCE, 1/20
7
Acquacoltura
Orbetello Acquacoltura: spigole, orate e ombrine stellate
Eventi
Fish From Greece a Milano con Simone Rugiati
44
Eat Nordic e sii felice
48
Aziende
Gaia Borghi
38
50
Dal Sol Levante arriva in Italia il Pagro maggiore Novità per Piramide
Elena Benedetti
54
La freschezza ha le forme di Mondel
Elena Benedetti
56
Info alle imprese
Contributi a fondo perduto
60
Indagini
Pesce a tavola, quali abitudini?
62
Mercati ittici
Mercato ittico comunale di Caorle, ritorno alle origini
Riccardo Lagorio
64
Specie ittiche
Schede di specie ittiche da pesca nazionale
Elena Orban et al.
70
Il gambero rosso Mediterraneo Aristaeomorpha foliacea (Risso, 1827) Gioacchino Bono
76
Sapori dal mondo
Le ostriche, prelibatezze irlandesi tra le più amate: parola di Bord Bia
84
Il pesce in tavola
…stavolta ti mangio io!
Giorgia Fieni
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di Porto in Porto: tutta la qualità del pesce dell’Alto Adriatico Pesce d’acqua dolce
Antica Trattoria Cattivelli, dove il maiale sfida l’anguilla
88
Riccardo Lagorio
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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO
PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67
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A pagina 50.
In copertina: tonno rosso crudo (photo © Popova Olga – stock.adobe.com).
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Convegni
Fiere
La pagina scientifica
Pierluigi Monticini
Food & Wine in Progress a tutto pesce, ma sostenibile!
Maurizio Dell’Agnello 106
Mercato in crescita per i prodotti a Marchio del Distributore
114
La FAO ad Aquafarm per un’acquacoltura responsabile
122 Luca Del Grammastro 124 et al.
Validazione del processo di reidratazione (ammollo) dello stoccafisso e prova di shelf-life
130
Qualità nutrizionale del pesce magro Storia e cultura
100
International Symposium on Fisheries Sustainability
Il ritorno della tazza
Giovanni Ballarini
136
A pagina 122.
A pagina 76.
A pagina 84.
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Saper scegliere è unâ&#x20AC;&#x2122;Arte da oltre ventâ&#x20AC;&#x2122;anni rappresentiamo il meglio del mare P.le Caduti del Lavoro, 1 - 43052 Colorno - Parma - Italy Tel. +39.0521.313.375 - Tel. +39.0521.310.527 ittigel@ittigel.it - www.ittigel.it
ittigel.it
AGENDA
Pordenone Il 19 e 20 febbraio a Pordenone Fiere ritorna AquaFarm, la mostra convegno internazionale su acquacoltura, algocoltura e industria della pesca giunta quest’anno alla 4a edizione. Quattro sono i settori presenti: l’acquacoltura, l’algocoltura, la molluschicoltura e la pesca. Aquafarm si svolgerà in concomitanza a NovelFarm, mostra convegno internazionale sulle nuove tecniche di coltivazione, vertical farming e fuori suolo. Il programma 2020 di Aquafarm punterà su tre tematiche. Il primo è la sostenibilità ambientale, intesa sia come riduzione dell’impatto dell’allevamento sull’ecosistema sia come resilienza della produzione in presenza di cambiamenti ambientali, non solo climatici ma anche dovuti a inquinamento chimico e microplastiche. C’è poi la ricerca e l’innovazione in tutti i comparti della filiera, con una particolare attenzione ai progetti cooperativi a livello europeo. Infine, il prodotto finito da acquacoltura, raccontato anche attraverso degustazioni rivolte alla distribuzione e alla ristorazione individuale e collettiva (photo © auremar – stock.adobe.com). www.aquafarmexpo.it www.novelfarmexpo.it
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Caserta Refrigera Forum Mediterraneo si svolgerà a Caserta il 5 marzo per ospitare una giornata di incontri B2B e approfondimenti sui temi della conservazione, della logistica e del retail agroalimentare nell’area del Mediterraneo. Il Forum è organizzato con la collaborazione di ASSOFRIGORISTI e conta sul supporto di ATF – Centro Studi Galileo, OITA e numerose altre associazioni, oltre alla stampa di settore (photo © czdistagon@rambler.ru). www.refrigera.show
Ferrara Sealogy, la fiera dedicata ai settori cardine della Blue Economy, è in calendario da venerdì 6 a domenica 8 marzo presso il quartiere fieristico di Ferrara. Pesca e acquacoltura, turismo costiero e marittimo, biotecnologie ed energie rinnovabili marine, cantieristica e offshore (come l’estrazione di risorse naturali) sono tra i temi centrali di questa manifestazione organizzata da Ferrara Fiere Congressi (società del Gruppo Bologna Fiere) che punta a diventare l’appuntamento nazionale per le economie del mare e un riferimento europeo per la Blue Economy (photo © ead72 – stock.adobe.com). sealogy.it
IL PESCE, 1/20
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IMMAGINI
Eat Nordic, alla sua prima edizione, è un evento frutto della collaborazione di Danimarca e Norvegia che ha riunito lo scorso novembre a Milano professionisti del trade, chef e consumatori, alla scoperta delle eccellenze gastronomiche dei due paesi. Tra i prodotti presentati salmone, stoccafisso e bottarga norvegesi insieme ad ostriche, burro, formaggio, birra e carne dalla Danimarca. Il servizio è a pagina 48 (in foto, la bottarga di merluzzo dell’azienda Rå Sjømat; photo © Arne Bakk).
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IL PESCE, 1/20
COMPRA AL MERCATO CAMPAGNA TESSERAMENTO 2020* Ristorazione, GDO, Grossisti, HORECA, Dettaglianti e Ambulanti, Operatori Professionali
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Foody è lo specialista del fresco e garantisce qualità, convenienza dei prezzi, ampiezza e profondità di assortimento di prodotti nazionali e di importazione, 11.000 referenze di prodotti, controlli igienico sanitari quotidiani, verifiche di provenienza e di rispetto di politiche agricole sostenibili.
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“Quante volte a settimana mangi pesce?”, “Vorresti consumarne di più?” e “In base a cosa orienti le tue scelte di acquisto?”. Sono queste alcune delle domande presenti nella survey “Pesce a tavola: quali abitudini?” lanciata dall’UNC – Unione Nazionale Consumatori con la collaborazione di Assoittica. L’obiettivo? “Indagare le abitudini di acquisto e consumo in relazione a un alimento principe della Dieta Mediterranea come il pesce”. A pagina 62 trovate i risultati dell’indagine (photo © guruXOX – stock.adobe.com).
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UNA FOTO, UN PESCE Balano atlantico (Pollicipes pollicipes) ovvero percebes o piedi di cornucopia
Questa immagine, scattata dal fotografo spagnolo GUILLERMO, ritrae una bella manciata di percebes, conosciuti anche come piedi di cornucopia. Questo crostaceo, il Balano atlantico (Pollicipes pollicipes), da tanti considerato il re dei frutti di mare, cresce sulle coste rocciose a Nord della Spagna, in Galizia e in Portogallo. Esso si distingue per l’unghia madreperlacea e per le dimensioni; si vende fresco appena staccato dalla roccia viva. La sua raccolta è molto difficoltosa: i percebeiros, temerari pescatori di questo prelibatissimo crostaceo, si calano lungo i pendii battuti dal mare con corde lunghe anche 15 metri. Con la raspada, un arnese molto affilato in punta, staccano i crostacei dalla parete battuta dalle onde e dal vento (photo © Guillermo – stock.adobe.com).
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MERCATI IN BREVE
L’UE è un importante mercato mondiale per pesci e frutti di mare: nel 2017 il loro consumo apparente è stato di 12,45 milioni di tonnellate, corrispondenti a circa 24 kg pro capite. Il consumo, tuttavia, varia notevolmente in tutta l’UE, dai 56,8 kg pro capite in Portogallo ai 5,6 kg pro capite in Ungheria. Le spese annuali per l’acquisto di prodotti ittici da parte delle famiglie dell’UE ammontano a oltre 100 euro pro capite, ossia un quarto dell’importo speso per la carne. I principali prodotti consumati sono tonno (principalmente in scatola), merluzzo, salmone, pollock dell’Alaska, gamberetti, cozze e aringhe. La domanda interna di prodotti ittici nell’UE è per lo più soddisfatta attraverso le importazioni, in quanto esse coprono circa il 60% dell’offerta totale (2017). Salmone, merluzzo bianco, tonno, pollock dell’Alaska, farina di pesce e gamberi sono i prodotti più importati. D’altro canto, quasi il 15% dell’offerta dell’UE viene esportato. I principali prodotti esportati sono aringhe, sgombri, melù, tonno, farina di pesce e olio di pesce. L’UE è il quinto produttore mondiale di prodotti della pesca e dell’acquacoltura e nel 2017 copriva circa il 3% della produzione mondiale (5,6% per le catture e 1,2% per l’acquacoltura). I prodotti catturati dalla flotta degli Stati Membri rappresentano oltre l’80% dell’offerta e il restante 20% è rappresentato da pesci di allevamento (2017; fonte: EUMOFA – The European Market Observatory for fisheries and aquaculture, www.eumofa.eu).
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19-20 FEBBRAIO 2020 FIERA DI PORDENONE MOSTRA CONVEGNO INTERNAZIONALE SU ACQUACOLTURA, ALGOCOLTURA E INDUSTRIA DELLA PESCA
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MOSTRA CONVEGNO INTERNAZIONALE SULLE NUOVE TECNICHE DI COLTIVAZIONE, FUORI SUOLO E VERTICAL FARMING
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CALENDARIO FIERE
Fiere, eventi, convegni 2020 ITALIA MARCA Mostra convegno dedicata al mondo della marca commerciale Bologna, Bolognafiere 15-16 gennaio Organizzazione: BolognaFiere Tel. 051 282409 www.marca.bolognafiere.it
AQUAFARM Mostra convegno internazionale su acquacoltura, algocoltura e industria della pesca NOVELFARM Evento internazionale sulle nuove tecniche di coltivazione, vertical farming e fuori suolo Pordenone, Pordenone Fiere 19-20 febbraio Organizzazione: Pordenone Fiere www.aquafarm.show www.novelfarm.show PACKAGING SPEAKS GREEN Bologna, FICO Eataly World 20-21 febbraio Organizzazione: UCIMA (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio) Fondazione FICO Eataly World Tel. 059 512146 info@ucima.it packagingspeaksgreen.com/it REFRIGERA FORUM MEDITERRANEO Caserta, Golden Tulip Plaza
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5 marzo Organizzazione: A151 Srl Tel. 02 66306866 events@refrigera.show refrigera.show SEALOGY La fiera del Mare in Italy Ferrara 6-8 marzo Organizzazione: Ferrara Fiere Congressi, BolognaFiere Tel. 0532 900713 www.sealogy.it IDENTITÀ GOLOSE Milano, MiCo - Milano Congressi 7-9 marzo Organizzazione: Magenta Bureau Tel. 02 48011841 info@magentabureau.it www.identitagolose.it TASTE E FUORI DI TASTE Salone dedicato alle eccellenze del gusto e del food lifestyle Firenze, Stazione Leopolda 7-9 marzo Organizzazione: Pitti Immagine Tel. 055 36931 info@pittimmagine.com pittimmagine.com/corporate/fairs/ taste.html
CIBUS – Salone Internazionale dell’Alimentazione Parma, Fiere di Parma 11-14 maggio Organizzazione: Fiere di Parma Spa Tel. 0521 9961
cibus@fiereparma.it www.cibus.it MEATY – Innovazione per l’industria delle carni Bologna, Bologna Fiere 15-16 maggio Organizzazione: Ecod Srl Tel. 0331 518056 www.ecod.it SANA – Salone internazionale del Biologico e del Naturale Bologna, Bologna Fiere 11-14 settembre Organizzazione: BolognaFiere Spa Tel. 051 282351 sana@bolognafiere.it www.sana.it FLAVOR – The premium Ho.re.ca. trade event Firenze, Fortezza da Basso 4-6 ottobre Organizzazione: Pitti Immagine Fiere di Parma exhibitor@flavorfirenze.com www.flavorfirenze.com TERRA MADRE SALONE DEL GUSTO Torino, Lingotto Fiere 8-12 ottobre Organizzazione: Slow Food info.eventi@slowfood.it salonedelgusto.com www.slowfood.it GOLOSARIA Milano, MiCo - Milano Congressi 31 ottobre-2 novembre Organizzazione: Comunica Srl Tel. 0131 261670 info@comunicaedizioni.it www.golosaria.it
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ESTERO FISH INTERNATIONAL Brema (Germania) – 9-11 febbraio Organizzazione: Messe Bremen www.fishinternational.de AQUACULTURE AMERICA 2020 Honolulu, Hawaii (USA) 9-12 febbraio Organizzazione: WAS www.was.org GULFOOD Dubai (Emirati Arabi Uniti) 16-20 febbraio Organizzazione: Gulfood www.gulfood.com SEAFOOD EXPO NORTH AMERICA – SEAFOOD PROCESSING NORTH AMERICA Boston (USA) – 15-17 marzo Organizzazione: Diversified Communications www.seafoodexpo.com/north-america SIAL CANADA Montreal (Canada) – 15-17 aprile Organizzazione: SIAL Canada www.sial-network.com ANUGAFOOD CHINA Shenzhen (Cina) - 15-17 aprile
Organizzazione: Koelnmesse Srl www.anufoodchina.com SEAFOOD EXPO GLOBAL – SEAFOOD PROCESSING GLOBAL Bruxelles (Belgio) – 21-23 aprile Organizzazione: Diversified Communications www.seafoodexpo.com ALIMENTARIA 2020 Barcellona (Spagna) 20-23 aprile Organizzazione: Expo Consulting Srl www.alimentaria.com INTERPACK Processing & Packaging Düsseldorf (Germania) - 7-13 maggio Organizzazione: Messe Düsseldorf www.interpack.com SIAL SHANGHAI Shanghai (Cina) – 13-15 maggio Organizzazione: Comexposium-Sial Exhibition Co. www.sial-network.com AQUACULTURE UK Aviemore, Scozia (UK) 19-21 maggio Organizzazione: WAS www.was.org
THAIFEX ANUGA CHINA Bangkok (Tailandia) – 26-30 maggio Organizzazione: Koelnmesse www.thaifex-anuga.com FISH WASTE FOR PROFIT Reykjavik (Islanda) – 24-25 settembre www.icefishconference.com CONXEMAR Vigo (Spagna) – 6-8 ottobre Organizzazione: Conxemar conxemar.com FOODTECH BARCELONA Barcellona (Spagna) – 6-9 ottobre Organizzazione: Alimentaria Exhibitions www.alimentariafoodtech.com SIAL PARIS – Salone Internazionale dell’Alimentazione Parigi (Francia) – 18-22 ottobre Organizzazione: Comexposium www.sialparis.com PLMA INTERNATIONAL Amsterdam (Olanda) 26-27 maggio Organizzazione: Private Label Manufacturers Association www.plmainternational.com
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ATTUALITÀ
Alimenti e burocrazia Decine, centinaia di adempimenti sono la quotidianità nella vita delle aziende, con differenze da Nord a Sud e da comune a comune: lo strano caso del consumo di cibo fuori casa di Sebastiano Corona
C’è un mostro che aleggia sulle imprese italiane, che, oltre a generare enormi perdite di tempo, rappresenta un costo altissimo. È infatti calcolato in 31 miliardi l’esborso per oneri amministrativi che il tessuto produttivo nazionale deve sopportare e che va a sommarsi ad una pressione fiscale già elevatissima. Secondo CONFINDUSTRIA, il costo della burocrazia è stimato variare, in un anno, dai 108.000 euro per una piccola impresa ai 710.000 euro per un’azienda di medie dimensioni. Non
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bastasse, gli aggravi sono in aumento, perché nel 2019 gli adempimenti introdotti sono stati più di quelli eliminati e tutto questo costerà alle PMI, 36 milioni in più. Nessuna volontà di sburocratizzare dunque. Nessuna intenzione di alleggerire procedure e fastidi che migliorerebbero di molto la vita degli imprenditori, portando l’Italia in una posizione più vicina ai grandi Paesi industrializzati. Non a caso in una recente indagine richiesta dalla Commissione
Europea sulla qualità della Pubblica Amministrazione, emerge che su 28 Paesi monitorati, l’Italia si colloca al 230 posto. Un risultato che ci pone ai margini della graduatoria con Ungheria, Croazia, Grecia, Romania e Bulgaria, le uniche che registrano performance peggiori alla nostra. Secondo l’Osservatorio sulla Semplificazione di ASSOLOMBARDA C ONFINDUSTRIA M ILANO e M ONZA BRIANZA, il peso della burocrazia sul fatturato incide per il 4% nelle piccole imprese e per il 2,1% nelle
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Per quegli artigiani che non possono o non intendono acquisire requisiti e condizioni per la somministrazione di alimenti e bevande si chiude un mercato. Per tutti gli altri che iniziano il percorso per diventare anche esercizio di vicinato ci sono fino a 20 adempimenti da assolvere (photo © Iakov Filimonov). medie. Il paradosso è dunque, tra gli altri, il fatto che per un’azienda di modeste dimensioni, che per sua natura ha anche meno disponibilità e mezzi, l’aggravio è maggiore e per questo ancor più iniquo e odioso. Anche in termini di tempo, gli adempimenti amministrativi si traducono nell’impegno di un addetto dedicato tra i 45 e i 190 giorni all’anno. Il problema non è tanto o solo quello di un eccessivo carico burocratico di per sé, quanto delle complicazioni che ne derivano: confusione tra norme, discrezionalità nella loro applicazione, disomogeneità dei procedimenti, lunghezza dei tempi di gestione delle procedure e difficoltà di
comunicazione tra imprese e PA. Tra le procedure obbligatorie, sembrano essere quelle relative all’ambiente a portare via più tempo e risorse. È infatti complesso reperire le informazioni di indirizzo sulle procedure, compilare richieste, progetti ed elaborati tecnici. Altre 200 ore circa si perdono a causa della disomogeneità e mancata razionalizzazione dei controlli. L’esame e il rilascio delle autorizzazioni richiede da 1 a 5 anni, fino ad arrivare a casi estremi che, per paradossi e assurdità, fanno talvolta notizia nelle cronache. Secondo CGIA MESTRE, sono sino a 60 le verifiche su impianti, scarichi, rifiuti e antincendio. In materia fiscale, invece, gli
Il 58% degli operatori finanziari internazionali ritiene che la prima causa del mancato investimento in Italia sia il carico normativo e burocratico. Un suo alleggerimento, da solo e a costi zero, contribuirebbe ad attrarre capitali esteri sul territorio. E un incremento dell’1% dell’efficienza della PA porterebbe a un aumento del PIL pro capite dello 0,9
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oneri fortunatamente scendono a 30, mentre per il lavoro si arriva a 21 e nel comparto amministrativo a 11. Al di là dei tempi previsti per legge, un’analisi reale può essere condotta solo interrogando le imprese sull’effettiva esperienza. Non è infatti tanto o solo dover compilare moduli, ingaggiare professionisti — di cui tra l’altro non si può mai fare a meno — e produrre documenti. Il problema è quanto accade strada facendo tra intoppi, integrazioni, modifiche e controlli. Il peso complessivo della burocrazia va valutato sommando oneri amministrativi iniziali a costi aggiuntivi e di mantenimento. A questi vanno sommate le consulenze e i cosiddetti costi ombra o quelli derivanti dalla mancata o ritardata messa in opera di un impianto. La burocrazia non è solo insopportabile di per sé: è soprattutto ciò che limita fortemente la competitività e l’attrattività del sistema Italia. Non è un caso se il 58% degli operatori finanziari internazionali ritiene che la prima causa del mancato investimento in Italia sia il carico normativo e burocratico (AIBE, 2014). Un suo alleggerimento, da solo e a costi zero, contribuirebbe ad attrarre capitali esteri sul territorio. Secondo un’analisi di CONFINDUSTRIA, un incremento dell’1% dell’efficienza della pubblica amministrazione porterebbe ad un aumento del PIL pro capite dello 0,9%. Anche per l’EUROBAROMETRO UE la complessità delle procedure amministrative è ritenuta un problema dall’84% degli imprenditori in Italia, contro il 60% della media UE, il 51% della Germania, il 46% della Spagna, il 19% del Regno Unito. E siccome gli adempimenti non sono uguali ovunque, si riscontrano differenze territoriali anche significative. I problemi maggiori si rilevano al Sud. Secondo CONFARTIGIANATO, il Mezzogiorno presenta un valore dell’indice della burocrazia superiore del 48,2% a quello del Centro-Nord. A dirla tutta ci sono differenze, talvolta significative, persino da comune a comune, specie in certi settori.
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Multiformat: i nuovi trend del cibo si scontrano con normative e burocrazia Appare di assoluto interesse un recente studio di CNA condotto dall’Osservatorio Comune che vai, burocrazia che trovi e che porta il nome di Cibo ad ostacoli. Negli ultimi anni la vendita di prodotti alimentari non ha vissuto una ripresa completa nei canali della Distribuzione Moderna. Di contro, complici anche i nuovi ritmi della vita moderna, è però cresciuto, e in maniera significativa, il consumo di pasti fuori casa. Una nuova abitudine che si sta prepotentemente introducendo nella vita degli Italiani e che non sempre significa mangiare in un ristorante, almeno così come lo si intende nel senso classico del termine. Ci sono infatti molte nuove attività dove è possibile mangiare senza troppe cerimonie e in modo veloce, degustando quanto prodotto sul posto. Gli esempi sono innumerevoli: si pensi all’evoluzione che hanno subito le panetterie negli ultimi anni. Oggi il multiformat rappresenta per quelle tipologie il 5%. Una percentuale già importante, ma destinata ad aumentare notevolmente, in quantità e qualità. Si tratta di una nuova modalità di fare impresa: un luogo in cui vengono realizzati e venduti pane e prodotti da forno, snack, pasti veloci e bevande calde e fredde. In certi casi anche la pasta fresca. È aperto da prestissimo per la vendita di pane e per le colazioni, prosegue all’ora di pranzo con un’offerta che comprende anche l’asporto, continua nel pomeriggio con la caffetteria, sino all’aperitivo serale e ad una nuova proposta di pizza. E ha la peculiarità che quanto viene consumato è stato interamente realizzato sul posto, quasi sempre con una produzione artigianale. Quello citato è un ottimo esempio, ma ce ne sono molti altri: si pensi alle pescherie dove è possibile consumare fritture o altri piatti a base di pesce. Oppure, le macellerie che ad una certa ora si trasformano in piccole taverne, dove degustare una bistecca appena scelta dal banco e magari cucinata a vista. E ancora:
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i laboratori di pasta fresca dove la sfoglia è tirata a mano davanti al cliente e si può ordinare subito un piatto di ravioli. Che dire poi delle gelaterie, delle gastronomie e delle molte altre attività artigianali dove il cliente ha piacere di consumare un boccone? Sarebbe facile e naturale rispondere alle richieste di un mercato in evoluzione. Ma non lo è per la nostra pubblica amministrazione. I nuovi trend del cibo si scontrano infatti clamorosamente, con ostacoli normativi e burocratici, talvolta insormontabili. 120.000 imprese, 400.000 addetti, tra cui 71.000 pizzerie, rosticcerie, friggitorie, birrerie, 13.000 tra gelaterie e pasticcerie, 33.000 laboratori adibiti alla produzione di prodotti da forno e farinacei: moltissimi di questi vorrebbero somministrare i propri pasti e bevande nei locali produttivi, ma devono fare i conti con le regole, i limiti e le restrizioni del nostro ordinamento, con l’assurda aggravante che le disposizioni e i controlli possono essere profondamente differenti da regione a regione, da comune a comune. Perché le condizioni imposte a commercianti e artigiani sono differenti anche a parità di prodotto offerto. È un mondo difficile (vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto) L’artigianato infatti, pur potendo contare su una legge quadro che lo tutela e ne riconosce le specificità, prevede come scopo prevalente la produzione di beni o la prestazione di servizi, ma esclude l’attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, salvo il caso che sia strumentale e accessoria. La loro mancata definizione rappresenta però un’enorme criticità e rende necessario un ulteriore titolo abilitativo per essere esercitata. È quello dell’esercizio di vicinato. Morale, mentre per le imprese agricole il legislatore si è espresso in maniera specifica, prevedendo ed incoraggiando la sua multifunzionalità, per l’artigianato questa strada è ancora tutta da percorrere. Per quegli artigiani che non possono o non intendono acquisire
Il banco pesce di Pescheria con cottura in via Tito Speri 7 a Milano. Qui il pesce è scelto, cotto e mangiato. requisiti e condizioni per la somministrazione di alimenti e bevande si chiude un mercato. Per tutti gli altri che iniziano il percorso per diventare anche esercizio di vicinato ci sono fino a 20 adempimenti da assolvere. Tra questi, è necessario aver frequentato un corso per il riconoscimento dell’idoneità alla somministrazione di alimenti e bevande che in province come Pistoia o Grosseto dura 80 ore, mentre in altre come Roma ne porta via 140, in una forbice all’interno della quale ci sono tutti gli altri territori d’Italia, ognuno con le sue regole e le sue prassi, inspiegabilmente così differenti tra loro da un luogo all’altro. Da un comune all’altro possono variare sensibilmente anche le modalità di vendita delle bevande strumentali al consumo sul posto. Ci sono comuni come Pesaro e Pescara dove una pizza al taglio può essere consumata nella pizzeria con una birra alla spina. Ci sono poi comuni come Biella, Civitavecchia,
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Ragusa, per citarne tre a caso, dove è ammesso solo il distributore automatico di bevande. E altre invece come Bologna, Pavia, Grosseto, dove sono tollerate entrambe le modalità. Un mondo difficile e complesso, dunque, ma anche ingiustificatamente disomogeneo e diverso da zona a zona, nelle regole e nei diritti. Il detto “fatto e mangiato” non vale per il nostro Paese che ha fatto del buon cibo, del cibo locale e della vicinanza al territorio, la sua forza anche all’estero e in termini di promozione turistica. La mancata possibilità per l’artigiano che produce alimenti di somministrarli nei suoi locali di produzione, anziché portare ad una norma che tenga conto delle nuove e pressanti richieste del mercato, ha scatenato interpretazioni varie, generando una sorta di vademecum del mangiare scomodo riservato agli sfortunati clienti. Precisa la CNA: nei locali degli artigiani, gli arredi, i tavoli e le sedie non posso-
no essere abbinati. Sono bandite le tovaglie di stoffa, i menù cartacei, le posate in metallo, i bicchieri in vetro, i piatti in ceramica. Quindi mangiare, per esempio, del pollo arrosto in una gastronomia/ rosticceria, significa degustarla con forchette e tovaglioli monouso, in piedi o su scomodi sgabelli, la cui altezza non coincide con quella del piano d’appoggio. In più, il commensale deve andare personalmente al banco a ritirare il piatto, servirsi dal frigo per le bevande e smaltire tutto nel sacco dei rifiuti dopo aver finito. Non sono ammessi impianti alla spina e macchina professionale per il caffè e in ogni caso l’attività deve svolgersi su spazi di vendita limitati. In questa giungla normativa, dove anche le interpretazioni dei vari soggetti preposti si sprecano, sono ben 21 le autorità ispettive che possono eseguire i controlli. E nel frattempo, si sono espresse sia il Consiglio di Stato sia l’Antitrust. Quest’ultima, nel censurare alcune
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risoluzioni del MISE, ha rilevato che già il cd. Decreto Bersani aveva inteso coordinare con i principi di concorrenza tutte le attività di consumo sul posto “individuando la discriminante tra l’attività di somministrazione e quella di vendita da parte degli esercizi di vicinato, unicamente nella presenza o meno del servizio assistito”. Il Consiglio di Stato, invece, ha affermato che la disposizione degli arredi con abbinamento tra tavoli e sedie, nonché la presenza di tavoli preparati con tovaglie, stoviglie e quant’altro occorra per il consumo sul posto dei prodotti acquistati nel locale, sono fattori del tutto irrilevanti e non forniscono elementi utili a connotare e distinguere l’attività di somministrazione tout court, da quella di consumo sul posto. Ma il Ministero dello Sviluppo economico, che in questi anni ha prodotto sul tema in oggetto ben 33 circolari, impone una linea fortemente restrittiva, riducendo i prodotti di gastronomia che gli artigiani possono proporre al
consumo nei propri locali di vendita a panini, tramezzini, toast, sandwich e poco altro ancora. Così, per fare un esempio che probabilmente è più emblematico di altri, l’artigiano che produce gelato lo può vendere per il consumo sul posto ma senza creare le condizioni perché il cono venga degustato in tranquillità, magari seduti a tavolino. Quel cliente, secondo questo quadro normativo, dovrebbe ritirare il cono al banco e consumarlo per strada. Il bar che invece vende il gelato preparato da un altro artigiano o da un’industria può servirlo al tavolo ai propri clienti, che lo potranno assaporare in tutta tranquillità. Una consuetudine normativa fuori dal tempo e dalla logica, dove le regioni, che sarebbero potute intervenire, salvo l’eccezione della Lombardia, non hanno invece fatto altro che replicare schemi normativi e amministrativi di carattere nazionale. Aggiungendo così poco o nulla.
L’assurdo tra noi e il nostro augurio In questo assurdo scenario, dove la burocrazia sembra mostrarsi in tutte le sue peggiori forme, CNA Agroalimentare lancia una proposta: abilitare le imprese artigiane al consumo sul posto dei propri prodotti e di quelli accessori introducendo il concetto di prevalenza dell’attività artigiana su quella commerciale, in base al maggior tempo impiegato nella produzione degli alimenti rispetto alla fase di vendita e al maggior ricavo derivante dalla vendita di prodotti di produzione propria rispetto a quella dei beni accessori. L’augurio è quello che il legislatore raccolga la richiesta e ne faccia tesoro. Non fosse per sburocratizzare, almeno sia per dare un nuovo slancio ad un’economia che ha ancora molto da esprimere, se solo le verrà data l’occasione. Sebastiano Corona Nota A pagina 24, photo © stokkete – stock.adobe.com.
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LEGISLAZIONE
Sugar e plastic tax: il conto di fine anno per le imprese Ribattezzato il “primo atto normativo del Green New Deal” dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il cosiddetto Decreto Clima, viene convertito in legge. Ma chi ne sopporta gli oneri? di Sebastiano Corona
È un provvedimento complesso quello discusso a fine 2019, che contiene una lunga serie di misure che rispondono agli obblighi previsti dalla Direttiva comunitaria sulla qualità dell’aria e il contrasto al cambiamento climatico. L’obiettivo è quello di limitare comportamenti ad alto impatto ambientale, migliorare la qualità della vita e incentivare proposte verdi. L’elenco delle azioni previste è lungo e solo in parte relativo al comparto agroalimentare: incentivi per chi rottama auto e scooter inquinanti, finanziamenti alla pubblica
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amministrazione per progetti green, il buono mobilità — cioè un beneficio per chi rottama auto o motocicli — abbonamenti al trasporto pubblico locale, in determinate regioni, solo per citarne alcune. Sono numerosi anche i provvedimenti a favore dei comuni, come il rinnovo delle dotazioni degli autoveicoli, con acquisto o noleggio di mezzi ad energia elettrica o ibrida o alimentati ad idrogeno, e gli elettrodotti della rete di trasmissione nazionale. Per questo complesso piano di investimenti il Governo mette a dispo-
sizione un fondo con una dotazione di 4,24 miliardi di euro e un fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca, istituito presso la Cassa Depositi e Prestiti. Tra gli interventi più significativi, vi è il varo di un Programma Strategico Nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria e l’istituzione, presso il Ministero dell’Ambiente, del Tavolo interministeriale permanente sull’emergenza climatica. Viene potenziata l’operatività di misure agevolative già esistenti per
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la realizzazione di progetti economicamente sostenibili, in linea con la decarbonizzazione dell’economia, l’economia circolare, l’adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico e, in generale, programmi di investimento o progetti a carattere innovativo e a elevata sostenibilità ambientale, che tengano conto degli impatti sociali. Azioni per lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, ma anche il bonus facciate: tutto questo e molto altro è contenuto nel Decreto Clima. E ancora: in campo edile è prorogato il credito d’imposta per l’efficienza energetica con le detrazioni per le spese di ristrutturazione edilizia, che comprendono l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici; ci sono la conferma del bonus verde per sistemare giardini e terrazzi, le royalties idrocarburi, lo sconto in fattura per la ristrutturazione energetica dei condomini e il cosiddetto Smart city, programma per la qualità dell’abitare, progetti di messa a dimora di alberi, di reimpianto e di silvicoltura e per la creazione di foreste urbane e periurbane, nelle città metropolitane. È rifinanziato anche il Fondo per la qualità dell’aria e nasce, nel contempo, il programma sperimentale Caschi verdi per l’ambiente, con l’obiettivo di realizzare iniziative di collaborazione internazionale volte alla tutela e salvaguardia ambientale delle aree nazionali protette e delle altre aree riconosciute in ambito internazionale, per il particolare pregio naturalistico. Il decreto comprende azioni di supporto all’imprenditoria giovanile e femminile, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile e una disciplina incentivante per gli esercenti impianti di produzione di energia elettrica esistenti alimentati a biogas, realizzati da imprenditori agricoli. Ma ciò che più interessa le imprese sono certamente alcune iniziative specifiche ad esse dirette, che avranno anche conseguenze sul piano economico e pratico. I contributi ai negozi, per esempio, prevedono che gli esercenti che dedicano spazi specifici alla vendita di alimentari e
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detergenti sfusi possano beneficiare di un sostegno finanziario fino a 5.000 euro per le spese sostenute per l’allestimento del cosiddetto green corner. I contenitori proposti dai commercianti non possono essere monouso ma solo riutilizzabili e idonei al contatto con gli alimenti. Il decreto ammette la possibilità, per gli acquirenti, di utilizzare propri contenitori, purché siano riutilizzabili, puliti e idonei al contatto con gli alimenti. Spetta all’esercente valutare che abbiano i suddetti requisiti e nel caso, rifiutarsi di utilizzarli. Il punto vendita non è infatti sollevato dalle proprie responsabilità sul piano dell’igiene dei prodotti da lui venduti, con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Insomma, uno di quei provvedimenti pensati con le migliori intenzioni che rischia di generare alle imprese problemi seri nella sua applicazione. La norma che maggiormente ha destato l’interesse dell’opinione pubblica — e non solo — è però la cosiddetta Plastic tax, l’ennesimo balzello per un ammontare di 45 centesimi al chilogrammo sull’impiego di manufatti in plastica monouso destinati a contenere o proteggere il cibo nella fase di manipolazione o nella consegna. Sono esclusi dalla norma i prodotti compostabili, di plastiche riciclate e i dispositivi biomedicali. L’emendamento che introduce le disposizioni prevede inoltre un credito di imposta alle imprese operanti nel settore delle materie plastiche per l’adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili. Insomma, il Governo non ha tenuto conto delle numerose rimostranze di chi, in merito alla questione, chiedeva che fossero considerate le caratteristiche di riciclabilità dei manufatti, escludendo o limitando fortemente la tassa in tutti i casi di mancata possibilità di sostituzione. D’altronde la misura punitiva viene introdotta in assenza di un progetto alternativo concreto e di un programma di riallocazione delle risorse negli stessi settori coinvolti. Non è nemmeno prevista una campagna forte di educazione, sensibilizzazione e informazione e
Ad oggi diversi Paesi UE hanno già introdotto forme di tassazione sulla plastica, più nello specifico su singoli tipi di plastica e su determinati usi (come gli imballaggi). Tra questi il Belgio, la Danimarca, l’Estonia, la Finlandia, la Lettonia, i Paesi Bassi e la Slovenia (photo © www.dinamopress.it). non esiste una reale prospettiva che, al di là dell’imposta, ci possa essere un miglioramento in termini di uso e riciclo della plastica stessa. La direzione presa non sembra tuttavia modificabile, anzi. La versione licenziata è già mitigata rispetto a quella iniziale che prevedeva addirittura un’imposta per 1 euro al chilogrammo. Anche in Europa la tendenza è la stessa: l’ipotesi paventata dalla Commissione europea dell’introduzione di una tassa sulla plastica non riciclata sta raccogliendo ampio consenso tra gli Stati Membri, tanto più che, da una prima stima, essa genererebbe introiti per 6,6 miliardi. Risorse preziose, anche alla luce delle minori entrate che deriveranno d’ora in poi dalla Brexit. Bisogna inoltre ricordare che su determinate tipologie di plastica e imballaggi l’Italia non è la prima ad aver introdotto delle imposte. La Plastic tax non è in assoluto una novità nostrana, anche se così la si vuole far passare, nel bene e nel male, ma è pur vero che i termini della sua applicazione e le caratteristiche della misura nei diversi Stati sono differenti e questo rende ogni caso diverso e a sé stante. Ma la cosiddetta tassa
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sulla plastica — il nome è improprio visto che stiamo in realtà parlando di un’imposta — si somma in Italia ad una lista di balzelli già di per sé odiosi ed eccessivi. Non bastasse, in certi prodotti, come le bevande analcoliche e i succhi di frutta contenenti edulcoranti aggiunti, la legge di Bilancio 2020 ha introdotto la Sugar tax, un’ulteriore tributo sul consumo, generando risultati che le imprese del settore non esitano a definire nefasti. Scatterà infatti da ottobre prossimo anche quest’ultima imposta, che graverà per 10 centesimi di euro al litro. Una mannaia per il settore. Diverse imprese, all’indomani dell’introduzione dei due obblighi, minacciano licenziamenti e delocalizzazioni, tanto più che due provvedimenti di questa portata, introdotti contemporaneamente, appaiono eccessivi e volutamente discriminatori. L’Italia affronta in modo discutibile un problemi relativo, se si considera che nel Belpaese il consumo pro capite delle bibite è il più basso in Europa. Non si rileva dunque emergenza alcuna. Da C ONFINDUSTRIA arriva un giudizio netto e impietoso: “la Plastic tax non comporta benefici
ambientali, penalizza i prodotti e non i comportamenti e rappresenta unicamente un modo per acquisire risorse, pari a circa 1,1 miliardi di euro nel 2020, 1,8 nel 2021 e 1,5 nel 2022”. La Plastic tax, secondo la Confederazione degli industriali, danneggerebbe infatti pesantemente un intero settore produttivo, con effetti negativi anche per la chimica e per i comparti utilizzatori di imballaggi, come alimentare e bevande appunto. In più, darebbe vita ad una doppia imposizione, considerato che le imprese pagano già anche il contributo ambientale CONAI per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica, determinando un aumento medio pari al 10% del prezzo di prodotti di larghissimo consumo. Il risultato sarà un indebolimento della domanda interna, visto che inciderà sulla spesa delle famiglie per 109 euro circa all’anno, affermano da via dell’Astronomia. E alla grande industria fa eco la cooperazione dove, il presidente dell’Alleanza delle Cooperative MAURO LUSETTI, definisce Sugar e Plastic tax due interventi non inquadrati in una logica sistemica e, come tali, suscettibili di produrre effetti negativi, scaricando nuovi costi sulle imprese. La seconda delle due, in particolare, secondo Lusetti, “costituisce un onere particolarmente pesante per l’industria del confezionamento, con un potenziale raddoppio del costo del prodotto al netto dell’IVA, minando la competitività delle imprese sui mercati internazionali”. Insomma, in nome dell’ambiente, si parte col piede sbagliato. Sebastiano Corona Nota A pagina 30, photo © paolo – stock. adobe.com. Ad ottobre, Plastics Europe (l’associazione europea dei produttori di materie plastiche) ha pubblicato il rapporto “Plastics. The Facts 2019”, con alcuni dati sulla produzione europea di plastica e i suoi consumi. Nel 2018, nei 28 Stati Membri dell’UE (cui si aggiungono Norvegia e Svizzera) sono state prodotte 61,8 milioni di tonnellate di plastica.
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Mediterraneo: quasi 50.000 esemplari di 116 specie diverse hanno ingerito plastica. La più colpita è la tartaruga Caretta caretta Almeno 116 specie diverse nel Mediterraneo hanno ingerito plastica (l’ingestione è il principale effetto noto della plastica in mare); il 59% di queste è rappresentato da pesci ossei. Sono inclusi in questa percentuale anche quelli di interesse commerciale come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni, scampi, gamberi rossi; il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe, uccelli. Questi sono solo alcuni dei risultati di uno studio condotto anche da ricercatori dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) incluso nel capitolo del libro Plastics in the Aquatic Environment. Current Status and Challenges pubblicato dalla SPRINGER NATURE, in cui si aggiorna la letteratura scientifica disponibile per descrivere l’impatto dei rifiuti sulla vita marina nel Mediterraneo, un ecosistema sensibile, caratterizzato da elevata biodiversità ma anche uno degli ecosistemi più minacciati al mondo dai rifiuti marini, su scala globale composti principalmente da plastica. Sono stati analizzati 128 documenti che riportavano impatti dei rifiuti marini su 329 categorie di organismi del Mediterraneo. Si tratta ad oggi dello studio più ampio ed aggiornato sull’intero Mediterraneo. Se c’è troppa plastica nello stomaco dei pesci, accade anche che buste e bottigliette diventino vettore di trasporto o ambiente di vita per diverse specie. Sono state rintracciate 168 categorie di organismi marini trasportati da oggetti galleggianti (principalmente di plastica), anche in ambienti in cui non erano stati rintracciati prima; tra questi, ci sono anche batteri patogeni che possono causare malattie nei pesci che li ingeriscono. Gli organismi più comuni trasportati dai rifiuti marini sono gli artropodi (crostacei) e gli Cnidari (gorgonie, coralli). I rifiuti marini, in particolare lenze e reti da pesca, possono inoltre distruggere, ferire e soffocare colonie di coralli e gorgonie anche in ambienti molto profondi e remoti. La produzione mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 agli oltre 310 milioni attuali e ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate finiscono negli oceani del mondo. La plastica raggiunge il mare a causa di una cattiva gestione dei rifiuti, ma anche per la sovrapproduzione di imballaggi e prodotti monouso che vengono messi in circolazione dall’industria alimentare e non solo. Per limitare i danni, l’Unione Europea ha approvato una direttiva contro la plastica monouso, che rappresenta una delle principali tipologie di plastica trovate nel Mediterraneo. La plastica può colpire gli organismi marini attraverso l’ingestione e l’intrappolamento e gli impatti variano a seconda del tipo e delle dimensioni. Almeno 44 specie marine sono soggette ad intrappolamento nella plastica, in particolare reti da pesca. L’intrappolamento spesso determina la morte per affogamento, strangolamento o denutrizione, soprattutto per i mammiferi marini; la tartaruga marina Caretta caretta è la specie mediterranea più soggetta ad intrappolamento ed è anche una delle principali specie del Mediterraneo note per ingerire plastica (le prime evidenze di ingestione di rifiuti da parte della Caretta risalgono a metà anni ‘80): è infatti stata identificata come specie indicatrice dell’ingestione di rifiuti nell’ambito della Strategia Marina. Diverse specie minacciate e quindi incluse nella Lista Rossa dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN) — dal corallo rosso, passando per il tonno rosso, lo spinarolo e arrivando al capodoglio — risultano compromesse dai rifiuti marini. Mentre dallo studio emergono gli effetti diffusi dei rifiuti marini, e in particolare della plastica, sugli organismi marini del Mediterraneo, al contrario, non ci sono evidenze scientifiche di effetti negativi dell’ingestione di microplastiche nei pesci, né tanto meno del trasferimento delle microplastiche fino all’uomo. Per ulteriori informazioni, l’ISPRA collabora ai due progetti comunitari INDICIT e INDICIT 2 che possono essere consultati al seguente link: www.isprambiente.gov.it/it/archivio/notizie-e-novita-normative/notizie-ispra/2017/07/ indicit-impatti-dei-rifiuti-marini-sulla-tartaruga-marina-e-il-biota (photo © WWF / Troy Mayne, www.wwf.it). Fonte: ISPRA, www.isprambiente.it
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Social di Elena
3. OP Orbetello Acquacoltura, un feed che emoziona 1. iFish, tutto sulla pesca in Europa Non solo dati e numeri, analisi e profili di settore per Paese, ma anche cultura, tradizioni, racconti, storie di vita tutte accomunate da una professione, quella del pescatore. Gli operatori dell’industria della pesca in EU, 116.000 pescatori e 115.000 operatori addetti alla lavorazione del pesce, sono raccontati in iFish.info, portale europeo realizzato da Europêche con la partecipazione di numerose organizzazioni di settore. Da vedere e rivedere.
Ecco un profilo Instagram come si deve, da prendere a esempio per qualità delle immagini, tono della comunicazione e feed sempre curato. La OP Orbetello Acquacoltura (www.orbetelloacquacoltura.com) porta le proprie spigole, orate e ombrine boccadoro d’allevamento sulle tavole di tantissimi estimatori che possono seguire questa realtà anche su instagram.com/orbetelloacquacoltura. Molto bella l’idea di raccontare attraverso immagini che catturano i gesti tutta la professionalità di questi acquacoltori di Orbetello. Bravissimi!
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4. Specialisti del vivo, qualità anche on-line 2. Friend of the Sea versione app Con l’app Find Friend Of the Sea Seafood puoi trovare ristoranti che servono prodotti ittici sostenibili da pesca ed acquacoltura certificate. Questa applicazione, scaricabile gratuitamente sull’Apple Store, fornisce anche informazioni sul progetto Friend of the Sea, l’organismo certificazione di prodotti ittici e servizi da pesca e acquacoltura sostenibili. Utile e di facile consultazione.
Vuoi sapere tutto sui crostacei, frutti di mare e pescato? Vai su www.specialistidelvivo.com, il portale che SDV, azienda specializzata nell'importazione e commercializzazione di crostacei vivi e prodotti ittici di qualità, ha recentemente rinnovato. Per ogni singolo prodotto è disponibile una scheda informativa che riporta denominazione, genere e specie, zona di cattura, metodo di pesca, pezzatura, mantenimento in vasca, stagionalità, disponibilità e periodo di pesca, allergeni, spedizione e imballaggio, caratteristiche chimiche, e, non ultimo, informazioni sulla sicurezza alimentare. Insomma, praticamente tutto! SDV distribuisce i propri prodotti attraverso i principali grossisti, Cash & Carry, Ho.re. ca. ed è presente nelle migliori pescherie del Belpaese (in foto, il Granchio Reale King Crab; photo © SDV).
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Stop al pesce non identificato: presentate una carta d’identità per i ristoratori e una nuova app firmata UECOOP Una carta d’identità del pescato e una app dedicata è il nuovo progetto lanciato dall’Unione Europea delle cooperative (UECOOP) e dalla Federazione Italiana Cuochi (FIC) presentato recentemente all’istituto alberghiero Marco Polo di Genova. Si tratta del primo documento d’identità del pescato che ha l’obiettivo di fornire ai clienti dei ristoranti tutte le caratteristiche del pesce che hanno mangiato. Questo progetto pone al centro la valorizzazione del pescato locale, puntando anche su pesci meno richiesti dai consumatori perché poco conosciuti. «Abbiamo sollecitato i nostri ristoratori ad utilizzare il pescato locale a cui abbinare prodotti agricoli locali e ovviamente stagionali» ha detto all’Ansa DANIELA BORRIELLO di UECOOP. «Il nostro mare è ricco di qualità di pesce che purtroppo non sono conosciute dal consumatore, per cui non sono richieste e, di conseguenza, i nostri pescatori non le pescano. Tra queste vi sono tutti quelli appartenenti alla famiglia del pesce azzurro come i sugarelli, le boghe, le palamite. Il nostro obiettivo è quello di incentivare i ristoratori a preparare piatti con i nostri prodotti ittici, questo aiuta il nostro ecosistema, indirizzando la pesca verso questi tipi di pesce, che ce ne sono tanti e costano poco oltre a essere buoni». App 5 pesci Oltre alla carta di identità del pescato è stata realizzata anche una app per smartphone e tablet, App 5 pesci, che raccoglie ricette, descrizioni sui prodotti ittici e sulle varie cooperative di pesce. La valorizzazione e la promozione del consumo sostenibile delle specie ittiche locali e nazionali ora hanno uno strumento tecnologico in più grazie questa nuova app: in un clic si accede facilmente alle cooperative di settore associate divise per regione. Si possono anche trovare informazioni utili sulla stagionalità del pesce italiano, le ricette per sperimentare in cucina ma soprattutto la carta di identità dei prodotti ittici, con l’indicazione chiara delle zone di origine del pescato e tutte le informazioni che è possibile trovare in etichetta, sia obbligatorie che facoltative. L’app è parte di un più ampio progetto nell’ambito del “Programma Nazionale Triennale della Pesca e dell’Acquacoltura 20172019” realizzato da UECOOP con il contributo del MIPAAF e in collaborazione con la Federazione Italiana Cuochi. Sono infatti state coinvolte dieci regioni italiane (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Campania, Molise, Puglia, Calabria, Sardegna) in attività formative e assistenza tecnica agli operatori, sensibilizzazione di cuochi e ristoratori, coinvolgimento di mass media e istituzioni locali fino ad arrivare al grande pubblico grazie alle varie attività divulgative. Tra gli obiettivi attesi c’è una positiva ricaduta sulla stagnazione dei consumi di pesce che hanno registrato crescita zero nel primo semestre del 2019 e una decisa inversione di tendenza rispetto alle massicce importazioni dall’estero, che attualmente raggiungono l’80% del prodotto totale. >> Link: www.uecoop.org – www.fic.it
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Conferenza, showcooking e pranzo negli spazi di Identità Golose Milano per scoprire la bontà e la qualità delle produzioni della cooperativa toscana
Orbetello Acquacoltura: spigole, orate e ombrine stellate di Gaia Borghi
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In basso: spigola, orata e ombrina boccadoro degli allevamenti di Orbetello Acquacoltura. Un prodotto di qualità superiore, allevato nel pieno rispetto dei massimi standard di sicurezza alimentare.
Lo scorso 3 dicembre, come redazione de IL PESCE, siamo stati invitati da ORBETELLO ACQUACOLTURA negli spazi di Identità Golose Milano — un ambiente esclusivo situato a pochi passi dalle lussuose vetrine di via Montenapoleone e dal Teatro alla Scala —, per partecipare ad un convegno di presentazione che ci ha permesso di conoscere più da vicino e ancora meglio questa importante realtà del settore dell’acquacoltura marina nazionale, i suoi inizi, ma, soprattutto, le direzioni che sono state intraprese in questi ultimi anni a livello di scelte produttive, metodologia di allevamento, controlli, certificazioni e conseguenti valori nutrizionali di prodotto. A seguire, uno showcooking e un pranzo a cura dello chef ANDREA RIBALDONE (Osteria Arborina, La Morra, CN, 1 Stella Michelin), che ha trasformato in splendidi piatti il pesce allevato nelle acque uniche della laguna toscana. Una tradizione antica, sopravvissuta nei secoli Sono diverse le testimonianze storiche che attestano l’importanza della pesca e dell’acquacoltura in quest’area della Maremma grossetana. Già in epoca romana, infatti, nella zona dell’attuale Ansedonia, minuscola frazione del comune di Orbetello (si veda box), era florida l’attività portuale di Portus Cosanus, sovrastato dalla città di Cosa. Un luogo di grande interesse archeologico, dai cui ritrovamenti emerge l’esistenza di allevamenti ittici che avevano come scopo quello di assicurare un prodotto fresco e gustoso destinato alle ricche tavole dei patrizi romani. La naturale vocazione all’acquacoltura di questo ambiente è infatti legata alla presenza di sorgenti di acqua salata calda e pura, sfruttate allora come oggi, ed è questa la ragione della nascita del polo di acquacoltura di Orbetello negli ‘70 del secolo scorso. «Orbetello Acquacoltura è impegnata nell’allevamento intensivo di specie ittiche (spigole e orate; l’allevamento dell’ombrina è stato successivo) a mare fin dagli anni ‘70» ha raccontato MARCO GILMOZZI,
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presidente della Federazione degli acquacoltori europei (FEAP; feap. info), vicepresidente di COOPAM (Cooperativa Produttori Acquacoltura Maremmani, www.coopam.it) e presidente e general manager di COSA (Cosa Società Agricola Arl, www.cosasrl.com). «Siamo stati pionieri di questa attività nel Mediterraneo e in Italia certamente, esistendo allora solo la vallicoltura, qui ad Orbetello e in Veneto». Verso la fine degli anni Novanta, con l’obiettivo di realizzare una struttura che fosse in grado di promuovere e commercializzare tutto il pesce allevato ad Orbetello sotto un unico marchio, nasceva la cooperativa COOPAM. Oggi la OP Acquacoltura Orbetello rappresenta tre aziende che si sono consorziate ed è a tutti gli effetti uno degli attori protagonisti della produzione di acquacoltura nel nostro Paese. Acqua pura e incontaminata e analisi quotidiane per una sicurezza totale «L’acqua è l’elemento naturale in cui il pesce vive e l’acqua degli allevamenti di Orbetello è davvero unica al mondo» prosegue Gilmozzi. «In un allevamento intensivo, a causa del numero di animali e del loro ridotto ambiente vitale, è necessario che questa abbia, e mantenga costantemente nel processo, la massima qualità allo scopo di prevenire qualsiasi tipo di stress per il pesce. Negli impianti di Orbetello l’acqua proviene interamente da un acquifero fossile, un fiume sotterraneo che in quest’area si trova a meno di tre metri dalla superficie, rendendo i costi di estrazione molto bassi. Si tratta di un’acqua pura ed incontaminata, priva di inquinanti e pesticidi — le analisi effettuate dall’Università di Firenze lo confermano —, estratta attraverso pozzi artesiani: la sua purezza è la migliore garanzia per la salute, quella dei pesci e quella di chi questi pesci acquista e consuma». L’acqua si riscalda per una reazione al contatto con le rocce e ha tutto l’anno una temperatura costante, compresa tra i 22 °C e i
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Il mulino spagnolo nella laguna di Orbetello, ultimo rimasto di nove mulini costruiti dai Senesi nel XV secolo. Disposti in linea, funzionavano mediante lo sfruttamento dell’energia dell’acqua che fluendo nello stagno ogni sei ore imprimeva il movimento alle macine per il grano, che veniva poi trasportato sulla terraferma con i “barchini”, piccoli natanti caratteristici della zona.
Orbetello: la laguna e il territorio circostante, un patrimonio di biodiversità e di storia Orbetello si colloca nella parte meridionale della Toscana, in un territorio che presenta grandi motivi di interesse sia per quanto riguarda l’aspetto naturalistico, sia per quello che concerne l’ambito storico ed artistico. La zona è celebre a livello internazionale anche e soprattutto per la laguna di Orbetello, ecosistema straordinario e custode di una delle riserve umide più importanti della Toscana: al suo interno vivono infatti numerose specie di pesci e si presenta come l’habitat naturale per gli uccelli di palude. L’idroscalo di Nervi di Orbetello rappresenta una leggenda dell’Aeronautica: da qui ‘80 anni fa partirono le grandi trasvolate atlantiche. Un’antica città romana Ansedonia, frazione del comune di Orbetello, è situata su un piccolo promontorio che raggiunge i 114 metri sul mare, nel punto in cui il tombolo della Feniglia si unisce alla costa maremmana. Costruita sulle rovine dell’antica città romana di Cosa, Ansedonia è interamente costituita da ville costruite negli anni ‘50/‘60 che diventarono luogo riservato per vacanze a contatto con la natura. La sua spiaggia è famosa per le due opere di ingegneria che i Romani usarono per regolare le correnti dal vicino lago di Burano al mare: la spaccatura che serviva da “chiusa” naturale, lo “Spacco della Regina”, e la fenditura artificiale “la Tagliata”.
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24 °C. «Ogni pozzo viene analizzato ogni 4 mesi e lo staff tecnico degli impianti quotidianamente verifica e gestisce i flussi, l’ossigeno ed altri gas disciolti, i solidi sospesi, per citare alcuni parametri, allo scopo di assicurare al pesce un ambiente ideale» sottolinea Gilmozzi. Benessere animale, freschezza e sicurezza del prodotto e Omega-3 elevati come valore aggiunto «In Italia più dell’80% del pesce che mangiamo arriva dall’estero e in particolare dal di fuori dei confini europei, anche perché l’acquacoltura in Europa, per varie ragioni, legate soprattutto a difficoltà burocratiche, ottenimento di permessi, ecc…, cresce pochissimo» ha continuato Marco Gilmozzi. «Eppure, il Fish Dependence Day — data che identifica simbolicamente la fine di pesce, molluschi e crostacei da approvvigionamento interno e l’inizio della dipendenza dal pesce
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1) Marco Gilmozzi. 2) Mezzemaniche cacio e pepe ripiene di battuto di spigola di Orbetello e la sua pelle croccante. 3) Velo di orata di Orbetello e la sua pelle croccante, porcino arrosto e olio aromatizzato al cavolo nero. 4) Gnocchi alle cime di rapa con ombrina boccadoro di Orbetello cruda. 5) Lo chef Andrea Ribaldone, protagonista dello showcooking e autore del pranzo servito al termine del convegno.
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Spigola, orata e ombrina Boccadoro: i pesci di Orbetello Spigola di Orbetello La spigola o branzino (Dicentrarchus labrax, LINNAEUS, 1758) è un pesce osseo marino e d’acqua salmastra della famiglia Moronidae. È molto apprezzata per la sua carne succulenta e corposa e per il suo gustoso sapore è ricca di proteine, potassio, fosforo, ferro oltre ad essere una buona fonte di vitamine del gruppo B e di altre vitamine come D, A, C ed E. È facile da digerire, con poche calorie e ricco di Omega-3. La quasi totale assenza di spine e lische lo rende particolarmente appetibile sia agli occhi dei più pigri che a quelli dei bambini. Orata di Orbetello L’orata (Sparus aurata, LINNAEUS, 1758) è un pesce osseo di mare e di acque salmastre appartenente alla famiglia Sparidae. È particolarmente consigliata dai nutrizionisti ai bambini in fase di crescita, agli adolescenti in periodo di sviluppo, alle donne in menopausa, agli individui in terza età e ai pazienti in convalescenza. Questo pesce è infatti molto ricco di proteine ad alto valore biologico, sali minerali, vitamine del gruppo B e Omega-3. È altresì povero di grassi, calorie e facile da digerire. Ombrina boccadoro di Orbetello L’ombrina boccadoro o bocca d’oro (Argyrosomus regius) è un pesce di mare e di acque salmastre della famiglia Sciaenidae. È l’ultima delle tre specie elencate ad aver trovato “casa” nelle acque di Orbetello. Ha carni molto apprezzate: cruda ha una buona consistenza e un sapore delicato, cotta ha un aroma più intenso. Apporta amminoacidi, lipidi essenziali, sali minerali e vitamine PP, B3 e D. È consigliata per l’alta digeribilità e il ridotto apporto a livello energetico.
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estero, NdR —, ogni anno arriva in anticipo (nel 2020 sarà a marzo). Se vogliamo continuare a mangiare pesce, un alimento necessario per mantenerci in salute e per la qualità della nostra vita, l’acquacoltura è quindi l’unica soluzione possibile. Come acquacoltori qui ad Orbetello la nostra ambizione è quella di differenziarci per qualità di prodotto e caratteristiche igienico-sanitarie degli allevamenti». Qualità che deriva, oltre dalle peculiarità del luogo prima elencate, in primis dall’alimentazione dei pesci. «La qualità dell’alimento è fondamentale per la qualità del prodotto». specifica Gilmozzi «Per questo i nostri mangimi sono costituiti per il 50% da farine vegetali di girasole, soia e mais OGM free e da farina di pesce ed olio di pesce proveniente da pesca sostenibile di primissima qualità, con certificazione Friend of the Sea». La dieta dei pesci è differenziata per le diverse fasi della loro crescita e il controllo sul prodotto è effettuato
tutti i giorni. «Nei nostri allevamenti — prosegue Gilmozzi — teniamo al benessere dei nostri pesci tanto quanto al benessere dei nostri clienti. Gli avannotti provengono da avannotterie selezionate e la durata media dell’accrescimento è di 1824 mesi, ma vendiamo pesci anche di tre e persino quattro anni. La taglia di prodotto ci contraddistingue rispetto ai nostri competitors. Infine, le nostre spigole, le nostre orate e le nostre ombrine fanno bene alle persone che le mangiano. Basti sapere che il valore di Omega-3 del nostro prodotto supera 3 e il rapporto tra Omega-3 e Omega-6 eguaglia quello del pesce di mare». Sempre il pescato del giorno «Si pesca dal lunedì al sabato, lavorando sull’ordine della clientela» conclude Gilmozzi. «Ogni mattina il responsabile raccoglie gli ordini e determina in base a specie e taglia le quantità che dovranno essere pescate da ciascun impianto. Il pesce viene
poi immediatamente trasportato in stabilimento dove avvengono selezione, incassettamento ed etichettatura». Posto in cella sotto ghiaccio, il pesce arriva sui banchi di vendita entro 20 ore dalla pesca. «In genere alle 14:00 tutti i camion sono partiti» commenta Marco Gilmozzi. Il prodotto, infine, è disponibile 12 mesi l’anno ed è sempre accompagnato da tutti i documenti necessari per la sua rintracciabilità completa. Il pescato di Orbetello Acquacoltura è spedito in tutta Italia ma arriva anche ad Hong Kong, Los Angeles, New York…: sono soprattutto gli chef italiani sparsi per il mondo a richiederlo. «Nei pesci di Orbetello Acquacoltura ho ritrovato il profumo del pesce di mare» ha commentato lo chef Andrea Ribaldone. «È un prodotto che sa di timo, fresco, invitante». Ed è buonissimo. Gaia Borghi >> Link: www.orbetelloacquacoltura.com
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EVENTI
Fish From Greece a Milano con Simone Rugiati Dalla Grecia alla tavole degli Italiani. Lo showcooking dello chef toscano, brand ambassador di HAPO, l’organizzazione degli acquacoltori greci “Se fai bene la spesa, il miglior ristorante del mondo è casa tua”: parola di SIMONE RUGIATI, classe 1981, chef, conduttore e autore televisivo noto al grande pubblico per i suoi numerosi programmi di cucina che non transige sull’utilizzo di materie prime pregiate in cucina. Un profilo dunque, quello di Simone, che ben rispecchia i valori e la mission di HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization, che lo ha scelto non a caso come brand ambassador in Italia. Dal 2016 ad oggi HAPO si pone l’obiettivo di affermare l’unicità dell’identità ellenica e degli
elevati standard qualitativi del pesce fresco greco marchiato Fish From Greece, assicurati dai metodi e dalle pratiche di allevamento propri delle aziende associate. Quando parliamo del pesce fresco greco “firmato” Fish From Greece ci riferiamo a quattro prodotti di eccellenza, l’orata, il branzino, il pagro e l’ombrina boccadoro, che portano sulla tavola degli Italiani tutta la ricchezza, la diversità e la purezza provenienti dalla trasparenza dei mari della Grecia, ecosistema ideale per l’allevamento di pesce fresco e sano.
Lo showcooking di Simone Rugiati a Milano col pesce a marchio collettivo Fish from Greece. Il brand testimonia l’identità greca di tutto il pesce fresco allevato in modo responsabile con la cura, il know-how e la competenza dei soci della Hellenic Aquaculture Producers Organization (HAPO) presso gli allevamenti situati nei mari greci, nel pieno rispetto delle normative europee.
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È così che HAPO si impegna a offrire ai consumatori, giorno dopo giorno, la freschezza, il gusto, le proprietà nutritive e la qualità eccellente del pesce greco, allevato con cura da professionisti esperti, nel rispetto dell’ambiente e delle normative europee. I pesci freschi greci contrassegnati col sigillo di fiducia Fish from Greece, raggiungono infatti i diversi mercati in modo rapido e sicuro, mantenendo inalterati i valori nutrizionali, le caratteristiche qualitative e il loro gusto unico. Da vivai tecnologicamente avanzati a strutture di confezionamento all’avanguardia: i pesci Fish from Greece vengono nutriti esclusivamente con mangimi certificati e privi di OGM, confezionati con grande cura e trasportati nei mercati locali e internazionali utilizzando metodi di refrigerazione che assicurano, durante l’intero processo, una catena del freddo efficiente. Numerose e appetitose sono poi le ricette che possono trovare nei pesci “targati” Fish from Greece degli alleati perfetti, come l’Orata al vapore proposta da Simone Rugiati, arricchita da carote scottate, salsa al curry e fiori di nasturzio: un piatto prelibato, originale e dai rimandi “esotici”, in cui il pesce è il protagonista assoluto. Rugiati, definito come il “pioniere dello showcooking in Italia”, ha un modo di approcciarsi alla cucina che può sintetizzarsi nel celebre less is more, espressione che si traduce nel rispetto e nella valorizzazione dell’ingrediente principale di un piatto, attraverso una creatività fresca e divertente.
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rapporti con le autorità competenti, promuove progetti di sviluppo e l’internazionalizzazione del prodotto all’interno dell’UE». Col marchio collettivo Fish from Greece, i cui colori rimandano alla bandiera greca e al mare, si è data identità ai tanti allevatori che garantiscono elevati standard di produzione nel rispetto delle direttive comunitarie. L’acquacoltura in Grecia L’allevamento ittico è uno dei settori primari dell’economia greca, con una produzione che nel 2018 si è attestata a 117.000 t, composta quasi interamente da orate e branzini e l’Italia assorbe il 45% dell’export (67.000 t nel 2018). Gli impianti di allevamento sono ubicati in aree isolate e ciò contribuisce alla ripopolazione di queste zone. Il comparto occupa circa 12.000 lavoratori con un trend in crescita. Per il 2030 si stima che la produzione ittica nazionale raggiunga infatti le 220.000 t, con un conseguente consolidamento del pesce greco sui vari mercati europei. In occasione dell’evento milanese, Simone Rugiati ha proposto un’appetitosa ricetta all’insegna della freschezza e della bontà grazie alla pregiata materia prima proveniente dai mari greci: un’orata al vapore arricchita da carota scottata, salsa al curry e fiori di nasturzio. HAPO, dalla Grecia alla tavola degli Italiani In occasione dell’evento milanese abbiamo scambiato qualche parola con ISMINI BOGDANOU, direttore marketing e comunicazione dell’associazione HAPO, che rappresenta circa l’80% dell’industria dell’acquacoltura greca. «Il mare unisce il territorio greco ed è l’ambiente
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naturale per l’allevamento ittico» ci ha detto Bogdanou, ricordando che questa attività rimanda le sue origini a tempi antichissimi che arrivano al 1200 a.C. nell’isola di Creta. «HAPO è stata fondata nel 2016 e oggi conta 23 società». Quali sono i suoi obiettivi? «Attraverso l’autofinanziamento essa opera per il sostegno e lo sviluppo del settore ittico, promuove i
Fish from Greece Il progetto di comunicazione Fish from Greece al momento è focalizzato su Italia, Francia e Germania e marginalmente anche sulla Grecia, che assorbe solo il 20% del prodotto allevato nazionale. «Attraverso questa campagna di comunicazione in Italia vogliamo promuovere la percezione del marchio presso consumatori, buyer e grossisti, dare finalmente un’identità al prodotto greco e differenziarci dal pesce turco» ha concluso Ismini Bogdanou. >> Link: fishfromgreece.com
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Alla scoperta delle eccellenze gastronomiche del Nord Europa
Eat Nordic e sii felice Lo scorso fine novembre Danimarca e Norvegia hanno unito le forze a Milano per realizzare la prima edizione di Eat Nordic. Esperti e appassionati sono andati alla scoperta delle eccellenze gastronomiche del Nord Europa: tra i prodotti presenti salmone, stoccafisso, fondi di cottura e bottarga norvegesi oltre ad ostriche, burro, formaggio, birra e carne dalla Danimarca. Insieme a VisitDenmark (www. visitdenmark.it), Innovation Norway (www.innovasjonnorge.no) e alle aziende partner, Eat Nordic ha coinvolto anche il Nordic Council, organizzazione creata del 1952 che riunisce Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, le Isole Faroe, la Groenlandia e delle Isole Åland e che sostiene progetti di cooperazione
nordica in diversi ambiti, tra questi gastronomia e sostenibilità. I paesi nordici sono da tempo diventati un punto di riferimento nella cucina d’autore globale grazie a materie prime di alto livello a cui si aggiungono uno spirito libero e aperto alle contaminazioni, uguaglianza, innovazione, sostenibilità e fiducia. Tutti questi sono valori fondanti che accomunano i produttori, insieme ad un approccio che garantisce ingredienti di gusto e qualità nel rispetto dell’ambiente, delle persone e dei metodi di produzione. Eat Nordic ha così riunito tutti gli attori di riferimento, professionisti trade, chef e consumatori, per un’esperienza di assaggi e degustazioni guidate alla scoperta del vero spirito nordico.
Tra i prodotti danesi ricordiamo le ostriche del Wadden Sea, considerate dai più grandi chef tra le migliori al mondo e rappresentate dagli organizzatori del Festival delle Ostriche (www.danmarksoestersfestival.dk). L’evento riunisce ogni anno in ottobre (prossima edizione 11-12 ottobre) chef e appassionati a Rømø, isola danese nel Wadden Sea, a sud ovest della Danimarca. La Norvegia era rappresentata da diverse realtà interessanti. NORDLAKS (www.nordlaks.no), ad esempio, azienda familiare operante nel settore dell’acquacoltura integrata, produce salmone e trota iridea in impianti all’avanguardia nelle isole Vesterålen, a nord del Circolo Polare Artico, in un ambiente dalla bellezza mozzafiato, dove le condizioni per
Alcuni ragazzi impegnati nella raccolta di ostriche nel Wadden Sea (photo © vadehavscentret.dk).
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Stoccafisso alle isole Lofoten (photo © mediavn – stock.adobe.com). l’allevamento del pesce sono ottimali. Il rigido sistema di controllo lungo tutta la filiera assicura qualità eccellente e tracciabilità. Lo stoccafisso delle Lofoten IGP (in norvegese, Tørrfisk fra Lofoten) è lo Skrei, il merluzzo selvaggio artico pescato nel mare delle isole norvegesi Lofoten, a nord del Circolo Polare Artico. Esso non contiene alcun additivo o conservante ed è il risultato di un lungo e naturale processo di
essiccazione e stagionatura che segue lo stesso metodo utilizzato dai Vichinghi mille anni fa. Lo stoccafisso delle Lofoten è il primo prodotto norvegese ad aver ottenuto l’Indicazione Geografica Protetta dall’Unione Europea a garanzia della sua qualità e origine. RÅ SJØMAT (bottarga.no) è un’azienda a conduzione familiare che vuole offrire al consumatore un’e-
sperienza di gusto innovativa. Durante il periodo di pesca stagionale del merluzzo, Rå Sjømat produce bottarga da questo pesce pregiato che vive nelle fredde e limpide acque dei mari artici. La bottarga di merluzzo, prodotta in modo sostenibile è un prodotto naturale, contiene solo additivi naturali. >> Link: innovationnorway.no visitdenmark.com
AZIENDE
Un prodotto con standard di alta qualità distribuito da Ittigel Srl
Dal Sol Levante arriva in Italia il Pagro maggiore Un prodotto mai commercializzato in Italia, standard produttivi e qualitativi indiscutibili e un’azienda, la NICHIREI FRESCH INC, che non ha bisogno di presentazioni: in collaborazione con ITTIGEL SRL dalla terra dal Sol Levante arriva in Italia il Pagro maggiore (Pagrus major). Questa specie di pagro viene allevata da oltre un secolo in Giappone. I primi impianti risalgono al 1907, ma è stato solo in anni recenti che la produzione è stata ripresa con processi e metodologie industriali, che hanno contribuito a raggiungere volumi e pezzature in linea con i consumi odierni e ottenere un ulteriore miglioramento della
qualità già altissima della carne. Ideale per le preparazioni a crudo, come sushi e sashimi, il pagro rappresenta uno stimolo per gli chef che vogliono mettere alla prova la loro tecnica e creatività con tartare e carpacci. Si presta, inoltre, alle preparazioni della cucina fusion e internazionale. Prima ancora di arrivare in cucina, questo prodotto strizza l’occhio ai distributori, in particolare a quelli che si rivolgono alla ristorazione di alto profilo e sono sempre alla ricerca di qualcosa di unico e diverso da proporre in un mercato virtualmente ancora senza concorrenza.
A rendere eccellente questa specie ittica sono sia il metodo di allevamento che di lavorazione: dalla cattura al confezionamento del prodotto finito trascorrono solo poche ore. Nichirei, uno dei principali produttori giapponesi di alimenti surgelati e leader nella conservazione di celle frigorifere, possiede l’area di allevamento del pagro nella zona di Shikoku. I pesci si sviluppano da uova selezionate di esemplari a loro volta scelti e poi allevati per due anni in ambiente naturale; di conseguenza, si può parlare di acquacoltura a ciclo completo e, per quanto ri-
Le carni di Pagro maggiore sono ideali nelle preparazioni a crudo come i classici carpacci o sushi e sashimi. 50
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Prodotto
Filetto congelato di Pagro maggiore
Origine
Giappone
Packaging
IWP
Pezzatura
0,3-0,5 kg/unità
guarda la tracciabilità, si può risalire dallo stock al prodotto finito. A poca distanza dall’allevamento sorge la fabbrica: qui il pagro viene lavorato con un procedimento tradizionale chiamato Ikijime e pensato per mantenere intatta la freschezza e le caratteristiche organolettiche della carne. Per questo motivo in tutte le fasi di lavorazione successive all’Ikijime, il pesce viene raffreddato per conservarne i vantaggi. Dopo l’Ikijime, che consiste nel drenare il sangue dal pesce vivo, gli animali vengono puliti, sfilettati, confezionati e, infine, congelati in celle ad elevate performance per mantenere perfettamente l’umami. Il pagro è allevato e processato con una tecnologia che esalta l’umami, il cosiddetto quinto 52
gusto, dopo dolce, salato, amaro e acido. In Giappone l’umami è stato identificato dal professor KIKUNAE IKEDA nel 1909. Fino a qualche anno fa appannaggio della sola cucina giapponese, oggi il termine umami è entrato nel lessico comune degli chef internazionali e non solo. Non una moda passeggera del mondo del food, quindi, ma un gusto sapido e piacevole che viene dal glutammato e da diversi ribonucleotidi, tra cui inosinato e guanilato, che si trovano naturalmente in diversi cibi. «Collaboriamo con Nichirei Fresh Inc. da molto tempo. La stima che ci lega è reciproca così come la passione per la ricerca di standard di alta qualità» afferma M ARCO SCHIARETTI, titolare di Ittigel Srl insieme al fratello LUCA. «Crediamo
molto in questo prodotto, lavorato e confezionato in poche ore dopo la cattura e che ancora non è presente in Italia». Per chi pensava di non avere più nulla da scoprire sui prodotti ittici nel mercato italiano potrebbe restare piacevolmente sorpreso da un progetto ambizioso: un prodotto congelato pensato per il crudo, una specie di pagro allevato e poi confezionato a poche ore dalla pesca con tecniche tradizionali giapponesi migliorate da tecnologie di ultima generazione e mai commercializzato in Italia. Ittigel Srl Piazzale Caduti del Lavoro 1 43052 Colorno (PR) Telefono: 0521313375 / 0521310527 Web: www.ittigel.it IL PESCE, 1/20
La spagnola Angulas Aguinaga acquisisce una partecipazione maggioritaria di Riunione Industrie Alimentari ANGULAS AGUINAGA, impresa spagnola leader del settore ittico moderno, ha acquisito una partecipazione maggioritaria di RIUNIONE INDUSTRIE ALIMENTARI. La compagnia spagnola vanta un’ampia gamma di prodotti come cozze, polpo e surimi, fra gli altri, che permetterà di completare il portfolio attuale di Riunione. «L’entrata in campo di Angulas Aguinaga sarà un impulso che ci permetterà di continuare a crescere con nuovi input rispetto al settore ittico moderno e consolidare la leadership di Riunione», ha dichiarato il direttore generale di Riunione ANDREA COPPOLA. Allo stesso modo, IGNACIO MUÑOZ CALVO, CEO di Angulas Aguinaga, ha affermato «siamo molto felici che Riunione entri a far parte della nostra famiglia, non solo perché è un punto di riferimento del mercato italiano di questo settore, ma anche perché siamo sicuri che insieme potremo impegnarci per rinnovare e rivoluzionare l’alimentazione dei consumatori italiani». Si tratta di un accordo molto vantaggioso per entrambe le parti, combinando un’ampia esperienza, distribuzione e presenza nelle famiglie e clienti italiani di Riunione e grazie ad una costante innovazione ed esperienza nel comparto ittico moderno di Angulas Aguinaga. La società spagnola produrrà nei suoi stabilimenti in Spagna i prodotti che si venderanno successivamente sul mercato italiano, sia quelli già in commercio, sia quelli che verranno introdotti nei prossimi mesi (in foto, il Centro de innovación di Angulas Aguinaga). >> Link: www.lariunione.it
BERNARDINI GASTONE SRL - CENAIA CRESPINA (PISA) - TEL. 050 644100 WWW.BERNARDINIGASTONE.IT
Presentata la nuova decapitatrice e filettatrice per le acciughe
Novità per Piramide di Elena Benedetti
Siamo nel cuore dell’Emilia, a pochi chilometri da Parma e nel cuore di quella Food Valley, che non è solo prodotto ma anche indotto tecnologico. Un segmento della filiera che è costituito da imprenditori che con competenza e professionalità progettano e realizzano macchinari per l’industria della trasformazione ittica, proprio come VIRGINIO TIBALDI, amministratore unico di PIRAMIDE SRL. La sua società è specializzata nel settore dell’industria ittica e, grazie ad una consolidata esperienza maturata nel settore, è in grado di fornire know how e tecnologie per la messa in opera di linee di produzione o di stabilimenti completi. A fine gennaio siamo andati a far visita all’azienda a Mezzano Inferiore per assistere alla presentazione di una nuova macchina, una decapitatrice e filettatrice
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per acciughe. Si tratta di un macchinario innovativo che, tarato sulla base della dimensione del pesce, arriva ad una capacità produttiva di 9.000 pezzi all’ora. Le acciughe fresche sono posizionate sul nastro di trasporto, quindi decapitate e, entro una manciata di secondi, escono perfettamente filettate, riducendo drasticamente i tempi della filettatura e meccanizzando un processo che, manualmente, richiede parecchio lavoro. «Il prossimo step sarà lavorare col prodotto salato» ci dice Tibaldi, circondato da clienti giunti a Mezzano Inferiore anche dall’estero per assistere alla presentazione. La macchina è composta da due parti, una decapitatrice e una filettatrice, e può essere utile anche solo per rimuovere la testa per poi procedere alla salatura del prodotto intero.
Piramide Srl Via G. Cavestro 3/c 43055 Mezzano Inferiore (PR) Telefono: 0521 1790630 Web: www.piramidetechfish.com Nota In alto, i vari passaggi della lavorazione dell’acciuga, dalla rimozione della testa a quella della coda fino alla filettatura.
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Tra le attività di Piramide Srl ci sono la progettazione, la produzione, il montaggio e l’assistenza di macchine ed impianti per l’industria ittica in genere. Con la decapitatrice (mod. Neco) e la filettatrice per acciughe (mod. Giada) l’azienda di Virginio Tibaldi è in grado di fornire una tecnologia idonea per la lavorazione completa dell’acciuga, con una produzione oraria che raggiunge i 9.000 pezzi. Nello stabilimento di Mezzano Inferiore, in provincia di Parma, l’azienda progetta e realizza macchinari per la lavorazione di pesci e cefalopodi destinati all’industria, come ad esempio filettatrici, taglierine, tavoli di sganciamento e squamatura e glassatrici. Non mancano banchi esposizione, pulisci-cozze e altri impianti per le pescherie, oltre ad un’ampia gamma di accessori.
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La freschezza ha le forme di Mondel di Elena Benedetti
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Siamo a Solesino, nella Bassa Padovana, ad una cinquantina di chilometri da Chioggia. Qui opera MONDEL SRL, l’azienda di PAOLO MIOTTO e CINZIA ZANELLA specializzata nella progettazione e realizzazione di banchi frigo ed espositori refrigerati. Il loro obiettivo? Semplice da dire ma non banale nella realizzazione. Esso consiste nella fornitura di veri e propri elementi di arredo capaci di coniugare l’estetica e il design — oggi elementi imprescindibili — con la funzionalità. Eh già, perché se i banchi frigo devono contenere alimenti come pesce e carne, le garanzie di tenuta del freddo e, di conseguenza, della sicurezza e salubrità, devono essere massime. Abbiamo incontrato Cinzia Zanella, managing director di Mondel, nella sede aziendale. «La nostra storia è iniziata più di trent’anni fa con l’idea di fare qualcosa di diverso dalle aziende tradizionali. Abbiamo così iniziato a lavorare l’acciaio con una professionalità e competenza che poteva contare su una maturata
esperienza nella manualità e nella saldatura» ci racconta. «Il sogno era quello di creare un’azienda che unisse tecnica, passione e design». Un sogno che è diventato un’azienda di 35 persone che progettano e realizzano banchi frigo, espositori refrigerati e vetrine espositive. E lo fanno con un approccio quasi “sartoriale”, assecondando le richieste di personalizzazione dei clienti attraverso un servizio mirato e completo, che oggi è forse l’elemento più vincente in un mercato polarizzato tra prodotti standard ed esigenze di customizzazione. «Negli anni ‘80 il banco del pesce praticamente non esisteva, era composto da cassette di plastica o polistirolo impilate. Il primo banco del pesce che progettammo, Maui, attualmente ancora in produzione, venne presentato nel 1989: una novità nel settore della vendita del pesce al dettaglio che valorizzava il prodotto, migliorandone l’esposizione e garantendo una maggiore conservazione».
I prodotti Mondel sono concepiti per soddisfare le diverse esigenze degli operatori che cercano risposte personalizzabili a seconda dello spazio a loro disposizione: Mondel eccelle nella creazione di spazi che contribuiscono ad aumentare l’efficienza lavorativa, di facile e pratico utilizzo, che assicurano una freschissima conservazione del pesce, carne o altri cibi.
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Per anni Mondel si è occupata di assistenza, supporto e riparazione di espositori refrigerati e banchi frigo. Questo ha permesso all’azienda di conoscere a fondo i prodotti, di capire quali fossero i punti deboli e quali le effettive necessità degli utilizzatori. Forte di questo know-how, Mondel è oggi in grado di offrire prodotti su misura idonei a soddisfare ogni tipo di esigenza, tra cui funzionalità e sicurezza, tramite l’utilizzo di materiali e verniciature atossiche garantendo allo stesso tempo un alto impatto estetico.
Tecnica, passione e design sono stati i driver che hanno fatto crescere questa azienda che da Solesino oggi vende il 60% della produzione sui mercati esteri, in 70 Paesi, Giappone incluso. «Una bella soddisfazione per noi che realizziamo prodotti che sono
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fuori dalle mode e dal tempo, che si plasmano alle esigenze del cliente per garantire funzionalità ed estetica» sottolinea Zanella. In Mondel tutte le varie fasi produttive sono integrate: si va dall’engineering alla progettazione
personalizzata, dal taglio laser al collaudo funzionale. Il personale segue le realizzazioni in tutte le fasi, compresa l’installazione e la manutenzione, restando un punto di riferimento per il cliente. Ma come evolvono le tendenze
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del settore? E, soprattutto, come si può contribuire ad offrire soluzioni in un contesto di mercato in continua evoluzione? «Nel caso della progettazione del banco del pesce seguiamo le tendenze ma, soprattutto, sono gli stessi clienti che offrono spunti e idee che possono contaminare positivamente il punto vendita del pesce fresco» ci risponde Paolo Miotto, Product Director di Mondel. E se le chiedessi di riassumere i punti di forza della vostra azienda? «Sicuramente c’è la nostra specializzazione nella creazione di spazi che contribuiscono ad incrementare l’efficienza lavorativa e che assicurano una freschissima conservazione del pesce, carne o altri cibi. Poi c’è l’assistenza al cliente e quella flessibilità nell’approccio al progetto che ci consente di apportare tutte le modifiche necessarie per la buona riuscita dell’allestimento. In altre parole, c’è disponibilità a lavorare con i nostri interlocutori commerciali e a operare senza modelli standardizzati ma al contrario totalmente personalizzati». Un altro punto strategico è quello che riguarda la scelta dei materiali degli espositori con attenzione alle saldature, al fine di garantire la massima durata nel tempo del banco refrigerato. L’acciaio inox, lavorato artigianalmente nello stabilimento di Solesino, è ciò che rende unico l’espositore Mondel, che coniuga così efficienza e funzionalità ad un gusto estetico di forte impatto visivo. Le forme degli espositori Mondel sono infatti le più svariate, anche arrotondate con tubi inox calandrati, tutti saldati manualmente.
Mondel Srl Viale dell’Artigianato 381 35047 Solesino (PD) Telefono: 0429 770767 Web: www.mondel.it
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Mondel progetta e realizza banchi frigo, espositori refrigerati e vetrine espositive unendo tecnica, passione e design.
Gli espositori Mondel, accuratamente studiati nelle loro componenti frigorifere, garantiscono una conservazione ottimale per ogni tipologia di prodotto e necessità della clientela. Mondel propone diverse soluzioni. Ne elenchiamo qualcuna: • • • • • • • •
Espositori refrigerati per il pesce; Banchi frigo macelleria; Banchi frigo salumeria; Banchi frigo gastronomia; Banchi frigo supermercati; Espositori murali refrigerati; Espositori pensili; Vetrine refrigerate vino.
Tutti i prodotti Mondel, realizzati con materiali di elevata qualità e lavorazioni attente e scrupolose, sono personalizzabili a seconda delle proprie esigenze: la funzionalità e la flessibilità riscontrabili sia in fase progettuale che in fase tecnologica costituiscono un punto di forza all'interno del mercato in cui l'azienda opera. Anche la valorizzazione dell’estetica di prodotto è un punto fondamentale: le vetrine refrigerate di Mondel, infatti, oltre ad enfatizzare “l’ambiente” in cui sono inserite, riescono a valorizzare al meglio i prodotti esposti, mettendone in risalto la freschezza e le qualità intrinseche. Infine, ricordiamo che i prodotti Mondel sono certificati Vision 2000, un riconoscimento a livello mondiale che garantisce la massima qualità e testimonia l’alto indice di efficacia aziendale che si rispecchia nel considerevole tasso di fedeltà dei clienti.
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INFO ALLE IMPRESE
Contributi a fondo perduto
Regione Veneto Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico trasformazione e commercializzazione Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 5.69 per investimenti produttivi nel settore della trasformazione e commercializzazione prodotti ittici Sarà operativo a breve il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti nelle aziende di trasformazione e commercializzazione prodotti ittici già realizzati e da realizzarsi nel 2020/2021 per: 1. ristrutturazione e ampliamento di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione ecc… 3. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda
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4. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione 5. acquisto di mezzi refrigerati; 6. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione ecc… Regione Veneto Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico acquacoltura Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 2.48 per investimenti produttivi nel settore dell’acquacoltura Sarà operativo a breve il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti già realizzati e da realizzarsi nel 2020/2021 per: 1. costruzione/ampliamento o miglioramento degli impianti di acquacoltura e maricoltura per la riproduzione di pesci, crostacei e molluschi o altri organismi marini
di interesse commerciale; 2. acquisto di barche di 5a categoria al servizio degli allevamenti compresi i macchinari di raccolta e lavorazione a bordo; 3. acquisto di attrezzature o macchinari per impianti di acquacoltura; 4. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione con l’acquisto di attrezzature volte a proteggere gli allevamenti dai predatori; 5. acquisto di mezzi refrigerati per il trasporto dei prodotti ittici; 6. programmi informatici hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. investimenti per la diversificazione del reddito (vendita diretta, ittiturismo, ecc...); 8. spese generali tecnici/collaboratori, ecc…
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INDAGINI
Pesce a tavola, quali abitudini? Convinti delle proprietà nutrizionali benefiche del pesce, apprezzato anche per il suo gusto, 6 consumatori su 10 preferiscono quello fresco, con un occhio alla provenienza e un altro all’aspetto. Ecco i risultati della survey UNC in collaborazione con Assoittica Proprietà benefiche (70% delle risposte) e piacere per il palato (66%) sono le principali ragioni che spingono i consumatori a mangiare pesce, la cui scelta di acquisto, con preferenza per quello fresco, dipende principalmente dalla provenienza (66%) e dall’aspetto (63%). Questi i primi risultati emersi dalla survey “Pesce a tavola: quali abitudini?” lanciata recentemente dall’UNC – Unione Nazionale Consumatori sul sito www.consumatori.it e sui suoi canali social e realizzata con la collaborazione di ASSOITTICA, Associazione Nazionale delle Aziende
Ittiche. «Il sondaggio — spiega MASSIMILIANO DONA, presidente dell’UNC
— seppur non abbia valore statistico e intenda semplicemente fotografare il sentiment degli utenti, ha avuto un significativo riscontro (oltre 600 risposte), a conferma dell’attenzione sempre crescente che i consumatori mostrano verso un’alimentazione sana ed equilibrata». Entrando nel vivo dello studio, quasi la metà dei consumatori dichiara di mangiare pesce 2/3 volte alla settimana e il 32% una volta a settimana, con un’importante preferenza per il pesce fresco (61% delle
risposte), seguito dal pesce congelato/ surgelato (35% delle preferenze). Tra le motivazioni principali nel consumo di pesce, troviamo le proprietà benefiche di questo alimento, evidenziate dalle donne ancor più che degli uomini (74% vs 66% delle risposte). Proseguendo nell’analisi dei dati, il costo (indicato da 32 consumatori su 100) e il poco tempo a disposizione da dedicare alla preparazione di questo alimento (31% delle scelte) sembrano rappresentare un freno ad un consumo maggiore di pesce. «Un dato questo — commenta
Il “fresco” resta la tipologia preferita dagli acquirenti di pesce (photo © ancamilushev – stock.adobe.com).
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Tra i motivi principali del consumo di pesce troviamo le proprietà benefiche dell’alimento, evidenziate dalle donne più che degli uomini, mentre il costo e il poco tempo a disposizione da dedicare alla preparazione sembrano rappresentare un freno ad un suo acquisto maggiore
Oggi è fondamentale informare un consumatore sempre più attento alla propria alimentazione, che richiede di essere sempre più informato sulle caratteristiche del prodotto che consuma. In funzione di questo, è da mettere in evidenza che i prodotti ittici, in ambito agroalimentare, sono tra gli alimenti con il maggior contenuto di informazioni in etichetta
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Dona — che evidenzia come prezzi e tempo siano due variabili che oggi più che mai incidono fortemente sul comportamento di consumo delle persone. Basti pensare che proprio il prezzo conquista il podio — al terzo posto con quasi il 50% delle preferenze —, tra le variabili che maggiormente orientano le scelte di acquisto». «Lo studio, condotto in collaborazione con l’Unione Nazionale Consumatori — dice il segretario generale di ASSOITTICA ITALIA GIUSEPPE PALMA — è stato uno strumento utile per capire, da un lato, cosa pensa il consumatore del prodotto ittico e, dall’altro lato, per fornire utili indicazioni per il prodotto ittico del futuro. Ovviamente, l’associazione si muove su delle specifiche indicazioni che sono la sicurezza alimentare, la tracciabilità e la sostenibilità. In questo caso specifico, infatti, abbiamo notato con piacere che oltre il 40% degli intervistati consuma 2/3 volte a settimana il prodotto ittico. Inoltre, insieme all’Unione Nazionale Consumatori dovremmo aumentare sempre più questa percentuale, perché l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) suggerisce di mangiare almeno 2 pasti a base di pesce a settimana se non 3/4, in ragione dei notevoli effetti positivi che un’alimentazione ricca di prodotti ittici porta per la salute. Ci siamo resi conto — continua il dott. Palma — che è fondamentale informare un consumatore sempre più attento alla propria alimentazione, che richiede di essere sempre più informato sulle caratteristiche del prodotto che consuma. Proprio in funzione di questo, l’associazione è particolarmente attenta a tutte le indicazioni previste dalla normativa in materia di etichettatura e possiamo sicuramente confermare che i prodotti ittici, nell’ambito dell’agroalimentare, siano tra gli alimenti con il maggior contenuto di informazioni in etichetta». Fonti: UNC – Unione Nazionale Consumatori, www.consumatori.it Assoittica Italia, www.assoittica.it
MERCATI ITTICI
Mercato ittico comunale di Caorle, ritorno alle origini di Riccardo Lagorio
A fine gennaio la struttura ha compiuto i primi cinque anni di vita e si è imposta all’attenzione degli operatori come una tra le più efficienti dell’Alto Adriatico. Un ritorno alle origini per il Mercato ittico comunale di Caorle, poiché l’immobile si trova a pochi metri dal luogo dove gli scambi del pescato sono stati esercitati per oltre un secolo, accanto al Porto Peschereccio, all’approdo
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di Sansonessa. Il Rio Interno, dove si trova il Porto Peschereccio, è l’unico sopravvissuto dei canali che attraversavano Caorle, un tempo un’isola dalle profonde radici marinare rappresentate in maniera cristallina dal Museo Nazionale di Archeologia del Mare. In ogni momento dell’anno i turisti si affollano curiosi sulla banchina per ammirare lo scarico
delle cassette di pesce, secondo una radicata tradizione caorlotta, talvolta attirati dalla presenza dei bragozzi, le imbarcazioni da pesca e da carico dell’Alto Adriatico a due alberi con le tipiche vele a trapezio (dette vele al terzo). Attraversando la strada con gli appositi carrelli, i pescatori sono già pronti per le contrattazioni al mercato all’ingrosso.
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Queste avvengono secondo un antico rito locale: l’asta a sussurro. I compratori, infatti, si posizionano intorno al banditore che riceve la merce e mormorano alle sue orecchie il prezzo per ogni lotto. A chi pronuncia l’offerta più alta per la partita di pesce desiderata, il banditore chiede di ripeterla apertamente in modo che il procedimento sia trasparente.
IL PESCE, 1/20
A sinistra: il lungomare di Caorle conduce al Santuario della Madonna dell’Angelo (photo © Sebàstian – stock.adobe.com). A destra: in alto, un casone, tipica abitazione in legno e canna palustre in cui vivevano in passato durante la “fraina” i pescatori con le loro famiglie. Al centro e in basso, l’arrivo alla banchina delle barche con il pescato fresco.
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Al mercato ittico di Caorle la vendita all’asta segue un procedimento dalle antiche origini ove i compratori, vista la partita di pesce, esprimono sottovoce, all’orecchio dell’astatore, la propria offerta.
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Tutto poi viene registrato con strumenti informatici di ultima generazione in una curiosa combinazione tra metodi arcaici di vendita e avveniristici dispositivi di calcolo che imputano il corretto ammontare a ciascun acquirente. Il pescato viene monitorato dalle autorità sanitarie prima di essere messo in commercio. Lo conferma DENIS MARCHESAN, veterinario dell’USL 4 e responsabile dell’ispezione degli alimenti di San Donà di Piave. «Quello di Caorle è un mercato dove si vendono esclusivamente catture di ambito locale e quindi molto raramente dobbiamo intervenire per la tutela della salute pubblica. Le nostre acque permettono in generale una pesca tranquilla, senza elementi che possono preoccupare la salute umana». Pesce freschissimo proveniente dal mare antistante la costa veneta o da acque interne che fa di Caorle uno dei borghi marinari dove le tradizioni sono ancora assai radicate. Tanto che la pesca è l’attività principale dopo il turismo. Per un acquisto di pesce il momento giusto è la mattina, dalle 8:30 alle 11:30, quando il mercato ittico è aperto al pubblico. Nel pomeriggio, il mercato è il luogo ideale dove avvicinare i pescatori, che volentieri scambiano quattro chiacchiere con i curiosi. Torna a terra alle 16:00 dopo un’intera giornata a mare VALTER MARTINOZZI, armatore dell’imbarcazione Invincibile, che è soddisfatto delle catture. «A 10 miglia dalla costa abbiamo trovato belle sogliole e triglie, che i consumatori apprezzano durante i mesi invernali. Nelle casse che scarichiamo oggi al mercato ci sono anche canocchie e seppie, ma soprattutto canestrelli bianchi, quelli tipici di Caorle. Certo non è la stagione migliore, bisognerebbe attendere fino ad aprile per assaggiare quelli migliori, ma la richiesta è tanta». Il canestrello (Aequipecten opercularis) vive a una profondità variabile tra 12 e 30 metri e la stagione invernale è quella più pescosa grazie alle migrazioni che svolgono in grandi banchi. La stagione più idonea al
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Il pescato di Caorle è il fiore all’occhiello della comunità. Orate, seppie, moscardini, polpi, sogliole, scampi, San Pietro, si distinguono per varietà e qualità. Per non parlare poi di cefali e anguille, un tempo molto più numerose e autentiche star delle tavole locali consumo, ci svelano, è da aprile a luglio, quando il mollusco risulta più sodo e compatto. Ottima fonte di sali minerali e ricco di proteine, il canestrello dalla conchiglia bianca è, insieme al moscardino, una specie che la marineria, gli operatori della ristorazione e le istituzioni di Caorle si sono impegnati a promuovere per sostenere il turismo gastronomico. Tra questi MASSIMILIANO BERTONCELLO, patron del ristorante Antico Petronia (www.anticopetronia. com), nel centro della cittadina. «La sabbia e le impurità del canestrello bianco si tolgono più facilmente che in quello dalla conchiglia rosata. La sabbia va comunque spurgata mettendoli in una pentola di acqua fredda e salata perché perdano la sabbia al loro interno. Nel nostro ristorante li serviamo crudi conditi con limone, fritti o gratinati al forno». Al mercato ittico non si è lasciato sfuggire le partite migliori. Un altro ristoratore, GIANCARLO TREVISAN de Lo Squero è convinto che «il pescato di Caorle è il fiore all’occhiello della comunità. Orate, seppie, moscardini, polpi, sogliole, scampi, San Pietro, alici. Ci distinguiamo per varietà e qualità. Per non parlare poi di cefali e anguille, queste ultime un tempo molto più numerose e autentiche star delle nostre tavole». Le anguille del Livenza, il fiume che sfocia a Caorle e crea un’ampia laguna, erano il pasto principale
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In alto: il pesce venduto al mercato ittico di Caorle è di provenienza locale. In basso: la strumentazione telematica affianca la tradizionale asta a sussurro. della fraina, un periodo che iniziava tradizionalmente il 7 settembre e si concludeva a fine gennaio. In questo lasso di tempo i pescatori svolgevano l’attività in laguna e non in mare aperto, vivendo nei casoni, tipiche abitazioni in legno dai tetti in canna palustre, con un focolare nel mezzo, centro delle attività comunitarie. Per intuire anche solo superficialmente il fascino e il silenzio di questi luoghi, in un confondersi di acque dolci e
salmastre, ghebbi e velme che alimentano la fantasia di artisti e fungono da rifugio per uccelli e animali di palude, si deve raggiungere l’Isola dei Pescatori. Da qui, anche per una ciclabile, la località Falconera. Di casoni se ne trovano ancora molti, utilizzati per lo più in estate o, tutto l’anno, per le scorpacciate tra amici. Con un po’ di fortuna e la giusta dose di abilità sarà possibile partecipare ai fasti. Riccardo Lagorio
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SPECIE ITTICHE
Schede di specie ittiche da pesca nazionale Composizione e valore nutrizionale delle più importanti specie ittiche (pesci, molluschi e crostacei) da attività di pesca nazionale a cura di Elena Orban e Gabriella Di Lena, Teresina Nevigato, Maurizio Masci, Irene Casini, Roberto Caproni
Pesce sciabola o spatola (Lepidopus caudatus)
Habitat: Lunghezza massima: Provenienza pesce analizzato: Parte del pesce analizzata:
specie bentopelagica vive generalmente su fondale sabbioso fino a 600 m di profondità 2m pesca in Tirreno filetti interamente omogeneizzati
Tabella 1 – Biometrie pesci analizzati (arrivati già eviscerati) Peso (g) Lunghezza (cm)
Min
Max
1.380,00
2.750,00
130,00
150,00
Tabella 2 – Composizione nutrizionale di pesce sciabola di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)
3,61
Max
78,50
83,60
83 / 350
98 / 410
89 / 374
Umidità
77,87
1,44
76,47
79,35
Proteine
19,49
0,51
19,04
20,04
1,27
0,64
0,81
2,00
218,13
29,53
193,00
257,00
1,20
0,17
0,10
1,34
Sale (Nax2,5) mg Ceneri
8 / 32
Min
kcal / kJ
Lipidi totali
70
81,05
Dev.std
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Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di pesce sciabola di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
42,80
4,10
38,38
46,47
Squalene
0,42
0,13
0,34
0,57
α-tocoferolo (vit. E)
0,48
0,07
0,39
0,54
All-trans retinolo (vit.A)
9,72
1,15
8,90
10,53
Colesterolo
Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi in pesce sciabola di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
Acidi grassi saturi
0,28
0,12
0,19
0,42
Acidi grassi monoinsaturi
0,24
0,16
0,12
0,43
Acidi grassi polinsaturi
0,31
0,13
0,22
0,47
Acidi grassi Omega-3
0,28
0,12
0,20
0,42
Acidi grassi Omega-6
0,03
0,01
0,02
0,04
EPA
0,05
0,02
0,03
0,07
DHA
0,21
0,09
0,15
0,31
EPA+DHA
0,25
0,11
0,18
0,38
Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in pesce sciabola di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Min
Max
Cu (μg)
10,00
20,00
Fe (mg)
0,29
0,40
Se (μg)
57,00
60,00
Zn (mg)
0,33
0,60
Na (mg)
77,00
103,00
K (mg)
252,00
369,00
Stagione riproduttiva e pesca La riproduzione avviene generalmente alla fine dell’inverno ed in primavera. La cattura viene effettuata con reti a strascico e palangari di fondo. Valore nutrizionale Conosciuto anche come spatola, è un pesce nastriforme di colore argenteo, privo di squame, presente soprattutto nel Tirreno e nello Ionio. Il pesce spatola è un “pesce povero”, ha carne soda, molto bianca con sfumature rosate, facilmente separabile sia dalla lisca che dalla pelle. Ha poche spine facilmente eliminabili e un sapore delicato. Dal punto di vista nutrizionale è un pesce magro, con un buon contenuto in proteine e di acidi grassi Omega-3 paragonabili alle specie considerate più “nobili”. Poco elevato il colesterolo, buono il contenuto in minerali. Note Il pesce sciabola è tra i protagonisti soprattutto della cucina siciliana e calabrese. Viene commercializzato sia fresco, eviscerato, in quanto può essere parassitato dall’anisakis, che a filetti. Si consiglia di consumarlo ben cotto.
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Sogliola (Solea solea)
Habitat:
specie bentonica, vive su fondali sabbiosi e fangosi fino a 100 m di profondità ma è possibile trovarla anche all’interno di lagune e altri ambienti di acque salmastre Lunghezza massima: 30 cm Provenienza pesce analizzato: pesca in Adriatico e Tirreno Parte del pesce analizzata: filetti interamente omogeneizzati
Tabella 1 – Biometrie pesci analizzati Peso (g) Lunghezza (cm)
Min
Max
100,00
200,00
21,70
29,76
Tabella 2 – Composizione nutrizionale di sogliola di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)
Dev.std
Min
Max
74,36
2,85
71,16
78,00
kcal / kJ
88 / 368
2/7
86 / 361
90 / 378
Umidità
78,14
0,61
77,18
78,78
Proteine
19,21
0,45
18,66
19,74
1,23
0,37
0,80
1,62
231,20
85,30
110,00
357,50
1,26
0,09
1,15
1,35
Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri
Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di sogliola di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
53,60
6,52
49,36
65,63
Squalene
0,18
0,08
0,12
0,30
α-tocoferolo (vit. E)
0,32
0,06
0,22
0,37
All-trans retinolo (vit.A)
1,78
0,47
1,44
2,11
Colesterolo
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IL PESCE, 1/20
Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi in sogliola di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
Acidi grassi saturi
0,27
0,07
0,17
0,34
Acidi grassi monoinsaturi
0,24
0,10
0,12
0,36
Acidi grassi polinsaturi
0,30
0,11
0,23
0,46
Acidi grassi Omega-3
0,24
0,09
0,17
0,37
Acidi grassi Omega-6
0,05
0,02
0,04
0,08
EPA
0,05
0,02
0,03
0,08
DHA
0,13
0,04
0,09
0,18
EPA+DHA
0,18
0,06
0,12
0,26
Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in sogliola di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Min
Max
Cu (μg)
20,00
40,00
Fe (mg)
0,13
0,42
Se (μg)
23,00
35,00
Zn (mg)
0,43
0,67
Na (mg)
44,00
143,00
K (mg)
307,00
444,00
Stagione riproduttiva e pesca La riproduzione della sogliola avviene da dicembre a maggio. La pesca è effettuata con reti a strascico e reti da posta (tramaglio). Valore nutrizionale La sogliola è uno dei pesci più ricercati e più apprezzati dai consumatori per le sue carni bianco-rosate tenere, molto digeribili, dal sapore delicato. Per questo motivo viene preferita ad altri pesci soprattutto per bambini ed anziani. Dal punto di vista nutrizionale è un pesce ricco in proteine, magro in tutti i periodi dell’anno di conseguenza anche il livello di Omega-3 non è molto elevato. Discreto il contenuto in minerali, vitamina E, basso il contenuto in colesterolo. Note È da rilevare che, a causa dell’elevato valore commerciale, tali specie possono frequentemente essere oggetto di sostituzione fraudolenta con altre morfologicamente similari, ma di valore economico inferiore. Questo può accadere soprattutto quando i prodotti vengono commercializzati in filetti perché diventa più difficile scoprire la frode.
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Cefalo o muggine o volpina (Mugil cephalus)
Habitat:
specie bentopelagica, eurialina, vive in mare, alla foce dei fiumi, nelle acque salmastre di lagune e stagni costieri Lunghezza massima: 70 cm Provenienza pesce analizzato: pesca in Tirreno ed Adriatico, lagune e laghi costieri Parte del pesce analizzata: filetti interamente omogeneizzati
Tabella 1 – Biometrie pesci analizzati Peso (g) Lunghezza (cm)
Min
Max
227,00
2.227,00
28,25
57,00
Tabella 2 – Composizione nutrizionale di cefalo volpina di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)
63,68
Dev.std 5,38
Max
59,00
70,00
92 / 366
190 / 794
kcal / kJ
153 / 517
Umidità
74,71
2,80
68,71
78,23
Proteine
19,61
1,23
16,53
21,10
4,72
3,60
1,39
13,75
169,33
11,01
156,00
180,00
1,18
0,10
1,17
1,39
Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri
31 / 131
Min
Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di cefalo volpina di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
58,67
7,27
45,10
72,43
Squalene
1,25
0,47
0,55
2,00
α-tocoferolo (vit. E)
1,38
0,83
0,56
3,27
δ-tocoferolo
0,03
0,01
0,02
0,03
Colesterolo
74
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Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi in cefalo volpina di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
Acidi grassi saturi
1,96
1,84
0,34
6,70
Acidi grassi monoinsaturi
0,92
0,75
0,28
2,10
Acidi grassi polinsaturi
0,94
0,54
0,32
2,16
Acidi grassi Omega-3
0,73
0,44
0,25
1,81
Acidi grassi Omega-6
0,20
0,11
0,07
0,44
EPA
0,25
0,18
0,08
0,62
DHA
0,23
0,16
0,08
0,42
EPA+DHA
0,48
0,30
0,15
1,22
Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in cefalo volpina di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Min
Max
Cu (μg)
50,00
90,00
Fe (mg)
0,42
1,50
Se (μg)
15,00
39,00
Zn (mg)
0,54
0,80
Na (mg)
62,27
72,10
K (mg)
205,00
333,00
Stagione riproduttiva e pesca La riproduzione del cefalo avviene in mare da agosto ad ottobre. La pesca è effettuata con reti a strascico, lenze, nasse reti da posta. Nelle lagune e stagni costieri viene catturato soprattutto con i lavorieri. Valore nutrizionale Mugil cephalus è la specie più diffusa ed apprezzata della famiglia dei Mugilidae nella quale troviamo cinque specie di cefali (Chelon labrosus, Liza ramada, Liza aurata, Liza saliens). È un pesce a carni bianche con un buon contenuto in proteine e tenori lipidici variabili a seconda, della stagione, del sesso e della fase del ciclo riproduttivo. In linea generale si è osservato un basso tenore lipidico (1,91;1,41; 1,39 g in 100 g di parte edibile) nelle femmine in riproduzione, conseguentemente anche i parametri relativi alla frazione lipidica insaponificabile hanno mostrato ampia variabilità. La composizione in acidi grassi ha evidenziato un’elevata percentuale di saturi totali. Buono il contenuto in vit. E. Le ovaie, salate ed essiccate, sono impiegate per la preparazione della bottarga. Note Il sapore delle carni del cefalo è molto variabile e dipendente dall’ambiente in cui il cefalo è vissuto poiché si nutre, a contatto con i fondali, di particellato organico, organismi bentonici e materiale vegetale. È in grado di vivere anche in ambienti inquinati, si trova frequentemente all'interno di porti quindi le sue carni possono assumere un gusto sgradevole. Gli esemplari di qualità maggiore sono pescati in mare aperto. * Questa e le schede prima riportate fanno parte di una serie di 56 schede che mostrano i risultati di un progetto di ricerca, svolto con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Al progetto hanno collaborato le Cooperative: Mare di Cattolica e AGEI (Agricoltura-Gestione Ittica) di Roma.
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Il gambero rosso Mediterraneo Aristaeomorpha foliacea (Risso, 1827) a cura di Gioacchino Bono
Chi sono, dove vivo, cosa mangio: la mia carta di identità • Il mio nome italiano è gambero rosso, quello scientifico è Aristaeomorpha foliacea (RISSO, 1827), quello FAO (in inglese) è Giant Red Shrimp. Vivo su fondali fangosi, principalmente tra 500 e 800 m. Vengo pescato (ahimè!) in tutto il Mediterraneo, ma anche in Atlantico, Caraibi, Ovest-Pacifico e quindi anche Mozambico.
• Mi nutro principalmente di altri piccoli crostacei (tra questi il cosiddetto “gobetto”, Plesionika martia) e piccoli pesci (CARTES et al., 2014). • Il mio colore è rosso, più intenso nella parte anteriore (testa o carapace), un po’ più sbiadito nella parte posteriore o “coda”, o ancora meglio “addome”. Questa leggera perdita di colore nelle code è dovuta al fatto che in questa parte del corpo la cuticola
(esoscheletro) è meno spessa. In ogni caso tenete in mente che nel nostro tegumento esterno (teste e code) si concentrano oltre 40 carotenoidi (FERNANDEZ, BURGOS, 1981), pigmenti responsabili del colore rosso vivo, ma nello stesso tempo noti per il loro potere antiossidante e la capacità di neutralizzare i radicali liberi. (LOPEZ-SAIZ et al., 2013). • Ora, un altro indizio per riconoscerci meglio. Guarda con
Il gambero rosso Mediterraneo si commercializza fresco e soprattutto congelato. Ha carni squisite, di gusto delicato, e molto apprezzate.
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IL PESCE, 1/20
Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C.
www.trote.it
Figura 1 – A sinistra: femmina con rostro lungo (e 7-8 spine sul lato superiore). A destra: maschio con rostro corto (e 4-5 spine sul lato superiore).
Figura 2 – A sinistra: dettaglio di una femmina con il primo paio di pleopodi liberi. A destra: dettaglio di un maschio con il primo paio di pleopodi saldati a formare il petasma.
attenzione il rostro che vedi nella Figura 1. A parte alcune differenze tra maschi e femmine, delle quali parleremo meglio più avanti, soffermati in particolare sui denti che portiamo sul bordo superiore. Passaci anche il dito, ti aiuta. Ne trovi 4-5 nei maschi perché il rostro è nel complesso più corto. Noterai poi che i denti sono più o meno equidistanti e comunque distribuiti lungo tutto
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il margine superiore. Le femmine ne portano 7-8 (perché il rostro è più lungo), ravvicinati all’inizio, un po’ più distanziati man mano che ci si avvicina verso la punta, ma comunque li trovi lungo tutto il margine superiore. In caso contrario, cioè se non trovi denti sul bordo superiore, diciamo dal punto mediano verso l’esterno, scartalo…. è un’altra specie! • P.S.: la specie che più ci as-
somiglia è il Plesiopenaeus edwardsianus, in Spagna lo chiamano Carabinero e universalmente (in inglese) Scarlet Shrimp. Tanti lo confondono con la nostra specie, anche a Mazara del Vallo, città di pescatori. Ma attenzione: ha solo tre denti sul margine superiore del rostro, solo all’inizio, poi è tutto liscio, come il gambero viola. Ultimo ma non meno importante: non vive nel
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Il gambero rosso Mediterraneo vive su fondi fangosi a profondità di oltre 500 metri. Mediterraneo. Infine, altre due specie che potrebbero rifilarvi al nostro posto, ovviamente solo ai meno esperti, sono l’Indian Red Shrimp (Aristaeomorpha woodmasoni) e l’Arabian red shrimp (Aristeus alcocki). Beh, chiamiamoli pure parenti da cui stare alla larga.
Maschi e femmine: siamo uguali? Il dimorfismo sessuale La risposta è no. Come già accennato, le nostre femmine hanno un “rostro” più lungo rispetto a quello dei maschi, si estende infatti ben oltre gli ultimi elementi duri del carapace. Nei maschi invece il rostro invece è corto, soprattutto negli adulti,
non supera il centimetro e si ferma in prossimità delle basi antennali (Figura 1, destra). Un altro carattere morfologico che facilmente vi aiuta a distinguere un maschio da una femmina lo trovate nelle appendici addominali (pleopodi). Nelle femmine, infatti, il primo paio di pleopodi (da qui in avanti li chiameremo così) è libero (Figura 2, sinistra), mentre nei maschi questi organi sono saldati a formare il cosiddetto petasma (organo copulatore; Figura 2, destra). Saper riconoscere le femmine dai maschi non è una finezza per pochi esperti. Se acquisite infatti questa capacità e provate ad incrociarla con le informazioni che seguono, capirete quanto questo dettaglio sia importante nell’andare a determinare il nostro profilo organolettico (sapore, odore, colore, consistenza, ecc…). Le femmine vivono di più rispetto ai maschi, arrivano anche a 7-9 anni. I maschi invece non superano i 4-5 anni. Anche la crescita corporea segue lo stesso modello, una femmina adulta raggiunge infatti abbondantemente i 50 g di peso, mentre un maschio adulto non va oltre i 25 g. Ne consegue che una confezio-
Figura 3 – Cefalotorace di femmina di gambero rosso. La colorazione scura del dorso rivela che l’esemplare è maturo e con una gonade ben sviluppata.
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IL PESCE, 1/20
ne di gamberi rossi che commercialmente chiamate di “prima scelta” (ossia quelli più grandi – 20-22 esemplari per kg di prodotto) è composta da sole femmine. La stessa cosa accade per la “seconda scelta”, il cui peso medio degli esemplari si attesta intorno ai 40 g e quindi questo valore è ancora troppo alto per contenere dei maschi. Lo scenario cambia invece, anzi si ribalta quasi, nelle categorie successive, “terza” e “quarta”, nelle quali invece il peso individuale scende sotto i 25 g (siamo sui 40-60 pezzi per kg) e quindi la confezione da 1 kg è prevalentemente composta da maschi. Ricapitolando, tutti i gamberi rossi di maggior pregio (1a e 2a scelta) sono esclusivamente femmine, quelli di minore pregio (3a e 4a) sono in buona parte maschi. Ora, se ti stai domandando che me ne faccio di queste informazioni, fai un altro passo avanti e capirai in che misura la qualità, il gusto, la composizione nutrizionale e la consistenza delle carni dei gamberi rossi cambiano tra una categoria commerciale e un’altra, ossia tra maschi e femmine. Ma quelle macchie nere sul carapace? Periodo riproduttivo ed effetti sul prodotto Tra giugno e settembre, le femmine (e solo loro) sono ricche di uova e queste, come accade per quelle di storione “caviale”, tonno e muggine “bottarga”, ricci, ecc…, sono una vera è propria prelibatezza. Quindi sveliamo qui il primo dogma: i gamberi rossi di prima, che ora sappiamo essere solo femmine, pescati in estate sono molto più buoni e gustosi rispetto a quelli pescati in inverno, periodo in cui la gonade è spenta. Bene, ora che so riconoscere una femmina da un maschio, come faccio a capire se il prodotto che ho acquistato, magari congelato, è stato pescato in estate ed è quindi ricco di uova? Risposta: il primo indizio lo trovi subito osservando una femmina intera (Figura 3). Se in un esemplare fresco, non ingiallito o disidratato, intravedi
IL PESCE, 1/20
Figura 4 – Femmina di gambero rosso. Dettaglio di alcuni organi interni organi interni: GA – regione cefalo-toracica della gonade (matura); GP – biforcazione codale della gonade; AP – aorta posteriore.
in trasparenza due macchie scure sulla parte superiore del carapace (aiutati di nuovo con la Figura 3), quelle sono le uova. E più sono scure le macchie… più sono grandi le uova. La prova? Metti dell’acqua sul fuoco e quando questa bolle, buttaci dentro il gambero, se in pochi secondi
la parte nera diventa rossa (come il corallo) hai fatto centro, quelle erano le uova. In caso contrario, ti consiglio di lamentarti col tuo fornitore. Vuoi saperne di più? Sei uno chef di grido e vuoi utilizzare (o assaggiare) le uova singolarmente? Bene, apri una bella femmina come mostrato in Figura 4 e tutta quella
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Figura 5 – Anatomia interna di un gambero. Dettaglio degli organi interni della coda (da sopra verso il basso): arteria posteriore, lobo posteriore ovario, intestino (fonte: The biology of Crustacea, Vol. 5, Internal anatomy).
massa marrone scuro, che partendo dalla testa si biforca lungo la parte dorsale della coda, è la massa ovarica. L’intestino, meglio noto come “filo”, qui non è visibile perché si trova al di sotto dell’aorta posteriore (il filo rosso). Un ultimo piccolo dettaglio. Tutti i migliori chef consigliano di togliere il cosiddetto “filo”, “budello” oppure “intestino”. Sì, benissimo, ma teniamo conto che i “fili” che attraversano la coda lungo il suo asse maggiore sono 2 nei maschi e 3 nelle femmine. E qui si rischia di buttare anche la gonade, se matura. Vediamo allora dove sono le cose da salvare e quelle da buttare, magari aiutandoci con la Figura 5. Partendo dall’alto, il primo di questi fili è l’aorta posteriore che porta il sangue vivo ed è ovviamente rossa. A seguire, e solo nelle femmine, trovi i lobi posteriori della gonade (in Figura 4, a sinistra, sono le due bifor-
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cazioni scure). Queste, se presenti, NON vanno assolutamente eliminate perché è come buttare il caviale dello storione. Ancor più sotto trovi il budello o tratto posteriore dell’intestino che va invece eliminato. Infine, la Figura 4 mostra un quarto filo, è il sistema nervoso che non è di nostro interesse. Gioacchino Bono Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR, www.cnr.it Bibliografia CARTES J.E., FANELLI E., KAPIRIS K., BAYHAN Y. K., LIGAS A., LÓPEZPÉREZ C., MURENU M., PAPIOL V., RUMOLO P., SCARCELLA G. (2014), Spatial variability in the trophic ecology and biology of the deep-sea shrimp Aristaeomorpha foliacea in the Mediterranean Sea, Deep Sea Research Part I: Oceanographic Research Papers, 87, 1-13.
FERNÁNDEZ J. A., BURGOS J. (1981), Carotenoid pigments in the flesh and carapace of Aristaeomorpha foliacea and Heterocarpus dorsalis (Crustacea: Decapoda), Comparative Biochemistry and Physiology Part B: Comparative Biochemistry, 69(3), 559-575. LÓPEZ-SAIZ C.M., SUÁREZ-JIMÉNEZ G.M., PLASCENCIA-JATOMEA M., BURGOS-HERNÁNDEZ A. (2013), Shrimp lipids: a source of cancer chemopreventive compounds, Marine drugs, 11(10), 3926-3950. PALMAS F., MAIORANO P., SABATINI A. (2017), Aristaeomorpha foliacea, in SARTOR P., MANNINI A., CARLUCCI R., MASSARO E., QUEIROLO S., SABATINI A., SCARCELLA G., SIMONI R. (eds), Sintesi delle conoscenze di biologia, ecologia e pesca delle specie ittiche dei mari italiani, Biol. Mar. Mediterr., 24 (Suppl. 1): 417-422.
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A COCOTTE NELLA PRATIC ROONDE IC ADATTA AL M
SAPORI DAL MONDO
Le ostriche, prelibatezze irlandesi tra le piĂš amate: parola di Bord Bia Con un sapore ricco e vario e una dolcezza e persistenza uniche, regalano una straordinaria esperienza sensoriale al palato
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In Irlanda, l’allevamento delle ostriche risale al XIII secolo, ma il loro consumo rappresenta una tradizione che si protrae da oltre 4.000 anni. Ancora oggi gli allevatori irlandesi ricorrono a metodi di allevamento tradizionali per garantire le condizioni ideali per la crescita delle ostriche concave (Crassostrea gigas) e di quelle piatte (Ostrea edulis). Coi suoi 7.500 km di costa nel mezzo dell’Oceano Atlantico e i 12.000 km² di terreni che filtra-
A sinistra: ostricoltori al lavoro (photo © BIM). In alto: allevamenti di ostriche (photo © www.terrymcdonagh.com). In basso: l’Irlanda adora le sue deliziose ostriche e le celebra con festival a loro dedicati nelle fattorie, nei ristoranti e nei pub dell’isola.
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In Irlanda le ostriche trovano il perfetto abbinamento con la birra, in particolare la stout: l’acidità e l’amaro presenti nelle note tostate di questa birra scura ad alta fermentazione, infatti, non sovrastano i sapori del mare, anzi, li esaltano e si legano bene con la salinità e la carnosità di questi preziosi molluschi no le piogge, l’Isola di Smeraldo è uno dei luoghi ideali per l’allevamento di questi pregiati molluschi. Inoltre, la corrente costante dell’Atlantico che circonda l’isola contribuisce a conferire loro una perfetta forma allungata e una conchiglia molto resistente, con uno smalto liscio dal colore bianco perlato. Non tutti sanno che il contenuto di carne all’interno di un’ostrica è influenzato dalla sua forma. Più profondo è il guscio, più spazio c’è per consentire lo sviluppo del mollusco. Ad ogni marea primaverile, ogni produttore posiziona le ostriche all’interno di sacchi, che vengono trattati manualmente allo scopo di favorire lo sviluppo delle ostriche. Il loro ciclo di vita è di circa tre anni. Un mercato, quello ittico, molto importante per il paese, basti pensare che il valore di mercato di questa produzione è di oltre 1 miliardo di euro; di questi, circa 580 milioni di euro provengono dalle esportazioni. I principali importatori sono Francia (25%), Italia (10%), Cina (8%) e Gran Bretagna (7%).
Per quanto riguarda il comparto delle ostriche, invece, le esportazioni sono cresciute da 26 milioni di euro nel 2014 a 41,6 milioni di euro nel 2018; un incremento molto significativo se si considera un periodo di tempo abbastanza breve. Le ostriche provenienti dall’Irlanda sono immediatamente riconoscibili al palato grazie al loro sapore ricco che nasce dalla dolcezza e persistenza dello iodio, che si combinano ad un leggero tocco di note agrumate. Inoltre, l’incrocio davvero unico delle acque dell’Atlantico, dei pulitissimi corsi d’acqua dolce e dei minerali di un paesaggio incontaminato, fa di ogni ostrica un’esperienza sensoriale unica al palato. In Irlanda le ostriche trovano il loro perfetto abbinamento con la birra, in particolare quella stout: infatti l’acidità e l’amaro presenti nelle note tostate di questa scura ad alta fermentazione non sovrastano i sapori del mare, anzi, li esaltano e si legano bene con la salinità e la carnosità dei molluschi. Le ostriche irlandesi hanno elevate qualità nutritive: sono ricche di proteine e povere di grassi, con
livelli straordinariamente elevati di elementi quali iodio, ferro, rame, selenio e zinco. A ciò si aggiungono le condizioni incontaminate di allevamento che offre l’Irlanda, rendendo le ostriche irlandesi uno degli alimenti più naturali e puri che esistano. Queste straordinarie qualità sono riconosciute a livello universale, unitamente alla qualità della performance ambientale fondata sui principi di acquacoltura sostenibile. Infatti, quasi tutti i produttori di ostriche in Irlanda sono membri verificati di Origin Green (www.origingreen.ie), l’unico programma di sostenibilità al mondo che opera su scala nazionale. Grazie a verifiche indipendenti periodiche, Origin Green consente ai produttori irlandesi di stabilire e raggiungere obiettivi misurabili di sostenibilità, riducendo l’impatto ambientale, fornendo un servizio più efficace alle comunità locali e tutelando la straordinaria ricchezza delle risorse naturali che il nostro paese può vantare. «Noi di BORD BIA abbiamo il compito fondamentale di stimolare e sostenere il comparto ittico irlandese, al fine di incrementare le vendite nei numerosi mercati emergenti» ha commentato FRANCESCA PERFETTO, Market Specialist di Bord Bia in Italia. «Grazie alla nostra profonda conoscenza del mercato e alla forte collaborazione con gli operatori del settore, ci stiamo adoperando per far sì che le ostriche, una delle prelibatezze d’Irlanda, siano sempre più conosciute e apprezzate nel mondo per la loro altissima qualità».
Bord Bia – Irish Food Board è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2018 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 12,1 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 64% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 328 milioni di euro nel 2018. >> Link: www.bordbia.ie
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IL PESCE, 1/20
IL PESCE IN TAVOLA
I terrori dei mari in cucina (o, meglio, in padella)
…stavolta ti mangio io! di Giorgia Fieni
Le favole ci hanno insegnato che nel mare ci sono pesci pericolosi, come il pescecane di PINOCCHIO (diventata poi magicamente una balena nel film di animazione della Disney, NdR), capace di ingoiare lui, un tonno e Geppetto (che la arredò come fosse la sua vecchia falegnameria). Poi ci si è messo STEVEN SPIELBERG che ci ha terrorizzato con i denti aguzzi dello squalo, preceduti da quella musichetta che spaventa solo a sentirla. Non ci si può dunque buttare in mare senza pensare ad un essere animale più grande di noi capace di
Molti Italiani non lo sanno, ma quando comprano in pescheria o ordinano al ristorante verdesca, smeriglio, spinarolo, palombo, gattuccio, mako scelgono sempre la stessa cosa: carne di squalo. E ne andiamo letteralmente pazzi: siamo infatti i maggiori consumatori europei divorarci in un boccone. L’unico modo per esorcizzare tale paura non è sperare che non frequentino le stesse acque in cui ci tuffiamo ma tentare di cucinarli… in pratica,
mangiarli noi per primi! Già, ma come fare? Mi forzo subito nel pensare ai denti dello squalo non come ad un tripudio di affilatissime lame, ma come
Zuppa di pinne di squalo (photo © Nat bowornphatnon – stock.adobe.com).
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IL PESCE, 1/20
In Giappone oggi solo gli anziani mangiano ancora i cetacei, perché è un retaggio del dopoguerra, di quando cioè, dopo le due bombe nucleari, gli Americani fornirono al Paese le proprio baleniere per procurarsi una facile fonte di sostentamento (photo © Maria Hoffman). ad un magico portafortuna (o almeno così credevano nel Medioevo) e che in fondo è un gattuccio di mare gigante! Un essere che in Islanda interrano per mesi in modo che fermenti e che tagliano a pezzi prima di seccarlo e mangiarlo (ma ho sentito dire che non è molto appetitoso e che puzza pure di ammoniaca!) chiamandolo hákarl. In Costarica ed Ecuador scelgono invece una preparazione più simile alle proprie tradizioni e lo trasformano in ceviche; lo stesso in Toscana, con lo squalo alla livornese (ovvero passata di pomodoro, vino bianco, prezzemolo). Niente vieta però di infarinarlo al pepe e cuocerlo come
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una semplice scaloppina. Quanto alla reperibilità di tale carne, ho letto evidenti ambivalenze: da un lato c’è chi protegge la specie, dall’altro chi la considera un alimento prelibato, riservato ad abbienti e VIP; è per esempio uno dei tre ingredienti (assieme a zampe di orso e nidi di procellaria) più ricercati in Cina, come ho imparato dal famoso cuoco KEN HOM: Personalmente non mangio pinne di pescecane e non le cucino più, visto che questi animali sono a rischio di estinzione. Per questa ragione le ho escluse dalla mia alimentazione e ho invitato i miei amici a fare lo stesso. Anche se la carne di pescecane si mangia da tempo, sono le pinne
ad essere considerate una prelibatezza. Come il nido di rondine, è una specialità insolita e quindi uno degli ingredienti più cari. Si servono nelle zuppe o brasate nel brodo, ma anche al salto. A volte i ristoranti cinesi propongono una lunga lista di piatti che le prevedono. Forse più di ogni altra cosa sono simbolo di lusso. Ovviamente si tratta di verità in tutti e due i casi: è una legge di mercato riconosciuta che se la reperibilità diminuisce, il prezzo si alza. Per cui introduco subito un’equazione: costo molto elevato + rischio di estinzione = lo tolgo subito dal mio menù (…non so nemmeno se ci fosse mai entrato, comunque). Non mi resta che ripiegare sulla balena, seguendo il consiglio di PIPPA MIDDLETON che ne paragona il gusto a quello del salmone e dimenticandomi che non mi piaceva nemmeno la Pasta Balena (ed erano acciughe!). Ma ho letto anche che il suo carpaccio ha il sapore di “una gelatina gommosa al gusto di strutto di mare”. E che in Giappone la usano come carne da hamburger al curry o bistecche (sulla brace si può grigliare di tutto e di più, ormai lo sapete anche voi). Restano fedeli dunque al fatto che non ha praticamente scarti: il grasso è utile per accendere le lampade, il resto viene bollito o seccato o affumicato; i libri sugli Eschimesi magnificano tali pratiche come comuni in quanto mezzo di sostentamento. Anche in questo caso, però, come per lo squalo, le associazioni in difesa degli animali hanno vietato la caccia ed il commercio di carne di balena, per cui trovarla è quasi impossibile. Ho già capito. Non ce la posso fare. Prezzo, estinzione e sapore strano sono troppo inaffrontabili, per ora. E ho trovato anche rarissime ricette di esperti in proposito. Dunque, non mi avvicinerò nemmeno a quel vecchio corsetto con stecche di balena visto da qualche parte in internet durante le mie ricerche. Solo a guardare quanto lo rendono stretto l’espressione del mio volto è diventata di paura vera (senza nemmeno bisogno di musica terrorizzante). Giorgia Fieni
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di Porto in Porto: tutta la qualità del pesce dell’Alto Adriatico A Cesenatico la prima edizione di un congresso itinerante per la conoscenza e un utilizzo consapevole del pesce dell’Alto Adriatico Cesenatico (FC), Città della Gastronomia CheftoChef, ha ospitato, lo scorso 3 dicembre, in accordo con le regioni Emilia-Romagna e Istria, il primo congresso itinerante per la conoscenza e un utilizzo consapevole del pesce dell’Alto Adriatico. Dal Museo della Marineria ai luoghi simbolo del confine fra mare e terra di Cesenatico (i moli, i capanni da pesca, le barche in attracco, il mercato del pesce e la piazza delle conserve), “di Porto in Porto” è progetto che ha coinvolto istituzioni, chef, ricercatori, formatori, comunicatori e ovviamente pescatori, artigiani, trasformatori e distributori di pe-
sce. La filiera produttiva (la pesca, il commercio, la trasformazione, la cucina) ha dialogato con le indispensabili categorie “trasversali” (la formazione, la ricerca, la comunicazione, la storia e il paesaggio, la dimensione salutistica) in una visione integrata fra mare e terra, fra economia e società. “Il pesce dell’Alto Adriatico ha qualità straordinarie e una grande biodiversità e vi diremo il perché”: è stata questa la premessa del convegno condotto da ALICE TOGNACCI, curatrice dei programmi di cucina della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, al quale hanno
partecipato il sindaco di Cesenatico MATTEO GOZZOLI, il responsabile del progetto “di Porto in Porto” per CheftoChef OMAR CASALI, il presidente di CheftoChef e sindaco di Polesine-Zibello (PR) MASSIMO SPIGAROLI, il responsabile servizio attività faunistico-venatoria e pesca della regione Emilia-Romagna VITTORIO ELIO MANDUCA, il biologo marino CORRADO PICCINETTI, gli imprenditori cesenaticensi MAURIZIO CIALOTTI e ROBERTO CASALI e la cuoca MARIA GRAZIA SONCINI. «Il progetto itinerante che lanciamo da Cesenatico, ma che vogliamo possa arrivare ad interessare e
Il tavolo dei relatori al congresso itinerante di Cesenatico (photo © Les Bompart Produzioni).
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In alto: il mercato del pesce di Cesenatico. In basso: i partecipanti a “di Porto in Porto” sul molo di Cesenatico (photo © Les Bompart Produzioni).
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interloquire anche con altre realtà marittime, vuole essere una risposta concreta ai problemi e alle difficoltà di un comparto che ci vede sempre di più, come ristoratori, essere un anello finale che subisce le difficoltà di una filiera, quella del pesce, che non rappresenta solo un’importante e strategica economia, ma anche e soprattutto un’identità comunitaria e territoriale» ha dichiarato in apertura di congresso Omar Casali. «Dobbiamo, e con “di Porto in Porto” vogliamo provare a farlo, avvicinare il consumatore ad un mondo, come quello del mare, attraverso un rispetto, una tracciabilità e una trasparenza che si conclude nei piatti che prepariamo ma che inizia sulle barche dei nostri pescatori». Per Corrado Piccinetti, «recuperare l’identità dell’Adriatico significa saper promuovere la riconoscibilità e l’unicità della diversità biologica del mare e quindi della materia prima che lo vive e popola. Lo possiamo fare attraverso una sensibilizzazione a livello politico, ma anche e soprattutto mantenendo un’esperienza culinaria e organolettica che gli chef, i cuochi e chi lavora nel mondo della ristorazione sa fare. In definitiva, serve riuscire a coniugare gastronomia, territorio e turismo per fare in modo che il pesce del Mediterraneo, in primis, e dell’Alto Adriatico, nello specifico, possa ritrovare quella dignità e riconoscibilità che gli spetta». Considerazioni riprese e condivise anche dalla chef MARIA GRAZIA SONCINI: «Il nostro compito è anche quello di spiegare e raccontare la storia del pesce che prepariamo e cuciniamo nei nostri piatti. Gustare una biodiversità ittica così straordinaria è un valore per il gusto, per la società e quindi per l’economia dei territori». Una filiera che vede tra i protagonisti, assieme ai pescatori, anche chi investe e opera nel comparto della lavorazione e distribuzione. L’esempio è quello di Roberto Casali, titolare dell’azienda locale Economia del Mare – L’Ecopesce. «L’EmiliaRomagna è sicuramente una regione all’avanguardia su questi temi e so-
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Dobbiamo avvicinare il consumatore ad un mondo, quello del mare, attraverso un rispetto, una tracciabilità e una trasparenza che si conclude nei piatti degli chef ma che inizia sulle barche dei nostri pescatori
Alcuni degli chef protagonisti della cena presso i locali di Maré a Cesenatico. prattutto sulla promozione e valorizzazione delle risorse agroalimentari e ittiche. Si può e si deve sempre fare di più, anche andando a contrastare logiche e prese di posizione legislative a livello europeo che penalizzano un comparto così delicato come quello inerente l’economia del mare. Per questo serve che per il consumatore sia rispettato il prerequisito della trasparenza e veridicità della tracciabilità del prodotto». Spunti e input che a livello istituzionale sono recepiti come stimolanti e produttivi tanto è che Vittorio Elio Manduca conferma come «la Regione è più che disponibile, come ha già fatto anche in precedenza, a pensare ad un marchio di riconoscibilità, nuovo, che sappia coinvolgere
tutti gli attori e operatori della filiera per promuovere e quindi valorizzare sul mercato il prodotto dell’Adriatico». Il mare nei piatti da Maré Una giornata ricca di contenuti e di input conclusa con una cena, ospitata all’interno del ristorante “tra molo e mare” Maré (www.mareconlaccento.it). Erano sei gli chef emiliano-romagnoli che hanno fornito agli ospiti presenti una risposta culinaria, gastronomica e tangibile di cosa significa, concretamente, valorizzare la materia prima donata dal mare. Dodici mani che hanno preparando sei piatti straordinari, spaziando dal Crudo di muggine in carpione di M ATTIA B ORRONI
CheftoChef emiliaromagnacuochi nasce per favorire l’evoluzione della gastronomia regionale e la sua affermazione a livello nazionale ed internazionale. Ne fanno parte chef, produttori e gourmet. Presidente di questa associazione, unica nel suo genere, è Massimo Spigaroli; i vicepresidenti sono Massimo Bottura e Gian Paolo Raschi; presidente onorario è Igles Corelli; Michele Ceccarelli è il segretario. >> Link: www.cheftochef.eu
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(Ristorante Alexander, Ravenna, www.ristorantealexander.it) alla croccante proposta di SILVER SUCCI (Quartopiano Suite Restaurant di Rimini, www.quartopianoristorante.com), il Sandwich di sogliola, spinaci, funghi e lampone, dalla tripla proposta stellata di MARIA GRAZIA SONCINI (La Capanna di Eraclio, Codigoro, FE), con il suo Fritto di moleca e gamberetti, polenta bianca, lattuga di mare, a STEFANO CIOTTI (Nostrano di Pesaro, www.nostranoristorante.it) e i suoi Passatelli, brodo di porcini e tabacco, canocchie alla brace, per finire con MASSIMO SPIGAROLI (Antica Corte Pallavicina di Polesine-Zibello, PR) e la sua Lasagnetta con anguilla, erbe spontanee e piccoli ortaggi e OMAR CASALI, padrone di casa del Maré, autore del Cotechino di seppie con lenticchie e ceci neri. Il tutto è stato accompagnato da alcuni testimoni enologici e brassicoli del territorio emilianoromagnolo, per completare un’offerta cibo-vino di altissimo valore. «Non esiste economia della crescita senza un incontro sul territorio di flussi produttivi e culturali. Chi ci porta il pesce, in questo caso specifico, ma possiamo allargare il discorso anche alle altre nostre materie prime gastronomiche, ha bisogno di chi collabora per preservare l’ambiente, di chi fa ricerca, di chi forma i giovani, di chi innova nel turismo, di chi ci racconta storie e paesaggi», sono state le parole di Massimo Spigaroli e Michele Ceccarelli con cui si è conclusa la giornata.
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Sei chef, sei piatti per valorizzare il pesce dellâ&#x20AC;&#x2122;Alto Adriatico 1) Crudo di muggine in carpione dello chef Mattia Borroni. 2) Sandwich di sogliola, spinaci, funghi e lampone di Silver Succi. 3) Fritto di moleca e gamberetti, polenta bianca, lattuga di mare di Maria Grazia Soncini. 4) Passatelli, brodo di porcini e tabacco, canocchie alla brace di Stefano Ciotti. 5) Lasagnetta con anguilla, erbe spontanee e piccoli ortaggi di Massimo Spigaroli. 6) Cotechino di seppie con lenticchie e ceci neri di Omar Casali.
SEDE CENTRALE Via Milano, 162 M 16126 Genova Tel. +39 010 8599200 Fax +39 010 8599299 Web: www.verrini.com E-mail: verrini@verrini.com
PESCE D’ACQUA DOLCE
Il ristorante sull’isola che c’è
Antica Trattoria Cattivelli, dove il maiale sfida l’anguilla di Riccardo Lagorio
C’è un’isola, sul Po, dove il maiale sfida l’anguilla, un’isola tanto minuscola da passare inosservata, impercettibile quasi. Un brandello di terra in passato coperto di canneti e paludi, rifugio sicuro per uccelli e contrabbandieri, ai quali tornava comodo occupare zone di confine: prima tra Ducato di Milano e domìni estensi, tra Regno Lombardo-Veneto e Stato della Chiesa, più di recente. Qui una trattoria — una antica trattoria, dacché si trova sdraiata sulle rive di Isola Serafini da oltre settant’anni —, porta in tavola una schietta cucina piacentina di fiume.
Si racconta che UGO TOGNAZZI prendesse sempre posto sul fondo della cucina, GIANNI BRERA fulminasse una sera con lo sguardo il cameriere che, portando il menu, gli chiedeva se voleva un po’ d’acqua, GIGI RIZZI, che non dimenticava le sue origini piacentine, arrivava insieme a BRIGITTE BARDOT e notevole trambusto. Era l’estate 1968. CESIRA e VALENTINO CATTIVELLI erano subentrati ai genitori nella gestione del locale di famiglia nel 1960 e ancora oggi le figlie EMANUELA e CLAUDIA in cucina e i generi LUCA e MASSIMILIANO in sala continuano la tradizione di casa.
Negli anni non sono mancati i cambiamenti alla struttura, ma la tradizione tra i fornelli si è consolidata: un portico dal soffitto altissimo è diventato una sala da pranzo grande come un campo di tennis che guarda il giardino e il tratto pittoresco è stato mantenuto unendovi la funzionalità contemporanea. Alle salette più piccole è affidato il compito di conservare l’impronta familiare, nobilitata, con una giusta dose di formalità, dall’accoglienza alla cura dei dettagli delle suppellettili. Mestiere, mestiere, mestiere, lo slogan che sembra guidare l’in-
Lo staff di Antica Trattoria Cattivelli (photo © Carlo Tagliaferri).
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tera casata, attenta ad un servizio sartoriale anche nella spiegazione dei piatti, raccontati con premura ma senza omelie. I clienti si dividono tra un antipasto di anguilla affumicata con verdure all’aceto balsamico, dolce e delicata, e il culatello di Zibello che si affina per almeno 20 mesi nella cantina della trattoria. L’anguilla si trova anche marinata all’arancia, operazione che viene svolta in cucina. Viene solitamente pescata nelle acque che cingono la trattoria, ma se così non fosse, vengono comunque da Comacchio. Sfilettata e arrotolata, c’è da lasciarci il cuore per l’eleganza della presentazione e la freschezza della marinatura, omaggio alla delicatezza del pesce. Trovarsi all’interno del corso d’acqua più lungo d’Italia esercita un’inevitabile influenza e così anche il luccio compare di frequente nei menu. Il filetto bianco e sodo viene servito freddo e aromatizzato con erbette e una sfoglia di polenta. Di primavera è possibile imbattersi nell’insalata di luccio con verdure di stagione, valorizzate da succo d’arancia e olio extravergine d’oliva. A bassa temperatura, una delle panacee acclamate dalle cucine di oggi, viene cotto lo storione, servito con caponata di verdure. Una vivanda che vale il viaggio. È invece un pescatore amico di famiglia a procurare il lucioperca: la sua polpa intensa si consegna al tavolo in salsa verde, con prezzemolo e aglio. Anche nei primi piatti il pesce di fiume è un’icona che accompagna i commensali. I piccoli pisarei, che
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Lucioperca cotto a bassa temperatura con asparagi piacentini (photo © www.facebook.com/trattoriacattivelli). come tutta la pasta vengono preparati in cucina, si servono con il ragù di storione, cipolle e pomodorini confit oppure conditi con un sugo bianco d’anguilla, pesce gatto e storione. Un altro piatto assai gettonato sono i tagliolini al sugo d’anguilla. Tagliolini che necessitano di 30 uova per kg d’impasto. Per chi preferisce piatti più sobri, la cucina propone il timballo di riso Venere ai gamberi d’acqua dolce, piacevole alla vista e deliziosi al gusto. In primavera si possono trovare i moderni e stuzzicanti cappelletti asciutti con ripieno di luccio e asparagi, dove la cucina dei Cattivelli sa esaltare la verdura e il pesce. Tra i secondi l’anguilla fritta è torrenziale, croccante e asciutta, perfetta per chi la ama dorata e ideale giusta per chi la vuole scricchiolosa. Le acquadelle in frittura mista, con la panatura sottile, insieme ai filetti di pesce gatto catturano frammenti di storia della cucina. A Piacenza il maiale e le sue evoluzioni si fanno strada con il cotechino di quel grande genio di AMBROGIO SARONNI o il filetto di maiale al miele. Tuttavia, in carta la cucina di cuore conta su cosciotto d’oca o faraona al forno e lumache in umido con polenta. Ma, soprattutto, lucioperca e
storione. Il lucioperca viene gratinato alle erbe aromatiche e abbinato alla vellutata di melanzane mentre lo storione al forno si converte in un piatto da incorniciare grazie a un’ineguagliabile cottura. Va notato che la scomparsa dell’Acipenser sturio dal fiume Po si deve in parte proprio alla costruzione dello sbarramento di Isola Serafini, voluta per dare vita alla centrale idroelettrica alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. È quindi di un certo interesse prendere atto che nei primi giorni di gennaio 2020 l’Agenzia Interregionale del fiume Po (agenziapo.it) e il comune di Monticelli d’Ongina hanno siglato un accordo per sviluppare iniziative educative, culturali e promozionali per valorizzare la scala di risalita dei pesci di Isola Serafini. In attesa di potere apprezzarne tra qualche tempo l’effetto, è difficile lasciare questo regno di pace e buon gusto. La strada che conduce verso il traffico è suggestiva di sera, nell’oscurità che avvolge la golena. Dopo poche curve che seguono l’andamento dei canali ecco i primi fari delle automobili, le luci del paese. Riccardo Lagorio Antica Trattoria Cattivelli Via Chiesa di Isola Serafini 2 29010 Monticelli d’Ongina (PC) Telefono: 0523 829418 Web: trattoriacattivelli.it
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CONVEGNI
Strengthening the science-policy nexus, Roma (18-21 novembre 2019)
International Symposium on Fisheries Sustainability di Pierluigi Monticini
Le attività di pesca, sia di acqua marina che di acqua dolce, sempre di più stanno svolgendo un ruolo cruciale nel contribuire alla sicurezza alimentare a livello globale, in particolare nei Paesi definiti a basso reddito. A fare da contraltare, a causa di un eccessivo sforzo di pesca da parte degli attori coinvolti, c’è il continuo ed inesorabile declino degli stock ittici selvatici. Il cambiamento climatico di natura antropica e l’inquinamento ambientale hanno sicuramente
contribuito e contribuiscono al declino delle risorse ittiche degli ultimi decenni. In quest’ambito, si inseriscono la crescita demografica a livello globale — si stima che la popolazione mondiale raggiunga i 9,5 miliardi di abitanti intorno al 2050 — e il consumo pro capite di pesce, con un incremento stimato di circa il 20% nei prossimi anni. Sulla base di queste premesse, si è svolto a Roma, presso la sede della FAO, dal 18 al 21 novembre scorso, l’International
Symposium on Fisheries Sustainability, evento di portata internazionale che intendeva verificare lo stato di avanzamento e l’implementazione a livello globale degli Obiettivi Sostenibili del Millennio o SDGs nel contesto di quanto previsto da Agenda 2030 nell’ambito della pesca e delle attività correlate1. Obiettivo dichiarato del simposio era quello di identificare un percorso partecipato tra tutti gli attori coinvolti su come perseguire
Ray Hilborn, School of Aquatic and Fishery Sciences, University of Washington, durante il suo intervento (photo © FAO / Alessia Pierdomenico).
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Il Simposio ha riunito a Roma i migliori operatori del settore della pesca col compito di analizzare lo stato della pesca globale e regionale e le modalità per rendere le risorse alieutiche più sostenibili. In alto: John Kurien, Azim Premji University, India (photo © FAO / Riccardo De Luca). In basso: un momento della cerimonia di chiusura (photo © FAO / Alessia Pierdomenico). una crescita del settore in modo sostenibile, avendo nel contempo una visione in grado di rispondere in modo efficace ai cambiamenti sempre più rapidi della società a livello globale. L’output previsto è stato quello della produzione
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di un documento condiviso che includesse numerose informazioni quantitative sullo status degli stock, informazioni riguardanti una gestione sostenibile della pesca e un rafforzamento del Codice della Pesca Responsabile2.
Sono intervenuti numerosi delegati provenienti da quasi tutti i paesi facenti parte delle Nazioni Unite ed appartenenti agli organismi internazionali coinvolti nelle attività di pesca: Università, Centri di ricerca, Organismi internazionali e intergovernativi, NGOs e infine esponenti del settore privato quali consulting o liberi professionisti. Oltre cinquecento gli invitati scelti in base al proprio background professionale ed accademico. Numerosi anche i rappresentanti appartenenti a minoranze etniche coinvolte nelle attività di pesca o correlate (indigenous people). Il Simposio è iniziato con attività preliminari preparatorie quali il coinvolgimento dei delegati attraverso la costituzione di Focus Group su piattaforme on-line quali Facebook come luogo di scambio e discussione relativamente alle tematiche trattate poi al Simposio. Sono state attività molto formative e stimolati, che hanno permesso a soggetti anche di preparazione differente e con differente percezione delle problematiche di confrontarsi e di discutere sul alcuni punti focali
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Ahmed Khan, African Development Bank (photo © FAO / Pier Paolo Cito). della pesca sostenibile. Il tutto sotto la supervisione di un funzionario FAO come moderatore. I partner coinvolti sia dal punto di vista economico che tecnico sono stati numerosi; tra questi possiamo ricordare: World Fish, MSC – Marine Stewardship Council, WWF, Wildlife Conservation Society, ecc… Struttura del Simposio Dopo un primo giorno dedicato alla cerimonia di apertura (Day 0), il Simposio è stato strutturato su tre giornate di incontri suddivisi in otto sessioni tematiche. Tre le sessioni di lavoro quotidiane, strutturate in discussioni plenarie di circa due ore ciascuna, delle Key-notes lectures più due Panel composti da cinque panelist-delegati ciascuna. * Day 1: • S ESSION 1: The status of global and regional fisheries sustainability and their implications for policy and management; • SESSION 2: Sustainable fisheries: linking biodiversity conservation and sustainable use; • SESSION 3: Fish in Food Security and Nutrition: from tide to table; * Day 2: • SESSION 4: Securing sustainable fisheries livelihoods;
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• SESSION 5: The economics of fisheries; • SESSION 6: Fisheries Management in the face of a changing climate; * Day 3: • SESSION 7: Fisheries information systems and new technologies; • SESSION 8: Policy opportunities for fisheries in the 21st century. • SESSION 9: Summary of sessions. Quest’ultima sessione, riservata alla chiusura dell’evento, si è svolta come restituzione di quanto espresso nelle giornate precedenti e come messaggio di saluto agli intervenuti. Caratteristiche del Simposio Le evidenti particolarità del Simposio sono riferibili sia al tipo di impostazione e alla rilevanza apportata, in quanto si è trattato di un evento di tipo prettamente tecnico-scientifico e meno politico, come anche riportato da numerosi funzionari della FAO direttamente interpellati. Fondamentale anche il tipo di coinvolgimento attivo dei delegati, invitati a partecipare esprimendo la propria opinione attraverso la piattaforma di intervento Surveymonkey.com3. Al temine di ogni sessione, infatti, ogni delegato era invitato a rispondere in maniera anonima tramite
Mitchell Lay, Caribbean Network of Fisherfolk Organisations (CNFO) and Gulf and Caribbean Fisheries Institute (GCFI), Belize (photo © FAO / Alessandra Benedetti.) la piattaforma on-line ad una serie di domande relative ai differenti topics trattati. I risultati ottenuti in
tempo reale venivano poi presi come base per la successiva discussione in plenaria. Numerosi gli eventi
collaterali e i meeting, tra i quali il Fisheries Innovation Forum, che si è tenuto per tutta la durata del Simposio nell’atrio della sede FAO, con focus su Blue Innovation: Emerging Technologies and trends in Fisheries Sustainability e l’Innovative approaches at the regional level and their contributions to sustainable fisheries and the conservation of marine ecosystems organizzato dal The General Fisheries Commission for the Mediterranean GFCM4. Molto interessante la parte dedicata allo sviluppo di tecnologie innovative quali l’utilizzo potenziale di droni per le attività di pesca e di acquacoltura5. Ogni sessione si è focalizzata su determinate tematiche attraverso una session description (come riportato nella pubblicazione di presentazione) e a quali e quanti SDGs questa fosse di supporto, avendo come obiettivo il loro rafforzamento. Sono state fornite numerose informazioni in merito, con l’indicazione degli highlights di riferimento.
Per ogni panel è stata indicata una tematica supportata da una Keynote presentation, moderata da un Chair. Infine, sono state presentate le questions. Ogni sessione si è sviluppata in modo indipendente ma, come già detto, col filo conduttore del supporto integrato ai vari Obiettivi sostenibili del Millennio – SDGs6. Nella pubblicazione distribuita ai partecipanti a margine del Simposio era riportata, per ogni sessione, la bibliografia utilizzata dai panellist per le loro presentazioni. Riferimenti molto interessanti, in particolare per quanto riguarda la SESSION 6 sul Climate Change; numerosi e ripetuti i richiami invece a quello che risulta essere il testo base per lo sviluppo della policy a livello globale della pesca, il Code of Conduct for Responsible Fisheries (1995). Tra gli interventi che hanno suscitato maggior interesse, non soltanto per chi scrive, possiamo annoverare quello del prof. RAY HILBORN (University of Washington; SESSION 1), di
AHMED KHAN (Chief Fisheries Officer della African Development Bank – AFDB, Costa d’Avorio; SESSION 3) e di MITCHELL LAY (Fisher and Program Coordinator Caribbean Network of Fisherfolk Organisations - CNFO e Gulf and Caribbean Fisheries Institute - GCFI, Belize; SESSION 4); infine, quelli dai rappresentanti del WorldFish di Penang (www. worldfishcenter.org). In generale tutti le presentazioni sono state di alto livello, sicuramente alcune sono state meglio di altre, in particolare quelle del mondo NGOs o provenienti da organizzazioni facenti parte delle minoranze etniche o delle piccole isole, che hanno illustrato situazioni con percezioni e consapevolezze differenti rispetto a quanto riportato da organismi governativi o addirittura internazionali. In definitiva, un evento che si pone tra quelli di maggior rilevanza a livello globale per quanto riguarda l’anno 2019. Pierluigi Monticini Monticini Consulting, monticiniconsulting.com
Note 1. www.fao.org/about/meetings/ sustainable-fisheries-symposium/en; 2. www.fao.org/fishery/code/en; 3. www.surveymonkey.com; 4. www.fao.org/gfcm/en; 5. a tal proposito si riporta il link della testata on-line Pesce in rete: www.pesceinrete. com/2020/01/03/ancora-inutilizzato-il-potenziale-dei-droni-nelcontrollo-della-pesca-illegale; 6. unric.org/it/agenda-2030. • Per ulteriori approfondimenti e informazioni più dettagliate riguardanti sia le sessioni che i singoli interventi si rimanda alla pagina dedicata al Simposio su GLOBEFISH e al relativo Symphosium website: www.fao.org/ in-action/globefish/news-events/ details-events/en/c/1203424 • Molto bella la raccolta di foto su Flickr, per avere un’idea della globalità dell’evento: www. flickr.com/photos/faonews/collections/72157711651772443
Food & Wine in Progress a tutto pesce, ma sostenibile! di Maurizio dell’Agnello
Parlare di prodotti tipici in Toscana è fin troppo facile. In poche altre regioni d’Italia come in Toscana, infatti, si riescono ad amalgamare vari ingredienti, legando a doppio e triplo filo immagine regionale, territorio, storia e prodotti. Ed il tutto avviene con una tale efficacia che non appena vediamo un cipresso il nostro pensiero non può che correre a Bolgheri, ricordando il Carducci, o al Chianti, richiamando alla memoria il Ricasoli, ed in entrambi i casi l’associazione che segue è con i vini
rossi e con quel gusto di tannino che fa la differenza. Perché si sa che ai toscani piace fare, comunque, “la differenza”. E al vino non può che seguire, a “stretto giro di vite”, l’olio, coi suoi specifici sapori influenzati dalla maggiore o minore vicinanza al mare ed al relativo clima. E poi c’è il formaggio, che si declina nelle tante eccellenze territoriali grossetane, senesi, pisane. Tutte queste “ricchezze” hanno potuto fare bella mostra di sé nella rassegna Food & Wine in Progress, svoltasi lo scorso
30 novembre e il 1 dicembre alla Stazione Leopolda di Firenze. L’evento, promosso da Associazione Italiana Sommelier Toscana e dall’Unione Regionale Cuochi Toscani, in collaborazione con CONFCOMMERCIO, CONFARTIGIANATO e COLDIRETTI TOSCANA e l’Associazione Macellai, ha saputo essere una vera e propria vetrina dei “tesori toscani”, ma anche un’occasione per la valorizzazione del loro utilizzo con opportune preparazioni culinarie e presentazioni in tavola che ne arricchiscono il valore.
«Food & Wine è un punto di riferimento d’eccellenza per la ristorazione, il vino e la produzione agricola e enogastronomica e rappresenta un’immagine straordinaria per proiettare la Toscana nel mondo» ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani. La Toscana è uno scrigno di prodotti agroalimentari di qualità, che rappresentano un patrimonio frutto del lavoro di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere nel tempo la biodiversità e le tradizioni alimentari (photo © Marco Sulas).
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E il pesce? In una regione con oltre 400 km di coste e numerose splendide isole, poteva forse mancare il pesce? Ma certo che no! Anzi, il pesce è entrato a pieno titolo in Food & Wine in Progress con tutti i sapori e gli odori del mare ma anche quelli della montagna. E come poteva essere diversamente per una regione legata alla pesca ed ai suoi prodotti, oggi tra le maggiori produttrici italiane di spigole ed orate con i suoi impianti di acquacoltura, e che ha da sempre creduto nella troticoltura come attività in grado di integrare le economie montane e dei territori marginali. A presentare i numeri della produzione ittica regionale, in un convegno appositamente organizzato dalla Regione Toscana, è stato il DOTT. GIOVANNI MARIA GUARNERI del settore Agricoltura e Sviluppo rurale regionale, che ha ricordato come la pesca, che negli ultimi anni ha visto una consistente contrazioni del numero di barche, viene condotta oggi con 590 motopesca di cui: • 335 con attrezzi di piccola pesca (reti da posta, palangari, nasse, trappole); • 135 con reti da circuizione; • 120 con reti a strascico. La produzione ammonta a circa 10.000 tonnellate annue ripartite tra circuizione (55%), strascico (35%) e piccola pesca (10%). In Toscana sono presenti circa 25 impianti di acquacoltura. In via di sviluppo la mitilicoltura, con un impianto già operativo ed un secondo in fase di realizzazione. La produzione regionale annua di acquacoltura proveniente dagli impianti a terra è di circa 4.000 tonnellate, ma col forte sviluppo della maricoltura avuto in questi ultimi
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anni può considerarsi praticamente raddoppiata. Food & Wine in Progress è stata anche l’occasione per fare un consuntivo del lavoro svolto dalla Regione Toscana in questo settore — che tra pesca, allevamento e trasformazione annovera circa 1.500 occupati —, illustrando i progetti che sono stati finanziati nell’ambito del FEAMP (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca) e che hanno riguardato acquacoltura e pesca e le direttrici che hanno guidato l’intervento. Il FEAMP è lo strumento finanziario in essere che riguarda la programmazione degli investimenti nel periodo 2014-2020. Gli obiettivi prioritari del Fondo sono: • promuovere una pesca e un’acquacoltura competitive, sostenibili sotto il profilo ambientale, redditizie sul piano economico e socialmente responsabili; • favorire l’attuazione della politica comune della pesca; • promuovere uno sviluppo territoriale equilibrato; • favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese (PMI) dell’Unione in modo complementare rispetto alla politica di coesione e alla politica comune della pesca. Le misure di competenza regionale riguardano le seguenti priorità: • lo sviluppo sostenibile della pesca; • lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura; • lo sviluppo sostenibile delle zone di pesca e di acquacoltura e delle loro comunità; • le misure connesse alla commercializzazione e alla trasformazione. Per l’attuazione del FEAMP, alla Toscana sono stati destinati
circa 18,8 milioni di euro. Fino ad oggi i bandi regionali attivati hanno riguardato: • ammodernamento dei motopesca e delle infrastrutture portuali destinate alla flotta peschereccia, oltre allo sviluppo delle attività di diversificazione e di trasformazione e commercializzazione del prodotto da parte delle imprese di pesca (risorse utilizzate pari a 1,8 mln); • ammodernamento degli impianti di acquacoltura esistenti e la realizzazione di nuovi impianti di maricoltura compresa la molluschicoltura. È stata attivata inoltre la misura relativa alla prestazione di servizi ambientali da parte dell’acquacoltura con due interventi connessi al piano di ricostituzione dello stock di anguilla (risorse utilizzate pari a 3,1 mln); • ammodernamento degli impianti di trasformazione e commercializzazione del prodotto ittico (risorse utilizzate pari a 2,3 mln); • selezione di 4 strategie di sviluppo locali presentate dai FLAG che coprono l’intero territorio regionale interessato dalla pesca e dall’acquacoltura e che prevedono interventi per lo sviluppo
integrato dei territori interessati (risorse utilizzate pari a 7 mln). È stato il direttore R OBERTO SCALACCI del settore Agricoltura e Sviluppo rurale della regione ad illustrare i criteri guida della politica degli investimenti del FEAMP regionale, che ha preso come riferimento due concetti essenziali come sostenibilità ed innovazione, i quali devono essere applicati per trovare un equilibrio fra gli aspetti ecologici ambientali e quelli socio-economici e produttivi. Solo così lo sviluppo viene ad acquisire una dimensione etica, tesa al rispetto e alla dignità sia dell’ambiente che del lavoro.
Nel corso del convegno“Il FEAMP in Toscana, tra sostenibilità e innovazione” sono stati presentati video su progetti finanziati quali esempi di sostenibilità, diversificazione ed esperienze lavorative di successo (photo © Marco Sulas).
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Il risultato pratico dell’applicazione di tali concetti è stato evidenziato con alcuni video relativi a progetti finanziati come esempi di sostenibilità, diversificazione ed esperienze lavorative virtuose e di successo. I progetti in questione sono stati realizzati sia sulla costa che nelle aree interne, particolarmente in quei territori cosiddetti marginali, in situazioni di debolezza strutturale, in cui invece è stato possibile innescare dinamiche positive di cambiamento. Eccoli elencati: 1. un caso di imprenditoria giovanile, la COOPERATIVA IN QUIETE di Molin di Bucchio, Pratovecchio (AR), che ha come mission il recupero di uno mulino storico, la riproduzione e l’allevamento con modalità non intensive di specie prevalentemente autoctone inserite nella lista delle specie a rischio estinzione o minacciate dell’UE quali Trota appenninica, Barbo tiberino, Gambero di acqua dolce e Ghiozzo di ruscello; 2. un esempio di allevamento offshore senza uso di antibiotici, la COOPERATIVA MARICOLTURA E RICERCA MARICAP sull’isola di Capraia, in cui c’è attenzione verso il benessere animale, la riduzione degli sprechi e, non ultima, l’eticità e il benessere sociale dei lavoratori. Queste caratteristiche sono fondamentali quando si parla di prodotto di qualità, che lo è dall’inizio alla fine della filiera produttiva, in un’azienda diventata un
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modello, in Italia ed Europa, di ecosostenibilità ambientale e di Blue Economy con grande valore a carattere etico e sociale; 3. I PESCATORI ORBETELLO, nella Laguna di Orbetello, progetto in cui l’allevamento e la pesca sono legate alla ristorazione, con prodotti propri. Una filiera cortissima e controllata, quindi, in cui la trasformazione parte dal prodotto fresco per ottenere prodotti affumicati, marinati, sughi pronti con tecniche antiche di lavorazione e conservazione del pesce e ricette tradizionali. L’aspetto da sottolineare in questo caso è la diversificazione delle attività di pesca: si alleggeriscono le attività di prelievo creando nuove forme di reddito e occupazione per i pescatori; 4. un esempio di attività produttiva più tradizionale, di acquacoltura e troticoltura di acqua dolce, la TROTICOLTURA IL GIARDINO, Pontebosio (MS), le cui strategie di verticalizzazione della filiera e di trasformazione del prodotto hanno consentito di superare gli svantaggi che sarebbero potuti derivare dalla collocazione in aree marginali, permettendone invece lo sviluppo e la creazione di vari impianti.
Il “Calendario della stagionalità del pescato toscano” realizzato dalla Direzione Agricoltura e Sviluppo rurale con la collaborazione scientifica del CIBM di Livorno.
Il progetto Antica Acquacoltura Molin di Bucchio portato avanti dalla Cooperativa In Quiete si occupa del recupero di uno dei più antichi impianti di acquacoltura toscani, posto alle sorgenti dell’Arno, per la produzione di specie d’acqua dolce autoctone ai fini di ripopolamento e alimentari. Il lavoro della cooperativa ha portato alla creazione di un “serbatoio ecosostenibile” di biodiversità acquatica, che si distingue per la produzione di “pesci di alta qualità” sia alimentare che genetica, salvaguardando il benessere animale e le specie ittiche autoctone. Nello storico impianto di acquacoltura, opportunamente recuperato, si è sviluppata prevalentemente l’attività di allevamento e riproduzione per specie a rischio come la Trota appenninica, il Barbo tiberino, il Ghiozzo di ruscello e il Gambero d’acqua dolce. L’azienda si occupa inoltre di accogliere i visitatori, diversificandosi nella didattica ambientale, nell’assistenza agli appassionati di pesca, nell’introduzione al contatto con la natura dei ragazzi e nella ricerca di soluzioni per la difesa delle acque dolci con le Università, gli enti e tutta la comunità in generale. Il progetto è stato finanziato con contributo europeo FEAMP 2014/2020 con € 34.880,50 ed è stato selezionato dall’Unione Europea come Best Practice del 2019, premiando per la prima volta un’idea italiana per un’utilizzazione originale e significativa dei fondi europei per la pesca e l’acquacoltura. >> Link: www.cooperativainquiete.it
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Come frutta e verdura anche il pesce ha la sua stagionalità. Il calendario messo a punto dal CIBM di Livorno fornisce informazioni per un consumo più consapevole del pesce, sviluppando un approccio che va oltre il “semplice” valore nutrizionale
In alto: panino al lampredotto di polpo (photo © www.adhocnews.it). In basso: le preparazioni che l’AIS Toscana e l’Unione Regionale Cuochi Toscani avevano coordinato appositamente per il convegno (photo © Marco Sulas). Storie di protagonisti che, come ha ricordato l’assessore all’Agricoltura MARCO REMASCHI in un documento inviato al convegno, declinano i concetti di sostenibilità e innovazione in un equilibrio fra aspetti ecologici ambientali, socioeconomici e produttivi, portando lo sviluppo verso una dimensione etica che deve tendere il più possibile al rispetto e alla dignità sia dell’ambiente che del lavoro. La realizzazione dei video con le “storie di successo” dei progetti FEAMP ha rappresentato uno straordinario strumento di comunicazione in grado di fornire un immediato messaggio di ritorno nei confronti dell’Unione Europea, come ha ri-
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cordato il dott. CLAUDIO SERANGELI. Ma, in questo caso, per l’Italia e la Toscana c’è qualcosa di più perché, tra tutti i video presenti nell’ambito del finanziamento FEAMP, l’Unione Europea ha selezionato 6 progetti come Best Practice del 2019 e, per la prima volta, un’azienda italiana è rientrata in questa scelta (si veda il box dedicato). Prima di passare agli assaggi e alle eleganti preparazioni che l’Associazione Italiana Sommelier Toscana e l’Unione Regionale Cuochi Toscani avevano coordinato per il convegno, è stato anche presentato il “Calendario della stagionalità del pescato toscano”, realizzato dalla Direzione Agricoltura e Sviluppo rurale con la
collaborazione scientifica del CIBM di Livorno. In particolare, come ricordato dal dott. PAOLO SARTOR, sono state ribadite le qualità e le potenzialità del pescato locale, il cosiddetto pesce “povero” o “dimenticato”, per il quale la stagionalità gioca un ruolo determinante ai fini di un consumo più consapevole e sostenibile. Conoscere la stagionalità del pescato significa essere maggiormente consapevoli del prodotto regionale che troviamo sui bachi delle pescherie. Consumare specie regionali meno conosciute potrebbe tradursi in una diversificazione della domanda a favore delle specie attualmente sovrasfruttate. E, infine, indirizzare l’interesse verso le produzioni locali potrebbe significare limitare i costi legati al trasporto ed all’inquinamento, con potenziale risparmio per il consumatore finale. Un convegno interessante che ha fatto riflettere su tanti aspetti, ma che senza dubbio ha messo al centro del tavolo e ribadito con forza i concetti di sostenibilità ambientale ed economica necessarie al fine di creare le condizioni di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità alle generazioni future di realizzare i propri. Un concetto che tende sempre più a farsi strada e che ci dà consapevolezza della via che deve essere percorsa per i tempi futuri con comportamenti virtuosi, troppo spesso dimenticati. Maurizio Dell’Agnello
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FIERE
Grande successo di affluenza e contenuti per MarcabyBolognaFiere 2020
Mercato in crescita per i prodotti a Marchio del Distributore
Si sono pienamente confermate le previsioni di successo della sedicesima edizione di MarcabyBolognaFiere, il salone dedicato ai prodotti MDD organizzato da BolognaFiere in collaborazione con ADM (Associazione Distribuzione Moderna). Il bilancio, a conclusione dei due giorni di manifestazione, segna tutti numeri in crescita con percentuali decisamente positive: +28% per gli operatori professionali (13.032 contro gli 11.177 del 2019) e +21% per il numero degli espositori che hanno avuto a disposizione una superficie
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espositiva incrementata del 19%. Una crescita coerente con l’ulteriore accreditamento dell’evento quale piattaforma di incontro per l’intera filiera della MDD e col trend di crescita che caratterizza i prodotti a Marca del Distributore; una tendenza ribadita anche dal XVI Rapporto MarcabyBolognaFiere, che ha analizzato un anno di performance del settore per valutarne il ruolo e la percezione del consumatore. Le rilevazioni hanno confermato che è ormai stabile sopra il 20% la quota in volume dei prodotti MDD, la cui
crescita rappresenta il 30% della crescita dell’intera industria alimentare italiana nel mercato domestico negli ultimi 16 anni; confermate anche le previsioni per il 2019 di ricavi intorno agli 11 miliardi di euro. MarcabyBolognaFiere 2020 ha confermato, infine, l’offerta di momenti di formazione e informazione attraverso un ricco calendario di convegni, dibattiti, seminari e focus di analisi delle principali tendenze espresse dal modern trade nel settore MDD. Tra questi ricordiamo il convegno inaugurale organizzato
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Luca Bergamini e Raoul Costantini di Effelle Pesca di Bosco Mesola (FE), specializzata nel commercio di prodotti ittici, all’avanguardia nella lavorazione dei molluschi immessi sul mercato in vari sistemi di packaging, dalla retina tradizionale al confezionamento in vaschetta in atmosfera protettiva. In occasione di Marca, tra le novità dell’azienda ferrarese c’è stata la presentazione della cozza “Maravilla”, una cozza spagnola, proveniente dalla Galizia da fornitori di fiducia, reimmersa nelle acque dell’Adriatico per almeno 30 giorni.
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1) Andrè Muehlberger con Guido Girardelli di CSB-System, azienda leader nelle tecnologie software per l’industria alimentare. 2) Saòr del Mar, con sede a San Giorgio in Bosco (PD), è una società specializzata in piatti pronti a base di pesce selezionato. 3) Molto trafficato lo stand di ALLES FISCH, l’azienda veneziana che occupa uno spazio all’interno dell’area del Mercato Ittico di Chioggia ed è specializzata in prodotti della pesca e dell’acquacoltura.
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FONDATORE
CIRO QUINCI
FONDATORE
CIRO QUINCI Regione Siciliana Assessorato Agricoltura, Sviluppo Rurale e Pesca Mediterranea Dipartimento della Pesca Mediterranea
B IMESTRALE DI I NFORMAZIONI A RMATORIALI ATTREZZATURE DA P ESCA - A CQUACOLTURA - A MBIENTE - T RASPORTI
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Struttura produttiva della pesca in Sicilia Blue Sea Land 2018
REPORT: Flotta da Pesca Ue Anno XXIV - N. 11/12 n ov e m b r e / d i c e m b r e 2 0 1 8
DUBAI: merca agroalimentare Spedizione in A.P. art.2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Pale
rivistalarmatore@libero.it www.larmatore.it
In caso mancato recapito inviare all’Uff.P.I. di Pal detentore del conto per restituzione al mit che si impegna a pagare la relativa t
14,5 milioni di euro in nuovi progetit
Anno XXIV - N. 9/10 settembr e/ottobr e 2018
Spedizione in A.P. - 45% art.2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Palermo
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In caso mancato recapito inviare all’Uff.P.I. di Palermo detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa
L’impegno della Distribuzione Moderna per la sostenibilità La Distribuzione Moderna è già impegnata nel campo della sostenibilità ambientale e sociale e sta sviluppando nuovi progetti. Il 60% dei Gruppi della Distribuzione, un dato molto maggiore rispetto alla media nazionale, riconosce come strategica la sostenibilità, con obiettivi principali come la riduzione della plastica, la diminuzione delle emissioni, la tutela del benessere animale, la tracciabilità della filiera nei prodotti a Marca del Distributore. È quanto evidenziato da The European House – Ambrosetti e Associazione Distribuzione Moderna (ADM) nel position paper “Il contributo della Marca del Distributore alla sfida dello Sviluppo Sostenibile e del Paese” presentato nel corso del convegno di apertura di MarcabyBolognaFiere 2020. Il documento presenta 10 messaggi chiave che definiscono la sostenibilità e la responsabilità sociale d’impresa per la GDO e, in particolare, nell’ambito della MDD. I risultati illustrati nello studio emergono da interviste a Business Leader e da due survey, una ai vertici della Distribuzione (che rappresentano 84% del fatturato del settore), l’altra alle aziende fornitrici della Distribuzione con un fatturato inferiore a 150 milioni di euro, integrate dall’analisi dei bilanci di un campione di 415 aziende partner della Marca del Distributore. La sostenibilità nella GDO è un dato di fatto Il maggior dinamismo nel campo della sostenibilità si evidenzia nei prodotti a Marca del Distributore, un settore che vale 10,8 miliardi di fatturato nel 2019 e il cui sviluppo negli ultimi 16 anni spiega l’80% della crescita realizzata nello stesso periodo dall’intera industria alimentare nel mercato domestico. Una sostenibilità che si evidenzia non solo nei prodotti, sempre più vicini alle nuove esigenze dei consumatori, ma soprattutto nella filiera alimentata dai prodotti della MDD: l’analisi dei bilanci del campione rappresentativo delle aziende fornitrici della MDD negli ultimi 6 anni dimostra che queste ultime hanno performance economiche, occupazionali e reddituali migliori delle altre aziende del settore alimentare. Una performance che aumenta al crescere della quota di fatturato generato con la MDD, in grado quindi di dare un impulso positivo a tutto l’indotto che coinvolge. A dimostrazione dell’ampiezza e dell’intensità con la quale vengono perseguiti gli obiettivi di sostenibilità in relazione alla MDD, quest’ultima risulta, sempre dallo studio di The European House – Ambrosetti, uno dei pochi settori che impattano, direttamente o indirettamente, su tutti i 17 Sustainable Development Goal (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Ma cos’è sostenibilità per la GDO attraverso la MDD? ADM ha individuato una propria definizione, condivisa con The European House – Ambrosetti: esprime la volontà di essere di indirizzo per lo sviluppo sostenibile del Paese, di avere rapporti costruttivi con i fornitori per metterli nella condizione di fare investimenti in logica di sostenibilità, con la finalità di divenire essi stessi più sostenibili e di offrire prodotti coerenti con le nuove esigenze dei consumatori, generando in questo modo una filiera responsabile e attivando un circolo virtuoso da cui tutti, imprese, cittadini e società, traggano beneficio. La relazione con i fornitori è quindi la chiave di volta per la sostenibilità della Marca del Distributore. Per questo non saranno più definiti “copacker” ma “MDD partner”. Una questione solo apparentemente semantica, ma in realtà di sostanza. Perché è di autentica partnership che stiamo parlando, finalizzata al successo di entrambe le parti per portare vantaggi al consumatore. «La Marca del Distributore esprime da tempo immagine, posizionamento e valori dell’insegna che rappresenta — ha dichiarato GIORGIO SANTAMBROGIO, presidente di ADM e AD del Gruppo VéGé — creando in questo modo un forte legame con il consumatore che vi si rivolge con fiducia e regolarità. Il grande lavoro che tutte le imprese distributive stanno svolgendo sul tema della sostenibilità rafforza questo rapporto».
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da ADM in collaborazione con The European House –Ambrosetti focalizzato su “Il contributo della Marca del Distributore alla sfida dello sviluppo sostenibile e del Paese” e la presentazione del “XVI Rapporto MarcabyBolognaFiere sull’evoluzione dei prodotti a Marca del Distributore in Italia” che si è completato con l’analisi di alcune “Case histories sul tema della sostenibilità” (esperienze della GDO internazionale), organizzato da BolognaFiere e ADM in collaborazione con IRI e IPLC (International Private Label Consult). Entrambi gli appuntamenti hanno evidenziato la crescita dei prodotti MDD, analizzandone anche il ruolo in chiave di sostenibilità (intesa nella sua accezione più ampia: dal packaging al risparmio energetico, dalla valorizzazione delle filiere corte alle strategie per dare una seconda vita al prodotto invenduto, …). La discussione ha evidenziando quanto il fattore sostenibilità sia diventato strategico per lo sviluppo del Paese ma, anche, ha posto in luce la forte interazione dei prodotti MDD con consumatori attenti ai temi etici e ambientali che si riconoscono nei valori delle grandi insegne della DMO. «Sedici anni fa, quando abbiamo lanciato MarcabyBolognaFiere — ha detto a caldo GIANPIERO CALZOLARI, presidente BolognaFiere — abbiamo intrapreso un percorso che ha anticipato i trend di mercato. La crescita costante dell’evento e la sempre più spiccata attenzione dei buyer esteri sono la miglior testimonianza della dinamicità del settore della MDD che ha ancora ampie opportunità di sviluppo. La quota in volume dei prodotti a Marca del Distributore si attesta, in Italia, al 20%, contro una media europea superiore al 30%». Incisiva, infine, la partecipazione agli altri convegni in programma che hanno sviluppato il focus portante della fiera (la sostenibilità) con approfondimenti verticali dedicati all’importanza delle certificazioni nel free from food e agli standard della marca privata; a cosmetici e GDO, trend e responsabilità; al ruolo
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In alto: lo stand del marchio “Lo Pesce” del produttore italiano di prodotti ittici Xilo, con sede a Como. Lo slogan, azzeccatissimo, è stato tra i più fotografati della fiera. In basso: Girolamo Balistreri e la moglie Elisabetta Di Salvo, dell’omonima Balistreri Girolamo & C. Snc, con sede ad Aspra, in provincia di Palermo. L’azienda, tra le più attive nella difesa della tradizione siciliana della conservazione dell’acciuga salata, è presente in GDO con le proprie acciughe salate, i filetti di acciuga, il garum e la pasta di acciughe. del packaging per la sostenibilità ambientale nella GDO; al futuro della MDD nella categoria vino; al Packaging Design; alla blockchain per il settore biologico, ecc… Hanno incontrato il favore degli espositori e degli operatori anche le innovazioni introdotte in questa edizione, a cominciare dal nuovo lay-out che ha dedicato al non-food un’area distinta (di oltre 3.500 m2). Fra le nuove iniziative del salone c’è
stato l’esordio di Marca Fresh, spazio ideato per rendere protagonista il comparto dei freschissimi nel mondo della MDD. Ha poi offerto nuove opportunità di business agli operatori professionali in visita anche il nuovo salone satellite in cui le più attuali tendenze di mercato — bio, free from, tracciabilità, la digital industry e la blockchain — sono state analizzate in focus di approfondimento.
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1) Song Qin insieme ad una collaboratrice nello spazio dell’azienda cinese Bytech, per la prima volta a Marca con prodotti quali guanti, piatti, tovagliame e posateria, tutto monouso. 2) Lo stand di Fjord, azienda con sede a Varese, specializzata nella produzione di ittici affumicati, principalmente salmone, spada e tonno. 3) Luca, Gianni e Marco Scarpa di Rivamar di Taglio di Po (RO), specialista nella congelazione e surgelazione del pesce e leader nella lavorazione di molluschi e crostacei. 4) Lo stand di Cesare Regnoli & Figlio di Bologna presente sul mercato col marchio “Medusa”, brand specialista della gastronomia ittica. 5) Lo spazio di Finittica di Goro (FE), specializzata nella lavorazione e vendita di molluschi bivalvi vivi, e di P.F.R Trasporti di Porto Viro (RO). 6) Lo stand di Finpesca di Porto Viro (RO) con la linea di prodotti ready to cook a marchio “Aquolina”. Le azioni finalizzate ad un sempre più stretto dialogo coi mercati internazionali hanno portato a un incremento dei buyer esteri, con delegazioni commerciali provenienti da 32 Paesi; sono stati oltre 4.000 gli incontri pianificati nell’ambito della International Buyer Lounge. Fondamentale, per le azioni di inter-
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nazionalizzazione, la collaborazione attivata da alcuni anni con ICE/ITA, Italian Trade Agency. Nota A pagina 114, foto di repertorio di una passata edizione di MarcabyBolognaFiere; photo © MarcabyBolognaFiere.
Edizione 2021 MarcabyBolognaFiere 13 e 14 gennaio marca.bolognafiere.it
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20° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE
parma
11/14MAGGIO2020
welcome to foo d la n d
La FAO ad Aquafarm per un’acquacoltura responsabile Consumatori sempre più consapevoli dell’impatto delle proprie scelte di acquisto E UROMONITOR I NTERNATIONAL ha pubblicato un report all’inizio del 2019 in cui analizza le principali tendenze di consumo che andranno
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ad affermarsi nei prossimi anni. Il consumatore consapevole ha una preferenza di acquisto per prodotti derivati da attività con una bassa ricaduta ambientale e ne controlla l’origine geografica. Lo stesso studio evidenzia che il 55% della Genera-
zione Z (i nati tra il 1995 e il 2010) e il 65% dei Millennials (i nati tra il 1981 e il 1995) sono consapevoli di poter contribuire positivamente alla riduzione dell’impatto ambientale sul mondo in cui viviamo. Queste scelte di consumo incalzano le
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Ad AquaFarm 2020 un workshop organizzato dalla GFCM della FAO per discutere e condividere esempi di buone pratiche che favoriscano uno sviluppo responsabile dell’acquacoltura
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aziende a rispondere con prontezza modificando la filiera produttiva, di approvvigionamento e la stessa offerta di prodotti. Per le associazioni di settore significa supportare le imprese in questo cambiamento lavorando insieme per trasmettere corrette informazioni ai consumatori e all’opinione pubblica. Proprio sulle buone pratiche si concentrerà la conferenza Aquaculture farmers and farmer organizations: promoting good practices to boost responsible aquaculture organizzata dalla FAO/GFCM (General Fisheries Commission for the Mediterranean, il più importante organismo internazionale che si occupa di agroalimentare, pesca e acquacoltura), in occasione di AquaFarm 2020, l’appuntamento annuale per gli operatori dell’intera filiera dell’acquacoltura giunto alla sua quarta edizione, il 20 febbraio a Pordenone Fiere. «È molto importante per noi ospitare la FAO/GFCM» afferma RENATO PUJATTI, presidente di Pordenone Fiere. «Un’ulteriore conferma che AquaFarm è un punto riferimento centrale per il comparto acquacoltura italiano, europeo e di tutto il Mediterraneo». Un primo momento della conferenza sarà dedicato alle buone pratiche per rendere l’acquacoltura un’attività sempre più responsabile, all’importanza della cooperazione tra acquacoltori e associazioni di settore, alla comprensione delle dinamiche che influenzano la percezione pubblica sui prodotti dell’acquacoltura. La seconda parte prenderà invece in esame la condivisione dei progressi, in ambito internazionale e nazionale, e di esperienze che hanno portato a un aumento della responsabilità sociale delle imprese. Responsabilità che diventa un anello importante della catena del valore del settore acquacoltura e pesca e un punto di forza per gli allevatori per far fronte alle principali sfide relative a mercato, concorrenza, regolamentazioni, ambiente, salute e benessere degli animali, riconoscimento sociale dell’acquacoltura e sviluppo economico.
Motore di ricerca per l’acquacoltura In soli tre anni AquaFarm è diventata la manifestazione di riferimento sia per l’acquacoltura italiana sia per quella europea e del bacino mediterraneo. Nell’edizione 2020 saranno condivisi i risultati dei progetti di ricerca finanziati da Horizon 2020, Erasmus+, InterReg e FEAMP, grazie al piano strategico europeo 2014-2020. L’innovazione tecnologica indotta dalla ricerca settoriale applicata deve e dovrà portare sempre più verso la sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’acquacoltura, acquisendo un significato maggiore in quanto correlata alla produzione di alimenti. In questo caso, infatti, entrano in campo necessariamente altri fattori, quali la qualità, la sicurezza alimentare, la tutela del consumatore e la conseguente corretta informazione. AquaFarm ha sempre riservato alla ricerca un ampio spazio: quest’anno un’intera sessione le sarà dedicata. Coordinatori e partner di diversi progetti illustreranno i risultati direttamente applicabili in allevamento o volti all’ottimizzazione dei processi di filiera. Molte delle università, istituti di ricerca, associazioni e imprese italiane, presenti anche nello spazio espositivo della manifestazione, sono partner attivi di consorzi di ricerca finanziati nell’ambito dei programmi Horizon 2020, Erasmus+, InterReg o nazionali.
Aquafarm – NovelFarm 19-20 febbraio Pordenone Fiere Web: www.aquafarmexpo.it Nota In foto a lato, impianto di acquacoltura in Tunisia. In futuro, il mangime per i pesci dovrà essere prodotto sempre più da fonti sostenibili (photo © FAO).
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LA PAGINA SCIENTIFICA
Validazione del processo di reidratazione (ammollo) dello stoccafisso e prova di shelf-life di Luca del Grammastro, Alma Carlotta Rui e Milena Borasca
Nel linguaggio comune stoccafisso e baccalà, utilizzati in tante preparazioni della cucina tradizionale italiana, sono spesso confusi. In realtà tra i due prodotti c’è un mondo, anche se la materia prima è sempre la stessa, il merluzzo (Gadus morhua), con la sua carne bianca e il gusto molto delicato. È il metodo di conservazione ad essere totalmente diverso: il baccalà, infatti, è conservato sotto sale, mentre lo stoccafisso è essiccato. Per questo motivo, ma non solo, non sono ammesse confusioni tra questi due prodotti così differenti. Lo stoccafisso è essiccato al sole su apposite rastrelliere per tre mesi. Pare che il suo nome derivi dal norvegese stockfish o dall’olandese antico stocvisch ovvero “pesce a bastone” o “pesce seccato sui bastoni”. La sua produzione è strettamente collegata alle condizioni climatiche e avviene da febbraio a giugno. In questo periodo, infatti, nella penisola scandinava (e in particolare nelle isole Lofoten, dove si produce lo stoccafisso di migliore qualità) si ha un perfetto equilibrio tra sole e vento artico. Dopo tre mesi all’aperto, lo
stoccafisso deve maturare al chiuso per almeno altri due mesi. L’essiccazione naturale è uno dei metodi di conservazione del cibo più antichi. Vi sono documenti che attestano questa pratica nei Mari del Nord sin dai tempi di CARLO MAGNO (IX secolo). Il pesce secco ottenuto in questo modo può conservarsi anche per anni ed è facilmente trasportabile e commercializzabile. Fu proprio questa facile conservazione a bordo delle navi a farlo diventare il principale alimento dei Vichinghi. Le prime notizie sull’arrivo in Italia dello stoccafisso risalgono proprio al tempo dei Normanni in Sicilia. Dal punto di vista nutrizionale, 100 grammi di baccalà o stoccafisso contengono: 75,6 g d’acqua; 21,6 g di proteine; 1,0 g di grassi (di cui 50 mg di colesterolo); minerali: fosforo, molto abbondante, sodio nel caso del baccalà, calcio, ferro, selenio; vitamine del gruppo B. Lo stoccafisso è ricchissimo anche di potassio e 100 grammi di prodotto corrispondono a circa 95 Kcal per il baccalà, 350 circa per lo stoccafisso.
Le prove condotte, oltre a verificare la corretta applicazione delle buone pratiche di lavorazione nella fase di reidratazione, hanno dimostrato l’adeguatezza della conservabilità dello stoccafisso reidratato nel regime della catena del freddo per un periodo ipotizzato di cinque giorni 124
In genere lo stoccafisso norvegese, e non solo, si trova già ammollato e pronto per essere cucinato ma si può acquistare anche secco. Descrizione dei prodotti e del processo da validare Il prodotto ittico stoccafisso secco, eviscerato, decapitato e stoccato ad una temperatura di circa +4 °C è stato sottoposto ad un processo di reidratazione mediante l’immersione del prodotto in acqua di rete potabile. Il processo di reidratazione ha avuto una durata di 3 giorni (72 ore) in vasche in acciaio dove è stato immerso totalmente in acqua potabile e ogni 12 ore (6 cambi in 3 giorni) l’acqua di ammollo è stata completamente sostituita con acqua potabile nuova. Al termine del processo di reidratazione, il prodotto conservato in ghiaccio a scaglie è stato sottoposto ad una prova di shelf-life per determinare la successiva conservabilità. I campioni oggetto dello studio della validazione della procedura sono rappresentati dallo stoccafisso prima e dopo la reidratazione e successiva conservazione in ghiaccio a scaglie e dall’acqua di ammollo prima e dopo l’utilizzo. Protocollo di prova Alla luce delle precedenti considerazioni, per poter valutare correttamente il processo di reidratazione/ ammollo e la successiva conservazione del prodotto reidratato si è scelto di condurre delle determinazioni microbiologiche e chimico-fisiche (pH) per verificare il mantenimento delle caratteristiche igieniche e di sicurezza alimentare durante la fase IL PESCE, 1/20
Essiccazione degli stoccafissi. Lo stoccafisso viene prodotto principalmente dallo skrei, il miglior merluzzo artico stagionale, o dal merluzzo artico, pescato al di sopra del circolo polare artico, dove le condizioni sono ideali per essiccare il pesce. IL PESCE, 1/20
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Tabella 1 – Stoccafisso (Gadus morhua) – Tempo 0 PARAMETRI CHIMICO-FISICI Parametro
Metodo di prova
pH
ISO 2917:1999 IGIENE DI PROCESSO
Parametro
Metodo di prova
Conta Escherichia coli ß glucuronidasi positivo
ISO 16649-2:2001
Conta Stafilococchi coagulasi positivi (S. aureus e altre specie) a 37 °C
ISO 6888-1:2004
Spore di Bacillus cereus
MPI 47/M Rev. 0:2008
Spore di clostridi solfito riduttori
MPI 03/M Rev. 2:2010
SICUREZZA ALIMENTARE Parametro
Metodo di prova
Ricerca Salmonella spp.
AFNOR BIO 12/41 – 03/17
Ricerca Listeria monocytogenes
AFNOR AES 10/03 – 09/00
Tabella 2 – Stoccafisso (Gadus morhua) – Tempo 3 e Tempo 3+5 PARAMETRI CHIMICO-FISICI Parametro
Metodo di prova
pH
ISO 2917:1999 IGIENE DI PROCESSO
Parametro
Metodo di prova
Conta Escherichia coli ß glucuronidasi positivo
ISO 16649-2:2001
Conta Stafilococchi coagulasi positivi (S. aureus e altre specie) a 37 °C
ISO 6888-1:2004
Conta clostridi solfito riduttori
ISO 15213:2003
Conta Bacillus cereus presunto
ISO 7932:2005 SICUREZZA ALIMENTARE
Parametro
Metodo di prova
Ricerca Salmonella spp.
AFNOR BIO 12/41 – 03/17
Ricerca Listeria monocytogenes
AFNOR AES 10/03 – 09/00
Tabella 3 – Acqua di reidratazione/Ammollo – Tempo 0 PARAMETRI MICROBIOLOGICI Parametro
Metodo di prova
Escherichia coli
ISO 9308-1:2017
Enterococchi intestinali
ISO 7899-2003
Spore di clostridi solfito riduttori
ISTISAN 2000/14 pag 379
Tabella 4 – Acqua di reidratazione/Ammollo – Tempo 3 PARAMETRI MICROBIOLOGICI Parametro
Metodo di prova
Escherichia coli
ISO 9308-1:2017
Spore di clostridi solfito riduttori
ISTISAN 2000/14 pag 379
Stafilococchi patogeni (S. aureus)
ISTISAN 2007/5 pag 188 Met.ISSA 018A
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di ammollo dello stoccafisso e nel successivo periodo di conservabilità dello stesso reidratato. La scelta di determinati indicatori microbiologici è stata correlata all’alimento oggetto di studio e all’acqua di rete utilizzata nel processo di reidratazione. Le analisi microbiologiche e chimico-fisiche sono state programmate nei seguenti tempi: • tempo 0: stoccafisso e acqua di reidratazione/ammollo prima della fase di reidratazione; • tempo 3: stoccafisso e acqua di reidratazione/ammollo subito dopo la fase di reidratazione di 3 giorni; • tempo 3+5: stoccafisso dopo la fase di reidratazione di 3 giorni e successiva conservazione con ghiaccio a scaglie per 5 giorni. Sullo stoccafisso ad ogni step sono stati valutati il pH, i criteri di sicurezza alimentare e i parametri di igiene di processo più significativi. Per quanto riguarda l’acqua utilizzata nella reidratazione, sono stati analizzati alcuni indicatori microbiologici di potabilità obbligatori e accessori prima del processo di ammollo e i parametri di potenziali patogeni più significativi dopo la reidratazione. Nelle Tabelle 1/2/3/4 vengono specificati nel dettaglio i parametri oggetto dello studio con relativo metodo di prova. Risultati ottenuti In Tabella 5 vengono riportati tutti i risultati delle analisi dello studio di validazione riassunti per ogni tempo e matrice analizzati. Considerazioni e conclusioni Ad introduzione delle conclusioni sullo studio della validazione della procedura di reidratazione/ammollo dello stoccafisso nei campioni analizzati si premette che, sulla base dei parametri ricercati, attualmente non esistono, per alcune determinazioni, limiti di legge applicabili a questa specifica tipologia di prodotto ittico. I valori guida di riferimento riportati da varie fonti bibliografiche (Linee Guida per l’analisi del rischio
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Tabella 5 – Stoccafisso (Gadus morhua) – Tempo 0 (data 11/11/2019 – ore 6:00)
Analisi al
Tempo 0
pH (unità pH)
7,36
Conta Escherichia coli ß glucuronidasi positivo (UFC/g)
Conta Stafilococchi coagulasi positivi (S.aureus e altre specie) a 37 °C (UFC/g)
Conta spore Bacillus cereus (UFC/g)
< 10
< 10
< 10
Conta spore clostridi solfito riduttori (UFC/g) < 10
Ricerca Salmonella spp (P/A in 25 g)
Ricerca Listeria monocytogenes (P/A in 25 g)
non rilevato
non rilevato
Ricerca Salmonella spp (P/A in 25 g)
Ricerca Listeria monocytogenes (P/A in 25 g)
non rilevato
non rilevato
non rilevato
non rilevato
Stoccafisso Tempo 0
Tabella 5 – Stoccafisso (Gadus morhua) – Tempo 0 (data 11/11/2019 – ore 6:00)
Analisi al
Tempo 3 Tempo 3+5
pH (unità pH)
Conta Escherichia coli ß glucuronidasi positivo (UFC/g)
Conta Stafilococchi coagulasi positivi (S.aureus e altre specie) a 37 °C (UFC/g)
Conta spore Bacillus cereus presunto (UFC/g)
7,54
< 10
< 10
< 10
< 10
7,45
< 10
< 10
< 10
< 10
Stoccafisso Tempo 3
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Conta spore clostridi solfito riduttori (UFC/g)
Stoccafisso Tempo 5
IL PESCE, 1/20
ATTREZZATURE AUTOMAZIONE INDUSTRIA ALIMENTARE
Tabella 7 – Acqua di reidratazione/Ammollo – Tempo 0 (data 11/11/2019 – ore 6:00) Conta Escherichia coli (UFC/100 ml)
Conta Enterococchi intestinali (UFC/100 ml)
0
Conta spore clostridi solfito riduttori (UFC/100 ml)
0
CARRELLO RIBALTATORE
0
Tabella 8 – Acqua di reidratazione/Ammollo – Tempo 3 (data 14/11/2019 – ore 6:00) Conta Escherichia coli (UFC/100 ml)
Conta spore clostridi solfito riduttori (UFC/100 ml)
<1
nel campo della microbiologia degli alimenti Regione Piemonte rev. 00/2013) riportano per i microrganismi indicatori di igiene di processo criteri di accettabilità che vanno fino a 102 UFC/g per Escherichia coli, 104 UFC/g per Bacillus cereus e gli stafilococchi coagulasi positivi e 102 UFC/g per i clostridi solfito riduttori/ Clostridium perfringens. Relativamente a Salmonella spp. e Listeria monocytogenes viene considerata ammissibile l’assenza in 25 g. Per quanto concerne l’acqua utilizzata nella fase di idratazione vengono considerati i limiti di legge previsti dal Decreto Legislativo n. 31/2001 e s.m.i. per valutarne la potabilità all’inizio del processo e l’assenza (< 1 UFC/100 ml) di potenziali patogeni per quanto concerne l’acqua di reidratazione a fine del processo (quest’ultima tipologia di acqua non risulta attualmente normata sia a livello di parametri di ricerca e, conseguentemente, di limiti di accettabilità). Pertanto, sulla base di quanto premesso, possiamo esprimere le seguenti considerazioni: • per tutte le referenze nello stoccafisso le concentrazioni di Escherichia coli, stafilococchi coagulasi positivi, clostridi solfito riduttori e Bacillus cereus sono risultate ottimali (< 10 UFC/g) in tutti i tempi di validazione; • anche per quanto concerne i criteri di sicurezza alimentare tutti i campioni sono risultati conformi in quanto non rilevabile
<1
Conta Stafilococchi patogeni (S. aureus) (UFC/100 ml) <1
la presenza di Salmonella spp. e L. monocytogenes in 25 grammi; • non si è rilevata la presenza di potenziali patogeni nell’acqua di reidratazione dello stoccafisso dopo l’ammollo; • il pH dello stoccafisso non ha subito variazioni significative nei vari tempi analizzati; • all’aspetto visivo e all’apertura, come da foto allegate, i campioni di stoccafisso sono risultati conformi in tutti gli step di processo di reidratazione e successiva conservazione. Le prove condotte, oltre a verificare la corretta applicazione delle buone pratiche di lavorazione nella fase di reidratazione, hanno dimostrato l’adeguatezza della conservabilità successiva dello stoccafisso reidratato, nel regime della catena del freddo, per un periodo ipotizzato di 5 giorni. Va precisato che il rischio della contaminazione del prodotto da acqua contaminata è trascurabile e ulteriormente confermato anche dalle analisi nello studio di validazione, in quanto il rifornimento idrico utilizzato durante il processo di reidratazione è stato quello dell’acquedotto comunale dello stabilimento oggetto di studio. Dott. Luca del Grammastro Controllo Qualità e Sicurezza Alimentare Dott.ssa Alma Carlotta Rui Milena Borasca Responsabili Laboratorio Lachiver Alimenti www.lachiveralimenti.com
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La ricerca valorizza il ruolo della frazione proteica
Qualità nutrizionale del pesce magro
Filetto di nasello alla griglia con verdure.
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Sono i dati FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations) a confermare che il pescato è oggi la principale risorsa alimentare di un numero sempre maggiore di persone, garantendo soprattutto proteine nobili, grassi polinsaturi, vitamine e minerali. Il consumo pro capite annuale è raddoppiato nell’arco di 60 anni dai 10 ai 20 kg attuali, con una proiezione in crescita di un ulteriore 20% entro il 2025. Non solo: per una persona ogni dieci nel mondo la pesca in acque libere e l’acquacoltura sono fonti primarie di sostentamento. Un contesto che oggi si confronta con la doppia incognita della sostenibilità ambientale e della salute delle acque, marine e dolci, temi centrali del Simposio FAO (International Symposium on Fisheries Sustainability) tenutosi a Roma lo scorso fine anno. Sostenibilità significa anche massimizzazione delle rese, minimizzando gli scarti. Su questo fronte la tecnologia offre risposte inedite, che non coinvolgono soltanto l’aspetto nutrizionale. Sta prendendo quota, per esempio, l’industria delle pelli di alcuni pesci, che vengono lavorate con metodologie ecocompatibili: oltre ad ampliare l’offerta di lavoro in aree ad alta sofferenza occupazionale, fornisce una materia prima più leggera del cuoio, ma più resistente, quindi più versatile e con un’ottima resa. In ambito alimentare, intanto, la ricerca procede in parallelo: da un lato approfondendo il ruolo delle proteine assunte col consumo regolare di pesce magro, dall’altro esplorando il potenziale degli idrolisati proteici ottenuti dai prodotti di scarto della lavorazione del pesce
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o dei peptidi bioattivi estratti dagli idrolisati stessi. Su questo doppio binario si muove la revisione, da poco pubblicata su NUTRITION REVIEWS, che sottolinea le qualità nutrizionali delle proteine del pesce bianco e magro, rimaste in questi anni ai margini dell’attenzione, a favore dei più noti e studiati grassi polinsaturi Omega-3, nutrienti di alto valore biologico presenti in concentrazioni più elevate nel pesce grasso (specie se proveniente da acque fredde): dal salmone alle sardine, dalle acciughe allo sgombro, dalla trota alle aringhe. Proteine e peptidi bioattivi: i dati di base Un’alimentazione corretta deve fornire, all’interno di un apporto calorico complessivo adeguato secondo sesso, età, massa corporea e condizioni generali, una quota variabile di proteine. I LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana, SINU, 2014), fissano l’assunzione raccomandata per la popolazione adulta a 0,9 g per kg di peso corporeo e propongono, a partire dai 60 anni, un apporto con la dieta di 1,1 g di proteine per kg di peso, come obiettivo nutrizionale per la prevenzione. La qualità delle proteine presenti nella dieta è determinata da più fattori, ma un ruolo preminente va assegnato alla composizione in amminoacidi e alla presenza di amminoacidi essenziali (non sintetizzabili dall’organismo). Le proteine del pesce, compreso quello magro, sono da questo punto di vista ottimali: contengono tutti gli amminoacidi essenziali, in particolare lisina e leucina; all’eccellente composizione affiancano un’ele-
Gli altri nutrienti del pesce bianco magro Con un modesto contenuto di grassi (< 2,5%, in generale meno del 20% delle calorie totali), la carne bianca di pesci di mare (come merluzzo, nasello, cernia, dentice, squalo, sogliola), o d’acqua dolce (luccio, persico, coregone) è composta da muscolo e sottili strati di connettivo. I grassi sono concentrati prevalentemente nel fegato di questi pesci (si pensi soprattutto al merluzzo), dove sono presenti oli ricchi di vitamina A (retinolo), vitamina D e polinsaturi a lunga catena. Il contenuto di vitamine del gruppo B è simile a quello delle carni magre di mammiferi, anche se il pesce bianco magro può presentare una concentrazione maggiore di vitamine B6 e B12. Anche il contenuto di minerali è simile: povero di sodio, contiene soprattutto potassio e fosforo. La carne di pesce bianco magro ha invece un contenuto relativo maggiore di calcio rispetto a quella dei mammiferi terrestri, anche per la possibilità di consumare senza danno le lische finissime presenti in alcuni di questi pesci. Limitato ai pesci di mare è, infine, l’apporto di iodio.
vata digeribilità (oltre il 90%), che rende i singoli amminoacidi, o i peptidi bioattivi, altamente disponibili. I risultati degli studi condotti finora Gli studi che hanno valutato l’impatto sulla salute umana di un consumo regolare di pesce magro hanno per ora dato risultati complessivamente inconsistenti, anche se è possibile individuare alcune tendenze, degne di approfondimento in ricerche più ampie, meglio disegnate e con obbiettivi chiari. L’apporto di pesce magro, 150 g per almeno tre e fino a cinque volte alla settimana, sembrerebbe infatti coadiuvare la perdita ponderale associata a un regime di restrizione calorica. C’è invece scarsa univocità per quanto riguarda gli effetti sul controllo della lipidemia, indagati in diverse ricerche condotte su soggetti sani, confrontando diete con alto consumo di pesce magro, oppure
La qualità delle proteine presenti nella dieta è determinata da più fattori, ma un ruolo preminente va assegnato alla composizione in amminoacidi e alla presenza di amminoacidi essenziali (non sintetizzabili dall’organismo). Le proteine del pesce, compreso quello magro, sono da questo punto di vista ottimali
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di pesce grasso, oppure di carni magre. Più incoraggianti sembrano i risultati sul metabolismo glucidico e sulla sensibilità insulinica, ottenuti sia in soggetti sani e sia in soggetti sovrappeso od obesi, confrontando l’apporto di proteine da pesce magro con quello da carni magre. Infine, uno studio di una certa rilevanza ha valutato l’impatto sul profilo pressorio, ma solo in soggetti coronaropatici: il confronto del consumo di 4 porzioni alla settimana di carni magre (gruppo di controllo), o di pesce grasso, o di pesce magro, ha messo in luce l’effetto positivo del consumo di pesce magro sui valori della pressione. Più lineari sono i risultati ottenuti dagli studi che hanno valutato il rapporto tra supplementazione con idrolisati proteici del pesce e salute umana, soprattutto perché la supplementazione, in quanto tale, affianca, ma non modifica, le abitudini alimentari dei soggetti coinvolti: risultati ottenuti sono perciò ritenuti più affidabili. Per esempio, in soggetti sovrappeso od obesi, 4 settimane di integrazione con 3 g/ die di idrolisati proteici di merluzzo, seguite da altre 4 settimane a dosaggio doppio (6 g/die) hanno ridotto la glicemia a digiuno e postprandiale in confronto all’assunzione di placebo per 8 settimane, migliorando anche l’insulinemia successiva ai pasti; anche la colesterolemia LDL si è ri-
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merlano) per 90 giorni ha dimostrato l’efficacia della supplementazione nel ridurre peso, BMI, massa grassa e girovita, a confronto con un preparato a base di proteine del siero di latte. I risultati positivi sul metabolismo glucidico sono stati inoltre confermati su volontari sani, anche dopo una singola supplementazione di idrolisato proteico di merluzzo, alla dose di 20 mg pro chilo di peso. Ancora: la supplementazione con un di-peptide bioattivo (valil-tirosina), questa volta ottenuto da idrolisati proteici di pesce grasso (sardine) ha ridotto la pressione in soggetti con ipertensione lieve.
Ogni anno vengono prodotte migliaia di tonnellate di scarti ittici: oggi più che mai è necessario minimizzare questi scarti e, soprattutto, valorizzarli. dotta e la massa magra è aumentata, a discapito della massa grassa. Un’altra ricerca condotta in soggetti sovrappeso che stavano
seguendo una dieta moderatamente ipocalorica, utilizzando due dosaggi (1,4 g/die o 2,8 g/die) di idrolisati proteici di un altro pesce bianco (il
A proposito dell’apporto di taurina Nelle proteine da fonti ittiche la taurina è presente a livelli più elevati rispetto alle protei-ne da fonti animali terrestri. La ricerca ha dimostrato, per ora soltanto in modelli sperimentali, che un idrolisato di pesce ad alto contenuto di taurina aumenta la concentrazione di acidi biliari plasmatici e riduce il grasso viscerale. Tale regolazione del metabolismo degli acidi biliari potrebbe quindi mostrare ricadute altrettanto favorevoli nell’uomo su alcuni marker coinvolti nello sviluppo della sindrome metabolica.
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Proteine del pesce e microbiota Un ulteriore ambito di ricerca, vasto ma promettente, è il rapporto tra assunzione di fonti proteiche a diversa composizione e modulazione del microbiota, soprattutto perché è nota l’associazione tra disbiosi del microbiota intestinale e aumento del rischio di diabete di tipo 2 o di obesità. Infatti, alcuni studi recenti (sperimentali) hanno dimostrato che un’alimentazione a base di proteine di pesce magro contribuisce al controllo dell’aumento ponderale nel lungo periodo. I ricercatori spiegano questo risultato ricordando che, nelle proteine da fonti ittiche, la presenza di amminoacidi ramificati quali valina, leucina e isoleucina è consistente: proprio questi amminoacidi modificherebbero il microbiota intestinale in senso antiobesogenico. Un risultato simile, sempre in studi sperimentali, era stato del resto ottenuto somministrando proteine della caseina e del siero di latte, il cui contenuto di amminoacidi ramificati è superiore a quello dei prodotti ittici. Per ora nell’uomo si è visto, per esempio, che la composizione e l’attività del microbioma cambiano, negli stessi soggetti, dopo un mese di dieta a prevalente apporto di pesce magro, rispetto a un mese con un apporto simile di carni magre. Dopo le quattro settimane di consumo prevalente di pesce magro risultava lievemente aumentata la presenza di Bacteroi-
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detes, con una parallela riduzione di Firmicutes: un profilo caratteristico dei soggetti più magri. Infine, un ulteriore aspetto positivo del microbioma, mantenuto in questa popolazione, è la presenza di Clostridium cluster IV, elemento rilevabile non solo nei soggetti più magri, ma anche nelle persone obese dopo riduzione ponderale. Conclusioni • I benefici di un regolare apporto di prodotti ittici all’interno di un’alimentazione bilanciata sono noti e dimostrati. Anche per questo, il consumo di tutto il pesce è in crescita progressiva e lineare nel mondo, ponendo un evidente problema di sostenibilità. • Tra le soluzioni da attuare su vasta scala va citato l’utilizzo virtuoso anche degli scarti di lavorazione dell’industria ittica. Da questi scarti è infatti possibile ottenere prodotti come gli idrolisati proteici e quindi proteine di alta qualità e peptidi bioattivi.
• Mentre le ricadute positive dell’apporto di polinsaturi Omega-3 forniti dai pesci grassi sono ampiamente confermate, meno numerosi sono i dati disponibili sull’associazione tra consumo di pesci bianchi magri (che apportano pochi grassi e sono ricchi di proteine) e salute. • Una revisione recente della letteratura ha riesaminato le principali ricerche condotte sinora sia sull’apporto di pesce bianco con la dieta e sia sul consumo di idrolisati proteici (o di derivati peptidici bioattivi) come integratori alimentari. • Per quanto riguarda il consumo regolare di pesce bianco con l’alimentazione, i dati vengono definiti ancora inconsistenti, anche se emergono alcune tendenze positive che andrebbero valutate conducendo ricerche più ampie e meglio disegnate: ad una più alta frequenza di consumo di pesce bianco si assocerebbe per esempio una maggiore capacità di
controllo del peso, ma anche dei parametri glicemici e insulinemici e della pressione arteriosa. • Più affidabili sono i risultati ottenuti utilizzando gli idrolisati proteici, o i derivati peptidici da tali idrolisati. Infatti, l’assunzione di questi derivati ha prodotto risultati soddisfacenti sul controllo glicemico/insulinemico a digiuno e post-prandiale, ma anche sul profilo lipidico e sulla pressione. Anche in questo caso, si tratta di evidenze che vanno confermate con studi più ampi e di lungo periodo. • Infine, un ulteriore campo d’indagine agli esordi, tanto vasto quanto promettente, riguarda la modulazione del microbiota che, a sua volta, si riflette sul rischio cardiometabolico. Fonti: a cura della Redazione di AP&B Alimentazione, Prevenzione & Benessere NFI - Nutrition Foundation of Italy www.nutrition-foundation.it
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STORIA E CULTURA
Il ritorno della tazza di Giovanni Ballarini
Una storia antica La tazza o ciotola che ricalca la forma delle mani è una delle più antiche forme create dall’uomo. Compare nell’antica filosofia greca quando DIOGENE DI SINOPE (400-325 a.C. circa), detto il Cinico o il Socrate pazzo e noto per la sua austerità, arriva a vivere in una piccola botte aperta che appartiene al tempio di Cibele distruggendo anche la sua unica proprietà terrena, una ciotola di legno, dopo aver visto un ragazzo bere dall’incavo delle mani. L’uomo crea la tazza o ciotola per cucinare e contenere i cibi che mangia dando vita ad oggetti rustici o di alta arte orafa come le tazze d’oro del principe di Vaphio o Vafio (II millennio a.C.) conservate al Museo Archeologico Nazionale di Atene, che sono tra gli oggetti funerari più raffinati dell’intera collezione e forse i lavori più perfetti dell’arte micenea-minoica a noi pervenuti. Tazze d’argento si trovano nel servizio da tavola del
tesoro pompeiano di Boscoreale, oggi custodite al Musée du Louvre di Parigi, e tazze di porcellana originarie dell’Estremo Oriente (Cina) iniziano a essere prodotte in Europa intorno al XV secolo. Umili tazze o ciotole di terracotta o di legno fanno parte della tavola di qualunque cucina povera in ogni parte della terra e certamente in una ciotola di terracotta il biblico ESAÙ mangia la zuppa di lenticchie con la quale baratta la sua primogenitura. La tazza è un recipiente a bocca circolare a volte dotata di un manico ad ansa, più raramente due. Ancora oggi la tazza senza manici è usata soprattutto per zuppe, minestre, insalate e altri alimenti, mentre le tazze con uno o due manici sono usate principalmente per servire alimenti liquidi come i brodi o consommé o bevande calde come caffè, caffellatte, cappuccino, tè, cioccolata. I materiali più usati sono la porcellana e la ceramica, ma esistono anche tazze
Ramen (photo © Monthira – stock.adobe.com).
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in vetro, metallo, plastica. La storia della tazza è stata celebrata a Torino, a Palazzo Madama, nei primi mesi del 2015 con un percorso (Il mondo in una tazza. Storie di porcellana) che esplorava le ricche collezioni di arte decorativa conservate in museo. Sul finire del Quattrocento nelle carte faentine c’è il ricordo di un’offerta al Magnifico Lorenzo di tacce (tazze) di maiolica, decorate con gentilezza. Quest’uso di donare simili vasi continua nel Cinquecento quando CIPRIANO PICCOLPASSO distingue i tazzoni o confettiere dalle tazze e dalle tazzine o ciotolette a seconda delle più o meno grandi dimensioni del diametro dei vasi, quantunque non risulti del tutto chiara la differenza fra le forme delle tazze e quelle della scodella. La tazza fa parte delle credenze o serie di stoviglie per il servizio della mensa e le forme coperchiate servono più propriamente a contenere dolciumi, da cui il nome di confettiere. Negli ultimi secoli l’evoluzione della tecnica ceramica e l’introduzione delle nuove materie prime, la porcellana e poi la terraglia, rendono più comune questa sorta di vaso divenuto indispensabile per gli usi della casa. Tazza e società Secondo l’uso in tavola molte sono le varietà della tazza, piccolo recipiente basso, rotondo, a bocca più larga del fondo, con o senza coperchio, con o senza manico, a basso piede. Le prime ciotole o tazze di legno o terracotta modellata a mano risalgono alla preistoria, diventando subito indispensabili e insostituibili per raccogliere e conservare cereali ed in genere tutti i prodotti alimentari compresi i liquidi. Ancor prima dell’uso del tornio, tali manufatti dimostrano un avanzato controllo
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affondano nel cibo, mentre il galateo che si diffonde nel Rinascimento delle corti italiane impone l’utilizzo della forchetta che permette di portare il boccone alle labbra mantenendo una postura eretta in dignitoso distacco dal cibo. Da qui in avanti nell’alta cucina sopravvivono e arrivano fino a noi tazze e tazzine dotate di manici usate con distacco per le nuove bevande settecentesche e ottocentesche del te, delle tisane, del caffè. Anche a livello di cucina popolare la tazza, che non permette di vedere il cibo in tutta la sua struttura e complessità, è sostituita dal piatto fondo o fondina usato per le paste in brodo e per le zuppe, mentre la tazza è via via sempre meno usata se non per il latte, il brodo e anche, nelle osterie di più basso livello, per il vino in sostituzione dei più costosi bicchieri di vetro. Bouillabaisse con frutti di mare (photo © Oksana – stock.adobe.com). del calore rendendo possibile una serie di rivoluzioni culinarie come bollire l’acqua, stufare e cuocere gli alimenti. Per questo motivo, divengono il mezzo tuttora usato quotidianamente per trasformare e consumare i cibi, agevolando e sviluppando le azioni e le abitudini del mangiare e del bere. Si può dire che, grazie alla tazza, si amplia il ventaglio degli alimenti da sfruttare e consumare e, diversificando gusti, scelte, ricette, la dieta varia e a sua volta modifica la qualità della vita dell’uomo, rendendola migliore e più lunga, consentendo un processo di trasmissione di esperienze e conoscenze fra generazioni in una società ancora analfabeta. Da un punto di vista antropologico, sono il simbolo più efficace del sorgere di una struttura sociale nuova per l’umanità, legata alla stanzialità, all’agricoltura e alla divisione di compiti fra sessi. Secondo MARIA GRAZIA MORGANTI (E in principio fu la ciotola, 2012, Maiolica Italiana, www.maiolicaitaliana.com), la tazza rappresenta un ideale anello di congiunzione fra la civiltà del crudo a quella del
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cotto, adattabile com’è ad ogni uso e circostanza, nella sua disadorna, flessibile funzionalità. Sempre secondo la Morganti, la ciotola si identificherebbe anche col mondo magico della religione primordiale, divenendo uno dei segni del passaggio dalla civiltà matrilineare delle origini a quella greca patriarcale quando vi è l’aggiunta dei manici. Cucina e gastronomia della tazza Per un lunghissimo periodo di tempo, la tazza o ciotola di legno o di terraglia si identifica con una società bassa, umile se non povera, e si lega ad una cucina dei miseri: zuppe d’erbe, legumi bolliti, brodini matti e pancotti, mentre le paste ripiene, la cacciagione, gli intingoli elaborati e la sontuosa pasticceria dei banchetti che durano giorni interi esigono piatti di forma distesa sui quali, in tutto il loro splendore, possono mostrarsi i trionfi gastronomici dell’arte culinaria. Anche il galateo ha la sua importanza. La ciotola è fatta per essere portata alla bocca o per essere svuotata con un cucchiaio; una minuscola ciotola col manico rinvia ad immagini plebee di visi che
Il ritorno della tazza Il pianeta della cucina e della gastronomia cambia con la mondializzazione dei costumi e degli stili alimentari e anche nel mondo occidentale, dove predomina il senso della vista e il cibo trionfa sul piatto piano o poco incavato, assistiamo al ritorno della tazza o ciotola che arriva dalla cultura gastronomica asiatica, soprattutto cinese, la quale attribuisce un’importanza fondamentale ai valori tattili, con la ciotola che va stretta fra le mani e trasmette il calore degli alimenti. La ciotola o tazza delle cucine asiatiche è il contenitore per eccellenza usato in ogni circostanza, coi cibi solidi e con le bevande, col riso e col sakè, passando per ogni possibile varietà di tè o di zuppe, dando origine ad una estrema varietà di tecniche di produzione, forme e decorazioni. Come le ciotole coreane Ido, create partendo da una striscia avvolta a spirale, o le ciotole raku, scavate da un blocco di creta o modellate rialzando i bordi di una sorta di piadina di argilla, senza dimenticare le ciotole o coppe dal colore del cielo della corte Song, quelle sancai a tre colori della dinastia Tang o dai pallidi color avorio Ding, fino
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alle tazze pesanti in gres nero dai lucenti rivestimenti screziati il cui uso rituale era riservato alle offerte dei monaci cinesi. Un’estrema varietà di tazze, ognuna con la sua precisa destinazione gastronomica, che oggi l’Occidente inizia ad applicare alla sua cucina e gastronomia. Diversi sono i cibi orientali presentati in ciotola o tazza che oggi gli Italiani iniziano a conoscere. Il poke è uno dei piatti principali della cucina delle Hawaii (letteralmente, “tagliare a pezzi ”in hawaiano, a volte scritto poké) a base di pesce crudo, servito come antipasto o come portata principale. Il ramen è un tipico piatto giapponese ma di origine cinese a base di tagliatelle di tipo cinese di frumento (noodles) servite in brodo di carne e o pesce spesso insaporito con salsa di soia o miso e con guarnizioni come maiale, alghe marine secche, kamaboko, negi e a volte mais. Sì, perché ogni località del Giappone ha la propria variante di ramen, dal
Tonkotsu (brodo con ossa di maiale bollite molto a lungo) di Fukuoka, isola di Kyushu (su cui si allevavano molti maiali), al Miso ramen della prefettura di Hokkaido, a base di miso (soia fermentata) e brodo di maiale e/o di pollo. Nelle preparazioni di piatti in ciotola o tazza asiatici, accanto agli aspetti accennati riguardanti la forma del contenitore e la sua vicinanza che sembra divenire quasi affettiva, non manca una certa attenzione visiva e non bisogna dimenticare che i pesci ornamentali cinesi erano mantenuti in vasi di ceramica e dovevano essere apprezzati vedendoli dall’alto e non lateralmente come negli odierni acquari. Per questo le ciotole o tazze asiatiche sono larghe e poco fonde e permettono di apprezzare la preparazione anche visivamente. La diffusione delle cucine asiatiche nel nostro Paese sembra abbia iniziato a stimolare un certo interesse anche per le presentazioni gastronomiche in tazza, servite anche in occasione dei sempre più frequenti
aperitivi-apericena e dei buffet, con la riscoperta dei brodi e delle zuppe, dalla Soupe à l’oignon tipica della cucina francese all’italiana Zuppa alla pavese. Secondo la tradizione, quest’ultima — una ricetta della Lombardia fatta con ingredienti semplici come pane casereccio, uova, brodo e Parmigiano Reggiano, prende origine da un episodio che vede protagonista FRANCESCO I DI FRANCIA, il quale, durante la battaglia di Pavia, venne fatto prigioniero e subito dopo condotto presso un cascinale, la Cascina Repentita. La leggenda narra che proprio qui una contadina, presa alla sprovvista, non trovò di meglio che servire all’illustre ospite una grande tazza con una zuppa composta da ciò che al momento aveva disponibile. Francesco I di Francia, tornato in patria dopo un anno di prigionia, introdusse a corte la zuppa, destinata ad ottenere fama secolare. Prof. Em. Giovanni Ballarini Prof. Em. Dell’Università degli Studi di Parma
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