IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO
PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67
N. 3/2019
Orata Branzino
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Ombrina Boccadoro
pr�t ˆ manger Ostriche, cozze, cannelli, vongole...
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N. 3 Anno XXXVI Giugno 2019
IL PESCE «Da’un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»
Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti Dr. Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli
Segreteria di redazione Gaia Borghi
Collaboratori scientifici Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Dr. Antonio Trincanato
Prestampa Marco Credi
Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele)
Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi
ANNUARIO del PESCE e della PESCA 2018/2019 N. 29
Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi
Annuario del Pesce e della Pesca
La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione. Edizione 2018 Copia cartacea: € 60,00
Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
IL PESCE, 3/19
Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
IL PESCE DAL
1984
Stampa
5
20 anni e ancora
freschissimi
L’amore per il mare è la passione che ci accompagna da vent’anni. Grazie a tutti quelli che hanno collaborato con noi.
Piazzale Caduti del Lavoro, 1 - 43052 Colorno, (PR) - Italy - Tel. +39 0521 313375 - Tel. +39 0521 310527 - www.ittigel.it - ittigel@ittigel.it
N. 3 Anno XXXVI Giugno 2019
IL PESCE
In questo numero:
Immagini
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Lettere alla Redazione
16
Attualità
Nasce il primo Manifesto per la difesa dei mari dalla plastica
20
Nuove norme in materia di plastica monouso per ridurre i rifiuti marini
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Legislazione
Controlli ufficiali: nuove disposizioni da Bruxelles
Guido Guidi
26
Il pesce in rete
Social fish
Elena Benedetti
28
Acquacoltura
Il ripristino a fini di ripopolamento di una vecchia troticoltura
Pierluigi Monticini 30
Gli abaloni di Cindy e Sinead
Massimiliano Rella 36
Pesca
Europêche: +36% di pesce nel mare negli ultimi 10 anni
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Adri.Smartfish, il Veneto capofila del progetto europeo a sostegno delle piccole flotte nell’Adriatico
44
A pagina 52.
IL PESCE, 3/19
7
Aziende
Le cozze dell’Ittica Lago Fusaro
Elena Benedetti
48
Cooperativa pescatori di Orbetello: we love cefalo
Riccardo Lagorio
52
Soluzioni per l’acquacoltura del futuro e le nuove necessità…
56
NEOGOLD, la nuova gamma di mangimi Aquasoja per la fase…
60
Info alle imprese
Contributi a fondo perduto
62
Interviste
Acquacoltura, ricerca, mercato, prospettive e pregiudizi
Ambiente
64
L’importanza del fattore tempo e la ricerca della regionalità
Sebastiano Corona
Le indispensabili acque profonde
Giulia Mauri
66 70
La connessione fluviale nel bacino del fiume Po e il progetto…
76
Consumi
Consumi alimentari, salutismo e praticità d’uso trainano la spesa…
80
Tendenze
Tonno vegan e il pomodoro diventa “pesce”
Nunzia Manicardi
84
Speciale Bruxelles
Seafood Expo Global, il mondo dell’ittico a Bruxelles
Elena Benedetti
86
Indagini
Tonno, una risorsa da difendere
Specie ittiche
Schede di specie ittiche da pesca nazionale
Elena Orban et al.
104
Il pesce in tavola
Il posto delle vongole
Giorgia Fieni
114
Week-end
Lo scampo del Quarnaro
Riccardo Lagorio
118
100
A pagina 80.
IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO
PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67
N. 3/2019
In copertina: gamberi gobbetto dalle uova blu del ristorante Chinappi di Formia, Latina (photo © Massimiliano Rella).
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IL PESCE, 3/19
Quanto ne sa il vostro software di pesce? Il nostro davvero tanto. 3URFHVVL VSHFLÃ&#x20AC;FL GL VHWWRUH LQWHJUD]LRQH )$&725< (53 SHU JHVWLUH H FRQWUROODUH GL PDFFKLQH H LPSLDQWL PRQLWRUDJJLR LO SURFHVVR SURGXWWLYR H RWWLPL]]DUH H UHSRUWLQJ ULQWUDFFLDELOLWj JHVWLRQH O¶XWLOL]]R GHOOH ULVRUVH TXDOLWj H PROWR DOWUR &6% 6\VWHP q LO VRIWZDUH D]LHQGDOH SHU LO VHWWRUH 3HVFH /D VROX]LRQH FRPSOHWD FRPSUHQGH (53 6LHWH FXULRVL GL VDSHUH HVDWWDPHQWH )$&725< (53 H 0(6 H LQFOXGH JLj OH SHUFKq L OHDGHU GHO VHWWRUH VL Dà©&#x2022;GDQR DO %HVW 3UDFWLFH D]LHQGDOL &6% 6\VWHP"
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Eventi
Festival Triveneto del Baccalà, 100% stoccafisso piatto vincente
Gian Omar Bison
122
Street food
Pescepane, il primo street seafood a Firenze
Federica Cornia
124
Sapore di mare
Indaco. C’è una stella nel blu profondo di Ischia
Riccardo Lagorio
128
Convegni
I valori dell’anguilla
130
Rassegne
La ricetta di Slow Fish per garantire un futuro al nostro mare…
134
Fiere
La tavola di domani a Tuttofood 2019
138
Tecnologie
Digitalizzazione e automazione sono i veri impulsi innovativi…
140
Sicurezza alimentare
Clostridium difficile in cozze e vongole dell’Alto Adriatico
144 Luca del Grammastro 146 Maria Elena Turba
Sostituzione di specie ittiche: la frode più diffusa
A pagina 70.
A pagina 114.
A pagina 146.
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IL PESCE, 3/19
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IMMAGINI
Sinead è proprietaria con la madre Cindy O’Brian della Mungo Murphy’s Seaweed & Abalone Farm, azienda ittica situata non lontano da Galway, nel villaggio sul mare di Rossaveel, attualmente unica realtà ad allevare abalone in Irlanda. Sinead e Cindy allevano anche originali ricci rosa di mare autoctoni, una strana specie di cetriolo di mare a punte bianche e coltivano una ventina di varietà di alghe per la ristorazione. Il servizio di Massimiliano Rella a pagina 36 (photo © Massimiliano Rella).
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IL PESCE, 3/19
Scatto ad un indaffarato e sorridente Valerio Sapucci, imprenditore romagnolo, nello spazio di Adriatic Sea International e Seafood Technology Equipment in fiera a Bruxelles. A pagina 86 trovate lâ&#x20AC;&#x2122;ampio reportage della tre-giorni dedicata allâ&#x20AC;&#x2122;ittico, Seafood Expo Global e Seafood Processing Global.
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IL PESCE, 3/19
LETTERE ALLA REDAZIONE Etichettatura di prodotti della pesca preimballati nel luogo di vendita per essere consumati crudi Un ristoratore che somministra preparazioni di pesce crudo vorrebbe anche confezionare tali preparazioni in vaschette, all’interno del ristorante, per la vendita diretta ai propri clienti. Quali sono gli obblighi in materia di etichettatura? E-mail firmata La risposta al quesito Un esercizio di ristorazione, secondo l’art. 3, punto 7, del Regolamento CE n. 178/2002, rientra tra gli esercizi di commercio al dettaglio. Pertanto, oltre a somministrare in loco, può vendere prodotti alimentari ai consumatori, fatte salve eventuali limitazioni dettate da normative del settore del commercio. Tali prodotti, se venduti esclusivamente nell’esercizio, sono da considerarsi, a seconda dei casi, sfusi (o “non preimballati”), oppure “imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore” o “preimballati per la vendita diretta”. È quest’ultimo il caso delle preparazioni di pesce crudo, destinate ad essere consuma-
te crude, che il ristoratore, oltre a somministrare ai clienti, confeziona in vaschette per l’esclusiva vendita diretta ai consumatori finali. Per quanto riguarda la loro etichettatura, il Regolamento (UE) n. 1169/2011, fermo restando l’obbligo di indicare gli allergeni di cui al suo allegato II, demanda la definizione degli obblighi alla normativa degli Stati Membri. In Italia l’art. 19, comma 2, del Decreto Legislativo 15 dicembre 2017, n. 231, stabilisce le seguenti indicazioni obbligatorie: • la denominazione dell’alimento; • l’elenco degli ingredienti (nel quale gli allergeni figureranno in qualche modo evidenziati, secondo le modalità prescritte dal Regolamento); • le modalità di conservazione, per i prodotti rapidamente deperibili (ed è il caso del pesce crudo); • la designazione “decongelato” se il pesce si trova in questo stato. Le indicazioni devono essere riportate su un apposito cartello applicato ai recipienti che contengono i prodotti oppure con altro sistema equivalente, anche digitale, facilmente accessibile e riconoscibile,
presente nei comparti di esposizione, oppure, trattandosi di prodotti gastronomici, “su un unico e apposito cartello tenuto ben in vista oppure, per singoli prodotti, su apposito registro o altro sistema equivalente, anche digitale, da tenere bene in vista, a disposizione dell’acquirente, in prossimità dei banchi di esposizione”. Nell’etichettatura del pesce crudo, anche se tagliato in pezzi o addirittura tritato, devono essere riportate anche le indicazioni previste dall’art. 35 del Regolamento (UE) n. 1379/2013 (sono esenti solo i prodotti trasformati): • denominazione commerciale e nome scientifico; • metodo di produzione (“pescato…, “pescato in acque dolci…”, “allevato…”); • zona di cattura o allevamento e categoria di attrezzi di pesca utilizzati. Se i prodotti non sono “preimballati” (ma, come nel caso trattato, preimballati nel luogo di vendita per la vendita diretta) non è obbligatorio indicare il “termine minimo di conservazione” previsto dallo stesso Reg. 1379/2013 (data la deperibilità
Al di là delle questioni di etichettatura, per il pesce fresco destinato ad essere consumato tal quale è obbligatorio il trattamento di bonifica preventiva contro il rischio di presenza di parassiti (in particolare quelli appartenenti al genere “anisakis”), consistente nel congelamento a –20 °C per 24 ore (photo © VICUSCHKA – stock.adobe.com).
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IL PESCE, 3/19
di questi prodotti sarebbe più corretto parlare di “data di scadenza”) e le indicazioni possono essere riportate su “cartelloni pubblicitari o poster” (modalità equiparabile a quella dei “cartelli” di cui al Regolamento 1169/2011). Trattandosi di pesce fresco destinato ad essere consumato crudo, è obbligatorio il trattamento di bonifica preventiva contro il rischio di presenza di parassiti (in particolare quelli appartenenti al genere “anisakis”), consistente nel congelamento a –20 °C per 24 ore. Il Reg. n. 1379/2013, all’art. 35, par. 1, esclude dall’obbligo di indicare che il prodotto è scongelato nel caso in cui il prodotto sia stato precedentemente congelato “per ragioni di sicurezza sanitaria, conformemente all’allegato III, sezione VIII, del Regolamento (CE) n. 853/2004” (vedasi anche la Circolare del MIPAF n. 25798 del 12 dicembre 2014). La Nota n. 4579-P-17/02/2011 della Direzione Generale della Sicurezza degli Alimenti e della Nutrizione del Ministero della Salute,
benché precedente al Regolamento n. 1379/2013, afferma che per una corretta informazione sul trattamento può essere utilizzata la dicitura: “conforme alle prescrizioni del Regolamento (CE) 853/2004, allegato III, sezione VII, capitolo 3, lettera D, punto 3”. Personalmente ritengo più corretta una indicazione chiara, esplicita e comprensibile al consumatore, come per esempio “prodotto della pesca sottoposto a trattamento di bonifica preventiva a tutela della salute del consumatore mediante congelamento a –20 °C per 24 ore”. Alcuni operatori preferiscono comunque indicare in etichetta “decongelato” o “scongelato” per evitare qualunque problema interpretativo. Dott. Marco Cappelli ☀ ☀ ☀ Lavabi e servizi igienici nella ristorazione Dott. Cappelli, sono un collega che si occupa di igiene degli alimenti in
una ASL. È sorta una discussione tra servizi diversi che collaborano tra loro per il controllo ufficiale degli alimenti, in particolare sull’applicazione del Regolamento (CE) n. 852/2004 e relativi allegati, e dei provvedimenti previsti dall’art. 54 del Regolamento (CE) n. 882/2004. Il caso specifico riguarda i servizi igienici all’interno dei ristoranti. Alcuni ritengono che il lavabo per il personale debba essere posizionato preferibilmente nell’antibagno e che la porta dell’antibagno stesso debba essere munita di sistema automatico di apertura e chiusura, per ridurre il rischio di probabili contaminazioni essendo il settore della ristorazione molto delicato da un punto di vista igienico. Altri colleghi sostengono che il Regolamento 852/2004 non entra nel dettaglio e quindi non fanno differenza se il lavabo sia posto nel locale in cui è posto il WC o se sia nell’antibagno, e tanto meno si preoccupano delle porte. Potremmo avere un suo parere? E-mail firmata
La risposta al quesito La collocazione del lavabo lavamani nell’antibagno e la presenza di un automatismo per l’apertura, ma soprattutto per la chiusura della porta che collega l’antibagno ai locali di lavorazione degli alimenti, a mio parere, rispondono certamente a corretti criteri igienici. Se l’automatismo si limita al vecchio sistema a molla, è preferibile che la porta possa essere aperta “a spinta” in uscita dall’antibagno alla zona di lavorazione, senza toccarla con le mani appena lavate, con successiva chiusura automatica della porta. Tuttavia, lo stesso art. 28 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327/1980, che era piuttosto dettagliato nel definire i requisiti dei locali, si limitava a stabilire che i servizi igienici non dovessero comunicare direttamente con i locali adibiti alla lavorazione, al deposito e alla vendita, e che il locale antistante i servizi igienici dovesse essere dotato di porta a chiusura automatica, senza specificare il senso di apertura e chiusura.
Non era specificato ove dovessero essere collocati i lavabi lavamani, che dovevano rispondere a due requisiti: essere dotati di comando non manuale dell’erogazione dell’acqua ed essere facilmente raggiungibili dal luogo di lavorazione. L’allegato II del Regolamento (CE) n. 852/2004 è ancor meno dettagliato, limitandosi a stabilire, al Capitolo 1, che i gabinetti non devono dare direttamente sui locali di manipolazione degli alimenti e che i lavabi per lavarsi le mani (comunque a comando non manuale) devono essere adeguatamente collocati e segnalati e, se necessario, separati dai lavabi utilizzati per il lavaggio degli alimenti. Ciò detto, ritengo che le situazioni ottimali, se non supportate da specifiche norme contenute nel Regolamento, possano essere solo suggerite o raccomandate agli OSA, anche in riferimento al livello di rischio legato alle lavorazioni, e che non sia possibile impartire imposizioni (prescrizioni) ai sensi dell’art. 54
del Regolamento (CE) n. 882/2004 e dell’art. 6, comma 7, del DLgs 193/2007, in riferimento a requisiti non previsti dal citato allegato II. Occorrerà porre particolare attenzione alla formazione degli addetti e alle procedure, che possono effettivamente “fare la differenza” per quanto riguarda la corretta gestione igienica e l’adeguata interazione del personale, con situazioni eventualmente non ottimali riguardanti le strutture e le attrezzature. Per esempio, se la porta fosse ancora dotata di maniglie di apertura tradizionali, non espressamente vietate, l’utilizzo di guanto o più semplicemente di carta monouso da parte dell’addetto (come barriera tra la mano e la maniglia stessa) potrebbe consentirne la manovra senza contaminazioni o ricontaminazioni. Quanto sopra, a mio parere, può essere esteso a tutte le tipologie di attività del settore alimentare. Dott. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione ASL n. 5 – La Spezia
ATTUALITÀ
Nasce il primo Manifesto per la difesa dei mari dalla plastica Seeds & Chips e Federpesca insieme per HOM – Humans of Mediterranean. L’obiettivo è una legge che possa coinvolgere i pescatori dei 22 Paesi del Mediterraneo, enti, associazioni e istituzioni al fine di garantire la tutela dell’ecosistema marino e dell’ambiente
Ad inizio maggio si è svolta a Milano la quinta edizione di Seeds&Chips, The Global Food Innovation Summit, il più importante evento internazionale dedicato alla food innovation. La prima giornata del Summit ha visto in particolare la presentazione ufficiale di HOM – HUMANS OF MEDITERRANEAN, il primo Manifesto per difendere il mare dalla minaccia della plastica, ideato e promosso da SEEDS & CHIPS e FEDERPESCA.
Un’alleanza tra i pescatori dei 22 Paesi del bacino Mediterraneo per liberare il mare dalle plastiche. Il lancio si è tenuto alla presenza, tra gli altri, del ministro delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo GIAN MARCO CENTINAIO. Un importante segnale che testimonia l’attenzione del governo verso la difesa dell’intero ecosistema marino, coinvolgendo in primis i pescatori ma anche associazioni di settore, enti di
partenariato economico e sociale e dell’Unione Europea. Il Manifesto Il Manifesto, strutturato in cinque articoli, racchiude i principi fondamentali di questa alleanza: 1. Articolo 1: mari e oceani coprono più del 70% della superficie terrestre e oggi sono minacciati dai troppi rifiuti accumulati negli anni, in particolare la plastica. È
HOM si fonda su sensibilizzazione e mobilitazione generale a partire dai pescatori per arrivare alle comunità e ai governi. Un’azione congiunta per la tutela del Mar Mediterraneo e di tutti i mari (photo © Josep Curto).
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La Federazione Nazionale delle Imprese di Pesca (FEDERPESCA), costituita nel 1968 e da allora aderente a CONFINDUSTRIA, associa, rappresenta e tutela gli armatori della pesca italiana e le imprese della filiera ittica presso la Pubblica Amministrazione, il Parlamento e l’Unione Europea. È parte contraente del C.C.N.L. della Pesca marittima di riferimento nel settore, in quanto maggiormente applicato, e del C.C.N.L. dei retifici meccanici. Le imprese associate esercitano l’attività di pesca, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti ittici, i servizi alle imprese, la produzione di reti, attrezzature per la pesca, le costruzioni navali e la produzione di impianti ed apparecchiature nell’ambito della filiera ittica allargata. Sono obiettivi della Federazione: rappresentare la categoria nei confronti delle pubbliche autorità, amministrazioni, enti ed associazioni di qualsiasi genere; tutelare gli interessi delle aziende associate in ogni campo giuridico, sindacale, economico, tecnico; assistere le aziende e le associazioni nella soluzione dei problemi riguardanti i rapporti di lavoro e la legislazione sociale; promuovere iniziative volte alla sensibilizzazione del settore sui temi della salvaguardia dell’ambiente marino; promuovere indagini e studi nel campo della ricerca e della formazione professionale; promuovere attività di cooperazione e intese con le associazioni e gli enti di altri Paesi. >> Link: www.federpesca.it
Seeds & Chips – The Global Food Innovation Summit, fondato dall’imprenditore MARCO GUALTIERI, è l’evento di riferimento a livello mondiale nel campo della food innovation. Una vetrina d’eccezione interamente dedicata alla promozione di soluzioni e talenti, tecnologicamente all’avanguardia, provenienti da tutto il mondo. Un’area espositiva e un palinsesto di conferenze per presentare, raccontare e discutere sui temi, sui modelli e sulle innovazioni che stanno cambiando il modo in cui il cibo è prodotto, trasformato, distribuito, consumato e raccontato. Alla III edizione di Seeds & Chips –The Global Food Innovation Summit ha preso parte il presidente BARACK H. OBAMA in qualità di keynote speaker. L’evento ha registrato oltre 300 speaker provenienti da tutto il mondo, più di 240 espositori; 15.800 visitatori e registrato 131 milioni di social impression in 4 giorni. La IV edizione di Seeds & Chips ha visto la partecipazione tra gli altri di JOHN KERRY, 68o Segretario degli Stati Uniti d’America, e HOWARD SCHULTZ, Executive Chairman di Starbucks. >> Link: www.seedsandchips.com
nostro dover invertire la tendenza ed agire per curare e tutelare gli ecosistemi marini e oceanici. Abbiamo quindi la possibilità di essere “la generazione che ha curato il mare”; 2. Articolo 2: il Mediterraneo, culla della civiltà moderna, è oggi la “casa in comune” per oltre 500 milioni di esseri umani che vivono nei paesi del bacino. Si tratta di un mare sostanzialmente chiuso, il luogo ideale per implementare
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un progetto innovativo di salvaguardia, che riguarda tutta l’umanità; 3. Articolo 3: i pescatori, uomini e donne del Mediterraneo, sono la più grande risorsa per la cura e salvaguardia del mare. È proprio il mare che alimenta sogni e speranze, le loro famiglie e la collettività. I pescatori devono diventare protagonisti attivi e custodi del mare, simbolo di un futuro sostenibile;
4. Articolo 4: si chiede alla politica e ai governi di appoggiare questa sfida, offrendo ai pescatori strumenti legislativi e risorse per curare il mare, liberarlo dai rifiuti e tutelarlo attraverso un modello di sviluppo circolare in grado di creare valore condiviso; 5. Articolo 5: è compito di tutta la società civile, non solo della politica, adoperarsi per rendere questa cura sostenibile. L’appello è rivolto a cittadini, imprenditori, lavoratori, inventori, ricercatori, membri della comunità, tutti possono dare il proprio contributo. Per essere parte della soluzione e non del problema. «Questa alleanza coinvolge in primo luogo i pescatori, che sono i protagonisti diretti nella salvaguardia del mare dall’inquinamento, ma vuole raggiungere anche i cittadini
dei Paesi, non solo del bacino del Mediterraneo, ma dell’Europa intera e di tutto il mondo» ha dichiarato MARCO GUALTIERI, presidente e ideatore di Seeds & Chips. «Ad oggi diversi Paesi hanno già aderito e si impegneranno attivamente nel proteggere quello che per loro e per noi tutti è un bene prezioso, il mare. Ci auguriamo che il nostro Manifesto e la proposta di legge avanzata dal Governo possa entrare presto in vigore e che molti altri comprendano la centralità di questo progetto aderendo all’iniziativa. Un piccolo gesto da parte di ognuno può trasformarsi in un’azione globale potentissima». «Vogliamo diffondere la centralità del ruolo del pescatore prevista nel disegno di legge Salvamare contro l’inquinamento da plastica a tutti i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo» ha aggiunto il presidente di FEDERPESCA LUIGI GIANNINI.
«Sarà infatti permesso ai pescatori di portare a terra la plastica accidentalmente finita nelle loro reti senza doversi sobbarcare costi di smaltimento. Insomma, fare in modo che tutti i pescatori del Mediterraneo diventino “spazzini” del mare. Del resto, la plastica in mare è uno dei più grandi scempi ambientali, “naviga” in superficie e nei fondali e non si ferma certo al confine di un paese. Per questo occorre unirsi per vincere questa battaglia di civiltà». HOM si fonda quindi su sensibilizzazione e mobilitazione generale, a partire dai pescatori per arrivare alle comunità e ai governi. Un’azione congiunta per la tutela del Mar Mediterraneo e di tutti i mari, che porta benessere e crescita economica diffusa in modo sostenibile, arricchisce tutti ed è un argine significativo al cambiamento climatico.
Humans Of Mediterranean. La generazione che ha curato il mare Il Manifesto 1. I mari e gli oceani rappresentano più del 70% della superficie terrestre e sono al centro della vita sul nostro pianeta. Per troppi anni, sono stati considerati discariche naturali ed oggi la quantità di rifiuti, soprattutto plastici, che abbiamo riversato in essi minaccia la vita come la conosciamo, danneggiando la fauna e la flora marina. È nostro dovere invertire la tendenza ed essere proattivi nella loro cura e tutela, dentro e oltre le acque territoriali. Dimostrare che potremo essere ricordati come “la generazione che ha curato il mare”, non come quella che lo ha distrutto. 2. Il Mediterraneo, culla dell’umanità e crocevia tra Oriente e Occidente, Europa, Asia e Africa è ancora oggi una delle aree del mondo più importanti. Intorno ad esso si è sviluppata la civiltà ed oggi è la “casa in comune” per più di 500 milioni di esseri umani che vivono negli stati che vi si affacciano. La circostanza che si tratti di un mare sostanzialmente chiuso amplifica, tanto positivamente, quanto negativamente, la condizione di “contenitore”. Pertanto, crediamo sia il luogo ideale per implementare un progetto innovativo di salvaguardia dei mari e degli oceani, che riguarda tutta l’umanità. Nessuno escluso. 3. Noi pescatori, uomini e donne del Mediterraneo, siamo la più grande risorsa per prenderci cura della salvaguardia del mare. Lo conosciamo nel profondo e da esso traiamo sostentamento. Grazie al mare alimentiamo i nostri sogni e le nostre speranze, le nostre famiglie e la collettività. Dobbiamo diventare agenti protagonisti del cambiamento, custodi del mare, simbolo di un futuro sostenibile, nel quale “produrre” non equivalga a “distruggere”. 4. Crediamo che il tempo per agire sia ora e chiediamo alla politica ed ai governi di fare propria questa sfida, dandoci gli strumenti legislativi e le risorse per curare il mare,liberarlo dai rifiuti e tutelarlo attraverso un modello di sviluppo circolare in grado di creare valore condiviso. Possiamo dimostrare che una azione congiunta per la tutela del Mare Mediterraneo porti benessere e crescita economica diffusa in modo sostenibile, arricchisca tutti e sia un argine significativo al cambiamento climatico. 5. Sebbene spetti alla politica creare il quadro normativo e di sostentamento adeguato e per quanto i pescatori possano occuparsi attivamente di curare e salvaguardare il mare, è compito di tutta la società civile adoperarsi per rendere questa cura sostenibile. Rivolgiamo, quindi, un appello ad ognuno di voi — cittadini, imprenditori, lavoratori, inventori, ricercatori, membri della comunità — a dare il proprio contributo. Per essere parte della soluzione e non del problema. Per aiutarci a sviluppare e a mettere insieme risorse e tecnologie per la salvaguardia del mare. Occorre unire le forze per generare valore e rendere il Mediterraneo il punto di partenza di una rivoluzione ambientale globale.
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Nuove norme in materia di plastica monouso per ridurre i rifiuti marini Il Consiglio dell’UE ha adottato le misure ambiziose proposte dalla Commissione per affrontare il problema dei rifiuti marini provenienti dai 10 prodotti di plastica monouso rinvenuti più spesso sulle spiagge europee, ma anche dagli attrezzi da pesca abbandonati e dalla plastica oxodegradabile. Le norme relative agli articoli di plastica monouso e agli attrezzi da pesca prevedono misure diverse da applicare a prodotti diversi e collocano l’UE in prima linea nella lotta globale contro i rifiuti marini. Se esistono alternative facilmente disponibili ed economicamente accessibili, saranno esclusi dal mercato i prodotti di plastica monouso come le posate, i piatti e le cannucce. Per altri tipi di prodotto, se ne limiterà l’uso riducendo il consumo a livello nazionale, introducendo prescrizioni in materia di progettazione e etichettatura e
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imponendo obblighi di smaltimento e bonifica per i produttori. «In Europa si avverte sempre più l’urgenza di fare il possibile per porre fine all’inquinamento da plastica nei nostri mari. L’Unione Europea sta rispondendo a questa chiara richiesta dei nostri cittadini» ha dichiarato FRANS TIMMERMANS, primo vicepresidente responsabile per lo sviluppo sostenibile. «Abbiamo adottato misure concrete per ridurre l’uso dei prodotti di plastica monouso. Le nuove norme adottate oggi ci aiuteranno a proteggere la salute dei nostri cittadini e a salvaguardare l’ambiente naturale, promuovendo nel contempo modelli di produzione e consumo più sostenibili. Possiamo essere orgogliosi perché l’Europa sta definendo norme nuove e ambiziose che aprono la strada al resto del mondo».
JYRKI KATAINEN, vicepresidente responsabile per l’occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività, ha aggiunto: «In un’economia moderna, dobbiamo ridurre la quantità di rifiuti di plastica e garantire che la maggior parte della plastica utilizzata venga riciclata. Modalità di produzione più innovative e sostenibili creeranno nuove opportunità per le imprese europee, rafforzandone la competitività e la crescita e favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro. Una volta attuate, le nuove norme non si limiteranno a contrastare l’inquinamento da plastica, ma consentiranno anche all’Unione Europea di diventare il leader mondiale di una strategia più sostenibile in questo settore, dando impulso alla nostra economia circolare». «Le cannucce o le forchette di plastica sono oggetti di piccole di-
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mensioni che possono causare gravi danni duraturi. La legislazione sulla plastica monouso riguarderà il 70% dei rifiuti marini, scongiurando danni ambientali che ci costerebbero 22 miliardi di euro entro il 2030» ha commentato KARMENU VELLA, Commissario responsabile per l’ambiente, gli affari marittimi e la pesca. «L’UE ha agito rapidamente e in modo efficace a seguito della proposta presentata dalla Commissione appena un anno fa. In fin dei conti si tratta di un atto legislativo europeo nella sua forma migliore: risponde alla domanda dei cittadini, va a vantaggio del pianeta e dei suoi abitanti e apre letteralmente la strada al resto del mondo».
e marcatura ed etichettatura specifiche di alcuni prodotti; • regimi di responsabilità estesa dei produttori riguardanti i costi di rimozione dei rifiuti, applicati a prodotti come i filtri dei prodotti del tabacco e gli attrezzi da pesca; • un obiettivo di raccolta separata delle bottiglie di plastica del 90% entro il 2029 (77% entro il 2025) e l’introduzione di prescrizioni di progettazione per garantire che i tappi rimangano fissati alle bottiglie, ma anche l’obiettivo di integrare il 25% di plastica riciclata nelle bottiglie in PET a partire dal 2025 e il 30% in tutte le bottiglie di plastica a partire dal 2030.
A prodotti diversi, misure diverse Le nuove regole sono proporzionate e concepite per ottenere i migliori risultati, in quanto a prodotti diversi si applicheranno misure diverse. Vediamole insieme: • la messa al bando dei prodotti in plastica monouso per i quali esistono alternative sul mercato – bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande, aste per palloncini, ma anche tazze, contenitori per alimenti e bevande in polistirene espanso e tutti i prodotti in plastica oxodegradabile; • misure volte a ridurre il consumo di contenitori per alimenti e tazze per bevande in plastica
Prossime tappe Gli Stati Membri disporranno di due anni per recepire la legislazione nel loro diritto nazionale. La direttiva ha fissato date differenziate per il recepimento di alcune misure: • le messe al bando e gli obblighi di marcatura dovranno essere attuati due anni dopo l’entrata in vigore; • l’obbligo di fissare i tappi e i coperchi ai recipienti per bevande fino a 3 litri dovrà essere recepito al più tardi cinque anni dopo l’entrata in vigore della direttiva. A seconda del prodotto, tra gennaio 2023 e il 31 dicembre 2024 occorrerà soddisfare gli obblighi ag-
giuntivi in materia di responsabilità estesa dei produttori. Contesto La direttiva sulla plastica monouso è un elemento essenziale del piano d’azione per l’economia circolare della Commissione Juncker e rientra nella strategia dell’UE sulla plastica, la più completa al mondo che adotta un approccio basato sul ciclo di vita specifico dei materiali per affrontare il problema dei rifiuti di plastica che comportano sprechi e danni, a sostegno di una visione di un’industria della plastica intelligente, innovativa e sostenibile. La direttiva segue un approccio analogo a quello, rivelatosi vincente, della direttiva del 2015 sulle borse di plastica, che ha di fatto modificato rapidamente il comportamento dei consumatori. Se attuate, le nuove misure comporteranno benefici sia ambientali che economici, come ad esempio: • si eviterà l’emissione di 3,4 milioni di tonnellate di CO 2 equivalente; • si scongiureranno danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di euro entro il 2030; • si genereranno risparmi per i consumatori dell’ordine di 6,5 miliardi di euro. Fonte: ec.europa.eu Nota A pagina 24, photo © www.similandivingsafaris.com.
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LEGISLAZIONE
Controlli ufficiali: nuove disposizioni da Bruxelles Arriva il Regolamento (UE) 625/17 che abroga il Pacchetto Igiene e non solo. Inizia così, negli Stati Membri, la nuova era del sistema di verifiche e ispezioni nella filiera agroalimentare. Anche qui la parola d’ordine è armonizzazione di Guido Guidi
Di riforme nel campo della normativa sui prodotti alimentari in Europa, negli ultimi decenni, ne abbiamo viste diverse. Regolamenti destinati a modificare radicalmente alcuni aspetti della disciplina in materia e quindi anche il modo di operare degli addetti ai lavori. Ora la Commissione introduce disposizioni che abrogano norme importanti e aprono ad un approccio completamente nuovo nell’ambito dei controlli. Anche qui uniformando metodi e attività tra gli Stati Membri. Ciò che subito si rileva, ad una prima lettura del Regolamento 625/2017, è l’abrogazione di due importanti regolamenti del Pacchetto Igiene, il numero 882/04 e il 854/04, sostituiti, a far data dal 27 aprile, sebbene la sua entrata in vigore sia prevista per dicembre 2019. Le novità introdotte sono diverse e interessanti. La prima è l’ampliamento dell’ambito di applicazione, che ora riguarderà tre filoni principali, quali animali e merci destinati all’alimentazione umana, in tutte le fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e uso. Sono altresì relative a sostanze, cioè materiali o altri oggetti che possono avere un impatto su animali e merci destinate all’alimentazione umana. E ancora: sugli operatori, per ciò che concerne le attività di riferimento, compreso il mantenimento di animali, attrezzature, mezzi di trasporto, locali, luoghi di lavoro e relativa documentazione.
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Il nuovo Regolamento introduce dunque un sistema integrato di controlli che riguarda la filiera a 360°. Si applica ai controlli ufficiali relativi agli alimenti e alla sicurezza alimentare, l’integrità e la salubrità, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione,
comprese le norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare gli interessi e l’informazione dei consumatori, la fabbricazione e l’uso di MOCA, cioè di oggetti destinati a venire a contatto con alimenti. Si applica inoltre agli OGM, per ciò che concerne la produzione di
Il nuovo Regolamento introduce un sistema integrato di controlli che riguarda la filiera a 360°. Si avrà pertanto uno strumento che, con le dovute precauzioni e garanzie in termini di equità, coerenza, trasparenza e obiettività, offrirà a tutta la filiera condizioni per accrescere la trasparenza tra operatori e non solo (photo © luchschen).
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alimenti e animali; la prevenzione e la riduzione al minimo dei rischi sanitari per l’uomo e per gli animali derivanti da sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati; le misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, i prodotti fitosanitari e l’utilizzo sostenibile dei pesticidi (ad eccezione dell’attrezzatura per il relativo utilizzo), il bio e la sua etichettatura e l’uso e l’etichettatura delle indicazioni geografiche. Sono i singoli Stati Membri che, per ciascuno dei settori indicati, hanno il compito di individuare le autorità competenti sui controlli ufficiali e le attività relative, che in Italia sono innumerevoli. Certamente, infatti, il Belpaese può vantare una delle più complesse, preparate e professionali task force, sul piano della sicurezza, dell’igiene e della comunicazione ai consumatori sui prodotti alimentari, al mondo. Sono principalmente tre i Ministeri che vi sovrintendono: Salute, Agricoltura, Sviluppo economico. In un elenco indicativo ma non esaustivo, e solo per citarne alcuni, richiamiamo: le Regioni e le ASL, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, i Carabinieri NAS e NAC, gli Uffici Periferici di Sanità Marittima ed Aerea, gli Uffici Veterinari. E ancora: l’ICQRF, le Capitanerie di Porto, il Corpo Forestale, le Arpa, che fanno invece capo al Ministero dell’Ambiente. È autorità di controllo nel settore alimentare anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che svolge controlli di carattere documentale e fiscale attraverso l’Agenzia delle Dogane e la Guardia di Finanza e che dispone anche di un laboratorio per i controlli. Ma la lunga lista di soggetti competenti non è ancora finita: c’è anche l’Autorità Garante della Concorrenza, che interviene sulle violazioni del Codice del Consumo e sulle pratiche leali d’informazione. Non bisogna inoltre dimenticare che i controlli finalizzati al contrasto delle frodi alimentari, e quindi anche a garantire la sicurezza alimentare, possono essere svolti da tutti gli organi di Polizia Amministrativa e di Polizia Giudiziaria.
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Questi soggetti, indirettamente investiti dal Regolamento europeo 625/2017, dovranno da dicembre 2019, tanto e più di prima, operare nel pubblico interesse al fine di eliminare, contenere o ridurre eventuali pericoli di ordine sanitario per l’uomo, gli animali, le piante e l’ambiente, e lo faranno dopo aver ricevuto la dovuta e adeguata formazione, il necessario aggiornamento e dopo aver acquisito un’ulteriore competenza su temi specifici. Il Regolamento stabilisce altresì che i controlli vengano effettuati con la frequenza richiesta, caso per caso, considerato il livello di rischio del soggetto interessato e senza preavviso, salvo che non sia necessario ai fini del controllo stesso. In caso di campionamento, analisi, prova o diagnosi nel contesto dei controlli ufficiali, gli OSA hanno diritto, a loro spese, ad una controperizia. Considerato che questo diritto dovrebbe permettergli di richiedere un esame documentale della prova — e quindi una seconda analisi — l’autorità deve permettere che sia prelevato, in quantità, un campione sufficiente a consentire una controperizia. È altresì previsto il campionamento di animali e merci messi in vendita mediante tecniche di comunicazioni a distanza o on-line. Ma una novità per il nostro ordinamento è certamente quella della pubblicazione del livello di conformità delle singole imprese, definito rating dell’operatore. Le autorità competenti avranno — seppure a condizioni da definire — il diritto di pubblicare o rendere disponibili le informazioni relative al rating dei singoli operatori, risultanti dai controlli ufficiali. Si avrà pertanto uno strumento che, con le dovute precauzioni e garanzie in termini di equità, coerenza, trasparenza e obiettività, offrirà a tutta la filiera condizioni per accrescere la trasparenza tra operatori e non solo. Il Regolamento 625 entrerà in vigore a dicembre. Ci sarà tempo per disporre, in ambito nazionale, delle Linee guida di decreti attuativi, provvedimenti di diversa natura che rendano la disciplina europea effettivamente operativa. Guido Guidi
IL PESCE IN RETE
Social di Elena
1. Seabin Project arriva in Italia “Se possiamo avere i cestini per la spazzatura sulla terra ferma, possiamo averli anche nel mare”: è questa l’intuizione che ha portato ANDREW TURTON ad ideare, sette anni fa, il cestino Seabin. L’avventura insieme a PETE CEGLINSKI, attuale amministratore delegato di SEABIN GROUP (seabinproject.com), è iniziata nel 2014 e in seguito a una campagna di crowdfunding e social, il dispositivo Seabin V5 è stato sperimentato in porti in di Europa e Stati Uniti per poi essere lanciato sul mercato a fine 2017. Fino ad ora, Seabin Project ha ricevuto richieste per più di 6.000 unità da 77 Paesi differenti. L’invenzione di Ceglinski e Turton è arrivata in Italia grazie al progetto LifeGate PlasticLess® che mira a posizionare il maggior numero possibile di Seabin per ripulire anche il Mediterraneo dalla plastica che, integrata con quella raccolta in altre zone del mondo, può essere riutilizzata a scopo industriale (lifegate.it; in foto, Pete Ceglinski, AD e co-fondatore di Seabin, photo © Seabin).
2. Friultrota, un bell’esempio di comunicazione “Friultrota vuol dire pesce pronto da mangiare per chi, pur non avendo tempo, non vuole rinunciare a qualità, gusto e salute”. Così il visitatore è accolto nell’homepage www.friultrota.com dell’azienda di GIUSEPPE PIGHIN, con sede a San Daniele del Friuli (UD). Delicato, completo, arricchito da stupende illustrazioni animate che in ogni sezione assumono forme diverse, questo sito è davvero un piccolo capolavoro. Bravissimi non solo con i prodotti ma anche con la comunicazione (photo © Friultrota).
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fish Benedetti
4. European Fisheries 3. Parola chiave sostenibilità Il loro feed su Instagram (www.instagram.com/pacifico_aquaculture) è davvero bello, con immagini che raccontano l’allevamento a mare di branzini di questa azienda, la PACIFICO AQUACULTURE, con base negli USA e in Messico, che fa della sostenibilità il proprio biglietto da visita (photo © instagram.com/pacifico_aquaculture).
Ecco una pagina da tenere d’occhio con regolarità: ec.europa.eu/fisheries è la sezione delle attività della Pesca e Acquacoltura della COMMISSIONE EUROPEA che contiene informazioni e sezioni sul mondo ittico dell’UE, con dati aggiornati sulle specie ittiche, direttive e politiche comunitarie (photo © ec.europa.eu/fisheries).
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ACQUACOLTURA
Gestione di progetti per lo sviluppo: un caso studio
Il ripristino a fini di ripopolamento di una vecchia troticoltura di Pierluigi Monticini
L’accresciuta sensibilità ambientale, la consapevolezza che dobbiamo pensare alle generazioni future, le raccomandazioni degli organismi internazionali (es. FAO, IFAD, ecc…) e, infine, le nuove metodologie di progettazione ci hanno portato a sviluppare nuove strade per la salvaguardia degli ecosistemi fino ad oggi molto minacciati e spesso sovrasfruttati o comunque soggetti ad una notevole pressione antropica. In questa direzione, oltre ai pilastri dettati dagli Obiettivi Sostenibili del Millennio o SDGs, si stanno af-
fermando delle nuove metodologie di progettazione che favoriscono oltremodo gli aspetti sociali, culturali e soprattutto ambientali. La metodologia PM4SD è infatti incentrata sullo sviluppo sostenibile del turismo e si basa su alcuni punti cardine (si vedano le fonti bibliografiche): • uso ottimale delle risorse naturali; • rispetto e riscoperta degli aspetti socioculturali delle comunità locali; • mantenimento sul lungo termine dei benefici economici derivanti dalle attività di eco-turismo;
• gestione consapevole di tutti i portatori di interesse coinvolti. Trattasi di fatto di uno strumento di implementazione dei principi dello sviluppo sostenibile come definiti dagli organismi internazionali attraverso l’utilizzo di metodologie di project management già ampiamente affermate quali il Prince2, MSP, PCM, LFA. Sono inoltre utilizzati strumenti per l’analisi del contesto come l’analisi SWOT e lo Stakeholder Engagement. In quest’ambito si è ritenuto utile poter trovare un potenziale caso
Una delle vasche prima del ripristino (photo © Antica Acquacoltura Molin di Bucchio).
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Il progetto denominato Antica Acquacoltura Molin di Bucchio si occupa del recupero di uno degli impianti di acquacoltura più antichi dedicati alla produzione di specie d’acqua dolce autoctone ai fini di ripopolamento e ricerca. Lo porta avanti la Cooperativa In Quiete studio relativo all’acquacoltura e alla pesca come già più volte richiesto anche da organismi internazionali quali la Divisione Pesca e Acquacoltura della FAO, che spesso ha inserito tra le proprie Linee guida esplicito interesse per attività di eco-turismo applicate ad attività di pesca ed acquacoltura sostenibile, in particolare per quanto riguarda le acque interne dell’area del Centro Europa. Il contesto ambientale è quello del Casentino, nel cuore dell’Appennino tosco-romagnolo, ai margini del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, istituito nel 1993, che si estende su un vasto territorio tra Romagna e Toscana e che costituisce un’area protetta di grande estensione comprendente boschi e foreste millenari tra i meglio conservati d’Italia. Il Parco, dal versante aretino, interessa i comuni di Bibbiena, Chiusi della Verna, Poppi, Pratovecchio e Stia. La parte di conservazione integrale comprende le riserve naturali di Sasso Fratino, della Pietra e di Monte Falco. Il sito in questione rientra in una area fuori dai confini del Parco di circa 500 m. La vegetazione è rappresentata dal complesso delle foreste casentinesi ancora ad elevato tasso di biodiversità e di notevole interesse naturalistico. I boschi sono composti da latifoglie, quali querce e castagni, o da boschi misti con faggio e abete bianco. La fauna è composta da una
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IUCN Red List scale
In alto: trota fario, Salmo trutta fario (Linnaeus, 1758). In basso: barbo tiberino, Barbus tyberinus (Bonaparte, 1839). notevole componente di ungulati, tra cui cinghiali e mufloni. La presenza del lupo nell’Appennino è ormai una costante e rappresenta il predatore di punta del Parco. Ricchissima l’avifauna. La zona è ricchissima di corsi d’acqua sia grazie alle abbondanti precipitazioni, anche di tipo nevoso, sia grazie anche alla notevole copertura vegetale del terreno. Le rocce sono in prevalenza impermeabili. I
corsi d’acqua sono di tipo torrentizio e la loro portata è proporzionale alla quantità di precipitazioni. Il fiume Arno nasce nel Monte Falterona (circa 1.600 m slm) e in quest’ambito risulta poco più di un ruscello dalle acque limpide e dal corso impetuoso. I paramenti fisici e chimici delle acque denotano una notevole qualità e purezza. Dal punto di vista della vita acquatica si denota, anche grazie alle
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Tabella 1 – Classificazione delle tre specie ittiche oggetto del progetto “Antica Acquacoltura Molin di Bucchio” Salmo trutta fario (LINNAEUS, 1758). Salmo cettii (RAFINESQUE, 1810), in attesa di corretta collocazione sistematica: include le popolazioni superstiti del popolamento nativo di trota di torrente (fenotipo “fario”) sia del versante tirrenico che del versante adriatico, che sono provvisoriamente attribuite alla specie S. cettii nell’attesa di un’urgente revisione tassonomica. Le popolazioni possono essere differenziate sulla base di aplotipi mitocondriali e genotipi nucleari (da: www.iucn.it/ scheda.php?id=1082856409). Classe: Teleostomi. Ordine: Salmoniformes. Famiglia: Salmonidae. Genere: Salmo. Nome comune: trota fario o di torrente, trota mediterranea. Nome FAO: — IUCN Red list status: in pericolo critico (CR; Italia Lista rossa). Convention on International Trade in Endangered Species of Fauna and Flora (CITES): non valutata Resilienza: molto bassa (popolazioni in declino). Vulnerabilità: le maggiori minacce sono causate da alterazioni di habitat, prelievi idrici incontrollati, inquinamento, specie aliene quali Oncorhynchus mykiss, pesca indiscriminata e incontrollata. Distribuzione geografica: ambiente tipico costituito da corsi d’acqua a regime torrentizio a portata irregolare, soggetti ad andamento stagionale, con l’acqua limpida e le temperature tra 10 e 17 °C. Clima: temperato, in relazione alla stagione, mai superiore ai 16-17 °C, rilevato ad aprile intorno 9 °C. Barbus tyberinus (BONAPARTE, 1839). Classe: Teleostomi. Ordine: Cypriniformes. Famiglia: Cyprinidae. Genere: Barbus. Nome comune: barbo tiberino o del Tevere. Nome FAO: — IUCN Red list status: vulnerabile (VU, Italia Lista rossa). Convention on International Trade in Endangered Species of Fauna and Flora (CITES): non valutata. Resilienza: molto bassa (popolazioni in declino). Vulnerabilità: le maggiori minacce sono causate da alterazioni di habitat, prelievi idrici incontrollati, inquinamento, specie concorrenti quali B. barbus, incroci naturali con specie alloctone. Distribuzione geografica: ambiente tipico costituito da corsi d’acqua a regime torrentizio a portata irregolare, soggetti ad andamento stagionale, con l’acqua limpida e le temperature tra 10 e i 22 °C. Clima: temperato, in relazione alla stagione, mai superiore ai 22-23 °C in estate, rilevato ad aprile intorno 9 °C. Padogobius nigricans (CANESTRINI, 1867). Classe: Teleostomi. Ordine: Perciformes. Famiglia: Gobidae. Genere: Padogobius. Nome comune: ghiozzo etrusco. Nome FAO: — IUCN Red list status: vulnerabile (VU, Italia Lista rossa). Convention on International Trade in Endangered Species of Fauna and Flora (CITES): non valutata Resilienza: molto bassa (popolazioni in declino). Vulnerabilità: le maggiori minacce sono causate da alterazioni di habitat, prelievi idrici incontrollati, inquinamento, specie aliene, pesca indiscriminata e incontrollata; vista la sua sensibilità all’inquinamento è ritenuta un potenziale indicatore biologico. Distribuzione geografica: specie autoctona, di limitata diffusione geografica; ambiente tipico costituito da corsi d’acqua a regime torrentizio a portata irregolare, soggetti ad andamento stagionale, con l’acqua limpida e le temperature tra 10 e 17 °C. Clima: temperato, in relazione alla stagione, mai superiore ai 16-17 °C, rilevato ad aprile intorno 9 °C.
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I membri della Cooperativa In Quiete che si occupa del progetto Antica Acquacoltura Molin di Bucchio. informazioni reperite sulla Carta ittica della provincia di Arezzo, una notevole biodiversità; numerose le specie di anfibi, alcune anche molto rare. Si rileva la presenza di gamberi appartenenti al genere Austropotamobius, specie sotto protezione legislativa in quanto minacciata. L’area d’interesse ittico è la tipica “zona a Salmonidi” con la specie guida della trota fario, Salmo trutta fario (LINNAEUS, 1758) e con la presenza di alcune popolazioni con fenotipo “fario” attribuite alla specie S. cettii nell’attesa di revisione tassonomica. Il substrato risulta di tipo sassoso, corrente di tipo torrentizio con elevate concentrazioni di ossigeno disciolto e temperature delle acque sempre sotto i 15 °C. Altre specie ittiche presenti appartengono alle famiglie: Cyprinidae (Barbus plebejus, Barbus meridionalis), Anguillidae (Anguilla anguilla, in allegato II della Washington Convention e definito “in pericolo critico” da IUCN Italia), Gobiidae (ghiozzo etrusco Padogobius nigricans classificato come “vulnerabile” da IUCN Italia). Di interesse, inoltre,
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la trota iridea Oncorhynchus mykiss, in quanto specie alloctona, e quindi in concorrenza con le specie native o autoctone. In questo contesto ambientale è stata costituita, a gennaio 2014, la Cooperativa In Quiete, la cui mission è quella del recupero, a fini di ripopolamento e divulgazione scientifica, dell’Antica Acquacoltura Molin di Buccio. Grazie a un team multidisciplinare di guide ambientali, educatori, comunicatori, dottori forestali, si è dato vita a tanti diversi percorsi formativi dal differente background, coniugati in un’unica scommessa: unire professionalità attraverso la passione. E con un obiettivo, quello di credere e investire in un turismo responsabile e sostenibile per i sentieri dell’Appennino, oltre che sull’educazione ambientale nelle scuole per il futuro delle nuove generazioni, il tutto coniugato da un profondo spirito di valorizzazione della natura e delle tradizioni storico-culturali del territorio. Il progetto Antica Acquacoltura Molin di Bucchio, portato avanti dalla Cooperativa In Quiete, si occupa
del recupero di uno dei più antichi impianti di acquacoltura, posto alle sorgenti dell’Arno, dedicati alla produzione di specie d’acqua dolce autoctone ai fini di ripopolamento e ricerca. Oltre alla trota appenninica selezionata per analisi genetica, l’obiettivo sarà la messa a punto di tecniche di riproduzione per il gambero d’acqua dolce, il barbo tiberino, il ghiozzo etrusco e per quelle specie sensibili che richiedono particolare attenzione (in Tabella 1 sono riportate le informazioni di base relative alle tre specie ittiche oggetto del progetto). Sarà una sorta di banca della biodiversità acquatica dotata di uno spazio didattico per informare e rendere consapevoli i vari portatori di interessi salvaguardando nello stesso tempo la biodiversità. Dal punto di vista della sostenibilità e dei suoi tre pilastri mi permetto di ribadire e ricordare la definizione adottata dalla FAO nel 1995 e nel 1997, che sembra particolarmente appropriata per questo contesto: “Sustainable development is the
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Le tre dimensioni della sostenibilità
Modello modificato ed elaborato dall’autore.
management and conservation of the natural research base and the orientation of technological and institutional change in such a manner as to ensure the attainment and continued satisfaction of human needs for present and future generations. Such sustainable development (… and fisheries sectors) conserves land, water, plant and animal genetic resources, is environmentally equitable, non-degrading, technically appropriated, economically viable and socially acceptable”. I pilastri su cui si basa la sostenibilità in qualsiasi ambito di interesse, sono i seguenti: • sviluppo sociale e culturale; • sviluppo economico; • salvaguardia ambientale. Le azioni potenziali per conseguire quanto sopra (le potremo riassumere come goals) sono: • contrasto alla povertà attraverso la creazione di lavoro; • gestione sostenibile delle risorse naturali; • interventi orientati al benessere
animale (e quindi alla sicurezza alimentare); • giusta ed equa remunerazione per l’utilizzo delle risorse naturali e per lo sfruttamento degli ecosistemi. La normativa europea di riferimento, in merito al progetto in oggetto e al contesto in cui si svolge, è la direttiva “Habitat” 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, in particolare l’art. 2, comma 1, che dichiara: “Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali. Nonché della flora e fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati Membri”. L’obiettivo è quello del ripristino delle specie ittiche autoctone, cercando di ripopolare i corsi d’acqua con esemplari riprodotti in cattività tramite tecniche il più possibile naturali e sostenibili attraverso il Capture-Base Aquaculture (defini-
Abstract – This Research project is focus on Sustainable Development in Traditional Inland Fisheries activities supported by an effective usage of the most important e worldwide recognized Project Management tools. The work is organized under the following key topics: Sustainable Management Socio-economics impacts, Cultural Impacts and Environmental safeguard analysis (including exploitation of natural resources reducing aquatic biodiversity).
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zione in nota). L’operazione è stata effettuata sia per i salmonidi che per il barbo tiberino. Sono stati prelevati un certo numero di esemplari i quali provengono da tre diversi torrenti dall’alto valore naturalistico all’interno del bacino casentinese dell’Arno tra cui il fosso di Camaldoli, provvedendo a successive analisi genetiche che hanno evidenziato che soltanto un esiguo numero di esemplari possedesse il patrimonio genetico dei ceppi originari, mentre la maggioranza è risultata composta da ibridi naturali o appartenenti a specie alloctone. Si è poi proceduto a selezionare un certo numero di esemplari attraverso una marcatura come futuri riproduttori. Gli aspetti di sostenibilità ambientale sono stati, in questo caso, completamente assolti in quanto le metodologie di cattura e la selezione dei riproduttori sono stati effettuati con tecniche non nocive e molto rispettose dell’ambiente, tenendo sempre in dovuta considerazione il benessere animale. Gli aspetti socio-culturali sono quelli di maggior interesse, dopo gli aspetti ambientali. Tra le attività complementari a quelle di acquacoltura, sono state avviate una serie di iniziative atte a trasmettere la consapevolezza del patrimonio naturalistico del Parco, e anche la riscoperta delle antiche tradizioni va in questa direzione. Al momento le attività di eco-turismo sono quelle che finanziano le ingenti spese correnti e di ripristino dell’impianto di acquacoltura che al momento risulta solo parziale. Eventuali fondi pubblici attraverso bandi FEAMP finanziano la ristrutturazione delle vasche e del sito che era ormai in abbandono da molti decenni. La sostenibilità economica, al momento, non è stata ancora completamente conseguita in quanto siamo in una fase di start-up del progetto; il numero di riproduttori per le tre specie prese in esame è ancora molto esiguo e la loro taglia non è tale da poter produrre un numero adeguato di avannotti. Inoltre, le tecniche di riproduzione e allevamento non sono state completamente messe a punto.
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In questa prima fase il punto di pareggio economico è stato volutamente messo in secondo piano in nome della conservazione delle specie sensibile, cercando di capire allo stesso tempo se ciò può rendere sostenibile l’attività a scapito di una commercializzazione del pesce ai soli fini alimentari. Il successivo progetto di crowdfunding si pone, infatti, come obiettivo di recuperare sia i vasconi antichi per arrivare un giorno a fare sia conservazione attraverso progetti con gli enti, sia la vendita di pesce per scopi alimentari e attività connesse di pesca sportiva in impianto. Tutte le operazioni di cui sopra sono state effettuate seguendo scrupolosamente le indicazioni delle autorità preposte e in accordo con le più stringenti normative di salvaguardia ambientale. Sicuramente una lodevole iniziativa degna di nota, principalmente per la tenacia e la determinazione dei titolai della Cooperativa, che ogni giorno cercano di dare il loro contributo per la salvaguardia am-
bientale e per il conseguimento delle loro aspettative. Dott. Pierluigi Monticini * Ph.D. MBA Monticini Consulting Loc. Magalotto 2B 52010 Castelluccio Capolona (AR) info@monticiniconsulting.com www.monticiniconsulting.com Nota * Definizione di Capture-Base Aquaculture: la pratica della raccolta in natura dei futuri riproduttori, dai primi stadi di vita adulti, e il loro susseguente allevamento in cattività attraverso tecniche di acquacoltura (LOVATELLI et al., 2004). Bibliografia • S TEFANO P ORCELLOTTI (2005), Pesci d’Italia, ittiofauna delle acque dolci, Edizioni PLAN. • ZERUNIAN S. (2002), Condannati all’estinzione? Biodiversità, biologia, minacce e strategie di conservazione dei pesci d’acqua dol-
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ce indigeni in Italia, Edagricole. • apmg-international.com/it/product/pm4sd • www.festfoundation.eu • www.fao.org/fishery/publications/code/en • www.axelos.com/certifications/ prince2 • www.un.org/sustainabledevelopment/sustainable-development-goals/ • FAO Technical Guidelines for Responsible Fisheries, Inland Fisheries 6 • FAO Technical Guidelines for Responsible Fisheries 6, Suppl. 1 • Precautionary approach to capture fisheries and species introductions • FAO Technical Guidelines for Responsible Fisheries, n. 13 Recreational Fisheries • www.iucn.it/scheda.php?id= 1082856409 • www.iucn.it/scheda.php?id= -1938596710 • www.iucn.it/scheda. php?id= 1339593936
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Gli abaloni di Cindy e Sinead di Massimiliano Rella
Introdotto nei mari d’Irlanda per sostenere i pescatori e integrare il reddito — erano gli anni ’80 —, oggi la produzione di abalone è una piccola ma interessante realtà con un suo mercato nel settore dell’alta ristorazione. Voluto dal BIM (l’agenzia irlandese per lo sviluppo della pesca), fu inizialmente “adottato” da 6 produttori d’acquacoltura, che hanno poi chiuso o abbandonato per varie ragioni. Nel 2007, però, una simpatica signora di origini californiane, CINDY O’BRIAN, ha cominciato ad allevarli nella sua azienda ittica non lontano da Galway, nel villaggio sul mare di Rossaveel, aiutata dalla giovane figlia Sinead. Il risultato è che la MUNGO MURPHY’S SEAWEED & ABALONE FARM, l’unica attualmente ad allevare abalone in Irlanda, è diventata una tra le più originali tappe gourmet
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del Taste the Atlantic, circuito di promozione turistico-gastronomica delle aree costiere. Gli unici abaloni di Irlanda Gli abaloni (Haliotis) sono molluschi gasteropodi marini comunemente conosciuti come aliotidi o orecchie di mare, una sorta di “lumaca” introdotta in Irlanda dal Giappone (Haliotis discus hannai, INO, 1953), ma presente anche con la specie europea Haliotis tuberculata. Allo
stato naturale di nutrono di alimenti, alghe, alghe coralliformi e lattughe di mare, che trovano sulle rocce, sminuzzandoli con dei piccoli “denti” cornei. Hanno una crescita molto lenta e sono utilizzati nella cucina orientale per zuppe e crudi: ad esempio, la parte più molle del mollusco per le zuppe, la parte più dura cotta con burro oppure cruda a fettine e condita con alghe e salsa di soia. Così, perlomeno, l’abbiamo assaggiata da Cindy e Sinead, dopo la
Nel Connemara, Cindy e Sinead allevano abaloni, curiosi ricci rosa di mare autoctoni, una strana specie di “cetriolo di mare a punte bianche” e coltivano una ventina di varietà di alghe per la ristorazione
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nostra visita con degustazione. Oggi ne allevano 5 tonnellate l’anno, ma hanno una capacità produttiva del doppio, vendendoli in Irlanda nella catena della ristorazione asiatica, nel Regno Unito, in Francia e Islanda. «Introdotto negli anni ’80, l’abalone cominciò a essere allevato in mare in apposite gabbie e successivamente in sistemi d’acquacoltura a terra» ci racconta la giovane Sinead. «Oggi siamo rimasti gli unici ad allevarli. Gli abaloni non sono bivalvi come le ostriche o le cozze ed essendo erbivori si nutrono di alghe fresche. Le specie giapponesi sono in grado di gestire un intervallo di temperatura più ampio, dai 5 °C ai 16 °C, mentre le specie europee preferiscono una temperatura costante intorno ai 14 °C-16 °C. Nella nostra azienda ci concentriamo quindi sull’allevamento delle specie giapponesi. L’abalone è sensibile alla luce, motivo per cui copriamo i serbatoi con dei pannelli neri. Questi molluschi sono anche emofiliaci e per questo non li classifichiamo mentre crescono: il processo di manipolazione all’inizio del processo di allevamento potrebbe infatti incrementare il loro tasso di mortalità. Hanno poi una crescita lenta, impiegando 5 anni per raggiungere i 10-11 centimetri, mentre in 3 anni sono già pronti, raggiungendo i più piccoli i 6-7 centimetri».
In alto: degustazione di abalone crudo e salsa di soia e insalata di alghe marine e carote. Al centro: ricci rosa di mare. In basso: a sinistra, “Cetriolo di mare” (Holothuria forskali); a destra, produzione di alghe autoctone.
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Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C.
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Cindy O’Brian e la figlia Sinead nella loro azienda di acquacoltura a Rossaveel. Cindy e Sinead allevano anche curiosi ricci rosa di mare autoctoni (di cui si mangiano le uova, come in Sicilia!) e coltivano una ventina di varietà di alghe per la ristorazione. Quella locale e più nota è la Carrageen moss, diffusa lungo la costa occidentale dell’Irlanda, un’alga ricca di iodio ed elementi gelatinosi naturali, utilizzata per insalate e per fare il pudding. Oltre a queste allevano una strana specie autoctona di “cetriolo di mare a punte bianche” (Holothuria forskali), un echinoderma usato in campo medicinale e nella cucina orientale, ad esempio brasato con la carne di maiale, oppure bollito, poi tagliuzzato e condito. «Normalmente si fa bollire a fuoco lento in acqua per circa 40 minuti e poi si scola» ci spiega Cindy. «Quindi si rimuovono le budella e le punte filamentose e si taglia a pezzi sottili. Lo mariniamo durante la notte, preferibilmente. Si può tagliuzzare a strisce per farle in tempura o brasare in una salsa. Entrambi i modi sono ugualmente buoni». Il “cetriolo di mare” vive tra
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gli scogli e sulle alghe ed è caratterizzato da un corpo cilindrico con elementi calcarei distribuiti in modo irregolare sul derma, che altrimenti sarebbe molle. La “bocca” presenta tentacoli con funzioni meccaniche e sensorie. Generalmente di colore nero o, meno di frequente, brunoverde o giallo, ma sempre con le papille bianche, può raggiungere i 25 centimetri di lunghezza. «Essendo un echinoderma è collegato al riccio di mare e alle stelle marine» ci dice ancora Sinead. «È una prelibatezza nelle culture asiatiche ed è ricco di sostanze nutritive, di condroitina e collagene e ha proprietà rigenerative molto interessanti. Quando si sente minacciato può eviscerare i suoi intestini in modo che il predatore possa mangiarli mentre lui si nasconde per cominciare a rigenerare gli organi interni. È lo stesso con la pelle, se si danneggia gravemente può ripararla in due settimane. Le alghe che abbiamo in azienda sono invece un mix di piante selvatiche raccolte e alghe che crescono nelle vasche di acquacoltura, come la lattuga di mare, nutrendosi in modo
vegetativo del deflusso dell’aliotide. Conserviamo le alghe selvatiche raccolte a mano nelle vasche per potervi accedere facilmente per nutrire gli abaloni». Nascosta tra i vecchi muretti in pietra del villaggio di Rossaveel la MUNGO MURPHY’S SEAWEED & ABALONE FARM è un’azienda di acquacoltura aperta al turismo gastronomico: invita gli ospiti a degustare i vari prodotti dopo averli guidati lungo la costa frastagliata a caccia di curiosi “frutti” del mare. Varie formule: una di 2 ore con ricerca di alghe lungo la costa, visita all’azienda e piatto con abaloni e spuntini alle alghe 50 euro pp; oppure tour di un’ora con visita all’azienda e assaggio 20 euro. Massimiliano Rella Mungo Murphy’s Seaweed & Abalone Farm Rossaveel, Galway Co. Telefono: +353 0 87 9051956 Web:www.mungomurphyseaweed.com Nota A pagina 36, abalone; photo © Massimiliano Rella.
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PESCA
Europêche: +36% di pesce nel mare negli ultimi 10 anni Che cos’è lo STECF? L’European Scientific, Technical and Economic Committee for Fisheries è l’organo della Commissione europea che fornisce la consulenza scientifica indipendente per la conservazione e la gestione delle risorse marine viventi, oltre a considerazioni di carattere biologico, economico, ambientale, sociale e tecnico. Ciò consente ai responsabili politici di elaborare le proprie decisioni sulla base di solide prove scientifiche, comprendere meglio la salute di uno stock ittico, determinare le quote di pesca e monitorare attentamente l’attuazione della PCP. Finalmente una buona notizia La recente relazione dello STECF ha evidenziato tendenze generali
Questo è uno dei principali risultati del rapporto annuale pubblicato da STECF sull’attuazione della Politica Comune della Pesca (PCP). Lo stato degli stock è notevolmente migliorato nell’Atlantico nord-orientale, con una tendenza generale al ribasso della pressione di pesca nel periodo 2003-2017. Ciò nonostante, sono ancora necessari ulteriori sforzi, in particolare nel Mediterraneo positive per molti stock ittici nelle ecoregioni in tutta Europa. Ciò è chiaramente confermato dal fatto che nell’Atlantico nord-orientale la percentuale di scorte sovrasfruttate è
stata ridotta di circa la metà nel corso dell’ultimo decennio. La percentuale di scorte al di fuori dei limiti biologici sicuri mostra infatti una tendenza al ribasso simile nello stesso periodo.
La recente relazione dello STECF ha evidenziato tendenze generali positive per molti stock ittici nelle ecoregioni in tutta Europa. Le popolazioni ittiche sarebbero infatti in generale aumentate dal 2007, raggiungendo nel 2017 livelli superiori del 36% rispetto al 2003 (photo © MaxPixel).
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Ma le buone notizie in queste acque non finiscono qui, poiché la tendenza delle catture mostra che il numero di giovani pesci che entrano negli stock è in costante aumento dal 2012, il che spiega l’incremento della produzione degli stock. «Dopo anni di duro lavoro e sacrifici, accogliamo con favore il fatto che gli stock ittici crescano anno dopo anno» ha dichiarato DANIEL VOCES, managing director di EUROPÊCHE BRUXELLES. «I dati scientifici presentati dimostrano una drastica riduzione della pressione di pesca nell’Atlantico nordorientale che si sta stabilizzando a livelli sostenibili. L’UE è riuscita a regolare in modo sostenibile i grandi stock nelle acque dell’UE, compiendo buoni progressi su numerosi piccoli stock. Ciò si riflette chiaramente nel fatto che per il Baltico, le acque nord-occidentali, le acque sudoccidentali e il Mare del Nord, per gli stock gestiti solo dalla UE, quasi il 100% degli sbarchi proviene da catture pescate al più alto livello di
sostenibilità in linea con la politica del rendimento massimo sostenibile (MSY)». Insistendo sull’importanza di concentrare gli sforzi sulla gestione sostenibile degli stock ittici di grandi dimensioni, Europêche ricorda che attualmente l’86% delle catture totali del tonno globale proviene da stock a livelli sani. Un successo della PCP verso la sostenibilità ambientale Al contrario, Europêche si rammarica che le notizie positive del rapporto STECF siano ancora una volta trasformate dalla comunità delle ONG in un’altra esplosione di profezie da fine del mondo. Mentre l’industria della pesca ha compiuto molti sacrifici e sforzi per conformarsi agli ambiziosi obiettivi della PCP, stare ai margini prevedendo l’estinzione non aiuta affatto. Solo per fare un esempio, nonostante gli allargamenti dell’UE, il numero di imbarcazioni da pesca dell’UE nel 2015 è stato di 85.154, 18.693 in meno rispetto al 1996.
Europêche considera frustrante leggere i messaggi dai toni catastrofici che non riconoscono i buoni progressi e che non solo mettono a repentaglio il lavoro dell’industria, ma che confondono parecchio anche i consumatori. Nel Mediterraneo e nel Mar Nero, anche se molti stock rimangono sovrasfruttati a causa dell’insufficiente pressione della pesca che ha raggiunto il picco nel 2011, da allora hanno mostrato una tendenza alquanto decrescente nel numero di stock sovrasfruttati. Di conseguenza, dal 2012, dopo anni di invariati livelli di popolazione ittica, anche i dati relativi alle biomasse sono aumentati in maniera abbastanza consistente. Il successo della politica europea della pesca verso la sostenibilità ambientale apre le porte al miglioramento della competitività della flotta dell’UE e alla tanto necessaria modernizzazione delle vecchie navi, che è un must per migliorare la sicurezza, le condizioni di lavoro e di vita degli equipaggi.
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Tre milioni di euro per il comparto artigianale
Adri.Smartfish, il Veneto capofila del progetto europeo a sostegno delle piccole flotte nell’Adriatico Metà della flotta di pescherecci che quotidianamente solca le acque dell’Alto Adriatico è costituita da barche di piccola stazza, lunghe meno di 12 metri, che impegnano al massimo due pescatori. Non utilizzano reti a strascico o draghe ma solo attrezzi manuali e si muovono entro le 12 miglia dalla costa. La piccola pesca sulle coste italiane dell’Alto Adriatico conta oltre 2.600 imbarcazioni, impegna il 30% dei
pescatori e genera incassi per 59 milioni di euro (soprattutto grazie a molluschi e crostacei), seconda voce della flotta peschereccia delle regioni costiere dell’Alto Adriatico, alle spalle degli 83 milioni realizzati con la pesca a strascico. La conservazione, sviluppo e innovazione della piccola pesca artigianale è al centro del progetto europeo transfrontaliero ADRI.SMARTFISH, di cui la Regione Veneto è capofila, e
che ha preso avvio a Venezia, col convegno inaugurale presso la sede centrale dell’Università Cà Foscari. A Cà Foscari sono intervenute tutte le istituzioni partner: l’assessore veneto all’Agricoltura, Caccia e Pesca e GIANLUCA FREGOLENT, direttore della Direzione Agroambiente, Caccia e Pesca in qualità di rappresentanti dell’amministrazione lead partner del progetto, i referenti scientifici FABIO PRANOVI dell’Università
Metà della flotta di pescherecci che quotidianamente solca le acque dell’Alto Adriatico è costituita da barche di piccola stazza, lunghe meno di 12 metri, che impegnano al massimo due pescatori. Non utilizzano reti a strascico o draghe ma solo attrezzi manuali e si muovono entro le 12 miglia dalla costa.
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Ca’Foscari e SANJA MATIC di IZOR – Istituto Oceanografico di Spalato, i rappresentanti del Ministero dell’Agricoltura della Repubblica Croata e i referenti delle Regioni italiane e delle Contee croate. Partecipano al progetto — che ha un budget complessivo di tre milioni di euro — le regioni litoranee dell’Alto Adriatico, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Marche e, sul versante balcanico, la Regione istriana, la Contea Litoraneo Montana, la Contea di Zara, nonché il ministero dell’Agricoltura della Repubblica di Croazia. L’Università Cà Foscari di Venezia e l’istituto di Oceanografia e pesca di Spalato sono i partner scientifici. Il progetto si inserisce nell’ambito dei progetti di collaborazione transfrontaliera Italia Croazia 2014-2020. Ha l’obiettivo di valorizzare la piccola pesca costiera nell’Alto Adriatico promuovendo la sicurezza alimentare del pescato e la sostenibilità ambientale, economica e sociale della pesca “artigianale” che conta nel Mediterraneo circa 40.000 pescherecci, pari all’80% dell’intero contingente di imbarcazioni dei paesi che affacciano sullo specchio mediterraneo. Adri.Smartfish prevede la creazione di una organizzazione transfrontaliera della piccola pesca che rappresenti gli operatori del settore, sia italiani che croati, e promuove azioni pilota che sperimentino nuo-
ve forme di gestione dell’attività: l’adozione del marchio registrato per il pescato, forme di commercializzazione diretta dei prodotti, condivisione di linee guida per le aree a gestione diretta. Il progetto, che avrà una durata di 30 mesi e si concluderà nel 2021, prevede anche la condivisione di un protocollo di pesca sostenibile e responsabile, a tutela dell’ambiente, dell’occupazione e dello sviluppo integrato dell’ambiente costiero, e la condivisione di un piano pluriennale di gestione delle risorse. Tra gli obiettivi specifici di Adri. Smartfish figurano la fotografia dettagliata del settore, in termini di porti, flotte, numero imbarcazioni, lavoratori impiegati, attrezzi utilizzati, quantitativi e trend anche qualitativa del pescato, valori di mercato, reddito generato e tendenze, zone di pesca e impatto ambientale del settore; la promozione di soluzioni innovative e di nuovi sistemi di gestione sia nella produzione sia nella commercializzazione; il sostegno a forme di vendita diretta dei prodotti
della piccola pesca sostenibile, attraverso un marchio di certificazione registrato. «La piccola pesca costiera rappresenta il nostro “oro blu” — ha commentato l’assessore regionale all’agricoltura e alla pesca — da difendere e promuovere, perché unisce storia e tradizione, reddito e occupazione. Lo sviluppo dell’attività dei piccoli pescherecci, spesso a conduzione familiare, è garanzia di tutela del mare e delle coste, di vivificazione dei porti e dei borghi di mare, di sostenibilità economica e di promozione turistica. La Regione Veneto ha investito e sostiene con convinzione questo progetto di collaborazione transnazionale, perché solo un approccio integrato e condiviso tra le due sponde dell’Adriatico può promuovere lo sviluppo e l’innovazione di una attività tradizionale, tutelando insieme posti di lavoro e rispetto dell’ambiente marino». (Fonte: Agenzia Veneto Notizie Ufficio Stampa della Giunta Regionale del Veneto)
Lago di Garda: accordo tra Veneto, Lombardia e Trentino per la gestione unitaria e la tutela della fauna ittica Sono in arrivo regole e tutele uguali su tutte le sponde del Garda per i pescatori e le relative cooperative di pesca del lago più grande d’Italia. Veneto e Lombardia e la Provincia autonoma di Trento hanno infatti condiviso uno schema di accordo per gestire in modo unitario l’attività di pesca, il contrasto alle pratiche di frodo e la tutela del patrimonio ittico del Garda. Su proposta dell’assessore regionale all’agricoltura e alla pesca, che ha avviato un dialogo interistituzionale con gli omologhi della regione Lombardia e della Provincia autonoma trentina, la giunta regionale del Veneto ha approvato uno schema di protocollo che dovrà poi essere ratificato in via ufficiale dalle tre realtà territoriali competenti su coste e acqua del lago. Il protocollo d’intesa consentirà un miglioramento delle regole comuni per una gestione sostenibile e unitaria della pesca sul Garda e per la tutela della particolare biodiversità dell’ittiofauna gardesana: tinche, lavarelli, salmerini e trote di lago costituiscono infatti non solo un patrimonio di biodiversità, ma anche un’importante fonte di reddito per le imprese di pesca legate alla ristorazione locale e alla commercializzazione. «L’intesa fra le tre istituzioni che governano le sponde del Garda — fa presente l’assessore veneto — rappresenta un ulteriore passo per uniformare il rilascio di licenze e concessioni, coordinare il comportamento delle polizie provinciali e sostenere percorsi di innovazione e sostenibilità ambientale di tutte le diverse attività di pesca, sportive, amatoriali e commerciali. Con la condivisione di un protocollo comune sarà possibile agire in maniera congiunta contro la pesca di frodo e contro l’invasione delle specie aliene invasive come il siluro, tutelando l’ittiofauna autoctona anche attraverso la messa in rete degli incubatoi». Con questo protocollo, i tre enti si impegnano a promuovere una normativa comune della pesca professionale e sportiva e della tutela del patrimonio ittico nel lago di Garda. Il protocollo si prefigge obiettivi specifici di tipo ambientale, sociale ed economico: al primo posto indica la garanzia di un corretto stato di conservazione degli habitat e delle specie; in secondo luogo prevede regolamenti e attività coordinate di controllo per reprimere il bracconaggio. Infine, il documento comune impegna i tre enti ad un razionale utilizzo delle risorse pubbliche dedicate. Lo schema di protocollo prevede anche la costituzione di un tavolo di coordinamento tra Veneto, Lombardia e Trentino che avrà il compito di elaborare e aggiornare il programma delle azioni al fine di promuovere il turismo e la sostenibilità ambientale delle attività umane nelle acque del Garda (photo © Comofoto – stock.adobe.com). (Fonte: Giunta Regionale del Veneto)
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Federpesca: tavola rotonda ad EXCO 2019 su pesca e competitività nel Mediterraneo
LB Comunicazione
Si è svolta lo scorso 16 maggio presso la Fiera di Roma, che ospitava anche quest’anno l’Esposizione Internazionale della Cooperazione allo Sviluppo (EXCO), la tavola rotonda organizzata da Federpesca sul tema della competitività nel settore della pesca nel Mediterraneo: “Mare Nostrum: Fishing and Competitiveness in the Mediterranean”. All’evento hanno preso parte rappresentanti della Commissione europea, dell’Union Tunisienne de l’Agriculture et de la Pêche, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Istituto per il Commercio Estero, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, del mondo sindacale e imprenditoriale delle relazioni di Federpesca. Il dibattito, di grandissima attualità per il settore, è stato incentrato sulla dimensione mediterranea della pesca italiana, per la quale la cooperazione allo sviluppo con i paesi della sponda sud del Bacino rappresenta un’occasione ineludibile. «Da pochissimo abbiamo sottoscritto a Tunisi un’intesa strategica con l’omologa UTAP per la conservazione delle risorse comuni tra le due rive e per il rilancio del partenariato produttivo e commerciale» ha commentato LUIGI GIANNINI, presidente Federpesca. «Ora stiamo sollecitando l’impulso del nostro Governo, della comunità scientifica e dell’imprenditoria interessata all’attivazione concreta di tutti gli strumenti già appostati per consentire uno sviluppo armonico e sostenibile delle due economia ittiche» (fonte: Federpesca, www.federpesca.it).
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AZIENDE
Le cozze dell’Ittica Lago Fusaro di Elena Benedetti
“Ho veduto molte cose al mondo ma nulla di più bello e insieme di soddisfacente per l’anima e per i sensi. Il sole spariva in maree sfolgoranti di colori, i canti ed i suoni d’orchestrine deliziose offrivano i momenti più spettacolari”. È questo uno scritto del PRINCIPE KLEMENS VON METTERNICH, fatto a seguito di una sua visita al Real Casino del Fusaro. Siamo ad inizio Ottocento e il diplomatico austriaco si trovava presso il sito di caccia e pesca preferito da FERDINANDO IV DI BORBONE.
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Una casa progettata dall’architetto LUIGI VANVITELLI, tra i maggiori interpreti del periodo del rococò, collegata alla riva del lago Fusaro da un ponte di legno e che inizialmente era raggiungibile solo tramite imbarcazioni a remi. Ci troviamo a Bacoli, un piccolo comune della città metropolitana di Napoli, in un tratto di mare fra le frazioni di Torregaveta e Cuma che nell’antichità diede origine appunto ad un lago. Qui l’allevamento di mitili trovò la sua collocazione ideale
anche in tempi antichissimi: ci sono infatti testimonianze documentate di attività produttive fin dai primi insediamenti in età greca, quando i Cumani, giunti su queste coste provenienti dall’isola Eubea nel 730 a.C., scoprirono insediamenti di mitili tra il lago di Licola e quello del Fusaro. Il mitilo o cozza dell’epoca cumana, del tipo edulis ma simile alla cozza attuale, era talmente importante per l’economia del tempo che sono state ritrovate diverse monete con impressa la raffigurazione di una cozza.
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A sinistra: una veduta del Lago Fusaro (photo © laudibi – stock.adobe.com). In alto: le cozze di Ittica Lago Fusaro, presentate al Padiglione Italia all’interno di Seafood Expo Global 2019.
Grazie ad un progetto di riqualificazione, che è anche un recupero ambientale e culturale, nel Lago Fusaro si potrà proseguire nella ricerca di una sempre migliore qualità delle cozze allevate dalla Ittica Lago Fusaro e destinate al centro di depurazione IRSVEM
Nel corso dei secoli questo piccolo lago sopravvisse ad eventi sismici che cambiarono la morfologia del territorio ma non la vocazione delle sue acque a far crescere questi meravigliosi prodotti del mare. Fu poi proprio grazie a Ferdinando IV di Borbone che il lago di Fusaro fu oggetto di studi e lavori di bonifica per l’allevamento di ostriche. Durante il suo regno la produzione arrivò anche a 600.000 esemplari, che venivano spediti presso le corti dei regnanti di tutta Europa.
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Gli anni tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo segnarono il periodo della decadenza dell’attività produttiva nel bacino lacustre del Fusaro. All’inizio degli anni Venti furono iniziati dei lavori di scavo nel lago che ne alterarono le caratteristiche batimetriche, con il conseguente cambiamento del grado di salinità delle acque. Ciò creò un ambiente meno accogliente per la coltivazione delle ostriche favorendo invece quella delle cozze.
La scelta di sostituire le cozze alle ostriche fu imputata anche e soprattutto alla possibilità di avere una produzione di gran lunga più copiosa rispetto a quella circoscritta ed elitaria delle ostriche. E oggi? Grazie alla collaborazione commerciale fra la ITTICA LAGO FUSARO, che alleva cozze destinate al centro di depurazione IRSVEM di Baia e il GRUPPO EUROFISH (www.eurofishnapoli.com), azienda leader nel
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Una veduta di Casina Vanvitelliana, residenza di ospiti illustri, come Francesco II d’Asburgo-Lorena, che qui soggiornò nel maggio 1819. All’interno dell’edificio furono accolti anche Wolfgang Amadeus Mozart, Gioachino Rossini e, più recentemente, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi (photo © thesnake12 – stock.adobe.com). commercio all’ingrosso di prodotti ittici con una lunga storia alle spalle e un’attitudine fortemente ecosostenibile, che le commercializza, si è avviato un processo di riqualificazione qualitativa del prodotto che, in questi anni, si sta sempre più affermando, conquistando quote di mercato sempre più rilevanti. Abbiamo incontrato FABIO POSTIGLIONE a Bruxelles nello spazio di Eurofish Napoli all’interno del Padiglione Italia e siamo rimasti affascinati dalla storia di questo specchio di acqua, testimonianza di una vocazione di mitilicoltura che da
sempre risiede in questo territorio. «La nostra volontà è quella di commercializzare prodotti di altissima qualità — in primis le cozze e più avanti anche vongole e ostriche — restituendo al lago il suo storico fascino» ha sottolineato Postiglione. Un progetto che è un recupero ambientale e culturale e che coinvolge l’intera comunità di pescatori e artigiani della zona. Ma cosa rende così speciali le cozze del lago di Fusaro? «Questo è un lago di origine vulcanica» mi spiega Fabio Postiglione.
«Siamo all’interno della zona dei Campi Flegrei e dentro al lago ci sono correnti di acqua termale calda che si mescolano all’acqua dolce. In questo habitat unico e speciale i molluschi compiono il loro ciclo produttivo e raggiungono una maturazione organolettica assolutamente perfetta. Ne risulta quindi un prodotto unico, dal profumo delicato e dal sapore fragrante e minerale». A Napoli, capitale eterna del buon mangiare, le cozze del Lago Fusaro sono già tra le più richieste. Non resta che organizzare una gita estiva per andarle ad assaggiare, passando magari prima a far tappa alla Casina Vanvitelliana. Elena Benedetti
Siamo nella zona dei Campi Flegrei, nel golfo di Pozzuoli, nota sin dall’antichità per la sua vivace attività vulcanica. In questo habitat unico e speciale i molluschi compiono il loro ciclo produttivo, raggiungendo una maturazione organolettica perfetta. Ne risulta un prodotto unico, dal profumo delicato e dal sapore fragrante e minerale
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Lo straordinario ecosistema della laguna di Orbetello nei prodotti della Cooperativa pescatori
Cooperativa pescatori di Orbetello: we love cefalo di Riccardo Lagorio
Le improvvise folate fanno schizzare l’acqua della laguna come leggera pioggia e agevolano il falco pescatore nella sua danza del vento. Stringe tra gli artigli il pesce, forse un piccolo cefalo, che porterà alla femmina. Il cefalo di maggiori dimensioni, che qui nella laguna di Orbetello chiamano mazzone, è una delle risorse ittiche più preziose e apprezzate.
«Per varie ragioni» spiega PIERLUIGI PIRO, presidente della Cooperativa Pescatori di Orbetello dal 2008. «Innanzitutto perché dal cefalo otteniamo la bottarga, ma anche il filetto che affumichiamo e vendiamo al pubblico nel nostro spaccio e che serviamo nel ristorante dei pescatori, centro di degustazione dove ogni anno vengono serviti 45.000
coperti. Qui il cefalo è il pesce più amato». La bottarga in particolare viene estratta senza che venga incisa, poi congelata e salata ed infine essiccata in apposite celle di refrigerazione, costantemente rigirata. Se ne ottiene un prodotto dal colore ambra, praticamente trasparente, dovuto alle particolari condizioni di
In passato l’economia di Orbetello si basava sullo sfruttamento della sua laguna e sulla pesca. Oggi questa attività, un tempo tramandata di padre in figlio nelle famiglie dei pescatori, è gestita dalla Cooperativa Pescatori. Le acque della laguna sono ricche di pesce pregiato come spigole, orate, muggini e anguille (photo © ipescatoriorbetello.it).
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I pescatori riuniti nella Cooperativa di Orbetello si dedicano a preservare le tradizioni della pesca lagunare e i suoi prodotti. I più amati? La bottarga e il filetto affumicato di cefalo, l’anguilla sfumata, cioè marinata e affumicata, e il branzino crescita del mazzone e alla specifica lavorazione. Difatti pare che il pesce della laguna goda di caratteristiche del tutto uniche, dovute ad alcuni fattori naturali che influiscono positivamente sul pescato. Sono rari i giorni di burrasca poiché i venti sono smorzati dalle lingue di terra, i tomboli della Giannella e della Feniglia. I tre collegamenti con il mare aperto e la scarsa profondità delle acque garantiscono quindi una salinità della laguna superiore a quella esterna. Inoltre, il pesce entra in laguna da avannotto e, come se abitasse in una grande vasca, si alimenta in un fondale pulito e privo di alghe. Infine, il pesce non subisce alcun tipo di stress e trascorre tutta la vita tra maree e microrganismi che fanno parte naturalmente del suo ambiente. Un ambiente intatto, sottolinea Piro: «Parte della laguna di Ponente è protetta nell’Oasi del WWF della Riserva naturale Laguna di Orbetello di Ponente e del bosco di Patanella. Sull’area insistono anche la Riserva naturale Laguna di Orbetello, in gestione alla Provincia di Grosseto e la Zona di protezione speciale Laguna di Orbetello. Non si deve dimenticare che la laguna è una zona umida di importanza internazionale secondo la Convenzione di Ramsar». In un ambiente così pulito, «anche le orate, altro fiore all’occhiello della pesca lagunare, sono
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In alto: Pierluigi Piro, presidente della Cooperativa Pescatori di Orbetello dal 2008. In basso: tra i prodotti della Cooperativa, la bottarga di cefalo già grattugiata e pronta all’uso e la crema di palamita. La palamita appartiene alla famiglia dei tonni e degli sgombri, ai quali assomiglia nell’aspetto. Il modo migliore per gustarla è sottolio. ben riconoscibili. La caratteristica pigmentazione dipende anche dalla buona alimentazione e questo si traduce in un giallo intenso sul naso e nel color fucsia delle branchie». La cattura avviene tra metà ottobre e gennaio mentre i piccoli gamberi e molluschi, un tempo oggetto di pesca, sono il loro cibo prediletto. Una volta catturato, il pesce viene suddiviso per pezzatura.
L’altra star della laguna è l’anguilla. In verità le anguille sfumate, ovvero affumicate e con il contributo di spezie e peperoncino, è senza dubbio la preparazione più distintiva della cucina locale. «La tradizione della nostra cooperativa nasce proprio con la pesca dell’anguilla nel 1946» chiarisce Piro. «La lunga dominazione spagnola portò con sé l’uso di affumicarla.
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Oggi parte della laguna di Ponente è protetta nell’Oasi del WWF della Riserva naturale Laguna di Orbetello di Ponente e del bosco di Patanella. La laguna è una zona umida di importanza internazionale secondo la Convenzione di Ramsar. In essa nidificano o transitano di passaggio molte specie di uccelli, fra i quali ricordiamo il cavaliere d’Italia, il fenicottero rosa, l’airone bianco maggiore, il falco pescatore, la spatola, l’avocetta, il cormorano e varie specie di anatre (photo © ipescatoriorbetello.it). L’anguilla viene lavata con aceto e spalmata con salsa di pomodoro e peperoncino, infine affumicata per mezzo della combustione di trucioli di faggio dal monte Amiata». Il modo migliore per consumarla? Scaldata in un tegame e servita a piccoli tocchetti con la polenta. Oppure si mangia fritta, appena pescata e a seguito di una veloce marinatura in aceto, rosmarino e salvia. La cooperativa provvede, caso pressoché unico nell’Unione europea, alla semina degli avannotti per mezzo di un piano di ripopolamento stabilito insieme alle autorità preposte. Il periodo di cattura delle anguille è legato alla tradizione e a fattori climatici: infatti le anguille cercano di fuoriuscire a mare con il buio e durante la prima burrasca di novembre. Si fa coincidere questo nel modo di dire che buio e vento del Giorno dei morti apre la pesca alle anguille. La quarta punta di
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diamante della Cooperativa pescatori di Orbetello si nasconde tra le squame del branzino. «Un branzino che, al pari degli altri pesci, possiede caratteristiche esclusive grazie alle condizioni climatiche e naturali dove cresce. Come la polpa soda e saporita poiché i branzini nuotano liberi e cercano il cibo che più aggrada loro» sottolinea il presidente. In questo caso il compito della cooperativa è quello di comunicare la unicità del pescato generato dalle condizioni di allevamento libero nella laguna. Ai 46 soci lavoratori e all’indotto che raggiunge le 100 famiglie non sfugge certo la diversità tra un pesce catturato, tanto per dire, sulle rive del Mekong dove sboccano oltre 200 aree industriali grandi come l’intera Toscana. L’impegno è trasferire questo semplice concetto al mercato. «Con questa consapevolezza si potrebbe forse ridurre la bilancia commerciale negativa del nostro
Paese per quanto riguarda il pesce d’importazione» dice convinto Pierluigi Piro. E questa consapevolezza meriterebbe d’essere senz’altro divulgata. Riccardo Lagorio
Orbetello Pesca Lagunare Società Agricola Via G. Leopardi 9 58015 Orbetello (GR) Telefono: 0564 860288 Web: ipescatoriorbetello.it
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Da BioMar, leader nel settore dei mangimi per l’industria acquicola
Soluzioni per l’acquacoltura del futuro e le nuove necessità dei consumatori di prodotti ittici BIOMAR ha completato le prove sulle farine animali a base di insetti da utilizzare per produrre mangimi destinati all’acquacoltura ritenendole una promettente risorsa proteica alternativa. Ma le farine a base di insetti sono solo uno tra i nuovi ingredienti, come le alghe o le proteine da cellula singola (Single-Cell Proteins o
SCP, ovvero fonti di proteine miste estratte da culture varie di alghe, lieviti, muffe o batteri, NdR), che l’azienda sta attualmente testando. «In BioMar crediamo che queste materie prime possano venire incontro ad alcune delle necessità di mercato emergenti e siamo impazienti di utilizzarle proponendo soluzioni
nutrizionali innovative» ci spiegano dall’azienda. BioMar studia le farine a base di insetti dal 2015 nei suoi centri di Ricerca & Sviluppo e dal 2017 ha iniziato nuovi test con alcuni clienti che hanno alimentato i propri pesci con mangimi contenenti farine di insetto. Questi lotti di pesce sono stati già avviati alla vendita nei
Oggi è essenziale lo sviluppo di mangimi a base di fonti proteiche innovative in grado di esaltare la biodiversità e garantire la sostenibilità delle produzioni terrestri ed acquatiche. Da alcuni anni la FAO promuove gli insetti (o le loro forme larvali) quali fonti proteiche innovative per i mangimi destinati ai monogastrici. Le analisi condotte dimostrano infatti che gli insetti sono una fonte ricca di nutrienti in termini di proteine, grassi, vitamine e sali minerali e dimostrano un elevato livello di accettabilità da parte di pesci e monogastrici terrestri poiché fanno parte della loro dieta naturale. In foto, la comune mosca soldato nera, Hermetia illucens (photo © Gordon Zammit / Alamy Stock Photo).
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L’elevato potenziale di impiego degli insetti deriva dalle loro proprietà nutritive (contengono proteine in elevata quantità e di elevata qualità), dalla ridotta competitività con l’alimentazione umana e, infine, dalla capacità di ridurre l’impatto ambientale, in quanto sono in grado di crescere facilmente su diversi rifiuti organici (photo © CreativeNature.nl). supermercati, tramite strutture commerciali orientate ai cibi naturali. «Ovviamente ogni innovazione ha un costo, ma gli allevatori che per primi si indirizzeranno verso le farina di insetti avranno un forte vantaggio commerciale» ha dichiarato MICHEL AUTIN, direttore tecnico presso la Divisione EMEA. «Le farine di insetti hanno un futuro molto promettente come fonte proteica alternativa nei mangimi per acquacoltura, se il prezzo di questa nuova materia prima riuscirà a mantenersi entro limiti accettabili. Abbiamo ottenuto buoni risultati dalle prove condotte sulla farina ottenuta dalla mosca soldato nera e da altre specie, che ci dimostrano come gli insetti siano una materia prima promettente». Secondo una ricerca condotta dalla D ELOITTE *, attualmente un numero crescente di consumatori, al momento dell’acquisto, cerca “qualcosa di più” oltre al prezzo, al gusto e alla convenienza; in tanti sono alla ricerca di cibi più naturali e con un basso impatto ambientale. BioMar, dal canto suo, ha le capacità di offrire soluzioni innovative nel settore dei prodotti ittici, che potranno venire incontro alle esigenze dei consumatori in cerca di prodotti sani e completamente “naturali”, che siano anche rispettosi dell’ambiente. «Le farine a base di insetti sono solo una delle numerose materie prime innovative nella filiera di BioMar.
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Siamo ideatori di formulazioni e il nostro obiettivo non è solo quello di cambiare gli ingredienti da usare per approntare soluzioni alimentari innovative. Per noi è importante essere in grado di identificare le opportunità e le tendenze del mercato ed essere capaci di trovare la soluzione con la giusta combinazione di ingredienti e di tecnologia» puntualizza Michel Autin. «Le materie prime sono disponibili sul mercato, ma occorrono conoscenza ed esperienza per ideare formulazioni che non solo rispondano alle esigenze del consumatore,
ma che producano anche un pesce sano e con buone performance. In BioMar abbiamo investito tempo e denaro per creare una vasta banca di informazioni e, quando si parla di innovazione, è nostra abitudine collaborare con i nostri clienti». BioMar ha infatti avviato alcuni progetti con clienti che desiderano avvicinarsi alle necessità e alle aspettative dei consumatori. «All’inizio di quest’anno abbiamo visitato alcuni clienti in Francia e le prossime destinazioni saranno i Paesi scandinavi» prosegue Autin. «Sappiamo che gli allevatori di questi Paesi sono in prima linea da questo punto di vista, sono cioè molto attenti ai cambiamenti che provengono direttamente dal mercato dei consumi. Come BioMar siamo fiduciosi che insieme, attraverso un dialogo continuo con loro, saremo in grado di creare soluzioni nutrizionali innovative, soddisfacendo al contempo le nuove necessità degli acquirenti di prodotti ittici e contribuendo a creare un futuro sostenibile dell’acquacoltura stessa». Nota * Fonte: RINGQUIST J., PHILLIPS T., RENNER B., SIDES R., STUART K., BAUM M., FLANNERY J. (2016), Capitalizing on the shifting consumer food value equation, DELOITTE, (US).
BioMar è leader nel settore dei mangimi ad alta performance destinati all’industria dell’acquacoltura. Possiede 14 stabilimenti di produzione e ne sta costruendo altri due. I mangimifici sono in Norvegia, Cile, Danimarca, Scozia, Spagna, Francia, Grecia, Turchia, Cina, Costa Rica, Ecuador ed Australia. Ogni cinque pesci allevati e prodotti in Europa, America meridionale e centrale, uno è alimentato con mangime BioMar. BioMar fornisce mangime in circa 80 Paesi e per oltre 45 specie differenti di pesce. BioMar è interamente del gruppo industriale Danese Schouw & Co., quotato presso il NASDAQ in Copenaghen. >> Link: www.biomar.com
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COLDFISH Srl - Via Case Sparse, 98 - 25080 Manerba del Garda (BS) Italy Tel. +39 0365 654061 - Fax +39 0365 654249 - E-mail: vendite@coldfish.it www.coldfish.it
NEOGOLD, la nuova gamma di mangimi Aquasoja per la fase di pre-ingrasso in acquacoltura
Aquasoja è lieta di annunciare il lancio di NEOGOLD, la nuova gamma di mangimi per la fase di pre-ingrasso in acquacoltura. La linea NEOGOLD è stata adattata dal punto di vista nutrizionale allo stadio di vita giovanile dei pesci. Tutti le formulazioni mangimistiche sono ricche di ingredienti marini di alta qualità, presentano un profilo ben bilanciato di amminoacidi, acidi grassi e micronutrienti.
Inoltre, tutti i prodotti NEOGOLD sono caratterizzati da un mix completo di ingredienti funzionali orientati alla salute ed alla crescita mirati a: • stimolare il sistema immunitario, aiutando i pesci a combattere parassiti e batteri endopatogeni, contribuendo ad un sistema gastrointestinale sano, e ectoparassiti, mantenendo branchie e pelle sana;
• migliorare il metabolismo epatico e la digestione dei grassi, migliorando la funzionalità epatica e la digeribilità; • proteggere le cellule del corpo dallo stress ossidativo. L’approccio olistico di NEOGOLD si traduce in maggiore assunzione di cibo, in migliori prestazioni di crescita e in migliori tassi di sopravvivenza, aumentando in definitiva i profitti degli allevatori.
Aquasoja è un marchio di SORGAL (società del gruppo SOJA DE PORTUGAL). L’azienda è focalizzata dal 1993 sullo sviluppo, produzione e commercializzazione di soluzioni di mangimi integrati per le specie di acquacoltura. >> Link: www.aquasoja.pt
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INFO ALLE IMPRESE
Contributi a fondo perduto
Regione Emilia-Romagna Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014-2020 Bando Misura 5.69 Trasformazione e commercializzazione prodotti ittici È operativo il bando per chiedere un contributo a fondo perduto del 50% per investimenti di trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici da realizzarsi negli anni 20192020 per i seguenti investimenti:
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• costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; • acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc…; • investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, con impianti fotovoltaici; • acquisto di contenitori coibentati posti su camion con assemblato l’impianto frigorifero; • autoveicoli “VAN” dotati di coibentazione e gruppo frigorifero non amovibile dalla motrice; • spese per il miglioramento delle
condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; • acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; • spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc…
Per informazioni FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it.
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Tutti i giorni condividiamo con voi i nostri tesori del mare…
Produzione Depurazione Commercializzazione Molluschi Stabilimento: Via dell’Artigianato, 20 - 44020 Bosco Mesola (Fe) - Tel. 0533.795825 - Fax 0533.795798 - e-mail: mgib@mgib.it
INTERVISTE
Acquacoltura, ricerca, mercato, prospettive e pregiudizi Intervista a Tiago Aires, responsabile tecnico dell’area mangimi composti per acquacoltura in Sorgal, Gruppo Soja de Portugal TIAGO AIRES dal 1999 è responsabile tecnico dell’area mangimi composti per acquacoltura di Sorgal (Gruppo Soja de Portugal), in particolare dello sviluppo del prodotto, della formulazione e del monitoraggio tecnico dei clienti. Il Gruppo Soja de Portugal è attivo sul mercato agroalimentare dal 1943.
bisogni a monte (inaccessibilità di un determinato ingrediente, un problema tecnologico). Dalla base di un’esigenza attuale o di medio/ lungo termine, rispondiamo a tutte le questioni e ai bisogni circostanti con ricerche appropriate, lavorando all’interno della rete di centri di ricerca cui siamo associati».
In che modo la ricerca contribuisce all’emergere di nuovi prodotti? «La ricerca e lo sviluppo sono naturalmente importanti. Per me, la rete di conoscenze che esiste tra Soja de Portugal e i suoi partner (scientifici e industriali) e il modo in cui tale conoscenza è integrata nello sviluppo di nuovi prodotti e concetti è fondamentale. Uno dei problemi che ci troviamo ad affrontare, infatti, è che ogni giorno viene generata una conoscenza che non viene utilizzata per mancanza di una connessione con qualcuno che invece può usarla. Credo che questa visione di rete — il modello di innovazione “aperto” su cui abbiamo basato tutto lo sviluppo dei nostri nuovi prodotti — sia più efficace e consenta a nuovi concetti di raggiungere gli utenti finali più rapidamente».
L’acquacoltura è un settore in crescita di Soja de Portugal, soprattutto verso il mercato estero. Due nuovi prodotti sono stati lanciati nel 2018: Y+ e CROMA. Cosa portano questi prodotti sul mercato? Sono previste altre versioni di prodotti quest’anno? «Stiamo parlando di due prodotti che descriviamo come funzionali. Perché funzionali? Essenzialmente perché sono prodotti che, più che un contributo nutrizionale, contengono
Quando “crei” un nuovo prodotto quali sono i tuoi obiettivi principali? Rimediare a un fallimento del mercato, prevenire le malattie degli animali… «Un nuovo prodotto deriva necessariamente da un’esigenza identificata dai clienti/utenti. E questo concetto si applica a tutta la catena del valore. Possiamo parlare dei bisogni a valle (sanitari, gestionali, commerciali/di marketing) o dei
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ingredienti che supportano nuove funzioni. In questo caso: salute e valore aggiunto. Poiché i prodotti funzionali per la salute non sono una novità sul mercato, il prodotto Y+ è di per sé una novità perché integra concetti familiari con nuove idee e si basa su un approccio ai problemi di salute. Anticipazione e prevenzione devono essere le parole d’ordine della moderna acquacoltura. Tuttavia, questi concetti sono difficili da dimostrare, poiché comportano sempre costi prima dei risultati. CROMA rappresenta un approccio diverso in quanto è un “ornamento” per un prodotto già di alta qualità, che aggiunge valore organolettico, nutrizionale e tecnologico al processo. Un prodotto più attraente, saporito, ricco di sostanze nutritive con una maggiore durata».
Tiago Aires.
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Impianti di allevamento a mare. Quali sono le principali sfide nel settore dell’acquacoltura? «La sfida del settore acquicolo è globale: come soddisfare il crescente fabbisogno di pesce fresco quando i livelli di cattura sono stagnanti e non cresceranno? La risposta può essere solo nell’allevamento e di animali acquatici e nella coltivazione di piante. Il modello deve essere radicalmente diverso da quello di vent’anni fa, quando gli ingredienti marini venivano usati principalmente allo scopo di produrre farina di pesce e olio di pesce. Oggi vengono prodotte più specie ittiche che sono molto diverse l’una dall’altra. L’enorme quantità di proteine necessaria per gli allevamenti animali
dovrà provenire da fonti sostenibili (con un occhio all’economia circolare e alla riduzione degli sprechi). Dovremo trovare fonti alternative di oli essenziali Omega-3 a catena lunga, che si trovano esclusivamente nelle fonti di cibo marino. Le sfide sono enormi, associate a importanti differenze culturali (il consumatore europeo è diverso dal consumatore asiatico) e le strategie dovranno differire da un continente all’altro». Si sostiene che oggi l’acquacoltura sia responsabile della produzione di metà del pesce consumato dalla popolazione mondiale. Tuttavia, i consumatori hanno ancora qualche forma di pregiudizio in favore del pesce
La sfida del settore acquicolo è globale: come soddisfare il crescente fabbisogno di pesce fresco quando i livelli di cattura sono stagnanti e non cresceranno certamente in futuro? La risposta può essere solo nell’allevamento di animali acquatici e nella coltivazione di piante
fresco. Come può essere combattuta questa sfiducia dei consumatori? «È importante combattere questo pregiudizio. Stiamo parlando di due prodotti diversi, con diversi vantaggi e svantaggi. Per quanto riguarda il pesce allevato, il vantaggio più ovvio è la freschezza, la stabilità nutrizionale, la sicurezza alimentare e, se del caso, la sostenibilità. In ogni caso, tutte queste informazioni dovrebbero essere sempre fornite al consumatore. Il fatto che un pesce sia pescato non è di per sé una garanzia di qualità superiore (di nutrizione, freschezza o altro). Ma lo stesso si può dire per i pesci d’allevamento. Ora è possibile sapere cosa ha mangiato quel pesce, dove e come viene allevato, e quando è stato catturato. Tuttavia, la cosa più importante è che il consumatore deve essere “educato” e, in Europa o negli Stati Uniti, questo è un compito enorme e molto complesso».
>> Link: www.aquasoja.pt
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Intervista a Marco Pedroni, presidente di Coop Italia
L’importanza del fattore tempo e la ricerca della regionalità di Sebastiano Corona
La Coop sei tu. Questo lo slogan noto ed efficace che fa sentire ognuno di noi un elemento importante di una struttura — la più dimensionata della distribuzione targata Italia — che fattura oltre 14,5 miliardi di euro (2016) e conta, nello stesso anno, più di 53.600 dipendenti. Di questa azienda incontriamo il più alto rappresentante in carica, MARCO PEDRONI, presidente, dal 2013, della cooperativa più famosa del Belpaese. Il Rapporto Coop da anni fa una fotografia completa e argomentata dell’Italia moderna. Non solo dell’andamento dei mercati nel food e non, ma anche una ricerca approfondita sugli umori, le tendenze, le prospettive sociali di una popolazione le cui scelte di fronte allo scaffale non sono guidate solo dal portafoglio. Il Centro Studi Coop puntualmente mette in evidenza stati d’animo e atteggiamenti, talvolta cogliendo anche aspetti curiosi e interessanti del comportamento dei connazionali, che lasciano intravedere abitudini di consumo e di vita anche per il breve e medio termine. È da qui che partiamo nell’intervistare Pedroni, che subito apre con una vena di pessimismo. È in salute il più grande gruppo della distribuzione moderna in Italia? E come ci si trova ad essere circondati da stranieri? «La Coop è in salute e gli stranieri sono da molti punti di vista in ritirata, ma non solo non godiamo di questo; al contrario, non lo consideriamo affatto un buon segnale o una cosa positiva nemmeno per noi. La verità è che la concorrenza estera sta disinvestendo in Italia perché la
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Marco Pedroni è presidente, dal 2013, della cooperativa più famosa del Belpaese, Coop Italia. situazione non è delle migliori. La Grande Distribuzione Organizzata ha sofferto molto durante la crisi finanziaria e tuttora i consumi non sono tornati del tutto ai livelli di pre-crisi. Gli Italiani non si sentono ancora perfettamente al sicuro. C’è preoccupazione, c’è tensione, ci sono ancora sentimenti di inquietudine che non consentono di spendere con serenità. Stanno soffrendo soprattutto le strutture a superfici più ampie, e in particolare quelle inserite nei centri commerciali. Persino i discount, dopo anni di crescita, registrano un leggero stallo». Ma la gente deve pur mangiare! «La gente deve pur mangiare, ma anche a tavola si può tirare la cinghia. Ed è quello che è successo in questi anni. C’è stata una contrazione complessiva e in generale si è avuto
un bipolarismo dei consumi: da una parte il prodotto di prezzo, preferibilmente acquistato nel discount. È lì che si sono orientati i ceti a basso o bassissimo reddito. Dall’altra un prodotto di qualità medio-alta, proposto da un altro tipo di distributore, prevalentemente rivolto ad una fascia di reddito elevata. Tutto quello che c’era e che tuttora sta in mezzo ha sofferto molto ed è ancora in difficoltà. Poi ci sono stati altri fenomeni interessanti: la crescita importante e inarrestabile del bio; l’incremento del segmento salute; il balzo in avanti dell’etnico, del “senza” e del “ricco di”». Quanto influisce invece il fattore tempo? «Assume un’importanza sempre maggiore. La facilità e la celerità con cui si fa la spesa è sempre più
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A COCOTTE NELLA PRATIC ROONDE IC ADATTA AL M
La campagna sul pesce di allevamento Origine Coop. elemento che condiziona la scelta del punto vendita e quindi anche dell’acquisto specifico. In sostanza si cercano sistemi salvatempo, come app che semplificano il modo di fare il conto o sistemi informatici per evitare la fila alla cassa». Quale altro elemento è importante oggi in fase d’acquisto? «Beh, a proposito di app, il mercato oggi richiede uno sforzo in termini di trasparenza sul prodotto. E noi ci siamo da anni attrezzati per offrire, sui prodotti a nostro marchio, la storia del prodotto, la provenienza della principale materia prima e — sempre tramite lo stesso sistema — ricette e tabella nutrizionale». Quindi il prodotto regionale e quello locale sono particolarmente ricercati dal consumatore? «Assolutamente sì. Il mercato non chiede solo di sapere da dove
viene il prodotto che sta acquistando, ma vuole che sia quanto più possibile vicino al suo territorio di riferimento. Da una parte abbiamo creato delle linee specifiche affinché le produzioni locali siano più facilmente individuabili nei punti vendita. Dall’altra, essendo noi una grande rete su livello nazionale, abbiamo veicolato prodotti di ogni regione ovunque, anche di quelle in cui non siamo presenti con dei punti vendita. Ci sono produzioni importanti che meritano di essere valorizzate lontano dai propri contesti produttivi perché hanno grandi potenzialità e possono contribuire a far sviluppare dei territori». Vale lo stesso principio per la carne? «Nella carne il tema della regionalità è altrettanto sentito, forse anche di più. Sul bovino abbiamo infatti quasi esclusivamente prodotti a nostro marchio e una linea specifica.
Il mercato non chiede solo di sapere da dove viene il prodotto che acquista, ma vuole che sia quanto più possibile vicino al suo territorio di riferimento. Abbiamo creato delle linee specifiche affinché le produzioni locali siano più facilmente individuabili nei punti vendita e abbiamo veicolato prodotti di ogni regione ovunque
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Conoscendo i timori del consumatore in materia di sicurezza alimentare e ben prima dello scandalo cosiddetto “mucca pazza”, avevamo messo in piedi un sistema di tracciabilità completo che tuttora manteniamo. Nel suino la percentuale a marchio Coop è di oltre la metà, ma inferiore a quella del bovino. Entrambi i segmenti, negli ultimi anni, hanno sofferto molto. Stiamo lavorando soprattutto per ampliare l’offerta del prodotto di seconda lavorazione, ad alto valore aggiunto, per rendere più interessante la proposta con anche modalità di consumo e cottura più versatili e veloci. Inoltre, su tutte le carni stiamo facendo uno sforzo importante per garantire un prodotto privo di antibiotici. Nel pollame e nelle uova la garanzia è sul 100% del prodotto. Sui bovini, per gli ultimi mesi di vita dell’animale». Come si vende invece il pesce in GDO? «Nel pesce il tema è quello dell’allevamento e del pescato. I mari sono infatti sempre più sfruttati e depauperati e l’unica alternativa valida è quella dell’allevamento. Il pesce può essere un ottimo prodotto se non proviene da un allevamento intensivo e se si mantiene un certo livello di qualità dei mangimi. Anche in questo caso, quindi, l’esigenza è quella della creazione di filiere controllate. Ci siamo riusciti sinora su 7-8 referenze e continueremo su questa linea, nel tentativo di offrire un prodotto sempre migliore, da ogni punto di vista». Abbiamo iniziato con una vena di pessimismo. Come vogliamo chiudere? «Chiudiamo con una battuta ottimistica: sono positivo per il futuro, non posso fare altrimenti. E in fondo i dati vanno saputi leggere e interpretare. Le medie di periodo, le medie delle vendite, sono sempre espressione di più valori, di cui alcuni molto positivi e alcuni che non lo sono affatto. Le abitudini cambiano, così come le scelte di fronte allo scaffale. Raramente è tutto completamente negativo o tutto completamente positivo. Da lì bisogna partire e guardare al domani con fiducia». Sebastiano Corona
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AMBIENTE
Il loro ruolo di tutela della vita sulla Terra appare sempre più importante. È giunto il momento di proteggerle
Le indispensabili acque profonde di Giulia Mauri
Gli oceani devono essere protetti e gestiti correttamente per poter mantenere la loro ricchezza e biodiversità. Da questi dipende la vita dell’uomo perché gli studi dimostrano il ruolo chiave degli oceani nel ciclo della CO2. Non è quindi una questione — di per sé già importantissima — di risorse alimentari. Non siamo certo all’anno zero, sono numerose le iniziative che mirano a tutelare la vita marina e fra queste c’è la Conferenza Intergovernativa sulla Protezione della Biodiversità sotto la Giurisdizione Nazionale
(ICPBBNJ): un’iniziativa dell’ONU. Immense estensioni oceaniche, infatti, sono classificate come “acque internazionali” e la loro regolamentazione deve essere argomento di discussione in ambito sovranazionale. Lo scopo della Conferenza Intergovernativa è proprio quello di sviluppare uno strumento vincolante legale per consentire la protezione degli habitat e della vita marina nelle acque al di fuori delle giurisdizioni nazionali. Con l’obiettivo di avere l’attenzione della Conferenza Intergover-
nativa, Greenpeace ha reso pubblico uno studio, portato avanti in collaborazione con l’Università di Oxford e l’Università di York sotto la guida del professor CALLUM ROBERTS, che propone di istituire una rete di aree protette nelle acque profonde, nazionali e internazionali. Questa sarà in grado di permettere all’intero sistema degli oceani di mantenersi vitale, recuperare biodiversità e salute e restituire all’uomo grandi benefici economici, sociali e climatici. Il titolo del documento è “30 x 30 A Blueprint For Ocean Protection.
Nello strato più superficiale delle acque profonde, quello illuminato dalla luce del sole, esistono aree in cui le correnti portano i nutrienti in superficie, permettendo lo sviluppo in grande abbondanza di plancton. Esse costituiscono aree di pascolo utili per quelle specie marine che compiono enormi spostamenti nel corso della loro vita e che periodicamente si riuniscono in punti di aggregazione oceanici (photo © Paul Hilton/Greenpeace). 70
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Sempre più si comprende come l’intero pianeta costituisca un enorme unico ecosistema in cui le variazioni di un parametro, dal clima alle forme di vita in un determinato ambiente, comportino ricadute sul tutto. Come possiamo proteggere il 30% dei nostri oceani entro il 2030”, reperibile all’indirizzo web www. greenpeace.org/30x30 Oasi, deserti, piste e autostrade La protezione degli oceani è di fondamentale importanza per il futuro dell’uomo. Quelle che lo studio chiama “acque profonde”, sono acque
che comprendono tutti gli habitat presenti nel loro volume, compreso quello sotto la crosta terrestre del suolo marino. Infatti, nella definizione vengono intese le acque dalla superficie a contatto con l’atmosfera giù sino al corrispondente fondale marino, che spesso raggiunge le centinaia di metri di profondità e talvolta anche le mi-
gliaia. Un volume di acqua immenso. Le acque profonde costituiscono infatti il 61% dell’area degli oceani e ben il 73% del loro volume. Coprono il 43% della superficie della Terra e ospitano il 70% dello spazio abitato da forme viventi del pianeta. Sono essenziali per un funzionamento salutare dell’intero globo terracqueo, soprattutto grazie alla cosiddetta pompa biologica, ben illustrata nel documento pubblicato da Greenpeace e di cui parleremo fra poco. Vi sono zone di mari e oceani particolarmente importanti dal punto di vista biologico: sono aree dello strato più superficiale delle acque profonde — nelle quali la luce del sole riesce a penetrare — in cui le correnti portano i nutrienti in superficie, permettendo lo sviluppo in grande abbondanza di plancton. Queste aree possono interessare zone vaste anche migliaia di chilometri quadrati, sono facilmente individuabili dallo spazio e sono denominate “circuiti oceanici di rifornimento alimentare”. Costituiscono percorsi di alimentazione e aree di pascolo utili per quelle specie marine — elefanti di mare, tonni, aguglie, anguille, squali,
Repentini effetti del clima sulla pesca Sempre più si comprende come l’intero pianeta costituisca un enorme unico ecosistema in cui le variazioni di un parametro — il clima oppure le forme di vita in un determinato ambiente — comportano ricadute sul tutto. Su NATURE CLIMATE CHANGE è stato pubblicato uno studio internazionale, citato recentemente sull’edizione on-line del quotidiano Repubblica (comprende anche un’intervista alla ricercatrice del CNR ALESSANDRA CONVERSI). Questo studio ha affrontato gli effetti del cambiamento climatico sui sistemi marini. L’indagine, alla quale ha partecipato anche l’italiano Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche CNR-ISMAR, è stata guidata dal centro di ricerca francese CNRS e suggerisce che le future variazioni di temperatura avranno effetti sempre più importanti sulla vita marina. Oggi può accadere che in un periodo di tempo relativamente breve — dell’ordine di appena un anno solare — si modifichi l’intera rete trofica di un ecosistema: questo ha impatti anche devastanti sui servizi ecosistemici e sulle collettività che ne usufruiscono; si pensi, ad esempio, agli effetti del Niño. Questi fenomeni repentini — definiti cambi o salti di sistema — sono stati identificati in molti bacini marini, per esempio nel Mare del Nord e anche in Adriatico a fine anni ’80. Studiare gli effetti di questi salti di sistema sulla fauna marina è quindi molto importante, ma fino ad oggi i programmi di monitoraggio delle popolazioni marine hanno coperto in genere solo piccole aree di mari e oceani, solitamente vicino alla costa. Lo studio cui ha partecipato il CNR-ISMAR, invece, ha esteso le analisi a tutto il globo. Per capire e predire i cambiamenti nella biodiversità marina il team scientifico ha progettato un modello numerico globale basato sulla teoria METAL (Macro-Ecological Theory on the Arrangement of Life) sviluppata da GREGORY BEAUGRAND. Usato insieme ai sistemi di monitoraggio esistenti, METAL permette di prevedere i principali cambiamenti biologici in aree più ampie e su periodi di tempo più lunghi. Sarà in grado di rilevare segnali di allarme precoce sui cambi di regime negli ecosistemi marini e di allertare sulle possibili conseguenze su pesca e acquacoltura. Anche la proposta pubblicata da Greenpeace approccia il problema con una visione globale, comprendendo un’analisi di dati provenienti da tutto il pianeta. Questo oggi è possibile grazie all’utilizzo di calcolatori a elevata prestazione e a programmi di calcolo (METAL nel caso pubblicato su NATURE CLIMATE CHANGE e MARXAN in quello di Greenpeace).
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La pressione determinata dalle attività umane, prima fra tutte la pesca incontrollata, ha effetti negativi sulla pompa biologica, sul benessere degli oceani, compromette la capacità delle acque profonde di compiere le mansioni chiave dell’ecosistema che sostiene tutti noi. Problema che verrà esacerbato in futuro a causa del cambiamento climatico. tartarughe, pinguini e albatros, ad esempio — che compiono enormi spostamenti nel corso della loro vita e che periodicamente si riuniscono in punti oceanici di aggregazione e di alta frequentazione. I vecchi balenieri conoscevano già queste aree marine e questo sistema che vede gli oceani come enormi deserti disseminati di oasi e dotati di piste e “autostrade oceaniche”. Dunque queste zone superficiali delle acque profonde vanno gestite con maggiore attenzione da parte dell’uomo. La pompa biologica Sebbene gli spostamenti dei grandi migratori ci appaiano straordinari, in realtà è nelle acque profonde che avviene la più grande migrazione del pianeta. E accade ogni giorno, con il calare delle tenebre, quando un’immensa varietà di creature abbandona la propria posizione e risale anche per centinaia di metri per raggiungere lo strato più superficiale delle acque, nutrirsi di plancton o predare altri animali per poi ridiscendere in
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quelle buie immensità dove la luce del sole non arriva, la pressione è elevatissima e la temperatura è di poco superiore allo zero. Nonostante per noi abitanti della superficie queste condizioni di buio, freddo e alta pressione sembrino proibitive, si presume che il 90% della biomassa marina si nasconda proprio nelle profondità. Il suo viaggio quotidiano costituisce la cosiddetta pompa biologica, che permette di sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera e di trasferirla — forse stabilmente — nelle acque profonde. Si stima
che, in assenza di questo fenomeno, l’anidride carbonica in atmosfera sarebbe ben maggiore, fino al 50% in più di quanto non sia adesso. Di conseguenza, l’effetto serra sarebbe ancora più sviluppato e la Terra molto più calda. La pressione determinata dalle attività umane — prime fra tutte la pesca incontrollata — ha effetti negativi sulla pompa biologica, sul benessere degli oceani, compromette la capacità delle acque profonde di compiere le mansioni chiave dell’ecosistema che sostiene tutti noi. E questo problema verrà esacerbato
Le acque profonde costituiscono il 61% dell’area degli oceani e ben il 73% del loro volume. Costituiscono il 43% della superficie della Terra e ospitano il 70% dello spazio abitato da forme viventi del pianeta. Sono essenziali per un funzionamento salutare dell’intero globo terracqueo, soprattutto grazie alla cosiddetta pompa biologica
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in futuro a causa del cambiamento climatico. Protezione delle acque profonde È un dato di fatto che la vita marina oggi sia sempre più in pericolo: è quindi necessario elaborare una strategia di tutela che ne permetta la salvaguardia e la ricostituzione. Secondo gli studiosi, la costituzione delle aree protette è una risposta efficace. Queste non mancano attualmente, ma interessano acque costiere, territoriali. Data invece l’importanza è necessario tutelare le acque profonde, molto spesso internazionali. La questione è quindi spinosa, l’individuazione di quali aree proteggere deve essere efficace e chiara in modo da poter essere accettata da diversi Paesi. Greenpeace ha commissionato alle università inglesi di Oxford e di York lo studio con cui individuare quali acque profonde tutelare, con l’obiettivo di preservare la pompa biologica marina. Il programma di calcolo utilizzato è quello chiamato MARXAN, perché è
in grado di raccogliere ed elaborare enormi quantità di dati e così individuare con maggior efficacia quali aree destinare a santuari. Tutelare aree con temperature fluttuanti e stabili Nell’elaborazione dei dati con MARXAN, sono stati considerati anche quelli relativi alla temperatura superficiale delle acque profonde. Poiché non si riescono ancora a prevedere con certezza le conseguenze dell’innalzamento delle temperature, la conclusione dello studio ha portato a scegliere di tutelare aree con fenomeni termici differenti. Proteggere le aree marine che da sempre presentano variabilità di temperatura piuttosto elevata permetterà forse di preservare specie adattate a condizioni termiche fluttuanti, in grado di affrontare il surriscaldamento del globo. Mentre proteggere le aree marine con temperature molto stabili dovrebbe garantirci il mantenimento in buone condizioni di zone in cui il cambio
climatico potrebbe essere più lento e i cui ecosistemi potrebbero poter avere a disposizione tempi più lunghi per adattarsi alla nuova realtà. Infatti, oggigiorno i mutamenti che sta subendo il pianeta sono i più rapidi e permeasivi della sua storia e c’è ancora molta incertezza su cosa potrà accadere in futuro nelle singole aree del mondo. Scegliendo di coprire con questo sistema di protezione aree molto diverse fra loro, si accresce la probabilità per le specie e gli ecosistemi di sopravvivere e adattarsi al cambiamento globale. Il tempo a disposizione è poco, differente dai tempi della diplomazia. Ma siamo costretti a muoverci tutti insieme per riuscire ad ottenere risultati efficaci. Il primo passo per prendere decisioni è la consapevolezza della loro necessità e della loro bontà. La proposta di Greenpeace mira a velocizzare queste prese di coscienza e ad attivarci in tempi utili. Perché gli effetti della nostra nonazione sono già sotto gli occhi di tutti. Giulia Mauri
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La connessione fluviale nel bacino del fiume Po e il progetto LIFE CON.FLU.PO. La Regione Lombardia chiude il progetto di cui è orgogliosamente capofila e lo consegna a tutte le comunità ittiche del bacino del PO, consentendone, dopo 60 anni, la libera circolazione La Regione Lombardia ha comunicato la chiusura ufficiale del progetto Restoring connectivity in Po river basin opening migratory route for Acipenser naccarii and 10 fish species in Annex II (CON.FLU. PO. – LIFE11 NAT/IT/188) di cui è capofila. Il progetto, oggi candidato dalla UE all’interno della Rete Natura 2000 come Best Practice Europe,
si è occupato di riaprire l’ultimo insormontabile sbarramento per le comunità ittiche provenienti dal Mare Adriatico in libera monta e smonta fino al lago di Lugano. Una scala di risalita sui due rami del Po Obiettivo principale del progetto è stata la realizzazione di una scala
di risalita presso la Centrale idroelettrica di Isola Serafini (comune di Monticelli d’Ongina, PC), sui due rami del Po, al fine di ripristinare le rotte migratorie della fauna ittica dal mare Adriatico fino al Lago di Lugano, in sinergia con altre opere di deframmentazione già funzionanti. Hanno beneficiato di questo intervento le specie ittiche migratrici, in
Il progetto UE LIFE CON.FLU.PO. ha avuto come obiettivo la costruzione di una scala di risalita (si vedano foto a lato) presso la diga di Isola Serafini nel comune di Monticelli d’Ongina (PC); scala che permette di nuovo ai pesci del fiume di raggiungere il mare e viceversa sui due rami del PO che circondano l’isola. Dal Mare Adriatico al Lago di Lugano l’ultima interruzione, infatti, era proprio la Centrale dell’ENEL Green Power sulla Isola Serafini.
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Il Po ha subito nel corso degli anni forti pressioni antropiche che hanno contribuito a una semplificazione della biodiversità ittiogenica. Di questo intervento hanno beneficiato tutte le specie ittiche migratrici, in particolare quelle in declino proprio a causa della frammentazione fluviale, come gli storioni, che un tempo popolavano il Po con tre specie. particolare quelle in declino proprio a causa della frammentazione fluviale, sbarrata dalla diga di ENEL oggi Green Power, presente dal 1960; si citano gli storioni, che un tempo popolavano il Po con tre specie (Storione ladano, Huso huso, Storione comune, Acipenser sturio, Storione cobice, Acipenser naccarii), e specie eurialine come la cheppia (Alosa fallax) e il cefalo calamita (Liza ramada). La grande biodiversità ittica del Po comprende infatti diverse specie incluse nella Direttiva Habitat e anche molte specie minori d’acqua dolce, che devono necessariamente compiere movimenti migratori per
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completare il loro ciclo vitale. Il passaggio per pesci sul Po ospiterà un sofisticato sistema di monitoraggio in continuo che, oltre a verificarne l’efficienza, potrà essere impiegato per studi specifici sulla fauna ittica, e sarà messo in rete con altre cabine di monitoraggio, offrendo grandi opportunità di ricerca nell’ambito ittiologico ed ecologico. Sarà inoltre dotato di un sistema sperimentale di cattura che consentirà di eliminare i grossi predatori esotici (siluro in particolare) e di prelevare e stabulare temporaneamente per analisi grossi esemplari delle specie a rischio di conservazione.
I numeri della scala per pesci di Isola Serafini Il cantiere della scala per pesci di Isola Serafini (opera inaugurata il 17 marzo 2017) si è protratto per due anni, dal 12/01/2015 al 12/01/2017. Le 24 imprese coinvolte, a vario titolo nell’opera, hanno dispiegato oltre un centinaio di addetti per 460 giorni lavorativi sui 731 a disposizione. Il budget complessivo dell’opera, perfettamente rispettato, ammontava a 4.900.000 euro (budget rispettato interamente senza alcuno sforamento, nei tempi progettuali previsti). L’opera è lunga 645 metri, dei quali: • 65 metri il tratto comune (comprese trappole selettive e cabina di monitoraggio); • 220 metri il tratto verso l’alveo naturale; • 360 metri il tratto verso l’alveo artificiale (di cui circa 40 metri in galleria). Il salto idraulico da riconnettere all’alveo naturale di 9 metri e mezzo è stato diviso in 38 salti da 25 centimetri che generano 37 bacini, mentre il salto idraulico da riconnettere all’alveo artificiale di 11,75 metri è stato diviso in 47 salti pure da 25 centimetri che generano 46 bacini. Sono decisamente impressionanti le dimensioni degli 83 bacini, che permettono anche ai pesci più grossi di queste acque di affrontare il passaggio. Ogni bacino ha una lunghezza interna utile di minimo 4,75 metri, una larghezza interna utile minima di 2,8 metri e una profondità d’acqua di 2,5 metri. Per la realizzazione dell’opera è stato necessario sbancare 32.000 metri cubi di materiale e armare 6.300 metri cubi di calcestruzzo con 340 tonnellate di ferro. Si può quindi parlare di un’eccellenza italiana che ha liberato un’area estesa per più di 75.000 km2.
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CONSUMI
Consumi alimentari, salutismo e praticità d’uso trainano la spesa degli Italiani Il 2018 chiude con una spesa alimentare in modesta crescita sul 2017 (+0,3%). È il bilancio complessivo che emerge dalle elaborazioni ISMEA sui dati NIELSEN relative agli acquisti di alimenti e bevande delle famiglie italiane per l’intero anno appena trascorso. In un contesto di generale
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stagnazione, non mancano tuttavia i comparti che registrano buone performance, come le uova che hanno messo a segno una crescita della spesa pari al 14%, la più elevata tra tutte le referenze monitorate. Grazie alla tracciabilità di filiera e ad una maggiore attenzione verso il
benessere degli animali, le uova sono state negli ultimi anni rivalutate dal punto di vista salutistico, nutrizionale ed etico. La positiva dinamica della spesa, sottolinea l’I SMEA , risente dell’effetto sostituzione del prodotto allevato in gabbia (oramai quasi irreperibile nelle grandi catene
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distributive) con quello, di maggiore qualità e prezzo, allevato a terra, all’aperto o bio. Più nel dettaglio, le uova allevate all’aperto registrano un incremento del 32% per la spesa e del 22% sui volumi, le uova bio un +16% nella spesa e +8% nei volumi, a fronte di una flessione significativa delle uova prodotte in gabbia (rispettivamente –7% e –19 %). Anche per altre categorie merceologiche si rileva l’effetto sostituzione di prodotti maturi con altri, più elaborati e costosi, che meglio interpretano i bisogni del consumatore contemporaneo. Esempi eclatanti sono il latte ad alta digeribilità (+9,4% i volumi e +4,9% la spesa) a fronte di un trend per il latte fresco generico negativo (–1,9%), la pasta integrale (+3,7%), in contrappo-
sizione alla flessione della pasta tradizionale (–1,9%), e i dolcificanti che aumentano del +10% in volume e del 2,6% in valore, a fronte di una diminuzione degli acquisti di zucchero rispettivamente del 6% e del 10%. Allo stesso modo la praticità d’uso e la velocità di preparazione si confermano nel 2018 elementi trainanti degli acquisti, come dimostra il segmento dei cibi pronti con un +10% della spesa nel 2018 e consumi più che duplicati negli ultimi cinque anni. Da segnalare, infine, anche la dinamica molto positiva delle bevande alcoliche, dove spiccano gli incrementi in particolare della spumantistica (+5,4%) e dei vini fermi (+4,6%), in un contesto positivo anche per la birra (+3%) e per le altre bevande alcoliche (+1,4%). Ittico Nel 2018, dopo anni di tenuta dei volumi ed espansione dei valori (era del +5,6% l’incremento della spesa nel 2017) si stabilizza la spesa per gli ittici (–0,1%). Nel dettaglio dei singoli segmenti si può evidenziare un aumento della spesa per quei prodotti a lunga conservabilità (aumenta dell’1,8% la spesa per gli ittici in scatola prevalentemente rappresentati dal tonno e dello 0,8% quella per il pesce congelato), mentre flette dello 0,8% la spesa per il pesce fresco. Facile da preparare Gli Italiani continuano a definirsi sempre più frequentemente interessati e informati sulla salute legata all’alimentazione, ma il tempo per realizzare i pasti in casa resta esiguo e insufficiente; crescono pertanto gli acquisti di prodotti facili e veloci da preparare. In particolare si evidenziano le performance dei “piatti pronti”: +10% nel 2018 rispetto al 2017 (sia in valore che in volume) e una crescita del 112% in cinque anni. (Fonte: Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale – Ismea www.ismea.it, www.ismeamercati.it) Nota Photo © dulsita – stock.adobe.com
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Più salmone e prodotti congelati nel carrello della spesa delle famiglie italiane Il pesce è tra i prodotti alimentari che maggiormente risentono delle oscillazioni del potere d’acquisto delle famiglie. Secondo le elaborazioni dell’ISMEA, dopo la crescita registrata nel 2017, gli acquisti di prodotti ittici in Italia hanno subito un calo di quasi il 2% nel 2018. Ci sono tuttavia delle eccezioni che forniscono indicazioni sull’orientamento dei consumi verso alcuni prodotti ad alto contenuto di servizio e praticità o verso alcune specie, generalmente di importazione, come il salmone, divenute in pochi anni protagoniste delle nostre tavole. I dati del 2018 mostrano infatti un incremento dell’acquisto per il pesce surgelato confezionato, in larga parte filetti e bastoncini di merluzzo e platessa, che registra un incremento del 2,6%, mentre tra il fresco sono poche le specie per le quali si rileva un aumento della domanda (salmone, pesce persico, orate, merluzzi, spada e meno le alici). Tra le conserve, a fronte di un calo per alici e sardine, cresce l’interesse per il salmone. Per effetto di tali cambiamenti, il consumo domestico del fresco rappresenta meno della metà (48%) della domanda complessiva di pesce. La distribuzione moderna si conferma il canale preferito dalle famiglie per l’acquisto di pesce (oltre l’80% nel 2018), a discapito dei punti vendita tradizionali. Complessivamente, sottolinea l’ISMEA, una buona parte del pesce che arriva sulle nostre tavole è di provenienza estera (comunitaria e, in misura lievemente minore, extracomunitaria). L’import, in costante crescita nell’ultimo decennio, ha raggiunto 1,35 milioni di tonnellate nel 2018, generando esborsi complessivi pari a 5,9 miliardi di euro, circa un terzo in più rispetto a inizio decennio (fonte: Ismea, www.ismea.it).
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L’assunzione regolare di pesce e di Omega-3 a lunga catena attenua nel tempo l’aumento di peso associato all’assetto genetico Gli Omega-3 a lunga catena, assunti con il pesce, sono in grado di attenuare, nel tempo, l’aumento ponderale associato all’assetto genetico di uomini e donne caucasici. Lo afferma uno studio (HUANG T. et al., Habitual consumption of long-chain n-3 PUFAs and fish attenuates genetically associated long-term weight gain, Am. J. Clin. Nutr. 2019) che approfondisce in modo mirato quanto già emerso da ricerche precedenti, e cioè che l’assunzione totale degli Omega-3 a lunga catena EPA e DHA (derivati sia dal consumo di pesce che dall’assunzione di integratori) sia in grado di modulare l’associazione tra assetto genetico e variazioni ponderali nel tempo. Rispetto alle analisi precedenti, che si erano concentrate per lo più su singole varianti genetiche, questa ha considerato, invece, la predisposizione genetica all’aumento di peso nel suo complesso, in relazione sia all’apporto complessivo di Omega-3 a lunga catena, sia al consumo di pesce, analizzando i dati relativi a donne e uomini caucasici adulti coinvolti in tre ampi studi di popolazione: 11.330 donne del Nurses’Health Study, 6.254 partecipanti del Women’s Health Initiative e 6.773 uomini dello Health Professionals Follow-Up Study. I dati sono stati raccolti nel corso di monitoraggi ripetuti periodicamente per un lungo periodo di osservazione e i partecipanti sono stati suddivisi in quattro gruppi, secondo la frequenza di assunzione sia di pesce (incluso quello in scatola), sia specificamente di EPA+DHA: meno di una volta alla settimana, 1-4 volte a settimana, 4-6 volte a settimana e una o più volte al giorno. I ricercatori hanno osservato in entrambi i sessi che l’effetto della predisposizione genetica all’aumento di peso negli anni si attenuava all’aumentare dei livelli di consumo di pesce e di Omega-3 a lunga catena. Un rapporto positivo che si manteneva anche considerando i possibili fattori confondenti: sedentarietà e abitudine al fumo, consumo di cibi fritti, bevande zuccherate e alcolici. Questi risultati suggeriscono come lo studio della relazione tra consumo di pesce e di Omega-3 e riduzione del peso non possa prescindere dal patrimonio genetico individuale e, più in generale, sostengono l’opportunità di approfondire le interazioni tra genetica e ambiente, quando si affronta la gestione dei cambiamenti ponderali (photo © lado2016 – stock.adobe.com). Fonte: Nutrition Foundation of Italy www.nutrition-foundation.it
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TENDENZE
Un’alternativa tutta vegetale che in futuro forse sostituirà il tonno rosso
Tonno vegan e il pomodoro diventa “pesce” di Nunzia Manicardi
Mangiare tonno senza uccidere un solo pesce adesso si può. E questo grazie al tonno vegan, che ha un duplice obiettivo: salvaguardare una specie a rischio di estinzione come il tonno e soddisfare il consumatore vegano che al pesce, in ogni caso, non vuole rinunciare. L’iniziativa scientifico-commerciale non si è ancora imposta del tutto, ma è destinata a progredire nell’immediato futuro estendendosi, così com’è nelle intenzioni dei suoi promotori, pure ad altre specie di pesce ugualmente in pericolo. Al momento ha come obiettivo prioritario la salvaguardia del tonno rosso (Thunnus thynnus, detto anche “pinna blu”) che è l’animale simbolo del nostro Mediterraneo e anche dell’Oceano Atlantico, ma i cui quantitativi si sono drammaticamente ridotti negli ultimi anni a causa della pesca intensiva scatenata dall’accresciuto interesse commerciale che, per quanto riguarda il Giappone, è potenziato dalla diffusione a livello mondiale del sushi, tipica preparazione gastronomica nazionale ormai presente nella comune ristorazione di tutti i continenti. Tanto presente che, nell’area atlantica, il numero dei tonni rossi, la specie più pregiata della categoria, si è ridotto addirittura del 90%. In realtà, delle otto specie di tonno esistenti nei mari di tutto il mondo sono ben cinque quelle a rischio di estinzione, o comunque fortemente minacciate, così come risulta nella red list dell’Unione mondiale per la Conservazione della natura (IUCN – International Union for Conservation of Nature) stilata
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Sushi con tonno vegan Ahimi dell’azienda statunitense Ocean Hugger Foods. Il prodotto è composto esclusivamente da pomodoro, salsa di soia, olio di sesamo, zucchero e acqua. nell’ormai lontano 2011 e a cui hanno fatto seguito altri allarmi, purtroppo non ancora adeguatamente ascoltati. Oltre al tonno rosso (Thunnus maccoyii) “seriamente minacciato”, le altre specie a rischio censite sono: thynnus, “in pericolo”; obesus, “vulnerabile”; albacares (il “pinna gialla”), “molto vicino ad essere seriamente minacciato”; albacore, “molto vicino ad essere seriamente minacciato”.
Come spiegano gli autori dello studio, gran parte delle specie pescate per il consumo umano è in condizioni critiche. Il ciclo produttivo non permette, infatti, ai nuovi nati di sostituire il pesce che finisce sulle nostre tavole. Inoltre, gli esemplari della famiglia degli Scombridae sono ai vertici della catena alimentare marina, il che vuol dire che, se il loro numero cala, è tutto l’ecosistema marino a risentirne.
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A fare da promotore in Italia all’arrivo del tonno vegano è stato il master internazionale di II livello Food International Program, organizzato in collaborazione tra l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il Future Food Institute di Bologna e il californiano Institute For The Future di Palo Alto, master nel cui ambito, lo scorso ottobre, è stato presentato a Roma, presso la Maker Faire Rome, il “tonno” ricavato completamente da verdure. Il nome del primo tonno vegan presente sul mercato è Ahimi. È privo di qualsiasi ingrediente proveniente da animali poiché è composto esclusivamente da pomodoro, salsa di soia, olio di sesamo, zucchero e acqua. Il suo bel colore rosso vivace, del tutto simile a quello del tonno naturale, è dovuto alla presenza della varietà di pomodoro conosciuta come “Roma” che, proveniente dal Messico, è commercializzata anche in Italia. Gli altri ingredienti richiamano la cucina orientale e giapponese, in quanto il tonno vegan crea di fatto una ricetta che vuole rifarsi principalmente al sushi, e anche al sashimi, per arrivare a sostituirli. L’azienda produttrice, fondata da JAMES CORWELL, che è anche l’inventore del tonno vegan, è la Ocean Hugger Foods (oceanhuggerfoods. com). “Il pesce è fantastico, la sua estinzione no!” è il motto di Corwell,
ex masterchef statunitense, selezionato dal New Orleans Magazine come uno dei migliori innovatori in cucina nel 2010. L’idea, una vera e propria illuminazione, gli sarebbe venuta proprio frequentando per lavoro il Tsukiji Fish Market di Tokyo, uno dei più grandi mercati ittici del mondo, con un fatturato giornaliero di circa 12,6 milioni di euro, dove sarebbe rimasto impressionato dall’enorme quantità di pesce smerciato quotidianamente. Qui, protagonista assoluto è proprio il tonno, una vera miniera d’oro. Basti pensare che lo scorso gennaio (nella nuova sede del mercato, nella baia) è stato battuto all’asta un esemplare gigantesco di 278 kg alla strabiliante cifra di 3,1 milioni di dollari statunitensi! «Sappiamo bene che il tonno è in via di estinzione» ha dichiarato BENZAQUEN, AD della Ocean Hugger Food. «Ci sono studi allarmanti sulla scomparsa del tonno e di altre specie marine diffusi anche sul NEW YORK TIMES e sul NATIONAL GEOGRAPHIC. Pare che, nel 2048, non resterà più nulla da vendere che provenga dal mare». Ecco allora Ahimi, che, come ha puntualizzato Benzaquen, è «un prodotto versatile, ideale non solo per il sushi, ma anche per realizzare ricette diverse come il piatto sudamericano ceviche, insalate fredde, zuppe o tartare». L’idea di Corwell sarà presto applicata anche ad altri prodotti ittici.
In particolare sono in preparazione alcune varietà vegan del salmone e dell’anguilla. Gli ingredienti base dovrebbero essere carota e melanzana, che richiamano i colori dei rispettivi pesci. Per il momento il tonno vegan è disponibile solo negli Stati Uniti e in Canada, ma sta già sbarcando in Gran Bretagna con il nome di Tuno, termine che deriva dall’inglese no tuna, che significa “niente tonno”. In questo caso si tratta però di un prodotto concorrente, del brand di prodotti vegetali Loma Linda dell’Atlantic Natural Foods, un’azienda che già da molto tempo promuove gli alimenti ricchi di proteine vegetali. Il prodotto sarà disponibile in due differenti versioni: in scatoletta da 5 e 13 once (rispettivamente circa 150 e 350 grammi), oppure in busta. Le scatolette sono declinate in tre gusti: Spring Water, Lemon Pepper e Sriracha, mentre le bustine sono aroma Lemon Pepper, Thai Sweet Chili e Sesame Ginger. Il tonno vegano di Loma Linda non contempla però il pomodoro, bensì un mix a base di acqua, farina di soia non OGM, estratto di lievito, maltodestrine, aromi naturali, olio di semi di girasole, sale, cloruro di potassio. E in Italia? Prima o poi, con o senza pomodoro, il tonno vegan è destinato ad arrivare anche da noi. Lo aspettiamo con curiosità. Nunzia Manicardi
SPECIALE BRUXELLES
Seafood Expo Global, il mondo dellâ&#x20AC;&#x2122;ittico a Bruxelles I professionisti del settore del pesce si sono ritrovati a Bruxelles per il piĂš grande evento di commercio mondiale dei prodotti ittici di Elena Benedetti
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Scarpe comode, anzi, comodissime, la app della manifestazione fieristica a portata di smartphone per cercare velocemente espositori ed eventi, biglietti da visita in tasca, block notes e macchina fotografica… pronti e via. La tre-giornate dell’ittico mondiale quest’anno ha avuto luogo a maggio, per la precisione dal 7 al 9, in quasi concomitanza con Tuttofood di Milano e con IFFA a Francoforte. Dopo pochi minuti dall’apertura degli ingressi, migliaia di professionisti dell’industria del pesce hanno iniziato a fluire all’interno dei tanti padiglioni che hanno composto la 27a edizione di Seafood Expo Global / Seafood Processing Global all’Expo di Bruxelles. Buyer e fornitori provenienti da tutto il mondo si sono incontrati per tre giorni di networking e opportunità di business. Parecchie le novità di quest’anno, a partire dallo spazio espositivo che si è ampliato notevolmente, rendendo questa edizione la più grande sin dal suo inizio: la fiera si è
infatti estesa al padiglione 3 con aree dedicate alla lavorazione del pesce, mentre la parallela Seafood Processing Global, dedicata alle attrezzature e tecnologie, è stata dislocata nelle Hall 3 e 4, e i padiglioni 5, 6, 7, 8, 9 e 11 dedicati al prodotto seafood. Qualche numero 2.007 le aziende espositrici (61 aziende in più rispetto al 2018) provenienti da 88 Paesi giunti a Bruxelles per presentare nuovi prodotti, servizi, apparecchiature di lavorazione e imballaggio inerenti il dinamico settore dell’ittico. L’evento ha coperto 40.559 m2 netti di spazio espositivo, superando il record dello scorso anno. «Siamo entusiasti di poter ammirare questa crescita sana dell’evento nel corso degli anni. È un segnale che le aziende traggono valore nei business meeting faccia a faccia e considerano la fiera un’opportunità per mantenere relazioni commerciali, svilupparne di nuove ed espandere la propria attività in nuovi mercati» ha affermato WYNTER
COURMONT, event director di Diversified Communications, organizzatore di Seafood Expo Global e Seafood Processing Global. La nuova rappresentanza di nazioni presenti quest’anno ha incluso Angola, Groenlandia, Guyana, Honduras, Costa d’Avorio, Arabia Saudita, Madagascar, Mozambico, Isole Salomone, Swaziland, Tanzania e Uganda. Erano 74 i padiglioni nazionali e regionali, compresi i nuovi padiglioni della Corea del Sud e di Taiwan. I visitatori I buyer di prodotti ittici che hanno partecipato a Seafood Expo Global / Seafood Processing Global comprendevano titolari di attività commerciali, responsabili acquisti, direttori di categoria, buyer di private label e di attrezzature e imballaggi di ristoranti, supermercati, hotel, servizi di catering, importatori, distributori e mercati del pesce. I buyer internazionali di grandi volumi presenziano abitualmente all’evento per incon-
Seafood Expo Global e Seafood Processing Global costituiscono il più grande evento mondiale per l’industria del commercio di prodotti ittici. Migliaia di buyer e fornitori di tutto il mondo partecipano ogni anno alla manifestazione fieristica che occupa tre giornate a Bruxelles, in Belgio (photo © seafoodexpo.com).
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Il padiglione Italia vetrina per l’offerta del comparto tra prodotti, innovazione tecnologica e sostenibilità Nel padiglione italiano del MIPAAFT al Seafood Expo Global di Bruxelles erano presenti una cinquantina di aziende provenienti da 12 regioni in rappresentanza di una realtà produttiva che si fa riconoscere, anche a livello internazionale, come sinonimo di freschezza, qualità e sicurezza. «Il comparto ittico è più vivo che mai — ha detto il ministro Centinaio — e, oltre a rappresentare un’importante eredità culturale e produttiva della storia del nostro Paese, sta dimostrando di saper rispondere bene ai rapidi cambiamenti, anche a livello normativo, che interessano il mercato di riferimento». Prodotti, nuove tecnologie, confezionamento, fornitura di servizi e logistica: dalla produzione al retail, gli oltre 50 espositori italiani hanno presentato la propria offerta, sviluppato nuove opportunità commerciali e raccontato il futuro del settore, che insieme all’innovazione e agli alti standard qualitativi vuole garantire sempre di più anche attenzione all’ambiente. «La sostenibilità, intesa anche come tutela del mare e degli ecosistemi, nonché dei lavoratori, della filiera e dei processi, è al centro dei nuovi provvedimenti messi in campo per valorizzare il prodotto ittico: un approccio che allontana tutto ciò che è contaminato, prevedendo la linea dura contro i prodotti contraffatti e controlli sempre più stringenti circa la qualità, a tutela del mercato e dei consumatori» hanno sottolineato dal MIPAAFT (in foto, un momento di showcooking nell’area dedicata agli eventi del padiglione italiano, vetrina dei prodotti, dell’innovazione tecnologica e della sostenibilità del comparto ittico del Belpaese).
trare fornitori, vedere nuovi prodotti e intercettare le tendenze del settore. Tra le aziende che quest’anno hanno “fatto business” durante l’evento ricordiamo AHOLD DELHAIZE, ALDI, ASDA, AUCHAN, BIDFOOD, BRAKES, CARNIVAL, CARREFOUR, COLRUYT GROUP, COOP, COMPASS GROUP, COSTCO, EDEKA, EROSKI, ESSELUNGA, FOODBUY, GROUPE CASINO, JERONIMO MARTINS, JETRO RESTAURANT DEPOT, JUMBO, LIDL, LULU GROUP, MARKS & SPENCER, MERCADONA, METRO, MIGROS, MONOPRIX, REAL GMBH, REWE, SAINSBURY’S, SODEXO, SONAEMC, SYSCO, TARGET, TESCO, TRANSGOURMET, UNICOOP, WAITROSE, WHITBREAD, WHOLE FOODS MARKET, WOOLWORTHS e molti altri. Voce alle tecnologie Seafood Processing Global, che si svolge parallelamente a Seafood Expo Global, ha offerto ai visitatori un focus sulle innovazioni e le tecnologie in materia di lavorazione del pesce, compresi materiali e attrezza-
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ture per imballaggio, attrezzature e forniture per la refrigerazione e il congelamento, attrezzature per il trattamento primario, apparecchiature per il trattamento secondario, controllo igienico-sanitario, servizi di controllo qualità, trasporti e logistica. Seafood Excellence Global Awards VICIUNAI GROUP OF BELGIUM e KINGFISH ZEELAND BV dei Paesi Bassi hanno vinto i primi premi nel 2019 Seafood Excellence Global awards. I vincitori sono stati selezionati tra 37 finalisti. • Il premio assegnato per il Best Retail Product è stato conferito a Viciunai Group per il Surimi Noodles Wok Style, un convenient meal in box, perfetto per il pranzo, con surimi, verdure cinesi e salsa coreana. I noodles sono prodotti con il pesce: pollock dell’Alaska certificato da Marine Stewardship Council (MSC), merlano del Pacifico o surimi di hoki. Oltre ad apprezzarne il
gusto e sapore, i giudici l’hanno ritenuto un prodotto in linea con i trend del momento che richiedono cibi ad alto contenuto proteico e a basso contenuto di carboidrati e glutine, con origine e sostenibilità certificate. • Kingfish Zeeland BV ha vinto il primo premio per il miglior prodotto HO.RE.CA. con la sua Yellowtail (Seriola quinqueradiata), la ricciola olandese. Conosciuta anche come hiramasa o kingfish, la ricciola di Kingfish Zeeland BV è allevata attraverso un sistema di acquacoltura a ricircolo (RAS) senza antibiotici ed è certificata sia dal Aquaculture Stewardship Council (ASC) che da Best Aquaculture Practices (BAP). Il prodotto premium può essere servito crudo (sashimi e sushi), alla griglia o affumicato come alternativa sostenibile al tonno e al pesce spada. I giudici ne hanno particolarmente apprezzato il sapore ricco e l’alta qualità.
IL PESCE, 3/19
Focus sui prodotti presentati in fiera Numerose le proposte presentate dalle aziende espositrici, che hanno scelto il palcoscenico di Bruxelles per lanciare linee di prodotto e sottolineare i plus commerciali delle proprie marche. Ricordiamo i prodotti di CAVIAR IMPORT, le linee di antibiotic free di ROSSI MARE, lâ&#x20AC;&#x2122;offerta di NIREUS e la nuova linea di insalate di mare LA PESCHERIA DI MEDUSA.
IL PESCE, 3/19
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Il Gruppo Rossi – Salmontrutta di Castelraimondo (MC), presente a Seafood Expo 2019 col marchio Rossi Mare e un’ampia offerta di orate e branzini d’allevamento, certificati e tracciati in ogni singola fase del processo di lavorazione. Da sinistra, Roberto e Niccola Rossi, Alessandra Roncarati, Rodolfo Rossi e Fabio Aquila.
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IL PESCE, 3/19
1) Lo staff al completo della Luciano Cocci di Coriano (RN), specializzata in sistemi e tecnologie innovative per l’industria alimentare. Da sinistra, Pier Alberto Patacchiola, Danilo Cocci, Giacomo Cocci, Emanuele Dini, Alfredo Pasquinelli, Julio Suarez e Jorge Fajardo. 2) Renzo Zanini e Giampietro Visentin di Caviar Import di Scorzè (VE), leader nell’importazione diretta di caviale iraniano in Italia, presentato a Bruxelles. 3) Massimiliano Chiesa di Coldfish, azienda di Malerba del Garda (BS) specializzata nella commercializzazione di prodotti ittici freschi, refrigerati e surgelati. 4) La ricca offerta di prodotti esposti nello spazio del Consorzio Pescatori di Goro. 5) L’Irlanda è tra i paesi leader a livello mondiale nella produzione di prodotti ittici anche biologici e nella gestione responsabile delle risorse marine. Nella foto lo spazio di Bord Bia che ha ospitato numerose aziende irlandesi specializzate nel seafood.
IL PESCE, 3/19
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1) Lo spazio espositivo del Gruppo Delanchy, specializzato nei trasporti e nella logistica refrigerata del seafood. 2) Frank Kallen di CSB-System, azienda leader nelle soluzioni informatiche dei processi aziendali anche per il settore ittico. 3) Foto di gruppo per Eurofish Napoli, azienda leader nel commercio allâ&#x20AC;&#x2122;ingrosso di prodotti della pesca freschi. Da sinistra, Franco Pomponio, Valentina Criscuolo, Celeste Avolio, Pietro Avolio, Alessandro Buonocore, Nicola Napolano. In piedi da sinistra Marco Ruggiero e Antonio Maraucci.
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IL PESCE, 3/19
APRITI MARE .
La Fiera del Mare in Italy.
SEALOGY® sbarca al Seafood di Bruxelles Al Padiglione “Casa Italia” del MIPAAFT la presentazione ufficiale della nuova Fiera dedicata all’universo mare, in programma in Italia a Ferrara nel mese di marzo 2020. Tra le varie iniziative presentate dalla Regione Emilia-Romagna al Seafood Expo Global, la fiera mondiale dei prodotti del mare svoltasi a Bruxelles, vi è stata la presentazione ufficiale di SEALOGY®, l’evento Patrocinato dalla Regione EmiliaRomagna e dedicato alla Blue Economy, in programma a Ferrara dal 6 all’8 marzo 2020. SEALOGY® è un grande evento dedicato al mare, all’interno del quale il seafood è il principale protagonista, rappresentato dall’intera filiera ittica nazionale, con particolare riferimento a molluschi e frutti di mare provenienti dall’area geografica ospitante l’evento: il Medio e Alto Adriatico.
promuovere e valorizzare le innovazioni e le eccellenze settoriali, nonché divulgare tendenze, usi e costumi in continua evoluzione. Completeranno l’evento un ricco programma di convegni, seminari e workshop su temi tecnologici, ambientali, alimentari e produttivi e meeting istituzionali transnazionali promossi dagli stakeholders. SEALOGY® non parlerà solo agli addetti al settore, ma sarà aperta anche al grande pubblico, con una specifica giornata dedicata a consumatori e appassionati del mare, con attività esperienziali di intrattenimento, laboratori, educational tour, showcooking, guidati da un unico motore: l’universo blu.
Al Padiglione “Casa Italia”, del Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari Forestali e del Turismo, Alessandra Atti e Massimo Bellavista di Ferrara Fiere, unitamente a Piergiorgio Vasi del Servizio Economia Ittica Regionale, hanno illustrato le caratteristiche dell’evento SEALOGY®, punto di incontro per i vari settori che costituiscono i pilastri fondamentali della Blue Economy: pesca e acquacoltura, biotecnologie marine, turismo costiero e marittimo, energie rinnovabili marine, trasporti marittimi, cantieristica e attività offshore. Cosa trovare a SEALOGY®? Oltre alle classiche attività fieristiche, che vedranno la partecipazione di espositori internazionali di tutte le categorie merceologiche, troveranno spazio una moltitudine di iniziative e attività collaterali volte a
Il Sottosegretario di Stato On. Franco Manzato, in visita al Padiglione Italia, si è complimentato per la nuova manifestazione fieristica italiana ed è stato invitato all’inaugurazione di SEALOGY®.
1) Marco e Giacomo Fabbri della FABO S.I. di Massa Lombarda (RA), società specializzata in finanziamenti a fondo perduto per i settori ittico e agroalimentare, con Aldo Di Mola, dirigente del Servizio FEAMP Regione Puglia e Claudio Redolfi, direttore amministrativo FLAG GAC Chioggia Delta del Po. 2) L’esposizione di prodotti nello spazio della Giò Mare di Cesenatico, azienda leader nel commercio di prodotti ittici freschi nazionali e di prodotti importati da tutti i paesi Europei ed extra UE. 3) Sempre affollato di visitatori e clienti lo spazio della turca Kiliç Seafoods Co. 4) Davide Capelli de L’Acquaviva di Porto Viro (RO) che si occupa della commercializzazione di molluschi bivalvi eduli, in particolare vongole veraci e cozze allevate nelle lagune del Parco del Delta tra cui le produzioni provenienti dalla Sacca degli Scardovari. 5) Foto di gruppo nello spazio della Mitos di Triggiano (BA) con Nicola, Giovanni e Annamaria Dituri insieme ad Alina Monti. 6) Giovanni Bacchini, sales manager Italia del Gruppo Nireus Aquaculture, leader nell’allevamento ittico nel Mediterraneo.
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1) Luigi Savino, titolare della sua SDV Srl, Specialisti del Vivo, Rimini, azienda specializzata nell’importazione e commercializzazione di crostacei vivi e prodotti ittici, qui in foto con Milena Grande. 2) Nello spazio di Cromaris, azienda leader nella maricoltura in Croazia e nell’Alto Adriatico, Enrico Fabbrocini e Francesca Abbruzzese. 3) Rivamar di Taglio di Po (RO), specialista nella congelazione e surgelazione del pesce e leader nella lavorazione di molluschi e crostacei, a Bruxelles ha presentato un nuovo progetto: Realmar, una realtà produttiva focalizzata sui prodotti freschi di alta qualità. Il concetto alla base è semplice: dare al consumatore finale la possibilità di poter servire ottimi piatti a base di pesci, molluschi e crostacei in pochi istanti. I prodotti sono infatti già precotti, porzionati e tagliati. Oltre a Rivamar, Realmar si è arricchita anche di un altro partner di primordine: Gruppo Del Pesce, da anni leader nell’allevamento di orate e branzini che rispettano la filiera Italiana. Nella foto, da sinistra, Marco Scarpa, Riccardo Mazzanti, Claudia Pimpinella, Gianni Scarpa, Salvatore Uttaro e Luca Scarpa.
IL PESCE, 3/19
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1) I prodotti dell’O.P. Pescatori del Polesine di Scardovari-Rovigo con la Dop Cozza di Scardovari. 2) Presso lo stand di Erede Rossi Silvio, Roberto Rossi con Giuseppe Lepore della Lepore Mare di Fasano (BR). 3) Arianna Melone e Orazio Albano di Marevivo di Castro (LE). 4) Roberto Casali, titolare Ecopesce-Economia del mare, a Bruxelles ha presentato il suo progetto che ha alla base il recupero e il valore del lavoro del pescatore. Nell’ottica dell’economia circolare e del ricircolo, la società con sede a Cesenatico lavora tutte le parti del pesce dell’Adriatico, anche delle specie ittiche non di tendenza, e le trasforma in filetti, polpe di pesce e sughi.
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IL PESCE, 3/19
1/2) Le tecnologie di Bettcher Industries Inc. ideali anche per la lavorazione del pesce e quelle della Marel, leader nelle soluzioni innovative per la trasformazione di carne e ittico, presenti a Seafood Processing Global. 3) Salvatore Bruno, Stefano Maria Caianiello, Fabio Postiglione e Biagio Cacciapuoti del centro di depurazione Irsvem del Gruppo Eurofish. 4) La seafood salad coi legumi del brand Medusa, prodotta dalla bolognese Cesare Regnoli & Figlio, azienda di riferimento nel mercato delle specialità gastronomiche a base pesce, è uno dei prodotti finalisti del Seafood Excellence Global 2019. Nei tre giorni di fiera lo spazio di Medusa è stato affollatissimo di clienti e visitatori. Premi speciali • GLOBEXPLORE - ALGAE OF FRANCE ha ricevuto il premio speciale Seafood Excellence Global Health & Nutrition per il suo Guacamole con spirulina fresca. Gli elevati livelli di vitamina B12, ferro e proteine presenti in modo naturale nella spirulina sono preservati trattando il prodotto utilizzando il trattamento ad alta pressione (HPP). La spirulina garantisce un ricco sapore di umami al prodotto: pronto al consumo, si presenta di un bellissimo colore verde naturale. • Il premio speciale per la categoria Convenience è stato conferito alla malese GOLDEN FRESH SDN
IL PESCE, 3/19
BHD per il suo gambero in salsa di cocco Hor Mok Thai. I gamberi e la salsa sono confezionati in sacchetti singoli che possono essere rapidamente scaldati a microonde senza scongelamento e serviti con zero rifiuti. Il prodotto consente a qualsiasi attività di ristorazione di servire sapori tailandesi autentici con poco sforzo. • La scozzese ST. JAMES SMOKEHOUSE ha ricevuto il premio speciale per il packaging al dettaglio del suo SAINT PURE SALMON, salmone atlantico certificato da Aquaculture Stewardship Council (ASC) trattato con sale marino e zucchero di canna, e affumicato su legno di arancio e pompelmo
della Florida. Per una maggiore praticità il prodotto viene affettato verticalmente in stile sashimi. Prossimo appuntamento: Ci si vede di nuovo tutti a Bruxelles dal 21 al 23 aprile 2020.
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1) Lo spazio espositivo di Noriberica, azienda leader nella produzione e commercializzazione di prodotti surgelati della pesca e dellâ&#x20AC;&#x2122;acquacoltura. 2) Affollatissima la demo di taglio del maestro di sushi nello spazio del Giappone. 3) Da sinistra Piergiorgio Vasi della Direzione Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Emilia-Romagna, Claudio Redolfi, direttore amministrativo del FLAG GAC Chioggia Delta del Po e Giovanni Maria Guarneri, responsabile della Programmazione e gestione degli interventi comunitari per la Pesca nella Regione Toscana. 4) Claudio Sanguin, consulente Fiorital. 5) Foto di rito presso lo spazio dellâ&#x20AC;&#x2122;Adriatic Sea International di San Clemente (RN). Da sinistra Javier Perez di Tecnosea Spagna, Marco Mazzoli e Barbara Tanfani di Adriatic Sea International, Valerio Sapucci e Claudio Mancini di Seafood Technology Equipment, lo chef Lucio Mele e Luigi Capuano di Seafood Technology Equipment.
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IL PESCE, 3/19
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INDAGINI
Tonno, una risorsa da difendere Il 2 maggio è stata la Giornata Mondiale del Tonno: una risorsa ittica da difendere con una gestione sostenibile. Il tonno in scatola oggi guida la produzione delle conserve ittiche e l’Italia è il secondo mercato europeo Molti paesi dipendono dalle risorse di tonno per l’approvvigionamento di cibo e per la nutrizione, per lo sviluppo economico, per l’occupazione e per la cultura, ed è necessario difendere e salvaguardare la gestione sostenibile degli stock ittici. Questo è l’obiettivo della Giornata Mondiale del Tonno (2 maggio), designata nel 2016 dalla Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per invitare tutti gli Stati Membri, le organizzazioni del sistema delle
Nazioni Unite, altre organizzazioni internazionali e regionali e la società civile, incluse le organizzazioni non governative, ad aumentare la consapevolezza del valore del tonno per la nutrizione, lo sviluppo, l’occupazione, le entrate economiche, i mezzi di sostentamento, la cultura e la ricreazione, e riconoscere l’importanza della gestione sostenibile di questa pesca, per adempiere all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.
Qualche numero Ad oggi più di 80 stati praticano la pesca del tonno e la sua portata continua a crescere. Il primo prodotto a guidare la produzione delle conserve ittiche è il tonno in scatola, un mercato che, solo in Italia, ha un valore di circa 1,3 miliardi di euro (2018), come confermano i dati dell’ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare), con una produzione nazionale di 74.000 tonnellate e un consumo di
È tornata anche quest’anno, precisamente il 2 maggio scorso, la ricorrenza mondiale designata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per celebrare il ruolo del tonno nella nutrizione mondiale e sottolineare la necessità di una gestione sostenibile della sua pesca. Numerosi sono i progetti e le certificazioni dell’industria ittica a sostegno della tutela e protezione della biodiversità marina, in linea con gli obiettivi della FAO e dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (photo © Natasha Breen – stock.adobe.com).
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IL PESCE, 3/19
MILANO, VIA SOLARI 12
la scatoletta d’acciaio e il vetro, in linea con le tendenze di riciclo delle confezioni». Indagine Doxa/ANCIT Un’indagine commissionata Doxa/ ANCIT ha fotografato il vissuto e la conoscenza degli italiani rispetto al tonno in scatola. Scopriamo che questo alimento piace soprattutto agli under 25 e alle famiglie dove ci sono bambini, soprattutto perché è versatile, facile e veloce da preparare. Ma anche in virtù dei suoi valori nutrizionali. E tra gli italiani che praticano sport (circa il 50% del campione analizzato) 7 su 10 lo inseriscono nella “Top 5” degli alimenti a cui non saprebbero rinunciare (insieme a carni bianche, legumi, yogurt e bresaola).
A guidare la produzione di tonno è il prodotto in scatola, un comparto che solo in Italia ha un valore di circa 1,3 miliardi con un consumo di 153.000 tonnellate (dati 2018 ANCIT; photo © bigacis – stock.adobe.com). 153.251 tonnellate pari a circa 2,5 kg pro capite, per un settore che conta circa 1.500 addetti. Il comparto del tonno in scatola si conferma come uno dei più virtuosi dell’industria alimentare italiana, posizionando il nostro Paese al secondo posto in Europa, dopo la Spagna. E sul fronte export sono oltre 24.000 le tonnellate di tonno in scatola italiano destinate ai mercati prevalentemente europei ma anche extraeuropei. Per salvaguardare la sostenibilità, i protagonisti dell’industria ittica hanno avviato negli ultimi anni importanti progetti, con la creazione di iniziative e certificazioni ad hoc, finalizzate alla conservazione e alla tutela dell’ecosistema marino e della biodiversità, alla difesa dell’equilibrio tra le risorse e l’attività di pesca, assicurando il naturale rinnovamento, evitando il sovrasfruttamento, la pesca illegale e accidentale. E nel corso dell’ultima Assemblea Generale delle Associazioni europee dei trasformatori ed importatori di pesce (AIPCE-CEP), in collaborazione con la FAO, i protagonisti della
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filiera hanno condiviso l’esigenza di cooperare per la protezione della vita sottacqua in maniera sostenibile e innovativa, anche per garantire a lungo termine l’approvvigionamento adeguato di materia prima. «In Italia, il mercato delle conserve ittiche è un riferimento per tutto il settore» afferma SIMONE LEGNANI, presidente di ANCIT. «I consumatori totali di tonno in scatola sono il 94% della popolazione e quasi un italiano su due (43%) lo mangia ogni settimana, soprattutto perché è salutare, conveniente e rispecchia gli stili di vita moderni. Per diverse ragioni l’industria del tonno ha delle ottime prospettive, soprattutto perché risponde alla crescente richiesta di cibo nel mondo. E per garantire l’approvvigionamento di tonno sul mercato, anche l’industria di trasformazione deve essere sostenibile e innovativa a livello globale. Per questo il settore è rispettoso dell’ambiente, adottando processi di produzione che garantiscono la riduzione degli sprechi e l’uso di materiali riciclabili come
Il punto di vista nutrizionale «Il tonno è un alimento estremamente nutriente e una risorsa importante per il benessere e la sussistenza dell’organismo», commenta il prof. PIETRO MIGLIACCIO, presidente emerito della SISA (Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione). «Oltre ad essere parte integrante della dieta mediterranea, consente di ottimizzare tutte le funzioni vitali, anche nella versione in scatola che, grazie alle tecniche di conservazione e al processo di sterilizzazione che non richiedono l’aggiunta di conservanti, mantiene le caratteristiche nutrizionali simili a quelle del tonno fresco. Entrambi sono ricchi di proteine nobili (addirittura il tonno in scatola ne contiene una quantità maggiore rispetto a quello fresco). Ambedue apportano acidi grassi Omega-3, seppure in percentuali diverse, e anche il contenuto di vitamine e sali minerali rimane inalterato: il tonno in scatola, come quello fresco, è ricco di iodio, potassio, ferro, fosforo e vitamine del gruppo B. Inoltre, a parità di apporto nutrizionale con quello fresco, è più economico ed offre numerosi vantaggi in relazione alla sua facile reperibilità, conservabilità e versatilità in cucina». (Fonte: ANCIT – Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare www.tonno360.it)
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SPECIE ITTICHE
Schede di specie ittiche da pesca nazionale Composizione e valore nutrizionale delle più importanti specie ittiche (pesci, molluschi e crostacei) da attività di pesca nazionale a cura di Elena Orban e Gabriella Di Lena, Teresina Nevigato, Maurizio Masci, Irene Casini, Roberto Caproni
Triglia di scoglio (Mullus surmuletus)
Habitat: Lunghezza massima: Provenienza pesce analizzato: Parte del pesce analizzata:
vive sui fondali rocciosi a profondità fino a 300 m 40 cm pesca in Tirreno filetti interamente omogeneizzati
Tabella 1 – Biometrie pesci analizzati Min
Max
Peso (g)
55,00
110,00
Lunghezza (cm)
17,00
20,20
Tabella 2 – Composizione nutrizionale di triglia di scoglio di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)
1,91
Max
64,33
68,34
85 / 355
138 / 575
102 / 425
Umidità
76,60
2,85
72,67
79,00
Proteine
19,03
0,47
18,45
19,51
2,84
2,62
1,25
6,70
164,50
27,58
145,00
184,00
1,32
0,09
1,20
1,42
Sale (Nax2,5) mg Ceneri
25 / 102
Min
kcal / kJ
Lipidi totali
104
66,61
Dev.std
IL PESCE, 3/19
Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di triglia di scoglio di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
57,08
3,98
52,84
62,44
Squalene
0,55
0,43
0,24
1,16
α-tocoferolo (vit. E)
0,89
0,64
0,44
1,83
δ-tocoferolo
0,06
0,05
0,02
0,14
Colesterolo
Tabella 4 – Contenuto in acidi grassi di triglia di scoglio di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
Acidi grassi saturi
0,85
0,91
0,27
2,20
Acidi grassi monoinsaturi
0,76
1,02
0,19
2,28
Acidi grassi polinsaturi
0,57
0,45
0,27
1,24
Acidi grassi Omega-3
0,48
0,35
0,28
1,01
Acidi grassi Omega-6
0,09
0,07
0,05
0,20
EPA
0,19
0,20
0,07
0,48
DHA
0,20
0,11
0,11
0,36
EPA+DHA
0,38
0,30
0,18
0,84
Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in triglia di scoglio di differenti taglie Min
Max
Cu (μg)
20,00
50,00
Fe (mg)
0,35
0,64
Se (μg)
28,20
39,10
Zn (mg)
0,30
0,55
Na (mg)
58,00
73,50
K (mg)
335,00
356,00
Stagione riproduttiva e pesca La triglia di scoglio si riproduce tra aprile e agosto. Si cattura con tremagli e reti a strascico. Valore nutrizionale Le triglie di scoglio forniscono tra 85 e 138 calorie per ogni 100 grammi di prodotto, con un apporto in proteine del 19%. Il contenuto in grassi presenta variazioni stagionali, con valori più elevati riscontrati nel mese di settembre. La variabilità di contenuto lipidico si ripercuote anche sul contenuto in vitamina E e in acidi grassi, che presentano anch’essi grande variabilità. Buono il contenuto di elementi minerali. Basso il tenore di sale. Note La triglia di scoglio (Mullus surmuletus) si può confondere con la meno pregiata triglia di fango (Mullus barbatus). I caratteri che permettono la distinzione sono: la testa, che nella triglia di scoglio è più affusolata e ha due scaglie sulle guance, mentre la triglia di fango ne ha tre; la colorazione, che nella triglia di scoglio è bruno-rosso vivo con una serie di bande giallo-dorato sia lungo i fianchi che sulla prima dorsale. La triglia di fango non ha queste bande colorate e le pinne sono spesso incolori. Il prezzo della triglia di scoglio è superiore a quello della triglia di fango. La triglia è un pesce delicato, di cottura assai rapida e dotato di una pelle che si rompe facilmente; occorre quindi squamarla delicatamente e muoverla con cautela durante la cottura.
IL PESCE, 3/19
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Tonno rosso (Thunnus thynnus)
Habitat: Lunghezza massima: Provenienza pesce analizzato: Parte del pesce analizzata:
specie pelagica 400 cm pesca in Tirreno tranci caudali e craniali
Tabella 1 – Biometrie pesci analizzati Min
Max
Peso (g)
200,00
400,00
Lunghezza (cm)
210,00
270,00
Tabella 2 – Composizione nutrizionale di tranci craniali e caudali di tonno rosso di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
Dev.std
Min
Max
kcal / kJ
151 / 630
22 / 94
120 / 502
182 / 763
Umidità
69,00
2,15
66,54
72,44
Proteine
23,23
1,12
21,39
24,30
Lipidi totali
6,42
2,86
2,56
10,41
Glicogeno
0,06
0,05
0,03
0,20
270,00
68,18
200,00
365,00
1,10
0,06
0,96
1,17
Sale (Nax2,5) mg Ceneri
Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di tranci craniali e caudali di tonno rosso di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
60,16
15,23
52,35
90,72
Squalene
1,49
0,52
0,85
2,48
α-tocoferolo (vit. E)
0,82
0,36
0,49
1,68
230,70
134,07
92,75
320,12
Colesterolo
All-trans retinolo (vit.A)
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IL PESCE, 3/19
Tabella 4 – Contenuto in acidi grassi di tranci craniali e caudali di tonno rosso di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
Acidi grassi saturi
1,81
0,79
0,64
2,93
Acidi grassi monoinsaturi
2,17
1,03
1,13
3,76
Acidi grassi polinsaturi
1,48
0,70
0,38
2,55
Acidi grassi Omega-3
1,31
0,64
0,31
2,29
Acidi grassi Omega-6
0,18
0,07
0,07
0,26
EPA
0,45
0,25
0,16
0,87
DHA
0,60
0,26
0,20
1,01
EPA+DHA
1,05
0,51
0,52
1,88
Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in tranci craniali e caudali di tonno rosso di differenti taglie Min
Max
Cu (μg)
10,00
20,00
Fe (mg)
0,52
2,12
Se (μg)
15,10
32,00
Zn (mg)
0,40
0,70
Na (mg)
80,00
146,00
K (mg)
442,20
480,15
Stagione riproduttiva, pesca e allevamento Il tonno rosso giunge dall’Oceano Atlantico nel Mediterraneo per riprodursi da maggio a luglio e vi ritorna dopo la riproduzione (settembre-ottobre). In Italia determinate aree geografiche (Sardegna, Sicilia, Calabria, Campania, Liguria) coincidono con le località in cui ne viene effettuata la pesca. I principali sistemi di pesca commerciale del tonno rosso sono tre: le reti di circuizione, i palangari e la tonnara fissa. Anche in Italia il tonno rosso è oggetto di allevamento (destinato soprattutto al mercato giapponese), che consiste nel porre all’ingrasso, in gabbie in mare, esemplari catturati in natura. Valore nutrizionale Annoverato tra i pesci azzurri, il tonno rosso appartiene alla famiglia Scombridae. Le sue carni, rispetto a quelle delle altre specie di pesce, hanno una più elevata proporzione di tessuto muscolare bruno, altamente vascolarizzato, più ricco in emoglobina, mioglobina e lipidi rispetto al tessuto muscolare chiaro, che forniscono al tonno, grande nuotatore, rifornimento di ossigeno e di energia. A differenza delle altre specie, il tonno ha una temperatura corporea superiore a quella dell’ambiente acquatico in cui si trova. Il valore nutrizionale delle sue carni è elevato; è ricco in proteine di buon valore biologico (confrontabili come quantità alla carne bovina), ha un contenuto in grasso variabile dipendente dalla taglia, dal sesso e dal periodo riproduttivo. Il tonno catturato prima della riproduzione ha carni più grasse e, nello stesso pesce, il contenuto lipidico è differente (parte dorsale e ventrale). La ventresca, considerata la parte più pregiata del tonno, ha una percentuale lipidica più elevata rispetto alla parte dorsale, generalmente magra. Buono è il contenuto in polinsaturi Omega-3, ferro e vitamina A. Note L’alta temperatura che le carni mantengono dopo la morte dell’animale e gli alti livelli di istidina libera creano l’esigenza di un adeguato e immediato loro trattamento con il freddo, per evitare la trasformazione di questo amminoacido in istamina ad opera delle decarbossilasi batteriche. Il tonno, pesce predatore ai vertici della catena alimentare, può accumulare nelle sue carni livelli di inquinanti più elevati rispetto ad altri pesci, per il cosiddetto fenomeno della biomagnificazione; in primo luogo il mercurio, i cui livelli sono variabili, ma in alcuni casi, soprattutto in tonni molto grandi, vicini o più alti dei limiti di legge.
IL PESCE, 3/19
107
Spigola o branzino (Dicentrarchus labrax)
Habitat: Lunghezza massima: Provenienza pesce analizzato: Parte del pesce analizzata:
abita le acque costiere fino a una profondità di 100 m (in inverno), le acque salmastre degli estuari e le lagune costiere (in estate) 100 cm pesca in Tirreno, Adriatico e ambienti lagunari filetti interamente omogeneizzati
Tabella 1 – Biometrie pesci analizzati Peso (g) Lunghezza (cm)
Min
Max
200,00
728,00
25,00
40,00
Tabella 2 – Composizione nutrizionale di spigola di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)
67,03
Dev.std 2,49
Max
63,53
69,40
91 / 382
123 / 506
kcal / kJ
104 / 436
Umidità
76,20
1,11
74,45
77,97
Proteine
18,37
1,30
18,55
20,12
2,56
1,30
1,77
4,73
164,10
45,32
125,00
208,00
1,22
0,05
1,11
1,28
Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri
11 / 48
Min
Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di spigola di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
69,03
6,13
60,28
75,45
Squalene
0,61
0,40
0,26
1,74
α-tocoferolo (vit. E)
0,90
0,24
0,57
1,25
All-trans retinolo (μg)
5,26
2,58
2,84
9,81
Colesterolo
108
IL PESCE, 3/19
Tabella 4 – Contenuto in acidi grassi di spigola di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
Acidi grassi saturi
0,74
0,42
0,41
1,45
Acidi grassi monoinsaturi
0,72
0,42
0,35
1,39
Acidi grassi polinsaturi
0,66
0,33
0,37
1,20
Acidi grassi Omega-3
0,47
0,21
0,25
0,86
Acidi grassi Omega-6
0,18
0,12
0,07
0,37
EPA
0,13
0,05
0,07
0,23
DHA
0,25
0,10
0,13
0,43
EPA+DHA
0,38
0,15
0,22
0,66
Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in spigola di differenti taglie Min
Max
Cu (μg)
18,20
20,10
Fe (mg)
0,22
0,48
Se (μg)
20,00
25,00
Zn (mg)
0,31
0,55
Na (mg)
50,00
83,03
K (mg)
304,00
469,00
Stagione riproduttiva, pesca e allevamento La riproduzione della spigola avviene nei mesi invernali, tra gennaio e marzo. La spigola viene pescata con reti da posta, lavorieri e tremagli, ma anche con lenze e raramente con reti a strascico. La spigola e l’orata sono le principali specie marine allevate in Italia e in UE. L’Italia produce 5.600 tonnellate di spigole da impianti in mare e a terra, 500 tonnellate da valli da pesca e stagni salmastri. Valore nutrizionale La spigola è una specie di primario interesse sui nostri mercati ove compare regolarmente grazie allo sviluppo degli allevamenti in vasca o in gabbia in mare. Viene commercializzata fresca o congelata, sia intera che in filetti, oppure affumicata. Ha carni molto apprezzate, magre e digeribili, dal ridotto apporto calorico, ricche di proteine e di acidi grassi polinsaturi Omega-3 a lunga catena. Bassi i livelli di sodio e colesterolo. Le caratteristiche organolettiche e alcuni aspetti della composizione nutrizionale presentano alcune differenze tra prodotto selvatico (da pesca) e prodotto allevato. La spigola da acquacoltura può avere un contenuto in grassi più elevato e un profilo in acidi grassi un po’differente perché influenzato dalla composizione dei mangimi. Anche la consistenza delle carni è più delicata. Note L’acquacoltura è il principale metodo di produzione della spigola, anche se la pesca rappresenta ancora più del 10% della produzione complessiva di spigole in tutto il mondo. Negli anni c’è stata una grande evoluzione delle tecnologie di allevamento. Nella maggior parte dei casi i pesci sono ingrassati in gabbie galleggianti in mare affinché i pesci abbiano condizioni ambientali simili a quelle dei selvatici. Negli impianti di acquacoltura l’intera filiera produttiva viene controllata, dalla qualità dell’acqua a quella dei mangimi, alla salute del pesce.
IL PESCE, 3/19
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Aguglia (Belone belone)
Habitat: Lunghezza massima: Provenienza pesce analizzato: Parte del pesce analizzata:
specie pelagica, può penetrare nelle foci e nelle lagune salmastre 90 cm lagune filetti interamente omogeneizzati
Tabella 1 – Biometrie pesci analizzati Min
Max
Peso (g)
91,20
111,00
Lunghezza (cm)
43,60
45,60
Tabella 2 – Composizione nutrizionale di aguglia di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)
68,98
Dev.std 3,85
Max
66,26
71,71
89 / 374
113 / 473
kcal / kJ
101 / 424
Umidità
76,80
3,67
74,21
79,40
Proteine
20,75
1,31
19,82
21,17
2,04
1,28
1,13
2,94
136,34
14,74
120,20
155,00
1,27
0,01
1,26
1,28
Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri
17 / 70
Min
Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di aguglia di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
72,39
1,95
71,01
73,77
Squalene
0,68
0,04
0,65
0,72
α-tocoferolo (vit. E)
1,39
0,42
1,09
1,68
All-trans retinolo (μg)
0,97
0,35
0,73
1,22
Colesterolo
110
IL PESCE, 3/19
Tabella 4 – Contenuto in acidi grassi di aguglia di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
Acidi grassi saturi
0,57
0,42
0,27
0,86
Acidi grassi monoinsaturi
0,52
0,55
0,13
0,91
Acidi grassi polinsaturi
0,53
0,27
0,34
0,72
Acidi grassi Omega-3
0,42
0,16
0,30
0,53
Acidi grassi Omega-6
0,75
0,04
0,72
0,77
EPA
0,06
0,05
0,02
0,09
DHA
0,27
0,02
0,25
0,28
EPA+DHA
0,32
0,07
0,27
0,37
Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in aguglia di differenti taglie Min
Max
Cu (μg)
42,13
64,00
Fe (mg)
0,40
1,70
Se (μg)
25,00
37,00
Zn (mg)
0,53
1,70
Na (mg)
48,00
62,00
K (mg)
201,41
335,00
Stagione riproduttiva e pesca L’aguglia si riproduce tra febbraio e maggio. La pesca viene effettuata da giugno a novembre con reti a circuizione o di notte con l’ausilio di lenze da traina. Valore nutrizionale L’aguglia rientra nel gruppo del pesce azzurro; è caratterizzata da mascelle sottili e prominenti che assomigliano a un becco ed ha uno scheletro di colore verde dovuto a un pigmento biliare. Le carni di aguglia sono magre ma ricche in proteine. Malgrado il contenuto in grassi poco elevato, una porzione da 100 g di aguglia fornisce comunque un buon apporto di acidi grassi Omega-3 e vitamina E, contenuta nei grassi. Basso il contenuto in sodio, ma discreto quello in ferro e selenio. Note L’aguglia, come altri pesci azzurri, necessita di una immediata conservazione con il freddo perché le sue carni sono a rischio per la formazione di istamina se mal conservate. Il colore verde dello scheletro, che si accentua soprattutto dopo la cottura, può essere motivo di diffidenza per chi decide di utilizzare questo pesce, ma non è dovuto a un cattivo stato di conservazione. L’aguglia ha carni di ottima qualità, anche se con molte spine. * Questa e le schede prima riportate fanno parte di una serie di 56 schede che mostrano i risultati di un progetto di ricerca, svolto con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Al progetto hanno collaborato le Cooperative: Mare di Cattolica e AGEI (Agricoltura-Gestione Ittica) di Roma.
IL PESCE, 3/19
111
Triglia di fango (Mullus barbatus)
Habitat: Lunghezza massima: Provenienza pesce analizzato: Parte del pesce analizzata:
specie bentonica, vive sui fondali fangosi e sabbiosi fino a 300 m 25 cm pesca in Tirreno e Adriatico filetti interamente omogeneizzati
Tabella 1 – Biometrie pesci analizzati Min
Max
Peso (g)
33,00
94,00
Lunghezza (cm)
14,20
20,30
Tabella 2 – Composizione nutrizionale di triglia di fango di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)
62,46
Dev.std 3,24
Max
58,00
68,40
88 / 342
166 / 696
kcal / kJ
113 / 472
Umidità
76,18
3,17
71,12
80,00
Proteine
18,43
0,74
17,30
19,20
5,23
3,63
1,02
11,40
190,75
27,69
163,00
228,00
1,48
0,36
1,22
1,45
Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri
28 / 116
Min
Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di triglia di fango di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
69,79
9,64
61,41
83,00
Squalene
1,03
0,44
0,44
1,74
α-tocoferolo (vit. E)
1,66
0,74
1,21
2,87
δ-tocoferolo
0,11
0,04
0,10
0,20
Colesterolo
112
IL PESCE, 3/19
Tabella 4 – Contenuto in acidi grassi di triglia di fango di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media
ds
Min
Max
Acidi grassi saturi
1,78
1,30
0,24
3,88
Acidi grassi monoinsaturi
1,74
1,35
0,27
4,07
Acidi grassi polinsaturi
1,07
0,59
0,30
1,95
Acidi grassi Omega-3
0,83
0,43
0,22
1,45
Acidi grassi Omega-6
0,23
0,15
0,05
0,47
EPA
0,36
0,23
0,05
0,75
DHA
0,33
0,13
0,17
0,50
EPA+DHA
0,69
0,26
0,39
1,22
Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in triglia di fango di differenti taglie Min
Max
Cu (μg)
12,10
43,00
Fe (mg)
0,40
1,01
Se (μg)
28,00
53,00
Zn (mg)
0,43
0,64
Na (mg)
65,20
91,00
K (mg)
330,81
425,00
Stagione riproduttiva e pesca La triglia di fango si riproduce da aprile ad agosto; si pesca soprattutto con reti a strascico e in alcune zone anche con reti da posta. Valore nutrizionale La triglia di fango è una specie dal contenuto lipidico medio e variabile durante il corso dell’anno. Buono è l’apporto di vitamina E, acidi grassi polinsaturi Omega-3 legati al contenuto in grassi un po’elevato. Le carni di triglia di fango sono inoltre ottima fonte di proteine ad elevato valore biologico e selenio. Note La triglia di fango è solitamente catturata a strascico, per cui è possibile rilevare sui pesci segni di traumi, desquamazioni, ecc… Tali inconvenienti riducono in varia misura la conservabilità del prodotto. Per valutare la freschezza va osservato il colore; appena pescato è più intenso, col passare del tempo diventa sempre più tenue. La triglia è un pesce molto delicato, per cui deve essere pulita e maneggiata con cura.
IL PESCE, 3/19
113
IL PESCE IN TAVOLA
Il posto delle vongole di Giorgia Fieni
114
IL PESCE, 3/19
Il film “Il posto delle fragole” (1957, regia di INGMAR BERGMAN, Orso d’oro al Festival del Cinema di Berlino) racconta la storia del PROFESSOR BORG che, in viaggio in auto tra Stoccolma e Lund, capisce il senso della sua vita anche grazie all’aiuto di alcuni autostoppisti e parenti, tra cui la cugina SARA, amata da lui in giovane età (le fragole sono simbolo della primavera e quindi dello sbocciare dell’esistenza). Allo stesso modo, con un paragone quanto meno azzardato, le vongole potrebbero essere un simbolo di tutto il pasto ma trovano la “loro Sara”, ovvero il luogo d’elezione, nella fondina, come testimonia il fatto che la pasta alle vongole è da sempre uno dei piatti preferiti dagli Italiani. In realtà si tratta della “parente povera” della zuppa di vongole, una ricetta tipica del New England, un classico del comfort food che ancora viene riproposta e modificata, passando dalla zuppa di vongole con gnocchi di genziana e ortica di SIMONE CIPRIANI alla vellutata di vongole arricchita da fagiolini, patate e panna, per finire con l’aggiunta, alla zuppa, di ceci, crostini di polenta, spinaci, bacon, zafferano. Attenzione però ad un problema ecologico. La pasta alle vongole ha rischiato di non poter più essere preparata quando, nel 2010, il Regolamento Mediterraneo della Commissione europea, per tutelare le specie a rischio ed il nutrimento dei pesci adulti con limiti a metodi e confini dei territori di pesca, ha limitato il diametro delle vongole a 25 mm; per ovviare, si è iniziato un import dalle Filippine o si è provveduto a sostituire le veraci con arselle o telline. Nel 2012 sono stati poi aumentati i Centri di Depurazione Molluschi per eliminare gli inquinanti, sempre più presenti vista la preoccupante situazione dei mari. Dunque, quando la si prepara, il primo pensiero deve essere alla tutela, sia del pesce che nostra. Ma non è l’unico accorgimento di cui preoccuparsi. Innanzitutto, questi bivalvi andrebbero acquistati vivi e chiusi: se non immediatamente usati, teneteli un giorno in frigorifero in acqua aggiunta di sale marino (28 g/l,
IL PESCE, 3/19
Spaghettoni freschi con vongole e salsa verde di prezzemolo dello chef Pino Cuttaia (photo © magazine.olivyou.com). come suggerisce BRUNO BARBIERI), poi, al momento di usarli, strofinateli con le mani cosparse di sale per pulire le valve, sciacquate e infine buttate le vongole una a una su un piatto (se cade sabbia eliminatele). A questo punto potete metterle in padella, a fiamma viva in un solo strato a contatto con olio extravergine di oliva, aglio e prezzemolo (anche vino bianco — o rosé, alla JAMIE OLIVER — e peperoncino… dipende della ricetta e dal vostro palato). Le quantità per procedere (secondo PEPPE GUIDA) sarebbero le seguenti: 250 g vongole a testa, 1 kg per 4 persone, 80-100 g pasta/persona. Non mi soffermo troppo sul tipo di pasta perché spaghetti o vermicelli o bucatini sono di sicuro il non plus ultra, ma niente vieta di servirsi di maltagliati, tonnarelli, linguine, ecc… Ultime avvertenze: se non lasciate i gusci nel piatto ricordatevi di togliere non solo il mollusco ma anche il liquido in cui è immerso, saporitissimo; aggiungete poca acqua di cottura della pasta: la mantecatura finale renderà il sugo morbido proprio grazie a questi ingredienti. La ricetta è dunque praticamente identica ovunque, anche se non è stata codificata da un regolamento. La differenza maggiore sta nel presentarla bianca (tale e quale), rossa (col sugo di pomodoro) o macchiata (pomodorini freschi
leggermente schiacciati). Alcune aggiunte sono permesse: guanciale, asparagi, seppie, zafferano, funghi, pangrattato, cime di rapa, bottarga (SIGRID VERBERT: «La prima volta che assaggiai questi spaghetti fu in uno stabilimento di Macchiatonda, a Capalbio, in compagnia della mia amica Raffaella, habituée sia del luogo che dello spaghetto. Ero sempre stata una fan convinta degli spaghetti alle vongole, ma la novità della bottarga mi fece l’effetto di una bomba, come se quel piatto che credevo così familiare fosse entrato in una dimensione tutta nuova. Basta anche solo il profumo per visualizzarsi, all’istante, davanti al blu del Tirreno. E quasi quasi sentire la brezza marina scivolare fra i capelli»), curry, carciofi, pesto di mandorle, acciughe sottolio, semi di finocchio, zucchine, ma anche, per mantecare, olio al lime e vaniglia. Ed è molto scenografica se presentata su crema di speck e cannellini o sulla scapece oppure, tolta dal coppapasta, guarnita con altre vongole e pomodoro candito (M ATTEO T ORRETTA ). Il tocco in più invece ve lo regala GIANFRANCO VISSANI, che l’accompagna con un caffè shakerato con vodka, acqua delle vongole, limone, prezzemolo. Nel caso vi avanzasse (lo so, è difficile che succeda: io piuttosto me ne mangio in abbondanza perché è
115
troppo buona) può essere riciclata. Su un crostino o una bruschetta (richiamando la “scarpetta”, rito da compiere necessariamente a pasta finita). Servita fredda nel pompelmo. L’acqua che emettono naturalmente quando si aprono può rimanere nel sugo o essere trasformata in una spuma (PINO CUTTAIA la usa sulla sua insalata di mare per ricordare le onde). Aggiunta di pesto verde per variarne leggermente il sapore (quindi attenzione a non esagerare). Ma, soprattutto, la pasta delle vongole non ha stagioni. È perfetta d’inverno e d’estate. SONIA PERONACI: «Gli spaghetti alle vongole sono uno dei miei piatti di famiglia: mio padre li preparava alle mie figlie quando abitavamo tutti in Calabria e andavamo a trovarlo. Aveva un segreto, che non ha mai voluto svelarmi, per ottenere il sugo perfetto, denso e cremoso: nonostante centinaia di tentativi, non sono riuscita a emularlo. Era talmente profumato che avremmo quasi potuto fare la strada a occhi chiusi, semplicemente
seguendo l’aroma. Oggi, quando la preparo, mi abbandono a un momento di nostalgia: mi tornano in mente quei Natali con le bimbe piccole e tavolate lunghissime di parenti e amici, tutti assiepati attorno ai suoi pentoloni, cercando di intuire il mistero di tanta bontà». NIKI SEGNIT: «Una sera, in vacanza, ci siamo fermati a Porto Ercole. Dopo una bella nuotata, ci siamo diretti a un ristorante che sembrava andare alla deriva su un pontone. Non c’era nessun altro in giro. Gli Italiani a quell’ora stavano ancora digerendo il pranzo, ma noi arrivavamo da Roma e la nuotata e il primo bicchiere di Soave ci avevano messo appetito. Stavamo discutendo su quanto ancora avremmo potuto resistere senza mangiare, quando un uomo enorme, con lunghi capelli schiariti dal sole e un paio di baffi in sintonia si sedette al nostro tavolo. “Salve”, ci disse in un italo-inglese vagamente americanizzato che sembrava svizzero. “Che cosa vorreste mangiare? Vi preparerò qualsiasi
cosa”. Un po’come chiedere al giovane Annibale quale angolo dell’Impero Romano volesse conquistare… In generale, volevo tutto. Ma eravamo vicini al mare, e allora la risposta a mio avviso poteva essere una sola: spaghetti alle vongole. Poco dopo eravamo seduti dinanzi a un mucchio dorato di spaghetti agliosi in cui erano rimaste imprigionate morbide vongole saporite, come i capelli di Venere prima che potesse pettinarsi. Rametti di prezzemolo enfatizzavano la ricchezza del condimento. È così che ho trovato la mia fata madrina in forma maschile: uno chef delle dimensioni di un grizzly, che vive in un ristorante galleggiante». Il posto delle vongole è dunque in realtà nel cuore di tutti quelli che sanno apprezzare questa meravigliosa ricetta. Giorgia Fieni Nota A pag. 114 linguine alle vongole (photo © katrinshine – stock.adobe.com).
Chi ha detto che non si mette mai il Parmigiano Reggiano sul pesce? La chiave del successo del Parmigiano Reggiano, marchio DOP italiano più influente al mondo e prima Denominazione di Origine Protetta per giro d’affare alla produzione (1,4 miliardi di euro, è la versatilità. Il Parmigiano Reggiano è utilizzato in cucina non solo per la classica “spolverata” sui primi piatti, ma anche per dare un tocco di carattere a carne, pesce e persino ai dessert. Per quanto riguarda nello specifico il pesce, l’abbinamento con il Parmigiano Reggiano non ci pare affatto ardito. Pensiamo ad esempio alla salsa Mornay che i nostri cugini francesi utilizzano per accompagnare i crostacei oppure alla consuetudine dei paesi nordeuropei di grattare il Parmigiano Reggiano sulla pasta ai frutti di mare. È semplicemente una questione di gusto! L’abbinamento pesce-formaggio è una tradizione consolidata, basti pensare alla cucina mediorientale che propone spesso le note acide dei prodotti caseari (come lo yogurt) per bilanciare il gusto ricco e grasso di alcuni pesci. «Se ci pensiamo — ha commentato LUCA MARCHINI (in foto, nel suo ristorante L’erba del Re), chef stellato toscano ma modenese d’adozione e presidente di JRE Italia-Jeunes Restaurateurs — alcuni piatti tra i più classici della cucina italiana sposano pesce e formaggio. Ne cito solo uno: i calamari ripieni possono avere una farcitura realizzata con prezzemolo, aglio, ricotta, Parmigiano Reggiano e, appunto, calamaro tritato. Spostandoci verso un utilizzo creativo, immaginando il mio Calamaro cotto al kamado, potrei pensare di aggiungere un leggero velo di crumble preparato con Parmigiano Reggiano, farina, burro e liquirizia. In cucina, poi, ogni risotto con il pesce potrebbe essere mantecato con il Parmigiano Reggiano. Ad esempio, un mio piatto storico, avuto in carta fino a poco tempo fa, era Risotto con estratto di porri cotti in forno, rucola, crema di Parmigiano Reggiano 24 mesi, ostriche e rabarbaro a crudo».
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IL PESCE, 3/19
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WEEK-END
Lo scampo del Quarnaro di Riccardo Lagorio
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IL PESCE, 3/19
Il Quarnaro (in croato Kvarner) è un braccio di mare compreso tra l’Istria meridionale e l’isola di Cherso, che collega il Golfo di Fiume al Mar Adriatico. Il Golfo del Quarnaro custodisce quattro splendide isole: Veglia, Cherso, Lussino e Arbe, ma è considerata parte della regione del Quarnaro anche l’area di nord dell’isola di Pago. La Guida gastronomica d’Italia del TOURING CLUB datata 1931, quasi una bibbia per chi voglia dedicarsi a scoprire il ventre degli Italiani a cavallo tra le due guerre, racconta con dovizia di particolari il prodotto principale dell’allora provincia di Fiume, lo scampo del Quarnaro. Trascorsi novant’anni da quella pubblicazione lo scampo quarnerino continua ad essere una delle risorse ittiche più appetite dell’Adriatico e la cucina croata ne ha saputo sostenere la valorizzazione. 4o Festival dello scampo del Quarnaro Al crostaceo è stato dedicato recentemente un recente festival, tenutosi il 25 maggio scorso a Porto Albona (Rabac). Durante la manifestazione, i cuochi dei ristoranti locali hanno preparano piatti esclusivamente a base di scampi quarnerini pescati dai pescatori del luogo, membri del Gruppo di azione locale nel settore della pesca Alba (rabac-labin.com). Sono costoro a confermare che il
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periodo migliore per la cattura è tra i mesi di maggio e giugno e tra settembre e ottobre e orgogliosamente spiegano che lo scampo è il più pregiato dei crostacei che vivono nel mare antistante. Del resto “gli scampi (Nephrops norvegigus), i piccoli crostacei che sembrano aver concentrato nelle loro carni tutte le più delicate delizie delle aragoste e degli astaci, hanno il loro habitat d’elezione nelle acque del Quarnaro”, scriveva senza appello l’estensore del volume del Touring. Aggiungendo qualche riga più sotto che “Al loro confronto non reggono neppure gli scampi del golfo di Napoli, detti mazzacuogni”. Rosso delicato e delicata bontà Uno studio realizzato 30 anni fa ha concluso che, in epoche passate, gli scampi sono arrivati aggrappati alle chiglie delle navi in questa area dell’Adriatico dalla Norvegia. Acclimatatesi perfettamente, pare che siano le acque poco profonde a garantire la delicata bontà dello
scampo quarnerino, che si distingue per il colore rosso chiaro e il guscio sottile, con polpa elastica e gustosa, a causa del mare più caldo e meno profondo. Nel 2007 le autorità di Zagabria hanno concesso allo scampo del Quarnaro l’onore dell’emissione di un francobollo di 2,40 kune. Nella baia di Lussinpiccolo, dove le case colorate si specchiano tra trinchetti e gabbiani, alcuni pescatori spiegano che la pesca inizia tra 50 e 70 metri di profondità. Le acque intorno all’isolotto di Oruda sono particolarmente generose; poi, più avanti con la stagione, si arriva anche a 100 metri. Quelli migliori vengono raccolti con le nasse fissate sul palangaro e non con le reti sul fondale: infatti non devono essere presenti lividi o ammaccature, fango o sabbia perché gli scampi possano essere considerati di prima scelta. Qualcuno ricorda ancora quando erano i pescatori ciosoti, di Chioggia, i più abili ad acciuffare i pregiati crostacei. Si portavano via solo le
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1) Il turismo è sicuramente l’attività principale della regione del Quarnaro, ricca di bellezze paesaggistiche e con un forte legame con l’Italia (photo © Goran Razić, CNTB). 2) Scampi sgusciati con salsa rosa e verdura al ristorante Nada a Verbenico sull’isola di Veglia. 3) Il risotto agli scampi del ristorante Villa Ariston di Abbazia. code, mentre le teste erano destinate alla popolazione locale. Non solo a la busara La cucina liburnica ha creato numerose preparazioni che hanno protagonisti gli scampi. Il modo più semplice per portarli in tavola è marinarli con alcune gocce di limone e olio extravergine di oliva. Per questo piatto è preferibile utilizzare la pezzatura maggiore. Un altro antipasto divenuto un classico è servire gli scampi sgusciati con salsa rosa e
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verdura. Per realizzare uno tra i primi piatti più rappresentativi servono buccia e teste, che ricoprono un ruolo fondamentale per cucinare il risotto (ottimo quello di Villa Ariston di Abbazia; villa-ariston.hr): con esse si prepara il brodo e si frullano per mantecare. La tradizionale pasta a ferretto dell’isola di Veglia, i šurlice, hanno come sugo d’obbligo gli scampi saltati in un filo di pomodoro. Una delle più famose preparazioni dell’Adriatico è la busara: gli scampi in busara, passati al forno
e irrorati con la Žlahtina, il vino bianco di Veglia, vengono esaltati nell’aroma e nel profumo. Al brodetto (da provare al Ristorante Nada di Verbenico, telefono +38551857065) conferiscono il caratteristico sapore. Fritti o lessati, serviti con diverse salse, sono altri modi per gustarli secondo la tradizione liburnica che i ristoranti stanno facendo rifiorire. Riccardo Lagorio Nota A pagina 118, photo © croatia.hr
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EVENTI
Festival Triveneto del Baccalà, 100% stoccafisso piatto vincente di Gian Omar Bison
È RENATO RIZZARDI de La Locanda di Piero di Montecchio Precalcino (VI), con il suo piatto “100% Stoccafisso: tortelli allo stoccafisso, brodetto e trippa di baccalà, alga wakame e cappuccio viola”, a conquistare l’edizione 2019 del Festival Triveneto del Baccalà. Un tributo allo stoccafisso, merluzzo nordico conservato per essiccazione, noto nel Nord Italia e che, nelle tre Venezie in particolare, viene chiamato bacalà o baccalà. Il Festival Triveneto del Baccalà è una competizione itinerante, organizzata dalla Dogale Confraternita del Baccalà Mantecato, la
Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina, e dalla Vulnerabile Confraternita dello Stofiss dei Frati, che da quasi dieci anni coinvolge i più importanti ristoranti del Triveneto: gli chef delle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige possono infatti partecipare proponendo le ricette più creative a base di stoccafisso. L’azienda TAGLIAPIETRA di Mestre (VE), tra le leader in Italia nell’importazione, lavorazione e commercio di prodotti ittici, in particolare del merluzzo, assegna così alla migliore ricetta assoluta il Trofeo Tagliapie-
tra: un premio che è stato consegnato ieri nelle mani dello chef Rizzardi e che rimarrà suo per un anno intero. Rizzardi avrà inoltre la possibilità di viaggiare in Norvegia per scoprire le isole Lofoten, patria dello stoccafisso. La selezione è stata lunga e meticolosa: i ristoratori (massimo cinque per ogni provincia del Triveneto) che hanno regolarmente presentato la propria candidatura hanno dato vita a una serata nel proprio ristorante dal 1o ottobre 2018 al 28 febbraio 2019, proponendo ai clienti e ad una delegazione della giuria tre piatti (un
Simbolo di innovazione e creatività, il Trofeo Tagliapietra premia lo chef che ha presentato al Festival Triveneto del Baccalà la migliore ricetta a base di baccalà o stoccafisso. A vincere, quest’anno, Renato Rizzardi de La Locanda di Piero di Montecchio Precalcino (VI) (photo © Martina Zilio).
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ATTREZZATURE AUTOMAZIONE INDUSTRIA ALIMENTARE
I finalisti della manifestazione • • • • •
La Posa degli Agri di Polverara (PD), chef ANDREA BOZZATO: crème caramel di stoccafisso, orto e Asiago stravecchio 2015. Le Tentazioni di Villatora (PD), chef MARCO VOLPIN: patata fritta ripiena di stoccafisso e tartufo nero. La Locanda di Piero di Montecchio Precalcino (VI), chef RENATO RIZZARDI: 100%stoccafisso: tortelli allo stoccafisso, brodetto e trippa di baccalà, alga wakame e cappuccio viola. Ai Tre Canai di Marano Lagunare (UD), chef GIORGIO DA FORNO: lo stocco di fossa. La Paterna di Giavera del Montello (TV), chef GIOVANNI MERLO: cassoeula con trippe di stoccafisso e verza.
antipasto, un primo e un secondo) a base di stoccafisso. I clienti hanno votato il piatto preferito della serata, mentre la delegazione ha preso atto della scelta. Tutte le ricette più votate sono state poi valutate, solo sulla carta, da una giuria tecnica composta da soli chef, che ne ha selezionati dieci. Queste dieci sono state realizzate dagli stessi autori lunedì 11 marzo al Baccalàdivino di Mestre e una giuria, questa volta mista, composta da chef e membri del comitato esecutivo, ha portato a cinque il numero dei finalisti. Il gran gala finale è andato in scena a Montecchio Maggiore (VI) nella splendida cornice di Villa Cordellina, affrescata dal TIEPOLO e dimora occasionale di tre presidenti della repubblica italiana (EINAUDI, LEONE, SARAGAT): qui i piatti sono stati nuovamente presentati e valutati, sulla base di ben cinque parametri, da una giuria tecnica composta da 7 membri coordinati da FRANCO FAVARETTO, chef e patron del ristorante Baccalàdivino, che ne ha decretato il vincitore assoluto. «Le novità introdotte quest’anno nella meccanica di selezione della ricetta vincente — ha spiegato LUCA PADOVANI, presidente del comitato organizzatore del Festival Triveneto del Baccalà — hanno due nature: una democratica, in quanto sono stati i clienti di ogni ristorante, votando, che hanno scelto quale piatto far concorrere, e una tecnocratica, perché tutte le ricette, nella seconda fase, sono state giudicate da un team di professionisti che, alla cieca e senza riferimenti sull’autore o
sulla provenienza, hanno preso in considerazione non solo il risultato finale della stessa, ma anche il procedimento e le tecniche utilizzate». Alla fine, come detto, ha vinto Renato Rizzardi, per anni tra i finalisti, primo assoluto anche per la giuria di giornalisti che ha assegnato il premio della critica; ha vinto con un piatto bello da vedere ed equilibrato al palato. Un pregevole esercizio di tecnica culinaria e sensibilità estetica e sensoriale. «Il bello di questo festival — ha concluso Franco Favaretto — è che viene richiesto, ogni anno, agli chef che partecipano, di elaborare un ingrediente, lo stoccafisso, in modo creativo dimenticandosi, per un attimo, della tradizione. Al tempo stesso, però, non vogliamo che l’innovazione venga confusa con l’esasperazione delle tecniche di cottura e trattamento delle materie prime. In poche parole: la sfida non è facile». «Questa — ha aggiunto DANIELE TAGLIAPIETRA, AD dell’azienda Tagliapietra — è stata la nona edizione; manca quindi poco alla decima, che sarà speciale e ancor più ricca di novità. Una delle sfide potrebbe essere quella di portare il festival a livello nazionale, nell’ottica di valorizzare il merluzzo che, anche a causa del clima, sta diventando sempre più raro e quindi, con molta probabilità, destinato a una cucina sempre meno popolare». La prossima edizione del festival, la 10a per l’appunto, coinciderà con il 60o anniversario dell’importatore Tagliapietra di Mestre. Grandi premesse, grandi aspettative. Gian Omar Bison
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STREET FOOD
Pescepane, il primo street seafood a Firenze Da un’idea di Gianni Pierattoni e Tommaso Giovannini la piccola apecar di Pescepane ha fatto il suo esordio nel 2015. Oggi i food truck azzurri sono due e il brand ha aggiunto una postazione fissa in Sant’Ambrogio di Federica Cornia
All’ombra della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, quando si parla di cibo di strada, si sa, l’immaginario si riempie di panini col lampredotto, di trippa e frattaglie. Nella patria del Brunelleschi e del lampredotto però, da qualche anno guizza per le strade un’apecar azzurra carica di pesce: è Pescepane, il primo street food o, meglio, il primo street seafood, nato a Firenze. L’idea è venuta a GIANNI PIERATTONI e TOM-
MASO GIOVANNINI quando, nel quattro anni fa, colpiti dal successo di un evento di street food a Milano, hanno subito pensato che la dimensione a quattro ruote della ristorazione rispondesse alla formula accattivante e, allo stesso tempo, easy, semplice e informale che stavano cercando per aprire una loro attività. A chi si chiede perché pesce proprio a Firenze, città patria della bistecca alla fiorentina e con
una spiccata tradizione carnivora, Gianni risponde: «Perché ho visto che mancava un’offerta di questo tipo sul pesce in città. E poi anche per riprendere la tradizione gastronomica toscana rivierasca, che va dal baccalà ai fritti, ai primi della Versilia, come il cacciucco alla livornese». Così, nel luglio del 2015, per vessillo un pesce che spunta dalle acque insieme a una baguette, la piccola e
Il food truck di Pescepane, cucina mobile eat-inerante nata a Firenze nel 2015. 124
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A sinistra: la mozzarella in carrozza di mare Pescepane con acciughine, pecorino, pomodorini secchi e erbette. A destra: il fritto imperiale. azzurra apecar di Pescepane fa il suo esordio in Piazza Santo Spirito, approdando tra una marea di tifosi in occasione della presentazione delle nuove maglie della Fiorentina da parte dello sponsor LE COQ SPORTIF. Il successo di questo progetto è stato tale che ben presto, per poter soddisfare le tante richieste e garantire al meglio il servizio offerto da Pescepane, alla prima Apecar se ne è aggiunta una seconda. Oltre alla partecipazione ai vari festival, con la sua cucina mobile, infatti, Pescepane ha espresso fin da subito la sua anima eat-inerante offrendo un servizio originale e alternativo per qualsiasi evento privato o aziendale, per catering ed inaugurazioni, aperitivi a domicilio o street party per lauree, anniversari, matrimoni, compleanni ed eventi sportivi o musicali. Così, moltiplicato nei mezzi, Pescepane, se da una parte si muove in tutta libertà, dall’altra si concede approdi d’elezione, come quando, nei mesi estivi, sosta sulla bella terrazza del Lungarno al Tempio, dove, da buon pesciolino fuor d’acqua, col suo tocco cromatico azzurro è indice della presenza di cibo di mare tra food truck per lo più carnivori — La Toraia, Panino Tondo e Phil’s American BBQ — e mescola nell’aria il profumo di pesce fritto a quello di carne alla brace. 126
Le specialità e il ristorantino Dalla sua cucina mobile escono piatti tipici come il fritto misto, il frittino, con gamberi argentini, totani, ciuffi e latterini in semola di grano biologica, spiedini di gamberi cotti alla piastra, ma anche un classico dello street food internazionale come fish and chips, con bocconcini di baccalà dorati in farina di mais e riso. Nel cartoccio da asporto finiscono alici e sarde avvolte da un’impanatura di mandorle. Ci sono poi l’hamburger, dove tra le fette di pane finisce il branzino; la schiaccia toscana, farcita con alici marinate e burro; infine i tacos con sgombro e mix di insalatine, pomodorini, erbe aromatiche e sottaceti. Poi c’è lui, il pezzo forte, che non a caso porta il nome Pescepane: la mozzarella in carrozza di mare, ovvero due fette di pane toscano impanate e fritte con acciughine marinate, pecorino toscano, pomodorini secchi ed erbette. Unione di due elementi essenziali emblema dello street food, il pesce e il pane appunto, è un omaggio al cibo di strada caratterizzato prima di tutto dalla semplicità, che nulla toglie alla qualità. Due assunti linee guida del brand che Pescepane si è portato sulla terra ferma nel 2017, quando ha sentito l’esigenza di avere un porto a cui tornare, un approdo fisso ed
è nata La Cucina di Pescepane, piccolo ristorante in Sant’Ambrogio sempre a Firenze. Atmosfera accogliente, informale e famigliare, il locale conta una trentina di posti a sedere all’interno e d’estate si conquista un’area esterna con un’altra ventina di posti. In pieno spirito Pescepane, la comanda la compila il cliente, nessuna lusinga a ghirigori di tovaglie e tovaglioli, l’essenziale è nel piatto. Dove finiscono portate un po’più elaborate rispetto a quelle del food truck. Quindici in tutto le preparazioni proposte sul menu, alle quali si aggiunge il piatto del giorno. E anche quest’anima stanziale di Pescepane a quanto pare è stato un successo visto che appena lo scorso 21 marzo, in occasione del suo secondo compleanno, il locale è stato re-inaugurato per festeggiarne l’ampliamento. Alla domanda di rito su quali siano i progetti per il futuro, Gianni risponde che lo street food si presta a operazioni di franchising, a una possibilità di replica anche in altre città e questa idea di progetto al momento c’è, aleggia nell’aria. Niente di certo però. Si tratta per ora solo di suggestioni. Di certo c’è invece questo nuovo traguardo: l’inserimento di Pescepane nella Guida Street Food del GAMBERO ROSSO. Federica Cornia IL PESCE, 3/19
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SAPORE DI MARE
Indaco. C’è una stella nel blu profondo di Ischia di Riccardo Lagorio
L’indaco è l’azzurro profondo, la sua versione aristocratica, quella che rilassa la mente e limita il malumore. L’indaco è solenne, eleganza e fascino antichi, di capitani di ventura e mari da favola. Poi c’è l’INDACO, il ristorante nell’Albergo della Regina Isabella a Lacco Ameno sull’isola d’Ischia (reginaisabella. com), altrettanto elitario e raffinato. Molto diverso dal solito “ristorante d’albergo”, semmai sorprendente come l’albergo che lo ospita, ricco di ceramiche e mobili antichi, opere d’arte e servizi che lo rendono una delle mete predilette da divi nazionali e foresti. A sostegno del fatto che Indaco brilli di luce propria, «il 70% dei clienti è esterna all’hotel», spiega PASQUALE PALAMARO che da
una decina d’anni, 6 di stella, guida i fornelli. La scelta di questo ischitano purosangue poco più che quarantenne è di proporre esclusivamente cucina di mare, «compresi i fondi» sottolinea. La svolta che gli ha segnato la vita risale al 2003, in occasione dei 50 anni del Regina Isabella: «Durante quella stagione furono invitati cuochi di alto livello per degli eventi gastronomici e rimasi colpito dall’utilizzo di cotture sous vide, a bagnomaria e abbattitori. Decisi di approfondire quegli argomenti e iniziai un percorso di apprendimento in alcune delle cucine più significative. L’attenzione alla naturalità dei piatti di PAOLO TEVERINI si intrecciava nella mia mente con la mediterra-
neità dei prodotti usati da ANTONINO CANNAVACCIUOLO, l’importanza delle spezie appresa da ANTHONY GENOVESE si fondeva con piatti evocativi di ELVIO MILLERI di Copenaghen». Così ha preso forma una delle più belle cucine campane, composta di ricordi e rimandi. Gli Aculei di mare, neri spaghetti con all’interno tartare di ricciola e serviti su una salsa di mozzarella, riconducono alla nostalgia dei giorni in cui gli scugnizzi potevano sottrarre alla viva roccia i ricci di mare e contrattare con i ristoranti locali. Ricostruzione semantica. Mantengono di quel passato la traccia dell’irregolarità delle forme, adeguata dall’inattesa scoperta di un contenuto insolito, ma non estraneo
Aculei di mare.
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fatto di limone, basilico, pesce crudo che nobilita. I giochi di parole servono a indirizzare messaggi che devono scolpirsi nella memoria: il Coccio al coccio. La marinata di agrumi e la salsa bianca al Biancolella, il vitigno dell’isola a bacca bianca, profumano il coccio in cui la gallinella di mare (coccio) viene cucinata e spinata in sala. Ricchezza di aromi e intensità di sapori. «La materia prima fresca, che ci arriva grazie a pescatori subacquei o catturata alla lenza o in rete, è fondamentale». Del resto il pesce è, tra le materie prime, quella che meno deve lavorata. «La cucina di mare deve essere espressa per sua natura e l’arco di vita del pesce è breve. Le cotture lunghe fanno perdere i sali minerali di cui il pesce è ricco». Quindi via libera all’immediatezza della Caponata di sgombro, con olive, polpo, pomodoro, cipolla e capperi, e dei Tartufi grigliati, serviti nel limone pane tagliato a metà e scavato con all’interno salsa di salicornia montata con olio extravergine. Ma la semplicità ha bisogno di creatività: ecco gli Spaghetti all’acqua di mare sono serviti cotti sottovuoto in acqua di frutti di mare con un’ostrica a completare il piatto. Così viene facile anche pensare al Carpaccio di pesce, crudo, in stagione portato in tavola con carciofi e arance e alle Alici d’oro, in diverse variazioni con salsa di zucchine. La cucina, più volte lo ho affermato su questo dorso, è una delle declinazioni dell’arte. L’Astratto di peperoni su tela di baccalà è un omaggio non velato a JACKSON POLLOCK. «Stavo preparando un lingotto di baccalà e casualmente mi sono trovato di fronte un’affettatrice. L’ho utilizzata per il baccalà che ora sembrava seta su cui dipingere. Utilizzando un frullato di peperoni ho completato il piatto». Ecco la genialità dell’immediatezza, che l’artista offre di sé. Il piatto, ormai diventato icona del ristorante, è frutto di tratti e rifiniture che non saranno mai uguali. Impressione che si era provata pochi minuti prima, con la Griglia di aperitivi, servita su una vera e pro-
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In alto: lo chef Pasquale Palamaro. In basso: “Cappelunghe green island”, cannolicchi con katsuobushi su una crema di scarole spalmata a forma di Ischia, maionese alle alghe e olive taggiasche con zenzero e pomodoro secco. pria rete: il cannolo al nero di seppia e mousse di ricotta; madeleine al tè, crema di riso e perle di alici; tartelletta di melanzana al forno; pane e pomodoro; chips di ceci soffiati. La presentazione era imprevedibile, quindi per se stessa, forma d’arte. Lo Spiedino di pezzogna e foie gras è invece un’esplosione di gusto, mentre sono la crema di carote al Martini dry e l’uva marinata a dona-
re il necessario tono cromatico. Ma, tempo che la costa abbia smarrito i colori vivi, audaci, che la luminosa sala dell’Indaco appare sempre più come una stella nel profondo blu della baia. Complici le altre cinque stelle, quelle dell’albergo, la sera potrà continuare con la ricca scelta di distillati lì accanto, dove i fortunati ospiti vengono cullati. Riccardo Lagorio
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CONVEGNI
Una storica risorsa del territorio oggi minacciata da sfruttamento commerciale e cambiamenti climatici
I valori dell’anguilla
Si è svolto lo scorso 15 maggio a Bologna l’incontro “L’anguilla” de “I Mercoledì dell’Archiginnasio” presso la Sala conferenze della Società Medica Chirurgica del capoluogo emiliano. L’evento faceva parte di un ciclo di incontri che si prefigge l’intenzione di spiegare i valori (economico, nutrizionale, culturale) dei prodotti alimentari che giornalmente si consumano sulle tavole degli Italiani per fornire, in maniera corretta e scientifica, le informazioni necessarie ad approfondire i temi della tutela, salubrità e tradizione territoriale dei prodotti agroalimentari nazionali. Il tutto in collaborazione tra Accademia Nazionale di Agricoltura, delegazioni bolognesi dell’Accademia Italiana della Cucina e Società Medica Chirurgica di Bologna. L’incontro ha visto i saluti del PROF. GIORGIO CANTELLI FORTI, presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, e del PROF. CLAUDIO BORGHI, presidente della Società Medica Chirurgica di Bologna. A seguire si sono svolti gli interventi
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del DOTT. OLIVIERO MORDENTI, Corso di Laurea in Acquacoltura di Cesenatico, Università di Bologna, sul Valore del Prodotto, sul Valore nutrizionale e nutraceutico del PROF. CORRADO PICCINETTI, Laboratorio di Biologia Marina e Pesca di Fano Università di Bologna, e sul Valore in cucina e in tavola del PROF. ATOS CAVAZZA, delegato di Bologna San Luca Accademia Italiana della Cucina. Ha moderato l’incontro la PROF. SSA ROSANNA SCIPIONI, rappresentante di entrambe le Accademie. Le qualità nutrizionali dell’anguilla «Le anguille sono pesci con caratteristiche nutrizionali diverse nel corso dello sviluppo e tra maschi e femmine. Il sesso è indeterminato per i primi anni di vita e la su determinazione avviene attorno a 15-18 cm di lunghezza, cioè dopo alcuni anni dalla nascita. I maschi non superano generalmente i 200 g di peso mentre le femmine possono superare i 2 kg» ha detto il prof. Piccinetti. «Ciò è molto importante sotto l’aspetto nutrizio-
nale ed economico, in particolare quando si allevano le anguille e si cerca di ottenere anguille più grandi e con un accrescimento più rapido. La complessità del ciclo biologico influenza grandemente i valori nutrizionali e le proprietà nutraceutiche. Una caratteristica della specie è la presenza crescente con l’aumentare dell’età di grassi e questi condizionano poi l’utilizzo in cucina. Infatti vi sono grandi differenze nutrizionali tra le ceche, cioè le piccole anguille il cui consumo era tradizionale in alcune regioni come la Toscana o come ragani che si prestano per la frittura, o per le anguille di 50-150 g che vengono cucinate con salse varie ed hanno una quantità di grasso non elevato, fino alle anguille grandi a volte dette capitoni, che sono cucinati secondo le tradizioni in modi diversi ma che riducono il grasso con la cottura. Si tratta di un cibo da consumare con moderazione, se non altro perché si tratta ormai di specie sempre meno abbondanti e soggette a norme di pesca restrittive».
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Il misterioso viaggio per la riproduzione: dall’Atlantico all’Adriatico «Le anguille italiane vivono in una gamma diversificata ambienti, ma provengono da una sola area di riproduzione che si trova in oceano Atlantico, nel mare dei Sargassi» ha proseguito il prof. Corrado Piccinetti. «In quest’ampia area, alla profondità di diverse centinaia di metri, avviene la deposizione delle uova e la loro fecondazione. Ogni femmina depone oltre un milione di uova e i riproduttori non tornano indietro. Le larve che nascono dalle uova sono trasportate dalle correnti verso l’Europa e il tempo per arrivare alle coste italiane supera i due anni ed è più lungo per gli esemplari che arrivano in Adriatico. Giunti alle foci di fiumi o altri corsi d’acqua, si trasformano da stadi larvali in piccole anguille, quasi trasparenti, che nuotano e abbandonano le acque marine assumendo la pigmentazione giallastra delle anguille. L’accrescimento prosegue ed in un altro anno
raggiungono il peso di 8-15 g e sono chiamati ragani. Vi è un processo biologico particolare per cui la maggior parte dei ragani che si fermano nella loro risalita del corso d’acqua, in prossimità del mare, diventeranno maschi mentre la maggior parte di quelli che proseguono nella risalita del fiume, allontanandosi dal mare anche centinaia di chilometri, diventeranno prevalentemente femmine. In autunno le anguille adulte iniziano lo spostamento verso il mare e proseguono allontanandosi gradatamente dalle coste e scendendo in mare a profondità sempre maggiori. Non è noto come facciano le anguille che escono dai fiumi dell’Adriatico ad orientarsi correttamente, arrivate al largo di Otranto, poi sulla punta della Calabria e della Sicilia per dirigersi verso lo stretto di Gibilterra e poi puntare verso l’area dei Sargassi ove riprodursi». Come si allevano le anguille? «Attualmente l’anguilla europea è una delle più pregiate specie
ittiche oggetto d’allevamento che per decenni ha rappresentato un esempio di prodotto d’alta qualità nelle aree vallive del Nord Adriatico (Comacchio in primis), raggiungendo il suo apice negli anni ’90 con allevamenti intensivi» ha esordito il prof. Oliviero Mordenti. «Essa viene allevata in tutta Europa sfruttando il reperimento in natura del novellame, le cosiddette ceche, che poi vengono svezzate ed ingrassate in vasche in cemento ed in vetroresina utilizzando non acqua marina o salmastra ma acqua dolce con lo scopo di accelerarne l’accrescimento. In Paesi come l’Olanda e la Danimarca si è arrivati a forme di allevamento di tipo iper-intensivo con carichi finali di 150 kg/m3». L’anguilla europea una specie in pericolo «In questi ultimi anni si è registrato un decremento significativo delle risorse degli stock di anguilla (i dati FAO mostrano un calo di quasi l’80% delle catture mondiali in questi ultimi trent’anni) dovuto a cause
Un allevamento di anguille nel Delta del Po, che dal 2015 è parte della rete mondiale di Riserve della Biosfera, ovvero “aree comprendenti ecosistemi terrestri, marini/costieri, o una combinazione degli stessi, riconosciute a livello internazionale nella struttura stessa del Programma MAB dell’UNESCO, dove l’accento è posto su forme di gestione integrata, partecipata e decentralizzata dello sviluppo” (photo © Pixcube.it).
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acquisendo un sapore a volte poco gradevole). Meno ricercate per qualità delle carni quelle di allevamento intensivo in vasche».
Le informazioni sulle nuove norme europee di tutela a fronte del drastico calo produttivo, i valori nutrizionali e il racconto del particolare metodo di riproduzione è stato al centro dell’incontro sull’anguilla de “I Mercoledì dell’Archiginnasio”, ciclo di conferenze dedicato alle eccellenze dell’agroalimentare italiano,organizzato dall’Accademia Nazionale di Agricoltura, dalle delegazioni bolognesi dell’Accademia Italiana della Cucina e dalla Società Medica Chirurgica di Bologna (in foto uno scatto durante l’introduzione della prof.ssa Rosanna Scipioni). multifattoriali di origine antropica (sfruttamento commerciale, pesca eccessiva delle forme giovanili, inquinamento ambientale, presenza di sbarramenti nelle acque libere, variazioni correnti oceaniche, malattie parassitarie) che hanno avuto un duro impatto sulla capacità riproduttiva naturale di questa specie» ha continuato il prof. Mordenti. «Per questo motivo l’anguilla europea è stata inserita come una specie in pericolo critico (IUCN Red List delle specie minacciate) e la Comunità Europea ha emanato il Regolamento (CE) n. 1100/2007, istituente misure per la ricostituzione dello stock della specie con lo scopo di adottare misure urgenti e concrete di tutela. Nel contesto internazionale, appare chiaro come in questi ultimi anni si sia verificato un ridimensionamento dell’aspetto produttivo dell’anguilla causato dalle norme maggiormente restrittive, da una maggiore difficoltà nel reperire i giovanili per dare avvio all’allevamento e dall’innalzamento repentino del loro prezzo (in alcune aste per 1 kg di ceche sono stati battuti prezzi superiori ai 1.000 euro).
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Molto forte è anche la commercializzazione illegale dei giovanili verso il mercato asiatico, dove gli allevatori sono disposti a spendere fino a quasi 2000 euro/kg. Di conseguenza anche il prezzo di mercato delle due forme commercializzate, quali il buratello (maschio di 120-180 g) e il capitone (femmina superiore ai 350 g) da allevamento è aumentato. L’anguilla di valle (selvatica) nel periodo natalizio può facilmente sfiorare i 50 euro/kg». La carne d’anguilla «Le carni dell’anguilla sono particolarmente buone e saporite, ma contengono alte percentuali di grassi; costituiscono per contro un’ottima fonte di proteine ed anche di sostanze preziose per l’uomo quali fosforo, potassio e vitamine» ha detto il prof. Atos Cavazza. «Le anguille vengono commercializzate in vari modi: fresche o essiccate, congelate, affumicate, salate e marinate. Le migliori sono quelle di mare, seguite da quelle di lago o fiume sassoso, e da quelle di allevamento in valle (non però nel periodo estivo, nel quale si assiste spesso alla moria dei molluschi dei quali le anguille si cibano
Come acquistare un’anguilla di qualità? «L’anguilla andrebbe acquistata viva, in quanto se morta e non eviscerata si deteriora velocemente. È da preferire quindi un’anguilla pulita subito e congelata rispetto ad una tenuta in frigo “morta” da alcuni giorni» ha continuato il prof. Cavazza. «Una singolarità dei “murenoidi” è quella del loro sangue, velenoso per l’uomo, mentre cotto è innocuo. Contiene infatti una tossina, l’ittioemotossina, che ha proprietà emolitica, vale a dire aggredisce la membrana dei globuli rossi, rompendola, procurando paralisi sensoria e motoria, blocco della respirazione». L’anguilla in cucina «Al di fuori della tradizione natalizia (in umido), si preferisce la preparazione alla brace, che permette la colatura del grasso, garantendo così una maggiore digeribilità. Con questo tipo di cottura il pesce giunge a scolare fino al 50% del proprio peso in acqua e grasso» ha concluso Cavazza. «L’anguilla si apre dalla schiena e non dalla pancia. La tradizione vuole che l’anguilla in cottura arrosto venga girata solo 2 volte. La legna migliore per la preparazione alla brace è quella ricavata dalla legna di vite o da alberi da frutta non trattati. La domanda maggiore di anguilla proviene dall’Asia ma soprattutto dal Giappone e Cina. A causa del brevissimo periodo della pesca, che (in valle), va soltanto da novembre a gennaio, si è sempre fatto ricorso al procedimento della marinatura in aceto che permette la conservazione delle carni più a lungo, e la consumazione del prodotto durante l’intero arco dell’anno. La tradizione di marinare le anguille vanta origini secolari». Nota A pag. 130 anguille affumicate (photo © Patricia – stock.adobe.com).
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RASSEGNE
La ricetta di Slow Fish per garantire un futuro al nostro mare e alle sue genti Grande festa dal 9 al 12 maggio al Porto Antico di Genova, dove è andato in scena, con grande successo di pubblico — nonostante il tempo poco clemente —, l’evento biennale di Slow Food dedicato ai mari e alla pesca sostenibile. «È sempre più evidente che, affinché i mari continuino a essere riserve di cibo, dobbiamo cambiare le nostre abitudini e cioè pescare meno e meglio, coltivare alghe e più molluschi. Insomma, un vero e proprio salto culturale in cui Slow Food deve assumere un ruolo guida coinvolgendo pescatori e allevatori, cuochi e consumatori» ha dichiarato MASSIMO BERNACCHINI, esponente del comitato esecutivo di
Slow Food Italia, sintetizzando così quattro giorni di lavori dei delegati internazionali della rete di Slow Fish e del comitato scientifico, che si sono confrontati a partire dal tema centrale di questa nona edizione, Il mare: bene comune. «Per riuscire ad affrontare in modo sostenibile l’aumento della popolazione mondiale mantenendo un mare ancora ricco, dobbiamo puntare alla parte inferiore della catena alimentare, evitando i pesci che si trovano all’apice come tonno o pesce spada a favore di bivalvi, crostacei, plancton e alghe, potenzialmente molto abbondanti. Solo così riusciremo a preservare le risorse per le future generazioni
e salvare davvero il nostro mare. Fondamentale è anche ridurre la pesca di pesce azzurro utilizzato per produrre i mangimi necessari per l’acquacoltura: è molto meglio imparare a mangiarlo e prepararlo recuperando le specie e le ricette dei nostri nonni». Durante i quattro giorni è emerso come dato fondamentale quanto sia importante lavorare affinché le istituzioni e i governi valorizzino il mestiere del pescatore e si aprano a una cogestione delle risorse marine. Per la prima volta il confronto è stato aperto anche ad apicoltori e produttori di altre filiere, che lottano ogni giorno contro gli stessi problemi.
La manifestazione organizzata da Slow Food e Regione Liguria ha riunito a Genova pescatori, trasformatori e aziende che hanno raccontato le loro storie e condiviso le loro buone pratiche, rafforzando quella rete internazionale che ha fatto incontrare più di 100 delegati da oltre 20 Paesi (photo © Alessandro Vargiu – Archivio Slow Food). 134
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Alta l’affluenza di pubblico al Porto Antico di Genova alle bancarelle del Mercato così come agli appuntamenti per imparare insieme a costruire un menù di pesce equilibrato a livello ecologico e sostenibile e alle degustazioni in cui approfondire temi come la biodiversità delle coste, il cambiamento climatico e le storie di giovani pescatori (photo © Alessandro Vargiu e Paolo Properzi – Archivio Slow Food).
Salviamo il mare e gli oceani Perché il livello delle acque si sta innalzando? Quali sono le specie marine in pericolo? Perché è importante proteggere gli squali? Salviamo il mare e gli oceani, pubblicato da Slow Food Editore, è il manuale giusto per fornire ai giovani lettori (non a caso il sottotitolo è “manuale del giovane ecologista”) gli strumenti necessari a scoprire, in maniera semplice e divertente, l’importanza del mare e degli oceani, la flora e la fauna che vi abitano, le minacce che incombono su di loro e le buone pratiche per tutelarlo. Tra le pagine di questo volume illustrato dedicato ai bambini tra gli 8 e i 12 anni si trovano preziosi gesti ecologici da fare ogni giorno per diventare veri custodi degli oceani o, più semplicemente, cittadini che hanno a cuore il bene del pianeta. L’edizione italiana è disponibile anche on-line su www.slowfoodeditore.it AGNÈS VANDEWIELE, Salviamo il mare e gli oceani Traduzione: HÉLÈNE STAVRO – Illustrazioni: JOANNA WIEJAK Collana: AsSaggini – 96 pp. – € 12,00
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L’area del Mercato di Slow Fish ha ospitato produttori di specialità ittiche nazionali e non, conserve, sali, spezie e oli extravergini. 1) Acciughe salate, sottolio e marinate della Euromar di San Benedetto del Tronto (AP) di Silvano Carso Pietro. 2) Buzzonaglia di tonno, palamito, sgombro, masculina da magghia: la Cooperativa del Golfo produce conserve ittiche sotto sale e sottolio secondo l’antica tradizione marinara siciliana. 3) Albigadus di Albisola Superiore (SV), specializzata nella commercializzazione di stoccafisso e baccalà. 4) L’anguilla marinata, specialità tipica di Comacchio (FE). 5) Lo stoccafisso sottolio a marchio Ragnar e il pregiato Gaspè della genovese Unifrigo Gadus Spa, che dal 1878 importa stoccafisso e baccalà. 6) Le delicate alici di Menaica, presidio Slow Food del Cilento.
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1) La meravigliosa bancarella della Fish School, che si propone di valorizzare e diffondere la cultura giapponese del pesce essiccato, chiamato localmente himono (photo © Alessandro Vargiu – Archivio Slow Food). 2) L’alaccia salata di Lampedusa, presidio Slow Food. 3) Le ostriche della Spezia proposte dalla Cooperativa mitilicoltori spezzini. 4) Il Laboratorio dedicato alla salatura dell’acciuga a cura degli ittiturismi di Genova e Tigullio (photo © Alessandro Vargiu – Archivio Slow Food). 5) L’asta del pesce (photo © Alessandro Vargiu – Archivio Slow Food). 6) “Il Nero di Seppia” e “La Palamita” sono solo due dei sughi artigianali per condire la pasta della linea “Sughi d’aMare” nata da un’idea dello chef Michelangelo Rongo del ristorante livornese Aragosta.
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FIERE
La tavola di domani a Tuttofood 2019 Buyer e visitatori in crescita per la fiera internazionale del B2B dedicata al food & beverage organizzata da Fiera Milano giunta alla sua settima edizione e dal respiro sempre più internazionale Ha a chiuso con un incremento di buyer e visitatori la settima edizione di Tuttofood (Milano, 6-9 maggio), il salone organizzato da Fiera Milano confermatosi sempre più hub internazionale per un settore strategico per l’economia italiana come l’agroalimentare. Un ruolo sistemico sottolineato dalle presenze istituzionali del presidente del Consiglio GIUSEPPE CONTE e da GIAN MARCO CENTINAIO, ministro delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo. Sono stati 82.551 gli operatori presenti, il 21% dei quali
esteri provenienti da 143 Paesi, con 12 new entry (in particolare da America Centrale, Medio Oriente e Nord Africa) che hanno incontrato i 3.079 brand italiani e internazionali presenti in manifestazione. USA, Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Cina, Canada, Benelux, Giappone e Federazione Russa si confermano, in quest’ordine, i primi 10 Paesi esteri di provenienza. Importanti e apprezzate le delegazioni dei buyer in fiera anche grazie al fine tuning realizzato con ITA/ICE Agenzia. Infine, sono stati più di
1.414 giornalisti e 325 blogger italiani ed esteri accreditati. Grande affluenza anche negli oltre 250 eventi collaterali organizzati in mostra, come quelli dedicati a blockchain, retail e intelligenza alimentare. Il cibo del futuro? Uno stile di vita da condividere Tra i padiglioni e gli stand, gli espositori hanno messo in mostra prodotti della tradizione affiancati alle novità dei superfood, in un contesto caratterizzato dal forte ritorno dell’utilizzo
A Tuttofood erano più di 100 i Paesi di provenienza dei buyer arrivati a Milano, italiani e internazionali, con un focus su Nord America, Cina e Medio Oriente. Risultato ottenuto grazie al supporto di ICE Agenzia su diversi mercati chiave.
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Sono moltissime le aziende che hanno scelto Tuttofood 2019 per presentare le loro novità più interessanti. 82.551 le presenze (+3% sulla precedente edizione) e 3.079 i brand italiani e esteri arrivati da 43 Paesi e valorizzazione di materie prime di pregio. Un’edizione, questa, all’insegna dell’innovazione di prodotto, ma anche della salute, dell’importanza di una corretta e sana alimentazione e di processi produttivi sempre più eco-sostenibili. Molte aziende, inoltre, hanno scelto questa manifestazione internazionale per presentare nuove linee bio. In particolare, è emerso come anche le insegne della GDO si stiano sempre più orientando allo sviluppo di linee biologiche a marca del distributore (MDD). Secondo la ricerca N OMISMA presentata nel corso di Tuttofood 2019, sarebbero quattro i temi che rispondono alle attuali sensibilità dei consumatori: oltre alla ricerca di benessere e prodotti naturalmente salutistici, le scelte di acquisto degli Italiani sono spinte dalla ricerca di qualità del prodotto e trasparenza della filiera, attenzione agli sprechi e utilizzo di confezioni a basso impatto ambientale. Tra le azioni importanti per contribuire allo sviluppo sostenibile, l’acquisto di prodotti bio è ritenuto dall’81% dei responsabili degli acquisti alimentari una delle iniziative più efficaci. Appuntamento al 2021 Riscontro di pubblico per Milano Food City, il fuorisalone a cui Tuttofood ha contribuito con un ricco palinsesto di appuntamenti. L’appuntamento con l’ottava edizione di Tuttofood si rinnova invece sempre a fieramilano dal 17 al 20 maggio 2021. >> Link: www.tuttofood.it
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In alto: Noriberica, fondata nel 1994, si dedica alla produzione, lavorazione e confezionamento di prodotti surgelati della pesca e dell’acquacoltura. Nello stand il direttore commerciale Italia dell’azienda Gino Stanghellini con alcuni collaboratori. Al centro: la Bernardini Gastone di Cenaia Crespina (PI) produce salumi e affumicati di carne e selvaggina, norcineria toscana e un’interessantissima gamma di prodotti e affumicati ittici. Al centro dello stand, il titolare Mauro Bernardini. In basso: CSB-System AG, azienda leader del settore per le industrie che lavorano per processi (alimentare, delle bevande, chimica, farmaceutica, cosmetica e il commercio).
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TECNOLOGIE
Una tendenza confermata anche dagli esperti del gruppo CSB-System, presente con un suo stand alle fiere Seafood, IFFA e Tuttofood
Digitalizzazione e automazione sono i veri impulsi innovativi del settore alimentare Le tre manifestazioni si sono svolte quasi in contemporanea tra fine aprile ed inizio maggio; l’una a Bruxelles rivolta agli operatori del settore ittico, l’altra a Francoforte dedicata agli operatori del settore carne in tutte le sue declinazioni, ed infine la Tuttofood di Milano, ormai riconosciuta come fiera leader del settore Alimenti & Bevande e anche quest’anno ha richiamato visitatori da tutto il mondo. Il tema conduttore del gruppo CSB-System, presente con un proprio stand ad entrambe le fiere, è stato Digitize and Automate Your Business. L’intento era quello di mostrare agli operatori del settore alimentare come l’utilizzo di
tecnologie digitali e soluzioni di automazione possano recare alle aziende un grosso valore aggiunto. I risultati sono stati davvero soddisfacenti ed incoraggianti. Novità dell’ERP CSB-System Sono state presentate innanzitutto le novità nell’offerta ERP: il nuovo CSB Basic ERP sviluppato per le piccole realtà imprenditoriali, il CSB Factory ERP per gli stabilimenti produttivi di gruppi aziendali e la soluzione completa CSB Industry ERP per gli stabilimenti produttivi di gruppi aziendali e la soluzione completa CSB Industry ERP. Le fiere hanno confermato la tendenza
che sono sempre più numerose le aziende di piccolissime dimensioni che investono in sistemi ERP e questo perché le richieste di legislatori, dettaglianti di generi alimentari e consumatori finali diventano sempre più numerose e complicate da gestire se non si ha a disposizione un supporto informatico. Il CSB Basic ERP ha suscitato tanto interesse proprio perché mette a disposizione delle piccole aziende le Best Practice aziendali e copre già nella sua versione standard pre-configurata le specifiche richieste del settore e del mercato. «Il software può essere implementato velocemente; lo si può installare su
Lo stand CSB ad IFFA 2019.
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tre il CSB Image Meater consente una classificazione automatica non invasiva delle mezzene. L’interesse suscitato tra i visitatori ed i riscontri ottenuti sono stati la conferma per il gruppo CSB che la strada intrapresa è quella giusta. La digitalizzazione richiede un partner affidabile e con esperienza Per gestire grandi progetti di digitalizzazione o nuovi stabilimenti, le aziende preferiscono affidarsi a partner IT con esperienza internazionale: questa è una delle principali conclusioni che CSB porta con sé a chiusura delle due fiere. Non importa che si tratti della costruzione di nuovi impianti o della classica ottimizzazione dei processi e della riduzione dei costi: la maggior parte dei produttori desidera un partner IT con esperienza fatta a livello internazionale in grado di realizzare progetti in paesi diversi. I visitatori, infatti, non provenivano solo da paesi europei, ma anche dall’Asia e dal continente americano.
In alto: lo stand CSB a Tuttofood. In basso: lo stand CSB alla fiera Seafood. un server locale oppure utilizzarlo comodamente in cloud. Lo si amplia al bisogno, in qualsiasi momento, adattandolo con minimo sforzo alle mutate o nuove condizioni in cui l’azienda si trova ad operare. Obblighi legislativi e richieste più diffuse relativamente a controllo qualità, rintracciabilità e EDI sono ovviamente soddisfatte» così spiega HERMANN SCHALK, direttore commerciale del gruppo CSB-System, che continua: «Grazie a questi semplici presupposti tentiamo di rendere il processo di digitalizzazione dei nostri clienti, quanto più semplice possibile». Questa elevata rilevanza pratica di CSB Basic ERP è stata premiata alla IFFA con il Fleischer Handwerk Award. Tecnologie di automazione nella pratica industriale Nell’automazione di processo,
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CSB ha aperto nuovi orizzonti. Qualcosa è stato mostrato anche durante l’IFFA. Tra le tante cose, è stato presentato un sorter per linee automatiche di peso-prezzatura e picking/evasione ordini di prodotti a base di carne, sviluppato in collaborazione con ESPERA, un produttore leader di apparecchiature di etichettatura. Utilizzando un modello di magazzino, CSB ha dimostrato come le aziende del settore alimentare possono combinare software e tecnologia di automazione, al fine di migliorare la gestione degli stock di prodotti e renderne più efficiente la loro movimentazione. Ancora alla IFFA, CSB ha anche presentato dal vivo una tecnologia all’avanguardia nel campo dell’elaborazione industriale delle immagini. Il nuovo CSB Unit Recognition, ad esempio, può registrare rapidamente e automaticamente i contenitori a rendere men-
Uno sguardo positivo verso il futuro Nel complesso CSB traccia un bilancio molto positivo delle due fiere. Queste le parole di SARAH VANESSA KRÖNER, membro del consiglio di amministrazione del gruppo CSB: «Il nostro obiettivo era mostrare nuove soluzioni e approcci concreti alla digitalizzazione e all’automazione di piccole, medie e grandi aziende. Ed è esattamente ciò che siamo riusciti a fare».
Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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SICUREZZA ALIMENTARE
Clostridium difficile in cozze e vongole dell’Alto Adriatico Dopo il mar Tirreno, il Clostridium difficile è stato ritrovato anche nelle acque di Veneto e Friuli Venezia Giulia, in cozze e vongole Un’indagine condotta da ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) nel periodo 2015-2017, recentemente pubblicata sulla rivista INTERNATIONAL JOURNAL OF FOOD MICROBIOLOGY, ha accertato la presenza del microrganismo nell’Alto Adriatico e i risultati meritano una certa attenzione.
Clostridium difficile Clostridium difficile è un batterio che, grazie alla produzione di particolari tossine, può causare nell’uomo la colite pseudomembranosa. Un’indagine condotta da ricercatori dell’IZSVe ha accertato la presenza del microrganismo in cozze e vongole provenienti dall’Alto Adriatico.
Degli oltre 700 campioni analizzati, l’11,6% delle cozze e il 23,2% delle vongole sono risultati positivi, spesso anche con ceppi di C. difficile di particolare rilevanza clinica per l’uomo, come confermato dalle analisi molecolari eseguite in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Questo risultato si giustifica
Un’indagine condotta da ricercatori dell’IZSVe ha accertato la presenza del microrganismo Clostridium difficile in cozze e vongole provenienti dall’Alto Adriatico. I risultati non devono allarmare, ma suggeriscono qualche precauzione. Si conferma infatti l’importanza di consumare molluschi sottoposti a trattamento di depurazione o provenienti da aree di allevamento a mare (photo © kazoka303030 – stock.adobe.com).
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Il consumo di molluschi crudi o poco cotti va sicuramente evitato, in quanto espone a rischi sanitari di vario tipo, non solo nei confronti di Clostridium difficile con l’elevata antropizzazione e con l’elevata densità di allevamenti nelle regioni prospicienti le aree marine in cui è stato effettuato il campionamento. A differenza di quanto avviene nell’uomo, gli animali, con poche eccezioni, sono spesso portatori sani di C. difficile a livello intestinale. Uomo e animali sono tuttavia accomunati dall’eliminazione con le feci di spore di C. difficile, e in tal modo, tramite i reflui urbani e
zootecnici, possono contaminare le acque dei fiumi che successivamente si riversano in mare. La contaminazione antropica e zootecnica dell’ambiente, in questo caso marino, può riflettersi, pertanto, nella contaminazione dei cosiddetti molluschi eduli lamellibranchi, ovvero di quelle specie di molluschi racchiusi all’interno di una conchiglia, che si nutrono filtrando l’acqua marina rimanendo sulla sabbia del fondale, come fanno le vongole, o appesi a distanza dal fondale, come succede per le cozze allevate. Questi molluschi, infatti, filtrando l’acqua possono accumulare le spore di C. difficile. Consumare i molluschi bivalvi solo se cotti I risultati di questa indagine, preliminari ad ulteriori studi di valutazione del rischio, non devono tuttavia allarmare: perché nell’uomo si manifesti la colite pseudomembranosa non è sufficiente mangiare alimenti contaminati con le spore di C. dif-
ficile, ma sono richieste condizioni predisponenti quali alterazioni della flora intestinale, generalmente causate dall’assunzione di antibiotici per via orale o di farmaci che alterano il pH gastrico, unitamente all’età avanzata. Questa patologia, infatti, colpisce prevalentemente gli anziani e in particolare quelli che assumono giornalmente farmaci contro l’acidità gastrica e/o antibiotici. In ogni caso i risultati suggeriscono qualche precauzione. Si conferma l’importanza di consumare molluschi sottoposti a trattamento di depurazione o provenienti da aree di allevamento a mare. Il consumo di molluschi crudi o poco cotti va sicuramente evitato, in quanto espone a rischi sanitari di vario tipo, non solo nei confronti di C. difficile, a maggior ragione se i consumatori sono anziani sottoposti a terapie che possono influire sull’equilibrio della loro flora intestinale. (Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie www.izsvenezie.it)
Sostituzione di specie ittiche: la frode piĂš diffusa di Luca del Grammastro e Maria Elena Turba
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La sostituzione di una specie ittica con un’altra più economica e meno pregiata, e con denominazione scientifica diversa, è oggi pratica diffusa: l’alto numero di intermediari tra la cattura e la vendita, la sempre più diffusa lavorazione del prodotto, una tracciabilità evidentemente non impeccabile e l’altissimo numero di specie immesse sul mercato hanno infatti reso semplice il tranello. E così diventa facile sostituire, o mescolare, una polpa di capasanta con i cugini poveri o il pesce ghiaccio esportato a tonnellate dalla Cina per bianchetto o rossetto, triplicando i prezzi di vendita. Chiaramente siamo di fronte ad una vera e propria frode alimentare, che trasforma un sarago per magia in un’orata, il pangasio un halibut… ma la tentazione è forte. Difficile, d’altronde, una verifica immediata da parte dell’utente, visto che questi pesci davvero assomigliano ai parenti nobili e visto che spesso sono venduti sotto forma di prodotto già lavorato in filetti o preparato, perdendo molte delle caratteristiche morfologiche di riconoscimento. La straordinaria evoluzione delle tecniche di biologia molecolare, in primis il sequenziamento del DNA ma anche l’accelerazione della tecnologia di sequenziamento massivo dei genomi, il cosiddetto sequenziamento di II generazione (NGS), ha reso possibile l’applicazione di tali metodiche anche nell’ambito dell’identificazione delle specie ittiche. Tecnologie prima giudicate troppo costose, sono oggi diventate molto più sostenibili in termini di investimento iniziale e di costi per singola analisi. Oltre a ciò, la creazione di speciali banche dati genetiche finanziate anche da progetti intergovernativi sovranazionali ha permesso di creare un immenso patrimonio di sequenze genetiche di pesci, crostacei e molluschi, utilizzabili, tra l’altro, anche ai fini dello smascheramento di frodi ittiche. Infatti, il DNA rappresenta una molecola molto stabile e garantisce di poter eseguire l’analisi di identificazione delle specie ittiche anche su prodotti sottoposti a trattamenti termici. I metodi prevalentemente impiegati nei laboratori analisi prevedono l’estrazione del DNA da
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muscolo o organo e la successiva amplificazione di specifiche regioni di interesse mediante metodica PCR; tali prodotti di PCR sono poi sottoposti ad analisi di sequenza e i dati ottenuti sono confrontati con le banche dati genetiche e tassonomiche pubbliche presenti on-line. Più in particolare, per l’identificazione molecolare delle specie ittiche, le sequenze studiate sono speciali regioni del DNA mitocondriale riconosciuto da tutta la letteratura internazionale come un target estremamente efficace ai fini dell’identificazione delle varie specie, dal momento che questa molecola possiede, come caratteristica peculiare, un elevato grado di polimorfismo tra le diverse specie. L’identificazione delle specie ittiche mediante metodiche molecolari basate generalmente sul sequenziamento del DNA consente di riconoscere anche filetti e porzioni di muscolo, dove non sono presenti cioè elementi tradizionalmente impiegati per il riconoscimento di specie come pinne, colore della pelle e altri elementi morfologici particolari. Infine, tramite l’avvento della tecnologia NGS, che consiste in un sequenziamento in parallelo di singole molecole di DNA, si potrà risalire anche alla effettiva composizione dei triti di carni, tipologia di prodotto che da sempre rappresenta un’altra facile e diffusa frode nel settore ittico molto difficile da smascherare. Leggere attentamente le etichette, scegliere venditori di fiducia sono solo alcuni ingredienti essenziali per la scelta di determinati alimenti. Scelte che non devono essere “impoverite” e mistificate da truffe e frodi di commercianti senza scrupoli, le cui azioni, pur non determinando un concreto o immediato danno alla salute pubblica, favoriscono illeciti profitti a danno del consumatore. Dott. Luca del Grammastro Controllo Qualità e Sicurezza Alimentare Dott.ssa Maria Elena Turba Direttore Sanitario Genefast Srl www.genefast.com Nota Photo © PickOne – stock.adobe.com
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