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Guerra all’ultimo sgombro nel Mare del Nord Roberto Villa

Guerra all’ultimo sgombro nel Mare del Nord

Norvegia e Isole Fær Øer non rispettano per il secondo anno le quote suggerite dal parere del Comitato Scientifi co ICES. I pescatori dell’UE chiedono l’intervento della Commissione

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di Roberto Villa

Photo © Edouard Dognin-x unsplash Chi ha un’idea dei nordici come precisi, ligi, rispettosi dell’ambiente, ebbene al termine di questo articolo potrebbe cambiare idea. Cosa è successo per scalfi re una reputazione tanto consolidata nell’opinione pubblica?

Il fatto è che per il secondo anno il Regno di Norvegia e le Isole Fær Øer — facenti parte del Regno di Danimarca ma autonome per quanto riguarda la maggioranza delle politiche — hanno deciso unilateralmente di incrementare la pesca dello sgombro dell’atlantico nord-orientale.

Cosa è accaduto nel 2021

A maggio del 2021 prima la Norvegia e poi le Isole Fær Øer hanno aumentato del 55% la quota pescata di sgombro rispetto a quanto assegnato, che avviene anche in acque internazionali e non solo nelle rispettive acque nazionali.

A questa scelta unilaterale si sono accodate Islanda, Russia e Groenlandia. Nel complesso la cattura globale è arrivata al 42% in più rispetto a quanto espresso nel 2020 dal parere del Comitato scientifi co ICES (International Council for Exploration of the Sea) per il mantenimento dello stock della specie.

Il 2022 prosegue nella stessa direzione

Sebbene a Londra nell’ottobre 2021 gli Stati costieri dell’Atlantico nord-

orientale abbiano confermato le quote di pesca dello sgombro per l’anno in corso in 794.920 tonnellate, calato del 7% rispetto al valore fi ssato per il 2021, il valore effettivo sarà certamente superato poiché è ragionevole pensare che solo l’Unione Europea (a cui pure le Fær Øer appartengono attraverso la Danimarca) e il Regno Unito si atterranno alle quote assegnate. Giusto per avere dei riferimenti la quota massima delle catture totali nell’area di pesca era stata di circa 784.000 tonnellate nel 2018, drasticamente ridotta del 20% nel 2019 a poco più di 653.000 tonnellate.

Le variazioni sono state concordate nel 2017 con un accordo di lungo termine da parte di tutti gli Stati costieri (Unione Europea, che allora comprendeva anche il Regno Unito, Fær Øer, Groenlandia, Norvegia, Islanda, Russia). Invece, nel giugno scorso, Fær Øer e Norvegia hanno deciso di portare le rispettive quote al 35% e al 19,6% della quota totale annua consigliata nel parere del Comitato scientifi co.

Le organizzazioni dei pescatori UE chiedono l’intervento dell’Unione

TIM HEDDEMA, presidente dell’industria della pesca pelagica dell’Unione Europea organizzata in EAPO (European Association of Fish Producers Organisations) ed Europêche, commenta così la situazione in un comunicato stampa del 23 giugno. «Questo sovrasfruttamento è completamente ingiustificato e contrasta con la gestione sensibile e sostenibile che il mondo supporta e chiede.

Pone un’inaccettabile pressione su un patrimonio di grande importanza per molti Paesi europei. Mentre ci appelliamo alla Norvegia e alle Fær Øer per lavorare insieme orientati al benefi cio di tutti, invochiamo una voce forte e un’azione decisa da parte dell’Unione Europea.

La soluzione non consiste nel diminuire le nostre quote per compensare le maggiori catture da parte di Stati Terzi, cosa che andrebbe a svantaggio dell’industria della pesca comunitaria.

L’Unione Europea ha piuttosto molti strumenti per contrapporsi a questa scelta e porre dei deterrenti a tale inaccettabile comportamento come ad esempio la possibilità di agire sulle esportazioni di prodotti ittici verso l’Unione, il maggiore mercato di destinazione.

Chiediamo azioni immediate. Inoltre, per quanto riguarda gli ulteriori negoziati sull’accordo di condivisione, l’UE deve chiarire molto bene che non accetterà l’attuale sovrasfruttamento per poter contare su un aumento dei risultati della pesca per le parti interessate».

Dall’Atlantico nord-orientale i 3/4 del pescato UE, sgombro seconda specie

Secondo i dati del 2017(1), quando ancora l’Unione Europea comprendeva il Regno Unito, l’Atlantico nord-orientale costituiva la più importante area di pesca contando oltre 4 milioni di tonnellate di peso vivo pescato corrispondenti al 74% del volume totale annuo, seguita a grandissima distanza dal Mediterraneo con 438.000 tonnellate pari all’8,1% del totale.

In questo quadro lo sgombro è stata la seconda specie pescata con 497.000 tonnellate, pari al 9,3% del quantitativo annuo, superiore all’intero ammontare di prodotti ittici pescati nel Mediter raneo, dopo l’aringa che è risul tata prima con oltre 776.000 tonnellate.

Si capisce quindi come la modifi ca unilaterale dei delicati equilibri raggiunti non possa non scatenare pesanti reazioni da parte dei soggetti coinvolti.

Roberto Villa

Nota

1. Facts and Figures on the Common

Fishery Policy, basic statistical data, 2020 edition reperibile in inglese alla pagina: op.europa.eu/ en/publication-detail/-/publication/cda10e39-ba77-11ea-811c01aa75ed71a1

Pescara - Italia tel. (+39) 085 4470515 fax (+39) 085 4472580 e-mail: info@vnsrl.com www.vnsrl.com

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Presentata la monografi a “Pesca Sicura – Il fenomeno tecnopatico nelle attività di pesca delle marinerie pugliesi”

È stata recentemente presentata a Bari la monografi a “Pesca Sicura

– Il fenomeno tecnopatico nelle attività di pesca delle marinerie

pugliesi”, risultato dell’omonimo progetto realizzato dalla Direzione regionale INAIL Puglia e dall’Osservatorio Nazionale della Pesca (ONP). La realizzazione del progetto ha rappresento un punto di svolta importante per tutto il settore, su scala nazionale, perché ha avuto il merito di aver fatto uno screening puntuale degli impatti sulla salute dei principali rischi dell’attività di pesca coinvolgendo le più importanti marinerie pugliesi. Infatti, nel corso delle attività realizzate, e attraverso lo studio e l’analisi delle principali metodologie di pesca, sono stati approfonditi, con rilevazioni a bordo, i rischi determinati da agenti chimici e fi sici e da sovraccarico biomeccanico, quelli cioè che provocano le più diffuse malattie professionali e, inoltre, sono stati effettuati accertamenti sanitari per meglio caratterizzare l’impatto sulla salute dei lavoratori esposti ai rischi.

I risultati ottenuti sono stati raccolti nella monografi a che ospita, tra l’altro, un contributo del dott. ETTORE CARDINALI, Sostituto procuratore della Procura di Bari, sulla normativa in materia di salute e sicurezza nel settore ittico. Il comparto pesca, infatti, attende ancora i decreti previsti dall’Art. 3 del DLgs 81/08 e, ad oggi, non rientra negli ambiti di applicazione del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro. Anche per questo la pubblicazione realizzata, e l’attenta analisi del rischio lavorativo a bordo delle imbarcazioni da pesca, intende offrire un contributo signifi cativo per il miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori del comparto.

«La pesca è senza dubbio un’attività produttiva caratterizzata da specifi cità tali da essere diffi cilmente confrontabile con altri settori — dichiara FRANCESCA BIONDO, presidente dell’ONP —, una specifi cità che è dovuta all’ambiente di lavoro e ai rischi legati alla navigazione in mare aperto e che, insieme ad un quadro normativo particolarmente complesso, rende diffi coltoso un corretto approccio alla sicurezza. Per questo è fondamentale prevedere un contesto normativo specifi co, puntuale e capace di fornire risposte in materia di sicurezza praticabili e quindi coerenti con le peculiarità di settore. In questo senso, il lavoro che presentiamo oggi rappresenta un punto di riferimento fondamentale per garantire un corretto approccio alla sicurezza non solo come obbligo ma innanzitutto come valore. Un approfondimento che va nella direzione di attestare le specifi cità dei rischi di questo mestiere che ancora oggi, nel nostro Paese, non è stato riconosciuto come “lavoro usurante” che ha invece tutte le caratteristiche per essere considerato tale».

«In Puglia la pesca rappresenta una delle principali attività economiche — afferma GIUSEPPE GIGANTE, direttore regionale INAIL Puglia — un settore particolarmente importante che però presenta problematiche specifi che piuttosto rilevanti in termini di salute e sicurezza. Ai rischi specifi ci delle lavorazioni in mare si aggiungono, infatti, quelli derivanti dal progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa, dagli elevati costi di gestione delle imbarcazioni e da livelli formativi ed informativi non adeguati. Il nostro obiettivo è quello di fornire, attraverso questa monografi a, uno strumento informativo e formativo in grado di incidere in maniera signifi cativa, in termini di prevenzione e sicurezza, sul fenomeno infortunistico e tecnopatico innalzando i livelli di conoscenze e di competenze degli operatori della pesca in materia di igiene e sicurezza sul lavoro. L’auspicio è che si giunga presto ad un coordinamento tra la disciplina dettata dal DLgs 81/08 e i Decreti Legislativi 281 e 298 del 1999 per assicurare una più idonea valutazione dei rischi a bordo delle imbarcazioni che consenta l’adozione di adeguate misure di prevenzione e protezione, nonché di idonei protocolli di sorveglianza sanitaria» (fonte: Osservatorio nazionale della pesca).

>> Link: osservatoriopesca.it

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