5 minute read
Di ecosistemi sorprendenti ed economia circolare Chiara R. Zaccaroni
Di ecosistemi sorprendenti ed economia circolare
Parola d’ordine: sinergia! Ecco tutto quello che può nascere dalla pesca delle cozze de La Selvaggia di Marina di Ravenna da parte dei sub delle due cooperative “La Romagnola - Piccola e Media Pesca” e la “Nuovo ConiSub” nelle parti sommerse delle piattaforme off shore Eni
Advertisement
di Chiara R. Zaccaroni
Già all’inizio dell’anno abbiamo pubblicato un paio di articoli su una realtà stupefacente come quella svolta dalle Cooperative di sub “La Romagnola – Piccola e Media Pesca” e la “Nuovo ConiSub” specializzate nella pesca della cozza d’alto mare La Selvaggia di Marina di Ravenna. L’ultimo sabato di giugno, nell’ambito della manifestazione “La Cozza di Marina di Ravenna in Festa”, sono stata invitata a partecipare ad un’escursione organizzata da Eni con lo scopo di mostrare come avviene la pesca delle cozze selvagge nelle parti sommerse delle piattaforme metanifere metanifere Offshore. E, contestualmente, partecipare alla liberazione di due tartarughe, ricoverate già da due anni al Centro di terapia e riabilitazione per tartarughe marine di riferimento per l’area nord della Regione Emilia-Romagna, il CESTHA.
Sono romagnola e, come tutte le persone che abitano nelle zone marittime che si affacciano sul Mar Adriatico, Ionio e sul Canale di Sicilia sono stata abituata a guardare il mare osservando le piattaforme metanifere di Eni. Di giorno come immensi granchi con le zampe affondate sul fondale e, di notte, a “farmi compagnia” con il fascino delle loro luci, come fanno gli alberi nelle case, durante le feste di Natale. Questo senza trascurare la demonizzazione delle piattaforme, viste come un pericolo per l’ambiente a fronte dei grandi fl ussi economici dovuti dall’estrazione di idrocarburi.
Per questo motivo, quando ho incontrato i sub delle cooperative incaricate di pescare “La Selvaggia” di Marina di Ravenna, mi sono approcciata a questa realtà con particolare interesse: per la prima volta ero di fronte a una sinergia di
La piattaforma Agostino presso cui si è svolta la pesca de La Selvaggia di Marina di Ravenna.
interlocutori, Eni con le sue piattaforme, i sub incaricati di ripulire i piloni di sostegno delle strutture da cozze dall’eccezionale sapore, consistenza e pezzatura, e ricercatori del CESTHA specializzati nello sviluppo innovativo dei sistemi di pesca — di cui i pescatori sono partner — e nella riabilitazione della fauna marittima.
Ma il tema che via via mi ha più coinvolto, oltre ad ogni mia previsione, è quello ecologico. In Italia — da stima del Ministero dello Sviluppo Economico — ci sono 138 piattaforme, alcune dismesse, altre affondate e altre ancora in utilizzo. Tutte però rappresentano un approdo, un’oasi di ecosistema marino, per tutte le specie marittime. Fino a diventare, barriere coralline artifi ciali.
Mi spiego meglio: la zona di interdizione relativa alle piattaforme metanifere in Adriatico per tutte le navi e i galleggianti di sostare, esercitare la pesca, compiere attività subacquea o di altra natura varia da un minimo di 250 a 500 m e questo ha portato anche le specie marine che si pensavano scomparse dai nostri mari a trovare, nell’ombra di queste grandi strutture, il luogo migliore per crescere e riprodursi.
Non è forse questa l’informazione più interessante per il nostro comparto?
Noi che stiamo vivendo la più grande crisi del mare di sempre, noi che abbiamo vissuto di pesca per generazioni e che ora torniamo a casa con le barche vuote, dobbiamo sapere che il mare si ripopola quando viene tutelato e rispettato.
Dobbiamo sapere che con la conversione ecologica, pratiche di pesca più attente e la collaborazione con i ricercatori degli enti senza scopo di lucro e delle Università italiane, potremo tornare a godere dei frutti del nostro lavoro.
Partecipare a un’esperienza come quella organizzata da Eni mi ha dato la possibilità di parlare con tutte le parti coinvolte in questo lavoro sinergico e misconosciuto, e di comprendere — grazie a SAURO ALLEATI, presidente della Cooperativa La Romagnola — che, intorno al mare, possono nascere sinergie utili non solo alla tutela della fauna, ma anche che la ricerca può incentivare lo sviluppo dell’economia del mare; che la pesca può portare valore alle attività turistiche, oltre che soddisfare la richiesta delle strutture ricettive di un’intera nazione.
Chiara R. Zaccaroni
A sinistra: Sauro Alleati, presidente della cooperativa La Romagnola, e Simone D’Acunto, direttore del CESTHA, Centro Sperimentale per la Tutela degli Habitat di Marina di Ravenna (RA).
A sinistra: la liberazione di Gelo, una delle tartarughe ricoverate presso il CESTHA.
Meta speciale per i tanti sub che ogni anno si immergono nelle acque del Mare Adriatico e ammirano con i propri occhi una barriera corallina artifi ciale è il Relitto della Piattaforma Paguro. La storia del Paguro, oggi rinato a nuova vita, si basa su un evento tragico risalente agli anni ‘60 che in poco tempo provocò l’incendio e lo sprofondamento della piattaforma metanifera. Da quel momento, il relitto del Paguro si è poco a poco trasformato nell’habitat ideale per moltissimi esemplari di fl ora e fauna marina tanto da meritare il titolo di sito di interesse comunitario, attribuitogli dalla regione Emilia-Romagna nel 2010.
Reef e immersioni al relitto
La Piattaforma Paguro è così diventata un paradiso dello scuba diving che ben si adatta ai sub più esperti date le diffi coltà tecniche di immersione quali la visibilità e l’estensione del sito. La ricchezza delle forme di vita che popolano il relitto ripaga però delle fatiche affrontate. La Piattaforma Paguro è un reef artifi ciale, con un ambiente simile dunque a quello delle scogliere sommerse, dotato di una straordinaria diversità biologica che la rende unica in regione. Gli esempi di specie animali che si possono osservare in questo meraviglioso mondo subacqueo sono tanti. La parte più alta del relitto, a una profondità massima di 12 metri, è il regno di mitili e ostriche; anche i pesci sono più presenti nelle aree meno profonde, in cui nuotano scorfani neri, spigole, corvine, mormore, occhiate e gronghi. Sui fondali si osservano invece, fra le altre specie, le stelle marine. E poi l’astice, l’aragosta e il riccio di mare fra i crostacei, e ancora molte varietà di alghe e spugne. Fra i visitatori del relitto Paguro, infi ne, ci sono anche la tartaruga di mare (Caretta caretta) e il delfi no (Tursiops truncatus) (fonte: Emilia-Romagna Turismo).