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La cucina del pesce dimenticato riparte dalle trattorie più autentiche Massimiliano Rella

Riscoprire la “nuova” ricchezza dei mari salentini in tavola

La cucina del pesce dimenticato riparte dalle trattorie più autentiche

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di Massimiliano Rella

Lo chef Domenico Simone del ristorante Conte Cavour di Veglie. La cucina dello Smemory fi sh, simpatica allusione al cosiddetto pesce dimenticato, riparte dalle trattorie più autentiche e tradizionali del Salento anche per impulso degli enti locali, per promuovere gli ingredienti più

“poveri” del mare tra pescherie,

botteghe del gusto e chef locali. Ma è soprattutto con la collaborazione dei maestri di cucina, anello di congiunzione col consumatore, che il pesce di “scarto”, così bistrattato dalla GDO, può sperare di uscire dal dimenticatoio e ritrovare ruolo e personalità sulle tavole. Anche perché, oltre ad esser buono, gode di un ottimo rapporto qualità/prezzo e in tempi di rincari fuori controllo e d’infl azione a briglia sciolta avere un approdo sicuro è cosa giusta, oltre che buona.

Per riscoprire la “nuova” ricchezza dei mari salentini c’è ora, fresco di stampa, anche il volume “Pesci Ricchi Pesci Poveri”, nato da un progetto editoriale del GAL Terra d’Arneo, il gruppo d’azione locale che aggrega 12 comuni — e le relative realtà imprenditoriali — di una zona della costa occidentale ionica che comprende, tra i più noti, i paesi di Nardò, Gallipoli e Porto Cesareo, in provincia di Lecce. Anche su impulso di tali iniziative e dello Sportello Pesca, voluto sempre dal GAL, nei menu di alcuni ristoranti e trattorie

le ricette di pesce dimenticato tor-

nano in “grassetto”.

Esempi? Al ristorante Conte Cavour, di Veglie, lo chef DOMENICO

In alto: risotto al nero di seppia con tartare di seppia e polpa di ricci. In basso: sgombro marinato al whiskey torbato e cipolla al Negroamaro in agrodolce.

SIMONE serve piatti di pesce povero dall’antipasto al dolce. Si comincia con una Scapece gallipolina a base di pesciolini popilli o popiddhri (zerri) fritti, mollica di pane in aceto, zafferano del Salento e menta. Si continua con un Risotto al nero di seppia con tartare di seppia e polpa di ricci — «due pesci un tempo poveri oggi riscoperti», sottolinea lo chef per evidenziare come cambiano valori e prospettive —, e si fi nisce con uno Sgombro marinato al whiskey torbato e cipolla al Negroamaro in agrodolce, felice combinazione che permette di ammorbidire il sapore forte di questo tipo di pesce. «È diffi cile far accettare la novità ai clienti» aggiunge Domenico Simone. «Tutti chiedono saraghi, aragoste, gamberoni di Gallipoli, ma appunto ci sono tanti ex pesci poveri che oggi non lo sono più, come le seppie, i ricci, lo scorfano, e questo fa ben sperare che altro piccolo pescato possa recuperare dignità in cucina» (conte-cavour-ristorante. business.site).

A destra: cottura in forno a legna del “pescato a pignatu” alla Trattoria San Giuseppe Cenobio a Nardò. In basso: pesce serra in agrodolce con fi ori spontanei “pappaciddi” e fi nocchietto selvatico e pesce serra con pomodori, capperi e cipollotto alla trattoria A Casa Mia, di Tricase Porto.

Dalla Scapece di Gallipoli alla Zuppa Quataru di Porto Cesareo ci sono una trentina di km ma tante storie, tratti e ingredienti in comune.

Se la Scapece è fatta essenzialmente con zerri, l’antica zuppa dei marinai, nata in barca, utilizza un po’ di tutto: alici, cefalo, sgombro, gallinelle, suri, ecc…

E alla Trattoria San Giuseppe Cenobio (www.trattoriasangiuseppecenobio.it), il titolare, MARCO SCHIRINZI, fa una rivisitazione del quataru preparandola a pignatu, cioè con cottura lenta in ciocco di terracotta, in forno a legna.

Si cambia mare, ma non sostanza, tra lo Ionio e l’Adriatico nel Porto Museo di Tricase, un porticciolo divenuto “museo a cielo aperto” e rinato con attività di pesca, turismo e commerciali.

Tra i primi nel 2003 a credere alla parabola di Tricase Porto c’è un ex 4 volte campione mondiale di Tae Kwon Do in realtà cuoco pacifi co e sornione, oggi 72enne.

La cucina è sempre stata una passione per il maestro ANDREA D’AMICO e la sua trattoria di mare A Casa Mia è un po’ l’emblema del pesce povero, tanti sono i piatti che propone. «Padella, olio evo, aglio e una materia prima fresca per un piatto ricco di Omega-3, squisito, come il tris di pesce azzurro» dichiara il cuoco marziale.

«I pesci poveri sono fastidiosi

perché pieni di spine o scarti,

ma ricchi di Omega-3. Ad esempio, tra sangue e scarti il tonnetto alletterato si riduce del 40%».

Tra i piatti della sua cucina “povera” troviamo anche Pesce serra in agrodolce con fi ori spontanei “pappaciddi”, dal sentore di limone, e fi nocchietto selvatico; oppure Pesce serra con pomodori, capperi e cipollotto. E ancora: Tonnetto “povero” alletterato con pomodori, olive nere, capperi e cipolla di Tropea, oppure Alici marinate e servite con grani di pepe rosso e prezzemolo.

Una curiosità: il maestro Andrea ha formato centinaia d’allievi nelle palestre del Salento e vanta, addirittura, una famiglia che è un piccolo esercito di 22 istruttori d’arti marziali. Quindi non fatevi venire la malsana idea di non pagare il conto.

Massimiliano Rella

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