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MI CHIAMAN MORTADELLA, MA MORTADELLA (DI BOLOGNA) NON SONO

MI CHIAMAN MORTADELLA, MA MORTADELLA (DI BOLOGNA) NON SONO

In diverse regioni italiane, dal Piemonte alla Lombardia, dalla Toscana al Lazio, esistono numerose “mortadelle”che, oltre ad essere molto diverse tra loro, nulla o quasi hanno a che fare con la mortadella più famosa di tutte, l’insaccato rosa bolognese. Conosciamone alcune

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di Gaia Borghi

Diciamolo chiaramente: se dico “mortadella”, la quasi totalità delle persone in ascolto, in una percentuale ancor maggiore se provenienti da un Paese straniero, penserà immediatamente alla mortadella di Bologna, uno dei salumi italiani più tradizionali, noti ed esportati nel mondo. “Fu LUIGI MARIA MITELLI a raffigurare per primo la mortadella in un’incisione della seconda metà del Seicento” scrive il professor CARLO CANTONI in un articolo dedicato proprio alla mortadella e alle sue numerose varianti apparso qualche tempo fa su una delle nostre riviste 1*.

E risale infatti a quel periodo la prima originale ricetta della mortadella, opera dell’agronomo bolognese VINCENZO TANARA, il quale, nel suo trattato Economia del Cittadino in Villa (1664), ne indica ingredienti, con tanto di dosi dei “tessuti suini” adiposo e magro, speziatura e modalità di cottura. In realtà, accanto alla Mortadella di Bologna, riconosciuta nel 1998 quale Indicazione Geografi ca Protetta, di mortadelle in Italia ce ne sono davvero tante o, per meglio dire, ci sono tanti salumi tipici regionali, crudi/stagionati e cotti, che si chiamano in questo modo, pur essendo diversissimi l’uno dall’altro.

La Mortadella nostrale della Salumeria “Bacci macellai dal 1925” di Montignoso (MS).

A questo proposito, scrive ancora il professor Cantoni: “(...) nel passato, con il termine ‘mortadella’, si intendeva un insaccato fatto con un impasto ottenuto lavorando la carne a taglio grossolano. Nei ricettari del 1300 e 1400 troviamo vari tipi di mortadelle fatte con carne di maiale cruda. Della mortadella cruda scrive per primo MASTRO MARTINO DE ROSSI, detto da Como, e dopo di lui CRISTOFORO DA MESSISBUGO (1549) e FRANCESCO LEONARDI (1790), il quale intitola una sua ricetta ‘Mortadella delle Spianate’. Tutti questi autori parlano di insaccati ‘crudi’, quindi di una mortadella diversa da quella di Bologna”.

In queste pagine abbiamo raccolto un certo numero di mortadelle “altre” che, senza la presunzione di rappresentare l’Universo Mortadella in toto, forniscono un panorama variegato, dimostrazione felice e golosa conferma dell’enorme ricchezza salumiera nazionale.

la Mortadella nostrale lunigianese del Salumificio Marsili di Tresana, provincia di Massa e Carrara.

photo © www.facebook.com/salumificiomarsili

Mortadelle toscane

Ad un passo dall’Emilia, in terra di Toscana, si producono diverse mortadelle: l’originalissima Mortadella di Prato, anch’essa tutelata dall’IGP europea, la Mortadella di maiale di Camaiore “sbriciolona”, la Mortadella nostrale di Cardoso, la Mortadella trequandina e la Mortadella della Lunigiana o Mortadella delle Apuane. Quest’ultima, ad esempio, è un grosso salame che, proprio per le sue dimensioni ragguardevoli, prende il nome di mortadella. Nell’Enciclopedia dei prodotti tipici redatta dall’associazione culturale Accademia delle 5T si legge: “In Lunigiana, terra racchiusa tra le Alpi Apuane e il Mar Tirreno, la mortadella delle Apuane si produce in tutti i comuni della provincia, con una maggior concentrazione a Montignoso, dove l’aria di montagna incontra quella del mare. Il nome definisce un salame abbastanza morbido, di solito insaccato in budelli di bovino di varie forme che danno diverse pezzature. Si produce partendo da varie parti del maiale come il collo, la spalla, a volte anche la coscia, il lardo e la pancetta che vengono prima tagliate al coltello e poi macinate assieme, tenendo da parte il lardo che resta a cubettini. All’impasto si aggiungono sale, pepe e spezie tra cui cannella, noce moscata, pepe macinato e in grani; a volte si aggiunge anche vino bianco Malvasia di Candia o anche vino rosso. Le mortadelle si insaccano manualmente nel budello massaggiando bene, poi si legano, si bucano e si portano in un ambiente caldo e umido, dove deve svilupparsi una muffa bianca uniforme, che proteggerà la stagionatura del salame, che avverrà in un altro ambiente più fresco. Sono pronte dopo una stagionatura di almeno 5 mesi. Le più grandi arrivano all’anno. Giustamente morbide e saporite vanno tagliate non troppo sottili”.

E proprio la Mortadella nostrale è uno dei vanti della Salumeria “Bacci macellai dal 1925” di Montignoso (www.bacci1925.it), più volte premiata al Campionato Italiano del Salame anche grazie a questo prodotto. Con questi ingredienti di base, coscia e spalla di maiale, pancetta di maiale, sale, pepe, vino rosso, spezie, nitrato di potassio, viene realizzata in tre versioni: classica, al vino rosso e al lardo. L’insacco avviene sempre in budello naturale e la legatura è effettuata a mano.

“La Mortadella nostrale un salame proveniente dalla nostra tradizione contadina” scrivono sul loro sito altri storici produttori di questo salame tipico del territorio lunigianese, il Salumificio Marsili di Tresana (MS). “I nostri nonni la chiamarono così a causa della sua macinatura abbastanza fine di parti magre e grasse, rimaneva sempre piuttosto morbida all’interno. Veniva prodotta con spalla, pancetta e coscia del maiale. Il suo peso è di circa 650 grammi” (www.salumificiomarsili.com).

Mortadelle non di maiale

In Italia si producono mortadelle anche con carni diverse da quelle suine: come la Mortadella di Cinghiale, diffusa in Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Norcia soprattutto, la Mortadella di Pecora, caratteristica della Sicilia ma realizzata ad esempio anche con le carni della pecora gigante Bergamasca grass-fed dall’azienda agricola Maroni (www.agricolamaroni.it) di Ranzanico (BG), la Mortadella d’Asino, altro prodotto tipico della Sicilia insieme alla Mortadella di Bufalo, ma fatta anche nel Lazio con carne di Bufalina dell’Agropontino, la Mortadella di Manzo e la Mortadella d’Oca. Questa viene naturalmente prodotta in quella che è la patria dei salumi a base di carne d’oca, ovvero la Lomellina, in Lombardia, dove l’allevamento delle oche, già fiorente in età medievale, ricevette un forte impulso dall’arrivo di comunità ebraiche provenienti dall’Est Europa.

La Mortadellina d’oca di Mortara De.Co.

photo © www.sagradelsalamedoca.it

La Mortadellina d’oca di Mortara DE.CO. (Denominazione Comunale di Origine) — si legge nel sito dedicato alla celebre Sagra del Salame d’Oca di Mortara (www.sagradelsalamedoca. it), prodotto salumiero, quest’ultimo, tutelato dall’IGP —“è costituita da una miscela di carne d’oca e di suino e di fegatini d’oca, macinata artigianalmente, con aggiunta di sale, pepe, aromi naturali. Il composto ottenuto viene lasciato a riposo per alcune ore, per favorire la perfetta amalgama dei sapori. La mortadellina viene quindi avvolta a mano nella reticella del maiale, in formati sferici, diseguali tra loro, e infine viene cotta nel grasso d’oca. L’impasto ha una consistenza compatta; questo prodotto si contraddistingue per il sapore caratteristico del fegato e per il colore uniforme”.

L’azienda agricola L’Oca di Sant’Albino di Mortara (PV) produce anche una Mortadella di fegato d’oca, sotto grasso o stagionata, che ottiene con l’aggiunta di una percentuale di fegato d’oca all’impasto della mortadella d’oca classica. “Insieme al Salame d’oca è una delle prelibatezze della nostra terra” scrivono nel loro sito www.ocadisantalbino.it. “Si può consumare cotta, come secondo caldo, con verdure lessate e saltate in padella o con le patate lesse. Sotto grasso o stagionata, come antipasto”.

Gaia Borghi

Nota 1*.

Cantoni C., La mortadella e le mortadelle, in EUROCARNI n. 3/2009, pag. 48.

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