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OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: UTILE IMPARARE A SCEGLIERLO

OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: UTILE IMPARARE A SCEGLIERLO

di Riccardo Lagorio

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Con ciclicità ossessiva le associazioni di categoria portano alla ribalta il problema relativo alla contraffazione dell’olio extravergine di oliva. Un’operazione da qualche centinaio di milioni di euro, di cui annualmente si parla, si scrive, ma che alla fi ne rimane confi nata nel limbo dei problemi irrisolti. Forse proprio a causa delle somme di denaro che la manovra muove. NAS e Ispettorato centrale repressione frodi fanno ciò che possono per arginare il problema e, quantunque i loro sforzi si rivelino utili, il consumatore non ha strumenti che lo rendano capace di tutelarsi. Almeno un consumatore generico, che non ha accesso a laboratori d’indagine chimico-fi sica e che è privo di competenze d’analisi organolettica specifi ca, sommariamente capace di interpretare etichette poco leggibili (e che bisognerebbe essere in grado di interpretare) e strumenti legislativi capziosi. Ha fatto scalpore lo scorso autunno un caso di ricettazione di grandi quantità di olio di semi di soia contraffatto; olio che, adulterato con clorofi lla e betacarotene, era stato spacciato come olio extravergine di oliva pugliese.

Ma cosa ne sa il consumatore di clorofi lla e betacarotene? E che pensare di chi parla del livello di acidità, dimenticandosi con disinvoltura che tale parametro può essere appurato solo con strumentazioni costose e indisponibili al consumatore (e che ovviamente nulla ha a che fare con il concetto di gusto acido che conosciamo)?

Photo © Gatsi – stock.adobe.com

Chi fa la spesa al supermercato ha davvero poche armi a sua disposizione per verifi care se ciò sta mettendo nel carrello è olio lampante (l’olio che veniva usato per mantenere vive le lampade), vietato per uso alimentare, a cui si aggiunge una percentuale di olio di oliva. O olio di sansa, residuo della lavorazione delle olive, rettifi cato con prodotti chimici e mischiato con minime percentuali di olio di oliva o olio extravergine.

Viene in soccorso l’etichetta. Deve riportare l’origine dell’olio: comunitaria, extracomunitaria o di miscele comunitarie ed extracomunitarie. L’indicazione della DOP, sinonimo di origine certa, dà poca certezza sulla bontà dell’olio contenuto nella bottiglia, che dipende dal metodo di raccolta delle olive, ottenimento e conservazione dell’olio.

Altre indicazioni come la tecnica utilizzata per la spremitura delle olive o la certifi cazione di prodotto biologico, se riportate, possono essere utili per raccogliere elementi sul pregio dell’olio, ma non su cosa si cela in realtà nella bottiglia. Descrizioni generiche con aggettivi enfatici e abusati (gusto tradizionale, deciso, di famiglia e così via) servono solo a depistare il consumatore poco avvezzo a orientarsi tra le etichette.

Il prezzo è facilmente manipolabile: si alza e si abbassa in base alle necessità di smercio e dipende molto da dove si è effettivamente prodotto. In regioni dove la produzione abbonda, il prezzo è ragionevolmente più contenuto. Alcuni autori riportano che il prezzo non dovrebbe scendere sotto gli 8 euro al litro.

Tuttavia, se venduto in taniche da 2 o 5 litri, presso il frantoio si riesce a trovare buon olio extravergine di oliva anche a 5,50 euro. Al contrario, si può trovare olio irrancidito (a causa delle cattive condizioni di trasformazione, conservazione o del deprecabile stato di raccolta e mantenimento della materia prima) prodotto in aree considerate di pregio venduto anche a 20 euro il litro.

Che fare quindi per portare in tavola un olio extravergine di oliva? Esistono parametri che ciascuno di noi può imparare e che non sono derogabili, ma non esiste una regola a priori. E l’olio si deve prima comperare: a meno che non si possa assaggiare e fare seguire l’acquisto, una volta messo nel carrello è vostro e ve lo tenete com’è!

L’assaggio va fatto versando una piccola dose di olio in un bicchiere dall’imboccatura non troppo larga. Una mano deve essere appoggiata su di essa e con l’altra il bicchiere va fatto roteare, portando il contenuto a temperatura corporea.

Mai lasciarsi condizionare dal colore: l’aggiunta di sostanze chimiche inodori possono modifi care le sfumature del liquido da più giallo a più verde. L’odore invece offre il primo indizio sulla bontà dell’olio. Deve ricordare l’odore dell’erba quando la tagliate nel vostro giardino o passate in campagna al momento dello sfalcio. Si possono percepire anche ricordi di carciofo, di erbe aromatiche (soprattutto timo), di mela verde o di mandorla. Caratteristiche negative sono l’odore di rancido, di fermentato, solvente, vinoso o d’aceto.

Raccolta delle olive.

(photo © Angelo Chiariello – stock.adobe.com)

Versato in bocca, l’olio va aspirato e spruzzato tra guance, denti e lingua. Tre attributi non possono mancare, con diversifi cati gradi di presenza. Il sapore amaro dipende dalla varietà utilizzata (in Italia se ne contano quasi 500), dal luogo di raccolta, ma anche dal livello di maturazione delle olive, che non deve essere eccessivo (la raccolta va effettuata appena prima che le drupe stiano cambiando colore) e la frangitura va eseguita in tempi utili per non fare fermentare le drupe (di solito non oltre le 5 ore dalla raccolta, ma dipende dalla temperatura esterna. Ultimamente si registrano esperienze di refrigerazione per permettere di allungare il periodo tra raccolta e frangitura).

A differenza di quanto il consumatore spesso pensa, una vena d’amaro è necessaria. Anche le note piccanti, leggermente pungenti, devono essere presenti. Questa caratteristica non ha nulla a che fare con l’acidità di cui si scriveva prima.

Un olio extravergine non può infi ne mancare di una nota fruttata (ananas, mela verde, banana, melone sono quelli il cui ricordo appare più evidente). Caratteristiche che devono apparire decise, ben presenti e possibilmente intense. A coloro che sofi sticano l’olio costerebbe troppo dovere approntare un liquido con queste caratteristiche. Pertanto, se non si riscontrano, è molto probabile che non si tratti di olio extravergine di oliva.

Coloro che giocano ai piccoli chimici che si divertono alle spalle del consumatore si dividono in due categorie: chi pratica frodi sanitarie, le più gravi e pericolose, e chi si applica nelle frodi commerciali, assai diffuse e che creano perdite economiche al consumatore senza però danneggiare la vita.

Le prime si possono suddividere in adulterazioni (si modifi ca la composizione di un alimento: l’olio extravergine si allunga con olio di altra natura: di semi o non extravergine), alterazioni (processi degenerativi spontanei, spesso causati da una conservazione errata) o sofi sticazioni (quando si aggiungono sostanze estranee come clorofi lla per fare assumere un invogliante colore verde).

Le frodi commerciali si traducono in contraffazioni (si fa sembrare un cibo più pregiato rispetto a ciò in realtà è: l’olio vergine di oliva è venduto per olio extravergine di oliva) e falsifi cazioni (l’olio è sostituito da uno meno pregiato: vendo olio di semi per olio di oliva).

L’olio extravergine di oliva, che è il più pregiato in assoluto, può essere manipolato miscelandolo con altri oli vegetali meno pregiati (girasole, soia) o sansa che vengono deodorati e deacidifi cati risultando neutri. Ad essi si aggiungono piccole quantità di olio extravergine di oliva e coloranti come la clorofi lla o il betacarotene di cui si scriveva all’inizio e il gioco è fatto.

Un altro caso abbastanza frequente è quando l’olio di oliva è venduto per extravergine d’oliva. Non mancano casi in cui si commercializzano oli DOP ottenuti da olive raccolte in zone esterne all’area deputata dalla tutela o in cui l’etichettatura è fallace per quanto riguarda le caratteristiche reali.

Come si vede, un triste primato per un prodotto dalle numerose caratteristiche salubri.

Prima di suggerire alcuni oli extravergini d’oliva che abbiamo provato e dei quali siamo certi, bisogna segnalare

la meritoria associazione Opera Olei (operaolei.it), costituita da sei produttori italiani che hanno creato un cofanetto di altrettanti oli extravergini che coprono l’intera Penisola e per completo il ventaglio di sensazioni che gli extravergini possono regalare.

Riccardo Lagorio

Frantoio.

(photo © Riccardo Bruni – stock.adobe.com)

LE NOSTRE SCELTE

Numero Uno - Azienda Agricola Comincioli, Puegnago sul Garda (BS).

Alle due varietà prevalenti sulla sponda bresciana del lago di Garda, negli uliveti sono presenti altre cultivar come Gargnà, Cornaröl e un’altra mezza dozzina. Denocciolate e lavorate separatamente vengono riunite in un unico olio dal profumo di erba appena sfalciata, origano e lavanda. Erbaceo e vegetale in bocca, è sostenuto da una nota amarognola decisa che chiude ricordando il pinolo. • www.comincioli.it

Frà Bernardo - Società Agricola Il Conventino di Monteciccardo, Monteciccardo (PU).

Si estrae da Ascolana Tenera. L’apertura al naso di mela lascia via via il posto a carciofo e foglia di pomodoro, in lungo uno spettro organolettico ampio che si riscontra anche sul palato. Il piccante di pepe bianco è infatti ben presente e continuo durante l’assaggio: si combina con l’ammandorlato e un bagliore fruttato di kiwi che dichiara la vitalità e la complessità dell’olio. • conventinomonteciccardo.bio

Le Ceppaie - Azienda Agricola Casamenti, Seggiano (GR).

Olio extravergine di oliva Seggiano DOP ottenuto da Olivastra Seggianese e, per il 5%, da Correggiolo. È connotato da profumo intenso d’erba falciata or ora e vibrazioni di maggiorana e rosmarino. In bocca svela note di rucola, rosmarino e timo in continui rimandi tra piccante e amaro, decisi e netti. • www.oliocasamenti.com

Senza nome - Società Agricola Eredi di Seatzu Mario, Valledoria (SS).

Benché privo di nome, è olio extravergine ricco di caratteri che lo contrassegnano come uno dei migliori prodotti nel panorama nazionale. Non viene imbottigliato e anche questa sarebbe un’anomalia per i puristi. La scelta di ROSANNA SEATZU è di proporre la spremuta di Bosana in latte da 2 e 3 litri. Al naso si fanno largo profumi di carciofo e foglia di pomodoro. All’assaggio il primo contatto è con la banana, che lascia spazio a una lunga serie di amari e piccanti aggrovigliamenti.

Monocultivar Nasuta - Azienda Agricola Paglione, Lucera (FG).

La varietà caratterizza l’agro lucerino ma non è facile trovarla spremuta per ottenere un olio extravergine monovarietale. Rivoli di erba fresca si intrecciano a un denso profumo di frutta dove alla mela verde si vanno sostituendo con il tempo la banana e il mango, dallo spirito balsamico. Corrispondenza che si ritrova in bocca, dove le note fruttate, fresche ed eleganti ma persistenti, giocano a rincorrersi con le note amare di mandorle e rimandi di pepe nero. • www.agricolapaglione.com

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