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ECCO L’ACETO BALSAMICO DOP
TRADIZIONALE E REGGIANO.
ECCO L’ACETO BALSAMICO DOP
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di Riccardo Lagorio
Tradizione e tradizionale sono due termini spesso abusati. Esistono, tuttavia, circostanze in cui l’aggettivo tradizionale fa davvero la differenza: un esempio è la DOP Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia (d’ora in avanti: AB- TRE) e la diversità sta proprio in quel tradizionale che indica il metodo di ottenimento del prodotto, frutto di una secolare esperienza. Si ritiene nientemeno che a questo figlio del territorio reggiano si riferisse il benedettino DONIZONE, biografo di MATILDE DI CANOSSA, citando il dono di BONIFACIO, il padre di lei, all’imperatore ENRICO III. Correva il 1046 e tre decenni più tardi il castello di Canossa diventerà teatro del celebre pentimento di Enrico IV.
La visita all’Acetaia San Giacomo di Novellara si rivela un’epifania sul mondo ABTRE: ANDREA BEZZECCHI ha organizzato l’acetaia evidenziando tramite pannelli e illustrazioni le fasi e gli elementi naturali necessari per ottenere la produzione. Il fattore tempo segna una fondamentale differenza con altri prodotti.
«L’ABTRE è il risultato di una doppia fermentazione di mosti di uve reggiane, cotti per almeno 12 ore. Questi, ricchi di sostanze aromatiche e zuccherine, subiscono una prima fermentazione alcolica e vengono travasati nelle badesse, le gradi botti dove si sviluppa la fermentazione acetica» chiarisce. «Il lunghissimo invecchiamento, di decenni, e i travasi in botticelle di dimensioni sempre più piccole costruite di svariati legni, la batteria, sono il cuore del procedimento per ottenere l’ABTRE».
Non distante dalla zona golenare del Po, a Gualtieri, FABIO SIMONAZZI dell’Acetaia Al Livel, è uno storico produttore che aderisce al Consorzio di tutela. Coltiva numerose varietà di uva che verranno trasformate dall’uomo e dal tempo in ABTRE.
È convincente nello spiegare che «anche la terra ha un valore centrale nell’ottenimento dell’ABTRE poiché Lambruschi, Trebbiano e Spergola assicurano le caratteristiche ideali al mosto da lavorare, in particolare l’apporto acido. Alle varietà più diffuse io affianco la Fogarina, l’uva resa celebre dal canto popolare».
Alla scoperta del complesso mondo dell’ABTRE, nell’Acetaia Lica di STEFANO CORTESI, sulle colline di San Polo d’Enza, è il fattore F, Fuoco e Famiglia, a contrassegnare la sosta. Direttamente dal vigneto di 1.000 m 2 , il mosto passa nel calderone di rame e viene fatto addensare a fuoco diretto, perdendo anche il 40% del volume iniziale.
Il mosto cotto è poi trasferito nella badessa. «La batteria è un bene di famiglia e in alcuni casi rappresenta l’eredità che si passa da una generazione all’altra, come ho fatto io con i figli Lisa e Luca». Nell’ultima botte, quella più piccola e da cui di attinge l’ABTRE, si preleva al massimo il 15% l’anno: «vi rimane quindi un quantitativo antico, l’anima della famiglia», racconta mostrando le batterie che riposano nel caratteristico solaio.
Il succedersi delle escursioni termiche delle estati sempre più calde e di inverni umidi sono infatti un’altra condizione del tutto naturale che garantisce l’ottenimento dell’ABTRE, come dimostra l’esperienza dei fratelli GIULIANO e GIORDANA RAZZOLI, che hanno ripristinato l’acetaia di famiglia a 600 metri di altitudine. Una delle batterie presenti nell’acetaia è il regalo della loro madre, simbolo dell’unità familiare.
«L’evaporazione può rivelarsi più lenta, ma il clima più asciutto dell’alta collina compensa in parte le temperature più elevate della pianura, così che il risultato è pressoché uniforme» rispondono alla domanda se la collocazione montana influisca sulle proprietà dell’ABTRE.
Il percorso verso il capoluogo attraversa calanchi e tocca castelli, come quello di Carpineti, rilevante nella narrazione dell’ABTRE per essere una dei manieri abitati da Matilde di Canossa. Già in Reggio Emilia, i coniugi ANTONIO GIORDANO e ADELE BRAGLIA, per anni gestori di uno storico ristorante del centro, dinanzi alla propria collezione di batterie insegnano a consumare l’ABTRE sempre a crudo: «L’abbinamento migliore rimane quello col Parmigiano Reggiano o per condire un risotto alla zucca».
Non distante, nella sede del Consorzio di tutela, i cinque mastri acetai stanno terminando la degustazione dei campioni che porterà all’assegnazione della DOP nei tre livelli: aragosta, argento e oro, nel rispetto delle diverse caratteristiche organolettiche. Così si apprende che densità e viscosità sono solo alcune delle proprietà per stabilire l’appartenenza ad una categoria assieme a colore, persistenza, armonia e mezza dozzina di altri parametri. Una volta indicata la classe di appartenenza un ente terzo super partes provvederà a sigillare con ceralacca le bottiglie di ABTRE DOP. L’affidabilità di essere tradizionale.
Riccardo Lagorio