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LA LUGHÉNIA DA PÀSSOLA DI LIVIGNO
LA LUGHÉNIA DA PÀSSOLA DI LIVIGNO
Antico salame di rape e lardo per superare il rigido inverno, è riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale lombardo
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di Roberto Villa
“Tra le Retiche selvose, oltre il passo di Foscagno ed il passo d’Eira ad ovest di Bormio, s’apre, dentro il lunghissimo solco dell’azzurro Spöl, la valle di Livigno. È il Piccolo Tibet di Valtellina questo singolare angolo di mondo che s’allunga per 23 chilometri dalla Forcola e dal Vago a sud, fino al Ponte del Gallo a nord. Un reticolato di creste, di corni, di guglie difende la pace perennemente limpida di quest’altipiano, dal vento, dalla tormenta e dalle cose inutili e chiassose!”. Così la descriveva ALFREDO
MARTINELLI (Davos 1909 – Sondrio 1988), valtellinese appassionato della sua terra che decantò in centinaia di articoli, racconti e libri; fu lui l’inventore nel 1967 dell’espressione “piccolo Tibet”, poi divenuta famosa grazie all’espansione turistica che ha contrassegnato quell’estremo
lembo di Lombardia e d’Italia negli ultimi decenni. Anche se pochi sanno che la ricchezza dei livignaschi è arrivata negli anni ‘50 del secolo scorso grazie alla costruzione della diga e del lago artificiale a totale carico della Svizzera per la produzione di energia idroelettrica; da quel momento, con un consistente gruzzolo andato a beneficio della comunità, le famiglie si sono rimboccate le maniche e hanno cominciato a realizzare il piccolo paradiso turistico che tutti oggi conoscono.
Questa lunga valle, tributaria del bacino fluviale del Reno e non del Po, è caratterizzata da un clima alpino rigido dettato dall’ubicazione e dall’altitudine oltre i 1.800 metri sul livello del mare, condizioni che risultano proibitive per la maggior parte delle attività agropastorali: la breve stagione favorevole alla crescita dei vegetali — qui non crescono nemmeno segale, grano saraceno e patate, comuni nella Bassa e Media Valtellina — consente unicamente di coltivare cavoli e rape accanto ai pascoli e ai prati permanenti dai quali si ottiene un solo sfalcio all’anno, per il fieno da somministrare al bestiame nel periodo dall’autunno alla primavera.
Rape, lardo, aglio e un salamino da mangiare spezzato con le mani
Le rape costituiscono l’ingrediente principale della lughénia (voce dialettale che sta per lucanica). Si tratta delle rape più piccole e saporite, da essiccare, le pàssole, come le chiamano appunto nel curioso dialetto livignasco, un misto di lombardo occidentale (comasco-lecchese-valtellinese) e ladino dei Grigioni svizzeri con qua e là qualche termine di derivazione squisitamente germanica. La rapa ha rappresentato per interi secoli la fonte vegetale principale per la piccola comunità che rimaneva isolata per oltre sei mesi all’anno e con essa venivano preparati numerosi piatti: semplicemente lessata, oppure affettata e rosolata al burro, trasformata in gnocchi, nella minestra di latte, nel pan da carcént (un pane con rape essiccate, cotte, tritate e miscelate alla farina). E infine miscelata con grasso suino per creare questo salame di piccolo calibro e di lunga durata, idoneo da portare in estate nei pascoli.
Nella tradizione le rape vengono seminate piuttosto fi tte alla fi ne di maggio col seme delle piante lasciate fiorire l’anno precedente, in modo da avere radici più piccole rispetto alle rape seminate a maggiore distanza. In settembre, dopo la fienagione dell’unico taglio annuale dei prati, si procede alla raccolta, alla legatura in mazzi dell’intera pianta e all’essiccazione appese all’aria nei fienili; dopo tre mesi circa le radici vengono separate dalle foglie ormai secche e riposte in sacchi in attesa della lavorazione.
L’uccisione del maiale avviene, altra particolarità rispetto alle zone di pianura, nel mese di marzo e in questo periodo si realizza la produzione familiare della lughénia.
La cottura delle rape, ben mondate da terra ed eventuali parti ammuffite, ha luogo in una grande caldaia di rame per due o tre ore senza lasciare disfare la polpa; alla fine le radici raddoppiano il loro peso grazie all’assorbimento di acqua. Raffreddate e pelate, le rape sono aggiunte al lardo in rapporto da due a uno (66%) fino ad uno a uno (50%), macinate nel tritacarne con una granulometria media e mescolate a mano in un recipiente, tipicamente la conca del porcel, insieme a sale, aglio, pepe e, al giorno d’oggi, anche con cannella, noce moscata e chiodi di garofano; per insaporire di più l’impasto può essere usata anche della pancetta oppure qualche ritaglio di carne magra di suino.
L’insacco nel budello di maiale o di pecora lavato in acqua e aceto consente la realizzazione di salsicce lunghe approssimativamente tra i 30 e i 40 cm, che non vengono legate con lo spago ma semplicemente piegate a ferro di cavallo e lasciate ad asciugare nei solai arieggiati per almeno quindici giorni.
Li lughénie possono essere consumate anche quando sono ancora morbide, passate in padella oppure rese croccanti nel forno; più tipicamente sono lasciate appese sino a fine primavera, quando comincia la stagione del pascolo dei bovini. Si mangiano a pezzi, rompendole con le mani e non tagliandole con il coltello, senza levare il budello. La consistenza è quasi friabile, asciutta, con un sapore netto di rape e di aglio ed una rotondità conferita dal lardo.
Oggi i produttori sono pochi, il consumo è quasi tutto locale mentre i turisti sono nutriti con pizzoccheri, polenta taragna, sciàtt ed altre specialità che poco hanno a che vedere con la povera ma saggia tradizione culinaria livignasca.
Con cosa abbinarla Gustata con del pan da carcént insieme ad un tagliere di formaggi freschi o semi-stagionati come lo Scimudìn, il Valtellina Caséra Dop e una locale formaggella d’alpeggio, vede nel vino Rosso di Valtellina Doc 1 l’abbinamento perfetto, il meno impegnativo fra i vini a base di Chiavennasca, la varietà locale di Nebbiolo coltivata sui terrazzamenti della media valle. Un abbinamento autoctono consigliato è quello con la birra del Birrificio 1816 2 , il birrificio più alto d’Europa che ha sede proprio nel comune di Livigno: si può tentare con la Smoked, birra affumicata stile rauchbier di Bamberga, ideale per bresaola e speck e che ben si accompagna senza sovrastarlo al gusto dolciastro della lughénia.
Roberto Villa
Note
1. www.vinidivaltellina.it
2. www.1816.it