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SCOPRIRE IL ROERO E LE SUE ROCCHE SULLA STRADA DEL MIELE

SCOPRIRE IL ROERO E LE SUE ROCCHE SULLA STRADA DEL MIELE

Dolce come il miele, morbido come il vino

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di Riccardo Lagorio

Una Strada, un Festival, un Ecomuseo e apiari unici in Europa, autorevoli produttori e la naturale vocazione di un territorio per l’allevamento delle api. Da provare i salumi e i formaggi in cera

Paesaggio del Roero

photo © Roberto Muratore – stock.adobe.com

La notizia è di quelle che fa rabbrividire. E, perché no, infuriare. L’ha lanciata il 24 giugno scorso la CIA, la Confederazione Italiana Agricoltori. Il mercato italiano è invaso da miele che arriva dalla Cina a prezzi di importazione molto bassi (1,24 €/kg), ma si tratta di un miele senza api, adulterato e miscelato con quello naturale per nascondere la contraffazione. Il falso miele, diffi cile da rilevare con i controlli effettuati alle frontiere, crea una concorrenza sleale che sta fortemente penalizzando l’apicoltura italiana (il cui prezzo medio di produzione sfi ora i 4,00 €/kg), che ha registrato nel 2019 perdite per 70 milioni di euro, dovute in parte ai cambiamenti climatici che hanno determinato un crollo della produzione.

il Sentiero dell’Apicoltura di Montà (CN). L’apicoltura è nel Roero, e soprattutto nei “paesi delle Rocche”, una presenza storica, complice la morfologia, la natura dei terreni, il clima e la ricchissima flora (ben 950 sono le specie censite). Montà vanta inoltre la presenza di due “ciabòt” con apiari in muratura unici in Europa.

photo © www.ecomuseodellerocche.it

A tutela del settore e del consumatore l’UE potrebbe imporre ai mieli importati da Paesi Terzi la conformità con la definizione europea di miele, ovvero di produzione esclusiva delle api mellifere e senza l’aggiunta di altra sostanza.

Anche la cera non alimentare, che la differenziazione del prodotto, negli ultimi anni, ne ha suggerito l’uso per sigillare formaggi e salumi, trova i confi ni europei tappati in maniera blanda.

«La cera d’api, paragonata talvolta alla paraffi na, ha un punto di fusione molto più alto e possiede per propria natura del propoli. Di conseguenza, si tratta antibiotico e ciò consente una conservazione del prodotto più conforme alle aspettative sanitarie e in maniera naturale senza aggiungere altri componenti»

spiega ANDREA POVERO, della Cereria Asti fondata nel 1902 (asticera.it).

Il Roero e le aree circostanti, anche grazie all’incessante lavoro svolto da parte di ANTONIO STRUMIA che, a partire dagli anni Settanta, ha raccolto mieli e golosità (iltrovarobedicosebuone.com), sono diventati fertile terreno di sperimentazioni gastronomiche. In attesa di conoscere se la 15 a edizione di Amè l’Amèl, il Festival dei Mieli di Sommariva del Bosco verrà celebrata nel 2020 (amelamel.it), si possono comunque esplorare i sentieri della prima Strada del Miele d’Italia.

Le Rocche del Roero, fenomeno geologico di erosione che ha origine nella notte dei tempi, ma che continua ancora oggi

photo © www.ecomuseodellerocche.it

La strada del Miele, tra Bra e Cisterna d’Asti

Nel Roero si snoda la “Strada del Miele”, un “corridoio paesaggisticoculturale” che ha preso forma qualche anno fa grazie ad AsProMiele (Associazione Produttori Miele Piemonte). La Strada percorre circa 38 chilometri di territorio compreso tra Bra e Cisterna d’Asti, passando per alcuni dei comuni più importanti della produzione del nettare dolce. L’itinerario è suddiviso in aree, ed è possibile percorrerlo in automobile, ma anche — e soprattutto — a piedi o in mountain bike, grazie ai facili sentieri che collegano le varie tappe. Il percorso della Strada del Miele tocca diversi paesi, borghi e piccoli centri abitati, in ognuno dei quali è possibile scoprire pannelli informativi che illustrano a tappe la storia dell’apicoltura. Da chi lo produce e come, passando per i tipi di fl ora, i mestieri legati alla sua realizzazione e gli attrezzi necessari (incluso l’abbigliamento dell’apicoltore), la storia del suo consumo e gli arnesi antichi. Un vero excursus nella produzione di un’eccellenza gastronomica meno nota delle sue “cugine” ma altrettanto prestigiosa e armonicamente integrata tra le bellezze del territorio. Ognuno dei borghi che tocca il percorso è, naturalmente, degno di visita, fosse anche solo per il panorama che spesso offrono grazie all’affaccio sulle peculiari formazioni geologiche chiamate Rocche, tipiche del Roero. Parliamo di Monteu Roero, Bra, Baldissero d’Alba, Canale, Cisterna d’Asti, Ceresole d’Alba, Montà d’Alba, Montaldo Roero, Piobesi, Pocapaglia, S. Stefano Roero, Sommariva del Bosco, Sommariva Perno.

La cera d’api è un ottimo mantenitore per i salumi che si possono conservare fi no a 20 mesi.

photo © sushaaa – stock.adobe.com

Del resto Montà d’Alba, Sommariva Perno e Monteu Roero si gloriano di essere piccole capitali del miele, sedi di autorevoli produttori, ma anche di una natura incontaminata dove si uniscono orridi, forre e pinnacoli a vigne e frutteti. Lungo questo itinerario esiste lunga tradizione di apicoltura e si conservano i ciabot, rustici edifi ci diventati nell’Ottocento cà d’avie, case delle api, con i fori d’ingresso nelle pareti e dentro armadi a muro divisi in scomparti per i favi (ecomuseodellerocche.it).

I salami per la Fiera di Ferrere della famiglia Quadro

Non è un caso che a Ferrere, poco distante nell’Astigiano, la FAMIGLIA QUADRO, macellai da cinque generazioni, produca salumi in cera d’api (Quadro Carni e Salumi – Salumifi cio dal 1860, quadrocarniesalumi.com).

«Li produciamo solo in alcuni momenti dell’anno, spesso su commissione per occasioni come la Fiera del Miele di Ferrere o per clienti dell’EmiliaRomagna, dove questa tecnica è molto diffusa», racconta M ASSIMO QUADRO. «Nonostante il costo elevato, la cera d’api è un ottimo mantenitore per i salumi, che si possono conservare fi no a 20 mesi. A differenza del grasso, che viene utilizzato di solito come conservante in Piemonte, non rilascia acidità e rimanda ad un buon ricordo del miele».

Anche Ferrere (AT) ospita infatti una Fiera del Miele, giunta alla sua sesta edizione, sul cui svolgimento nel 2020 non si hanno ad oggi certezze.

Gli incredibili formaggi di Luca Montaldo

A Carezzano, borgo di 400 anime dell’Alessandrino, Luca Montaldo ha scelto la cera d’api per conservare i suoi formaggi di capra. «Facevo il geometra ma non mi sentivo realizzato appieno. Mio suocero, V INCENZO DE MARIA, era un casaro che il mestiere l’ha imparato in giro per il mondo e mi ha trasmesso l’interesse per quel settore. Per ogni singola forma che realizzo ne seguo il percorso di maturazione quasi giornalmente, cercando con i cinque sensi di capire quale sia il momento migliore per venderla o immaginando fi n dalla sua creazione che tipo di formaggio possa diventare».

Geometra, al tecnigrafo ha preferito i belati. Sono nati il formaggio Patafi sico dove si uniscono in uno stampo una cagliata di capra e una di pecora, e la robiola di pecora affi nata in tre tipi di malto e pepe. La Pecheronza è immerso invece in cera d’api. «Si tratta di cera ottenuta dall’opercolo, dallo scioglimento delle arnie quando vengono smielate, quella più profumata. Mettendo una cagliata di capra in un contenitore di cera d’api i sentori vanno a infl uenzare il formaggio.

Se si prosegue la stagionatura è un ottimo conservante e innesca una fermentazione anaerobica, provocando piacevoli sentori ircini». Con buona pace per il fi nto miele cinese.

Riccardo Lagorio

>> Link: www.mieliditalia.it/aspromiele/stradamiele.htm

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