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VUELVO AL SUR. RIPARTIRE CAMMINANDO SUI SENTIERI DEL PARCO NAZIONALE DELL’ISOLA DI PANTELLERIA

di Elena Simonini

Nessuna estate, quanto quella di questo davvero particolare e complicato anno 2020, ha forse mai rappresentato la vera opportunità di ripensare profondamente alla nostra idea di vacanza, e anche proprio di reinventarla, nell’ottica di un turismo sostenibile e più responsabile. Ma quando occorre rifondare un pensiero o rivalutare una situazione, di solito, si comincia sempre e solo da se stessi e dal nostro posto nel mondo. E tanto più ci si impone di farlo oggi, in un momento in cui siamo chiamati, per il bene nostro e per quello comune, a ricostituire una sorta di differente dimensione personale, la quale consenta di misurare una nuova e inusitata distanza fi sica tra noi e gli altri.

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Ecco che allora, ancora una volta, mi sembra, camminare si può rivelare come l’azione più semplice, più spontanea e più naturale attraverso la quale avviare una istanza di rinnovamento, interiore ed esteriore, che si rifl ette direttamente sul nostro tempo libero, sui week-end e sulle vacanze di questa estate ormai già nel pieno del suo splendore.

Ripartire camminando, dunque, lontani dai luoghi affollati di gente, da soli o in piccoli gruppi, su itinerari più noti o su sentieri sperduti, per lunghe ed avventurose escursioni oppure per più semplici e brevi percorsi, ma sem plicemente camminare, sempre sulle sole nostre gambe: è quello che davvero consiglio oggi, anche a chi non ha mai indossato un paio di scarpe da trekking, per le vacanze estive di quest’anno.

E allora ho deciso, stavolta vi porto al Sud. Vuelvo al Sur, per dirlo con le note dello struggente tango di PIAZZOLLA le quali ci ricordano che il Sud è un destino del cuore, verso il quale si torna sempre, con un misto di desiderio e paura (Vuelvo al Sur, como se vuelve siempre al amor, vuelvo a vos, con mi deseo, con mi temor. Llevo el Sur, como un destino del corazón, soy del Sur, como los aires del bandoneón).

Ma non penso ad un Sud lontano, misterioso od esotico. Intendo invece portarvi a camminare nel nostro meraviglioso Sud, nella cui a volte dura terra si insinuano le più profonde radici culturali, non solo dell’Italia ma anche di tutta l’Europa.

Andiamo in Sicilia, e anzi ancora più a sud, a Pantelleria, una delle più belle isole italiane, sospesa in mezzo al mare Mediterraneo tra Italia e Africa, e nota non solo per le spiagge mozzafi ato e per le acque cristalline, ma proprio anche per una ampia e importante rete sentieristica che si sviluppa all’interno di una strepitosa area naturale protetta, denominata Parco nazionale dell’Isola di Pantelleria. Questa stupefacente riserva naturale, unica in Sicilia nel suo genere, consta di ben 21 sentieri, ricavati da antiche mulattiere e sentieri di montagna, per un totale di 100 km di itinerari che potrete facilmente declinare in diverse lunghezze e dislivelli, a seconda della vostra resistenza al cammino, del tempo a disposizione, e anche a seconda del vostro eventuale e specifi co interesse (naturalistico, archeologico, geologico, storico, o rurale).

Tutti i percorsi sono ben segnalati e in ottimo stato di manutenzione, e quindi vi permetteranno di camminare tranquilli e così di godere appieno del sentimento di meraviglia che questa esperienza a Pantelleria susciterà in voi. Gli itinerari che potrete esplorare nell’isola vulcanica di Pantiddarìa, come la chiamano i suoi abitanti, sono molto vari e diversifi cabili.

Percorsi a strapiombo sul mare, caratterizzati da spettacolari panorami sulle coste laviche che potrete contemplare dentro ad un immenso silenzio di altitudine, mentre il caldo vento salino vi asciuga la pelle e vi scompiglia i capelli. Interi tratti a ridosso della costa, camminando completamente immersi nell’inconfondibile profumo della macchia mediterranea.

Lunghi sentieri in mezzo ai meravigliosi terrazzamenti coltivati a Zibibbo o agli splendidi cappereti, entrambi simboli della cultura rurale pantesca e della forza dell’uomo che, con una quotidiana fatica, ha strappato alla terra lo spazio per la propria sopravvivenza.

Oppure stupefacenti attraversamenti nei pressi delle numerose favàre e delle fumarole (fessurazioni della roccia dalle quali fuoriesce vapore acqueo, misto a composti chimici, con temperature che possono raggiungere i 100 °C).

Durante questa indimenticabile esperienza di trekking a Pantelleria, inoltre, se vorrete, avrete la possibilità di raggiungere il favoloso Lago di Venere, che si caratterizza per i suoi colori continuamente cangianti, minuto dopo minuto, a seconda della luce, dal verde più intenso, al turchese più vivace, fi no al più trasparente azzurro, o di scoprire una delle più importanti colate laviche dell’isola, il Kaggiar, o infi ne di vedere la Montagna Grande con la sua pineta, ovvero il cuore dell’isola e il punto più alto del vulcano emerso.

Insomma, un vivace, infi nito e indimenticabile tripudio di colori, profumi, panorami e sensazioni è quello che la seppur piccola isola di Pantelleria offrirà a chi, per questa estate tutta da reinventare, avrà la forza e la voglia di ripartire semplicemente camminando, e virando, come fosse un destino del cuore, verso il meraviglioso Sud.

Lo Zibibbo e l’alberello pantesco patrimonio dell’UNESCO

Quello della vite ad alberello è un tipo di coltivazione introdotto a Pantelleria dai Fenici che, perfezionato e tramandato nei secoli, è stato capace di produrre splendidi frutti in condizioni estreme. L’isola è infatti caratterizzata da una costante ventosità (Bent-el-Rhia, “fi glia del vento” in arabo), da una scarsa piovosità compensata da una grande umidità, per i suoi terreni impervi sui quali sono stati realizzati magistrali terrazzamenti. L’alberello pantesco è una pratica agricola defi nita dal professor Pier Luigi Petrillo “creativa e sostenibile” e per questo degna di un riconoscimento internazionale come quello ricevuto dall’UNESCO che lo ha inserito nella lista dei beni Patrimonio mondiale dell’Umanità. Creativa perché fondata sulla “conca”, la culla scavata nel terreno per accogliere la vite, proteggerla dal vento, nutrirla con l’umidità della notte che vi si raccoglie e non si disperde. Creativa perché il sistema potatura, fa sviluppare la pianta con un andamento orizzontale e quasi strisciante sul terreno, e quindi in grado di sopravvivere al vento costante che soffi a sull’isola. Sostenibile perché la sua coltivazione è interamente manuale, perché le terrazze sorrette dai muretti a secco delineano il paesaggio di Pantelleria e lo difendono dall’erosione. Una viticoltura eroica che sopravvive grazie anche al lavoro di tanti produttori, che da anni si impegnano sull’isola. Lo Zibibbo è l’uva del Passito di Pantelleria. Un vino dolce unico per le sue caratteristiche organolettiche, un vino prezioso che consente di ripagare la fatica e i costi di questa viticoltura che si fonda sull’alberello pantesco.

le vigne di Donnafugata a Pantelleria;

photo © winenews.it

Capperi!

photo © Ne_Cloud – stock.adobe.com

La sua forma è irregolare, quasi sferica, e il colore è tipicamente verde scuro e tendente al senape, mentre il gusto è inconfondibilmente aromatico e salino. I boccioli piccoli e chiusi sono i più buoni e pregiati perché il loro gusto è più delicato. Stiamo parlando del Cappero di Pantelleria Igp, uno dei frutti che più rappresenta la piccola e bellissima isola siciliana. Il Cappero di Pantelleria I GP cresce rigoglioso e resistente in perfetta simbiosi col terreno secco di origine vulcanica e una forte esposizione al sole e alle alte temperature. La mano dell’uomo e la coltivazione stessa del cappero di Pantelleria hanno contribuito nel tempo a rendere unico questo paesaggio, plasmandolo in piccoli appezzamenti circondati da muri a secco e fabbricati in pietra lavica utilizzati per raccogliere l’acqua piovana. Oggi la coltivazione del Cappero di Pantelleria si svolge secondo regole precise dettate dall’Unione Europea, che ha conferito a questo frutto il marchio di Indicazione Geografi ca Protetta (Igp). Anzitutto le piante vengono poste in terrazzamenti esposti al sole e sono regolarmente potate. Da maggio a fi ne ottobre si ha la raccolta dei capperi, ovvero dei boccioli della pianta non ancora aperti, che vengono raccolti a mano più volte al giorno e fatti maturare lentamente sotto il sale marino grosso, costantemente controllati e mescolati per circa 8-10 giorni. Successivamente, si procede con una seconda salatura e ulteriori passaggi di mescolatura dei capperi. Infi ne, viene eliminata l’acqua di vegetazione prodotta e si va via via ad aggiungere un po’ di sale. Questo sistema di conservazione fa si che il cappero non perda le sue eccezionali caratteristiche organolettiche e sia pronto per essere gustato in tutto il suo sapore! È preferibile risciacquarlo in abbondante acqua corrente prima di utilizzarlo in cucina.

Favàre e fumarole sull’isola di Pantelleria. Le favàre sono potenti getti di vapore acqueo misto a minerali che emergono ad intermittenza dal sottosuolo in più punti, attraverso spaccature della roccia.

photo © Federico – stock.adobe.com

il lago di Venere, una delle principali sorgenti termali che l’isola offre (photo © Davide D’Amico – stock.adobe.com).

Elena Simonini

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