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Analisi del food Mostarde, piccanti opere d’arte culturale Giovanni Ballarini
Alexander Guadagnini e Varena Angerer di Carnerie col loro Bauernspeck.
terminato l’alpeggio sui pascoli della Malga Grubberg, ad oltre 2.000 metri. Una transumanza verticale di appena 6 chilometri, ma che incide con favore sulla carne.
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Per avverare il loro sogno Alexander e Varena si sono inventati tre anni fa una raccolta fondi, così oggi chi ha contribuito alla realizzazione della fattoria vanta un credito in carne e salumi. «150 persone hanno avuto fi ducia nella nostra idea e si è rivelata tanto buona che in pochi mesi siamo già in saldo positivo. Carnerie è diventata in poco tempo il punto di riferimento per chi sceglie carni e salumi naturali e gustosi» spiega con soddisfazione Alexander.
Gli animali trascorrono una vita dignitosa, priva di tensioni e affaticamenti, arricchita da un’alimentazione naturale, per lo più a base di erba e fi eno. Vivono, come detto, all’aperto. «Il più possibile. Per questa ragione c’è necessità di razze resistenti al caldo e al freddo, ma che assicurino comunque un alto livello qualitativo della carne: cioè sviluppino un’adeguata proporzione di parte grassa e di parte magra» affermano.
I suinetti si avvicinano al recinto curiosi, portano pelo scuro, a chiazze nere o sfoggiano una cintura bianca su vello nero. «Per ottenere la carne che noi desideriamo abbiamo incrociato la razza Sveva con Duroc e Mangalica. La nascita e la crescita avvengono a ciclo chiuso e, grazie all’alimentazione sana che abbiamo imposto, la copertura fi nale di grasso è eccellente: la carne fresca è marezzata e i salumi sono saporiti” spiega Varena, che ha conseguito il diploma di assaggiatrice di carne presso il Grill Club di Innsbruck (Sommelier Steak Tasting).
«Nel laboratorio trasformiamo infatti le carni al giusto punto di età e consistenza in salumi tradizionali e vendiamo carne fresca sottovuoto», precisa davanti a uno Speck contadino (Bauernspeck) dalla marcata marezzatura e dal sapore intenso.
Anche i bovini devono avere un’adeguata marezzatura. Per questo si è scelto di allevare 20 capi di razza Angus, dall’età che varia tra 6 mesi e 2 anni. La macellazione avviene quando si è raggiunta un quantitativo adeguato di ordinativi. «La vendita on-line ci ha aiutato molto durante il periodo di clausura. Ci ha permesso di consolidare tanti clienti e trovarne altrettanti» interviene Alexander. Per conseguire un corretto isolamento termico, la spedizione avviene in contenitori di paglia pressata, a differenza di quanto si è soliti vedere in polistirolo. «Anche l’imballo ci rende coerenti con la struttura che abbiamo dato al maso, naturale ovunque».
Da queste parti il re dei salumi è lo Speck. Quello che esce dalla bottega Carnerie è un Bauernspeck, il sigillo che la Provincia Autonoma concede a chi alleva animali e li trasforma, vendendoli, sotto forma di salume. «Il nostro Bauernspeck viene ottenuto con una concia di ginepro, aglio, pepe e sale. Nient’altro. Nessun conservante perché ciò che conta davvero deve essere la carne iniziale. E i clienti che chiedono perché le fette non sono così rosse, sono poi gli stessi che si rivelano i più interessati. Ovviamente per far questo la lavorazione deve essere sempre corretta e contare su una pulizia maniacale in laboratorio», chiarisce Varena.
Il Bauernspeck e i Kaminwurzen, i salametti affumicati ideali per le merende, si affumicano in maniera tradizionale, con legno di faggio, aghi e bacche di ginepro. Il primo si vende dopo oltre un anno di stagionatura, i Kaminwurzen trascorso un mese dalla preparazione. Anche le ombre della sera che si allungano sulla bottega del maso sono delicate, creano una luce amica e quasi romantica a coronamento di un paesaggio che lascia senza fi ato. Benvenuti in val di Vizze.
Riccardo Lagorio
Carnerie by Jörgnerhof
Grube 87 (39049) Pfi tsch, Val di Vizze (BZ) Telefono: 340 1524329 E-mail: info@carnerie.com Web: carnerie.com
Diventa il “padrino” di un maiale biologico in Alto
Adige per un anno intero, ricevendo aggiornamenti regolari e che potrai visitare in qualsiasi momento: “il tuo maiale nasce nella nostra fattoria e si gode una vita spensierata sul prato e nel bosco. Riceverai un aggiornamento ogni due settimane con foto e notizie sulla sua vita. Naturalmente è possibile visitarlo in qualsiasi momento”. È questa una delle proposte di Carnerie, che fornisce anche 8 motivi per fare questa scelta: 1. una carne sana, “il tuo maiale mangia solo il miglior mangime biologico, prodotto senza OGM, oltre a erba fresca, fi eno e patate”; 2. benessere animale, “il tuo maiale conduce una vita felice, può muoversi liberamente, scatenarsi con gli amici, scavare nella terra e dormire sotto le stelle”; 3. allevamento senza stress fi no alla macellazione, “lo trasportiamo senza stress al macello, che dista solo 20 minuti dall’allevamento”; 4. gusto incomparabile, “puoi assaporare la vita che il tuo maiale ha condotto nella sua carne gustosa e meravigliosamente marmorizzata”; 5. quelli di Carnerie sono tutti maiali biologici dell’Alto Adige; 6. sostenere l’agricoltura locale e biologica, “con l’acquisto del tuo maiale sostieni la nostra fattoria di montagna e ci aiuti a promuovere l’agricoltura sostenibile e rispettosa degli animali”; 7. sicurezza sulla consegna del prodotto, “se dovesse succedere qualcosa al tuo maiale durante l’allevamento, riceverai un sostituto equivalente dello stesso gruppo del tuo maiale”; 8. prezzo vantaggioso, “rispetto al prezzo che pagheresti nella nostra bottega per la stessa quantità di speck o carne in confezioni singole, risparmi circa il 10%” (photo © F-TECH).
Una sinfonia di prelibatezze
MOSTARDE, PICCANTI OPERE D’ARTE CULTURALE
di Giovanni Ballarini
Le mostarde piccanti italiane sono conserve di gastronomia diffuse soprattutto nell’Italia settentrionale e in Toscana e ottenute da diversi ingredienti secondo la zona d’origine. Queste conserve sono preparate con uno o più tipi di frutta trattata, secondo le ricette, con zucchero o miele, mosto e senape e in generale hanno un gusto più o meno piccante. Il termine mostarda è spesso fonte di equivoci, perché talvolta utilizzato con riferimento al francese moutarde o all’inglese mustard, per defi nire il condimento più noto in italiano come senape. L’etimologia italiana, probabilmente derivante dal latino mustum ardens o mosto ardente nel senso di piccante, si riferisce alla presenza di mosto e di sostanze piccanti come la senape, anche se nelle varie versioni di mostarde italiane spesso o il mosto o la senape e in alcuni casi entrambi possono essere assenti. Le mostarde di Cremona, Mantova e del Veneto sono piccanti a seconda della quantità di senape ma prive di mosto, mentre quelle di Carpi (MO), del Piemonte e del Sud Italia contengono mosto ma non senape; altre, come la mostarda bolognese e romagnola, non contengono né mosto né senape ma solo frutta.
Perché diverse mostarde sono piccanti e perché il gusto piccante, che dovrebbe segnalare un cibo pericoloso, piace?
Spezie piccanti e paura del cibo
La vita si mantiene attraverso la difesa dalle azioni avverse, la nutrizione e la riproduzione, e queste tre attività sono possibili attraverso i sensi e i loro organi. Tutti gli organi di senso sono coinvolti nell’alimentazione. Le sensazioni del gusto in particolare derivano dai chemiorecettori che l’organismo possiede e sono stimolati da particolari molecole. Le stimolazioni gustative che ne derivano sono accompagnate da sensazioni olfattive che originano da ricettori situati nella parte alta delle cavità nasali e sono mediate anche dalla sensibilità tattile, di pressione, termiche (freddo e calore) e di dolore, al quale è connessa la condizione della paura.
La sensazione gustativa del piccante in tutte le culture umane ha sollevato non facili problemi interpretativi e di recente sta avendo una particolare e quasi insospettata soluzione, ovvero quella di una stretta relazione con la paura dei cibi. Questa nuova prospettiva permette anche di comprendere il successo che in alimentazione umana e soprattutto in gastronomia hanno avuto e continuano ad avere i cibi piccanti, sui quali molto si è scritto da un punto di vista storico, ma che rimanevano un fatto incomprensibile: perché il cibo piccante piace?
Quando si nasce, si cerca sicurezza e conforto e per questo i cibi devono essere dolci, caldi, morbidi e bianchi come il latte materno. Cibi amari o piccanti, duri e scuri, se non neri, sono un indicatore di pericolo e da evitare. Man mano che il bambino cresce, inizia l’interesse della ricerca e della scoperta del mondo e con questa anche il piacere del rischio e della paura in una ricerca che riguarda anche il cibo. Cibi nuovi e con sapori non ben dosati possono dare sensazioni sgradevoli anche di dolore, ma segnano l’inizio di un’indipendenza e di una maturità nella quale il gusto del piccante (nei cibi) e dell’amaro (nelle bevande) divengono fonte di piaceri, primo dei quali una raggiunta maturità, ma anche un dominio e superamento di un dolore, peraltro sicuro, limitato e soprattutto transitorio.
È una constatazione comune che, quando si è raggiunta una maturità psicologica, gli uomini amano praticare sport estremi, mettersi alla prova nei parchi di divertimento sulle montagne russe o altre attrazioni da brivido, leggere racconti o romanzi polizieschi e noir, guardare fi lm horror… In modo analogo, quando si è raggiunta una maturità alimentare, gli uomini iniziano a mangiare e ad apprezzare cibi che procurano un limitato e transitorio dolore e un senso di pericolo, che è al tempo stesso un piacere. In tutti questi casi vi è un piacere, non tanto del rischio, quanto di una paura controllata e dominata.
La senape aggiunge al cibo una nota piccante ma delicata, che si abbina bene soprattutto alla carne (photo © Sahaidachnyi Roman – stock.adobe.com).
La mostarda cremonese è certamente la più nota tra le varie mostarde regionali. Per gustare a pieno il sapore piccante della mostarda è consigliabile non lasciar trascorrere troppo tempo dalla sua produzione: il gusto della senape, molto volatile infatti, dopo i primi mesi inizia a disperdersi (photo © nolonely – stock.adobe.com).
Spezie piccanti in natura
Molte sono le spezie piccanti in natura. Spezie che stimolano le mucose della bocca e, a dosi ridotte, provocano sensazioni d’irritazione, mentre a caldo, e a dosi più elevate, dolore, sono la senape bianca e la senape nera. Esse causano inoltre una stimolazione delle mucose dell’occhio, con lacrimazione, e delle mucose del naso, con aumento delle secrezioni (da qui nasce il modo di dire “far venire mosca al naso”, errata traduzione dal francese “la moutarde lui monte au nez”). Queste spezie defi nite piccanti procurano le sensazioni di un’irritazione o bruciore, quasi di un’ustione delle mucose, perché stimolano i ricettori della mucosa orale che, attraverso la branca buccale del nervo trigemino, mandano un segnale d’allarme per avvertire che il palato sta “bruciando”. Questo segnale, attraverso il ganglio di Gasser, è inviato anche alle mucose nasali e oculari, che rispondono aumentando la secrezione e la lacrimazione. Le stimolazioni sono inviate anche al cervello che le elabora anche in base alle sue memorie antiche e recenti.
Al di fuori dei processi fi siologici degli stimoli e loro trasmissione ed elaborazione nervosa, complessi e in gran parte ancora inesplorati sono i signifi cati delle attività irritanti della senape, come di molti altri composti presenti nei vegetali. Una presenza che deve essere esaminata e valutata in rapporto all’evoluzione biologica, al mondo dei vegetali e degli animali e, non da ultimo, all’alimentazione umana. Nel mondo delle piante, molecole come la sinigrina e la sinalbina della senape sono molto diffuse, almeno due motivi. Oltre che tenere lontani dalle piante taluni parassiti animali, queste molecole servono per selezionare gli animali che diffondono i semi dei vegetali. Nel caso della senape, come del pepe e peperoncino, i semi non sono sparsi dai mammiferi che evitano di mangiare i frutti piccanti, ma dagli uccelli che sono insensibili alla loro azione pungente e che portano i semi a distanze molto grandi, con indubbio vantaggio per la specie vegetale.
Cibi con allarmi che preoccupano
Molte persone al mondo provano gusto, se non piacere a mangiare cibi piccanti. Agli adulti piace infatti spesso godere di situazioni nelle quali il loro corpo manda segnali d’allarme, mentre sanno che in realtà non vi è alcun pericolo. Molto complesso è quindi il rapporto tra uomini e cibo piccante e va studiato nella prospettiva della storia evolutiva dell’uomo, la cosiddetta alimentazione darwiniana.
Diversamente da moltissime altre specie animali, la nostra, dopo il breve periodo infantile durante il quale è monofaga e si alimenta solo di latte, diventa progressivamente onnivora e mangia di tutto. Una caratteristica che permette di non fare affi damento su un unico o solo pochi tipi di cibo, come invece avviene per gli animali monofagi. La polifagia, infatti, ha consentito alla specie umana di trovare fonti di sostentamento nutrizionale nel corso delle sue lunghissime migrazioni e in ogni ambiente che ha conquistato, dai poli all’equatore, dalle pianure alle montagne, dai climi aridi a quelli acquatici, da una vita contadina a quella urbana.
Gli onnivori hanno grandi vantaggi, ma questa alimentazione comporta una serie di diffi coltà, perché in natura non tutto quello che è masticabile e sembra mangiabile è anche commestibile e perché può essere anche tossico. Per questo, le specie animali onnivore, e tra queste la nostra in alto grado, hanno sviluppato un’alimentazione che si basa su una ricerca che si svolge attraverso complessi sistemi di sperimentazione, controllo dei risultati e loro comunicazione nella propria comunità o società.