LA FILOSOFIA PER VIVERE BENE
basata sulla spontaneità. Non serve dunque porsi domande su che cosa siamo, qual è il senso della vita, che cosa ci riserverà il futuro… Perché la felicità non è un elenco di giudizi ben definiti da applicare alla vita, ma una maniera di viverla.
Maurizio Zani
è l’equivalente di un’esistenza
LA FILOSOFIA PER VIVERE BENE
Seneca ci insegna che la vita felice
SENECA
Maurizio Zani
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Edizioni Riza S.p.A. - Via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano - www.riza.it
SENECA Il filosofo che ci ha insegnato a cercare la libertà e il rispetto di se stessi
«È veramente felice e padrone di sé chi dice ogni giorno: ho vissuto»
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SENECA Il filosofo che ci ha insegnato a cercare la libertà e il rispetto di se stessi
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Seneca Foto: 123rf, Fotolia, Shutterstock Testi a cura di Maurizio Zani © 2019 Edizioni Riza S.p.A. via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano - www.riza.it Tutti i diritti riservati. Questo libro è protetto da copyright ©. Nessuna parte di esso può essere riprodotta, contenuta in un sistema di recupero o trasmessa in ogni forma e con ogni mezzo elettronico, meccanico, di fotocopia, incisione o altrimenti senza il permesso scritto dell’editore. Maurizio Zani - Studioso del pensiero antico, ha collaborato con la facoltà di Psicologia dell’Università di Bologna e ha insegnato filosofia e storia nei licei milanesi.
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SOMMARIO
Introduzione Seneca, un filosofo indagatore della mente.............7 Capitolo 1 Ha vissuto come uno spirito libero....................... 11 Capitolo 2 La sensibilità e il pensiero di Seneca..................... 33 Capitolo 3 Un pensatore nostro contemporaneo.................... 65 Capitolo 4 Seneca e i grandi temi della filosofia..................... 91 Bibliografia......................................................... 141
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Introduzione
Seneca, un filosofo indagatore della mente
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nche questo volume della collana, come i precedenti, è un invito a giocare con la filosofia. È un gioco senza regole prefissate che ha come oggetto la scoperta dei più riposti e forse più sconosciuti angoli di noi stessi. Non chiede speciali abilità, ma solo che ci lasciamo andare al fascino delle parole del nostro compagno di giochi: in questo caso, Seneca. Nei precedenti lavori abbiamo giocato con altri amici, Aristotele e Platone, e abbiamo posto loro domande che ci concernono, che riguardano la nostra vita di ogni 7
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Seneca - Introduzione
giorno. Li abbiamo considerati come nostri contemporanei. Come presenti qui, accanto a noi, nel salotto di casa. Non è e non è stato, comunque, un dialogo tra specialisti. La filosofia non richiede particolari conoscenze o attitudini. È soltanto un modo di porsi nei confronti di se stessi, una maniera di cogliere in trasparenza tutte quelle forze che giacciono dentro il profondo dell’anima. E di frequente inutilizzate. Troppo spesso, infatti, su di esse si sono stratificate abitudini di pensiero e di comportamento passive e abitudinarie. Sono loro che impediscono a quelle forze di trovare la loro spontanea manifestazione. L’ambizione di questa collana è appunto quella di aiutare i lettori a liberarsi di questi gravosi fardelli. La filosofia ha una sua storia millenaria. E i personaggi che abbiamo conosciuto, e che conosceremo, fanno parte di essa a pieno titolo. Ma la filosofia ha posto anche grandi problemi che investono i più diversi campi dell’esistenza umana: dalla conoscenza ai sentimenti, dalla percezione della bellezza al sapere scientifico e così via. Sono questioni che fanno parte ormai del bagaglio tradizionale della filosofia. Dunque meritano di essere oggetto di un’indagine che ne disegni le grandi linee di contorno. A questo scopo non ci siamo mai abbandonati a disquisizioni astratte. Abbiamo piuttosto scelto di incarnare i diversi punti di vista filosofici in personaggi di fantasia. Sono figu8
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re forse un po’ bizzarre, ma – almeno crediamo – capaci di suscitare la nostra simpatia. Nel presente lavoro ci siamo interessati di una questione oggi di grande attualità nel mondo filosofico e scientifico, ma che trova eco anche nei dibattiti televisivi e sulle pagine dei giornali: il rapporto tra la mente e il corpo. Nei prossimi volumi incontreremo altre importanti questioni filosofiche, sempre trattate con grande semplicità. Il lettore che ci segue in questo percorso non sarà certo deluso. Poco alla volta entrerà in contatto con il modo tutto particolare di guardare il mondo elaborato dai filosofi. E si “farà un orecchio” ai loro ragionamenti, di affrontare le questioni più diverse. Non avrà bisogno di manuali, troppo spesso freddi e descrittivi, per capire come stanno le cose.
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Capitolo 1
Ha vissuto come uno spirito libero È sempre stato fedele alle proprie convinzioni e per questo nella sua vita e nella sua carriera ha conosciuto continui alti e bassi. Ha viaggiato molto e intrapreso anche la carriera politica
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SENECA - CAPITOLO 1
È stato sempre coerente con le sue convinzioni
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eneca è uno spirito libero, forse troppo libero per i tempi in cui viveva. Il suo atteggiamento critico nei confronti del potere imperiale lo espone a rischi personali che solo con grande difficoltà riesce a fronteggiare. In alcuni casi, per esempio, non si astiene dall’esprimere a voce o per iscritto il suo parere. In altri, si fa coinvolgere in lotte politiche pericolose. La sua vita, la sua attività forense e la sua carriera politica sono attraversate da periodi alterni tra grandezza ed emarginazione. Si concluderanno in modo tragico. 12
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La famiglia Lucio Anneo Seneca nasce a Cordova, in Spagna, nel 4 a.C. Suo padre, che porta lo stesso nome del figlio, aveva trascorso a Roma gran parte della sua giovinezza e desiderava trascorrevi anche la vecchiaia. Decide così di trasferirsi nella capitale, probabilmente pensando all’istruzione e alla carriera dei figli. Seneca, il secondo di tre fratelli, è ancora troppo piccolo per capirne l’importanza. Seneca padre era nato intorno alla metà del primo secolo a.C. e raggiunge quasi l’età di 90 anni. Un bel traguardo soprattutto per l’epoca, quando l’età media di morte si aggirava su valori ben al di sotto della metà di questa cifra. Lucio Anneo ricorda con grande ammirazione e affetto il padre. Lo stima anche per le sue spiccate capacità di scrittore e di studioso della vita politica romana. Ha letto con grande interesse i suoi scritti e, in particolare, una storia di Roma di tendenza repubblicana (andata perduta). Al padre riconosce il merito di aver creato quel clima di interessi culturali che ha alimentato la formazione dei figli. L’unico appunto che gli rivolge è quello di non aver permesso a sua madre Elvia di coltivare i propri interessi intellettuali: «Se il padre mio, il migliore degli uomini, fosse stato meno ligio alla tradizione degli antenati e avesse voluto che tu ti istruissi appieno nei precetti della sapienza, anziché impregnartene superficialmente!» (Consolazione 13
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per la madre Elvia, 18, 3-4). La donna, in effetti, ai tempi di Seneca, nel matrimonio era sottoposta all’autorità del padre o del marito, ma poteva disporre del proprio patrimonio. Essa, a differenza di un non lontano passato, aveva comunque l’ultima parola in materia di decisione circa la persona del futuro coniuge. Inoltre, poteva optare per il divorzio in qualsiasi momento e senza alcuna difficoltà. Infatti il matrimonio, per i romani, non era sacro e non riguardava neppure lo Stato. Era un affare privato, un contratto e come tale suscettibile di essere sciolto.
Gli studi di retorica Quando Lucio Anneo raggiunge l’età giusta (presumibilmente intorno ai quindici-sedici anni) inizia a frequentare una scuola privata di retorica. In effetti, a Roma come a Cordova non esiste un sistema scolastico pubblico. La retorica romana, come quella greca, rappresenta un insegnamento volto a preparare una persona a elaborare argomenti capaci di convincere un pubblico, di giungere al cuore delle sue emozioni. La retorica è l’arte dell’eloquenza. Lo studente viene istruito nelle tecniche comunicative più importanti relative al parlare e allo scrivere. Gli vengono fornite istruzioni anche sul modo di tenere a memoria i discorsi. Spesso il maestro o il padre porta con sé il giovane nel Foro, dove si svolgono le cause giudiziarie, al fine di appren14
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Mi chiedi cos’è la libertà? Non essere schiavi di nessuno, di nessuna necessità, di nessun accidente e conservare la fortuna a portata di mano
dere l’arte ascoltando i grandi oratori. La ragione di tutto questo è semplice: nella società romana – come in quella greca antica – il dibattito pubblico riveste una grande importanza. Se si vuole ottenere la popolarità e il rispetto necessari per assicurarsi l’elezione a cariche politiche bisogna mostrare in tutte le occasioni possibili la propria abilità oratoria. Nelle scuole di retorica non esistevano manuali. Si leggevano in prevalenza le opere di grandi autori, quali Ovidio e Virgilio. E non c’erano materie scolastiche né insegnanti specializzati in una di esse. Il maestro, il cosiddetto “grammatico”, faceva tutto. Gli allievi, a loro volta, avevano il compito di redigere discorsi che si immaginavano pronunciati da personaggi mitici o storici in particolari situazioni. Ma dovevano esporre anche oralmente le suasoriae (argomenti capaci di per15
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suadere) pro o contro una certa decisione. Per esempio: doveva Ulisse uccidere i Proci che avevano usurpato il suo potere a Itaca o doveva solo limitarsi a farli schiavi? Inoltre, gli studenti avevano il compito di tenere delle orazioni di accusa o di difesa (le controversiae) come se si trovassero in un’aula giudiziaria. I temi fondamentali delle controversiae erano l’amore e la morte in tutte le loro possibili declinazioni giudiziarie. E ciò allo scopo di acuire l’inventiva degli studenti e prepararli a tutte le obiezioni possibili. Questo stile di insegnamento e la stessa retorica oggi non fanno più parte della preparazione di studenti delle scuole superiori o universitari della facoltà di giurisprudenza. Forse è una perdita grave. Attualmente, uno stile del genere appartiene più all’immaginario poliziesco dei romanzi e dei film che alla realtà. Il lettore ha presente la maestria argomentativa del celebre avvocato Perry Mason, il personaggio creato dalla fantasia di Erle Stanley Gardner? Ricorda il fascino delle sue parole, la sua capacità di porre trabocchetti ai presunti assassini? La bravura straordinaria mostrata nel mettere alle corde anche il più smaliziato procuratore legale, il suo naturale avversario, quello che in tribunale si fa carico dell’accusa? Oggi si dà un prevalente rilievo alla preparazione giuridica dello studente attraverso l’apprendimento delle leggi e delle problematiche interpretative a esse legate. La conoscenza delle norme e delle 16
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sentenze già pronunciate oggi gioca un ruolo molto più significativo che in passato. Al tempo di Seneca, invece, giudici e avvocati non disponevano di un’adeguata cultura giuridica. I giudici si affidavano a degli esperti che potevano solo dare dei consigli. La loro attività era come una sorta di hobby, più che una vera professione. Gli avvocati per parte loro facevano leva, in particolare, sulla proprie abilità di persuasione. Ma, secondo una vecchia legge (la Lex Cincia), era proibito loro percepire denaro per seguire le cause (divieto spesso aggirato).
Dalla retorica alla filosofia All’incirca tra i 17 e i 20 anni il giovane Seneca si accosta alla filosofia – come ricorda in età matura – «con slancio di gran lunga maggiore di quello che da vecchio esprimo nel continuare a coltivarla» (Lettere morali a Lucilio, 108, 17). La sua conversione alla filosofia si attua soprattutto grazie alla guida di due pensatori stoici. Il primo, Papirio Fabiano, «che non era uno di codesti vostri filosofi cattedratici, ma un filosofo vero come quelli antichi» (La brevità della vita, 10, 1). E soprattutto il secondo, Attalo. «Quando udivo Attalo inveire contro i vizi, gli errori, i mali della vita – ricorda sempre Seneca –, ho provato spesso compassione per il genere umano e ho creduto che egli fosse un uomo sublime e superiore a ogni umana grandezza» 17
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