RIZA RIZA
Depressione Ecco come vincerla
I consigli pratici per superarla
senza ricorrere a psicofarmaci
Il periodo buio che serve a rifiorire I momenti di tristezza ci fanno paura, ma sono necessari per far emergere i tuoi lati migliori
COSA FARE
QUANDO:
• Vieni abbandonato
• Subisci un lutto
• Dopo una frustrazione
• Ti senti solo e scontento
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CHE COS’È A COSA SERVE
Depressione: impariamo a riconoscerla È uno stop nella vita per farti ripartire
NON È SEMPLICEMENTE UN CALO DELL’UMORE, O UNA SENSAZIONE PASSEGGERA DI TRISTEZZA PROFONDA, MA UN DISAGIO EMOTIVO CHE PUÒ DURARE MOLTO A LUNGO E ANCHE CONDIZIONARE LA VITA
SPESSO LA DEPRESSIONE ARRIVA PER FAR “MORIRE” QUALCOSA DENTRO DI NOI E RIACCENDERE LA NOSTRA VERA NATURA. SOLO ACCETTANDOLA SENZA OPPOSIZIONI POTREMO RITROVARE IL REALE SENSO DELLA NOSTRA ESISTENZA
COSA FARE
Hai la chiave per emergere da questo blocco
LA SOLUZIONE STA SOLO IN TE.
LASCIA CHE SI REALIZZI LA TRASFORMAZIONE
SOLLECITATA DALLA FORZA INTERIORE
CHE TI HA MANDATO LA DEPRESSIONE.
COSÌ DIVENTERÀ UN’IMPORTANTE
FASE DI CRESCITA
SITUAZIONI A RISCHIO
Come superare i momenti bui della nostra vita
LA SENSAZIONE DI PERDITA CHE DÀ ORIGINE ALLA CRISI DEPRESSIVA PUÒ SORGERE IN DETERMINATI PERIODI DELL’ESISTENZA O A CAUSA DI EVENTI PARTICOLARI, CHE PROVOCANO UNA STASI NECESSARIA PER POTER DARE UNA SVOLTA
Che Cos’è
Depressione: impariamo a riconoscerla
non È semplicemente un cAlo dell’umore, o unA sensAzione
pAsseggerA di tristezzA profondA, mA un disAgio emotivo che puÒ durAre molto A lungo e Anche condizionAre lA vitA
Achiunque di noi capita di sentirsi giù di morale ogni tanto, specialmente in periodi difficili della nostra vita. Ma ciò non significa essere depressi. Spesso si dice “sono depresso” quando si sta attraversando una condizione provvisoria, un disturbo dell’umore, un disagio esistenziale o la reazione immediata a un evento emotivamente traumatico. Ma questa non è depressione. La depressione vera, quella definita dai manuali di psicologia, è una vera e propria patologia, molto più complessa di un semplice calo dell’umore o un periodo di
tristezza. Non è una condizione emotiva passeggera, ma un disagio psichico duraturo, con caratteristiche ben precise. In particolare, la depressione si caratterizza per la persistenza di un profondo umore nero, un senso di tristezza continuo, una perdita di senso della vita, una mancanza di fiducia nel futuro e nelle proprie possibilità e la convinzione di non poter trovare aiuto
«sei depresso quando non sei te stesso».
dennis Wholey
da nessuno. Per distinguere la depressione dalla tristezza (che è un’emozione primaria, naturale e necessaria), occorre che queste sensazioni appena descritte non siano episodiche, ma compaiano stabilmente nel tempo. Inoltre spesso sono accompagnate da altri sintomi fisici e psichici, tra cui perdita di interesse o di piacere, senso di colpa, bassa autostima, disturbi del sonno, alterazioni dell’appetito, scarsa capacità di concentrazione. Per questo motivo, prima di parlare della depressione vera e propria e di come affrontarla, è necessario imparare a riconoscerla.
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La definizione scientifica della depressione
Evita di dire “sono depresso” al primo calo d’umore
esAgerAre coi lAmenti e AffermAre di essere in depressione AppenA ti senti un po’ triste
inQuinA lA psiche, lA rende frAgile e lA espone A un serie di disAgi veri e propri
Èimportante non pensare automaticamente di essere vittima della depressione alla prima tristezza che ci coglie. Saper riconoscere uno stato di vera depressione è fondamentale, altrimenti non lo si può curare, lo si peggiora, lo si cronicizza. Oggi molti inconsapevolmente abusano dell’auto-diagnosi di depressione, di ansia o di panico, basandosi su informazioni trovate in rete o sulle parole di altre persone. Basta osservare i modi in cui oggi spesso ci si esprime: si usa “sono depresso” per segnalare anche solo una transitoria tristezza o malinconia; oppure “sono nel panico” per situazioni di normale difficoltà quotidiana; o ancora “è un delirio” di fronte a momenti di semplice stress o di sovraccarico di impegni. I
termini psichiatrici sono dunque entrati di prepotenza nel linguaggio di uso comune, ma questo linguaggio a sua volta può farci sentire “malati” e può insinuare in noi il sospetto che ci sia qualcosa che non va nelle nostre emozioni. Così crea stati d’animo e percezioni errate di sé.
non abituarti allo
sChema del lamento
Lamentarsi spesso è uno schema comunicativo che apparentemente funziona: crea attenzione, fa superare i silenzi imbarazzati quando incontri un conoscente. Può diventare un’abitudine di cui non ci si accorge. Ma il risultato è di non riuscire più a sentirsi semplicemente tristi, in una fase transitoria. Lamentandosene spesso, la tristezza diventa permanente; codifichiamo questo stato come depressione, come qualcosa che non va bene e non dovrebbe accadere. Non riusciamo ad accettare di sentirci solo agitati, preoccupati o disorientati: parliamo subito di panico, di depressione, di delirio, di “andare fuori di testa”. È frutto della mentalità corrente: ci viene proposta la cultura del superuomo e della superdonna che non devono chiedere mai; quindi appena avvertiamo un problema psicologico o esistenziale, questo viene bollato come un malfunzionamento, ricorrendo magari agli psicofarmaci per tornare a “funzionare”.
Cogli qual è davvero il tuo stato d’animo
Prima di dire: “Sono depresso, sono nel panico”, tratteniamoci. Non cediamo al lamento e all’esternazione continua. Piuttosto soffermiamoci su ciò che proviamo, osserviamo le emozioni e gli stati d’animo: tristezza, perdita di senso, demotivazione, umor nero, nervosismo, paura, tensione, angoscia, smania, insofferenza, stanchezza cronica, prostrazione, preoccupazione, rifiuto. Ci sono tante parole per definire come stiamo: usiamole. Cerchiamo di riconoscere quale parola meglio si addice a quel momento, e lasciamo che quel momento viva in noi, anche se è spiacevole. Quasi tutti i nostri stati d’animo non sono patologici e, se lasciati vivere, svolgono il loro compito: ritrovare la sintonia con noi stessi e con la realtà.
riConosCi
le tue emozioni È necessario riappropriarsi dei propri stati d’animo per non trattare se stessi come dei malati. Non perché ci sia qualcosa di male nell’esserlo, ovviamente, ma perché a forza di farlo si finisce per cadere davvero in stati interiori di confusione e per peggiorare la qualità della vita. In primo luogo, è bene ricordare una cosa fondamentale: le nostre
emozioni sono un evento del tutto naturale. La paura o la tristezza ad esempio fanno parte naturalmente dell’esperienza umana.
A volte diventano depressione o ansia, ma non sempre. Nella maggior parte dei casi sono stati d’animo spontanei e inevitabili, e, al contempo, costituiscono un necessario passaggio per la nostra evoluzione o il superamento di un problema.
Accogli lA tristezzA momentAneA: ArrivA per fAre spAzio Al nuovo
Latristezza è un’emozione scomoda e sembra destinata a durare, ma non è così. È uno stato d’animo che svanisce presto, se lo lasci andare. Ha una funzione evolutiva: fa il vuoto in noi e attorno a noi, non perché lo riempiamo con obiettivi fasulli, ma
per spingerci a guardare ciò che succede nel nostro animo. Invece di preoccuparci e di combattere la tristezza, possiamo semplicemente cedere. Lasciamole campo libero per un po’ e stiamo a vedere cosa succede. Se la tristezza è arrivata, significa
che l’anima ne aveva bisogno. E a quale scopo? La risposta è semplice: è arrivata per farci ritrovare il sorriso! È come se, nella vita di tutti i giorni, ci fossimo dimenticati di noi stessi. E così le energie hanno cominciato ad abbassarsi. “Scendere in basso” è il modo che l’anima ha per andare a pescare quelle energie e farle riemergere, per farci riscoprie noi stessi e la gioia.
apre allo sguardo interiore
La malinconia spinge a ritirarsi in se stessi. Questo stato d’animo può essere utile quando favorisce l’introspezione e rivolge lo sguardo verso il mondo interiore. Se accogli questo sentimento senza spaventarti, puoi raggiungere una conoscenza più profonda di te stesso.
nuvole passeggere
Che diCono: rallenta! Sotto l’effetto della tristezza si è portati a sospendere la frenesia quotidiana e ad affrontare le normali attività con un ritmo più lento. Come la natura ha i propri cicli, così anche la psiche: la malinconia crea una nuova nascita interiore.
non nel rimuginio
Essere tristi è uno stato d’a nimo, rimuginare è uno stato mentale. Nel primo caso il pensiero è dolce, pacato e tenuto sullo sfondo, nel se condo domina e ti tiene in scacco. Possiamo mettere in campo alcune strategie di comportamento e di atteg giamento mentale per far sì che i momenti normali di tristezza temporanea non finiscano per diventare uno stato di umore nero che si prolunga e che può diventare depressione.
schio è quello di produrre delle profezie che si autoavverano. Affidati al silenzio, il compagno ideale del vuoto che la tristezza sta creando in te.
non CerCare
Cause esterne
Ogni volta che ti trovi ad affrontare un momento di tristezza, non attribuire la colpa al destino, alla sfortuna, a qualcuno o qualcosa, ma inizia a domandarti cosa hai messo in campo tu. Solo così potrai modificare davvero condotte e abitudini nocive, come rinuncia, sfiducia, sarcasmo distruttivo, che risultano di ostacolo alla tua crescita e al benessere.
bloCCa i lamenti
Piangersi addosso fa dissipare importanti energie che si potrebbero impiegare in modo costruttivo. I lamenti, poi, non piacciono a nessuno e nei periodi di maggiore sconforto rischi di ritrovarti ancora più solo, contribuendo a definire un’immagine di te negativa e perdente. Alla lunga, il ri -
non Commiserarti
“Non doveva finire così”, “È il mio karma”, “Non potrò più essere felice”. Stare nel dolore non vuol dire sguazzarci dentro: quando ci piangiamo addosso, siamo pieni di parole, giudizi, ricordi, spiegazioni che ridondano sempre uguali… Sono proprio questi che fanno ristagnare la tristezza, impedendole di evolvere.
metti da parte la razionalità
Quando tendi a gestire e organizzare la vita usando solo la testa, cercando di controllare e razionalizzare ogni cosa, rischi solo di renderti più fragile e di spalancare le porte a disistima e depressione. Ogni tanto, fai qualcosa di spensierato e senza scopo apparente e lascia che un po’ di sana spontaneità trovi spazio nella tua giornata: per uscire dalla tristezza la ragione non serve, mentre è di grande aiuto perdere ogni tanto quel controllo ossessivo che alla lunga regala solo insoddisfazione.
cerca la gioia nel dolore e cerca il dolore nella gioia. Quando sei felice, fermati un istante e cerca, anche per pochi secondi, un frammento di malinconia. Quando sei triste, osserva bene: c’è sempre là in fondo, nel buio, una piccola scintilla che ride, un granello di allegria.
La definizione scientifica della depressione
È un disturbo pAtologico dell’umore con precise cArAtteristiche, descritte dAl mAnuAle diAgnostico e stAtistico dei disturbi mentAli
La depressione vera e propria è una patologia psichica che rientra nella categoria dei disturbi dell’umore, ovvero quelle condizioni in cui il tono dell’umore è alterato al punto da
creare profondo disagio e difficoltà nella vita quotidiana, incidendo negativamente anche sulle relazioni sociali e lavorative. Il punto di riferimento ufficiale per la descrizione della depressione è il
Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (noto con la sigla DSM, che deriva dal titolo originale dell’edizione statunitense
Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders) giunto alla quinta edizione.
onopolare o bipolare
I disturbi dell’umore (fra i quali è compresa appunto la depressione) non comprendono solo le forme strettamente depressive, ma anche quelle maniaco/depressive. In generale, quindi, i disturbi dell’umore sono tutti quelli che provocano una consistente alterazione nel tono dell’umore e si dividono in due tipi fondamentali.
• Depressione monopolare: l’umore nero prevale per la maggior parte del tempo e sono presenti rallentamento psicomotorio e alterazioni del ciclo sonno-veglia.
• Depressione bipolare: lunghi
periodi di disperazione e tristezza si alternano a momenti meno duraturi di euforia incontrollabile nei quali si è preda di iperattivismo, progettualità sproporzionata ed esagerata considerazione di sé.
la serie dei vari disturbi depressivi
I disturbi depressivi monopolari si dividono poi nelle seguenti tipologie: disturbo di disregolazione dell’umore dirompente; disturbo depressivo maggiore; disturbo depressivo persistente, disturbo disforico premestruale, disturbo depressivo indotto da sostanze o farmaci, disturbo depressivo dovuto ad altra condizione medica, disturbo depressivo con altra specificazione, disturbo depressivo senza specificazione.
la depressione maggiore, la forma più Complessa
I sintomi tipici della depressione maggiore sono i seguenti:
• Umore depresso per la maggior parte della giornata
• Marcato disinteresse o piacere verso le normali attività
• Significative alterazioni nell’appetito (in aumento o in diminuzione)
• Insonnia o ipersonnia (sonno eccessivo) persistente
• Agitazione o rallentamento psicomotorio
• Affaticamento o mancanza di energia
• Bassa autostima o eccessivi sensi di colpa
in italia ne soffrono tre milioni di persone
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la depressione è la principale causa di disabilità globale e coinvolge 300 milioni di persone nel mondo; tra il 2005 e il 2015, la sua diffusione è aumentata quasi del 20%.
In Italia circa 3 milioni di persone soffrono di depressione cronica (secondo i dati ISTAT), di cui oltre 1,3 milioni hanno sperimentato depressione maggiore. La media ufficiale italiana è circa di 5,5 depressi ogni 100 persone, ovvero una media inferiore a quella europea.
Però secondo la Società Italiana di Psichiatria in realtà i depressi in Italia sono in numero molto superiore. Il disturbo depressivo è più diffuso tra gli adulti e tra gli anziani. In Italia tra i ragazzi di 15-17 anni colpisce sei soggetti su mille. Tra le persone di 18-35 anni riguarda una persona su 100, mentre tra gli adulti di 35-64 anni interessa 4,6 persone su 100. Tra gli anziani di età superiore ai 65 anni, il valore è invece più che doppio: colpisce 11,6 persone su 100, un valore molto superiore alla media europea. La depressione colpisce più frequentemente il sesso femminile: secondo i dati ISTAT del 2015 le donne che ne soffrono in Italia sono quasi il doppio degli uomini.
• Diminuzione delle capacità di attenzione e concentrazio
ne
• Ricorrenti pensieri di morte, ideazioni suicidarie o tentativi di suicidio
Per diagnosticare che un sog-
getto soffra di depressione maggiore, è necessario che siano presenti almeno 5 dei sintomi citati, che persistano per la maggior parte della giornata e che durino almeno due settimane.
lA piÙ insidiosA colpisce senzA un motivo AppArente
Nella maggior parte dei casi l’innesco di una depressione è dovuto a un evento infausto: un lutto, un licenziamento senza preavviso, un abbandono traumatico. In questi casi parliamo di depressione reattiva, in quanto il disturbo insorgerebbe come reazione all’evento accaduto. Quando invece non si è in grado di individuare alcuna causa esterna all’origine della sofferenza, si parla di depressione endogena, ovvero originata dall’interno.
reattiva: legata a Cause esterne
«sono morta pure io, morta qui dentro, una morte più insopportabile della morte vera che è morte senza sentimento, mentre questa morte qui ti costringe ogni giorno a sentire ogni cosa, a svegliarti, a lavarti, a vestirti, a mangiare e bere, a lavorare» elena ferrante
Questa forma depressiva è strettamente legata a un episodio doloroso e traumatico. Ciò che caratterizza in maniera specifica la depressione reattiva è un forte senso di tristezza, vissuto a livello cosciente e con una intensa partecipazione emotiva. Anche i contenuti dei pensieri sono direttamente legati all’evento scatenante. Il decorso della depressione reattiva può variare molto: in alcuni casi i
sintomi sono lievi e scompaiono in pochi giorni, mentre in altre situazioni sono gravi e persistenti, accompagnati anche da disturbi fisici che alterano la qualità della vita della persona.
Quella reattiva è la forma più diffusa di depressione, che si presta maggiormente a un intervento terapeutico basato sul cambiare atteggiamento e adottare comportamenti che risolvono la condizione depressiva, anche senza fare ricorso ai medicinali.
può essere invalidante e ostaColare la regolarità della vita
La depressione è una delle malattie più invalidanti al mondo. Questo disagio comporta una serie di sintomi quotidiani che ostacolano la regolarità delle funzioni biologiche di base (come l’alimentazione e il ciclo sonno-veglia) e influiscono significativamente sul comportamento della persona in ogni ambito della vita: relazionale, familiare, lavorativo o scolastico. Le persone depresse tendono a isolarsi dagli altri, rendendo difficile il mantenimento di relazioni interpersonali che siano realmente protettive; anche il rapporto con se stessi risulta faticoso, a causa della scarsa autostima e della mancanza di fiducia nel futuro.
endogena: nata da dentro
La depressione endogena, cioè nata da cause interne all’individuo, è la forma depressiva più difficile da risolvere, più duratura e più pesante nei sintomi. Di solito la depressione endogena coincide con quella che in psichiatria è chiamata “depressione maggiore” e indica una forma persistente di questa patologia, caratterizzata da sintomi molto intensi e duraturi. È la forma di depressione per la quale si fa più spesso ricorso agli psicofarmaci.
perChé arriva?
le varie ipotesi
Quali sono le cause che portano a uno stato di depressione? Nelle forme reattive le motivazioni della tristezza profonda sono evidenti, perché sono legate a una perdita, a un evento luttuoso o a un cambiamento profondo nelle condizioni della persona o nel suo ruolo familiare o sociale. Ma
nella depressione endogena, che non è provocata da fatti esterni o da perdite evidenti, l’ipotesi scientifica prevalente è che possa essere dovuta alla carenza di neurotrasmettitori che regolano l’umore: serotonina, noradrenalina e dopamina. Ma come si spiega questo calo? Si tende a ritenere che all’origine della depressione vi sia una molteplicità di fattori: genetici, biologici, ambientali e psicologici, ancora da chiarire con precisione.
l’approCCio
psiCosomatiCo
Fino a qui abbiamo descritto che cosa sia la depressione secondo i criteri diagnostici e descrittivi maggiormente in
uso. L’approccio psicosomatico seguito da Riza ha però una prospettiva differente. Ritiene infatti che la depressione non sia semplicemente legate a meccanismi biochimici cerebrali, ma sia una strategia che l’inconscio utilizza per far arrivare alla persona che ne soffre un preciso messaggio: la vita che sta vivendo non è in sintonia con la sua natura e quindi va “spenta”. La depressione infatti mette in scena, attraverso i suoi sintomi tipici (tristezza, apatia e mancanza di energia...), proprio lo “spegnimento” del personaggio che l’individuo era abituato a recitare in precedenza. Questo ha lo scopo di far sì che la persona “rinasca” in forma più autentica.
la depressione arriva per il bisogno inconscio di ricreare una vita nuova, un diverso equilibrio, specie quando occorre
superare lutti o perdite gravi.