RIZA Vittorio Caprioglio
Non c’è navigatore che solcherebbe il mare senza bussola, eppure l’uomo d’oggi affronta la vita
La via dell’anima
trascurando l’unico, vero, riferimento che ha a disposizione, la propria anima. Motivo? mistico-religiosa, ignari della sua portata più profonda, che ha radici nella materia: così è stata concepita in moltissime Tradizioni del passato. L’anima può diventare la nostra stella polare, a patto di decifrarne i codici, assai differenti da quelli della ragione. Percepirne la presenza e comprenderne i messaggi è l’unica via per recuperare, nella vita, l’orientamento perduto.
Vittorio Caprioglio - La via dell’anima
Siamo abituati a conoscerne solamente l’accezione
Vittorio Caprioglio
Dentro di noi è presente una Saggezza che ci conduce verso il nostro destino. Impariamo a conoscerla e ad ascoltarla
Medico, psicoterapeuta, direttore dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica, vice-direttore della Scuola di Psicoterapia dell’omonimo Istituto e condirettore della rivista “Riza Psicosomatica”. Per le Edizioni Riza ha scritto “L’arte di comunicare” (2004) e “Il linguaggio del corpo” (2005); è coautore di “Curare il panico” (2007) e del “Dizionario di Psicosomatica” (2007). Con Mondadori ha pubblicato “Guarire con la psicosomatica” (2015).
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Edizioni Riza S.p.A - Via L. Anelli, 1 - 20122 Milano
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La via dell’anima Dall’alchimia alla psicoterapia le leggi misteriose che ci guidano a ritrovare noi stessi
“Anima, la tua patria è sempre stata il viaggio!” Nikos Kazantzakis
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LA VIA DELL’ANIMA
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Prefazione
a che cos’è una psicologia autentica? Qualche giorno fa parlavo con una collega che mi spiegava l’attacco di panico di un suo paziente in seguito alla morte repentina, improvvisa del padre, peraltro ancora giovane. Il panico causato da un addio, da un abbandono, da un lutto… Chi vuole conoscere le leggi dell’anima deve stare lontano da queste parole, dalla ricerca delle cause, dalle spiegazioni. Una psicologia autentica non cerca le ragioni dei disagi che vengono a visitarci. Si affida piuttosto alle “forze primordiali” che ci abitano e che ci creano. Anzi siamo noi i loro ospiti. Queste “forze primordiali”, che i Greci chiamano Dei, sono tutto ciò che esiste di quella che chiamiamo la psicologia del profondo. Siamo prima di tutto e più di tutto esseri cosmici, che danzano con le stagioni, con il divenire della Natura che, del nostro piccolo Io non sa proprio che farsene. Questa illusione che è l’Io, quando diventa preda di un potere straripante, non vede più il suo lato cosmico e… si perde. Come accade ai nostri giorni, dove tutti sanno chi sono e come sono, dove si sforzano di essere migliori, più forti, più realizzati. Dimentichiamo che siamo l’albergo degli Dei, cioè di saperi innati, che sono la nostra unica ragione di vita, di felicità, di autorealizzazione. Siamo piante che devono fiorire, non target da raggiungere, modelli da imitare, superfici da esplorare. C’è una dittatura della superficie, dell’esterno, che ci fa dimenticare l’essenza, le nostre personali propensioni. Se perdiamo le nostre caratteristiche naturali, vale a dire i gesti della danza cosmica in noi, ci ammaliamo. E alcol, droghe, depressione, ansia e psicofarmaci la fanno da padroni. Abbiamo perso il sentiero e l’orientamento. Più ci allontaniamo dagli Dei e più siamo persistentemente insicuri dentro le mura dell’Io. Le emozioni, i sentimenti non sono “nostri”: sono volti degli Dei che si affacciano. Dobbiamo diventare sempre più impersonali se vogliamo essere originali, cioè ritrovare non solo la nostra unicità, ma “il pensiero delle origini” che ci abita oggi come allora. Mentre dibattiamo sul dove andare, sul cosa cercare, su quale obiettivo fissarci, la creazione non si è spostata di un millimetro dentro di noi e fuori di noi. Le stesse leggi del seme, del fiore, dell’albero, del frutto sono quelle dell’anima, di quella forza invisibile, ma materiale, che costruisce da sempre il nostro volto, il nostro corpo, la nostra coscienza. Così quando mi arrabbio è il vento di Marte che si manifesta, che si appalesa nella mia mente, mentre certe intuizioni sono di Hermes. Quando mi innamoro è Afrodite che si affaccia. Faccio mie le parole di Walter Friedrich Otto: “Nel mondo proprio dell’uomo greco le forze che dominano la vita umana e che noi conosciamo come disposizioni
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dell’animo, inclinazioni, entusiasmi, sono figure dell’essere, di natura divina, che, come tali, non hanno solo da fare con l’uomo, ma, infinite ed eterne, dominano la terra e il cosmo: Afrodite (l’incanto d’amore), Eros (la forza dell’amore e della procreazione); Aidós (il delicato pudore), Eris (la discordia), ecc. I moti dell’anima non sono che l’afferramento da parte di queste forze eterne, che, sotto figura divina, sono ovunque operose”.* Una psicologia autentica è disinteressata alla storia, alle cause, alle ragioni, ai progetti dell’Io. “Ragionare” come l’anima significa togliere ogni giorno dal proprio sguardo il pensiero comune per affidarsi all’originale. “Qualcosa dentro di me sta producendo l’essere che sono”: queste sono le parole da non scordare mai. La malattia di quest’epoca, così cerebrale, è la perdita dello sguardo delle origini, dove siamo una sola cosa con il cosmo. Ciascuno di noi è il frutto visibile di un principio creativo, di una sorgente inesauribile. Il panico è la voce di forze inascoltate, di Dei soppressi – come avrebbero detto Jung prima e poi Hillman – non di una vita sbagliata e sfortunata o di lutti troppo precoci… Per questo la prima cosa da fare è accogliere il disturbo, non ostacolarlo. Ogni disagio è la voce dell’anima inascoltata, è la perdita di originalità, dell’essere antico e naturale che siamo. Il compito della psicoterapia è ritrovarlo. Così Vittorio ci porta con maestria nel regno naturale dell’anima, nelle cose pratiche, nei codici essenziali per essere nella Vita e non nel cerebralismo di questi anni. La forza della contraddizione, il riconoscimento in noi del male, sono alcune delle Voci che il pensiero degli ultimi anni ha escluso dalla propria identità. Ed ecco il buonismo imperante, l’unilateralità, i destini già prefissati che inchiodano i nostri talenti. Spostare lo sguardo, come avrebbe detto Plotino, dall’esterno verso l’interno, perché dentro di noi vi sono soluzioni che il nostro Io non vede e cancella. Il libro di Vittorio è un prezioso navigatore per chi vuole sgombrare il campo della mentalità comune e accedere alle porte della saggezza. Per la quale l’Eterno è qui, adesso, dove ti trovi. È sempre stato qui. “L’eterno è qui e ora, – scrive Ikkyu Sojun – mentre prendono forma queste parole”** Così i disagi sono un invito a ricordarsi delle Origini, degli Dei, delle nostre radici nascoste. Questi sono i codici dell’anima naturale. Su di essi poggia il nostro essere autentico. Raffaele Morelli *
Walter Friedrich Otto, Theophania, Il melangolo, Genova, 1996, p. 62-63 Ikkyu Sojun, Nuvole vaganti, Ubaldini Editore, Roma, 2012, p. 92
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Introduzione
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a scienza e la tecnologia hanno modificato profondamente il modo di vivere dell’uomo occidentale. L’hanno fatto soprattutto negli ultimi cent’anni, modernizzando e rivoluzionando radicalmente mentalità, credenze e valori. Una manciata di parole descrive la ventata di cambiamenti che, in pochi decenni, ha ridisegnato la nostra esistenza. Prendete ad esempio il termine industrializzazione, che racchiude il senso delle trasformazioni avvenute agli inizi del ’900, quando il lavoro ha iniziato a passare da artigianale a industriale, creando i presupposti per la cosiddetta produzione “in serie” che darà vita a un’era caratterizzata, tra l’altro, dai prodotti di massa e dal consumismo. Oppure pensate a un’altra coppia di parole ricca di significato, conquiste spaziali: sintetizza i risultati strepitosi di una tecnologia che, negli anni ’60, ci ha portati sulla Luna e oggi ci consente di
vivere per mesi in una stazione che orbita nello spazio. Il termine ricerca scientifica, che rimanda a una sensazione di modernità e di precisione laboratoristica, ci proietta in un mondo – prendiamo ad esempio l’ambito medico – che è passato da purghe e salassi alle cellule staminali e all’ingegneria genetica… e basta un passo indietro per trovare la pillola anticoncezionale, novità assoluta che ha rivoluzionato il mondo, permesso il controllo delle nascite ma, soprattutto, trasformato la mentalità femminile favorendone l’emancipazione. Ma ecco ora le parole produzione alimentare: ci ricordano che un tempo il cibo era ciò che la terra produceva e basta, oggi l’esigenza di disporre di nutrimento a basso costo per miliardi di persone, ha portato alla realizzazione di culture intensive, agli Ogm e poi ancora all’inscatolamento e alla conservazione di prodotti che possono durare per anni… Non solo, a breve alcuni cibi
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verranno prodotti in laboratorio. Un cambiamento inimmaginabile. Dire energia nucleare significa prendere atto che ancora cinquant’anni fa si utilizzava il carbone e poi, passando attraverso il petrolio, siamo giunti – in un mondo sempre più assetato di risorse energetiche – allo sfruttamento della forza dell’atomo. E per concludere l’excursus, ecco la parola-regina di questi ultimi anni, globalizzazione, il termine che meglio di ogni altro fotografa l’inscindibile intreccio che mette tutti in comunicazione con tutto... Stiamo parlando di Internet, di mercati commerciali e finanziari che operano in tempo reale e su scala planetaria, di migrazioni di popoli che fanno della facilità e della velocità di spostamento e comunicazione un valore che fa la differenza.Questa manciata di parole-simbolo, riassuntiva di un profondo processo trasformativo, testimonia appieno una realtà che si è affacciata a ritmo incalzante nella vita di tutti noi, plasmandola in una forma nuova. È mutato, nel frattempo, anche il nostro rapporto con lo spazio e col tempo: l’inurbamento dovuto allo sviluppo del lavoro industriale ha dato avvio a una radicale trasformazione dei luoghi e delle atmosfere in cui abitiamo, i paesi si son fatti città, la casa è diventata
appartamento… Non viviamo più in mezzo ad ambienti naturali, non ci sentiamo più una cosa sola con lo scorrere del fiume, in sintonia col flusso delle maree o con i ritmi della terra e delle stagioni... La nostra vita ha assunto un dinamismo tutto nuovo, da animali stanziali ci siamo trasformati in migratori, ed è quindi progressivamente cambiata la nostra relazione con ciò che ci circonda, la nostra identificazione con la Natura da stretta ha iniziato ad allentarsi… viviamo vite assai diverse che in passato, le nostre esistenze hanno avuto una forte accelerazione, la tecnologia ci ha permesso di realizzare questo cambiamento con facilità, il mondo ci pressa con stimoli battenti e noi diventiamo più attivi e reattivi, si viaggia con disinvoltura da un capo all’altro del mondo, si saltano i fusi orari e ci si sposta freneticamente nei week-end sulla tratta città-mare-monti… E poi ci si messaggia e ci si telefona di continuo, si fa compulsivamente shopping, ci si sposa più volte nella vita e ci si ritocca ciclicamente il corpo, un po’ vittime di una moda patologica, ma sperando anche, in segreto,
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che così facendo il tempo non passi mai… Sembra di vivere più vite in una, ma soprattutto questa catena di impegni, appuntamenti, viaggi, incontri… ci rende fragili ed esposti alle sirene del mondo che ci circondano, che ci sovrastimolano e ci richiamano sino a risucchiarci verso l’esterno. Dipende, spiega Schwaller de Lubicz, “dall’aver accettato una mentalità che è in contraddizione con il pensiero della Natura. In questo consiste il male dell’Occidente…”. (1) Quando si dice, oggi, che l’apparire prevale sull’essere e l’esteriorità prevarica l’interiorità, si intende proprio che il nostro attuale modo di pensare e di vivere ha portato il nostro sguardo, la nostra attenzione, i nostri sensi, la nostra coscienza di occidentali a estroflettersi, come sollecitati da una
forza centrifuga che spinge in superficie la nostra identità, sino a farci riconoscere solo nella parte più esterna di noi stessi… Contemporaneamente a questo andamento collettivo che ci proietta innaturalmente verso l’esteriorità della vita, c’è un altro elemento importante da considerare: il codice scientifico che, nel secolo scorso, si è definitivamente imposto e ha sempre più connotato il nostro modo di decifrare l’esistenza. Un po’ come un virus, questa “chiave di lettura” circola ormai nel sangue di ogni occidentale che voglia dirsi al passo con i tempi, si è depositata, come la polvere sui mobili, nella mente e ancor più giù, nell’inconscio di tutti noi. E così, ciò che un tempo era interpretato secondo i criteri del mito, della fiaba, della magia… oggi è analizzato con i parametri del microscopio da laboratorio. Tant’è che, oggi, nulla è ritenuto vero se non lo ha confermato qualche ricerca. È un passaggio obbligato, salvo diventare scettici e diffidenti… In una discussione, di fronte a una precisa affermazione, prima o poi scatta immancabile la domanda: “Ma ciò che stai dicendo è provato scientificamente?”, a testimoniare quanto sia profondo, nella mentalità odierna, il convincimento che un’affermazione sia affidabile solo se è convalidata dalla
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Introduzione
Scienza. Ridiscutendo questa convinzione però, Konrad Lorenz negli anni ’70 scriveva: “Credere che faccia parte del patrimonio stabile di conoscenze dell’umanità soltanto ciò che è comprensibile per via razionale o addirittura soltanto ciò che è scientificamente dimostrabile, è un errore che comporta conseguenze disastrose. Ed è anche l’errore che induce la gioventù ‘illuminata dalla scienza’ a gettare a mare l’ingente tesoro di conoscenze e di saggezza contenuto nelle tradizioni di tutte le antiche culture e nelle dottrine delle grandi religioni universali” (2) Si tratta di una forca caudina sotto cui la credibilità deve transitare, un inevitabile atto dovuto… che ci ha fatti diventare assertori convinti dell’esistenza di verità sicure e misurabili a cui rifarsi, di risposte oggettive su cui contare, tutte “certezze” che ci teniamo strette quasi fossero beni-rifugio per i momenti difficili. Viceversa, quando le prove scientifiche latitano, niente più riesce a convincerci. È così che nella nostra vita ha progressivamente perso valore ciò che non è misurabile: ad esempio è considerato ambiguo o senza
fondamento tutto quanto appartiene alla dimensione dell’ignoto e del mistero. Allo stesso modo diamo un valore relativo a un certo genere di processi mentali, ad esempio le sensazioni, le percezioni, le intuizioni… in quanto poco o per nulla quantificabili. Di conseguenza fatichiamo a convivere con il dubbio e l’ambivalenza, non comprendiamo il senso delle coincidenze e degli eventi premonitori, non sopportiamo i lati oscuri e indecifrabili della vita, diffidiamo del relativismo. Tutti elementi – è vero – poco palpabili e piuttosto indefiniti, ma non per questo meno veri. Abbiamo troppe certezze, e anche troppi pregiudizi… Einstein diceva che viviamo in un’epoca in cui “ci vuole più energia per spezzare un pregiudizio che per spezzare un atomo”. È così. La vita la vogliamo solo spiegare, capire, dirigere, controllare… resistiamo ad accettarla così com’è, a viverla senza l’ansia pressante di far chiarezza, lasciandoci portare senza pretendere sempre di avere in pugno la verità. In sintesi non concepiamo più che l’esistenza sia, e rimanga, un grande mistero. Ma chi ragiona così non conosce le leggi dell’anima…
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Capitolo 1
L’anima, un mondo dimenticato Per ritrovare l’anima bisogna ritornare all’antichità
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Senza di lei, oggi, siamo più fragili
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Anima, seme, immagine: ripartiamo da questa analogia
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egli ultimi 100 anni il progresso targato Occidente ha dato vita a una mentalità collettiva dai molti risvolti fragili, ma ha originato contemporaneamente una massiccia produzione di farmaci che dovrebbero curarla. Si tratta di uno dei tanti paradossi di cui siamo vittima… Quindi, grazie ai passi da gigante della ricerca medica, possiamo far uso – non di rado abuso – di medicinali per dormire, per migliorare l’umore, per vincere la tristezza, per tenere lontano il panico, per non deprimerci, per rinforzare il sistema immunitario, per accendere l’eros… rendendo così la chimica una presenza necessaria, anzi indispensabile nella nostra vita, con tutte le conseguenze del caso.Sintetizzando, potremmo affermare che, a spingere l’uomo moderno in questa direzione, sono stati soprattutto due fattori epocali. In primo luogo lo sviluppo inarrestabile, durante tutto il ’900, della visione scientifica (ne ho accennato nell’introduzione), processo che ha via via rubato la scena a una concezione religiosa dell’esistenza che durava
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incontrastata da millenni in quanto unica versione accreditata. La Scienza si è costruita una credibilità a suon di scoperte eclatanti e si è progressivamente sostituita alle Chiese nell’offrire risposte fondate, o quantomeno verosimili, ai molti quesiti epocali su cui l’uomo si era sempre arrovellato senza, per lo più, trovare risposta. Siamo andati nello spazio svelandone i misteri, abbiamo spiegato come avvengono i miracoli, abbiamo creato la vita in provetta, ci siamo presi il diritto di decidere quando e come venire al mondo e morire. Ciò che, dalla notte dei tempi, era misterioso e inaffrontabile, a esclusivo appannaggio delle religioni che lo gestivano a colpi di dogmi e atti di fede, oggi si è trasformato in formule chimicomatematiche, in algoritmi, in teoremi... Un tempo ci si rimetteva a Dio e ai ministri del culto, oggi alla comunità scientifica. Si tratta di una nuova forma di religiosità… E l’uomo, non pago, tenta arditamente di andare anche oltre Dio, quando la fisica moderna – ad esempio – ritiene di aver individuato la formula della creazione... Di questo passo si vorrebbero superare anche i limiti che la Natura ci impone, tanto che alcuni autori parlano di era post-naturale, intendendo con questo termine che l’uomo d’oggi controlla gli elementi naturali, li domina, li ri-programma, a volte è convinto di poterli scavalcare sino a farne a meno… Stiamo sperimentando ad esempio il cibo fatto in laboratorio, vogliamo creare – è un esperimento recente – la bistecca sintetica e quindi, dopo molti millenni di onorato servizio, ci prepariamo a congedare le mucche e relegarle
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Capitolo 1 - L’anima, un mondo dimenticato
in soffitta. Quella “madre Natura” da cui tutto nasceva e di cui nessuno poteva fare a meno, finirà per essere considerata… un optional. Ma la domanda che in questi casi non ci facciamo mai è: la Natura sarà d’accordo con questo modo di operare? “Tutti i vantaggi – scriveva Konrad Lorenz – che l’uomo ha ricavato da una conoscenza sempre più approfondita della natura che lo circonda, i progressi della tecnologia, delle scienze chimiche e mediche, tutto ciò che sembrerebbe destinato a lenire le sofferenze umane tende invece, per un terribile paradosso, a favorire la rovina dell’umanità. Questa infatti, minaccia di soccombere a un destino altrimenti quasi sconosciuto ai sistemi viventi: l’autosoffocazione”. (3) Sembra dirci, Lorenz, che l’uomo sta “asfissiando” la propria vita con operazioni superflue e oggetti inutili, mentre va dimenticando sempre più ciò che c’è di fondamentale: la propria essenza. In secondo luogo si assiste alla progressiva scomparsa dalla scena delle nostre vite di una protagonista-chiave: l’anima. Per sua natura invisibile, è diventata progressivamente inesistente mano a mano che la scientificità ha preso piede: del resto, come si può pensare che risulti vero qualcosa che non si tocca, non si vede né si misura? Della vita, oggi, sono “veri” solo gli aspetti che si osservano e si quantificano: l’anima non ha queste caratteristiche e quindi... è tagliata fuori. In aggiunta, a chi pur è credente, il cristianesimo prospetta un’idea di anima ammantata da un’aura di mistero e irraggiungibilità, testimonianza di un mondo che… non è di “questo mondo”. Legata a un tempo che deve ancora venire e a una dimensione, l’aldilà, impalpabile e lontana… rimanda a riferimenti spazio-temporali che ci sfuggono. Di conseguenza neanche “l’uomo che crede” ha molte possibilità di percepire l’anima, al massimo può puntare a salvarla comportandosi bene, ma finisce spesso per dimenticarsi che esista, o se ne ricorda solo sulla soglia di una chiesa, dentro il confessionale o… in punto di morte.
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PER RITROVARE L’ANIMA BISOGNA RITORNARE A
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n realtà, un tempo, soprattutto nel mondo pagano, la vita di tutti i giorni era permeata dalla presenza dell’anima… C’era, nell’aria, una religiosità che si toccava con mano e, come afferma il filosofo greco Talete “tutte le cose erano piene di dei”. Con questa affermazione intendeva dire che ogni gesto, ogni evento era collegato a una componente non visibile, peraltro ritenuta vera come e più di qualsiasi oggetto concreto: il senso di religiosità, la presenza delle divinità in ogni cosa, l’anima... erano tutt’altro che lontani e irraggiungibili, bensì rappresentavano il divino che – dietro le quinte – partecipava alla nostra quotidianità, ispirandoci e guidandoci nelle difficoltà, avendo cura di noi, inviandoci messaggi, dando indicazioni, allertandoci con i presentimenti… Per l’uomo antico l’anima era una realtà concreta, qualcosa di molto diverso dalla concezione astratta e lontana in cui l’ha confinata la visione religiosa cristiana. Per trovare una prospettiva
simile dobbiamo risalire, appunto, al mondo greco e latino, o a quello egizio, o spostarci nel mondo orientale oppure rifarci alle religioni misteriche: in quelle Tradizioni del passato (o non occidentali) l’anima è ben presente e percepibile in ogni individuo, tutt’altro che lontana e irraggiungibile. Ad esempio, presso i Greci e i Latini il Sacro era tangibile, a portata di mano, gli dei dialogavano tutti i giorni con l’anima dell’uomo e a sua volta lei con noi… Era la nostra interlocutrice privilegiata e il Sacro si affacciava di continuo in tutti gli eventi della
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Capitolo 1 - L’anima, un mondo dimenticato
ALL’ANTICHITÀ vita: un colpo di fortuna arrivava solo se Apollo era favorevole, l’incontro con una fanciulla era voluto da Eros, si concludeva un affare per desiderio di Giove o incappavamo in un contrattempo perché non eravamo nelle grazie di Saturno. Non solo. Anche i diversi moti dell’animo come le emozioni, le intuizioni, gli istinti… erano sempre influenzati dagli dei, quindi di portata cosmica: la mano che colpiva era sospinta da Marte, il furto o l’inganno ispirato da Mercurio, la decisione sollecitata da Atena… La vita e l’individuo stesso erano concepiti come un grande campo energetico dove le forze in gioco, dentro e fuori di
noi, mostravano nello stesso tempo una radice umana e divina, terrena e cosmica. In quanto presenza concreta quindi, l’anima svolgeva una funzione di “perno dell’esistenza” attorno a cui tutto ruotava. Rappresentava un riferimento pratico con cui misurarsi, una bussola da cui farsi orientare, una immagineguida da tenere d’occhio ogni giorno e a cui affidarsi nei momenti più delicati dell’esistenza. Una specie di “jolly”, determinante per trovare l’equilibrio tra il mondo esterno foriero di imprevisti e di rischi, che può metterti in crisi sino ad esserti nemico e schiacciarti… e un mondo interiore che ti è amico, che ti viene in aiuto, che ti guida e ti protegge. Nelle epoche passate, vivere era sicuramente più duro e rischioso di oggi, ma grazie alla “presenza” dell’anima l’esistenza assumeva un senso più compiuto, come un teatro invisibile ma ricco di fascino dove le forze che reggono l’universo sono comunque lì, percepibili, che calcano la scena…
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SENZA DI LEI, OGGI, SIA M
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a società occidentale degli anni 2000 ha perso qualsiasi confidenza con i riti, i miti, l’immaginario, le fiabe, il senso magico della vita, oggi che è diventato più importante capire che vivere… il malessere è forte: siamo più insicuri, ci sfugge il senso di ciò che accade attorno e dentro di noi, non possediamo i codici necessari a decifrare chi siamo e dove andiamo… Non a caso Alan Watts, commentando lo stile di vita odierno, scrive: “Un mondo che si interessa solo di ‘arrivare in qualche posto’ il più rapidamente possibile, diviene un mondo senza sostanza”. (4) Ed è proprio così che ci sentiamo, senza sostanza, vulnerabili, vuoti... Sono proprio quelli i momenti in cui si percepisce la necessità di un approccio diverso, di un paradigma capace di farci vivere la portata infinita della vita, di uscire dallo stile, limitato e di “superficie”, che collettivamente viviamo… Ma non sappiamo da che parte cercare. Probabilmente patiamo la mancanza di una prospettiva corretta attraverso cui osservare…
Solo l’anima è in grado di offrircela, un po’ come se con lo sguardo freddo e inanimato della ragione e della Scienza vedessimo la terra... piatta, mentre, con gli occhi dell’anima, fossimo di colpo in grado di vedere il globo terrestre in tutta la sua rotondità.Oggi il mondo è dominato da Internet e le innumerevoli possibilità di collegamento in rete ci danno l’impressione di poter “spalmare” all’infinito la conoscenza, ma ciò comporta una visione che trascura la profondità, che applica le regole della geometria piana a una realtà... tridimensionale. Succede allora ciò che Eraclito affermava già nel VI secolo a.C.: “Per quanto in profondità l’intelletto si spinga, non potrà mai raggiungere i confini dell’anima”. (5) Forse è tempo di prendere le distanze da certi codici e ritornare in confidenza con l’idea di anima... Il fatto stesso di divenire consapevoli di possederne una, può far sì che le tante realtà frammentate della nostra esistenza possano trovare un centro attorno a cui coagularsi. Serve però una concezione laica e pragmatica dell’anima: lasciamo da parte le versioni religiose e proviamo a
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Capitolo 1 - L’anima, un mondo dimenticato
A MO PIÙ FRAGILI ispirarci alla Natura, a concepire l’anima semplicemente… come un seme. Questa è la similitudine che, meglio di ogni altra, ci aiuterà a comprendere di cosa stiamo parlando, di un’anima-seme che dà vita a un uomo-pianta. E a questa prima analogia possiamo affiancarne una seconda: anima-immagine. Sì, proviamo a concepirla come un’animaseme-immagine… sono tre termini che rappresentano perfettamente il concetto di ciò che “abita in noi”, tre sinonimi che descrivono bene il principio originario che ispira la vita e la dirige con un sapere innato. Cos’è un’immagine? Una sintesi perfetta, non ha un inizio né una fine, è senza prima né dopo e si percepisce in un istante, con un unico colpo d’occhio. Quindi, come il seme contiene il destino della pianta prima ancora di radicarsi nella terra, ognuno di noi possiede un’immagineanima che contiene le linee-guida del nostro carattere, la nostra personale inclinazione. Questo è ciò che tramandano molte Tradizioni, presso le quali il termine immagine è stato di volta
in volta inteso come presenza interiore misteriosa, enigmatica, collegato a concetti come genio, destino, carattere, fato, daimon, noumen…
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