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Consigli DOC - Carlo Alfaro
Consigli DoC
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Chi è Carlo Alfaro
Nato a Sant’Agnello (Napoli), vive a Sorrento. Pediatra, ricopre l’incarico di Dirigente Medico di Pediatria presso l'Ospe dale De Luca Rossano di Vico Equense. È consigliere nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adole-scenza. Appassionato di divulgazione scientifica e culturale, dal 2015 è giornalista pubblicista.
VERTIGINE PAROSSISTICA BENIGNA
?Ho un bimbo di due anni e mezzo che a volte mi fa davvero spaventare: mentre sta benissimo, magari giocando e divertendosi al parco o sulla spiaggia, è come se perdesse all’improvviso l’equilibrio, si aggrappa a me spaventato, chiude gli occhi ma non sviene, poi dopo pochi minuti torna come se niente fosse successo. Il mio pediatra parla di Vertigine Parossistica Benigna ma io non sono serena e vorrei approfondire meglio.
!Sì i sintomi sono proprio quelli tipici della Vertigine
Parossistica Benigna. Si tratta di un disturbo caratterizzato da attacchi ricorrenti, brevi (alcuni minuti o al massimo poche ore) e improvvisi (senza alcun sintomo premonitore) di vertigini, talvolta anche così intense da impedire la stazione eretta per cui il bambino può cadere o aggrapparsi all’adulto per essere preso in braccio. Spesso il bambino diventa pallido, sudato, ha paura, può vomitare. Gli episodi sono a risoluzione spontanea. La condizione non si associa ad altri problemi di salute del bambino. Interessa in genere bambini dai 18 mesi all’età prescolare, ma può verificarsi anche successivamente. Con la crescita gli attacchi si riducono in frequenza fino a scomparire. Nel 40% dei casi è presente familiarità per emicrania e 1 bambino su 5 circa sviluppa una forma di emicrania, tanto che il fenomeno è considerato un “equivalente emicranico”. Non esiste una cura, non è mai grave e non servono esami se dalla visita non emergono sospetti per altre patologie.
DIAGNOSI DI ALLERGIA ALIMENTARE
Mia figlia di due anni soffre di diarrea intermittente e prurito ricorrente per la pelle secca, ma la crescita è sempre stata buona per cui la pediatra non mi ha mai consigliato di escludere qualche alimento dalla dieta. Anche perché la diarrea spesso l’abbiamo attribuita a virus, però a volte viene all’improvviso, è molto violenta e poi passa dopo più o meno dieci giorni. Anche la dermatite poteva sembrare una questione di pelle delicata (è molto chiara) ma con le creme idratanti non risolvo. Ora la pediatra vorrebbe farmi iniziare un percorso per diagnosticare un’allergia alimentare, ma mi ha anticipato che i test sono tanti e orientarsi è difficile. ?
Sono d’accordo, la diagnosi di allergia alimentare è molto complessa. Per identificare gli allergeni alimentari responsabili di manifestazioni cutanee come la dermatite atopica il test allergologico più usato è lo! Skin Prick Test, un test cutaneo in cui una goccia di estratto allergenico viene deposta sulla cute dell’avambraccio e punta con una lancetta che fa entrare a contatto la sostanza con i mastociti cutanei. Si deve tener presente che un test positivo indica sensibilizzazione e non allergia: si stima che meno del 25% dei positivi sia confermato dal challenge con l’alimento. Viceversa, se il test è negativo è altamente probabile (>95%) che il paziente non sia allergico. Il dosaggio delle IgE sieriche specifiche (RAST) può integrare i Prick test o sostituirlo in caso di eczema severo, dermatografismo, difficoltà a interrompere l’antistaminico.
Un altro esame usato per la diagnostica delle allergie alimentari con manifestazione cutanea è l’Atopy Patch Test (APT), in cui gli estratti antigenici sono apposti tramite cerotti sulla cute del dorso per 48 - 72 ore. In caso invece di manifestazioni allergiche gastro-intestinali, può essere di aiuto il dosaggio della Proteina cationica eosinofila (ECP) nelle feci, rilasciata dagli eosinofili (cellule dell’allergia) dell’intestino in seguito alla reazione allergica. Il test più sicuro per la diagnosi di allergia alimentare resta comunque il Test di provocazione orale (Tpo), in cui l’alimento sospettato viene somministrato sotto controllo medico a dosi crescenti.
RISCHIO DI AVVELENAMENTO PER I BAMBINI
?Ho tre bambini di tre anni, un anno e mezzo e tre mesi e il mio incubo è l’avvelenamento perché ho letto che la maggior parte dei casi che arrivano al pronto soccorso avvengono in casa e che anche sostanze che consideriamo tranquille possono creare danno ai piccoli. Peraltro il secondogenito è geloso dell’ultima arrivata e le mette qualunque in bocca per farmi dispetto. Mi può elencare quali sono le sostanze da temere? Sì ha ragione, si stima che il 90% degli avvelenamenti dei bambini avviene nelle mura domestiche, di cui il 70 % in cucina, il ! 20 % in bagno, il 10 % in camera dei genitori. Tutti i farmaci vanno tenuti ben chiusi e lontano dalla portata dei bambini, anche quelli di uso più comune quali paracetamolo, acido acetil-salicilico, antistaminici, anti-infiammatori, fluoro, ferro, oltre ai farmaci che usano gli adulti (es. anti-ipertensivi, farmaci per il sistema nervoso o per il cuore, ormoni, anti-diabetici). Molta attenzione anche a cosmetici (shampoo, lozioni, trucco, smalto per unghie, acqua di colonia), prodotti industriali (colla, vernici, solventi), sigarette, prodotti per la casa (detersivi, candeggina, ammoniaca, acido muriatico, sgorgatori, trielina, smacchiatori), antiparassitari (insetticidi, antitarme, antimuffa, canfora), prodotti per il giardino (diserbanti, concimi). Importante non spostare mai le sostanze fuori dai contenitori originali. Evitare anche l’esposizione a piante velenose: azalea, oleandro, ciclamino, edera, vischio, agrifoglio, ginestra, ortensia, alloro.
FARINGOTONSILLITE
Il mio bambino di cinque anni soffre spesso di pus alla gola. È pericoloso dargli tutti questi antibiotici? ? La faringotonsillite rappresenta l’infezione acuta più frequente in età pediatrica. L’antibiotico va dato solo nei casi sostenuti da Streptococco beta emolitico Gruppo A (SBEGA), che può causare complicanze sup-! purative (ascesso retrofaringeo, ascesso peri-tonsillare, sinusiti, otiti) o autoimmunitarie (malattia reumatica, glomerulonefrite, corea, PANDAS). Virus e altri batteri non danno complicanze e non richiedono trattamento antibiotico. Purtroppo, non esistono parametri clinici che permettano di differenziare le forme da SBEGA dalle altre. Criteri che orientano per una forma da SBEGA sono: età maggiore di tre anni, periodo tardo inverno-primavera, febbre alta, cefalea, nausea e vomito, dolori addominali, essudato tonsillare, linfoadenopatia latero-cervicale, esantema scarlattiniforme, assenza di rinite, tosse, congiuntivite. L’unico test di valore certo per la diagnosi è il Tampone faringeo. Il TAS (Titolo antistreptolisinico) non serve per la diagnosi. Un ritardo nell’inizio della terapia antibiotica fino a 9 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi non comporta alcun rischio.