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T 8 Il ritorno della primavera (Carmina I, 4) LAT

T 8

Carmina I, 4 LATINO

Nota metrica:

sistema archilocheo terzo; nella strofe di quatto versi un archilocheo maggiore si alterna a un trimetro giambico catalettico.

Il ritorno della primavera

Riprendendo un motivo ricorrente nell’epigramma ellenistico, il poeta canta il gioioso ritorno della bella stagione nell’ode a Sestio, probabilmente uno dei componimenti più antichi della raccolta. Alle immagini di luminosa vitalità primaverile subentrano improvvise, con un effetto di contrasto tipicamente oraziano, desolate visioni di tenebra e di morte. Ma già nella strofa centrale si era affacciato l’invito a godere del presente, inscindibile dall’avvertimento della fuga inesorabile del tempo; esortazione che verrà sviluppata nei versi conclusivi, così da ricondurre le violente antinomie in perfetto equilibrio. Orazio ritornerà sul motivo nella settima ode del IV libro [T20].

Solvitur acris hiems grata vice veris et Favoni trahuntque siccas machinae carinas, ac neque iam stabulis gaudet pecus aut arator igni, nec prata canis albicant pruinis.

5 Iam Cytherea choros ducit Venus imminente luna, iunctaeque Nymphis Gratiae decentes alterno terram quatiunt pede, dum gravis Cyclopum Volcanus ardens visit officinas.

[1-4] Si scioglie l’aspro inverno al gradito ritorno della primavera e del Favonio e gli argani tirano [giù in mare] le carene [delle navi che erano] in secco, e ormai non gode più delle stalle l’armento, né l’aratore del focolare, né i prati biancheggiano di candide brine.

Solvitur: presente indicativo passivo con valore mediale di solvo, e ˘ re («si scioglie», «si dilegua»). All’inizio del verso e dell’intero componimento, il verbo, che evoca il disgelo, lo «sciogliersi» delle nevi e del ghiaccio, annuncia la fine dell’inverno «aspro», «pungente» (acris hiems, femminile) e lo schiudersi della dolce stagione con un moto gioioso di sollievo e quasi di sorpresa. – vice: ablativo temporale-causale del sostantivo vicis o vices, is (lett. «l’avvicendarsi», nel ciclo delle stagioni). – Favoni: genitivo singolare di Favonius, nome latino del vento tiepido che soffia da Occidente annunciando la primavera; detto anche, con nome greco, Zephirus. – machinae: soggetto di trahuntque, che apre la serie delle quattro proposizioni coordinate alla principale (Solvitur... hiems). Le navi che durante l’inverno erano tenute all’asciutto, venivano tirate nuovamente in mare per mezzo di argani, facendole scorrere su rulli cilindrici di legno (kýlindroi o phalanges, in latino phalangae); Orazio, a differenza degli epigrammisti greci, evita il termine tecnico a favore del generico machinae, più consono allo stile elevato dei Carmina. – carinas: sineddoche per naves; la carena è la parte dello scafo che resta immersa nell’acqua. – stabulis: ablativo retto da gaudet, seguito dal soggetto pecus; il costrutto si ripete nella coordinata aut arator (gaudet) igni, in un’elegante disposizione a chiasmo. Si ricordi che aut in frase negativa vale «né». – albicant: verbo raro e ricercato, regge l’ablativo pruinis, cui si riferisce l’aggettivo canis.

[5-8] E già Venere Citerea conduce le danze sotto la luna alta nel cielo, e le Grazie leggiadre, unite per mano alle Ninfe, battono col piede la terra a ritmo alterno, mentre Vulcano ardente visita le faticose officine dei Ciclopi.

Cytherea: è appellativo di Afrodite-Venere, che secondo una delle varianti più diffuse del mito nacque sulle rive dell’isola di Citera, a sud del Peloponneso. – imminente luna: lett. «sovrastante [= sovrastando] la luna», ablativo assoluto formato con il participio presente di immineo, e ˉ re («pendere sopra», «incombere»). – iunctaeque... pede: costruisci et decentes Gratiae iunctae Nymphis quatiunt terram alterno pede. – iunctae: lett. «unite» (da iungo, e ˘ re); ma il participio-aggettivo, riferito a Gratiae, ha qui verosimilmente il significato più specifico di «unite con le mani», ossia «tenendosi per mano». – Nymphis: dativo retto da iunctae. – alterno terram quatiunt pede: lett. «scuotono la terra con piede alterno», «ora con un piede ora con l’altro». – dum... officinas: costruisci dum Volcanus ardens visit gravis (= graves) officinas Cyclopum. La congiunzione dum introduce una proposizione subordinata temporale, il cui soggetto è Volcanus (o Vulcanus).

Nunc decet aut viridi nitidum caput impedire myrto 10 aut flore terrae quem ferunt solutae; nunc et in umbrosis Fauno decet immolare lucis, seu poscat agna sive malit haedo.

Pallida Mors aequo pulsat pede pauperum tabernas regumque turris. O beate Sesti,

[9-12] Ora conviene cingersi il capo lucente di verde mirto, o dei fiori che la terra, dischiusa dal gelo, fa sbocciare; ora conviene anche immolare a Fauno nei sacri boschi ombrosi un’agnella, se la richiede, o, se lo preferisce, un capretto.

Nunc decet ... solutae: costruisci Nunc decet impedire caput aut viridi myrto aut flore quem terrae solutae ferunt. – Nunc: l’avverbio di tempo, ripetuto in anafora all’inizio di ciascun distico della strofe, scandisce l’invito a godere «ora», senza rinviare all’incerto domani, della dolce stagione primaverile e delle gioie che porta con sé (cfr. I, 9, vv. 18 e 21 [T10]). – decet: «è conveniente», «è bello»; anche l’espressione verbale ritorna nel secondo distico, esortando a dedicarsi alle attività più consone alla rinascita della natura. – impedire: «avvolgere», «cingere»; da impedio (in + pes, pedis; etimologicamente «porre i ceppi ai piedi»), ricercata variazione rispetto ai più comuni vincı ˉ re o implicare. – nitidum caput: oggetto di impedire; il capo è «lucente» (nitidum, aggettivo da niteo, e ˉ re, «splendere», «brillare») perché cosparso di unguenti profumati. – viridi... myrto: ablativo strumentale come flore, singolare collettivo (v. 10). Il mirto è la pianta sacra a Venere, e ben si addice alla stagione dell’amore; il verde è il colore delle foglie nuove e della giovinezza (cfr. virenti in I, 9, 17 [T10]). Coronarsi di fiori e di fronde, così come cospargersi di profumi, era usanza conviviale derivata dal rituale greco del simposio. – terrae quem: anastrofe (= quem terrae). – solutae: «disciolte», «liberate»; participio-aggettivo (da solvo; cfr. Solvitur al v. 1). – nunc et ... lucis: costruisci nunc decet et immolare Fauno in ombrosis lucis. – Fauno: dativo di vantaggio retto da immolare. – seu poscat ... haedo: costruisci seu poscat (sibi immolari) agna sive malit (sibi immolari) haedo. La traduzione letterale dei vv. 1112 è la seguente: «ora conviene sacrificare a Fauno nei sacri boschi ombrosi, sia che richieda (che gli si sacrifichi) con un’agnella, sia che preferisca (che gli si sacrifichi) con un capretto», dove agna e haedo sono ablativi strumentali.

[13-15] La pallida Morte batte con piede imparziale alle capanne dei poveri e ai palazzi turriti dei re. O Sestio beato, la breve durata della vita ci vieta di concepire una lunga speranza.

Pallida Mors: personificazione. La Morte è detta Pallida per la tinta cadaverica del suo volto spettrale. – aequo ... pede: ablativo strumentale. Gli antichi usavano bussare alle porte con il piede, anziché con la mano. – pulsat: da pulso, a ˉ re (intensivo-frequentativo di pello, e ˘ re); il verbo rende espressivamente l’insistenza e l’inesorabilità del cupo richiamo, sottolineate dall’ossessiva allitterazione in p che ritma il verso 13. – pauperum ... regumque: l’imparzialità della morte (già espressa mediante l’aggettivo aequo) che non fa differenza alcuna tra ricchi e poveri è luogo comune in ogni tempo. Si veda anche l’ode oraziana II, 14, 11-12 [T17]. – tabernas ... turris:

Flora, affresco dalla Villa di Arianna a Stabiae, fine I secolo a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

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