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Le nuove forme del dissenso nell’età del principato

l’attività letteraria. Scomparsi uomini come Mecenate (senza il quale, come si vide, Ottaviano aveva già modificato la sua politica culturale), Asinio Pollione e

Messalla Corvino, gli scrittori sono costretti a contare su protettori scarsamente motivati e probabilmente di modesto livello intellettuale. Il fenomeno, con l’eccezione della breve stagione neroniana, caratterizzerà tutto il primo secolo dell’impero. Nerone riprende a promuovere le arti Il principato di Nerone si presenta indiscutibilmente sotto il segno della novità. Personaggio estroso, dispotico ed egocentrico, il nuovo imperatore rivela immediatamente i suoi interessi: trascura l’oratoria (con grande scandalo dei contemporanei) per dedicarsi alle arti (poesia, musica, canto, pittura, cesello); nell’ambito di queste ultime, rifiuta programmaticamente i modelli della tradizione romana per volgersi a quelli greci. Compone opere di genere lirico, tragico ed epico, fra cui un poema mitologico per noi perduto, intitolato Troica («Vicende troiane»). La produzione poetica del giovane princeps, per quel poco che ci è dato di giudicare, doveva rifarsi ai modelli eruditi e raffinati della poesia mitologica alessandrina.

Nerone promuove in prima persona le arti, facendo della corte imperiale un luogo di scambi culturali e artistici, e istituisce in Roma dei ludi ispirati a quelli ellenici: gli Iuvenalia (nel 59); i Neronia (nel 60; poi ripetuti nel 65). Ampio spazio, durante tali manifestazioni, veniva riservato a gare di musica, di canto e di poesia. Ai Neronia del 60 partecipò, fra gli altri, anche il giovanissimo Lucano, recitando con successo delle Laudes Neronis. È probabile che all’interno della stessa cerchia neroniana sia nato il Satyricon di Petronio [cap. 5.1], un pastiche narrativo ricco di inserti poetici, nel quale pare rispecchiarsi l’atmosfera raffinata e viziosa della corte. La fioritura poetica dell’età neroniana Non è dunque un caso se la poesia conosce in età neroniana un nuovo slancio creativo, caratterizzato non solo dall’elevata qualità delle opere ma anche dalla varietà e dalla molteplicità dei generi

Le nuove forme del dissenso nell’età del principato

▰ Spenta l’eloquenza politica, il dissenso si

fonda sulla filosofia In età tardo-repubblicana, poco prima della grande svolta augustea, la lotta per il potere si era espressa compiutamente attraverso l’oratoria, di cui Cesare e Cicerone, anche per le diverse scelte stilistiche, erano stati protagonisti. Declinata l’eloquenza politica, nell’età del principato il dissenso nei confronti del potere trova il suo fondamento teorico nella filosofia, e in particolare nella dottrina stoica, che già si era diffusa fin dall’epoca degli Scipioni negli strati culturalmente più evoluti della nobilitas senatoria. ▰ Opposizione senatoria e dottrina stoica La

figura di un sovrano poteva essere accettata, nell’ambiente senatorio romano, solo se non contraddiceva gli antichi mores nazionali. Inevitabile che la dottrina stoica, benché essa non fosse in via di principio avversa al modello monarchico [cap. 4.2], assumesse in età imperiale una decisa coloritura filorepubblicana e libertaria, offrendo ai rappresentanti dell’opposizione senatoria precise indicazioni eticopolitiche ed esemplari modelli di comportamento: Catone Uticense fu il prototipo eroico della resistenza politica e morale alla tirannia. La filosofia stoica viene dunque considerata, da una prospettiva autoritaria, come un nemico insidioso da combattere. ▰ La congiura pisoniana si richiama allo

stoicismo Allo stoicismo si richiamarono espressamente i protagonisti della congiura pisoniana repressa fra il 65 e il 66 da Nerone: fra di essi i filosofi Musonio Rufo e Anneo Cornuto, l’eminente senatore Trasea Peto, il poeta Lucano e lo stesso Seneca. Alla dottrina stoica aderì profondamente anche il poeta satirico Persio.

Agrippina incorona Nerone con un serto d’alloro, I secolo d.C. Afrodisia (Turchia), Musei di Antichità. letterari coltivati: la poesia satirica con Persio; il poema storico con Lucano; il teatro tragico con Seneca; il filone bucolico con Calpurnio Siculo e i Carmina

Einsidlensia; il genere didascalico con il De hortis di Columella, appendice poetica a un ampio trattato in prosa sull’agricoltura [cap. 3.6]; la poesia encomiastica con l’anonima Laus Pisonis; i versi menippei contenuti nell’Apokolokyntosis dello stesso Seneca; l’epos mitologico praticato da Nerone e dal giovanissimo Lucano.

A Roma, durante il principato di Nerone, opera anche l’epigrammista greco

Lucillio, che tanta influenza avrebbe esercitato sulla poesia di Marziale. La politica culturale di Nerone e le resistenze della nobilitas senatoria La politica culturale di Nerone va interpretata nell’ambito di un progetto assolutistico di segno ellenizzante. Protagonismo e spettacolarità caratterizzano le sue iniziative, cui gli esponenti della nobilitas non possono guardare se non con diffidenza e inquietudine. La nozione di libertas, nella prospettiva ideologica senatoria, era strettamente legata a quella di conservatorismo e di tradizione, di rispetto degli antichi mores. Gli atteggiamenti istrionici ed esibizionistici di Nerone, anche al di là delle implicazioni politico-istituzionali, contraddicevano apertamente i valori di un’intera tradizione. Si comprende dunque come il nuovo principe finisse per suscitare, dopo una prima fase di consensi e di speranze (si vedano gli scritti politici di Seneca, la poesia encomiastica di Lucano, di Calpurnio Siculo e dei

Carmina Einsidlensia), variegate forme di resistenza e di ribellione che si riflettevano nell’ambito della politica come in quello della letteratura. La rivoluzione ovidiana Con gli scrittori augustei, la letteratura latina era giunta alla conclusione di un lungo processo storico di imitazione-emulazione dei modelli greci. Gli autori di età imperiale avevano ormai a disposizione un repertorio di autori nazionali degni di gareggiare apertamente con quelli greci: tale grandezza aveva tuttavia finito per operare, nel primo cinquantennio del secolo, come un limite, come una sorta di condanna formale e sostanziale all’epigonismo.

Già Ovidio, peraltro, aveva reagito a tale situazione inaugurando nuove modalità espressive e sfruttando in modo libero e talora impertinente i grandi modelli della recente tradizione. La rivoluzione ovidiana, che riguardava sia l’ambito della sensibilità sia quello della tecnica, preannunzia e in parte influenza gli esiti della poesia di età neroniana, variamente definita come anticlassica, manieristica o baroccheggiante: ovidiani saranno dunque il descrittivismo insistito, il gusto dell’amplificazione, il virtuosismo verbale, la sovrabbondanza retorica, la tendenza alla digressione, la ricerca di effetti ingegnosi e di prospettive inedite, la vibrazione patetica delle immagini.

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