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8 I trattati di Sesto Giulio Frontino, curator aquarum
come fosse un animale pericoloso che intende studiare dal vivo perché anche gli animali hanno cose da insegnargli – capire il mondo significa vivere davvero la vita. Che si tratti di un vulcano o di una civiltà che crolla, della muta di un bruco o del passaggio di un corpo celeste attraverso la volta stellata, dal mondo c’è sempre e ancora da imparare. Accrescere il proprio sapere è un dovere. Quando però la contemplazione e il sapere vengono messi sul piatto della bilancia per compensare una buona azione, è la buona azione che ha la meglio: voleva vedere il vulcano da vicino per studiare la sua eruzione in maniera diversa rispetto ai libri che già conosceva così bene, però il pericolo che i suoi amici correvano gli fa mettere in secondo piano questa intenzione. È l’amicizia che prende il sopravvento. Occorre consolare i propri amici, occorre confortarli, occorre tranquillizzare il loro spirito e infondere la pace e la serenità di cui hanno bisogno in questi momenti di pericolo. L’esempio di una condotta senza turbamenti allontana di sicuro i turbamenti. Se c’è paura, l’amico deve farsene carico e liberare da quel fardello chi ci onora del suo affetto. Amare i propri amici è un dovere. L’amico è l’eletto, questo è certo, però Plinio il vecchio, da buon comandante romano, sa bene di non essere capace di sacrificare il proprio amico per i suoi simili: decide quindi di muovere la flotta, di farla salpare, di fare rotta verso quel fuoco e di riportare al sicuro i propri compatrioti minacciati dal vulcano. Aiutare il proprio prossimo è un dovere. Se è vero che il mondo deve scomparire, non è però detto che dobbiamo scomparire anche noi prima del tempo, sarebbe come dare ragione al mondo e torto a noi stessi. Plinio il Vecchio ci dà l’esempio: sotto la pioggia di cenere e di fuoco che finirà per ucciderlo, si fa un bagno, cena, si mostra allegro e affabile, dorme, addirittura russa in maniera fragorosa. Anche la cura di sé è un dovere. Quando giunge l’ora di morire, non si mette a implorare l’aiuto di chiunque si trovi nei paraggi. La scena che il nipote racconta è un antidoto alla morte cristiana profumata dei fiori del male: ci si fa sistemare una coperta per terra, si chiede un bicchiere d’acqua, ci si sdraia e si muore. Saper morire un dovere, anzi e la Ricordiamoci della magnifica frase di Plinio che abbiamo citato prima: : «Essere dio è, per un mortale, aiutare un mortale: ecco la via verso la gloria eterna. Su di essa hanno proceduto i più grandi Romani». È questo l’unico dio possibile e pensabile per un ateo in un mondo abbandonato dagli dèi degli altri. Non aggiungere miseria al mondo, accrescere il proprio sapere, amare i propri amici, aiutare il prossimo, prendersi cura di sé stessi, saper morire perché questo significa saper vivere: ecco le cose con cui aspettare saggiamente che il vulcano ci ricopra di cenere.
(M. Onfray, Saggezza. Saper vivere ai piedi di un vulcano, Salani, Milano, 2019)
La vita Figura di leale e scrupoloso funzionario imperiale ci appare Sesto Giulio
Frontino, che iniziò la carriera politica nell’età dei Flavi per concluderla nei primi anni del principato traianeo. Praetor urbanus nel 70, fu console per tre volte, sotto Vespasiano (nel 74), Nerva (nel 98) e Traiano (nel 100), legato in Britannia fra il 76 e il 78 (suo successore fu Agricola, suocero di Tacito), curator aquarum (addetto, cioè, alla manutenzione degli acquedotti romani) nel 97, infine augure.
Morì nel 103-104, vietando, secondo una notizia di Plinio il Giovane (IX, 19), che fossero eretti monumenti in suo onore: la memoria di un uomo, sosteneva, deve dipendere esclusivamente dalle azioni compiute in vita.
Il Pont du Gard, acquedotto romano nel sud della Francia, I secolo d.C. Le opere Scrittore esclusivamente tecnico, Frontino si confronta con ambiti di sapere tipicamente romani (la scienza militare, l’agrimensura, gli acquedotti), legati alla sua carriera militare e amministrativa. Dei quattro titoli a lui attribuiti, risultano perduti un trattato De re militari e un’opera di agrimensura di cui sopravvivono pochi excerpta conservati nel Corpus agrimensorum Romanorum. Ci sono invece pervenuti quattro libri di Strategemata e due libri De aquis urbis Romae, la sua opera più interessante. Commentarii le definisce l’autore, che fa uso in entrambe di un linguaggio semplice e sostanzialmente ripetitivo, come del resto gli argomenti richiedevano. Gli Strategemata Composti fra l’84 e il 96, gli Strategemata sono una raccolta di
«stratagemmi» militari utilizzati dai più celebri generali del passato in preparazione di una battaglia (I libro), durante la battaglia e subito dopo (II libro), durante gli assedii (III libro).
Di tono differente, morale e non più tecnico, è invece il IV libro, dove si danno esempi di virtù e di disciplina militare: lo scarto rispetto ai libri precedenti ha fatto non poco dubitare della sua autenticità. Gli exempla proposti, per lo più ricavati da fonti letterarie, sono organizzati in apposite rubriche, un po’ come accadeva nei
Factorum et dictorum memorabilium libri di Valerio Massimo [cap. 1.4]. Nonostante la competenza tecnica, l’esposizione è condotta in modo alquanto sbrigativo. De aquis urbis Romae Di grande importanza sul piano archeologico e documentario risulta il trattato De aquis urbis Romae, tràdito anche con il titolo De aquae ductu urbis Romae, pubblicato nel 98. Argomento sono gli acquedotti di Roma, che il nuovo curator, nel momento di assumere la carica, decide di passare in rassegna approntando quelle che oggi diremmo delle accurate schede tecniche, comprendenti il nome dell’acquedotto, la data in cui fu costruito, le strutture murarie, il percorso, e perfino la legislazione vigente in materia. Lo scrupolo e la diligenza dell’indagine esemplificano come meglio non si potrebbe il pragmatismo della cultura romana. L’autore non manca di esaltare l’utilità degli acquedotti, orgogliosamente contrapposti alle piramidi egizie e alle «celebratissime ma inutili costruzioni dei Greci».
Materiali ONLINE
T4 «Varie dicerie sui Mani» (Naturalis historia VII, 188-190) T5 Notizie sui lupi (Naturalis historia VIII, 80-84)
DOCUMENTI E TESTIMONIANZE
• Vita e morte di Plinio il Vecchio nelle lettere del nipote Plinio il Giovane