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Hänsel e Gretel – Wilhelm e Jacob Grimm
Fiabe classiche
Hänsel e Gretel
Wilhelm e Jacob Grimm
In un tempo lontano, al limitare di un bosco, viveva il taglialegna Gustav con i figli e la seconda moglie Irda. I figli, che si chiamavano Hänsel e Gretel, erano bravi, obbedienti e molto laboriosi. Senza che nessuno lo chiedesse, essi si davano da fare spontaneamente in lavoretti utili: prendevano l’acqua al ruscello, pulivano la radura davanti a casa e raccoglievano rami secchi per il camino. Inoltre, poiché spesso accadeva che in casa il pane scarseggiasse, erano diventati molto abili nella ricerca di frutti selvatici, bacche e radici commestibili. Irda, sposata dopo che la prima moglie era morta dando alla luce Gretel, era una donna dura e autoritaria, spesso imbronciata e poco incline al sorriso; a modo suo, però, voleva bene ai bambini e sicuramente questo era il motivo per cui Gustav l’aveva presa con sé.
Di fatto però la famiglia era molto povera, e il taglialegna riusciva a malapena a sfamare consorte e figlioli, spesso per sé dimezzava la razione di cibo o, addirittura, saltava il pasto.
Venne purtroppo un tempo di piogge torrenziali, violente come non se n’erano mai viste. Gustav non poteva lavorare nel bosco, i figli non riuscivano a raccogliere nulla da mangiare e la moglie non poteva andare in città a vendere i cestini di giunco che intrecciava. Ben presto la fame cominciò a tormentarli. Una sera, mentre l’uomo si girava e rigirava nel letto poiché brutti pensieri lo tenevano sveglio, Irda parlò così: “Non possiamo andare avanti in questo modo, la miseria ci ucciderà. Salviamo almeno i due bambini!”
“Salvarli?”
“Sì, tu però ti dovrai fidare di me.”
Gustav balzò a sedere di colpo: “Ti ascolto.”
“No, non posso, mi sembrerebbe di tradirli.”
La donna non si diede per vinta e per tutta la notte furono parole, lacrime e suppliche. Tanto disse, tanto si disperò che alla fine l’uomo cedette.
“E va bene, voglio darti retta, ma…”
Allora il marito non disse altro e si girò su un fianco per cercare di riaddormentarsi, ma la notte passò insonne. Anche i due bambini erano rimasti svegli per la fame, e avevano sentito la conversazione dei genitori. Gretel pensava che per loro fosse finita e incominciò a singhiozzare.
La bambina si asciugò le lacrime. “Davvero? – bisbigliò – Cosa vuoi fare?”
“Fidati. Zitta però, nessuno ci deve sentire.”
Si alzò dal letto, indossò la sua giacca di panno e uscì. Fuori la notte era chiara e serena, la luna alta nel cielo illuminava tutto d’argento. Il paesaggio brillava di una luce incantata, sembrava una magia. Häns si sentì accolto da quello splendore, s’incantò a guardare il blu e pregò.
MAMMA che vivi di azzurro chiarore mamma che sempre ci mandi il tuo amore seguici ora nel nuovo cammino dacci la mano, a noi resta vicino. È cupo e scuro di notte il bosco fitto di ombre che io non conosco mandaci lucciole con bianche fiammelle e chiara lanterna di luna e di stelle. Ci aspetta un lungo, oscuro cammino oh mamma vegliaci, resta vicino via la paura dagli occhi e dal cuore dall’alto mandaci, mamma, il tuo amore.
In quel momento Hänsel vide formarsi una scia di luce, una pioggerella scintillante che scese dall’alto e si adagiò sui sassi bianchi del vialetto.
Grazie, mammina! Con il cuore che batteva forte si chinò e cercò di raccogliere quanti più sassi poté, un bacio al cielo, poi via, rapido in casa.
La sorellina lo aspettava sveglia, seduta sul letto.
“Ecco Gretel – disse lui mostrando le tasche gonfie – siamo salvi, puoi tornare a dormire ora. Il bosco di notte non ci farà più paura. Possiamo tornare a dormire.” Appoggiò la testa sul cuscino e si riaddormentò.
La bambina avrebbe voluto sapere di più, ma poiché si fidava molto del fratellino non chiese altro e lo lasciò dormire.
L’indomani, non erano ancora spuntate le luci dell’aurora che la matrigna era già andata a svegliarli: “Forza, piccoli, giù dal letto! Andremo nel bosco oggi, su su, non perdiamo tempo. Per ognuno un pezzetto di pane, non mangiatelo subito, mi raccomando, cercate di farvelo durare almeno tutta la mattina.”
Gretel tese le mani per prendere i due pezzi di pane perché sapeva che il fratello aveva le tasche occupate. La matrigna si fermò, sembrò incantarsi, fissò la bambina negli occhi per un tempo che a lei sembrò interminabile, ma le consegnò entrambi i pezzi di pane. Partirono. Dopo poca strada Hänsel si fermò e si voltò a guardare la casa; lo rifece di lì a poco e nuovamente per altre volte.
In verità Hänsel non aveva salutato il gattino, ma ogni volta aveva lasciato cadere sul sentiero uno dei sassolini bianchi che aveva raccolto la notte precedente e che brillavano come piccoli lumi. Giunti in mezzo al bosco, il padre disse: “Eccoci arrivati, ma è un po’ freddo qui. Bambini, andate a raccogliere rametti come sapete fare bene, poi accenderemo un fuoco e ci riposeremo al caldo.”
Hänsel e Gretel obbedirono e radunarono una certa quantità di rametti, poi accesero il fuoco. In breve la fiamma si fece alta.
“Perché non restiamo insieme?” – chiese Hänsel fingendo naturalezza.
Il padre provò a sorridere. “Tranquilli, torneremo a prendervi dopo il lavoro. Aspettate qui da bravi.”
Così partirono. Il padre si voltò più volte a salutare i bambini,
essi lo seguirono con lo sguardo finché poterono, poi si sedettero accanto al fuoco. Chiacchierarono un po’ e a mezzogiorno ciascuno mangiò il suo pezzo di pane. Nel bosco risuonavano i colpi delle accette e Gretel disse: “Senti i rami cadere, Häns, vuol dire che i genitori sono ancora nel bosco. Andiamo verso di loro.”
Gretel sentì le lacrime salirgli in gola ma non disse nulla.
Raccolsero altri rametti per alimentare il fuoco, e si addormentarono.
Quando si svegliarono il sole non c’era più e le ombre cominciavano ad allungarsi.
Camminarono un po’ intorno alla radura e raccolsero qualche bacca.
Le ore passavano, il cielo si tinse di blu e il bosco si riempì di ombre.
Del padre e della matrigna nessuna traccia.
Gretel cominciò a piangere. “È tutto buio, è tutto buio, come faremo a tornare a casa?”
“Aspetta – la tranquillizzò Häns – quando sorgerà la luna, sapremo dove andare.” E così fu. Alla luce della luna i ciottoli s’illuminarono come diamanti. Häns prese Gretel per mano e si avviarono.
Un sasso dopo l’altro, camminarono per tutta la notte e solo al mattino giunsero davanti alla loro casa. Bussarono. Quando il padre li vide fu felicissimo e li abbracciò con le lacrime agli occhi. La matrigna, che già era sicura di essersene liberata per sempre, finse contentezza, ma dentro di sé era davvero furibonda. La sua rabbia esplose poco dopo, una sera, quando il pane era venuto nuovamente a mancare. I bambini la udirono sfogarsi con il padre: “Una volta è andata e io non ho detto nulla, ora però basta
davvero! La fame ci ucciderà. I bambini devono tornare nel bosco, non c’è scelta. Li accompagneremo nel punto in cui è più intricato, così che non potranno uscirne!”
L’uomo provò a dire che lui avrebbe rinunciato al suo cibo per i figli, ma la moglie gli voltò le spalle, si alzò e uscì sbattendo la porta. Il poveretto, avendo già ceduto una volta, non trovò il coraggio di tirarsi indietro.
Hänsel allora si sedette sul letto in attesa che i genitori si addormentassero. Udì la matrigna chiudere a chiave la porta, il leggero russare del padre, poi il silenzio. Allora si alzò, si diresse in punta di piedi alla porta del giardino, ma la trovò chiusa. La chiave non era neppure nella toppa. La cercò intorno con gli occhi. Nulla. A Gretel che gli aveva chiesto dei sassolini disse la verità: “No, sorellina, non ho potuto raccoglierli questa volta, ma non temere, ce la caveremo. Ora dormi tranquilla.”
All’alba tutti svegli. La matrigna diede a ognuno un piccolissimo pezzetto di pane, ancora più piccolo della volta precedente. Hänsel adocchiò la porta del giardino e vide che era ancora chiusa. Pensò che avrebbe preso i sassolini non appena fossero usciti, ma la matrigna gli teneva gli occhi talmente incollati addosso che non ci provò nemmeno a chinarsi per raccoglierli. Così, cammin facendo, sbriciolò il suo pezzetto di pane gettando le briciole per terra.
“Perché ti fermi anche questa volta, Hänsel? È il tuo gattino?” – chiese il padre.
Hänsel non disse nulla ma continuava a spargere le briciole lungo il sentiero.
Si inoltrarono nel folto del bosco e giunsero in un punto che non avevano mai visto prima. La matrigna disse loro di accendere un fuoco e di sedersi lì accanto ad aspettarli; sarebbero tornati a prenderli verso sera.
A mezzogiorno, poiché Hänsel aveva sbriciolato tutto il suo pane, Gretel divise il suo piccolissimo pezzo con lui. Le ore passavano, e dopo mezzogiorno si fece sera e infine notte, ma dei genitori nemmeno l’ombra.
Hänsel lesse ansia negli occhi della sorella e disse: “Non devi preoccuparti, aspettiamo che sorga la luna; la luce illuminerà le briciole e noi troveremo la via di casa.”
Sorse la luna alta e chiara. Delle briciole però nessuna traccia. Gli uccellini del bosco se ne erano nutriti.
Hänsel non si perse d’animo. “Niente paura, troveremo la strada. Vieni con me, so dove andare.”
Ma non fu così. Camminarono e camminarono a lungo nella notte, ma ben presto si persero nel grande bosco, e quando si sedettero per riposare, si addormentarono di colpo per la gran stanchezza e la fame.
Il mattino seguente, quando il sole era apparso nel cielo, i bambini ripresero il cammino, finché Gretel disse che era sfinita.
Giunti però alla radura, rimasero a bocca aperta.
In uno spiazzo fiorito di rose e margherite c’era una casina fatta di biscotti, con il tetto di rosso marzapane, le persiane di croccante di mandorle e i vetri di zucchero trasparente. Sembrava spuntata dal nulla. I bambini erano incantati.
“Mai visto niente di simile, sorellina!”
Quando Gretel incominciò a rosicchiare lo zucchero, una voce dall’interno gridò:
Cos’è questo rumorino? Forse è un picchio? Un topolino? Chi è entrato nel giardino? Chi sgranocchia, chi rosicchia, chi distrugge? Accipicchia! La mia casa, le mie aiuole, il mio prato di viole poi il tetto, i vetri rotti presi a morsi e a pizzicotti. Chi si aggira nei paraggi? Dei terribili selvaggi? Delle furie, invasori Cavallette e distruttori! Via di qui, andate via Che la casa è solo mia anzi no, restate un poco per scaldarvi c’è un bel fuoco non andate, no restate e mangiate, su, mangiate…
D’un tratto la porta di cioccolato si aprì e ne uscì una vecchina tutta rugosa e malferma sulle gambe.
I bambini si spaventarono tanto che lasciarono cadere quello che avevano in mano. Ma la donna li rassicurò: “Non temete, cari, venite dentro, siete i benvenuti.”
Li prese gentilmente per mano e li condusse nella sua casetta.
Servì loro una cena ricca e squisita, a base di latte, miele, frittelle e frutta, poi li condusse in una camera in cui li attendevano due lettini bianchi e morbidi.
Hänsel e Gretel vi si adagiarono e si addormentarono di colpo. Ma la vecchia era una strega malvagia che attirava i bambini con il trucco della casetta di zucchero e poi li mangiava. Quando un bambino cadeva nella sua trappola, lei lo uccideva e lo cucinava.
Quel mattino, prima che i bambini si svegliassero, la strega si alzò e andò ai loro lettini per rimirarli.
Poi sollevò Hänsel e lo rinchiuse in una gabbia per polli che si trovava in uno spiazzo erboso dietro la casa. Quando il povero bambino si svegliò, si spaventò moltissimo, non capiva dove fosse capitato e nemmeno dove fosse sua sorella. Fece per gridare aiuto ma sentì la voce della vecchia, che non era più dolce e gentile come l’avevano conosciuta il giorno prima.
Il bambino capì tutto. Gretel si spaventò e cominciò a piangere, ma la strega la costrinse a obbedire.
Così, al povero Hansel che doveva ingrassare venivano preparati ogni giorno cibi prelibati; mentre la bambina doveva accontentarsi di bucce di patate.
Quando la vecchia si avvicinava alla gabbia per controllare che le dita di Hänsel fossero ingrassate, il bambino le porgeva un ossicino di pollo.
La bambina dovette raddoppiare il suo lavoro cucinando senza sosta. Dopo quattro settimane nelle quali Hänsel continuava a sporgere l’ossicino di pollo, la vecchia prese una decisione:
“Basta! Grasso o magro che sia, domani cucinerò tuo fratello. Porta l’acqua per la cottura, nel frattempo io impasterò il pane da cuocere nel forno.” Gretel si sentì morire a quelle parole, ma non
disse nulla e portò l’acqua che sarebbe servita per cucinare Hänsel.
Il mattino seguente, all’alba, la bambina si alzò per accendere il fuoco nel camino e appendervi il paiolo pieno d’acqua.
Poco dopo la strega accese il forno per cuocervi il pane.
Gretel piangeva in silenzio e pensava che se li avessero divorati le bestie feroci del bosco almeno non sarebbero stati divisi e lei non avrebbe dovuto sopportare la pena di dover preparare qualcosa che serviva alla morte del fratellino. S’inginocchiò e si mise a pregare. Proprio in quel momento la vecchia gridò: “Ehi, dove sei? Vieni subito qui e controlla che il pane sia ben cotto e dorato; i miei occhi sono tanto deboli, non riescono a vedere fin là. Vieni, e se non vedi bene ti spingerò proprio dentro il forno, così potrai controllare meglio.”
In verità, il piano della malvagia era di chiuderla dentro il forno per mangiarsela arrosto!
Gretel però sospettò qualcosa, giocò d’astuzia e disse: “Non vorrei deluderti, non sono mai entrata in un forno, fammi vedere tu come si fa.”
La vecchia sbuffò. “Buona a nulla, guarda e impara!”
Si sedette sull’asse del pane e, piegando un ginocchio, s’infilò nel forno. Gretel allora la spinse in fondo, più in fondo possibile, chiuse in fretta la porta e ne bloccò l’apertura.
Di lì a poco la vecchia incominciò a gridare che le aprisse, che la togliesse di lì, ma Gretel si tappò le orecchie e scappò lontano.
E così a bruciare fu lei, la strega, lei che aveva pensato a quel tremendo progetto e che progettava cose terribili; bruciava la cattiva, vittima della sua perfidia, bruciava perché era malefica e aveva architettato malvagità. Bruciava e nulla poté salvarla. E Gretel, con il cuore finalmente leggero, volò da Hänsel, aprì la porticina della gabbia e gridò: “Vieni, fratellino, sei libero, anzi, siamo liberi!”
Allora Hänsel uscì, si avvinghiò alla sorella e pianse di gioia con lei.
Poi, vispi come fringuelli, tornarono alla casina di zucchero.
Entrarono dalla porta di cioccolato e quello che apparve ai loro occhi li lasciò senza parole. Tutta la casetta era piena di monete d’oro, di perle e di pietre preziose, una vera fortuna! I bambini si guardarono negli occhi e sorrisero.
Si riempirono le tasche e lasciarono il resto, poi uscirono dal giardino e si misero in cerca della via di casa.
Cercarono il fiume perché Häns era sicuro che la strada giusta era nelle vicinanze del corso d’acqua.
Lo cercarono a lungo, senza mai perdere la speranza.
Cammina, cammina vi giunsero finalmente, ma ponti non ce n’erano, grossi massi neppure. Come fare ad attraversarlo? A nuoto non sarebbero mai riusciti…
Ma la loro mamma, che li proteggeva dal cielo, venne in loro aiuto anche questa volta. Da un cespuglio lungo la riva sgusciò fuori un’anatrina tutta bianca. Gretel la chiamò:
Ehi ehi bella anatrina, amica bianca che scivoli nell’acqua e non sei stanca io e mio fratello non sappiamo come fare questo largo fiume dobbiamo attraversare forse è melmoso, forse è profondo ma noi vorremmo tanto tornare al nostro mondo.
Bella anatrina, piumette di neve,
Ci aiuti a trovare la strada più lieve?
A casa vorremmo dal babbo tornare
Tu, dolce amica, ci puoi aiutare?
L’anatrina che si era fermata ad ascoltare la bambina, riprese a zampettare e si diresse verso di loro.
Ecco, vi offro il mio bianco veliero A casa, certo, tornate davvero Venite con me, piccoli amici Vi aspettano ora giorni felici!
Prima Gretel e poi Hänsel, abbracciati all’anatra gentile, raggiunsero l’altra parte del fiume. In poco tempo ritrovarono la strada di casa.
Ecco la loro casetta in fondo al vialetto di larici. Era pomeriggio inoltrato e il sole inondava ogni cosa con la sua polvere d’oro fino. Tutto sembrava come un tempo! Il padre in giardino stava spaccando legna.
Gretel lo chiamò da lontano.
L’uomo si fermò di scatto, gettò a terra la scure, alzò il capo e si illuminò.
I bambini lo raggiunsero correndo, lui allargò le braccia.
Si strinsero piangendo in un lungo abbraccio silenzioso.
Poi il padre si sciolse gentilmente da loro: “E ora entriamo in casa, così mi raccontate.”
Entrarono.
“Sapete, Irda è morta di morte naturale e io sono rimasto solo; in fondo al cuore lei non aveva cattiveria però si è pentita per quanto aveva fatto e più di una volta abbiamo pensato di venire a cercarvi, ma c’era sempre il problema di come sfamarvi, perché la povertà non ci ha mai lasciato, quella c’è sempre, anche ora…”
Gretel sfiorò la mano del padre.
Il padre chinò il capo, come mortificato. “Sarebbe molto bello, ma non ho che un mazzetto di erbe, radici commestibili e tre castagne secche per la cena, le cose non sono molto diverse da un tempo, come vedete.”
I suoi figli si scambiarono un’occhiata di intesa. Parlò Häns per primo.
Così sul tavolo della cucina i bambini riversarono il contenuto delle loro tasche: monete d’oro, perle e pietre preziose…
Il padre sgranò gli occhi per lo stupore.
La bambina mise una mano in tasca e ne trasse una piuma bianca, quella dell’anatrina candida.
“Nulla, bambini miei, nulla!” – rispose il padre asciugandosi una lacrima.
Fuori le ombre del tramonto cominciavano ad allungarsi e il cielo si colorò di rame.
Il padre accese una candela e la mise sulla tavola, tra le castagne, le buone erbe e le radici.
I bambini sorrisero.
In quel momento la luna, tutta scintillante nei suoi veli argentati, spuntò.