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La porta dell’Inferno

Così Virgilio, prendendomi per mano, mi fa coraggio e intravedo da lontano, oltre la selva più oscura e contorta, una inquietante robustissima porta. Sull’architrave, impresse con il fuoco, stanno parole che turbano non poco: da quella porta si va al dolore eterno e si sprofonda giù fino all’Inferno. Questo non sembra un cortese “Benvenuto” e più di prima mi sento impaurito: così Virgilio mi tira per la mano e mi trascina da lì ancora più lontano. Ma non ci sta una strada nei dintorni che dritta dritta a Firenze presto torni? Virgilio sospirando fissa il mio viso: “Qualcuno poi ti aspetta in Paradiso!” A questo punto mi sento assai felice: certo avrei visto l’amata mia Beatrice! Con la Madonna e Santa Lucia sta di sicuro la pura Donna mia. Urla e lamenti l’orecchio mio ora sente, al naso giunge un olezzo puzzolente, alla mia vista milioni di persone, che in vita mai fecer cose buone.

In corsa eterna dietro una bandiera si spostano, in una nuvolona nera di insetti intenti loro a punzecchiare, perché non vollero mai collaborare. Che spettacolo triste e disgustoso, io guardo altrove e son meno speranzoso; e sulla riva di un fiume tanta gente, Caronte, il barcaiolo, triste attende. Questo mi guarda con fare minaccioso, della presenza mia pare dubbioso, ma la mia guida, pronta, ora interviene: “Per volere del Ciel qui egli viene!” Così il vecchio da me toglie lo sguardo e mostra di non aver alcun riguardo per le migliaia di impauriti dannati che or rimpiangono di essere nati. Trema la terra sotto i piedi nostri, una raffica di vento pare ci sposti, un fulmine rischiara la tempesta, le gambe tremano e gira la mia testa.

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