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L’incontro con l’amata Beatrice
Boccioli sparsi da angeli in schiera, danzan leggeri e dipingono l’aria, da un lieve vento son trasportati, se li vedeste rimarreste incantati.
Trainato è un carro da un gran Tritone, per metà aquila e per metà leone, e, sullo sfondo di un bel cielo azzurro, un roseo e morbido splendido cirro. Sembra l’inizio di un’alba serena, quando a spuntare il bel sole si allena, come una splendida processione, questo m’appare come visione. Dentro la rosea nube fiorita, spunta una donna di rosso vestita, un verde mantello lungo l’avvolge ed il mio sguardo a lei si rivolge. Un velo candido dal capo le scende, foglie d’ulivo circondan la fronte, io resto immobile, son frastornato, quella è la donna che ho sempre amato. Mi giro di scatto in cerca d’aiuto, ma il mio Maestro si è dileguato, lui mi ha lasciato in questo momento, a missione compiuta è tornato nel Limbo. “Guardami in faccia” ella mi dice “Guarda di fronte, sono Beatrice, come mai hai osato salire fin qua? Sai che questo è il luogo dell’eterna felicità?” La sua ironia mi era già nota, l’avevo più volte io ben conosciuta, con quel suo tono voleva dire: “Era il momento che ti degnassi a venire!”
Ora io sono per lei trasparente e non potrei più nasconderle niente, mi legge il pensiero, ciò mi lascia turbato, un angelo chiede cosa mi ha imbarazzato. Vorrei non fosse mai intervenuto, temo che a lui venga svelato, da Beatrice, che ora sa di me tutto, ogni peccato che io in Terra ho fatto. Ma per fortuna, l’amata Beatrice, delle mie colpe nulla gli dice, racconta solo che, per salvarmi, lì il gran Maestro ha dovuto mandarmi. Allora è certo, non è cosa dubbia che la mia sorte a cuore lei abbia, all’improvviso qualcuno mi acchiappa ed io finisco a mollo nell’acqua. Chi fa uno scherzo così impertinente? Ma sì, è Matelda che immerge la gente, bagnato fradicio come un pulcino, ritorno ancora a Beatrice vicino.
Sotto quell’albero famoso di mele, che in sè racchiude il bene ed il male, vorrei qui adesso dirle il mio amore, ma poi di farlo provo timore. Però lei è dolce e comprensiva, non più distante e nemmeno schiva, così le dico quello che sento e le dimostro il mio pentimento. “Di cosa sei mai tu pentito?” lei chiede e io ho già tutto scordato, mi rendo conto, ed è sorprendente, che io di mal non ricordo più niente. “È naturale” mi dice col cuore “che tu non ricordi che sei peccatore, poiché Matelda ti ha fatto bagnare con l’acqua del fiume che fa dimenticare”. “Nulla è più come fu un tempo” sussurra poi con un certo sgomento. Cosa succede? Son preoccupato! Continua e dice: “Non sei più il mio amato!” Son disperato, un colpo mi ha inflitto e nel mio cuore ha mirato dritto, ma lei mi spiega che è tutto normale e qui ogni cosa ha un altro sapore. Quel sentimento che Amore è chiamato, nel Paradiso ha un suo significato, Amore è quello che si prova e si sente, per Dio, per il mondo, per tutta la gente. Matelda ci aspetta vicino al fiume, bevo le acque e si accende in me un lume, tutto più chiaro adesso mi appare, anche quel senso diverso d’amare. Così quelle acque fresche e pulite, che in abbondanza ho deglutite, or mi hanno reso come piante novelle e sono pronto a salir fino alle stelle.