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Gli eretici e i profanatori
Del mio Maestro la voce sicura mi dice che siam di Dite alle mura, della città il demonio è padrone, da fiamme è avvolta la sua recinzione.
Giunti alla porta, ce la sbattono in faccia, pare che proprio io a lor non piaccia, ma lì Virgilio, senza fare piega, che passerem di sicuro mi spiega. Sopra le mura rosse e roventi, ci son tre donne che han sopra serpenti, si fanno graffi con le unghie arcuate e in tutto il corpo sono insanguinate. Son le tre Furie, mi svela il Maestro, e io non so se dormo oppur son desto: urlano forte e non hanno posa, invocano il nome di Medusa.
Se ben ricordo, questa creatura può trasformarmi in una pietra dura: sol con lo sguardo suo sopra piantato, può render chiunque bell’e pietrificato. Non credo proprio sia giunto il momento di farmi statua per un monumento, ma se distolgo da essa lo sguardo potrò magari uscirne, forse, salvo. Subito dopo, a disastro scansato, vedo innanzi a me un essere alato: lui, circondato da un bagliore forte, ci ha spalancato di Dite le porte. Un cimitero tetro ci accoglie, le tombe aperte, ma prive di spoglie: solo le fiamme ne vengono fuori, lì stan gli eretici e i profanatori.
Qualcuno triste sembra mi invochi: “Ti riconosco, sei dei miei luoghi, sei di Firenze, città che ho amato forse non quanto abbia lei meritato”. Sento ora il sangue gelarmi da dentro e io d’istinto gli vado incontro, e Farinata, questo è il suo nome, si è sollevato fino al cinturone.
Dei Ghibellini egli fu guida, la mia famiglia a lui fu nemica, carico d’odio, mi maledice ed il mio esilio aspro predice. Ma d’improvviso cambia il suo tono, lascia la rabbia e chiede perdono e rivedo in lui quel gran Fiorentino nobile, coraggioso e fedele cittadino.