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L’incontro con Lucifero
Siamo alla fine giunti per davvero di questo luogo avvolto nel mistero, la valle del Cocito è già finita, non posso dir che agevole sia stata. Virgilio mi indica, con la mano, Lucifero, il capo di ogni demonio: il più bell’angelo, ma a Dio ribelle, precipitò per ciò giù dalle stelle. Ora che ha perso il fascino antico, è orripilante che io non vi dico, è gigantesco come nessuno, egli ha tre volti ed è orrendo ognuno. Le grandi ali come vele spiegate, non certo bianche e nemmeno piumate, ma viola viscide e molli, sembrano quelle dei pipistrelli. Uno spettacolo brutto e ripugnante, gli colan lacrime e bava sanguinante, come stecchini ha nelle bocche conficcati, i peccatori lentamente masticati. Sembra provare più divertimento nel masticar con la sua bocca che sta al centro, dove un poveretto invano si dimena e lui è intento a strappargli la schiena. Quello, dice il Maestro, è l’Iscariota, di Cristo è il traditore, è storia nota, dall’altra bocca invece, a penzoloni, pendono Cassio e Bruto, mascalzoni. Penso “Vorrei fuggir da questo inferno” e sulle ali di Lucifero voliam verso l’esterno; lui lo lasciamo al centro della Terra, in una situazione più brutta della guerra. Adesso una capriola, quella che fai in palestra, e dove c’erano i piedi ora ci sta la testa: dal tunnel lungo e scuro al caro mondo, di nuovo cielo e stelle, si torna dal profondo.