Moby Dick - sample

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Herman Melville

MOBY DICK

LeggerMENTE è la collana di narrativa per la scuola secondaria. Il suo obiettivo principale è offrire ai ragazzi libri classici o inediti, storie di attualità o di fantasia, per riscoprire pagina dopo pagina il piacere della lettura.

raccontato da Alberto Cristofori

Invito alla lettura

• La storia di Ismaele e della nave “Pequod” raccontata rispettando tutti gli snodi narrativi dell’originale. • Approfondimenti sulle balene e sulle tematiche ambientali ad esse collegate. • La vita e le opere di Herman Melville e di Cesare Pavese. • Il significato di Moby Dick e le opere che a questo libro si sono ispirate.

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€ 7,70

MOBY DICK

Moby Dick

Herman Melville

La storia del capitano Achab e della sua folle caccia al capodoglio bianco chiamato Moby Dick è uno dei grandi miti della letteratura moderna. Il romanzo di Melville – avventura e riflessione filosofica, horror e allegoria religiosa, tragedia e commedia – ci invita a una riflessione sul destino umano e sul nostro rapporto con la natura. La vicenda è raccontata utilizzando ove possibile la storica traduzione di Cesare Pavese, lo scrittore che per primo rese leggibile al pubblico italiano questo capolavoro.

Gruppo Editoriale ELi


AGENDA 2030 Il romanzo di Melville tratta temi molto attuali, come il rispetto per l’ambiente e la tutela della vita sott’acqua (obiettivo 14 dell’Agenda 2030). Abbiamo segnalato con un bollino gli argomenti e le attività didattiche che rientrano nell’educazione civica e sono collegati all’Agenda 2030.

Herman Melville

Moby Dick

raccontato da Alberto Cristofori Responsabile editoriale: Beatrice Loreti Art director: Marco Mercatali Responsabile di produzione: Francesco Capitano Impaginazione: Diletta Brutti Illustrazioni: Daniele Fabbri Foto: Shutterstock, Archivio La Spiga © 2022 La Spiga Edizioni Via Brecce, 100 – Loreto tel. 071 750 701 info@elilaspigaedizioni.it www.gruppoeli.it Stampato in Italia presso Tecnostampa - Pigini Group Printing Division - Loreto - Trevi 22.83.104.0 ISBN 978-88-468-4290-9 Le fotocopie non autorizzate sono illegali. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale così come la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o con qualunque mezzo senza previa autorizzazione scritta da parte dell’editore.


INDICE Prologo Chiamatemi Ismaele Capitolo 1 La Locanda del Baleniere Attività Capitolo 2 Partenza Attività Capitolo 3 A bordo del “Pequod” Attività Capitolo 4 La sfida di Achab Attività Capitolo 5 La Balena Bianca Attività Capitolo 6 Incontri Attività Capitolo 7 Verso l’Oceano Pacifico Attività Capitolo 8 E finalmente... Moby Dick! Attività Capitolo 9 La caccia continua Attività Capitolo 10 La fine Epilogo E io solo sono scampato a raccontartela Attività FOCUS Il lessico marinaresco I cetacei La vita del capodoglio Le baleniere ieri e oggi La balena nel mito e nella letteratura Giona Il “whale whatching” DOSSIER Herman Melville Moby Dick o La balena Cesare Pavese

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IL PROGETTO DEL LIBRO Questo libro racconta la storia di Moby Dick, uno dei più grandi romanzi di ogni tempo, pubblicato nel 1851 dallo scrittore statunitense Herman Melville. Il testo, che nell’originale comprende ben 135 capitoli, è stato ridotto a 10, suddivisi al loro interno in paragrafi più brevi. Il testo si presenta con parti in carattere tondo e parti in carattere corsivo. Nelle parti in tondo il curatore, restando fedele alla vicenda originale, ha riscritto la storia di Moby Dick. Nelle parti in corsivo si trovano invece le pagine più belle della prima traduzione italiana del testo inglese, opera dello scrittore Cesare Pavese. Rispetto alla traduzione integrale sono state eliminate alcune parole e alcune frasi, ma tutte le parole in corsivo sono quelle usate da Pavese nella sua traduzione. Il testo è accompagnato da: • note per la comprensione letterale; • parole al microscopio, brevi box di approfondimento lessicale sui termini evidenziati in rosso nel testo. Alla fine di ciascun capitolo si trovano delle proposte di attività, con esercizi di • comprensione del significato letterale del testo; • approfondimento e interpretazione; • lingua e stile; • scrittura creativa. Alla fine del libro si trovano Focus dedicati ad argomenti importanti che meritano un approfondimento particolare corredati da domande di attivazione che servono a fissare i concetti fondamentali. Seguono pagine di Dossier per uno studio più approfondito: • informazioni essenziali sulla vita e le opere di Melville; • una guida alla lettura di Moby Dick e alla comprensione del romanzo; • informazioni essenziali sulla vita e sulle opere di Pavese; • suggerimenti per altri libri, film, opere d’arte, graphic novel ispirati a Moby Dick. 4


In segno della mia ammirazione per il suo genio questo libro è dedicato a Nathaniel Hawthorne E Dio creò grandi balene. Genesi


Prologo

Chiamatemi Ismaele

Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione. È il modo che ho io di cacciare la malinconia. Ogni volta che nell’aParole al microscopio nima mi scende come un novembre Ismaele: umido e piovigginoso, ogni volta nome di origine biblica, come molti altri del romanzo; secondo il racconto che mi accorgo di fermarmi invodella Genesi (il primo libro della Biblontariamente dinanzi alle agenzie bia), Ismaele è figlio di Abramo e della di pompe funebri, allora decido schiava Agar, e viene ripudiato dal pache è tempo di mettermi in mare. dre quando gli nasce il figlio legittimo Non c’è niente di strano, in Isacco. questo. Non ci pensiamo, ma prima o poi, nella vita, capita a tutti di sentirsi attirati dal mare. L’acqua ha un fascino inspiegabile, ma universale. Immaginate per esempio la folla di un sabato pomeriggio a Manhattan, la città dove abitavo. Dove va tutta quella gente? Dove portano tutte le strade della città, se le percorriamo fino in fondo? Alla riva del mare. Provate a fare una passeggiata in campagna, o in montagna, e abbandonatevi alle vostre fantasticherie, lasciando che vi portino le gambe. Novanta volte su cento vi troverete in riva a un fiume, a un torrente, a un lago. Prendete Manhattan: l’isola che costituisce la parte più famosa della città di New York.

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Prologo

un artista, un pittore, che voglia dipingere un paesaggio sereno, tranquillo, incantevole come un paradiso. Che cosa metterà nel suo quadro? Alberi, senza dubbio, magari un prato con un gregge di pecore, una casetta col camino fumante. In lontananza, dei monti azzurrini. Ma senza un corso d’acqua, senza una riva, al suo paesaggio mancherà l’elemento essenziale. Ora, quando dico che ho l’abitudine di mettermi in mare ogni volta che comincio a vedere tutto nero, non voglio dire che salgo a bordo di una nave come passeggero. Per acquistare un biglietto bisogna avere dei soldi, e io non ne avevo. E non mi imbarco nemmeno come cuoco o come ufficiale, anche se me la cavo piuttosto bene in cucina e non sono certo inesperto di navi. Ma il cuoco e gli ufficiali hanno grandi responsabilità, e io cerco tutto il contrario. No, quando prendo il mare, lo faccio da marinaio. Non è come dirlo, sapete? Io faccio il maestro in una scuola fuori città, dove tutti pendono dalle mie labbra, e tutt’a un tratto vado a lavare il ponte e a fare la guardia di notte e a manovrare le vele sotto il sole e sotto la pioggia, e a farmi comandare come l’ultimo degli schiavi, rischiando la vita... Ma d’altro canto, ditemi un po’: che male c’è in questo? Non siamo tutti, in qualche modo, al servizio degli altri? Credete davvero che un direttore di banca o un ministro non ricevano ogni giorno degli ordini? Pensate che Dio mi ami di meno perché mi lascio comandare da un capitano o da un nostromo? Così, una mattina di dicembre, decisi di imbarcarmi. Non su una nave qualsiasi, badate bene, ma su una baleniera. Perché? Potrei dire che era destino, ma la verità è che sognavo mari selvaggi e remoti, le meraviglie e i pericoli della caccia, mostri grandi come isole... Nel mio spirito fluttuavano infinite processioni di balene e, in mezzo a tutte, un grande fantasma incappucciato, simile a una collina di neve nell’aria.

nostromo: il capo dell’equipaggio di una nave.

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Capitolo 1

La Locanda del Baleniere New Bedford Ficcai un paio di camicie nella mia sacca da viaggio, dissi addio a Manhattan e partii per l’Oceano Pacifico. O meglio, partii per Nantucket, l’isola da cui salpava la maggior parte delle navi baleniere. Arrivai a tarda sera nella città di New Bedford, sulla costa del Massachusetts, e scoprii con disappunto che il postale per Nantucket era partito proprio quel pomeriggio e che avrei dovuto aspettare due giorni per il successivo. Potevo cercare una baleniera a New Bedford, è vero; ma avevo deciso che sarei partito da Nantucket: c’era qualcosa nel suo nome e nella sua storia che mi attirava in maniera straordinaria. Dovevo quindi trovare una locanda per procurarmi da mangiare e un letto degno di Parole al microscopio questo nome. locanda: Era una sera fredda e tetra. ristorante modesto, con alcune camere A New Bedford non conoscevo dove è possibile trascorrere la notte. Oggi la nessuno. Avevo in tasca poche parola non è più molto usata, ma ha lasciamonete. Ismaele, mi dissi, into nella lingua il diminutivo “locandina”, camminandomi alla ricerca di che in origine era l’avviso con cui si comunicava che c’erano camere in affitto. un’insegna, non dimenticarti di chiedere innanzitutto il prezzo. Alberghi o locande, a New Bedford non ne mancavano. Ma le prime che vidi avevano l’aria troppo allegra, troppo luminosa. Di sicuro non me le potevo permettere. Quando arrivai in vie meno eleganti, più vicine al porto, quasi prive di case e di illuminaziopostale: nave che compie regolarmente un certo tragitto per assicurare il servizio postale; traghetto.

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Capitolo 1

ne – ci siamo! pensai. Vidi una luce fumosa, mi avvicinai e sentii un disperato cigolio. Guardando in su vidi un’insegna oscillante sulla porta, con sopra dipinta, in bianco, una balena con il getto di vapore che le usciva dalla testa e, sotto, la scritta, pure bianca:

locanda del baleniere peter coffin Non era proprio un messaggio invitante: coffin, in inglese, vuol dire “bara”. D’altro canto, è un cognome piuttosto comune, a Nantucket. E il cigolio dell’insegna e la porta tutta rovinata e la luce fioca comunicavano un senso di povertà, o addirittura di estrema miseria: esattamente quello di cui avevo bisogno. Questa è la locanda a buon prezzo che fa per te, mi dissi. Ed entrai. Mi trovai in un atrio abbastanza ampio, ma irregolare, con le pareti rivestite di legno come quelle di una nave. Da un lato c’era un grande quadro a olio che rappresentava, o tentava di rappresentare, una tempesta di mare. Ma per capirlo impiegai parecchi minuti, talmente confuse apparivano le masse di colore e di ombre e di luci che l’artista aveva tracciato. Alla fine, però, riuscii a intravedere che quel vortice di acque era provocato dall’enorme balena che si trovava al centro del quadro, nell’atto di scagliarsi contro una nave. Sulla parete di fronte erano appesi ramponi, lance, mazze. Alcuni sembravano provenire da chissà quali mondi selvaggi. Altri erano accompagnati da spiegazioni che raccontavano la loro storia. Per esempio c’era una lancia lunghissima, ma tutta storta, con cui cinquant’anni prima un certo Nathan Swain aveva ucciso quindici balene in un giorno solo. C’era un rampone che aveva colpito una balena a Giava, ma la balena era riuscita a fuggire ed era stata catturata dieci anni dopo dall’altra parte del mondo, con quel rampone ancora piantato nella schiena. Da quell’atrio, attraverso un arco, si entrava nella sala principale della locanda. Faceva un freddo islandese. Nessun fuoco da 9


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nessuna parte, solo due candele tristi. Fra i grandi tavoli si aggirava l’oste, riempiendo i bicchieri degli avventori, una decina di marinai giovani, con un suo veleno che chiamava gin.

Quiqueg Andai dal padrone e, avendogli detto che desideravo una camera, ricevetti in risposta che la casa era piena: non un letto libero. “Ma no”, aggiunse toccandosi la fronte, “non avete nulla in contrario a condividere la coperta con un ramponiere, vero? M’immagino che salpiate a balene, e così fareste meglio ad abituarParole al microscopio vi a queste cose”. ramponiere: Io gli dissi che non mi era sulle navi baleniere, il marinaio addetto al mai piaciuto dormire in due lancio del rampone, una lunga lancia con la punta a uncino, che impedisce all’arma in un letto; che, se dovessi mai di staccarsi, una volta che abbia colpito il far questo, dipenderebbe da chi bersaglio. Il rampone è detto anche fiocina, fosse il ramponiere; e che se lui da cui fiociniere (sinonimo di ramponiere). (il padrone) non aveva davvero altro posto per me e il ramponiere non era del tutto repellente, be’, piuttosto che andare ancora in giro per una città sconosciuta in una notte simile, mi sarei accomodato a sopportare metà della coperta di una persona decente. “Sapevo bene. Allora sedetevi. Volete cenare? La cena è pronta subito”. La portata fu delle più sostanziose: non soltanto carne con patate, ma gnocchi. Un giovanotto dal pastrano verde diede a questi gnocchi un assalto spaventoso. “Padrone”, bisbigliai io, “quello non è mica il ramponiere?” “Oh, no, il ramponiere è un tipo scuro di pelle. Non mangia mai gnocchi lui, non mangia altro che bistecche. Non starà molto a venire”. avventori: clienti. gin: un liquore molto forte, popolare tra i

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marinai all’epoca del romanzo. pastrano: cappotto.


Capitolo 1

Io cominciai a sentirmi sospettoso di questo ramponiere “scuro di pelle”. A nessun uomo piace dormire con un altro in un letto. Di fatto, voi preferireste non dormire nemmeno con vostro fratello. Non so come sia, ma la gente, quando dorme, ama la segretezza. E quando si tratti di dormire con uno sconosciuto, in una locanda sconosciuta, in una città sconosciuta, e questo sconosciuto sia un ramponiere, allora le obiezioni si moltiplicano all’infinito. È vero che, sulla nave, i marinai dormono tutti insieme in un locale, ma ognuno ha la sua branda. Più ci pensavo, a questo ramponiere, e più aborrivo dall’idea di dormirgli insieme. “Padrone, ho cambiato idea. Proverò a dormire su questa panca”, dissi. L’oste accettò di buon grado la mia decisione. Andò addirittura a prendere una pialla per eliminare qualche nodo del legno che poteva darmi fastidio. Intanto io prendevo le misure e scoprivo che alla panca mancavano giusto quei trenta centimetri di lunghezza e altrettanti di larghezza. Provai ad avvicinare una sedia, un’altra panca, ma erano di altezze diverse. “Che il diavolo si porti quel maledetto ramponiere!” esclamai. Non potevo approfittare della sua assenza per chiuderlo fuori? L’avrei lasciato bussare anche tutta la notte, se fosse tornato... Però, però: e se la mattina dopo mi avesse aspettato col rampone in mano, pronto a vendicarsi? Pessima idea! Mi decisi ad aspettare. “Ma si può sapere dov’è andato?” chiesi al padrone quando era ormai quasi mezzanotte. “A vendere teste”, rispose lui con un sogghigno. “Teste? Che teste?” “Vedete, questo ramponiere è appena arrivato dalla Nuova Zelanda e ha portato con sé una ricca collezione di teste imbalsamate. Teste umane, capite? Sembra che siano molto apprezzate: ogni giorno ne vende tre o quattro. Ma oggi è uscito con le ultime, forse per questo tarda più del solito...” Rimasi senza parole. Dovevo dormire con un venditore di teste umane? Non sarebbe stato un tipo pericoloso? 11


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“Per me è a posto”, disse l’oste: “paga regolarmente!” Che Dio mi salvi, pensai. E mi feci accompagnare nella stanza. Sperando che il mio ramponiere ormai non tornasse più, mi spogliai e mi infilai nel letto, dove rimasi un bel pezzo a rigirarmi. Ero appena scivolato nel dormiveglia quando sentii un passo pesante che si avvicinava alla porta. Rimasi del tutto immobile mentre la porta si apriva e lo sconosciuto, altissimo e massiccio, entrava. Alla luce della sua candela, riuscii a scorgergli la faccia. E che faccia! Era di colore rossiccio e giallastro, con grandi macchie nere sulle guance, sulla fronte, sul mento. Benissimo! pensai. Questo gigante spaventoso ha preso parte a una rissa, è rimasto ferito ed è pieno di punti e di cerotti. Ma subito dopo capii che quelle macchie scure non erano affatto lividi o bende, erano tatuaggi. Man mano che si spogliava (non si era ancora accorto della mia presenza), vidi che non solo la faccia, ma tutto il corpo era pieno di quei disegni scuri. Insomma, era un selvaggio, forse addirittura un cannibale, e forse le teste che vendeva le aveva tagliate lui, forse avrebbe tagliato anche la mia alla prima occasione... Se fossi stato più vicino alla porta, sarei fuggito di corsa. Ma non ebbi il tempo di farlo, perché il gigante prese da una tasca del suo cappotto una specie di pupazzo di legno, lo posò in mezzo agli alari del caminetto spento e gli si inginocchiò davanti, mettendosi a pregare. Mi sentivo molto in imbarazzo e stavo per rivelare la mia presenza con un movimento o con un suono, quando il selvaggio concluse la sua cerimonia: afferrò senza tanti complimenti la sua statuetta e la rimise nella tasca del cappotto, poi spense la luce e si infilò sotto la coperta. Lanciai un urlo, a cui rispose il suo grido di stupore. La candela venne subito riaccesa e ci trovammo tutti e due in piedi, ai lati opposti del letto. “Chi sei?” gridò il cannibale. “Se non parli ti uccido, hai capito?” “Aiuto! Padrone!” gridai io. “Dimmi chi sei o ti uccido!” ripeté il selvaggio. alari: sostegni di metallo su cui si appoggiano i ceppi di legna.

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Grazie a Dio in quel momento arrivò il padrone col lume in mano. “Niente paura”, mi disse ridendo. “Quiqueg non farebbe male a una mosca”. Poi si rivolse a lui: “Quest’uomo dorme con te. Va bene?” Quiqueg mi studiò per qualche secondo, poi annuì, mi fece cenno di tornare a letto e aspettò che mi fossi disteso prima di entrare a sua volta. Mi sistemai vicino all’orlo del letto mentre Quiqueg faceva lo stesso dalla parte opposta. Il padrone uscì sogghignando e io riflettei che quel Quiqueg, in fondo, era un cannibale assai cortese, mentre io mi ero comportato da incivile. Perché tanto baccano? mi dissi. Questo è un uomo come me. Perché non dovrebbe essere una brava persona? Se lui si fida di me, fino a prova contraria anch’io mi fiderò di lui. Chiusi gli occhi e dormii tranquillamente fino al giorno dopo.

Il sermone su Giona Quando mi risvegliai, sentii una strana oppressione al petto: la coperta, diventata pesantissima, mi impediva di respirare. Mi scrollai, ma inutilmente. Tentai di mettermi seduto, ma quel peso mi tratteneva. Abbassai lo sguardo e vidi un braccio enorme che mi imprigionava. Stavo per gridare di nuovo, ma mi ricordai degli avvenimenti della sera prima e capii. “Quiqueg!” sussurrai. Mi rispose un grugnito. “Quiqueg!” Finalmente riuscii a svegliarlo e a riacquistare la mia libertà. Era davvero un selvaggio per bene. Si scusò, mi disse di alzarmi per primo, che lui non avrebbe guardato mentre mi vestivo, e poi si vestì a sua volta. Io non fui altrettanto cortese e rimasi a fissarlo. Ero affascinato dai suoi tatuaggi, dai suoi muscoli giganteschi, dal lungo ciuffo di capelli che gli spuntava in mezzo alla testa rasata e anche dal fatto che si infilò gli stivali prima dei pantaloni di tela e che si lavò accuratamente il torace, ma non la faccia. 14


Capitolo 1

Scendemmo insieme per fare colazione. Quiqueg portò con sé il rampone, che usò per infilzare le bistecche al sangue messe dall’oste al centro del tavolo e per tagliarle in grossi pezzi e portarsele alla bocca. Gli altri clienti ci guardavano con un misto di curiosità e di disgusto. Nessuno ci rivolse la parola. Decisi che avrei fatto due passi. Era domenica, New Bedford si presentava come una città tranquilla, di particolare bruttezza. C’era poca gente in giro e per la maggior parte si trattava di tipi bizzarri, che arrivavano dai quattro angoli del globo: alcuni sembravano marinai in attesa di imbarcarsi, altri erano chiaramente dei ramponieri come il mio amico Quiqueg, altri mi sembravano dei semplici tangheri senza una professione ben definita. Le pochissime donne sembravano tutte dirette alla chiesa più vicina e io decisi di seguirle. All’ingresso c’erano delle targhe nere, con incise delle scritte: Alla memoria del defunto CAPITANO EZEKIEL HARDY ucciso da un capodoglio sulla costa del Giappone il 3 agosto 1833

Alla memoria di JOHN TALBOT caduto in mare al largo della Patagonia all’età di diciotto anni il 1° novembre 1836 Alla memoria di ROBERT LONG - WILLIS ELLERY NATHAN COLEMAN - WALTER CANNY SETH MACY - SAMUEL GLEIG marinai della nave “Elisa” trascinati al largo da una balena nella zona di caccia del Pacifico il 31 dicembre 1839 tangheri: persone rozze, miserabili.

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Pensai con pena a coloro che avevano messo quelle lapidi. Voi che avete i morti sepolti nella terra e che potete dire qui giace la persona a cui volevo bene non sapete che vuoto amaro vi sia in quelle lastre nere che ricoprono il nulla. Naturalmente, siccome stavo per imbarcarmi su una baleniera, mi rendevo conto che quel destino poteva essere il mio. Ma questo non mi rattristava più di tanto... Io non avevo nessuno che mi aspettava: che il mare o una balena si prendessero pure il mio corpo, che è la parte meno nobile di me. Se era scritto che dovessi perderlo in mare, l’avrei ceduto senza troppi rimpianti. Ero immerso in queste meditazioni quando arrivò il predicatore, padre Mapple, e cominciò a parlare. L’argomento della sua predica era la storia di Giona, di cui già sapevo qualcosa. Sapevo che durante un viaggio per mare era stato inghiottito da una balena e risputato dopo tre giorni, e sapevo che questa disavventura aveva un significato, ma non avrei saputo dire esattamente quale. “Amici miei”, esordì padre Mapple, “il libro di Giona è uno dei più brevi della Bibbia, ma dei più profondi. La storia di questo profeta – perché Giona è un profeta, anche se spesso ce ne dimentichiamo – ci dà un insegnamento prezioso. Perché infatti Giona si era messo in mare? Non perché fosse un mercante, non perché cercasse l’avventura, ma perché era un uomo debole e stava fuggendo. E da cosa fuggiva, povero disgraziato? Da Dio, fuggiva: all’inizio del suo racconto lo spiega chiaramente – era arrabbiato con Dio, lo accusava di aver abbandonato gli esseri umani, di essere un padre ingiusto e crudele. Perché tante volte si vedono i malvagi trionfare? Perché tante brave persone soffrono senza colpa? Perché Dio non interviene a ristabilire la giustizia?” Padre Mapple fece una pausa. Sulla mia destra, con la coda dell’occhio, vidi una testa calva con un gran ciuffo di capelli al centro. Quiqueg mi aveva seguito, era entrato nella chiesa e adesso stava ascoltando la predica. “Così Giona salì a bordo di una nave per raggiungere un paese profeta: chi parla ispirato dalla divinità, spesso (ma non sempre) preannunciando il futuro.

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Capitolo 1

lontano dove nessuno avesse mai sentito parlare di Dio. Ed ecco che nel bel mezzo del viaggio si scatenò una tempesta e i marinai si accorsero che la nave era inseguita da un’enorme balena. Giona capì che quella tempesta e quella balena mostruosa erano mandate da Dio, erano la sua punizione, e ordinò ai marinai di salvarsi buttandolo in mare. E così finì nella bocca della balena, che chiuse le fauci su di lui e lo imprigionò nella sua pancia immensa”. Padre Mapple parlava nel silenzio più assoluto. Ad ascoltarlo c’erano decine di persone, e non si sentiva volare una mosca. “Nel ventre della balena – fate bene attenzione, perché questa è la parte più importante del suo racconto – nel ventre della balena Giona si pente. Si rivolge a Dio e ammette di avere sbagliato. Non protesta, perché sa che la sua punizione è meritata. Non invoca il perdono, non chiede di essere liberato, perché sa di essere colpevole; e proprio per questo Dio lo perdona e dopo tre giorni lo libera e lo fa risputare dalla balena su una spiaggia – la stessa spiaggia da cui era partito! E cosa può fare Giona, a questo punto, se non mettersi a raccontare la sua storia e diventare profeta, predicando la verità? Così, nel mio piccolo”, concluse padre Mapple, “tento di fare anch’io, e vi invito a riflettere su questa vicenda, e vi do la mia benedizione, a voi e ai vostri cari”.

La storia di Quiqueg Quiqueg ed io tornammo alla locanda e restammo insieme tutto il giorno. Alla sera, prima di andare a letto, Quiqueg tirò fuori il suo idolo, lo mise fra gli alari del caminetto e mi invitò a pregare insieme a lui. Come, pensai subito, io, un cristiano, adorare un pezzo di legno? Ma poi mi dissi, in fondo perché no? Che male c’era? Credi davvero, Ismaele, che Dio possa essere geloso di un pezzo di legno? Questo certo non è possibile! E qual è l’insegnamento più idolo: immagine venerata come una divinità, simbolo di una divinità.

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prezioso che Dio ci ha dato? Fare al mio prossimo quello che vorrei fosse fatto a me. Quiqueg era il mio prossimo e aveva ascoltato la predica del sacerdote cristiano. Adesso era mio dovere ricambiare, accettare la sua offerta e pregare davanti a quel pupazzo. Al termine della strana cerimonia andammo a letto e restammo a parlare per buona parte della notte, raccontandoci la nostra vita. Venni così a sapere che Quiqueg era figlio di un grande capo, il re dell’isola di Rokovoko. Ancora ragazzo aveva lasciato la sua gente perché voleva conoscere il mondo dei bianchi, imparare il loro modo di vita e insegnarlo ai suoi compagni per migliorare la loro esistenza. Era quindi riuscito a salire a bordo di una nave di passaggio ed era diventato ramponiere, ma aveva scoperto molto presto che i bianchi potevano essere più selvaggi dei suoi poveri isolani. Un giorno o l’altro, mi disse, sarebbe tornato a regnare sul suo popolo, ma prima doveva sentirsene degno: troppe cose brutte aveva visto nel nostro mondo, e doveva liberarsene per poter prendere il posto dei suoi antenati – ripulirsi, in qualche modo. Il suo progetto immediato era di imbarcarsi su una baleniera, a Nantucket.

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Comprensione 1 Perché Ismaele parte per Nantucket? n è un baleniere e sta cercando lavoro n vuole mettersi in mare per vincere la depressione n ha bisogno di soldi n vuole conoscere il mondo 2 Perché deve fermarsi a dormire a New Bedford? n la nave per Nantucket è appena partita n è stanco del viaggio n aspetta l’amico Quiqueg n c’è brutto tempo e in città non conosce nessuno 3 Perché sceglie di entrare alla Locanda del Baleniere? n spera che si mangi tanto e bene n resta colpito dall’insegna n resta colpito dalla gentilezza dell’oste n spera che sia molto economica 4 Perché il padrone gli offre di condividere il letto con un ramponiere? n la camera costerà meno n il ramponiere è una persona decente n non ci sono camere libere n il ramponiere è un selvaggio pericoloso 5 Perché Quiqueg ha abbandonato la sua isola? n voleva conoscere il mondo dei bianchi n voleva combattere i bianchi n voleva cambiare vita n voleva fuggire dai suoi nemici 6 Perché non torna a regnare sul suo popolo? n non sa come tornare n sente di doversi purificare n non ha guadagnato ancora abbastanza n regnare non gli ha mai interessato

Approfondimento e interpretazione 7 Che cosa dice Ismaele del suo carattere? E della sua professione? 8 Perché si imbarca come semplice marinaio?

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9 Che cosa lo spinge a entrare nella chiesa e ad ascoltare il sermone di padre Mapple? 10 L’amicizia tra Ismaele e Quiqueg è la conseguenza di un percorso scandito da numerosi passaggi. Completa la seguente tabella con le informazioni presenti nel testo. Ismaele prova timore nei confronti di Quiqueg perché... A poco a poco, Quiqueg conquista la sua fiducia dimostrandosi... Ismaele decide di cambiare atteggiamento quando Quiqueg... Ismaele e Quiqueg riconoscono di essere amici nel momento in cui... 11 Il padrone della locanda è un personaggio su cui Ismaele, indirettamente, esprime un giudizio severo. • Sei d’accordo con questa affermazione? • Perché si tratta di una figura negativa, secondo Ismaele?

Lingua e stile 12 Ismaele riflette sul concetto di “prossimo”, affermando che l’insegnamento più prezioso della religione cristiana si riassume nel comandamento “Fare al mio prossimo quello che vorrei fosse fatto a me”. • Che cosa significa esattamente “prossimo”? Verifica la tua risposta sul dizionario. • Perché questo concetto emerge proprio in riferimento a Quiqueg?

Scrittura creativa 13 Ti è mai capitato di riflettere sulle tappe che hanno portato alla nascita di un’amicizia importante? Racconta... 14 Quiqueg è nativo di Rokovoko, un’isola, scrive Melville, che “non è segnata su nessuna mappa: i luoghi veri non lo sono mai”. Che cosa vuol dire questa frase? Conosci anche tu luoghi veri che non si trovano su nessuna mappa? Per esempio?

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Capitolo 2

Partenza Verso Nantucket La mattina dopo pagai l’oste. Pagai io, ma con i soldi di Quiqueg: fu lui a insistere, dicendo che a un selvaggio il locandiere avrebbe fatto pagare di più. Dall’idea che mi ero fatto di quell’oste, non era affatto impossibile. Ma Parole al microscopio io credo che Quiqueg volesse farmi selvaggio: un regalo senza dirlo. derivato da selva, cioè foresta, indica Andammo al porto, da dove partutto ciò che si contrappone alla civiltiva il postale per Nantucket. Spingetà. All’epoca di Melville, erano consivamo a turno una carriola su cui avederati selvaggi la maggior parte dei vamo messo le nostre cose. La gente popoli non europei, tra cui i polinesiaci guardava con tanto d’occhi: erano ni come Quiqueg. Oggi l’uso di questo abituati a vedere tipi strani come termine sarebbe scorretto e addirittuQuiqueg, e forse anche di più, ma che ra offensivo. un bianco con l’aria da intellettuale e un ramponiere con l’aria da cannibale dei Mari del Sud se ne andassero in giro come due amici, questo non riuscivano a comprenderlo. Quiqueg mi raccontò una buffa storia a proposito della sua carriola. Al termine del suo primo viaggio, gli armatori della nave gliene prestarono una per portare il suo pesante baule alla pensione dove avrebbe alloggiato. Per non sembrare ignorante, anche se in realtà non aveva mai visto un arnese del genere, Quiqueg infilò il baule nella carriola, lo fissò per bene e poi si caricò la carriola sulle spalle. armatori: imprenditori che investono il denaro necessario per costruire o acquistare la nave e per armarla, cioè fornirla di tutte le attrezzature e gli uomini necessari per il viaggio.

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“Be’”, dissi, “Quiqueg, avrei detto che eri più furbo. Non rideva la gente?” Allora mi raccontò un’altra storia. Pare che gli abitanti dell’isola di Rokovoko, alle loro feste nuziali, spremano l’acqua fragrante delle giovani noci di cocco in una grande zucca dipinta simile a una bacinella. Ora, un grosso bastimento approdò una volta a Rokovoko e il suo capitano – un signore sotto tutti gli aspetti solennissimo e correttissimo – venne invitato alle nozze della sorella di Quiqueg. Quando tutti gli ospiti furono riuniti, questo capitano entrò e, essendo stato assegnato al posto d’onore, si mise di fronte alla bacinella, tra il Gran Sacerdote e Sua Maestà il Re. Il Gran Sacerdote apre il banchetto tuffando le sue dita consacrate e consacranti nella bacinella, prima che la bevanda benedetta vada in giro. E il capitano, vedendosi posto vicino al sacerdote e credendo di avere senz’altro la precedenza su di un semplice re di un’isola, procede freddamente a lavarsi le mani nella bacinella, prendendola, immagino, per un grande lavandino. “Credi che la mia gente non ridesse?” chiese Quiqueg. Saliti a bordo del postale, io e Quiqueg ci mettemmo a prua, per goderci la brezza; ma c’era un gruppo di tangheri che continuava a darci fastidio. A un tratto Quiqueg si voltò di scatto e ne afferrò uno più imprudente degli altri, che si era avvicinato pensando di tirargli per scherzo il ciuffo di capelli. Lo sollevò come un fuscello, stringendolo in un abbraccio che gli mozzò il respiro e gli fece strabuzzare gli occhi, poi lo lasciò cadere sul ponte. Quello stupido, appena riuscì a rimettersi in piedi, corse a chiamare il capitano, accusando Quiqueg di averlo quasi ucciso. Il capitano arrivò deciso a rimettere al suo posto quel cannibale pericoloso e violento, e stava forse per arrestarlo quando una fune si spezzò e la boma dell’albero maestro, oscillando senza più controllo, spazzò il ponte, colpì al ventre il tanghero che Quiqueg aveva appena maltrattato e lo scagliò fuori bordo. fragrante: profumata. boma: la trave orizzontale, girevole, a cui è attaccata la parte inferiore della vela.

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Capitolo 2

I marinai rimasero atterriti. Tentare di bloccare la boma sembrava una pazzia. I presenti si gettarono a terra, rimanendo immobili per sfuggire alla trave, che continuava a oscillare come il pendolo di un gigantesco orologio. Quiqueg invece strisciò sotto la boma, afferrò una fune, ne assicurò un capo alla murata e fece con l’altro un cappio, lanciandolo sulla boma e riuscendo a fermarla. Il capitano mise la nave in panne e i marinai si prepararono a calare una scialuppa per riportare a bordo il naufrago. Ma l’uomo era scomparso. Quiqueg allora prese la rincorsa e si tuffò, si allontanò dalla nave fino a raggiungere il punto dov’era caduto quell’uomo e sparì a sua volta sott’acqua. Un minuto più tardi tornò a galla, nuotando con un braccio solo e reggendo con l’altro un corpo esanime. La scialuppa li raggiunse subito. Il tanghero, che era svenuto per il colpo ricevuto dalla boma, ricevette i primi soccorsi. I marinai compatti proclamarono Quiqueg un nobile cuore e il capitano gli fece le sue scuse. Ma lui alzò le spalle e chiese solo un po’ d’acqua per togliersi di dosso la salsedine. Da quel momento, se per caso mi fosse rimasto qualche dubbio, decisi che non mi sarei mai separato da Quiqueg, e mantenni la parola fino alla fine della sua vita.

Il capitano Peleg Arrivammo a Nantucket che era ormai sera e andammo nella locanda che ci era stata consigliata dall’oste di New Bedford e che apparteneva a suo cugino. Cenammo, e prima di addormentarci decidemmo cosa fare il giorno dopo. Quiqueg disse che aveva parlato con Jogio (scoprii che era il nome del suo idolo di legno) e che toccava a me scegliere la nave su cui imbarcarci. Gliel’aveva ripetuto tre volte, disse, e con tono sempre più deciso, addirittura severo. Io non condividevo tutta quella fiducia nel pupazzo, anzi contavo sull’esperienza di Quiqueg per scegliere la nave migliore. Ma dovetti rassegnarmi e partire da solo, lasciando Quiqueg nella locanda. Nel porto c’erano ormeggiate tre baleniere che stavano ar23


Moby Dick

ruolando l’equipaggio: l’“Argine del Diavolo”, il “Bocconcino” e il “Pequod”. Non salii nemmeno sulle prime due, ma appena fui a bordo del “Pequod” mi dissi che era proprio la nave che ci voleva per noi. Dovetti girare un po’, ma alla fine trovai uno che sembrava dotato di qualche autorità. “È col capitano del ‘Pequod’ che parlo?” dissi avvicinandomi. “Supposto che sia il capitano del ‘Pequod’, di cos’è che hai bisogno?” mi chiese. “Pensavo d’imbarcarmi”. “Pensavi, eh? Vedo che non sei di Nantucket: mai stato in una lancia sfondata?” “No, signore, mai”. “Non sai niente della caccia, scommetto, eh?” “Niente, signore, ma imparerò presto. Ho già fatto parecchie traversate nel servizio mercantile e credo...” “Al diavolo il servizio mercantile. Non parlare con me di questa roba. Com’è che vuoi darti alla caccia? Mi sembri un po’ sospetto, eh? Non sei stato pirata, tu? Non hai derubato l’ultimo capitano? Non hai in mente di assassinare gli Parole al microscopio ufficiali quando sarai in mare?” Achab: Io protestai la mia innocenza. il nome del capitano del “Pequod” è “Ma che cos’è che ti induce alla tratto dalla Bibbia: Achab era un re caccia? Bisogna che io lo sappia, d’Israele, vissuto nel IX secolo a.C., prima di pensare a imbarcarti”. che abbandonò la fede in Yahweh per “Ebbene, signore, voglio vedere convertirsi al dio fenicio Baal. Morì in com’è questa caccia”. battaglia e il suo sangue fu leccato “Vuoi vedere cos’è la caccia, eh? dai cani, come aveva preannunciato il Hai mai dato un’occhiata al capiprofeta Elia, suo acerrimo nemico. tano Achab, tu?” “Chi è il capitano Achab, signore?” “Già, già, me l’aspettavo. Il capitano Achab è il capitano di questa nave”. Pequod: la nave deve il suo nome a una tribù di nativi americani, i Pequot.

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Capitolo 2

“Allora ho sbagliato. Pensavo di parlare col capitano in persona”. “Parli col capitano Peleg. Spetta a me di badare che il ‘Pequod’ sia ben armato per il viaggio e fornito di tutto ciò che gli occorre, compreso l’equipaggio. Ma, come dicevo, se vuoi sapere cos’è la caccia, come vai raccontando, da’ un’occhiata al capitano Achab, giovanotto, e vedrai che non ha più una gamba”. “Volete dire, signore, che gli è stata portata via da una balena?” “Portata via da una balena? Giovanotto, gli è stata divorata, masticata, schiacciata... Ah!” Io mi spaventai un poco a tanta energia; forse ero anche un po’ commosso dal sincero dolore della sua esclamazione finale, ma alla caccia delle balene ci dovevo andare e ci sarei andato. E il “Pequod” era una nave buona – pensavo, la migliore di tutte – e questo riferii a Peleg. Vedendomi così risoluto, lui si dichiarò da parte sua disposto a imbarcarmi. Firmai le carte, impegnandomi per un viaggio di tre anni, e stabilii la spettanza: l’equipaggio delle baleniere infatti non riceveva un salario, ma una percentuale sul guadagno della nave. “Capitano Peleg”, dissi a questo punto, “ho con me un amico che vuole imbarcarsi anche lui. Posso portarlo?” “È mai stato a caccia di balene, almeno lui?” “Oh, sì” risposi, “ha ammazzato più balene di chiunque altro, credo”. “Va bene, portalo, allora, e gli daremo un’occhiata”.

Nuovi misteri Mentre mi allontanavo, fui colto da un dubbio. È vero che il capitano, di solito, lascia che siano gli armatori della nave a occuparsi della preparazione del viaggio. Ma quello che avevo saputo di questo Achab mi aveva fatto venire voglia di conoscerlo: in fondo stavo per affidarmi completamente a lui... armato: attrezzato. spettanza: compenso, stipendio.

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Moby Dick

Tornai indietro e chiesi al capitano Peleg dove potevo trovare il capitano Achab. “E perché vorresti vedere il capitano Achab? Non siamo d’accordo su tutto?” “Sì, ma mi piacerebbe vederlo”. “Non è possibile, per ora. Ma non temere, il capitano Achab è un brav’uomo – un po’ strano, molto silenzioso, insomma un tipo particolare, sì, come l’antico re di cui porta il nome”. “Un re piuttosto malvagio, se ricordo bene”, dissi io. “Quando è stato ucciso, il suo sangue l’hanno leccato i cani. Non è così?” “Avvicinati, ragazzo mio”, disse il capitano Peleg, “e ascoltami bene: non dire mai questo a bordo del ‘Pequod’. Mai, capisci? Il capitano Achab non se l’è scelto lui, il nome. E se qualcuno pensa che quel nome contenga una profezia... be’, io ti ho già detto che è un brav’uomo – magari non nel senso comune dell’espressione, ma un brav’uomo: sposato, con un bambino piccolo... E lascia che ti dica anche questo: è meglio navigare con un bravo capitano, anche se sorride poco, che con uno cattivo che ride troppo”. Mentre mi allontanavo, ero pieno di pensieri: ciò che mi era stato rivelato sul capitano Achab mi riempiva di una specie di incerta e selvaggia pena al suo riguardo. E in qualche modo allora sentivo per lui simpatia e dolore, per quella perdita crudele di una gamba. E pure provavo di lui uno strano timor sacro, che non riesco a descrivere. Comunque, a poco a poco i miei pensieri si mossero in altre direzioni, cosicché per il momento il fosco Achab mi uscì dalla mente. Il giorno dopo tornai sulla nave con il mio amico ramponiere e lo presentai al capitano Peleg. Quiqueg non sapeva scrivere, ma poté firmare il contratto tracciando il suo segno, una croce speciale che portava tatuata su un braccio e che assomigliava più o meno a questo: Mentre ritornavamo alla locanda, una voce ci richiamò all’improvviso: “Marinai, vi siete imbarcati su quella nave?” 26


Capitolo 2

A parlare era stato un uomo malvestito, che ci guardava severo e puntava un dito verso il “Pequod”. “Vi siete imbarcati sulla nave?” ripeté. “Sì”, risposi, “abbiamo appena firmato”. “Firmato! E c’era qualcosa sulla vostra anima, in quello che avete firmato?” “Cosa c’entra la nostra anima?” “Avete ragione, è la sua anima quella che conta”. “La sua di chi?” “Del Vecchio Tuono, naturalmente!” “Andiamo, Quiqueg, quest’uomo dev’essere scappato da un manicomio. Io non capisco una parola di quello che dice”. “È così che lo chiamiamo noi vecchi. Parlo del capitano Achab, naturalmente!” “Cosa ne sapete voi?” “Cosa ne sapete voi, piuttosto!” “Non ci hanno detto molto. Solo che è un buon capitano e che ha sofferto molto per l’incidente della gamba, ma si rimetterà”. “Tutto qui? E di quando rimase tre giorni come morto al largo del Capo Horn non vi hanno detto nulla? E di quel duello con lo spagnolo? E della profezia sull’ultimo viaggio? Niente, eh? Già, già – be’, quel che è fatto è fatto, se avete firmato non c’è altro da aggiungere. Ma dite pure ai vostri compagni che io non mi imbarco, nossignori, questa volta non mi imbarco di sicuro!” “Sentite, buon uomo, se avete qualcosa d’importante da dirci, ditelo senza fare tante storie. Non siamo né stupidi né paurosi. Ed è troppo facile darsi tante arie come se si fosse in possesso di chissà quale segreto!” “Vi saluto, marinai. Vi saluto”. “Diteci almeno come vi chiamate, se volete che portiamo il vostro messaggio ai nostri compagni sulla nave”. “Elia”, rispose quel matto. “Mi chiamo Elia”. Elia: è il nome di un famoso profeta biblico.

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Moby Dick

Nei giorni seguenti, tornammo più volte a bordo del “Pequod” per seguire i preparativi, e spesso chiesi notizie di Achab – come stava, quando sarebbe venuto a bordo. Mi dicevano che migliorava di giorno in giorno e che lo si aspettava da un momento all’altro. Ma queste risposte mi tranquillizzavano solo a metà. Finalmente ci fu annunciato che la nave era pronta e saremmo salpati l’indomani. All’alba lasciai la locanda con Quiqueg e mi diressi al porto. Ed ecco, proprio mentre la nave cominciava a intravedersi nella nebbia mattutina, la voce di Elia tornò a farsi sentire alle nostre spalle: “Partite, marinai? Volevo mettervi in guardia ma... non importa, non importa. Freddo, eh? Addio, marinai”. Lo mandai al diavolo, mentre Quiqueg restava impassibile. Salimmo a bordo e trovammo la nave ancora deserta, silenziosa, con i boccaporti chiusi, sbarrati dall’interno. Riuscimmo a trovare un portello aperto, scendemmo nel frapponte e alla fioca luce di una lampada vedemmo un uomo solo, che dormiva gettato per terra, con le braccia incrociate sul volto. Quando si svegliò, ci disse che il capitano Achab era salito a bordo durante la notte. Poco dopo cominciarono ad arrivare gli altri marinai e l’ufficiale in seconda, il signor Starbuck, prese il comando. A mezzogiorno il “Pequod” lasciò il molo di Nantucket, senza che Achab fosse ancora uscito dalla sua cabina. Percorse lentamente l’ampia insenatura del porto e prima di sera superò la punta meridionale dell’isola. Soffiava una brezza fredda e umida, un gabbiano tardivo strideva alto nel cielo. Col cuore pesante gridammo tre volte evviva e ci slanciammo alla cieca nell’Atlantico.

alla cieca: nell’oscurità.

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Comprensione 1 Perché Quiqueg non paga personalmente la locanda di New Bedford? n non vuole che l’oste lo inganni n non vuole che Ismaele lo inganni n vuole che Ismaele si senta umiliato n non sa contare i soldi americani 2 Perché Quiqueg e Ismaele sono presi in giro dai tangheri mentre vanno a Nantucket? n sono troppo poveri per quel viaggio n è usanza che i ramponieri siano presi in giro n Quiqueg ha una capigliatura ridicola n Quiqueg e Ismaele costituiscono una coppia strana 3 Perché Quiqueg dice che dev’essere Ismaele a scegliere la nave su cui imbarcarsi? n gliel’ha ordinato il suo idolo n Ismaele è più esperto n non vuole che Ismaele si senta umiliato n non vuole essere ingannato dal capitano 4 Perché Achab non sceglie personalmente i marinai del suo equipaggio? n si fida ciecamente degli armatori n è ancora convalescente per la ferita n non è interessato all’equipaggio n non si trovava a Nantucket in quel momento 5 Perché il capitano Peleg assume volentieri Quiqueg? n è straniero e può pagarlo poco n è un ramponiere molto esperto n è un amico di Ismaele n è un suo amico

Approfondimento e interpretazione 6 La scena in cui Ismaele e Quiqueg lasciano la locanda di New Bedford ci conferma qualcosa di importante che era già emerso nel capitolo precedente. Che cosa?

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7 Durante il viaggio a Nantucket, il personaggio di Quiqueg si arricchisce. Completa la seguente tabella ricavando le informazioni dal testo. Che cosa veniamo a sapere del suo carattere? Che cosa ci dice Ismaele della sua moralità? Perché, a tuo avviso, alla fine della scena chiede solo un po’ d’acqua dolce? 8 Il capitano Achab viene presentato in maniera indiretta, attraverso le parole di un altro personaggio. Quale effetto ha, su Ismaele e sul lettore, il ricorso a questa tecnica narrativa? 9 L’apparizione di Elia getta un’ombra inquietante sulla partenza del “Pequod”. • Che cosa si intuisce, dalle sue parole, riguardo ad Achab? • Che effetto crea, dopo quelle parole minacciose, il fatto che Ismaele e Quiqueg trovano la nave deserta o quasi?

Lingua e stile 10 In questo capitolo sono frequenti i termini e le espressioni relativi al campo semantico della vista, e in particolare alla difficoltà di vedere. • Ripercorri rapidamente il testo e sottolineali. • Perché l’autore insiste su questo tema? Che cosa vuole comunicarci, secondo te?

Scrittura creativa 11 Rileggi attentamente il dialogo fra Ismaele e Quiqueg sul postale diretto a Nantucket. L’episodio della carriola e quello della zucca piena di latte di cocco ci spingono a ridere, ma anche a riflettere sulle differenze culturali e sulle incomprensioni che ne possono nascere. Ti è mai capitato di trovarti in una situazione simile, in cui le differenze culturali creano imbarazzo o ilarità? Racconta...

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Titolo Il lessico marinaresco La vicenda di Moby Dick, dopo i primi capitoli, si svolge interamente in mare, a bordo del “Pequod” e delle sue lance. L’autore usa quindi molti termini tecnici, legati all’arte della navigazione. Impariamo a conoscere alcuni dei termini più importanti, che ricorrono più e più volte nel corso del romanzo: trinchetto pennone albero maestro o di maestra bompresso albero di mezzana cassero

prua poppa murate

chiglia

scafo

Riflettiamo insieme - L’uso dei tecnicismi è utile o costituisce per il lettore una difficoltà? Perché? - Sei in grado di usare dei tecnicismi in un settore di tua competenza? Quale? Fai qualche esempio concreto. 122


I cetacei

Un capodoglio.

Moby Dick è un capodoglio. Melville e i suoi personaggi, tuttavia, lo definiscono spesso “balena”, il che potrebbe creare qualche confusione. Dal punto di vista scientifico, balene e capodogli sono cetacei, cioè mammiferi acquatici che hanno il corpo simile a quello dei pesci, dai quali si distinguono però facilmente perché hanno la coda orizzontale anziché verticale. Al contrario dei pesci, i cetacei respirano attraverso i polmoni anziché attraverso le branchie e non si riproducono deponendo le uova, ma partorendo cuccioli vivi, che allattano. I cetacei comprendono circa 85 specie, che si distinguono in due grandi gruppi: - gli odontoceti, o cetacei dentati, cioè muniti di denti che permettono loro di catturare pesci, calamari, polpi, foche ecc.; le specie più importanti di odontoceti sono le orche, i capodogli e i delfini;

Un delfino.

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- i misticeti, che sono muniti di fanoni (sottili lamine usate come filtro per trattenere il cibo, costituito soprattutto dalle minuscole creature che costituiscono il plancton e il krill); a questa categoria appartengono le balene franche (o eubalaene) le balenottere le megattere le balene grigie.

Una balena franca con le caratteristiche escrescenze sulla bocca.

Oltre che per i denti, odontoceti e misticeti si distinguono per lo sfiatatoio: negli odontoceti è costituito da una sola apertura, nei misticeti da due. Lo sfiatatoio non è collegato all’esofago, come negli altri mammiferi, il che significa che i cetacei non rischiano di soffocare perché il cibo va loro di traverso, ma non possono respirare dalla bocca.

Una megattera.

Riflettiamo insieme - Fin dall’antichità, i cetacei hanno suscitato negli esseri umani sentimenti contraddittori, di timore e di ammirazione. Come ti spieghi questo fatto? - In base alle tue conoscenze, che cosa ti colpisce nei cetacei? Quale specie attira maggiormente il tuo interesse, e perché? 124


La vita del capodoglio

Un capodoglio dalla pelle rugosa.

La descrizione del capodoglio che troviamo nel romanzo di Melville si fonda volutamente su miti e leggende. Vero è che, rispetto ai tempi di Melville, le nostre conoscenze su questi animali sono enormemente aumentate. Il capodoglio non è il più grande animale vivente, ma il più grande degli odontoceti e il più grande essere vivente munito di denti. Un maschio adulto può misurare fino a 18 metri di lunghezza (secondo altri studi, addirittura fino a 24). Le femmine sono grandi poco più della metà. La caratteristica a cui deve il suo nome è l’enorme testa, che può costituire fino a un terzo dell’intero corpo, all’interno della quale si trova il prezioso olio, o “spermaceti” (seme di balena). L’olio sembra che serva al capodoglio per le immersioni, che arrivano fino a 3000 metri di profondità e durano spesso più di un’ora. Altre caratteristiche sono lo sfiato inclinato in avanti e la pelle molto rugosa (al contrario di quella degli altri cetacei, che è liscia). Il capodoglio è un animale carnivoro: il suo cibo preferito sono i calamari, ma si nutre anche di polpi e di pesci. Nello stomaco dei capodogli si sono trovati addirittura resti di squali. Nell’intestino si trova spesso la sostanza cerosa detta ambra grigia, un tempo ricercatissima dai profumieri (oggi si usano dei sostituti sintetici): sembra che questa sostanza venga prodotta dal capodoglio a causa delle irritazioni provocate dai becchi dei calamari che inghiotte. I denti del capodoglio non servono 125


per masticare il cibo: essi si trovano solo nella mandibola inferiore e vengono usati nei terribili duelli fra maschi. Il capodoglio vive infatti in branchi costituiti da un maschio dominante e da numerose femmine con i cuccioli. I maschi giovani formano branchi a parte. Molti maschi adulti, come Moby Dick, vivono soli. I capodogli hanno un solo nemico naturale, a parte gli esseri umani, e cioè le orche. Sono animali molto longevi (raggiungono gli 80 anni) e si riproducono lentamente (la gestazione dura più di un anno e le femmine allattano a lungo). Un tempo i capodogli erano diffusissimi in tutti i mari, compreso il Mediterraneo. Alcuni decenni fa, tuttavia, a causa della caccia spietata e dell’inquinamento, la specie era a rischio di estinzione. Oggi è protetta in quasi tutto il mondo: non si sa esattamente quanti siano i capodogli viventi, ma le cifre oscillano fra i 200.000 e i 2 milioni di individui. Rispetto ad altri cetacei, quindi, le prospettive di sopravvivenza sono molto buone.

Riflettiamo insieme Hai mai sentito parlare del Santuario Pelagos? Svolgi una ricerca su quest’area protetta all’interno del Mar Mediterraneo. Da quando esiste? Quali Paesi coinvolge? Perché è stata istituita? 126


Le baleniere ieri e oggi

Una antica baleniera.

La caccia alle balene ha origini molto antiche. Fino alla fine del Medioevo, tuttavia, le baleniere (cioè le navi attrezzate per cacciare i grandi cetacei) erano lance che partivano da terra e, una volta catturata la preda, la trascinavano a riva. Con il progresso delle tecniche di navigazione, oltre alle esplorazioni geografiche si sviluppò anche la baleneria, che raggiunse la massima importanza fra Settecento e Ottocento. Nella seconda metà dell’Ottocento si diffusero le baleniere a vapore, dotate di nuove armi e di nuove tecnologie. Le baleniere come il “Pequod” erano navi a vela, con tre alberi, della stazza di 300-400 tonnellate. La tecnica della caccia si basava su quattro momenti successivi: - l’avvistamento, affidato alle vedette, che stavano appostate giorno e notte in cima agli alberi e riconoscevano le balene dalle caratteristiche della sfiatata; - la caccia a bordo delle lance: dalla baleniera partivano alcune barche più piccole, che si avvicinavano alla balena a forza di remi (spesso erano munite anche di vela, ma nel momento della caccia i remi permettevano manovre più rapide e precise); a prua c’era il ramponiere, a poppa il timoniere; - l’arpionatura: avvicinata la preda, il ramponiere scagliava la sua fiocina nel fianco dell’animale; alla fiocina era legata una lenza di canapa intrecciata, che veniva avvolta intorno al “ceppo”, un palo al centro della lancia; la balena, fuggendo, trasciUna fiocina con nava con sé la lancia, finché non perdeva le forze e lenza di canapa. poteva essere colpita al cuore e uccisa; 127


Una baleniera moderna.

- la lavorazione: la balena morta veniva trascinata vicino alla nave e fatta a pezzi; i resti inutilizzabili venivano poi abbandonati in mare. Dalla balena si ricavavano prodotti assai preziosi: - il grasso e l’olio, che servivano per alimentare le lampade e per lubrificare le macchine industriali; - le ossa e soprattutto i fanoni, usati per i corsetti femminili; - l’ambra grigia, usata in profumeria; - la carne, che veniva consumata dai marinai, ma raramente poteva essere conservata. Le baleniere esistono ancora oggi, benché la caccia sia ormai vietata nella maggior parte del mondo. Si tratta di navi-officina, in cui le vedette sono sostituite dai satelliti e dai radar, i ramponieri hanno lasciato il posto ai cannoni che scagliano arpioni esplosivi e le balene vengono trascinate all’interno di immensi frigoriferi, dove tutte le parti dell’animale vengono lavorate e preparate per la vendita. Riflettiamo insieme - Perché la maggior parte dei governi oggi vieta la caccia alle balene? - Perché alcuni Stati invece continuano a praticarla? Quali sono le loro motivazioni? 128


La balena nel mito e nella letteratura I grandi cetacei sono protagonisti di molti miti e leggende, fin dall’antichità. Nel romanzo di Melville si parla più volte di Giona, personaggio di uno dei libri dell’Antico Testamento, che venne inghiottito da una balena e rimase per tre giorni nel suo ventre, prima di essere risputato. Giona è citato anche nei Vangeli e nel Corano. Dalla Bibbia deriva anche il termine Leviatano, che in ebraico moderno significa appunto “balena”. Per la sua potenza invincibile, il filosofo Thomas Hobbes, nel Seicento, ne fece in un’opera famosa il simbolo dello Stato moderno, a cui nessuno può opporsi. Nel Medioevo si diffusero i “bestiari”, enciclopedie in cui gli animali (reali o fantastici) venivano descritti in chiave allegorica, come simboli di realtà morali o spirituali. La balena era considerata un essere diabolico: si diceva che aprisse la bocca, da cui uscivano profumi che attiravano i pesci, i quali così finivano divorati (come i peccatori attratti dalle lusinghe del diavolo); e si diceva anche che fosse talmente grande da poter essere scambiata per un’isola, ma quando i marinai vi scendevano si immergeva e li trascinava con sé (come il diavolo trascina all’inferno chi si fida di lui). In epoca moderna, accanto al romanzo di Melville viene spesso citato Pinocchio: il burattino di legno, verso la fine della storia, viene inghiottito come Giona e nel ventre del mostro ritrova il padre Geppetto, insieme al Pinocchio e la balena. quale (con l’aiuto di un tonno) riesce a fuggire e a raggiungere la terraferma. Ma in realtà nel romanzo di Collodi non si tratta di una balena, bensì di un gigantesco pescecane. Riflettiamo insieme - Cerca e riassumi almeno due miti classici che abbiano come protagonisti i delfini o le balene. - Perché, a tuo avviso, una società come quella ellenica attribuiva un valore particolare a questi animali? 129


Giona Il libro di Giona è uno dei libri profetici della Bibbia ebraica e dell’Antico Testamento cristiano. Il riassunto che ne fa padre Mapple (vedi cap. 1) è un’interpretazione molto libera, per quanto affascinante. Ecco la “vera” storia di Giona, divisa nei quattro capitoli che compongono il libro a lui attribuito:

Miniatura medievale di Giona nella balena.

Capitolo 1: Giona (come sappiamo da altri libri della Bibbia) viveva in un paese poco distante da Nazareth ed era un “servo di Dio”, cioè un uomo di profonda religiosità, dotato di virtù profetiche. Dio all’inizio del suo racconto gli ordina di andare a Ninive, capitale del regno assiro, per profetizzare la sua caduta. Giona è terrorizzato e fugge in nave verso Occidente. Per punizione, viene gettato in mare e inghiottito da una balena.

Capitolo 2: Giona prega Dio di essere liberato e Dio lo esaudisce e fa sì che, dopo tre giorni, la balena lo rigetti sulla spiaggia da cui era partito. I cristiani attribuiscono a questa parte della vicenda un valore simbolico, di anticipazione della vicenda di Gesù (che dopo la morte sarebbe rimasto per tre giorni nella tomba prima di risorgere). Capitolo 3: A un nuovo ordine di Dio, Giona finalmente va a Ninive e annuncia che la città sarà distrutta entro quaranta giorni a causa della malvagità dei suoi abitanti. Gli abitanti però si pentono delle loro cattive azioni e Dio, impietosito, rinuncia a distruggere la città. Capitolo 4: Giona è turbato perché le sue profezie non si sono avverate a causa della eccessiva clemenza di Dio e si ritira in campagna. Per proteggerlo dal sole, Dio fa crescere un albero che gli procura ombra, ma poi lo fa seccare. Giona compiange l’albero e Dio lo rimprovera dicendo: tu ti commuovi per la morte di un albero che non hai neanche piantato e io non dovevo commuovermi per una città così grande e popolosa? Riflettiamo insieme - Quali cambiamenti introduce padre Mapple nella vicenda di Giona? - Qual è, secondo te, il messaggio fondamentale della vicenda narrata nella Bibbia? - Che cosa vuole mettere in luce invece padre Mapple con la sua interpretazione? 130


Il “whale watching”

Una escursione di “whale watching”.

Il salto della balena descritto da Melville nel suo romanzo (vedi cap. 9) è una delle esperienze più intense che possano capitare ancor oggi a chi osserva i cetacei nel loro ambiente naturale. Il whale watching (“guardare le balene” in inglese) viene praticato solo eccezionalmente dalla costa; nella maggior parte dei casi, ci si affida a operatori specializzati, che organizzano escursioni in barca nei punti dove le balene transitano più di frequente. Uno di tali punti si trova a poca distanza dalle coste italiane, fra la Liguria Il caratteristico salto della balena. e la Corsica. 131


Mentre l’osservazione dei capodogli è molto rara e abbastanza rischiosa, per il carattere aggressivo soprattutto dei maschi, altre specie di cetacei interagiscono facilmente con gli esseri umani. I delfini e le orche, in particolare, si lasciano spesso avvicinare, e anche le balene franche sembrano più incuriosite che spaventate dalla presenza degli osservatori. Il whale watching ha contribuito a diffondere un atteggiamento di rispetto nei confronti dei cetacei, riducendo non solo la caccia, ma anche la cattura e la conseguente prigionia in zoo e circhi acquatici. Oggi la maggiore minaccia alla sopravvivenza di questi animali è dovuta all’inquinamento, che riduce i loro habitat, e alla pesca indiscriminata, che riduce la loro disponibilità di cibo.

Whale watching.

Riflettiamo insieme - Che cosa sai degli acquari o zoo acquatici? Sei a conoscenza del dibattito sulla loro esistenza? - Quali argomenti portano coloro che sono a favore di zoo e circhi? - Quali argomenti portano invece coloro che vorrebbero chiuderli? 132


Herman Melville

La giovinezza, i viaggi e i primi libri Herman Melville nacque a New York nel 1819. Aveva solo undici anni quando il padre fece bancarotta e manifestò i sintomi di una grave malattia mentale. La famiglia dovette lasciare la città e per Herman cominciarono anni difficili: abbandonò la scuola, fece per qualche tempo l’impiegato in una banca, poi riprese gli studi, sviluppando una grande passione per il disegno, diventò insegnante. Nel 1839, a vent’anni, si imbarcò per la prima volta. Al primo viaggio ne seguirono molti altri e per circa quindici anni Herman fu un marinaio. Le sue avventure ispirarono le prime opere, che cominciò a pubblicare nel 1847: Taipi e Omoo, Herman Melville. ambientati nei Mari del Sud, e Giacchetta bianca, legato all’esperienza su una nave da guerra, ebbero un notevole successo di pubblico e gli permisero di sposarsi con Elizabeth Knapp Shaw, figlia di un giudice del Massachusetts. Gli anni del “Rinascimento americano” Melville entrò in contatto con altri scrittori importanti. A partire dal 1850, gli Stati Uniti vissero un momento di grande splendore letterario: nel giro di pochi anni furono infatti pubblicate alcune delle opere più importanti della letteratura americana, fra cui · La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne (1850), un romanzo che provocò scandalo perché narrava la storia di una donna adultera, vittima di una società chiusa e moralistica; · La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe (1852), un altro libro al centro di roventi polemiche per il modo in cui metteva in luce l’orrore della schiavitù; · Walden di Henry David Thoreau (1854), un’opera di carattere autobiografico, in cui l’autore racconta la sua vita nei boschi, a contatto con la natura incontaminata; · Foglie d’erba di Walt Whitman (1855), una raccolta di poesie che esaltano i valori della libertà e dell’uguaglianza fra tutti gli esseri umani. Con Hawthorne, in particolare, Melville stabilì un rapporto di amicizia profonda. A lui dedicò la sua opera più ambiziosa, scritta nel 1850 e pubblicata nel 1851: Moby Dick o La balena. 133


Dopo Moby Dick Il libro che oggi consideriamo il capolavoro di Melville, e uno dei più importanti di tutta la letteratura americana, non ebbe alcun successo. I critici furono molto severi e i lettori lo ignorarono. Melville, convinto della bontà del suo libro, pubblicò nel 1852 un altro grande romanzo, intitolato Pierre o delle ambiguità – una tragica storia d’amore e morte all’interno di una famiglia infelice. L’insuccesso fu ancora più clamoroso e Melville dovette riconoscere che non poteva più vivere del proprio lavoro di scrittore. Mentre la famiglia cresceva, Melville dovette affrontare nuove difficoltà. Gli editori rifiutavano le sue opere, fra cui alcuni racconti o romanzi brevi che oggi sono celebri in tutto il mondo, come Barleby lo scrivano e Benito Cereno. Finalmente, nel 1866, Melville trovò lavoro come ispettore doganale nel porto di New York. La vecchiaia La vecchiaia di Melville, malgrado la raggiunta sicurezza economica, fu segnata dalla morte dei due figli maschi. Nel 1890 si ammalò. Scrisse ancora un libro importante, il racconto Billy Budd, marinaio, senza però pubblicarlo, e morì nel 1891. Moby Dick venne riconosciuto come un grande libro solo trent’anni dopo, nel 1921, grazie al lavoro di un critico di nome Raymond Weaver, che scrisse la biografia dello scrittore. Da allora, Melville è considerato uno dei più importanti scrittori di tutti i tempi. Per approfondire - suggerimenti di lettura Bartleby lo scrivano (1853) narra la storia di un uomo che viene assunto come scrivano in uno studio legale di Wall Street, a New York. Bartleby all’inizio svolge diligentemente il suo lavoro di copista, ma rifiuta di fare altro, rispondendo agli ordini “Preferirei di no”; in seguito smette del tutto di lavorare, continuando a ripetere quella strana formula. Il responsabile dello studio è costretto a licenziarlo, ma nello stesso tempo prova pena per lui; quando Bartleby viene arrestato per vagabondaggio si reca a trovarlo in carcere: vuole trovare una spiegazione logica a un comportamento che sembra dettato solo dalla follia... Billy Budd, marinaio, scritto nel 1891, ma pubblicato solo nel 1924, racconta la storia di un marinaio che viene arruolato a forza su una nave inglese ai tempi delle guerre contro Napoleone. Billy ha un carattere allegro, è giovane e bello: conquista immediatamente la simpatia di tutti, tranne che del nostromo John Claggart, che è animato da un odio senza apparente motivo nei suoi confronti e lo accusa ingiustamente di tradimento. Billy, incapace di difendersi a parole, sferra un pugno a Claggart e lo uccide. Il capitano della nave è così costretto dal regolamento a condannarlo. 134


Moby Dick o La balena

La genesi del romanzo Nell’ideazione di Moby Dick, Melville tenne presenti due avvenimenti reali: - nel 1820, in pieno Oceano Pacifico, lo scontro con un grande capodoglio provocò l’affondamento della baleniera “Essex” di Nantucket; la vicenda fu raccontata da uno dei sopravvissuti in La casa dove Melville scrisse Moby Dick. un libro, pubblicato nel 1821; - al 1830 circa risale l’uccisione, anch’essa nell’Oceano Pacifico, di un capodoglio albino chiamato Mocha Dick dal nome dell’isola cilena di Mocha; nel 1839 uscì un articolo firmato da un esploratore, Jeremiah Reynolds, che raccontava come il capodoglio avesse sulla schiena una ventina di ramponi e attaccasse le navi con particolare ferocia. A questi episodi di cronaca si aggiungono le esperienze autobiografiche dell’autore, che in gioventù era stato a lungo marinaio e anche baleniere. La struttura narrativa Il romanzo di Melville è diviso in 135 capitoli più un brevissimo epilogo. La vicenda si può riassumere in maniera estremamente lineare: - Ismaele (a cui è affidato il racconto in prima persona) è un intellettuale irrequieto che, per vincere la depressione, decide di imbarcarsi per tre anni su una baleniera, il “Pequod”. - Ben presto scopre che il capitano della nave, Achab, ha perduto una gamba durante il viaggio precedente, che a strappargliela è stato un grande capodoglio albino soprannominato Moby Dick. Achab è ossessionato dall’idea di vendicarsi del cetaceo che l’ha reso un invalido. - Il “Pequod” percorre dunque l’Oceano Atlantico, poi l’Oceano Indiano e infine parte dell’Oceano Pacifico, catturando vari capodogli e incrociando altre navi baleniere, sempre alla ricerca della Balena Bianca. - Finalmente, proprio nella stessa zona in cui era stato mutilato, Achab trova Moby Dick e gli dà la caccia invano per due giorni; al terzo giorno, la balena sfonda con una testata lo scafo della nave, poi trascina in mare Achab. Tutto l’equipaggio perisce nel naufragio, tranne Ismaele. 135


Il sistema dei personaggi Tra l’equipaggio del “Pequod”, spiccano innanzitutto i tre ufficiali, che Melville caratterizza in maniera molto diversa l’uno dall’altro: - Starbuck è un uomo coraggioso e prudente insieme, di animo nobile, ma anche superstizioso; - Stubb è animato da un’allegria superficiale, che lo porta a non prendere nulla sul serio; - Flask è un uomo gretto, che pensa solo al guadagno e all’interesse. Ciascuno degli ufficiali ha a disposizione un ramponiere: - Quiqueg è un principe polinesiano; Ismaele lo conosce prima di imbarcarsi e diventa suo amico; a questo personaggio sono legati ben due episodi di salvataggio, che anticipano la conclusione dell’opera, in cui proprio grazie a Quiqueg (e più precisamente alla sua bara) Ismaele potrà salvarsi; - Tashtego è un nativo americano che si è imbarcato insieme al padre; anche la sua figura è importante: è il primo a nominare Moby Dick nel libro e sarà l’ultimo a sparire sott’acqua, trascinato nel gorgo dal “Pequod” che affonda; - Deggu è un gigantesco nero africano che ha un ruolo secondario rispetto ai due colleghi. Fra gli uomini a bordo del “Pequod” hanno grande rilievo anche: - Pip, un ragazzo nero fuggito dalla schiavitù in Alabama; è il mozzo della nave, ma è costretto dagli avvenimenti a scendere nella lancia di Stubb, dove combina disastri; involontariamente abbandonato per alcune ore in mare aperto, impazzisce, ma viene preso a benvolere da Achab, che scorge nei suoi deliri una misteriosa forma di saggezza; - Fedallah è un indiano Parsi che Achab ha portato con sé come ramponiere; è una presenza inquietante e minacciosa, che incarna il lato oscuro del capitano; a lui sono affidate le ambigue profezie che si avvereranno nell’ultima scena del romanzo. La vocazione enciclopedica All’interno di questa vicenda, Melville inserisce una serie di elementi che volutamente rompono tutte le “regole” del romanzo ottocentesco. Per esempio, incomincia l’opera con quasi cento citazioni sulle balene, dalla Bibbia ai libri di viaggio, dai testi letterari di ogni epoca ai trattati scientifici, fino ai manuali sulle tecniche di caccia ai cetacei. Nel corso del libro, questa vocazione enciclopedica è 136

Nantucket.


presente nelle numerose digressioni in cui Melville racconta la storia della baleneria, le tecniche di caccia e di macellazione, la classificazione dei cetacei, i miti e le leggende relativi ai capodogli e così via. Nella scrittura di Melville emergono poi continue citazioni, soprattutto dalla Bibbia e da Shakespeare, ma anche dalla Divina Commedia di Dante, dalle Metamorfosi di Ovidio e da altre celebri opere letterarie. In parte questo si spiega con la professione di Ismaele, che è un insegnante, e in parte risponde all’esigenza dell’autore, che non si limita a raccontare una vicenda avventurosa, ma vuole sottoporre all’attenzione dei suoi lettori alcuni profondi temi religiosi e filosofici. I temi Moby Dick è un romanzo che va interpretato in chiave simbolica. Per esempio, il fatto che sul “Pequod” si trovano persone provenienti dai posti più diversi serve all’autore per sottolineare come la nave rappresenti in realtà il mondo intero, con tutta la sua varia umanità, i suoi caratteri, le sue etnie, le sue religioni. Il tema del confronto fra le diverse culture emerge in particolare nella prima parte del libro, quando l’intellettuale bianco Ismaele fa amicizia con il “selvaggio” Quiqueg. Ismaele è costretto innanzitutto a riconoscere la superiore cortesia di Quiqueg, ammira la sua nobiltà d’animo e impara a rispettare anche la sua religione, mettendosi a pregare insieme a lui. Melville rende Moby Dick una presenza complessa e per molti aspetti inafferrabile: Ismaele ammira la sua bellezza, ma teme la sua ferocia. Ambiguo come il suo colore, che rappresenta sia la purezza, sia l’orrore del vuoto, Moby Dick può essere interpretato in molti modi diversi: come un simbolo del male, ma anche come il mistero sacro che si nasconde dietro le apparenze. Non a caso, alla fine del romanzo, il capodoglio si immerge, ferito, ma non ucciso, e fugge, per sempre inafferrabile, pronto a tornare... Anche Achab è un personaggio complesso e contraddittorio: Starbuck lo accusa di empietà perché, attraverso Moby Dick, Achab vuole in realtà vendicarsi delle leggi naturali, stabilite da Dio, che gli sembrano crudeli e ingiuste. Ma questa presunta empietà è anche una forma di grandezza d’animo, un’aspirazione alla libertà interiore che contrappone Achab alla mediocrità dei suoi ufficiali. Con la sua “ombra” Fedallah, Achab è una figura inquietante e distruttiva, ma è anche capace di slanci e di bontà impreviste, come quando si mette a proteggere Pip dalle prese in giro dei compagni e ne fa il suo confidente. Il viaggio e la caccia diventano in questo romanzo una allegoria della vita umana e del suo mistero. I personaggi riflettono spesso sul destino, la vicenda è segnata da numerose profezie e da eventi inspiegabili. La natura è rappresentata nella sua meravigliosa maestosità, in cui però è presente anche un germe di male, di demoniaco. Melville, attraverso la voce di Ismaele, ci invita a usare la ragione per tentare di spiegare ciò che sembra inconoscibile, ma nello stesso tempo sottolinea il carattere misterioso della nostra vita. 137


Per approfondire - suggerimenti di lettura

Classici

Rudyard Kipling, Capitani coraggiosi (1897): figlio viziatissimo di una ricca coppia di New York, Harvey cade in mare dal transatlantico su cui viaggiava e viene salvato da una barca di pescatori. Il burbero capitano Troop lo fa lavorare come pescatore e Harvey, grazie all’amicizia col mozzo Dan, impara ad apprezzare gli uomini semplici, ma onesti e buoni, che per alcuni mesi diventano i suoi compagni di vita. Tornerà quindi a casa profondamente trasformato. Joseph Conrad, Tifone (1902): il capitano MacWhirr affronta un violento tifone tropicale a bordo della sua nave carica di operai cinesi che tornano in patria. MacWhirr sembra un debole e uno sciocco, bistrattato dalla moglie e disprezzato dall’equipaggio; ma è fermamente convinto che la sua nave sia solida e rifiuta di cambiare la rotta per sfuggire al tifone. La sua tranquillità, scambiata dapprima per incoscienza, finisce per ispirare tutto l’equipaggio e garantisce la salvezza della nave, facendo di lui un vero eroe. Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare (1952): il vecchio pescatore Santiago, dopo molti giorni sfortunati, riesce a catturare un grande marlin (una specie di pescespada). Durante la lotta, il pesce ha però trascinato la sua barca molto al largo: mentre torna in porto, Santiago viene assalito dagli squali, che divorano tutto il pesce, lasciandone solo la lisca.

Film

John Huston, Moby Dick, la balena bianca (1956): è il più famoso tra i sei film direttamente ispirati alla vicenda del romanzo di Melville. La sceneggiatura è opera di Ray Bradbury, famoso autore di fantascienza. Il ruolo di Achab è interpretato dal grande attore Gregory Peck. Werner Herzog, Fitzcarraldo (1982): in questo film non si parla di balene, ma il protagonista presenta molti punti di contatto con Achab. Fitzcarraldo è un imprenditore brasiliano che sogna di costruire un teatro dove ospitare il più grande cantante lirico del suo tempo, Enrico Caruso. Per raccogliere i fondi necessari, intraprende un viaggio per nave lungo il Rio delle Amazzoni, fra rapide violente, indios minacciosi, marinai ribelli... Fitzcarraldo vive dunque per un’ossessione folle, che lo spinge ad affrontare ostacoli apparentemente insuperabili.

Graphic novel

Will Eisner, Moby Dick (2001): Will Eisner è considerato uno dei più importanti autori di graphic novel americani. La sua versione del romanzo di Melville è molto fedele all’originale, di cui coglie soprattutto la dimensione avventurosa. Christophe Chabouté, Moby Dick (2014): opera di un raffinato autore francese, questa interpretazione del romanzo di Melville è in bianco e nero e sottolinea soprattutto la dimensione tragica del romanzo, l’inevitabilità del destino a cui Achab e tutto l’equipaggio del “Pequod” corrono incontro. 138


Cesare Pavese

La vita e le opere Nato nel 1908 a Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, Cesare Pavese è stato uno dei più importanti scrittori italiani del Novecento. Le Langhe piemontesi, all’epoca una zona molto povera e arretrata, sono lo sfondo di molte delle opere più importanti di Pavese, fra cui ricordiamo Paesi tuoi, il libro che lo rese famoso, La casa in collina e La luna e i falò, due romanzi ambientati negli anni della Seconda guerra mondiale e della Resistenza. Pavese ebbe un ruolo di primo piano non solo come scrittore, ma anche come direttore della casa editrice Einaudi e come traduttore dall’inglese, soprattutto di opere della letteratura americana: studiò in particolare i poeti Walt Whitman, autore di Foglie d’erba, ed Edgar Lee Masters, autore di Antologia di Spoon River; e fu il primo a tradurre in italiano Moby Dick, nel 1932. Alla fine della guerra, mentre scriveva le sue opere più importanti e otteneva successo e riconoscimenti, Pavese rimase vittima della depressione e nel 1950, a soli 42 anni, si tolse la vita in un albergo di Torino.

La casa natale di Cesare Pavese.

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La traduzione di Moby Dick La traduzione di Pavese ha un valore storico eccezionale, non solo perché è stata la prima in Italia, ma perché tradurre un autore americano, negli anni del fascismo, aveva un significato politico: il regime mussoliniano infatti favoriva la chiusura rispetto ai libri stranieri e in particolare rispetto alle opere d’oltreoceano. Naturalmente Pavese non aveva a disposizione gli strumenti di un traduttore moderno, e soprattutto gli studi che oggi ci permettono di comprendere meglio alcune sfumature del linguaggio di Melville. Egli inoltre non aveva nessuna esperienza di navigazione, tanto meno di baleneria. Per molti aspetti, quindi, la sua traduzione oggi appare invecchiata, o addirittura “sbagliata”. In molte pagine, tuttavia, essa conserva tutta la sua forza poetica e rivela l’entusiasmo con cui il giovane Pavese si accinse a un’impresa che doveva sembrare quasi folle – un po’ come quella di Achab!

Santo Stefano Belbo.

Per approfondire - suggerimenti di lettura La luna e i falò (1950) è l’ultimo romanzo di Pavese. Narra la storia di un trovatello, soprannominato Anguilla, che torna dopo molti anni nel paese dove ha trascorso l’infanzia, sulle Langhe piemontesi. La guerra è passata mentre lui era lontano a fare fortuna lavorando sulle navi: Anguilla vorrebbe ritrovare la campagna misera ma felice dei suoi ricordi, e invece si trova di fronte a una realtà carica di odio e di violenza. La povertà provoca tragedie e la guerra ha lasciato dietro di sé uno strascico di lutti e di rancori. L’unica nota di speranza è legata all’affetto che Anguilla prova, ricambiato, per un ragazzino storpio, che gli ricorda la propria infanzia... 140


Appunti ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ........................................................................................................... ...........................................................................................................

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I GRANDI CLASSICI

ORA E POI

G. Boccaccio Decameron Amori, duelli, magie. L’epica medievale a cura di A. Cristofori M. Shelley Frankenstein B. Stoker Dracula A. Mazzaferro La storia di Odisseo F.H. Burnett Il giardino segreto M. Maggi Enea D. Alighieri La Divina Commedia A. Manzoni I Promessi Sposi M. de Cervantes Don Chisciotte W. Shakespeare Le più belle opere raccontate ai ragazzi E. Salgari Sandokan J. London Il richiamo della foresta J. Verne Ventimila leghe sotto i mari M. Twain Le avventure di Tom Sawyer A. de Saint-Exupéry Il piccolo principe L. Pirandello Novelle scelte L’ira di Achille a cura di M. Maggi R.L. Stevenson L’isola del tesoro Vamba Il giornalino di Gian Burrasca G. Verga I Malavoglia L. Ariosto Orlando furioso F. Sarcuno Mitica Grecia C. Goldoni Pazzi per le vacanze Boccaccio e altri autori Novelle comiche e di beffa A. Dumas Robin Hood F. Molnár I ragazzi della via Pál Il diario di Anna Frank a cura di M. Maggi Le Metamorfosi a cura di M. Giuliani A. Cristofori, D. Vitulano Il cerchio mitico H. Melville Moby Dick

La Seconda Guerra Mondiale a cura di M.C. Sampaolesi Carte da lettera a cura di V. M. Nicolosi R. Melchiorre Sulle tracce di Gandhi F. Piccini, S. Savini Sotto il segno della bilancia G. Di Vita Onde - Uomini in viaggio G. Di Vita Alya e Dirar G. Di Vita Il Muro M. Maggi Quando si aprirono le porte M. Maggi E il vento si fermò ad Auschwitz E. Colonnesi, S. Galligani Storia di Zhang E. Colonnesi, S. Galligani Viaggio a Kabul C. Scarpelli Il bullo innamorato F. Sarcuno Il diario di Edo R. Melchiorre Madiba M. Papeschi Sulle tracce della Grande Guerra A. di Prisco Il poeta favoloso M. Strianese Il domatore di libri M. Giannattasio Trappola nella rete R. Melchiorre Il ragazzo di Capaci C. Scarpelli Mi piace R. Melchiorre Il diario segreto di Leonardo M. Giannattasio Chi vuol esser lieto sia R. Melchiorre Il bosco di Sofia M. Castagna Grosso guaio a Cinecittà World P. Palliccia, E. Cordioli, D. Conati Petrarca. Il poeta incoronato R. Melchiorre Dante Alighieri. Il racconto di una vita M. Giannattasio E più bello sarà l’arcobaleno

RACCONTI D’AUTORE Favole di ieri, di oggi, di sempre a cura di M. Maggi E.A. Poe Racconti di paura C. Dickens Canto di Natale R.L. Stevenson Dr Jekyll e Mr Hyde G. Verga Rosso Malpelo J.K. Jerome Storie di fantasmi per il dopocena O. Wilde Il fantasma di Canterville A.C. Doyle Le avventure di Sherlock Holmes La rosa rossa a cura di M. Giuliani Mistero e paura a cura di M.C. Sampaolesi Il filo di Arianna a cura di M. Giuliani M. Maggi L’ora del racconto

NON SOLO LETTERE M. Carpineti Un occhio nello spazio A. Cristofori Viva Verdi P. Ercolini Il valzer del bosco M. Papeschi, S. Azzolari 1848 L. Corvatta Una missione speciale A. Sòcrati L’uovo cosmico

ATTUALMENTE G. Di Vita Costituzione e legalità. La convivenza civile come arricchimento e libertà V. Giuliani E tu? Percorsi di cittadinanza attiva per comprendere il nostro tempo S. Lisi, C. Piccinini, F. Senigagliesi Sguardo sul mondo. Problematiche di attualità e spunti di riflessione R. Melchiorre Storie di oggi. L’attualità raccontata ai ragazzi L. Pagliari Cyberbullismo. Le storie vere di chi lo ha sconfitto M. Sboarina Guarda lontano



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