08-NOV-2020 Estratto da pag. 18
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08-NOV-2020 Estratto da pag. 1-7
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IV
Primo Piano
Domenica 8 Novembre 2020 www.gazzettino.it
Coronavirus, l’economia
Confesercenti: «Ristori ridicoli e pure l’obbligo di chiudere»
La mappa dei ristori I numeri in provincia di Padova Numero esercizi
Importo
Importo medio (dati in euro)
294
18.000
4.762.800
211
2.570
406.703
8
8.000
64.000
34
2.570
61.166
2.300
5.200
9.568.000
186
5.200
822.120
2.689
2.850
6.130.920
Pasticc. Ambulan
86
2.850
183.825
Servizi turistici prenotazione
41
2.800
68.880
Guide ed acc. turistici
70
1.000
56.000
293
3.000
615.300
84
18.000
907.200
185
8.000
888.000
48
15.000
360.000
Tempo libero ,prenot.
270
4.500
607.500
Noleggi spettacoli teatri
350
11.000
2.695.000
Gestione attività sportive, stadi
1.200
7.000
800.000
Liberi professionisti
1.200
5.000
3.360.000
Sale giochi, parchi, attività ludico culturali ,centri benessere
600
6.000
2.400.000
Strutture organizzative feste cerimonie ecc
250
5.200
750.000
Alloggi ,affittacamere,agriturismi
600
Attività Alberghi Alloggi vacanze Campeggi
TOTALE IMPORTO MEDIO 43.691.414
Altre attività ricettive Ristoranti Mense catering altre somm. Bar, pub , birrerie ,gelaterie
Agenzie di viaggio e simili Discoteche
Il direttore Maurizio Francescon: «Grandi catene aperte, almeno questa imposizione dovrebbe essere estesa a tutti» `
LA SITUAZIONE PADOVA Hanno messo in piedi quasi un algoritmo, studiando parametri, indici, confronti con l’anno precedente e introducendo correzioni percentuali. Alla fine alla Confesercenti è venuta fuori la tabella che riproduciamo a fianco che mostra quanto in potenza entrerà al mondo economico indennizzato con la prima tranche dei ristori, in attesa di sapere come sarà la seconda. L’importo è considerato per esercizio e per un mese.
IL SENATORE DE POLI: «BISOGNA INDENNIZZARE CHI CHIUDE, IN BASE AL FATTURATO E NON AL COLORE ASSEGNATO ALLE REGIONI»
POCHI FONDI «Un calcolo rigoroso ma giocoforza con un range da meno 10 e più 20 per cento - commenta il direttore Maurizio Francescon - ma che ci dà il primo quadro. Ovvero che rispetto alle esigenze i ristori mensili sono veramente risibili. Con 1 miliardo e 200 milioni messi sul piatto a livello nazionale finora nel padovano entreranno al massimo poco più di 43 milioni di euro, è logico che non si fa niente». «Oltretutto per il commercio al dettaglio non sono previsti ristori finora, mentre tutte le attività di noleggio e sportive non hanno visto nulla. Come i taxi, a parte i 600 euro in questo caso. Insomma in generale i ristori sono molto inferiori alle perdi-
te». «Poi pensiamo solo che un piccolo negozio dentro ad un centro commerciale rimarrà chiuso nel fine settimana. Mentre la grande distribuzione come Ikea, Decathlon, Euronics o Quello Giusto rimarranno aperti», perché sono considerate grandi strutture di vendita con una disciplina di accessi strutturata». Poi ci sono anche i casi limite. Il Media World inserito all’Ipercity dovrà rimanere chiuso perchè è dentro al un centro commerciale. Quello davanti al centro Giotto potrà rimanere aperto. «Le indicazioni che stiamo dando al governo sono queste: ristori adeguati e capire subito quanti soldi ci sono sul piatto, altrimenti meglio chiudere tutti nessuno escluso. Il Veneto in particolare preferirebbe lavorare piuttosto che avere i soldi. Infine puntare anche la grande distribuzione immune ai provvedimenti».
IL NUOVO CONTRIBUTO
CONFESERCENTI Il direttore Maurizio Francescon
Con il nuovo decreto sui ristori bis. Il contributo sarà versato in automatico dall’Agenzia delle Entrate senza bisogno di fare domanda. Ma non a tutti. Questo canale sarà riservato solo alle partite Iva che avevano già chiesto il primo contributo quello di maggio. Intendiamoci
Sale da ballo pub ecc Arte, spettacoli, cinema
Taxi, trasporti con noleggio ecc.
4.000.000
Società organizzazione fiere ed eventi
2.000.000 L’Ego - Hub
non quello previsto dal governo con il decreto legge approvato pochi giorni fa, ma il primo della serie, il Decreto Rilancio varato prima dell’estate. Queste persone sono già nella banca dati dell’Agenzia dunque l’obiettivo è di far avere loro i soldi entro quindici giorni dall’entrata in vigore del nuovo decreto. Le partite Iva che non avevano fatto la prima domanda invece dovranno presentarne una di specifica con tempi più lunghi. Il nuovo contributo sarà doppio (200%) rispetto a quello ottenuto con la prima versione alla quale però aveva diritto solo chi aveva perso almeno un terzo del fatturato rispetto alle stesso mese, aprile, del 2019. Il
contributo poteva coprire, a seconda del fatturato, il 10 o il 20 per cento della perdita. In ogni caso non potrà essere inferiore a duemila euro per le persone fisiche a 4mila per le imprese con tetto massimo di 150mila euro. Non è ancora chiaro invece se ci sarà il limite massimo di fatturato per avere il bonus che nella prima edizione era fissato a 5 milioni di euro. Si andava a scaglioni: fino a 400mila ero 20%. Fino a 1 milione 15%. Fra 1 e 5 milioni 10%. Oltre i 5 milioni zero.
DE POLI «Le chiusure hanno un effetto diretto su chi abbassa le serrande ma anche indiretto su altre categorie. Escludere que-
PADOVA La posizione della Filcams Cgil Padova sulla chiusura dei centri commerciali e le conseguenze sul flusso degli acquirenti è molto semplice: «Senza controlli sarà un tranquillo week end di paura». L’ultimo dpcm infatti segna un discrimine fra i centri commerciali e la grande distribuzione monomarca. I primi per l’elevato numero di afflusso impossibile da controllare o contingentare devono rimanere chiusi. La seconda può lavorare pensando che sia più probabile un ingresso secondo le regole.. Marquidas Moccia, della Filcams Cgil Padov invita a prendere in considerazione come ci siano situazioni in cui i grandi negozi rimarranno aperti: «I lavoratori dei supermercati e del commercio esprimono forte preoccupazione per la mancanza di controlli che regolino l’ingresso agli esercizi commercia-
li: non ha senso indicare il numero massimo di clienti senza prevedere nessun controllo». «Con la chiusura dei centri commerciali si rischiano pericolosi assembramenti ai negozi di arredamento, elettronica, abbigliamento di media e grande metratura presenti in città» continua. Il riferimento è ai
SINDACATI IN ALLARME «I LAVORATORI GRANDE DISTRIBUZIONE E SUPERMRCATI SONO PREOCCUPATI PER LA SITUAZIONE» «CHIUSI I CENTRI COMMERCIALI, GLI ASSEMBRANENTI AUMENTERANNO NELL’ELETTRONICA E NELL’ARREDAMENTO»
grandi Gruppi che ha citato anche il direttore Francescon nell’articolo qui sopra. «La salute dei cittadini è l’obiettivo per cui, tutti, facciamo tanti sacrifici». «Anche i lavoratori dei supermercati e del commercio sono cittadini come tutti ma si trovano nella scomoda posizione di essere testimoni e vittime di comportamenti irresponsabili e di aggressioni verbali. Succede spesso, ad esempio, quando chiedono ad alcuni clienti il rispetto delle regole ed invitano ad evitare assembramenti. Che però si creano in quanto non è previsto nessun controllo agli ingressi atto a contingentare le entrate. E francamente tutto ciò è ridicolo: indicare il numero massimo di clienti ammessi in un negozio senza alcun controllo non ha senso». È netta, Marquidas Moccia, segretaria generale della Filcams Cgil di Padova e lancia l’allarme: «Il dpcm del 3 novembre che impone la chiusura dei centri commerciali, ad
st’ultime è una scelta politica sbagliata. Il governo corregga il tiro o il Dl ristori bis sarà una toppa peggio del buco, come si suol dire». A sostenerlo è il senatore Udc Antonio De Poli che aggiunge: «In Parlamento siamo pronti come opposizione di centrodestra a dare il nostro contributo per migliorare un provvedimento che, così come è stato impostato, fra l’altro, rischia di creare un caos. Bisogna indennizzare tutte le attività a prescindere dalle appartenenze alle regioni ‘gialle’, ‘arancioni’ o ‘rosse’. Bisogna stabilire un meccanismo per cui si indennizza chi chiude in base alla perdita di fatturato». Mauro Giacon © RIPRODUZIONE RISERVATA
LA RIFLESSIONE La Cgil denuncia come gli assembramenti si sposteranno nei grandi negozi
«Grandi negozi e controlli: i dipendenti hanno paura» LA POSIZIONE
2.184.000
eccezione dei supermercati, di farmacie edicole e tabacchi al loro interno, rischia di creare situazioni di pericoloso assembramento nei negozi di grandi e medie metrature al di fuori che rimarranno comunque aperti. Parliamo dei grandi negozi di arredamento, elettronica di consumo, abbigliamento
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per fare degli esempi». «Per questo – aggiunge la sindacalista – abbiamo avvisato le aziende, allertato lo Spisal e chiesto al Prefetto un suo intervento. Anche a livello regionale Cgil Cisl e Uil si sono attivate per richiedere attenzione al presidente Zaia. Noi, questo week end, saremo in giro per osserva-
re con i nostri occhi la situazione. E i nostri lavoratori sono pronti a segnalare le situazioni di pericolo e mancata sorveglianza». «È bene ricordare – conclude Marquidas Moccia – che le misure adottate dal governo per il contenimento della pandemia vanno sostenute dall’azione responsabile di tutti, affinché si possa tornare, quanto prima, ad una vita normale. I lavoratori, soprattutto quelli dei settori più colpiti dalle restrizioni, vivono da marzo enormi difficoltà economiche e rischiano di non trovare il loro posto di lavoro al termine del blocco dei licenziamenti». «Le misure di sostegno devono arrivare in tempi rapidi, senza intoppi perché le famiglie non sono in grado di sostenere altre attese lunghissime che potrebbero alzare il livello di tensione sociale. Abbiamo bisogno di coesione e non di spaccature nel nostro paese. È l’ora della responsabilità». Luisa Morbiato © RIPRODUZIONE RISERVATA
PRIMO PIANO
DOMENICA 8 NOVEMBRE 2020 LA TRIBUNA
11
Coronavirus: le storie della Marca Monica Mezzalira ha accompagnato il figlio al Punto-Covid dell’ex dogana ed è rimasta bloccata in auto fino all’alba
«Io, sette ore in fila di notte per un tampone Così non ha senso, ci ammaleremo tutti» LA TESTIMONIANZA
l drive-in la coda notturna è interminabile: per riuscire a sottoporsi al tempone ci vogliono almeno sette ore. Trascorse provando a dormire e a chiedersi perché dal tendone della dogana esca solo un’auto ogni 15 minuti. La risposta arriva solo una volta all’interno: un’unica postazione attiva per fare insieme i test rapidi e i molecolari. «Ma così la coda diventa una trappola. Quanti genitori hanno accompagnato i figli in questi giorni? Quanti figli hanno portato i genitori anziani a farli? In questo modo si raddoppiano i casi». Lo sfogo è di Monica Mezzalira che il primo venerdì col coprifuoco l’ha trascorso in coda alla dogana e prima di andare a dormire col sole già alto, ha scritto al presidente della Regione Luca Zaia e all’Usl, raccontando il suo incubo. D’altra parte le code a San Giuseppe sono documen-
A
tate nella foto qui accanto anche dal nostro lettore Vittore Trabucco. Il figlio 16enne di Monica Mezzalira è risultato positivo la scorsa settimana, dopo un test eseguito, insieme ai compagni di classe, al Covid Point di Altivole. «Lì ci abbiamo messo quattro ore e tutto è filato liscio», sono le sue parole. «Questa volta abbiamo deciso di andare di notte a farlo in dogana a Treviso per non gravare sul servizio giornaliero, pensando che avremmo trovato poca coda, e che intanto mio figlio avrebbe potuto dormire un po’. E quando siamo arrivati devo dire che ero speranzosa, perché non c’erano tantissime auto. La coda arrivava fino all’inizio del cavalcavia». Sono le 23.20 quando arrivano in viale Serenissima. Ma le prospettive peggiorano progressivamente. La fila è praticamente immobile, in un’ora si guadagnano una ventina di metri, non di più. «Non vedevo auto uscire dal tendone e al-
«Nel tendone una sola postazione per il test» Ha scritto una lettera a Regione e Usl Auto in fila per il test all’ex dogana, a destra Monica Mezzalira
lora mi sono messa a contare i minuti che ci impiegavano: ne usciva una ogni quindici o venti minuti. Non capivamo il perché», prosegue Mezzalira. Passa il tempo e la speranza di “sbrigarsela” in quattro ore
scema rapidamente. «Tra l’altro le auto devono rimanere spente mentre si è in coda, e la notte non fa certo caldo», racconta un’altra ragazza arrivata in coda attorno all’una, e tornata a casa alle 8. I bagni? Due
bagni chimici e, visto che ad usarli sarebbero con molta probabilità persone positive al Covid, non c’è la voglia di scendere dall’auto per infilarcisi dentro. «E con i bambini e gli anziani, come si fa?».
Quando Monica Mezzalira con il figlio riesce a entrare nel tendone per farsi il tampone, sono le 6 della mattina. «E ho capito perché non si andava avanti: c’erano solo due ragazze, una che faceva i tamponi e una che si occupava dei documenti e delle etichette adesive. L’operatrice che eseguiva i test doveva pure preoccuparsi di andare a piedi a verificare auto per auto che tutti avessero la prescrizione medica. In più, con una sola postazione, hanno eseguito sia i test rapidi che quelli molecolari. Chi faceva i primi è stato tenuto lì ad attendere l’esito, rallentando ancora di più la coda», aggiunge Mezzalira. Nel tendone della dogana per il turno notturno solo due persone, «l’operatrice era lì dalle 21: come si può pensare di lasciarla da sola con tutta quella gente? Con il rischio poi di commettere errori, di eseguire male i tamponi», aggiunge. Solo alle sette il cambio di turno, che ha fatto arrivare quattro équipe alla dogana, riportando a pieno regime il punto Covid di viale della Serenissima. «In quelle sette ore sono stata in auto con mio figlio. Se non risulterà negativizzato, ci saranno due positivi invece di uno solo. Gestire così il punto tamponi», conclude, «equivale ad aumentare i contagi. Non ha alcun senso». — FEDERICO CIPOLLA © RIPRODUZIONE RISERVATA
scUola, i sindacati
Una docente denuncia: siamo la categoria più a rischio, prima viene la salute poi la didattica
Cisl e Cgil: «Mascherine senza se e senza ma» Snals: maestri al fronte
«Noi insegnanti, carne da macello Chiudete le scuole per tutelarci»
TREVISO
Mascherine e scuola, la questione tiene subito...banco. L’obbligo di indossarla per i bambini dai 6 anni in su innesca la discussione tra maestri e professori di primarie e scuole medie, tanto più dopo il lockdown dello scorso anno, e tra le stesse famiglie degli alunni. Dal mondo dei sindacati della scuola, la difesa delle norme e dell’obbligo di indossare le mascherine è pressoché compatta. Ma lo Snals non esita a parlare della necessità di proteggere gli «insegnanti mandati al fronte»,. « «Non è possibile che chi i insegna diventi carne da macello», premette Salvatore Auci, segretario provinciale del sindacato autonomo, «Anche perché è dimostrato che bambini e ragazzini possono essere inconsapevoli veicolo del contagio. E dunque mascherine Fpp2, non solo quelle chirurgiche». E della questione i confederali fanno un punto fermo, irrinunciabile. Dalla Cisl la segreteria Teresa Merotto rilancia il prezioso ruolo della scuola anche sul fronte sanitario: «Mai come adesso, in questo contesto, la scuola è in pri-
ma linea, uno dei termometri della situazione», dice, «Vanno garantito il diritto e la tutela di tutti, nel massimo rispetto delle regole. L’invito è alla massima collaborazione , non ad ostracismi e/o a posizioni ideologiche senza senso» Duro anche Marco Moretti, numero uno della Fcl Cgil scuola: «È inaccettabile che di fronte a quello che succede ci sia chi mette in
«Didattica in aula molto più efficace per gli alunni Buonsenso e rispetto» discussione regole e le stesse mascherine, senza parlare di negazionisti e terrapiattisti» dichiara, «La didattica in presenza è necessaria ai bambini? RE allora va fatta con i l massimo accorgimento e la massima tutela della salute, utilizzando tutti gli strumenti. Con razionalità, buonsenso, rispetto delle regole e della convivenza civile. Non la si vuole? Non mi pare ci siano altri modelli, dal momento che la didattica a distanza è sconsigliata per i bambini». — © RIPRODUZIONE RISERVATA
LETTERA APERTA
entile presidente Zaia, sono un’insegnante di una secondaria di primo grado della provincia. Desidero raccontarle, senza polemica, cosa significhi lavorare in questo ambito in un periodo come questo, sottolineando il fatto che la scuola non è più un ambiente sicuro per nessuno, nonostante gli indiscutibili sforzi che il dirigente, i collaboratori e il comune hanno fatto e fanno quotidianamente per renderla accessibile. Nella mia scuola diverse classi sono in quarantena, diversi colleghi positivi, e 2 colpiti in forma pesante (uno è mio marito), contagiando anche familiari anziani ora in ospedale. Mi rivolgo a Lei nella speranza che possa dare voce a queste righe riportandole a chi di dovere. Le parlo con il cuore in mano, al di là di ogni credo politico: di una persona mi interessa non ciò che fa, ma quel che è “dentro”, è da lì che scaturiscono tutte le cose che realizziamo sia nel bene, sia nel male. In questo momento noi insegnanti siamo la categoria più a rischio e meno tutelata. Medici e operatori sanitari lavorano in un ambiente protetto e con
«G
Insegnante in cattedra
tutte le misure di sicurezza; noi siamo ogni giorno in prima linea, mandati allo sbaraglio. In un ospedale, ambiente blindato, non entra nessuno senza che gli venga misurata almeno la febbre: a scuola gli alunni entrano liberamente a frotte. La temperatura viene loro misurata quando già manifestano sintomi di malessere. Ma le famiglie non dovrebbero garantire sulla salute dei figli? Non prendiamoci in giro! Chi è del mestiere sa benissimo che molti alunni vengono a scuola con l’influenza sotto tachipirina: lo sperimentiamo da sempre. Normalmente, ai primi di ottobre c’è la fila dai collaboratori per chiamare a casa. In un ospedale si possono garantire le distanze di sicu-
rezza, il personale lavora generalmente con un rapporto 1:1; noi lavoriamo di norma con un rapporto 1:22, quando va bene, senza contare che siamo circondati da oltre 400 studenti, nel caso della mia scuola, e che di questi non sappiamo nulla dei contatti fuori da scuola. E per quanta attenzione si faccia, è impossibile far rispettare i protocolli, sempre perché nei cambi dell’ora, a ricreazione o appena abbassi lo sguardo i ragazzi si passano gli oggetti, si toccano, si abbassano le mascherine…e comunque non hanno la maturità e la responsabilità di gestire questa situazione con sufficiente prudenza. E l’aerazione degli ambienti? Il più delle volte non possiamo fare lezione con le finestre aperte: i ragazzi, genitori compresi, protestano perché fa freddo. L’alternativa è aprire le finestre ad ogni cambio di ra. Peccato che una volta richiuse, l’aria dell’aula si saturi subito, con 23 persone che ci respirano dentro! E le mascherine? Le chirurgiche proteggono solo in uscita forse vanno bene in ospedale, ma non a scuola dove nel mare magnum di una classe c’è sempre chi la indossa nel modo sbagliato o che non la usa nel momento giusto. Anche se molti colleghi si sono procura-
ti la Fpp2 , siamo 40 docenti contro oltre 400 alunni. Non mi soffermo neanche sui docenti di sostegno, che per il tipo di lavoro, non possono evitare il contatto fisico, neanche nelle situazioni meno gravi e dove i protocolli previsti sono assolutamente ridicoli ed inefficaci. Io sono sempre stata contraria alla Dad, ma data l’emergenza mi rendo conto di dover fare un passo indietro. La salute viene prima di tutto. Non è il momento di discutere sulla qualità della didattica in presenza rispetto a quella a distanza, né filosofare sulla possibilità o meno di socializzazione degli alunni. È una situazione seria, è come se fossimo in guerra con l’unica differenza che il nemico c’è, ma non si vede! Pazienza se invece di fare 10 capitoli di storia gli alunni ne studieranno 7, pazienza se si parleranno attraverso uno schermo: l’importante è salvaguardare la salute di tutti, anche di noi insegnanti che per la maggior parte siamo anche genitori… non siamo carne da macello. Mi scusi i toni, ma sono in coda ad Altivole per l’ennesimo tampone: a noi non è concesso di farlo nella sede lavorativa. Mettetevi una mano sulla coscienza e chiudete le scuole per un po’». SARA PAVAN © RIPRODUZIONE RISERVATA
6 Primo Piano
IL GIORNALE DI VICENZA
Domenica 8 Novembre 2020
L’epidemianelVicentino
Aiutati, aiutaci
Indossala
Lestoriedi difficoltàtra ospedali eabitazioni
LAVICENDA. Adeledi Costanzoha27 anni eun contrattoa tempodeterminato:da settembre lavoraall’Unitàdi assistenzadomiciliare messa incampo dall’Ulss8
Minacce e insulti alla dottoressa contagiata Presa di mira sui social dopo aver pubblicato la foto delricovero:«È incredibile cheesistano ancora inegazionisti.Neimesiscorsicidefinivanoeroi» Diego Neri VICENZA
«Vedo città devastate dall’ignoranza, che per stare vicino ai gestori dei bar devastano i bar». È lo sfogo della dottoressa Adele di Costanzo, 27 anni, trevigiana di Conegliano e in forza all’Ulss 8 con un contratto a tempo. Il giovane medico, un passato da modella con le selezioni a Miss Italia, ha raccontato su Facebook il suo dramma da contagiata dal Covid. E in cambio, oltre agli attestati di solidarietà, ha ricevuto insulti e minacce. Da chi? «Dai negazionisti, i leoni da tastiera, che rappresentano il problema di esprimersi in un mondo virtuale: tieni solo ciò che vuoi, appena vedi qualcosa che ti spiazza, che non vuoi sentire, lo elimini». Adele di Costanzo, laureata giovanissima a Padova dopo il liceo, è in forze da settembre per l’Usca, l’unità di assistenza domiciliare attivata dall’Ulss Berica ad Arzignano. Il 19 ottobre, dopo decine di visite a casa dei malati, ha scoperto di essere stata contagiata: aveva la febbre e la tosse, e il tampone ha dato esito positivo. L’indomani è stata ricoverata, e ha dovuto essere intubata per respirare meglio. Un paio di settimane dopo, quando si è ripresa, ha postato su Facebook una sua foto in ospedale e alcune considerazioni, allo scopo – fra l’altro – di far capire che il coronavirus non colpisce solo gli anziani, ma anche i suoi coetanei. «Sono passata dall’altro lato. È incredibile come
esistano ancora negazionisti, persone che sono passate da definirci “medici eroi” a danneggiare le auto di medici e infermieri davanti agli ospedali», ha ricordato riferendosi a quanto avvenuto a Rimini. «Siamo persone che si fanno in quattro per i cittadini con un rischio enorme, nonostante le protezioni». Rispetto a queste parole, in tanti – ha oltre 3 mila follower sui social – l’hanno attaccata, mettendo addirittura in dubbio che Adele sia realmente un medico, per la giovane età, e accusandola o di volersi fare pubblicità oppure di essersi inventata tutto. Tanto che la di Costanzo ha pubblicato un nuovo messaggio in rete. «Da medico e da persona di scienza non posso negare ma sostengo la mia posizione: il Covid c’è, esiste e non guarda in faccia nessu-
“
Mihanno accusatadinon salvarele persone madirovinarle Serverispetto ADELEDI COSTANZO MEDICOULSS8
no – ha scritto la dottoressa, un passato da sportiva e da appassionata di cucina -. Il problema è il crollo del sistema sanitario quando tutti i posti saranno occupati. Un sistema sanitario al collasso manda un paese al collasso, non potranno esserci cure per chi ha un altro tipo di patologia o un incidente». Adele, che vive da sola e che ha sempre lavorato per mantenersi durante gli studi, è amareggiata per le parole che le sono state riversate contro. Essere accusata di fare “terrorismo sanitario” le ha fatto male. Ma le sue parole sono arrivate spontanee dopo aver visto le foto delle feste di Halloween con giovani senza mascherine e non distanziati, e dopo aver letto degli atti vandalici in molte città dopo le restrizioni imposte. «Servono educazione e rispetto per il prossimo. Il resto è ignoranza. Mi hanno accusato, come medico, di non essere una che salva le persone, ma che le rovina». E invece nel periodo da professionista dell’Usca (Unità speciali contatti assistenziali) è stata in casa non solo di pensionati, ma anche di giovani e bambini: tutte persone colpite dal contagio. «I giovani hanno fatto fatica ad adattarsi al dramma della pandemia, e per questo per loro è più comodo negare. Io invece sono convinta che se avessimo rispettato le regole il lockdown non sarebbe stato necessario. Quello che più mi fa stare male è la mancanza di fiducia nei medici». • © RIPRODUZIONERISERVATA
Illettodell’ospedaledove è rimasta ricoveratala dottoressadell’Ulss8 Adeledi Costanzo. FOTOINSTAGRAM
L’appellodellaFidas
«Continuateadonare ilsangue,cen’è bisogno» VICENZA
Tempiduri,con il Covid, perle donazionidisangue.Mail fabbisognonon èstato azzeratodalla pandemia, che hainvececreato nuove esigenze,ancheper quanto concernele riserve disangue. «Èunmomento difficilee FidasVicenzac’è. Siamo vicinia tuttii cittadinieai donatoridi sangue,cuiva unparticolare ringraziamento.Attraverso la donazionedisangue– spiegala presidentediFidasVicenza, ChiaraPeron– ognigiorno
vengonocompiutitantipiccoli gestid’amore, chesirivelano straordinariper chi habisogno». Ilcontesto èdeltuttonuovo,ma i donatorisonosempre inprima lineainfattodigenerosità. «Oggi citroviamo inun momentostorico particolare–sottolinea la presidentePeron– eil vostro preziosoaiutoèfondamentale, percui vi rivolgoun accorato appello:andatea donare.Andiamo adonare, perchéce n’èdavvero tantobisogno. Prenotate attraversol’app DonatoriVicenza, oppureprenotatela donazione attraversoi vostripresidenti di Gruppoola segreteria provinciale
L’importanzadi donareil sangue anchedurante la pandemia diFidasVicenza, contattandoil numeroverde». Attraversola presenza diFidas Vicenzaneisocialèpossibile acquisiretuttele informazioni sulledonazionidisangueesapere comesi puòdiventaredonatori. «Ilmioappellova aidonatoridi lungocorso –conclude Peron– a cuiraccomando diessere costanti
nell’effettuarela donazionedi sangue,maancheai giovani,che rappresentanola linfavitale dell’associazione,la nostra risorsa peril futuro. Oggi comenon mai,la miaesortazione è: continuiamoa donare,senza timori,perchéi centriraccoltasanguesono luoghi sicurieprotetti». © RIPRODUZIONERISERVATA
LATESTIMONIANZA. L’odisseadi una 65enne diRecoaroraccontata dallefiglie. Letteraa Zaia
«Positiva, una notte in corridoio Adessoèincondizionicritiche» «Èrimasta peroresuuna sedia arotelle:senza acqua,nécoperte» Karl Zilliken VICENZA
Ora è ricoverata in condizioni critiche al San Bortolo a causa del Covid che l’ha colpita con violenza. Per arrivarci, in corsia, però è passata attraverso una settimana di passione. Lo raccontano una delle figlie e il genero di una recoarese di 65 anni. Hanno chiesto di rimanere anonimi, per rispettare la privacy sanitaria di una paziente che è entrata nel meccanismo della gestione dell’emergenza. E non lo ha fatto dalla porta principale. «Martedì 27 ottobre ha fatto un tampone rapido che è risultato positivo in un centro medico privato - è la testimonianza dei familiari - Poi è stata chiamata per un tampone molecolare che è stato eseguito venerdì 30 ottobre
ad Arzignano. Il risultato non è mai arrivato in tempo utile». Giorno dopo giorno, il peggioramento delle condizioni: «Lunedì ha iniziato ad avere qualche problema respiratorio, pertanto aveva richiesto un sopralluogo da parte dell’Ulss per poter esser visitata e, nel caso fosse stato possibile, per ricevere eventuali farmaci. Mercoledì, le difficoltà respiratorie. Non riusciva più a parlare e aveva la febbre molto alta. Su consiglio del medico di base è stato allertato il 118». Oltre alla signora, sono risultati positivi ai tamponi anche il marito, le due figlie ed entrambi i generi che, quindi, non possono agire attivamente per aiutare la donna. «Dopo il trasporto al San Bortolo è iniziata un’altra odissea – continuano – È arrivata alle 22.30 ed è rimasta
seduta su una sedia a rotelle con l’ossigeno fino alle 6.30 della mattina successiva, quella di giovedì. Solo dopo aver scongiurato un’infermiera, è stata posizionata su una barella in un corridoio, dove è rimasta fino alle 17.30 del giovedì, sfinita, al freddo, a digiuno e senza alcuna rassicurazione da parte del personale. Solo a quell’ora è stata portata in una delle stanze dell’ospedale». Da qui lo sfogo: «Questa situazione è uno schifo». Parole piene di amarezza perché la situazione si è prodotta non per noncuranza del personale ospedaliero, ma per il fatto che la loro mole di lavoro è tale per cui non è possibile assistere tutti con il tempismo auspicabile. «In palese difficoltà respiratoria, ha dovuto passare la notte nel corridoio seduta su una sedia a rotelle senza la
minima assistenza, quale una coperta o un bicchiere d’acqua – riflette la figlia L’essere in uno stato di emergenza e non avere capacità di posti letto non esula dall’assistenza basilare dai doveri del personale ospedaliero. Per giunta, nonostante le mie continue chiamate a centralini, numeri di reparto e pronto soccorso, non ho avuto nessun riscontro sulle condizioni di salute di mia madre fino a quando lei stessa, 15 ore più tardi, ha avuto la forza di mettersi in contatto con noi per raccontarci quello che era accaduto». Poi il ricovero nel reparto di malattie infettive: «Mia mamma ha una polmonite in corso e ha iniziato la terapia al plasma, anche se ci dicono che la banca è in esaurimento e sarebbe importante che chi può donasse. Finalmente, in questo reparto ha
Un’ambulanzadel118. Dopoiltrasporto alSan Bortoloper ladonna è iniziataun’odissea. ARCHIVIO
Lacifra
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LEORE TRASCORSE INATTESADELLE CURE
Nottediinfernoperuna 65ennedi Recoaro.Secondo ladenunciadeifamiliari,il ricoveroèscattatodopo19 oretrascorseinuncorridoio dell’ospedaleSan Bortolo.
trovato le attenzioni di cui ha bisogno, anche se non è fuori pericolo». La figlia e il genero non sono rimasti con le mani in mano ma si sono seduti davanti al computer per scrivere al presidente della Regione, Luca Zaia. Oltre al racconto qui riportato, i due hanno lasciato spazio ad alcune considerazioni: «So che non rientra tra le competenze di un governatore l’amministrazione del personale – il pensiero della figlia - La mia domanda è:
perché tutti i pazienti Covid del distretto Ovest dell’Ulss 8 devono essere trasferiti a Vicenza per stare in attesa in un corridoio? Partendo da Recoaro, forse, mia madre si sarebbe potuta risparmiare una giornata in sedia a rotelle, così come i pazienti che vengono “parcheggiati” in corridoio ogni giorno. Sarebbe importante tracciare i positivi ma anche i negativizzati per poter permettere le donazioni di plasma». • © RIPRODUZIONERISERVATA
VENEZIA E MESTRE
Corriere del Veneto Domenica 8 Novembre 2020
Acqua alta, l’aiuto di Conte «Prorogata l’emergenza» Consiglio sul Comitatone Ilpremier:finirequantonecessario.Ultimigiorniperleintegrazioni
VENEZIA Era il 12 novembre del-
l’anno scorso (giovedì l’anniversario) quando la seconda acqua alta di sempre invase Venezia fino ad arrivare a 187 centimetri. Il consiglio dei ministri la scorsa notte, su proposta del premier Giuseppe Conte, ha deliberato la proroga dello stato d’emergenza per altri dodici mesi «per completare gli interventi ancora necessari», sottolinea Palazzo Chigi. In quest’anno il sindaco/commissario straordinario Luigi Brugnaro ha liquidato già 23 milioni e mezzo, praticamente i due terzi delle domande presentate. Per le altre mancano ancora alcune documentazioni necessarie per rimborsare i danni subiti da privati e imprese. Il 13 novembre ad esempio — forse ci sarà una proroga fino alla fine dell’anno — scade il termine per la presentazione delle note integrative e dei giustificativi di spesa relativi alle domande di contributo che riguardano la lettera C (quelle in cui il governo ha previsto rimborsi totali di cinquemila euro per i privati e di 20 mila per le imprese), non ché per allegare le perizie asseverate relative ai contributi richiesti per importi maggiori per i quali è necessaria la relazione di un tecnico (lettera E). La proroga era stata richiesta dal governatore del Veneto Luca Zaia su sollecitazione del commissario, ma l’allungamento di dodici mesi è di fatto è una prassi per far fronte a tutte le incombenze, anche perché dopo l’acqua granda c’è stata l’emergenza sanitaria che ha complicato ulteriormente la questione. Il via libera di fatto è arrivato nelle scorse settimane scorso quando il capo della Protezione civili Angelo Borrelli ha potuto rendersi conto di quanto fatto, in un incontro avuto con il commissario straordinario. «Per facilitare l’accesso al contributo a una più ampia platea di cittadini e
Il caso
● Polemica sui lavori al parco di San Giuliano
Un centinaio di pioppi abbattuti C’è il via libera della Sovrintendenza MESTRE Un centinaio di pioppi sradicati dal
parco di San Giuliano per realizzare la nuova strada di accesso al futuro parcheggio del polo nautico. Sono stati abbattuti durante i lavori preliminari all’intervento da 6 milioni di euro affidato all’associazione di imprese guidata dalla Setten. La denuncia arriva dagli Amici del Parco, Lipu e dal consigliere di Municipalità di Mestre Michele Boato, che presenterà un’interrogazione. Gli alberi, nati spontaneamente, non figurano nella planimetria dello stato di fatto del progetto dello studio di architettura Ai e del loro sradicamento non è stato informato il presidente del Parco Giovanni Caprioglio. L’area è quella che, dopo la rotonda, porta verso punta San Giuliano e la rimessa delle barche, in quella specie di lotto trapezoidale dove sorge il vecchio edificio dal tetto rosso, zona del parco che sarà rimpicciolita per creare la nuova via di accesso al parcheggio per le remiere. Qualche anno fa fu oggetto di bonifica e da allora la flora spontanea ha cominciato a crescere rigogliosa. «Chi va al parco in queste settimane rimane sconvolto dall’abbattimento di un intero filare di alberi, effettuato da chi sta facendo lavori fuori di esso — accusa Boato — C’è, inoltre, da qualche mese, l’incredibile chiusura del cancello che porta alla laguna decisa dal Comune per assegnare tutto il lato lagunare del parco ad uso esclusivo alle remiere private che usano il terreno pubblico per rimessaggio in affitto a basso costo». La Soprintendenza ha approvato il progetto. Ma se quegli alberi non sono stati disegnati nelle planimetrie, difficile che vengano ripiantati, osserva Roberto Scarpa della Lipu. (mo. zi.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
imprese il Commissario delegato, di concerto con la Protezione civile nazionale, ha introdotto due strumenti innovativi per l’erogazione delle misure di sostegno alla popolazione, volti a sopperire il deficit di liquidità causato dalla perdurante emergenza sanitaria», sottolinea il coordinatore della struttura Morris Ceron. Sono la liquidazione parziale del contributo richiesto (pari ad almeno al 30 per cento della spesa stimata purché regolarmente comprovata) e la cessione del debito (mediante la quale il privato cittadino o l’impresa hanno la facoltà di richiedere all’amministrazione il pagamento direttamente ai fornitori delle fatture comprovanti i ripristini effettuati). «Venezia da questo punto di vista ha fatto scuola — sottolinea Ceron — tanto che la Protezione civile potrebbe utilizzare la procedura introdotta da noi anche per altre emergenze, visto che ad oggi sono state liquidate 2932 domande sul totale delle 5877 che hanno richieste di contributo della lettera C». Intanto domani il sindaco relazionerà in consiglio comunale su quanto fatto dopo l’acqua granda e come su come è stata affrontata l’emergenza sanitaria. Parlerà di grandi navi, Mose e porto per poter ricevere un mandato pieno in vista del prossimo Comitatone (l’ultimo c’è stato un anno fa) che dovrebbe svolgersi a novembre. L’auspicio è di portare il consiglio comunale ad avere una posizione unitaria e trasversale sulle questioni più importanti, a partire dal finanziamento della Legge speciale. Brugnaro proprio un anno fa aveva chiesto 150 milioni di euro all’anno (per 10 anni) al governo. F. B. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Botte fra avvocato e cliente «Mi ha colpito lui». «Falso»
dello scontro con il legale. «Avevo ricevuto la richiesta dalla prefettura di inoltrare alcuni documenti relativi alla mia richiesta di cittadinanza, carte già inviate tre anni fa da
Giannotta per mio conto - ha raccontato Miah -. Quindi, fissato un appuntamento, alle 17 ho raggiunto lo studio. Lì però l’avvocato mi ha detto che non ero più un suo cliente, che avanzava ancora soldi da me e di andarmene. Non ha voluto guardare le carte e quando ho insistito le ha gettate in aria, poi mi ha spinto fuori rifilandomi una ginocchiata alla schiena. Sono rimasto nell’androne del palazzo e ho chiamato il 112, ma l’avvocato mi ha raggiunto, mi ha minacciato e colpito con calci e pugni, facendomi cadere. Poi l’ho seguito in strada per bloccarlo». E lì è intervenuta la Volante. Giannotta però racconta una storia diversa:
VE
A Mirano
Aggredito per difendere la barista minacciata Identificati i tre giovani
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eno di un mese fa, il 19 ottobre, aveva difeso la barista che si rifiutava di servire alcolici a un gruppo di ragazzi alterati, finendo per rimediare un paio di occhi neri. Ora, invece, potrà pretendere giustizia visto che i carabinieri hanno identificato la banda violenta. Tutto era successo in un bar di Mirano, e da lì sono partite le indagini dei militari, che si sono anche dovuti scontrare con una generale reticenza. Sembra che a far scattare l’aggressione da parte di tre ragazzi, tutti appena maggiorenni e residenti nel Trevigiano, sia stata proprio la rabbia - accecata dall’abbondante consumo di alcol - di non essere serviti ancora dalla barista. A farne le spese era stato il ragazzo di Santa Maria di Sala che si era messo in mezzo, cercando di riportare la pace nel locale: accerchiato dai tre, era stato riempito di botte e la sua storia era finita sui social e sui giornali. I tre aggressori, identificati e messi alle strette venivano denunciati in stato di libertà per concorso in lesioni personali e minaccia aggravata. (gi. co.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
A Marghera
Ruba 4 paia di scarpe e picchia il personale: arrestato da Pittarosso
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a cercato di portarsi via ben quattro paia di scarpe senza pagare e, quando il personale se n’è accorto, ha causato un finimondo. Venerdì, al Pittarosso di Marghera, un 39enne marocchino è stato arrestato per rapina dai carabinieri. L’aspirante ladro, già con diversi precedenti, aveva staccato l’antitaccheggio da quattro paia di scarpe, le ha messe all’interno di uno zaino preso da un altro scaffale, poi ha superato le casse senza pagare. A tradirlo è stata l’unica placca che aveva trascurato, quella nello zaino. Con l’allarme è arrivata anche la reazione: il 39enne ha aggredito l’addetto alla sicurezza e una commessa con calci, pugni e spintoni. Solo l’intervento dei militari dell’Arma ha permesso di neutralizzare l’uomo. Il vigilante e la commessa hanno riportato ematomi e contusioni. I carabinieri del Norm di Mestre, quando sono arrivati sul posto, hanno dovuto placcare l’uomo, ancora in stato di evidente agitazione, poi l’hanno accompagnato in caserma e quindi in carcere. (gi. co.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il blitz dei centri sociali
Demolita la porta murata «Sfrattato senza motivo» L’inquilino era abusivo
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Scambio di accuse dopo una lite: l’uno denuncia l’altro MESTRE La prima denuncia è già stata formalizzata, domani toccherà all’altra, con la seconda versione dei fatti. Poi sarà la magistratura a stabilire quale campana abbia stonato. Di certo venerdì, in via Cesare Battisti a Mestre, qualcosa è successo tra l’avvocato Claudio Giannotta, che ha lì il suo studio, e il bengalese Shahidur Rahman Rabin Miah: è innegabile, infatti, che i due siano venuti alle mani e che sul posto sia intervenuta poi un’auto della polizia a raffreddare gli animi; nella querela del residente straniero è anche allegata una prognosi di sette giorni per lesioni personali, che l’uomo sostiene siano la conseguenza
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«Per Miah ho solo inviato la richiesta di cittadinanza, non l’ho seguita. Richiesta comunque andata a buon fine. Quando è venuto qui non si è saputo spiegare, in più si è presentato con la mascherina abbassata, per quello ho cercato di allontanarlo. Non l’ho aggredito, al massimo mi sono difeso. E quando ho cercato di scappare mi ha inseguito, urlando che l’avevo picchiato. Quando sono intervenuti i poliziotti ero talmente agitato che respiravo a fatica e mi volevano accompagnare al pronto soccorso». Domani, in questura, la versione di Giannotta sarà messa a verbale. Giacomo Costa © RIPRODUZIONE RISERVATA
i sono presentati di prima mattina armati di mazzetta e, in meno di un’ora, la porta murata non era più tale. «Quando vivere è un lusso — ripeteva la voce al megafono — occupare è un diritto». Ieri gli attivisti del laboratorio occupato Morion e del centro sociale Rivolta hanno compiuto un blitz a Sacca Fisola, demolendo il muro alzato qualche settimana fa da Insula che aveva sfrattato da quella casa pubblica un uomo di 66 anni, occupante abusivo. «Il tutto è accaduto durante il blocco degli sfratti, previsto dal governo durante il primo lockdown e in vigore fino al 31 dicembre — specificano i ragazzi — e avviene in un contesto in cui ancora viene richiesto a tutti di rimanere in casa per tutelare la salute propria e altrui». I manifestanti rischiano di venire denunciati per aver forzato l’accesso a uno spazio interdetto, oltre che per i danni, ma l’eventualità non li preoccupa: «In una città con affitti alle stelle la priorità dovrebbe essere assegnare gli sfitti comunali, non chiuderli». (gi. co.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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PRIMO PIANO
DOMENICA 8 NOVEMBRE 2020 LA TRIBUNA
Coronavirus: le case di riposo nelle Marca barbiero: rivediamo la delibera
Cgil, appello a Lanzarin «No ai direttori sanitari Otto milioni alle rette» TREVISO.
Un abbraccio “protetto” nella case di riposo colpite al cuore dal virus: la seconda ondata coinvolge adesso quasi due terzi della strutture
Virus, colpite 6 Rsa su 10 «Escalation allarmante» Sos di Volpe, presidente dell’ Uripa Veneto: «A rischio tutte le strutture Aumento esponenziale negli ultimi giorni, ma per ora è meno letale» TREVISO
«Questa seconda ondata rischia di travolgere tutte le case di riposo del Veneto». Roberto Volpe, presidente dell’Uripa, l’unione delle Ipab della nostra regione, con quasi 350 Rsa associate, lancia un allarme senza precedenti. Nella Marca l’allerta è massima. Per gli ultimi 3 decessi all’Israa (e sono 5 negli ultimi 10 giorni, ma c’è la speranza di guarigione per molti anziani colpiti dal virus), per gli alti numeri dei grandi focolai di questa secondo ondata, per l’incremento anche nella nostra provincia delle strutture interessate dai contagi (due terzi del totale). «Durante la prima ondata, che pure ha fatto centinaia di vittime, in Veneto erano state colpite 60 case di riposo su
344, quindi poco più di un sesto del totale, Oggi ci stiamo avvicinando rapidamente a 150, pochi giorni fa eravamo a 120: l’ascesa di questi ultimi giorni è esponenziale». Si parla comunque di un virus meno letale, stando ai decessi. «Vero, ma attenzione, è l’uni-
«Il lockdown aveva protetto i centri a primavera, ora il cordone non c’è p iù» co aspetto meno negativo della realtà odierna. Da giorni c’è un effetto moltiplicatore che non può che preoccupare». Ma dobbiamo temere gli scenari di marzo re aprile? «Difficile dirlo, anzi è prema-
turo. Pet ora registriamo l’evoluzione. Una cosa è certa: se in primavera il lockdown di 69 giorni ha protetto molte case di riposo, oggi questo cordone esterno non c’è più. Quel beneficio è finito. Ci sono soluzioni praticabili? «No, le case di riposo ancora immuni dovrebbero creare una “bolla” perfetta, come ha fatto il basket Nba in America per playoff e finali. Chiudersi dentro con ospiti e personale, accessi proibiti a tutti gli esterni. Ma è impossibile». Massima pressione sul personale, dunque. «Non è colpa di nessuno, gli ospiti non vanno fuori a prendersi il Covid. Gli operatori sono consapevoli del rischio, so di dipendenti in lacrime quando hanno saputo di essere state contagiati o contagiate. Da mesi stanno facendo sacrifici
incredibili. Ma è una realtà: nel lockdown consorti e figli erano a casa, oggi lavorano e vanno a scuola, con tutto quello che questo comporta. È il prezzo della libertà, l’economia ha prevalso». Realisticamente, cosa possono fare le Rsa? «Attivare tutti gli strumenti a disposizione, e poi sperare di non avere picchi improvvidi di contagi a decine e decine, per poter gestire meglio gli isolamenti degli ospiti e il turnover del personale Altrimenti si va al collasso. Siamo una polveriera, non devono arrivare granate, al massimo possiamo reggere piccoli inneschi. C’è un’emergenza personale, drammatica, e quella economica dei bilanci da risanare. Non possiamo permetterci di saltare per aria». — ANDREA PASSERINI © RIPRODUZIONE RISERVATA
La gestione delle Rsa investite a macchia di leopardo in provincia di Treviso dalla seconda ondata del Coronavirus torna sotto osservazione e dalle parti sociali. E arriva la richiesta di un repentino cambio di rotta alla Regione Veneto, per fronteggiare i nuovi casi di contagio, ma anche per modificare politiche, investimenti, uso delle risorse alla luce dell’epidemia e dei suoi effetti, già devastanti, su diversi piani, a primavera. In particolare la Cgil, per voce di Paolino Barbiero, segretario generale della Spi, formalizzare la richiesta di destinare gran parte delle risorse oggi stanziato per le nuove figure del “direttore sanitario” in seno alle Rsa (lo stabilisce la delibera 1243 ella giunta Zaia, emanata l’1 settembre scorso ad altre voci di spesa, ma soprattutto a ulteriori impegnative, le quote di contributo per le rette, che possono sgravare gli oneri per le famiglie. In Veneto si parla di 8-9 milioni: «Al posto del direttore sanitario, che non esiste ancora, è possibile riconfigurare il ruolo degli attuali medici coordinatori già operativi in tutte le strutture», fa presente Barbiero, «Questo libererebbe molte risorse da destinare alle impegnative con un doppio effetto positivo: risanare i bilanci delle Rsa e far pagare rette più basse agli ospiti, dunque alle famiglie. Se la casa di risposo è in grado di stare in equilibrio, può anche dare maggiore qualità assistenziale, che è quello che attualmente serve più che mai». Il tema dei direttori sanitari è stato affrontato giovedì dall’osservatorio provinciale sulle Rsa, la cui
convocazione era stata sollecitata proprio da Barbiero. «Il confronto, dopo un’estate di relativa calma», rileva, «si era sostanzialmente fermato. Non così il virus, adesso: abbiamo ritenuto di ribadire l’importanza dell’osservatorio, che consente ai diversi corpi sociali in campo di monitorare l’andamento dei contagi nelle Rsa, sia per ciò che riguarda gli ospiti che per i lavoratori, sia del personale medico infermieristico sia di quello di servizio o in subappalto». E il quadro emerso nella Marca? «Non è preoccupante come 5 mesi fa, ma deve essere attentamente valutato, partendo dai nu-
Il segretario dello Spi «Solo così aiutiamo davvero le Ipab le famiglie e gli ospiti» meri, che vanno condivisi. Ci sono stati focolai che si sono presto spenti, altri che stanno emergendo: avere un monitoraggio costante e condiviso, anche in un’ottica di rete, consente di evitare di adottare scelte sbagliate». Tra i temi discussi giovedì anche l’impatto delle recenti delibere regionali, che potrebbero non bastare a far quadrare i conti delle Rsa colpite dalla pandemia. L’obiettivo comune è tutelare gli equilibri di bilancio: «Quella per i ristori» conclude Barbiero «è una battaglia da fare tutti insieme. I temi di gestione di queste strutture rischiano di avere ricadute enormi su ospiti e personale: è a rischio la qualità dei servizi, ne hanno già risentito gli appalti per le forniture. Noi guardiamo il sistema a 360 gradi». — MATTEO MARCON
il lutto
villorba
venerdì sera
Spresiano piange Pierino Trevisan
Fontane ha salutato Anna “Anita” Rossetto
Coprifuoco rispettato Auto in calo dell’88%
SPRESIANO
VILLORBA
Spresiano condivide il dolore per un’altra vittima del coronavirus. Pierino Trevisan, 83 anni, mancato il 31 ottobre, lascia la moglie Luisa, il genero Emilio e la figlia Agnese, oltre ai nipoti Stefania, Michele e Valentina. Anche per lui, purtroppo, il Covid ha colpito troppo forte perché fosse in grado di rispondere ed uscirne. —
Addio Anna Rossetto, conosciuta dagli amici come Anita. La donna, residente a Fontane, ha contratto il Covid ed è mancata il 2 novembre scorso. Vedova Cenedese, lascia il figlio Cesare, la nuora Francesca e l’adorata nipote Alessandra. I funerali si sono svolti giovedì nella chiesa parrocchiale della frazione. —
Pierino Trevisan, 83 anni
Anna “Anita” Rossetto
Coprifuoco rispettato, le auto calano dell’88 per cento. I trevigiani hanno rispettato il primo copri fuoco, stando ai dati raccolti dalla polizia locale di Treviso. Venerdì 9 ottobre i transiti registrati sono stati 16.891, che si sono ridotti a venerdì 30 ottobre a 7.740 transiti ed infine, tra le 22 dell’altro ieri e le 5 di ieri, con il primo coprifuoco, sono passati a 2.123, l’88 per cento in meno. I trevigiani, insomma, si sono adeguati e
le immagini della videosorveglianza dei vigili hanno documentato una città vuota. Le 20 persone fermate erano in regola. Venerdì pomeriggio controllo in un acconciatore cinese, in via Orioli, sanzionato e chiuso 5 giorni. Multato un bar in zona Sant’Agostino dopo le 18 e un altro bar a San Liberale, sanzionato per la presenza di alcuni clienti all’interno alle 21. I vigili proseguono nei controlli. —
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Domenica 8 Novembre 2020 Corriere del Veneto
VE
Il virus
La seconda ondata
IL CONFRONTO
Confindustria si era offerta per riattivare le strutture dismesse così da smaltire gli interventi non urgenti
Zaia ai privati: «Sì ai medici, ma non servono altri ospedali» Le strutture dismesse
Chiusi per la spending review: da Monselice a Zevio i nosocomi riaperti nel lockdown VENEZIA Ci sono strutture dismesse sette
anni fa nella razionalizzazione del sistema sanitario veneto, come gli ospedali di Zevio e Isola della Scala nel Veronese. Altre, è il caso di Valdobbiadene, sono chiuse ormai da vent’anni. Oppure Monselice, parzialmente riattivato in questi mesi di emergenza sanitaria. Ed è questi spazi che la sanità privata vorrebbe riaprire per «riportarli al funzionamento ed evadere la lista di prestazioni inevase (dalla sanità pubblica, ndr) che crescono ogni giorno», come ha suggerito al Corriere del Veneto Marco dal Brun, coordinatore sanità di Confindustria Veneto. Nel merito della proposta, ieri è intervenuto il presidente Luca Zaia, sostanzialmente cassandola. Nello specifico dei nosocomi, bisogna andare, invece, indietro nel tempo, nel periodo cioè della riorganizzazione del sistema sanitario del Veneto e della spending review del governo che impose di tagliare i costi della sanità e di conseguenza posti letto, strutture e prestazioni. È quanto è successo ai due nosocomi del Veronese: nell’ambito delle nuove schede ospedaliere approvate nel 2013 da Palazzo Ferro Fini non figuravano più l’ex civile di Isola della Scala e il Luigi Chiarenzi di Zevio, che in realtà in quegli anni già non funzionava più a pieno regime e che nel 2016 è passato in capo all’amministrazione comunale la quale, a sua volta, ha acquisito la proprietà degli immobili destinando gli spazi al distretto socio-sanitario e a un progetto di «orientamento alla realtà» per i malati di Alzheimer e da altre patologie debilitanti. Diversa la storia dell’ospedale di Valdobbiadene nel Trevigiano, dismesso ormai vent’anni fa è oggetto di un accordo di programma risalente al 2013 e solo di recente aggiornato con l’obiettivo di renderlo operativo. Lo scorso 15 settembre, Zaia, il sindaco di Valdobbiadene Luciano Fregonese, il direttore generale dell’Usl 2 Francesco Benazzi e il presidente dell’Ipab Istituti San Gregorio Alberto Prandin hanno, infatti, sottoscritto un’intesa che prevede la ristrutturazione dei padiglioni con un investimento di 6,5 milioni (500mila dell’Usl) in capo agli Istituti San Gregorio. Nell’elenco dei nosocomi non più in funzione, figura anche il vecchio ospedale di Monselice nel Padovano, chiuso nel 2014 insieme a quello di Este, con l’apertura, in pompa magna, del Madre Teresa di Calcutta di Schiavonia, il «nosocomio unico» dei 46 Comuni della Bassa Padovana, realizzato con un investimento di 165 milioni di euro e diventato, suo malgrado, famoso per il primo caso di coronavirus nella nostra regione e il primo decesso in Italia. Volendo, nel Veronese ci sarebbe anche Bovolone e nel Veneziano l’ospedale di Noale. Tutte strutture che, in pieno lockdown, nell’urgenza di trovare posti letto dove ricoverare i pazienti meno gravi, sono stati riaperti e sistemati da Protezione civile e alpini e hanno operato come centri Covid. Il piano messo a punto dalla Regione, tra l’altro, ne prevede l’utilizzo, in caso di necessità, anche un questa seconda ondata di pandemia. G. B.
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Boom ai Pronto Soccorso Gli accessi ai reparti di Pronto soccorso sono raddoppiati rispetto a marzo. Il 70% dei pazienti, però, viene rimandato a casa
Se la sanità privata vuol dare una mano, è la benvenuta. Ma servono più medici, non nuove cliniche. È questa, in sintesi, la risposta che il governatore Luca Zaia dà a Marco dal Brun, coordinatore per la Sanità di Confindustria Veneto che ieri, in un’intervista al Corriere del Veneto, aveva suggerito a Palazzo Balbi di riaprire alcuni vecchi ospedali dismessi, assicurando la collaborazione dei principali gruppi della sanità privata per la loro riattivazione e il successivo smaltimento delle visite specialistiche e chirurgiche non urgenti sospese a causa del coronavirus. «La sanità privata ha a disposizione intere équipe che avrebbero le competenze e il tempo per intervenire - ha spiegato dal Brun -. Ora, in regione ci sono strutture ospedaliere dismesse che meritano al massimo la cartolarizzazione ma ce ne sono altre, penso all’ospedale di Monselice già parzialmente recuperato per alcuni servizi, incluso il covid, ma che vanta un blocco operatorio stupendo non utilizzato.Oltre a Monselice, penso a Valdobbiadene, Zevio e Isola della Scala. La proposta quindi è: il pubblico potrebbe mettere a disposizione del privato strutture come questa insieme alla lista di prestazioni inevase che crescono ogni giorno. Al privato l’onere di investire per portare allo stato di funzionamento queste strutture con costi relativamente contenuti. ChiaramenVENEZIA
L’obbligo
te in cambio, il privato, chiederebbe la garanzia che il volume di lavoro dei prossimi 6-8 mesi fosse tale da recuperare investimenti fatti». Il governatore Luca Zaia dice non voler assolutamente fare polemica, ma puntualizza: «Il problema qui non è mai stato quello degli spazi. Faccio un esempio: solo a Verona abbiamo 34 sale operatorie, dunque a che servirebbe riaprire i blocchi a Monselice, Valdobbiadene o Zevio? Anche perché vorrei capire esattamente dove si vuole andare a parare con suggerimenti di questo tipo: l’idea è forse di riaprire i vecchi ospedali per poi non richiuderli più?». In effetti, su questo
punto dal Brun è stato vago, preferendo rinviare al futuro per qualunque valutazione nel merito: «Se a giugno 2021 vedremo la fine del tunnel, si tireranno le somme dell’attività parallela all’emergenza, arrivando a riflessioni ulteriori - ha detto al Corriere del Veneto -. Sia chiaro, il Veneto è una delle regioni che ha la quota più bassa di privato in italia, il tema vero non è quanto privato, ma quale privato e come viene governato. Credo che nel pubblico debba continuare ad essere il grande garante di trapianti, malattie rare, terapie ad alta complessità e alto costo. Il privato riesce ad essere straordinario con le economie di scala e può ga-
rantire al sistema tariffe più basse e produzione più alta». Il fatto è che proprio la bassa incidenza del privato all’interno del sistema sanitario regionale è sempre stato un vanto dell’amministrazione Zaia, rivendicato con forza anche in queste mesi difficili segnati dalla pandemia (e questo pure nel confronto con la vicina Lombardia dove invece il privato è molto forte). Non solo: dal 2010 a oggi la stessa amministrazione ha insistito sul piano di razionalizzazione delle strutture ospedaliere procedendo - nonostante le proteste dei territori - con chiusure e riconversioni, secondo il modello ormai consolidato degli hub (gli ospe-
Prima linea L’interno di un reparto di terapia intensiva dedicato alla cura delle complicanze da Covid-19
Mascherinealbanco Viola:genitori,ilproblema sietevoinonibambini
S’allargalaprotestadellemamme,parlal’immunologa «Il problema è dei genitori, non delle mascherine ai bambini». La sola idea che le mamme e i papà protestino e stiano addirittura raccogliendo firme contro l’obbligo di indossare dispositivi di protezione in classe, quando seduti al banco, indispettisce l’immunologa Antonella Viola, docente di Patologia generale al Bo e anche direttore scientifico dell’Istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza, nonché madre lei stessa. Eppure, l’opposizione alle mascherine alle elementari e alle medie sta crescendo un po’ in tutta Italia e nel Veneziano, partita in sordina da qualche genitore in una scuola del centro di Mestre, ora sta dilagando con moduli della petizione «no mask» fotocopiati e distribuiti ovunque in
VENEZIA
centro storico e terraferma. «Non c’è alcun pericolo per la salute dei bambini, indossandola sempre quando sono in aula si riducono i rischi di contagio, più elevati quando sono senza, e le scuole possono rimanere aperte, certo deve essere confortevole ma può essere trasformata in un gioco», continua l’immunologa. Sui social (e nelle chat scolastiche) dilagano fake news in cui si sostiene che le mascherine, nei piccoli, possono produrre ad esempio ipercapnia, ossia l’aumento nel sangue della concentrazione di anidride carbonica e quindi fiato corto e senso di svenimento. «Non è assolutamente vero smentisce la Società italiana di pediatria - le mascherine possono essere fastidiose ma non hanno alcun impatto sui
In aula La maestra e i suoi alunni a lezione indossando la mascherina
bambini con più di tre anni». «Ma come fanno a dirlo? Non ci sono precedenti, anche con l’amianto si diceva che era sicuro... - ribatte Daria, promotrice della petizione veneziana - I bambini escono da scuola pallidi e con forti emi-
cranie, se qualcuno sviene in classe chi interviene? Si sta giocando con la salute dei nostri figli: a questo punto chiudiamo e diamo ai genitori la possibilità di organizzarsi». Le mascherine al banco e il rischio di quarantene per un contagio in classe, per alcuni genitori, non giocherebbero a favore della didattica in presenza. «Noi rispettiamo le regole, ma se i bambini sono distanziati che la mettano solo se si alzano come era prima continua Daria - oppure ci permettano di portare le chirurgiche sigillate, non quelle in dotazione che sono strette, prudono e provocano dermatiti. Dovrebbero, poi, cambiarle ogni ora, non ogni quattro». Che la mascherina debba essere «confortevole» e «ade-
VIII
Venezia Estuario
Domenica 8 Novembre 2020 www.gazzettino.it
Acqua alta, emergenza fino al 2021 `Finora sono già stati risarciti ben 1779 privati cittadini Il Governo sposta la scadenza al 14 novembre del prossimo anno per consentire al commissario di concludere gli interventi e 2153 imprese per un totale di oltre 23 milioni di euro `
DECISIONE ROMANA
fessionista per certificare i danni e la spesa sostenuta.
VENEZIA Era un po’ nell’aria che
LA SITUAZIONE
lo stato di emergenza per Venezia sarebbe stato prorogato, vista la richiesta che era stata presentata dal presidente della Regione Luca Zaia su sollecitazione del sindaco Luigi Brugnaro. L’ufficialità è arrivata con il Consiglio dei ministri di venerdì sera, il quale ha fissato la scadenza al 14 novembre 2021. Questo consentirà al sindaco-commissario di terminare i lavori alle opere pubbliche danneggiate, di finire la liquidazione delle spese di immediato ripristino sostenute da privati e imprese nonché di completare la raccolta delle richieste (corredate da perizia) per il risarcimento dei danni complessivi, il cui termine era stato fissato per venerdì 13. A questo punto, è più che probabile che quest’ultimo termine sarà spostato per consentire agli ultimi che stanno producendo ricevute e perizie asseverate di poterlo fare con sicurezza. Questo perché, tra acqua alta e covid, può essere stato difficile per alcuni trovare un pro-
Con gli ultimi decreti che riportiamo nella pagina successiva, la situazione dei rimborsi a privati e imprese è questa: sono stati risarciti delle spese di ripristino 1.779 privati cittadini, per un controvalore di 4 milioni 507 mila 105,68 euro e 2mila 153 imprese ed enti per un totale parziale di 19 milioni 47mila 662,48 euro. In totale, sono state soddisfatte 3mila 932 domande che corrispondono a 23 milioni 554mila 768,16 già liquidati. Il 66,9 per cento del totale delle 5mila 877 richieste di risarcimento ex lettera C. «Secondo le nostre proiezioni - spiega il responsabile della struttura commissariale, il capo di gabinetto del Comune, Morris Ceron - per fine novembre dovremmo arrivare all’80 per cento delle persone e degli enti rimborsati e dovremmo essere in grado di chiudere il piano entro gennaio o al massimo febbraio. Questo - continua - ci permetterà di passare la palla al Governo per quanto riguarda la lettera E, quella dei danni più
corposi di cui la struttura commissariale può occuparsi solo della raccolta delle istanze. Quella però sarà una partita che gestirà il Governo, che deciderà sulla percentuale da applicare ai danni totali». Dopo il decreto di questi giorni, la prossima settimana ne sarà emanato un altro di importo altrettanto cospicuo, almeno un paio di milioni.
LA RELAZIONE Domani, in Consiglio comunale, tra le comunicazioni del sindaco ci sarà anche la consegna ai consiglieri una relazione puntuale di tutto quello che è stato fatto a livello della struttura commissariale: finora 15 stralci per privati e imprese più lavori pubblici per circa 42 milioni.
A CENTINAIA SI SONO AVVALSI DEL PAGAMENTO DELEGATO SENZA TIRARE FUORI NEMMENO UN EURO
Condomini
«Burocrazia? Non c’entra, pagata 1 domanda su tre» VENEZIA Non è vero che per il risarcimento ai condomini le pratiche sono state rallentate dalla burocrazia. La struttura commissariale risponde così alle lamentele di Giampaolo Zane, presidente dell’associazione amministratori immobili: «Il Covid non c’entra. Le domande andavano presentate entro il 30 gennaio 2020 e nel bando stava ben scritta la procedura (verbale di assemblea o delega scritta dei singoli condomini). C’era tutto il tempo per fare le assemblee e infatti tanti le hanno fatte: sono stati finora riborsati 79 condomini su 237».
La liquidazione è andata veloce anche perché, a partire da aprile sono stati introdotte delle innovazioni: il rimborso parziale delle spese purché le pezze giustificative superassero il 30 per cento del totale, ad esempio. E poi , da luglio la è stata introdotta la possibilità di pagamento diretto da parte dell’amministrazione alle aziende che hanno emesso le fatture (almeno 500 euro per le famiglie e almeno 2mila 500 per enti e imprese), evitando così l’esborso di denaro da parte di famiglie e aziende già provate dall’emergenza covid.
PAGAMENTO DELEGATO «A centinaia si sono avvalsi del pagamento delegato - continua Ceron - e questa è stata una cosa molto apprezzata. È la tec-
IL COMUNE SPIEGA CHE I RIMBORSI SARANNO TUTTI DEFINITI ENTRO I MESI DI GENNAIO O FEBBRAIO
nologia che ha consentito di fare questo e di farlo presto. E quello che si è fatto qui diventerà presto una procedura nazionale, visto che cederemo il software alla Protezione civile affinché sia utilizzato per tutte le procedure di emergenza in Italia. Venezia in questo caso è stata un’esperienza che farà scuola: tutto è stato gestito senza carte e tutta con struttura comunale senza costi aggiuntivi. I numeri sono enormi e se le domande fossero state cartacee avrebbe richiesto quasi un anno il solo inserimento. Adesso è tutto più semplice anche per le verifiche. Nessuno lo aveva fatto prima - conclude - grazie a che a Maurizio Calligaro (ex capo di gabinetto del Comune e dirigente Veritas in pensione, ndr) che sta rendendo un servizio gratuito alla città coordinando i rimborsi della lettera C e poi a tutta la squadra che si è prodigata in modo esemplare. Se i lavori vanno velocemente è anche perché abbiamo preteso che i cantieri lavorassero anche sabato e domenica e con i tecnici comunali a controllarne puntualmente l’andamento». Michele Fullin © RIPRODUZIONE RISERVATA
RISARCIMENTO DEI DANNI Prosegue la liquidazione dei danni patiti da privati cittadini e imprese, enti o associazioni in seguito all’acqua alta eccezionale del 12 novembre 2019. Qui eravamo a Castello
San Camillo, nuovi progetti di ricerca La sindaca Roberta Nesto rassicura i genitori: LIDO L’ospedale San Camillo degli Alberoni al Lido si aggiudica altri quattro importanti finanziamenti destinati ad altrettanti progetti di ricerca per migliorare nella riabilitazione dopo l’ictus. L’importo economico complessivo riconosciuto dal Ministero della Salute è di un milione e 750 mila euro. Una conferma di eccellenza dell’istituto di ricerca lidense in particolare per la riabilitazione neurologica. In questi quattro nuovi progetti saranno impegnati quattro ricercatori: la dottoressa Maria Montefinese, il dottor Giovanni Pellegrino, il dottor Andrea Turolla e il professor Marco Zorzi. «Siamo orgogliosi di essere tra i primi istituti di ricerca in Vene-
to per numero di progetti vinti e il primo per importo erogato – sono le parole Mario Bassano, amministratore delegato della San Camillo Srl – e continueremo a sviluppare la nostra ricerca, nella speranza non solo di identificare nuove soluzioni e cure per una delle patologie più diffuse e invalidanti come l’ictus cerebrale, ma anche per offrire opportunità professionali ai tanti ricercatori italiani e non
DAL MINISTERO IN ARRIVO UN MILIONE E 750MILA EURO «LI INVESTIREMO IN DIAGNOSTICA E RECUPERO POST ICTUS»
solo che meritano di essere sostenuti nel loro prezioso lavoro». Ogni progetto sarà seguito da un’équipe di esperti composta da collaboratori interni ed esterni al San Camillo tra cui professori e ricercatori provenienti dalle università di Gent, Londra, Padova e Roma. «Questi studi – spiega il direttore scientifico del San Camillo Dante Mantini – ci consentiranno di fare importanti passi avanti nella diagnostica e nel recupero post-ictus, grazie alla combinazione di metodologie all’avanguardia per il fine ultimo di aumentare l’efficacia della riabilitazione personalizzata del paziente colpito da ictus, per la quale il San Camillo è un vero e proprio centro di eccellenza». Lorenzo Mayer © RIPRODUZIONE RISERVATA
«Proseguono i lavori di restauro delle scuole» CAVALLINO-TREPORTI «Proseguono gli interventi nelle scuole del territorio». È la rassicurazione fornita dalla sindaca Roberta Nesto che ha incontrato i genitori degli alunni della scuola “Pertini” in videoconferenza, ribadendo che il Comune continuerà gli interventi previsti per il plesso di Punta Sabbioni e gli altri edifici scolastici. Per quanto riguarda la scuola “Pertini”, dove nelle scorse settimane è stata effettuata la sostituzione degli infissi, verrà effettuato un intervento di manutenzione di tutte le porte durante le prossime vacanze di Natale, con la previsione di avviare un’opera
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SINDACA Roberta Nesto
di restauro dell’edificio durante la prossima estate.
LE ISTANZE DEI GENITORI «I genitori hanno presentato
le loro istanze, comunicando quelle che ritenevano fossero le criticità - ha spiegato Nesto Dopo questa prima azione, verrà avviato un intervento sulla struttura che stiamo definendo proprio in questi giorni: l’obiettivo è di concludere ogni intervento entro l’estate del 2022 con la sistemazione di pavimenti, intonaci e impianti. La scuola non ha problemi di sicurezza. Le infiltrazioni sono state già risolte». Sempre in questi giorni sono iniziati anche i lavori di sostituzione delle luci della scuola media “Carpaccio”, a Ca’ Savio: il finanziamento messo a disposizione dal Comune è di 90 mila euro. Giuseppe Babbo © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere del Veneto Domenica 8 Novembre 2020
VE
Il virus
La seconda ondata
LA CIRCOLARE
Oggi il ministro della Salute riunisce i suoi tecnici Veneto sotto la lente, Zaia: «Dipende solo da noi»
La Regione blocca tutte le visite e gli interventi non urgenti Cosa succede ● Da martedì e fino a data da destinarsi saranno sospesi in tutti gli ospedali del Veneto, pubblici e privati, gli interventi chirurgici e le visite specialistiche ● Saranno garantite le urgenze, le cure oncologiche, quelle materne e infantili, quelle per le malattie rare e tutte quelle indifferibili per il quadro clinico del paziente
VENEZIA Gente a passeggio sotto il sole dell’autunno, immersa nel rito dell’aperitivo finché il bar non è costretto ad abbassare la serranda. Struscio insistente, davanti alle vetrine. È tornata di moda perfino la spiaggia. Il distanziamento? Mavalà. Le mascherine? Boh, sì, più o meno. Calate sul mento, magari. Gli scatti sono arrivati ieri sui telefoni dell’Unità di crisi che a Marghera sta provando ad arginare in ogni modo l’avanzata del virus e non è stato un bel vedere. Anche perché mentre fuori si fa cin cin, dentro gli ospedali si assiste ad un boom: 3.820 positivi in più; 1.440 persone ricoverate (più 132), di cui 193 in terapia intensiva (più 19); i morti sono saliti a 2.571, 19 in più. Numeri che hanno già proiettato il Veneto in «Fascia 4» per quanto riguarda l’emergenza ospedaliera e che avanti di questo passo rischiano di scaraventarlo nel giro di qualche giorno in «Fascia arancione» per quel che attiene le restrizioni dell’ultimo Dpcm. Sul fronte delle cure, l’effetto è già stabilito e l’ha annunciato ieri la Regione: stop a tutti gli in-
terventi e a tutte le visite non urgenti in tutti gli ospedali del Veneto, pubblici o privati che siano. Quanto invece a bar, ristoranti e spostamenti tra i Comuni bisognerà attendere la riunione della Cabina di regia convocata per oggi a Roma dal ministro della Salute Roberto Speranza, nel corso della quale verranno nuovamente discussi gli indicatori di alcune Regioni. Il ministro potrebbe adottare nuove ordinanze che modifichino le fasce attuali: sotto la lente ci sarebbero soprattutto Campania, Liguria, Toscana e Sicilia ma anche Emilia Romagna, Umbria e Veneto, appunto. Anche ieri il governatore Luca Zaia ha prima rassicurato: «Non abbiamo evidenza di dati che in questo momento giustifichino uno spostamento della nostra Regione in fascia arancione e nuove misure restrittive» ma poi ha subito ammonito: «Non so se arriveremo in fascia rossa prima o poi, questo dipende solo da noi, da quanta attenzione faremo, se useremo la mascherina correttamente o no. Chi è causa del suo male può piangere solo se stesso, la Regione
ha fatto tutto ciò che doveva». Il punto è che si tratta sempre di capire quale risultato deriverà dalla combinazione degli ormai celebri 21 parametri, che come noto non contano tutti allo stesso modo. L’aumento dei contagi, con conseguente crescita dell’indice Rt, è dato praticamente per scontata; la speranza è di mitigarlo con i numeri sulla tenuta del sistema sanitario regionale. La rete delle cure sta reggendo l’urto anche grazie a scelte come quella adottata venerdì da Zaia e dall’assessore regionale alla Sanità Manuela Lanzarin, contenuta in una circolare diramata a tutti i direttori generali delle Usl e delle Aziende ospedaliere di Padova e Verona. «Si dispone di sospendere in ogni struttura ospedaliera pubblica e privata accreditata tutta l’attività chirurgica programmata per la quale è previsto il ricovero in terapia intensiva post operatoria e di ridurre l’attività programmata non urgente chirurgica ed in ambito internistico al fine di poter disporre di personale per la gestione dei pazienti Covid - vi si legge - ad eccezione dell’attività
Sospese Le visite specialistiche programmate, assieme agli interventi chirurgici, saranno sospesi in tutti gli ospedali del Veneto
I controlli in Veneto
Coprifuoco al debutto Prime sei sanzioni Mestre, multati mentre provavano a scappare PADOVA Nove sanzioni ai «furbetti», dai locali «tira-tardi» fino agli amanti delle passeggiate sul filo del coprifuoco. È il bilancio delle violazioni del Dpcm nei capoluoghi del Veneto nel corso della serata di venerdì, al debutto delle nuove norme previste dal decreto che ha diviso l’Italia in zone gialle, arancioni e rosse. Nella nostra regione, che rientra tra quelle contrassegnate dal colore giallo, è scattato il divieto di uscire di casa dalle 22 alle 5. Le forze dell’ordine si sono messe all’opera con posti di blocco e pattugliamenti per assicurarsi che tutti fossero informati delle regole, che nella maggioranza dei casi sono state rispettate. Con qualche eccezione. A Mestre tre ragazzi, tra cui anche un 17enne, sono stati «pizzicati» a zonzo nel cuore della notte tra venerdì e sabato: erano le 2, ben quattro ore oltre il limite. Quando hanno visto i lampeggianti di una volante della Polizia, i tre si sono lanciati nella loro auto, parcheggiata lì vicino. Appena il tempo di accendere il motore, e sono andati a sbattere contro un muretto, nel tentativo di eludere i controlli. Risultato: nessun danno grave, fuggitivi incolumi ma sanzionati per almeno 400 euro. Altre due multe staccate a Vicenza: nel centro storico gli agenti hanno sorpreso un ragazzo nigeriano e uno colombiano, entrambi di 27 anni, in giro tra le 22 e le 23, per giunta senza mascherina. Nei vari controlli a Padova, invece, solo una persona ha violato il coprifuoco in zona Arcella. Gli altri avevano tutti l’autocertificazione di rigore. Divieto rispettato anche a Treviso, dove la ventina di persone controllate erano munite di certificazione. Le multe da 400 euro sono scattate prima, quando la polizia ha trovato due bar aperti dopo le 18, con tanto di clienti ai tavoli. Nei guai anche un parrucchiere cinese, al lavoro tra forbici e phon senza la mascherina. © RIPRODUZIONE RISERVATA
non rinviabile in considerazione del quadro clinico e per la quale la prognosi e le gravi conseguenze cliniche sono fortemente influenzate dalle tempistiche di diagnosi ed intervento, in particolare nell’ambito della chirurgia oncologica, tenendo conto della storia naturale della malattia e dei protocolli integrati con chemio e radioterapia adiuvante». Non solo: «Oltre all’attività libero professionale intramoenia (quella svolta dai medici all’interno degli ospedali, fuori dall’orario di lavoro, ndr.) si dispone anche la sospensione dell’attività di specialistica ambulatoriale delle strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate, ad eccezione delle prestazioni prioritarizzate come U e B (ossia quelle che devono essere fatte entro 72 ore ed entro 10 giorni, ndr), garantendo, sia come prime visite specialistiche che di controllo, l’attività in ambito materno-infantile, oncologico, malattie rare e non rinviabile in considerazione del quadro clinico dei pazienti». Quanto si potranno fare le visite sospese? «Sarà cura di ogni struttura avvertire gli utenti programmati con altre priorità per riprogrammare l’appuntamento al termine dello stato di emergenza». Lo stop a interventi e visite inizierà martedì e durerà, secondo le previsioni, almeno tre settimane. L’invito ai dg è di implementare i servizi in modalità di telemedicina, e di ampliare il più possibile i servizi telefonici e on line. «Questo provvedimento è uguale a quello che adottammo il 13 marzo scorso - spiega l’assessore Lanzarin - ma c’è una differenza sostanziale: in primavera il blocco fu imposto dall’oggi al domani, questa volta ci siamo arrivati per gradi, con una progressiva riduzione delle prestazioni. Lo dimostra il fatto che all’epoca i ricoverati in terapia intensiva erano 110, oggi sono 190: in pratica si è arrivati al giro di vite solo quando non era proprio più possibile evitarlo. Attualmente il nostro problema non è tanto nei posti letto, che ci sono e sono pronti, ma nel personale, che stiamo cercando di recuperare ovunque sia possibile». Marco Bonet © RIPRODUZIONE RISERVATA
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PRIMO PIANO
DOMENICA 8 NOVEMBRE 2020 CORRIERE DELLE ALPI
Coronavirus: il rischio sanitario
Martedì scatta lo stop agli interventi e alle visite specialistiche in ospedale Zaia: stiamo per entrare nel vortice dell’uragano contagi. Lanzarin: sempre garantite tutte le prestazioni oncologiche Albino Salmaso / VENEZIA
Appello ai miscredenti della pandemia, alle folle che ingannano la giornata con il bicchiere di Prosecco in mano e si abbronzano all’ultimo sole dell’estate di San Martino: portate sempre la mascherina se volete salvare la pelle e non finire su un letto d’ospedale con il ventilatore d’ossigeno. «Siamo nel cuore della pandemia che dura di media 90 giorni. Ci saranno altre due settimane di forte crescita dei contagi, stiamo per entrare nel vortice dell’uragano e quindi abbiamo deciso di inchiodare le porte di casa per reggere meglio alla tempesta». Il messaggio di Luca Zaia è molto netto e la metafora altrettanto chiara: da martedì gli ospedali chiudono le porte all’attività programmata nelle sale operatorie e alle visite specialistiche. Il motivo? Bisogna liberare personale e reparti per assistere i pazienti Covid. E le terapie intensive vanno riservate ai casi più gravi per limitare i decessi. Insomma, scatta il giro di vite come a marzo: allora il lockdown di 8 settimane portò al blocco di 20 delle 80 milioni di prestazioni erogate in un anno. Lo stop d’autunno dovrebbe essere meno traumatico: si spera duri 3 settimane, tutto dipende dalla curva dei contagi che non si ferma.
CROMASIA
LA SITUAZIONE ATTUALE dati aggiornati alle 17 di ieri FASE GIALLA
1.440
Ricoverati Covid in ospedale
+132
193 +19
76.987 48.708 +3.820 +3.737 Positivi dal 21/2
Casi attualmente positivi
Ricoverati Covid in terapia intensiva
2.571 +19 Deceduti dal 21/2
COSA CAMBIA DA MARTEDÌ 10 NOVEMBRE Sospesa l’attività chirurgica programmata che prevede il ricovero in terapia intensiva
Sospesa l’attività libero professionale intramoenia e la specialistica ambulatoriale nelle strutture pubbliche e private convenzionate
NON ANDATE AL PRONTO SOCCORSO
Continua l’attività di urgenza nei pronto soccorso
CROMASIA
Il presidente della giunta regionale ha aggiornato sull’evoluzione della pandemia: altre 3.820 perone positive al test su 30 mila tamponi tra molecolari e rapidi. Per l’Iss e il Cts contano solo quelli supersicuri difesi con tenacia dal professor Crisanti e il rischio di superare l’1,5% di RT è reale. A casa sono curate 17.940 persone in isolamento, mai i tempi dell’assistenza sono lunghissimi, come documenta una lettera in-
Continua la chirurgia oncologica con i protocolli integrati di chemio e radioterapia
Continuano le prestazioni ambulatoriali specialistiche prioritarie come U (urgenti entro 72 ore) e B (brevi da erogare entro 10 giorni) con precedenza al materno infantile, oncologico, malattie rare
viata al nostro giornale da Cristina Marzano, docente universitaria di Chimica a Padova, e dal marito Andrea Balbo che denunciano i disservizi degli operatori Sisp costretti a fare i miracoli con 9.200 pazienti. Aumentano i ricoveri a quota 1.440 e altre 19 persone sono entrate in terapia intensiva, che ha già 193 letti occupati. Incombe quindi la fase 4, emergenza vera con gli ospedali che saranno riorganizzati per accogliere l’ondata di malati attesa nelle prossime settimane. Zaia lancia un appello: non intasate i pronto soccorso. Il 70% dei 3 mila pazienti che fa la coda ogni giorno al triage poi torna a casa, ma un 30% ingrossa l’esercito di malati. L’ap-
Riorganizzare i reparti per accogliere i pazienti Il nodo centrale delle rianimazioni pello di Zaia è uno solo: chiamare il medico di base o il numero verde, segnalare la sintomatologia e attendere le indicazioni su come effettuare il tampone. LA CIRCOLARE MASULLO
Da martedì quindi scatta il giro di vite negli 11 ospedali Covid del Veneto e anche nelle altre strutture, solo Padova e Verona molto probabilmente potranno continuare parte dell’attività ordinaria al Sant’Antonio e al Borgo Roma. Ma tutto è legato all’evoluzione dei contagi e nel suo primo documento il dg ad interim Gianluigi Masullo spiega che è sospesa «l’attività chirurgica programmata che prevede il ricovero in terapia intensiva». Stop anche alla libera professione intramoenia e alle visite specialistiche in ambulato-
Infermieri, sarà maxi concorso 5.200 ammessi per 190 posti
VENEZIA
Più di 5.200 candidati ammessi per i 190 posti in corsia messi in palio Azienda Zero. Il Covid non spaventa gli aspiranti infermieri che hanno ri-
sposto in massa alla selezione unica per assegnare 190 contratti a tempo indeterminato nelle aziende sanitarie venete. Si tratta di 10 posti all’Usl 1 Dolomiti, uno all’Usl 2 Marca Trevigiana, 60 posti all’Usl 3 Serenissima, 10 all’Usl 4 Veneto Orientale, sette all’Usl 5 Polesana, uno all’Usl 6 Euganea, 10 all’Usl 7 Pedemontana, 40 all’Usl 8 Berica, 44 all’Usl 9 Scaligera, un posto all’Azienda ospeda-
liera di Padova, uno a quella di Verona e cinque posti allo Iov. «Durante una delle conferenze a Marghera, il presidente del Veneto Luca Zaia disse che c’erano 500 domande e che i tempi dei concorsi sarebbero stati accelerati» sottolinea Ivan Bernini, segretario generale Fp Cgil Veneto. «Noi affermavamo che i 190 posti messi a concorso dalla Regione Veneto fosse-
COSA NON CAMBIA
Non sarà ovviamente un blocco totale, i trapianti di cuore non si fermano come prosegue l’attività oncologica con il protocollo integrato della chemio e radioterapia. Lo stesso provvedimento entra in vigore anche per le strutture private convenzionate, ad accezione della categoria Urgente che va assolta in 72 ore, mentre per la categoria B l’esame va effettuato entro 10 giorni. «Dobbiamo riorganizzare l’attività interna per recuperare personale per gestire le terapie intensive e le sub. Se vogliamo fronteggiare l’emergenza sarà decisiva la collaborazione con i privati. Abbiamo bisogno di specialisti in rianimazione e anestesisti» spiega l’assessore Manuela Lanzarin. Perché siamo arrivati al giro di vite? La risposta va cercata nel numero di malati in terapia intensiva: siamo a 193 con altri 1440 ricoveri Covid e tra qualche giorno si entra nella fascia 4, la soglia d’allarme grave. «Rispetto alla pandemia di marzo, abbiamo atteso oltre un mese prima di far scattare il provvedimento restrittivo, ci auguriamo che lo stop duri 2-3 settimane per poi tornare alla normalità. Non si discutono l’oncologia e gli screening di prevenzione», spiega l’assessore. Che lancia un messaggio di speranza: se tutti portano sempre la mascherina non esiste il rischio di finire nella fascia arancione, con la chiusura dei negozi tutto il giorno. Insomma, chissà se il popolo degli spritz alle 3 del pomeriggio imparerà a usare la cannuccia sotto la mascherina... — © RIPRODUZIONE RISERVATA
ro insufficienti; per questo chiedemmo di assumere tutti coloro che avevano fatto domanda di partecipazione al concorso stimandoli in circa 3mila domande. Chiarito che personale infermieristico che presenta domanda di partecipazione al concorso della regione c’è confermiamo quanto dicemmo allora: 190 posti sono insufficienti e ci sono le condizioni per colmare le carenze». Si profila una tre giorni di selezioni a Padova (24, 25 e 26 prossimi alla Kioene Arena) ad alto tasso di presenze, con una gestione anti-contagio per nulla semplice: doppi turni (alle 8.30 e alle 14) con poco meno di 1.800 candidati attesi a giornata. —
il nodo degli organici
Il Covid non frena gli aspiranti camici bianchi Tre giorni di selezioni alla Kioene Arena di Padova Cgil: aumentare le assunzioni
rio nelle strutture pubbliche e in quelle private convenzionate. Per farla breve, stop alle protesi dell’anca che slittano al 2021 e anche all’operazione della cataratta.
Un recente concorso sanitario di Azienda Zero a Padova
M.MAR.
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Primo Piano
Domenica 8 Novembre 2020 www.gazzettino.it
Pronto Soccorso Ulss 4 Veneto orientale 6/09
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Pronto Soccorso Ulss 5 Polesana
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6 marzo - 6 maggio 2020 6 settembre - 6 novembre 2020
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Pronto Soccorso Ulss 6 Euganea 1/11
6 marzo - 6 maggio 2020 6 settembre - 6 novembre 2020
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1/04 6/03 Fonte: Azienda zero, Regione Veneto
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PRONTO SOCCORSO Nei grafici in queste due pagine l’andamento degli accessi alle strutture dell’emergenza negli ospedali del Veneto durante il periodo primaverile e in questa seconda ondata dell’epidemia di coronavirus
100 1/04 6/03 Fonte: Azienda zero, Regione Veneto
1/05 L’Ego-Hub
Pronto Soccorso Ulss 7 Pedemontana 6/09
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Quasi 4mila contagi in appena un giorno Sos Pronto soccorso
6 marzo - 6 maggio 2020 6 settembre - 6 novembre 2020
300 250 200 150 100 50 1/04 6/03 Fonte: Azienda zero, Regione Veneto
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Pronto Soccorso Ulss 8 Berica
Raddoppiati rispetto a marzo gli accessi giornalieri al 118 Zaia: «Niente restrizioni regionali, ma usate la mascherina» `
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6 marzo - 6 maggio 2020 6 settembre - 6 novembre 2020
500 450 400
L’APPELLO
tie rare e non rinviabile in considerazione del quadro clinico dei pazienti. I pazienti saranno avvisati dalle Ulss e gli appuntamenti saranno riprogrammati “al termine dello stato di emergenza”. Tutto questo partirà nelle prossime ore, non oltre il 10 novembre. E quanto durerà? L’assessore Lanzarin: «Ci auguriamo che il provvedimento duri 2-3 settimane». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA
VENEZIA Per il secondo giorno consecutivo il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha tenuto la mascherina durante la conferenza stampa dall’Unità di crisi. Mascherina chirurgica. «Meglio tenerla», ha detto prima di rendere noti i dati del bollettino. Un segnale anche “visivo” per convincere i veneti a usare, sempre, i dispositivi di sicurezza. Perché la situazione sta peggiorando: 3.820 positivi in un giorno è un record. Quasi quattromila persone contagiate. E molte prendono d’assalto i pronto soccorso, dove gli accessi rispetto alla scorsa primavera sono raddoppiati. L’appello di Zaia è stato così duplice: usate la mascherina, evitate di ingolfare il pronto soccorso. «L’emergenza maggiore è lì».
I DATI In ventiquattr’ore il totale dei casi positivi in Veneto è salito da 73.167 a 76.987. I ricoverati in area non critica ieri sono stati 132, per un totale di 1.440; quelli in terapia intensiva 19, per un totale di 193. Diciannove i morti. In
isolamento 17.940 veneti. Zaia ha precisato: ci sono tanti positivi perché si fanno tanti tamponi, circa 30mila al giorno. «Stiamo crescendo, ma non come accadeva a marzo, se avessi fatto lo stesso numero di tamponi di oggi, circa 30mila ogni 24 ore, a marzo avremmo trovato il doppio di positivi, non i 3.800 di oggi, ma il doppio, oltre 6.000. Se avessimo la stessa percentuale di otto mesi fa saremmo al collasso». La curva, tra l’altro, continuerà a crescere: «Siamo a metà percorso, i prossimi giorni saranno ancora di ascesa», ha detto il governatore. Che ha ammesso: «L’emergenza maggiore è nei pronto soccorso, gli accessi sono doppi rispetto a marzo». In epoca pre-Covid il sistema sanitario veneto registrava 2 milioni di accessi all’anno ai pronto soccorso, più di 5mila al giorno. Lo scorsa primavera, scoppiata l’emergenza coronavirus, si è scesi a 1200-1300 accessi giornalieri. «Adesso siamo sui 3mila, più del doppio, c’è psicosi», ha detto Zaia. Che ha invitato tutti a rivolgersi al proprio medico: «Anche telefonicamente può darvi le indicazioni».
LE DIFFERENZE «Rispetto alla scorsa primavera c’è la metà dei posti letto attivati in terapia intensiva - ha detto Zaia -. I tempi di ospedalizzazione sono più bassi, da 4-5 settimane a 7-10 giorni. Si è abbassata l’età dei contagiati, ora sotto i 50 anni. I ricoveri in rianimazione sono di over 70. È identica, invece, la percentuale di personale sanitario contagiato: come a marzo, 1.510 persone su 54mila, ma la stragrande maggioranza dei contagi è avvenuto in ambito extraospedaliero». Il governatore ha escluso restrizioni regionali: «Pensiamo che siano sufficienti quelle attualmente in corso». Quanto al Dpcm di Conte, Zaia ha nuovamente escluso che il Veneto possa passare dalla fascia gialla a quella arancione: «Non ho notizie in tal senso, ho sentito il ministro Speranza per avere l’autorizzare a poter usare i veterinari per fare i tamponi, ma non abbiamo parlato di fasce. Posso però dirvi che se non portassimo la mascherina saremmo in fascia rossa». Come la Lombardia. Al.Va. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL CASO VENEZIA «Sei solo è sempre un Asino, vorrei spararti in bocca”. Firmato “ps”. È il messaggio di posta elettronica indirizzato al presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, e oggetto di denuncia per minacce e diffamazione. E non sarebbe l’unica querela presentata dall’Avvocatura regionale: anche se a Palazzo Balbi mantengono il massimo riserbo, risulterebbero infatti in lavorazione altre carte bollate relativamente a nuove minacce di morte indirizzate al governatore. La denuncia già presentata alla polizia postale e delle comunicazioni del compartimento del Veneto riguarda una mail spedi-
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minaccia e diffamazione erano indirizzate a Zaia. Nel verbale della polizia il responsabile dell’Avvocatura regionale ha precisato che la casella mail istituzionale è visionata dallo staff presidenziale di circa 10 persone. Dopo quella di settembre sarebbero giunte a Palazzo Balbi altre minacce al governatore. E sembra che ci saranno altre denunce.
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ta all’indirizzo istituzionale della presidenza della Regione da “salvatoreperillo@icloud.com”. L’oggetto della mail era “Zaia”. La frase riportata - “asino”, “vorrei spararti in bocca” - era chiaramente rivolta al governatore del Veneto. La missiva risale allo scorso settembre, ma solo ora si è saputo che è stata oggetto di denuncia. È stato il responsabile dell’Avvocatura regionale, Franco Botteon, a presentare per nome e per conto del presidente Zaia la denuncia-querela. Nel verbale l’avvocato Botteon ha segnalato che in data 21 settembre alle ore 20:59, alla mail istituzionale presidenza@regione.veneto.it, è giunta la missiva in questione e che, come indicato nell’oggetto,
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Minacce di morte al governatore «Ti sparo in bocca»
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I PRECEDENTI
PRESIDENTE Luca Zaia
IL MESSAGGIO ARRIVATO VIA MAIL IN REGIONE. PRESENTATA DENUNCIA ALLA POLIZIA
Anche in passato il governatore è ricorso alle carte bollate di fronte a minacce e ingiurie. Lo scorso luglio un artigiano aveva pubblicato su Facebook pesanti insulti e il caso era finito in Procura. Nel novembre 2019 il governatore era stato ritratto a testa in giù nel profilo sociale di un rapper locale con la scritta: “Leghista attento, ancora fischia il vento”. Lo scorso febbraio due vicentini, uno dei peraltro si era poi scusato per aver pubblicato una notizia falsa, sono stati condannati per diffamazione aggravata. (al.va.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL GIORNALE DI VICENZA
Domenica 8 Novembre 2020
IlVenetoelalottaalvirus
Ieri19400 tamponi: dafebbraioquasi 77mila infezioni
Perevitareilrischiodiassembramentiegarantirel’opportunodistanziamento,ieri a Verona invia Mazzini - la principale strada delloshopping - è stato adottato il senso unico per i pedoni da piazza Bra fino a viaCappello.Ilprovvedimento,messogiàinattoinpassatoperlefestivitàdel Natale, èstatodeciso inbasea protocolli disicurezza.
MENORISCHIDI CONTAGI
Verona, in via Mazzini pedoniasensounico
CIRCOLARE DELLA REGIONE A TUTTE LE ULSS. Si salvano soltanto le visite dell’area materna-infantile, oncologiche,per malattie rare e le urgenze dettate dai singoli casi
Ospedali,siamorientratineltunneldimarzo Iricoverisonoaquota1440:ègiàdifatto“allerta4” Damartedìaltaquasituttociòchenonècure-Covid Nienteoperazioniprogrammateoesaminonurgenti «Si dispone di sospendere in ogni struttura ospedaliera pubblica e privata accreditata tutta l’attività chirurgica programmata per cui è previsto il ricovero in terapia intensiva post operatoria. E ridurre l’attività programmata non urgente chirurgica edin ambito internistico al fine di poter disporre di personale per la gestione dei pazienti Covid». Il Veneto è ripiombato nello stesso tunnel di marzo. La circolare è firmata dall’attuale direttore ad interim della sanità Gianluigi Masullo, ma è la stessa - ha spiegato ieri l’assessore alla sanità Manuela Lanzarin dall’unità di crisi di Marghera - che il 13 marzo firmò l’allora direttore Domenico Mantoan. Allora, di fronte all’ondata di contagi e malati, si decise di calare le sbarre mentre negli ospedali c’erano 366 malati Covid, più 107 in terapia intensiva. Oggi i numeri sono molto più alti: 1440 ricoverati con SarsCov2, più altri 193 in terapia intensiva. Forte dell’esperienza di primavera infatti la Regione, sottolinea l’assessore, ha atteso il più possibile. Ma ora non si può più rinviare: scatta la “serrata”, come stabilito dopo che il governatore Luca Zaia ha riunito sia il “Comitato di crisi” affidato al dirigente Paolo Rosi, sia il Comitato tecnico-scientifico, sia i dg delle Ulss. Ne è nata la circolare per tutte le aziende sanitarie. “ALLERTA 4”. «Se abbiamo di
fronte 100 ricoverati al giorno in questa fase di massima salita dei numeri - spiega Zaia - c’è da aspettarsi che tra una decina di giorni avremo mille pazienti in più negli ospedali. Siamo attrezzati, anche se siamo in tensione e ringrazio tutti gli operatori sanitari per il lavoro straordinario che fanno, ma dobbiamo adeguare i piani». E l’assessore ribadisce che finora, per la seconda ondata del virus, la
Morti:+19 Infetti: +3820 Eicasigravi orasono193 Sono numeri molto pesanti quelli dell’ultimo report diffuso ieri sera dalla Regione. I nuovi casi di positivi al virus sono stati +3820 (a fronte di 19.420 tamponi molecolari), ennesimo record storico mai visto prima in Veneto. Ma quello che colpisce di più è che con i +132 ricoverati nei reparti ospedalieri in una sola giornata (salvo non ci sia stato un inghippo nei conti di venerdì che avevano indicato -8 facendo sperare in una frenata) il totale dei ricoveri Covid non gravi è salito a 1440, nonostante ci siano state anche 63 dimissioni di malati già curati, quindi a sole 60 unità dal limite per passare ufficialmente in “allerta 4”. Non solo: mancano “solo” 280 ricoveri per toccare il picco raggiunto in primavera. Ed ecco perché la Regione sta correndo ai ripari con nuove direttive a tutti gli ospedali. Anche il fronte delle terapie intensive, dopo la pausa di venerdì, vede un balzo di +19 ricoveri che rende vicinissima quota 200 (ora sono 193), anche se è lontano il picco di 356 raggiunto il 30 marzo. E purtroppo in Veneto ieri ci sono state altre 19 vittime: ben sette nella provincia di Verona e cinque in quella di Belluno, mentre padovani e veneziani piangono ciascuno tre lutti ed è mancato anche un trevigiano. Il totale dall’inizio della pandemia è di 2571 persone decedute.
Regione era riuscita «ad attuare un piano a fasi progressive, e anche modulandolo gradualmente su base provinciale: ogni singola Ulss poteva applicare un suo piano specifico, sulla base di quello generale». Non è più così. «Con l’inizio di questa settimana abbiamo attivato in modo formale i “Covid hospital”, ma indicavamo di sospendere in modo graduale le attività sanitarie quotidiane sia lì sia negli ospedali “spoke”, mentre restavano inalterate le attività dentro gli maggiori, gli hub, per garantire le prestazioni. Ora però siamo quasi in fase 4, e abbiamo già dato istruzioni per attivarla». Il Comitato di crisi col coordinatore Rosi ha preparato la circolare, spedita alle Ulss «ma anche ai privati accreditati e convenzionati perché coinvolgiamo anche loro». LOSTOP. La sospensione quin-
di sarà drastica da martedì. Si ferma l’attività chirurgica già programmata laddove prevede che dopo l’operazione ci sia ricovero in terapia intensiva (anche nelle cliniche private) in modo che sia destinata solo alle emergenze. Alt anche a operazioni programmate: ortopedia (protesi all’anca e altro), urologia, oculistica... si ferma tutto o quasi. E così pure le visite specialistiche “intra moenia” dei medici anche nei centri privati convenzionati, e un po’ tutte le visite ed esami ambulatoriali eccetto quelle urgenti o a breve termine (cioè quando il medico fissa “entro 10 giorni”). L’invito, conclude l’assessore Lanzarin, è a utilizzare il più possibile la telemedicina: «Come a metà marzo, dobbiamo essere pronti a far fronte a richieste e numeri che arriveranno con la fase successiva. Non è solo questione di liberare letti ospedalieri per malati SarsCov2: il vero problema è anche recuperare personale interno da destinare, previa formazione se necessario, ai reparti covid». • © RIPRODUZIONERISERVATA
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a 1.501 ricoveri scatta la “fase 4” di emergenza ospedaliera
1.718 Il picco raggiunto in primavera, il 1° aprile
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Piero Erle
La crescita di ricoveri Covid nei reparti medici: si avvicina la “fase 4”
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ARRIVAL’URAGANO. Zaia: «Suem,no contagigrazie alle mascherine»
Arruolati anche i privati Concessipiùcompensi Avranno25milioni per ricoveriCovidfattifino adagosto e per i letti tenuti adisposizioneenonusati «Arriva l’uragano e noi stiamo “inchiodando” porte e finestre per prepararci, senza panico. Ai cittadini dico che tutto questo oggi non è problema della sanità ma di tutti noi: il personale del Suem 118 che va nelle case di chi è positivo non si è infettato usando la mascherina chirurgica, basta questo per capire cosa bisogna fare». Il governatore Luca Zaia, ieri a Marghera, ha ribadito la sua linea: no a nuove restrizioni, massimo invito a tutti a usare mascherine e igienizzare le mani. Zaia ritiene che si possa raggiungere il picco verso il 20 novembre e raccomanda a tutti di «non dare l’assalto ai pronto soccorso, che hanno numeri di accessi doppi rispetto a marzo: meglio rivolgersi al proprio medi-
ManuelaLanzarin, LucaZaia e Gianpaolo Bottacin
co di base, anche perché nel 70% di chi si presenta poi viene rispedito a casa». CONTAGIATI 1500 SANITARI.
L’emergenza c’è, ma rispetto a marzo il governatore ricorda che «abbiamo molti più positivi solo perché facciamo molti più tamponi, e viceversa i ricoveri in ospedale hanno una durata media che si è ridotta: si arrivava a 3-4 settimane di degenza e adesso la media è di 7-10 giorni. L’età media del contagiato poi ades-
so è dai 45 si 55 anni, mentre ltra i ricoverati Covid è ben più alta: 70 anni. Infine - fa notare Zaia - va detto che il grado di infezione dei nostri sanitari è simile a quello di marzo: siamo a 1510 infettati su 54 mila dipendenti, e molte infezioni sono extra-ospedaliere, per cene e altro». L’AIUTODEIPRIVATI. Come no-
to, la Regione coinvolge nell’organizzazione delle cure anti-Covid anche le strutture private. Ma rispetto alla pro-
posta arrivata dai gestori privati di gestire gli ex ospedali chiusi e rimessi in sesto, Zaia glissa: «Nessuna polemica, ma il problema non è aprire ospedali dismessi, che per noi è l’ultima frontiera perché vorrebbe dire che è allarme totale, ma avere il personale per sfruttare tutte le nostre strutture. Parliamo di terapie intensive, reparti Covid: se hanno anestesisti, pneumologi e altri operatori ce li mettano a disposizione». «Anche in marzo abbiamo avuto casi di strutture private che hanno offerto personale alle Ulss», conferma l’assessore Lanzarin. La Regione del resto chiede aiuti anche a personale in pensione, oltre che all’esercito. E che il rapporto coi privati sia di collaborazione lo dimostra la delibera del 21 ottobre con cui la nuova giunta Zaia, in base alla legge ma in attesa di un decreto finale da Roma, ha intanto concesso 25,9 milioni di remunerazione speciale alle 11 strutture ospedaliere private che hanno dato aiutato da febbraio nelle cure per il Covid-19: 3500 euro per ciascuno dei 7.071 ricoveri fatti dai privati fino ad agosto, più 100 euro al giorno per ogni letto rimasto non occupato. • P.E. © RIPRODUZIONERISERVATA
AUDIZIONEDIAGENAS INSENATO. Ildg Mantoan: «Sonoil perno percreare una forte strutturasanitaria sulterritorio»
«Regioni,troppopochi gli infermieri» EFpCgilrilancia:«500 candidati ad Azienda Zero, siano presi tutti» «In Italia abbiamo 4 medici per 1000 abitanti: siamo in linea con Svezia, Danimarca e Germania. Ma è per gli infermieri che siamo assolutamente sotto la media: ne abbiamo solo 5,8 infermieri per mille abitanti, mentre Francia, Olanda e Belgio ne hanno oltre 10: il doppio. E addirittura la Germania arriva ad averne 13». È stato il direttore generale Domenico Mantoan di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari
delle regioni), in audizione nei giorni scorsi alla commissione “Igiene sanità” del Senato, a indicare qual è il primo problema strutturale della sanità nelle diverse Regioni. Mantoan ha ricordato che il problema dell’Italia è il progressivo aumento di persone spesso anziane con malattie croniche (oggi sono in 2,5 milioni con cronicità complesse, e aumenteranno). RIORGANIZZARE. E allora se
l’Italia ha deciso di ridurre a 3,2 ogni mille abitanti i letti ospedalieri (la Germania ne ha 8, la Francia 6) per evitare la pressione sugli ospedali bisogna per forza che le Regioni organizzino in modo molto strutturato la medicina sul territorio. I medici di medicina generale in Italia sono 43 mila (e i pediatri 7500) con una presenza diffusa: occorrerà studiare «un nuovo modello di cure primarie per farsi carico di una popolazione che è invecchiata», ad esempio anche con medici di base assunti oppure inseriti in strutture accreditate che siano dotate anche di tecnologie
e altro. Si punta sugli ospedali di comunità per cronici, sulla tele-medicina che sfrutti anche le novità tecnologiche di oggi ma che va regolamentata. «Sono le Regioni meglio organizzate con la medicina territoriale quelle che hanno retto meglio anche alla pandemia da Covid19 - sottolinea Mantoan - e chi ha inventato le unità speciali Usca ha avuto una grande idea. Ma al di là di questa crisi, sono invecchiamento e cronicità che impongono di arrivare a un decreto ministeriale, che come con gli ospedali, dia le regole per l’assistenza sul territorio. Ed è indubbio
che la figura centrale in tutto questo è quella dell’infermiere: reggono meglio gli Stati che hanno investito sugli infermieri, specie quelli di famiglia o di comunità». IL CONCORSO. E sul tema in-
fermieri interviene Ivan Bernini segretario regionale Fp Cgil, che svela che al “Concorso pubblico per 190 posti di infermiere» indetto da Azienda Zero sono uscite le graduatorie degli ammessi al concorso che si svolge a fine novembre: sono stati ammessi 5.248 infermieri» tra cui 184 all’Ulss Pedemontana e 438 all’Ulss di Vicenza. «Confer-
Infermieri“bardati“ per l’assistenzaamalati Covid
miamo - dice Bernini - che per noi 190 posti sono insufficienti e ci sono le condizioni per colmare le carenze evidenziate dalla Regione per poter procedere celermente
all’assunzione del personale necessario, creando anche le condizioni per poter supportare ospedali, territorio e strutture per anziani». • P.E. © RIPRODUZIONERISERVATA
Cronaca 11
L'ARENA
Domenica 8 Novembre 2020
L’incuboCoronavirus
L’avanzaredellapandemia ela guerraalvirus
DalCoviddanni graviaibilanci dellefamiglie
Dallafinedi febbraiodiquest’anno la diffusione dell’epidemia di Covid-19 ha generato uno shock macroeconomico di entità eccezionaleedidurataincerta.Lacrisihade-
terminato un peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie, soprattutto nel Mezzogiorno, dove è superiore la quota di famiglieincuiilprincipale percettoredi
redditodalavoroèoccupatoinposizioni temporanee e in settori più espostiaglieffettidellapandemia. È quanto emerge dal rapporto di Bankitaliasull’economia.
LE CIFRE DELL’EMERGENZA. Il Coronavirus in questa seconda ondata non colpisce solo anziani
Positivi,789nuovicasi Scendel’etàdeiricoverati DallaRegionel’identikitdei contagiatifiniti all’ospedaleinVeneto Molti tra i 50 e i 69 anni. Zaia: «Pazienti più giovani rispetto a marzo»
Inumeri esprimono latendenza rispettoalla gravitàdeiricoveri nelle UlssdelVeneto e nelle aziendeospedaliere di Padova e Verona
eport giornalieriperla regionee perla nostra provinciahannodato cifre in aumentorispettoai giorniprecedenti
LARETE INPROVINCIA. Previsti iprimi 25 posti lettocome a marzo
All’Orlandiriparte lariabilitazione Covid Piùletti inintensiva alMagalinie alFracastoro Francesca Mazzola
L’Orlandi di Bussolengo sta spostando pazienti di medicina generale non Covid in fretta e furia ad altri ospedali della rete Ulss 9. Questi viaggi in ambulanza, che hanno causato il disappunto di qualche familiare perché comunicati all’ultimo, sono necessari per rispondere in tempi veloci al cambio di scenario della pandemia che come si può leggere negli articoli in pagina sta per mettere la sanità veneta in «fase 4». Tale fase prevede per l’Orlandi l’apertura di 25 posti letto di assistenza e riabilitazione per pazienti Covid post acuti. Come avveniva in primavera. Nella peggiore delle ipotesi, se ne potranno aggiungere fino a 50. La fase 4 è quella più impegnativa prevista dal piano di emergenza d’autunno di Azienda Zero prima di andare a intaccare le attività di Borgo Trento e Policlinico. La circolare firmata dal dottor Gianluigi Masullo, direttore ad interim area sanità e sociale della Regione, è stata spedita in tutta fretta venerdì sera ai dg delle Ulss e aziende ospedaliere regionali, che già ieri mattina si sono messi all’opera. Per l’Ulss 9 il punto focale è il Magalini di Villa-
Ilreparto malattie infettivedell’Orlandi
franca, il Covid Hospital provinciale. «In primavera abbiamo sospeso l’attività materno infantile per liberare anestesisti a disposizione della terapia intensiva», spiega il dg della Scaligera Pietro Girardi, «ma lo avevamo deciso in concerto con Peschiera che ci ha supportato. Lunedì avremo una riunione con Pederzoli, Negrar e Azienda ospedaliera e vedremo se dovremo rifarlo». Chiudere il punto nascita si profila necessario a causa della cronica carenza di anestesisti, forniti anche da cooperative, che andrebbero tutti a lavorare per i pazienti Covid più impegnativi. «Dovremo aprire fino a
30 posti letto di ti Covid», riprende Girardi, «in parte lo abbiamo già fatto affiancando ai 15 posti intensivi di Villafranca altri 10 al Fracastoro. Qualche ora fa, di questi, otto erano già occupati». Con che spirito si torna in trincea? «Sono carico», afferma Girardi, «nel doppio significato: di energia e di questioni da risolvere. C’è ancora una diversa percezione della situazione tra chi vive negli ospedali e la gente fuori. Questo purtroppo alimenta poi l’indotto degli ospedali stessi... Anche se con la chiusura dei centri commerciali mi sembra che qualcosa stia cambiando». •
Lasuddivisione deiricoverati in Veneto perfasce d’età: quella maggiormentecolpitarisulta sostanzialmente lafascia dai70 anniin su
Verona si prepara alla sospensione - obbligatoria a partire da martedì come indicato nella circolare inviata ieri da Venezia alle 9 Ulss, alle due Aziende ospedaliere e alle strutture private convenzionate - di tutte le attività chirurgiche e internistiche programmabili per far fronte all'emergenza Coronavirus. Il Piano di Sanità Pubblica prevede infatti un programma a 5 livelli di rischio in base al numero dei ricoveri in area non critica e in terapia intensiva, e il Veneto è ormai arrivato al penultimo. A ieri sera la situazione negli ospedali veronesi contava 51 contagiati Covid in rianimazione (+9 in 24 ore) e 272 (+28) in area non critica, in totale 323 ricoverati che ci portano diritti nella penultima fascia dell’emergenza, quella che su base regionale prevede da 150 a 250 pazienti in rianimazione e da 900 a 1.500 in reparti non critici.
Unostudio delMinistero dellasanitàsulla mortalitàdiceche l’etàmediadelle vittimeè80anni
Sempre per la provincia veronese ieri altri 7 morti (in tutto 682 da febbraio) e una nuova impennata di positivi: ben 789 casi in più rispetto a venerdì, arrivando alla quota di 8.063 «attualmente contagiati». La Regione, insieme ai numeri del report quotidiano, ha fornito anche una serie di dati sulla tipologia dei pazienti ricoverati, Ulss per Ulss, che permette di delineare l’identikit di chi oggi, rispetto a marzo, ha bisogno di essere curato in ospedale. Se in primavera erano soprattutto gli anziani, pluripatologici, positivi al Covid, ad avere bisogno di assistenza respiratoria invasiva con l’intubazione in rianimazione, oggi l’età si è abbassata, anche di chi finisce in rianimazione. Come emerge dal secondo dei grafici (aggiornato al bollettino di due giorni fa), nella provincia di Verona la maggioranza dei ricoverati - sia quelli nei due ospedali dell’Azienda Ospedaliera, cioè Borgo Trento e Borgo Roma, che quelli accolti nelle strutture di tutta l’Ulss 9 - si trovava nella fascia tra i 50 e i 69 anni. Gli anziani tra i 70 e i 79 anni erano invece 85 mentre tra gli 80 e gli 89 anni 72. C’erano poi 27 ricoverati over 80 e un numero ancora esiguo,
cioè 26, con un'età tra i 15 e i 49 anni. La suddivisione corrisponde a quella regionale dove la maggioranza dei ricoverati sempre secondo il monitoraggio di due giorni fa che conferma comunque la tendenza generale di questa seconda ondata - ha un'età tra i 50 e i 69 anni. «In questa fase autunnale della pandemia», ha infatti spiegato il presidente Zaia, «a finire in corsia sono persone più giovani rispetto ai “nonni“ o ai “genitori anziani“ che erano invece i candidati ideali in primavera. Questo significa che, oggi, i pazienti bisognosi di stare in ospedale, avendo dalla loro una condizione di salute più integra proprio legata all’età, non arrivano alla terapia intensiva ma si fermano prima, nelle forme più gravi di Sars Cov 2, nelle semi-intensive. Ad oggi sono proprio questi reparti a registrare il tutto esaurito». La Regione ha anche classificato la «gravità» dei ricoverati in base al grado di infezione contratta. Studiando i report aggiornati ad alcuni giorni fa, a Verona erano 36 i pazienti intubati, 54 quelli gravi in una situazione critica bisognosi di ventilazione non invasiva mentre la maggioranza (174) aveva una polmonite severa e solo 23 erano classifi-
cati come pazienti lievi. Quanto alla mortalità, invece, il ministero della Sanità ha presentato uno studio con le caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars Cov 2 in Italia, aggiornati al 4 novembre. L'età media del paziente deceduto è di 80 anni: uomini 57.4%, donne 42,6%; numero patologie preesistenti: 0 nel 3,4% dei casi; 1 malattia nel 13,1%; 2 patologie nel 19,1%; 3 o più patologie nel 64,4% delle vittime. Quanto alle patologie preesistenti osservate più frequentemente: cardiopatia ischemica per il 27,8%; fibrillazione atriale per il 24%; scompenso cardiaco nel 16,1% delle vittime e, per l’11,3%, l’ictus. Infine, c’è un rapporto dell’Istituto superiore di Sanità e dell’Istat del 16 luglio del 25 maggio che rileva che il Covid-19 è la causa direttamente responsabile della morte nell'89% dei decessi di soggetti positivi, mentre invece per il restante 11% le cause di decesso sono le malattie cardiovascolari (4,6%), i tumori (2,4%), le patologie del sistema respiratorio (1%), il diabete (0,6%), le demenze e le malattie dell'apparato digerente (rispettivamente 0,6% e 0,5%). • C.F. © RIPRODUZIONERISERVATA
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L'ARENA
Domenica 8 Novembre 2020
VERONA
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SOSTERAPIE INTENSIVE. Previsto il trasferimento dipersonaleda ogni reparto peressere dedicato aipazientiCovid
Sifermanonegliospedali visite e attività chirurgiche Sigarantisconosoltantourgenze eprestazionisalva-vita Zaia a Ulss e Aoui: «Bisogna tenere liberiipostilettoinrianimazione» Camilla Ferro
Preoccupato: «Stiamo crescendo a colpi di oltre un centinaio di ricoveri al giorno: nelle ultime 24 ore abbiamo accolto 109 pazienti in area non critica e altri 12 in terapia intensiva, raggiungendo ad oggi un totale di 1.410 persone nel primo caso e di 186 nel secondo. Il dato, su scala regionale, indica che il virus corre, e tanto: non circola veloce come a marzo, ha caratteristiche diverse per alcuni aspetti, ma siamo lì, la bestia è quella». Concreto: «Stiamo entrando nella quarta fase del Piano di Sanità Pubblica che lega il grado di emergenza sanitaria alla percentuale di occupazione dei posti letto negli ospedali, nelle rianimazioni soprattutto. Le fasi sono 5, siamo già con mezzo piede nella quarta: tempo qualche giorno e ci entriamo diritti. Quindi, da oggi con il termine ultimo di martedì per l’esecutività, in tutti gli ospedali del Veneto, compresi i privati, le attività chirurgiche programmate e quelle ambulatoriali non urgenti si fermano. Tutti gli spazi e soprattutto gli operatori vanno concentrati nella cura dei malati Covid». E’ uno Zaia rabbuiato quello che ieri, aiutato dall’assessore alla sanità Manuela Lanzarin, ha annunciato la novità di giornata: stop a tutte le attività chirurgiche non urgenti, pubbliche e private, anche quelle in libera professione. «Abbiamo mandato una circolare alle Ulss, alle Aziende Ospedaliere e ai privati accreditati, con cui fermiamo ogni attività di sala operatoria fatta eccezione per le emergenze-urgenze, così da tenere liberi i posti letto nelle terapie intensive. Facciamo lo stesso con tutta l’attività internistica in modo da disporre di personale da trasferire sui pazienti Covid, ad eccezione naturalmente delle cure salva-vita, ad esempio quelle oncologiche. In questo momento dobbiamo regimentare al meglio il lavoro per avere la massima disponibilità di medici, infermieri, oss, insomma tutto il personale sanitario, che non smetterò mai di ringraziare. Con oltre 100 ricoveri in più al giorno, se prosegue questo trend tra 10 giorni avremo un migliaio di malati in più da ricoverare. Siamo pronti per farlo, senza panico, ma dobbiamo farci trovare pronti». Di nuovo il presidente: «Siamo costretti a fermare tutto ciò che è rimandabile perché abbiamo bisogno di coinvolgere le forze sulla battaglia al
Coronavirus. Non sono i posti letto a mancare ma è piuttosto la necessità di personale ad imporre la chiusura di reparti e di attività specialistiche, chirurgiche e ambulatoriali, sia nei centri spoke (nosocomi sul territorio) che negli hub (ospedali nei capoluoghi provinciali)». Sono i numeri ad imporre di bloccare le prestazioni elettive (cioè programmabili) in tutto il Veneto e quindi a «chiudere» reparti, garantendo solo le urgenze-emergenze, le cure oncologiche, i punti nascita e le prestazioni a chi è a rischio di vita. «Stiamo andando verso la metà del naturale percorso dell’epidemia, che dura circa 90 giorni», ha ricordato Zaia, «fino a metà novembre continuerà la sua ascesa, arriverà al picco e poi finalmente comincerà la fase discendente. Ci aspettiamo, dai modelli di calcolo, che nelle prossime ore avremo il culmine del contagio, per cui vi prego di non affollare i Pronto Soccorso». Gli accessi al 118 rispetto alla prima ondata sono raddoppiati, «prima del Covid la media era di circa 4.500 al giorno», ha confermato il presidente, «poi con il lockdown di primavera siamo scesi a 1.200 e da inizio ottobre, invece, siamo risaliti a 2.500-3.000. Ricordo che il 70% poi va a casa, senza ricovero. E’ importante, adesso, intercettare queste persone sul territorio, chiedo quindi ai cittadini di andare al Ps solo se indispensabile e di rivolgersi al medico di base». Di nuovo inquieto: «Ci stiamo preparando all’uragano. La partita ce l’abbiamo in mano noi: portando la mascherina il contagio si azzera ma, purtroppo, in alcuni non c’è senso civico e non c’è verso di farglielo capire, salvo poi essere i primi a lamentarsi se li rinchiudono in casa. Le restrizioni arrivano quando manca la collaborazione richiesta a tutti: per ora il Dpcm è sufficiente, ma se non collaboriamo finiamo male. Io non ho intenzione di appesantire le norme ma a questo punto non dipende da me, la partita è nelle mani di ciascuno di noi». E quindi, il solito appello: «Se nessuno, per assurdo, portasse la mascherina, è garantito che noi oggi saremo in “zona rossa“. E’ fondamentale usarla sempre. L’indice di trasmissione, l’Rt, deve restare basso: ci riusciamo con il distanziamento, l’igiene delle mani e la protezione sulla bocca». Intanto, da martedì, proprio perchè non «ci riusciamo», gli ospedali cureranno prioritariamente i malati Covid. •
Ilgovernatore Luca Zaiaieridurante l’incontrocon lastampa
L’arrivoinambulanza al PoloConfortinidi un pazienteaffettodaCovid.Anche ierii re
STUDENTI IN PIAZZA. In Bra esasperati per il ritorno alla didattica a distanza e «il tempo perso»
«Dobbiamometterciin gioco mavogliamofarlo inclasse» «Nientepiù stage,presi ingiro» Ecrescel’ansiaperlamaturità Laura Perina
Si passano il microfono a turno e ciascuno racconta le proprie difficoltà. Nel mirino c'è la didattica digitale integrata, ex didattica a distanza: ha fatto di nuovo irruzione alle superiori, ma per gli studenti erano ben altre le cose da fare per garantire il diritto allo studio. A cominciare dalla riorganizzazione delle corse degli autobus, sui quali «abbiamo sempre viaggiato stipati», spiegano da piazza Bra. Sotto il Municipio si sono incontrati una cinquantina di ragazzi con alcuni professori e genitori per un momento di confronto organizzato dalla Rete degli studenti medi di Verona. È tanta la delusione per la chiusura dei plessi e per le lezioni gestite nuovamente da remoto, nonostante tra i banchi «i casi di contagio siano stati pochi e isolati», affermano Sara Giacomelli e Vittoria Begnino, rappresentanti d'istituto al Liceo Artistico di Verona. «Tutti ci siamo impegnati a mantenere le regole. Le scuole hanno speso tempo e denaro per mettere in sicurezza ambienti che sono stati chiusi lo stesso. Ci sentiamo
Lamanifestazionein Bra
Studentie «profe»si sono dati appuntamentoierimattina incentro
presi in giro». E altri, che provengono da altre scuole (Messedaglia, Fracastoro, il liceo Cotta di Legnago...), annuiscono. Il Dpcm che ferma la didattica in presenza fino al 3 dicembre permette di mantenere «dal vivo» alcuni laboratori e gli istituti professionali sono fra le scuole con più ore dedicate a queste attività. «Noi di ragioneria usiamo dei software di contabilità particolari e molto costosi,
impossibile averli sul pc di casa», sottolineano Jacopo Sandrini, Hajar Chihab e Andrea Panzarini dell'istituto Sanmicheli. «Per i più grandi queste sono anche materie d'esame e chi ha già perso metà anno, l'anno scorso, rischia di non arrivare preparato a sufficienza alla maturità. Soffriamo anche la sospensione dell'alternanza scuola-lavoro», spiegano. «Per noi gli stage significano ingresso nel mondo del lavoro».
Per contribuire la Rete sta stilando una «carta dei diritti» degli studenti e delle studentesse in Dad. Tra i promotori c'è Lorenzo Baronti, rappresentante al liceo Montanari. «Uno dei problemi sono le reti internet scolastiche. Non sono abbastanza potenti», dice. «Ieri (venerdì per chi legge) avevo due ore di Scienze umane, la mia materia d'indirizzo, quella che dovrò portare all'esame di Stato, e la connessione era tal-
mente instabile che la mia prof è stata costretta a girare per mezza scuola prima di collegarsi. C'è riuscita dall'aula magna. Impossibile studiare e prepararci come vorremmo in queste condizioni». Professori e genitori condividono la battaglia. «Questo è il risultato di anni di tagli ai fondi, che hanno portato a scuole con strutture poco adeguate, classi con troppi studenti e carenze di insegnanti anche ora che i plessi sono chiusi», dice una docente del Montanari. «Siamo preoccupati per la salute fisica e mentale dei nostri ragazzi», fa eco Rachele Peter del movimento Ridateci la scuola. «Capiamo la necessità di contenere i contagi, ma dall'altra parte non ci sembra che ci siano in atto interventi per migliorare il problema dei trasporti in vista del rientro a scuola». Su questo punto anche i ragazzi sono disillusi, quasi tutti si aspettano una proroga delle restrizioni, di non poter tornare in classe «almeno fino alla fine delle vacanze di Natale». A fine mattinata Antonio e Guglielmo, del liceo classico Maffei, fanno ascoltare un audio che hanno registrato per raccontare il disagio degli studenti lasciati a casa. «Siamo sacrificabili, perché tanto, ci dicono, possiamo chiuderci nelle nostre stanze con la musica nelle orecchie e concentrarci sulla luce di uno smartphone. Ma gli adulti che ci biasimano dovrebbero capire che non siamo questo. Siamo stanchi di essere messi in secondo piano. Vogliamo metterci in gioco e lo vogliamo fare a scuola». • © RIPRODUZIONERISERVATA
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PADOVA
DOMENICA 8 NOVEMBRE 2020 IL MATTINO
asfaltature e illuminazione
IN BREVE
Pontevigodarzere, nuovo look investimento da mezzo milione
Palazzo Moroni Domani Consiglio in videoconferenza
Mezzo milione di euro investiti per Pontevigodarzere. Ieri il vicesindaco Andrea Micalizzi ha incontrato i residenti per aggiornali sugli interventi iniziati e quelli pronti a partire. Tre i capitoli concordati con i cittadini: asfaltature, manutenzioni e illuminazione. Due settimane fa infatti il vicesindaco aveva già incontrato gli abitanti del quartiere, dopo alcune proteste: il rione lamentava poca attenzione da palazzo Moroni. Il metodo scelto da Micalizzi parte dalla strada, dal constatare con i propri occhi i bisogni del territorio, quindi studiare un piano di azione partecipato e, infine, trasformare i bisogni in opere. Dalla bicicletta con una ventina di persone di quindi giorni fa l’esponente EFN è tornato a Pontevigodarzere con i tecnici e alcuni lavori sono già partiti. E ieri, di fronte ad una quarantina di persone, Micalizzi ha informato il quartiere in presa diretta. Per le strade, asfaltato il rondò ai piedi del cavalcavia e la zona ex Saimp, idem alcuni tratti di via Reni e via Pontevigodarzere; pronte le asfaltature delle vie Zanon (quella che costeggia
Viabilità Via Tommaseo ancora chiusa L’incontro a Pontevigodarzere con il vicesindaco Micalizzi
l’argine), dalla chiesa alla rampa, tutta via Vittoria e alcuni tratti da completare su via Pontevigodarzere. Per le manutenzioni dei marciapiedi gli operai del Comune sono già intervenuti su via Vittoria, sottopasso compreso; interverranno sulle vie Longo e Parpaiola e anche nel rione di Villa Laura, tra le strade Villa Laura, via Tura Cosme, via De Roberti, alcuni tratti via Pontevigodarzere, vicino l’area Idrotermici, alcuni tratti di via Ferrero e infine i marciapiedi intorno alla rotonda della Castagnara. «I marciapiedi sono importanti» ha sottolineato il vicesindaco «perché miglio-
mercoledì la videochat
Dopo l’addio di Bonavina Giordani convoca riunione di AmoPadova Ci proverà direttamente il sindaco Sergio Giordani a rimettere ordine dentro la sua civica. Dopo le ultime vicende interne, chiuse con la frattura e i dissapori tra l’assessore a sicurezza e sport Diego Bonavina e alcuni tra i più noti esponenti di AmoPadova (l’associazione nata nel 2017 per sostenere la candidatura di Giordani, poi diventata espressione in consiglio della sua lista con 4 consiglieri ed un posto in giun-
rano la qualità della vita». Infine, a sorpresa, Micalizzi ha annunciato al quartiere la nuova illuminazione: «I lavori saranno divisi in due stralci» rivela «il primo inizierà a dicembre (per essere completato tra fine gennaio e febbraio) e riguarda il tratto dal Brenta, entrando dentro Villa Laura, fino a confine con Vigodarzere. Il secondo dal ponte del Brenta fino al rondò. Questo secondo stralcio partirà in primavera. Per Pontevigodarzere è dunque in atto un piano trasparente, fatto di obiettivi raggiungibili e basato su fatti concreti». – ELVIRA SCIGLIANO © RIPRODUZIONE RISERVATA
ta), il primo cittadino ha convocato per mercoledì pomeriggio in videoconferenza una riunione con tutti i protagonisti dell’intera vicenda. Ci saranno i quattro consiglieri comunali, ossia Enrico Fiorentin, Carlo Pasqualetto, Simone Pillitteri e Gigi Tarzia, il direttivo di AmoPadova e lo stesso assessore Bonavina. L’obiettivo di Giordani è quello di ricompattare, almeno apparentemente, la squadra dopo le dimissioni dall’associazione dell’assessore alla Sicurezza, ma sullo sfondo ognuno ha evidentemente già iniziato la partita a scacchi per un posto in prima fila alle prossime elezioni amministrative del 2022.– LU. PRE.
Giordani e Bonavina
il caso dopo il coprifuoco
Il via vai a Limenella per entrare in Autogrill Lo sanno, in genere, solo gli abitanti e gli automobilisti di Altichiero e delle aree limitrofe. L’accesso all’area di servizio Autogrill di Limenella, che si trova in autostrada tra i caselli di Padova Ovest e Grisignano di Zocco, è raggiungibile anche da Via Proimboe. Ossia per arrivarci non è necessario versare il pedaggio che serve per entrare in autostrada attraverso il casello di Padova Ovest. Via Proimboe è la strada, poco
Si terrà domani pomeriggio alle 18, in videoconferenza per rispettare le misure di contenimento del Covid, il Consiglio comunale. All’ordine del giorno anche la variante per rendere conforme il progetto per la soppressione del passaggio a livello di via Gramsci.
conosciuta, che congiunge via Po con via Ronchi Alti e percorre la zona compresa fra i territori comunali di Padova, Villafranca e Limena. Sarebbe l’accesso riservato solo ai dipendenti dell’area di servizio, ma visto che non c’è nessun tipo di controllo, né fisico e né con la videosorveglianza, i più informati, soprattutto i giovani, ne approfittano per andarci a bere o mangiare qualcosa anche dopo le 18, quando gli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
altri locali pubblici, sia in centro che nelle periferie, sono costretti ad abbassare le serrande. Intanto, all’interno del territorio comunale, ogni sera si formano lunghe code anche ai McDrive dei McDonald’s ubicati sia in corso Australia, che all’ex Saimp, che in via Venezia alla Stanga. Sono considerati punti ristoro per l’asporto e quindi possono restare aperti anche dalle 18 alle 22. Ieri sera, ad esempio, i lavoratori del Mc Donald’s della tangenziale consigliavano di recarsi sul posto, al massimo, entro le 21.30-21.45 proprio in previsione dell’incolonnamento delle auto. Altrimenti niente panino o hamburger. — F.PAD.
Sarà ancora chiusa al traffico via Tommaseo, nel tratto compreso tra i due incroci formati con la biforcazione di via Gozzi, per gli interventi sui sottoservizi propedeutici alla realizzazione del tram e via Brondolo, martedì dalle 8. 30 alle 17 per il montaggio di una passerella.
Carabinieri in azione Botte in strada finisce in manette I carabinieri hanno arrestato (e rimesso in libertà) per il reato di “false attestazioni sull’identità personale”, Mabrouk Massaoud, tunisino di 29 anni, senza fissa dimora, pregiudicato. È stato controllato in via Pontevigodarzere, a seguito di un litigio scaturito con un altro utente della strada. Ai carabinieri ha fornito false generalità durante le fasi della sua identificazione.
Piazzetta Garzeria Ricercato per rapina la polizia lo trova La Polizia ha rintracciato e tratto in arresto in esecuzione di mandato d’arresto europeo inserito dalle autorità polacche, per furto aggravato, rapina, appropriazione indebita, sequestro di persona e minaccia, il 33enne polacco Maksymilian Fedorowicz. Il polacco risultava essere stato denunciato a Padova, in seguito a un furto commesso al supermercato Pam di piazzetta Garzeria. Su di lui gravava però anche un mandato di arresto europeo. I poliziotti della Mobile hanno avviato e intensificato le ricerche, fino a che non l’hanno rintracciato. Oltre che di numerosi furti e rapine, l’uomo è accusato pure di gravi fatti commessi nel 2006 a Breslavia, quando in con un’altra persona, ha tormentato e umiliato una donna per più giorni, colpendola in tutto il corpo anche utilizzando un cavo e un’asta di metallo, ovvero legandole le mani e poi bruciandole i polsi con un accendino e un riscaldatore a bobina, causando lesioni corporee.
nuovo contratto per 47 lavoratori
Su “La nostra famiglia” Cgil e Cisl pronti alla battaglia legale «Pronti ad andare in tribunale»: è perentoria la reazione di Cgil e Cisl bollando come irricevibile la proposta dell’associazione La nostra famiglia di applicare il nuovo contratto della Sanità privata a solo 400 dipendenti e il contratto delle Rsa agli altri 1.600. Una scelta considerata svilente per questi ultimi. A Padova sono coinvolti 46 lavoratori e i sindacati sono decisi a dare battaglia. Non è certo stata la notizia che attendevano, quella giunta ieri ai rappresentanti delle Funzioni pubbliche padovane di Cgil e Cisl, rispettivamente Raffaela Megna e Alessandro Piovan, quando sono stati avvisati dell’esito dell’incontro tra la direzione dell’associazione La Nostra Famiglia e le delegazioni nazionali di Cgil, Cisl e Uil in occasione della quale l’associazione ha proposto una diversificazione nell’applicazione del contratto fra il personale che opera nelle strutture Irccs(chi fa ricerca) e il personale che opera in tutte le altre strutture di La Nostra Famiglia, compresa quella padovana. «Una proposta irricevibile» attaccano i due
l’evento
sindacalisti, «ci opporremo perché crediamo di avere delle solide basi legali per poterlo fare. Non si può applicare a chi lavora con i bambini lo stesso contratto di chi opera con gli anziani. Sono due ambiti che richiedono trattamenti terapeutici e competenze diverse. Nelle case di riposo le terapie mirano al mantenimento delle funzioni fisiche, cliniche e psichiche dei pazienti. A La Nostra Famiglia le terapie sono di tutt’altro tipo, decisamente più intensive perché puntano alla totale guarigione dei pazienti e questo perché, in maggioranza, sono bambini. Rivolgiamo un appello» concludono Megna e Piovan, «sia alla Regione Veneto, nella figura del Presidente Luca Zaia, che al Comune di Padova, in quella di Sergio Giordani. Li preghiamo di adoperarsi per la soluzione positiva di questa vertenza, impedendo la dissoluzione della storia di questa struttura a danno dei bambini che ogni giorno vengono assistiti. E questo perché, in ultima analisi, saranno loro le vittime di queste scelte». — E.L.
Il giorno 5 novembre è mancato il
Assemblea delle Pro Loco Il saluto di Casellati «Sono molto contenta di portare il mio saluto all’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia che quest’anno ha scelto di svolgere a Padova (in streaming, OES), la mia città, la propria Assemblea annuale. Saluto il Presidente Antonino La Spina e i delegati delle oltre 6. 000 Pro Loco attive su tutto il territorio nazionale». Così il presidente del Senato Elisabetta Casellati in videocollegamento. «La consapevolezza delle difficoltà dell’oggi rende ancora più strategico il vostro ruolo», ha aggiunto Casellati, «avete una lunga storia alle spalle, che racconta il senso della vostra missione. Una missione che unisce due grandi valori in uno spirito di autentica solidarietà». «I volontari delle Pro Loco sono il cuore delle nostre comunità», ha detto il senatore dell’Udc Antonio De Poli, «oggi ci rendiamo conto di quanto il vostro ruolo sia essenziale per portare vita e socialità nei territori. Nell’anno di Padova Capitale europea del volontariato, proprio in occasione di questa emergenza, il vostro impegno a sostegno delle comunità nei territori è un esempio di solidarietà». –
Gen.
ODDONE MANTOVANI di anni 93
Ne danno il triste annuncio: la moglie LILIANA, le figlie DONATELLA e MARINA e famigliari tutti. I funerali avranno luogo lunedì 9 novembre alle ore 10.30 nella chiesa parrocchiale di S.Girolamo. Padova, 8 novembre 2020 I.o.f Marcolongo 049-637611 Selvazzano Montegrotto- Montemerlo- Due Carrare
Numero Verde
800.700.800
IL SERVIZIO È OPERATIVO TUTTI I GIORNI COMPRESI I FESTIVI DALLE 10 ALLE 19.30
Operatori telefonici qualificati saranno a disposizione per la dettatura dei testi da pubblicare
Si pregano gli utenti del servizio telefonico di tenere pronto un documento di identificazione per poterne dettare gli estremi all’operatore (ART. 119 T.U.L.P.S.)
Via Tommaseo, 65/B 35131 Padova Tel. 049 82.85.611 Fax 049 77.69.39
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PRIMO PIANO
DOMENICA 8 NOVEMBRE 2020 LA TRIBUNA
Coronavirus: la situazione sanitaria nella Marca
Usl 2, il taglio delle operazioni non urgenti In primavera 1 milione di prestazioni saltate Durante il lockdown furono rinviati anche 15.500 ricoveri ordinari. Tornano a fermarsi gli interventi di cataratta TREVISO
Anche l’Usl di Marca si preparara a scivolare, entro martedì, nella Fase 4 con importanti riduzioni delle prestazioni ambulatoriali e ospedaliere. L’ha annunciato ieri l’assessore regionale alla sanità Manuela Lanzarin. La nuova ordinanza dovrebbe restare in vigore «per due o tre settimane». Entro i primissimi giorni della prossima settimana, in base alle previsioni sull’innanalzamento della curva dei contagi e del numero dei ricoveri, scatterà negli ospedali della provincia il blocco di una grande mole di attività ambulatoriali e chirurgiche. Verranno sospesi tutti gli interventi programmati che richiedono il ricovero post operatorio in terapia intensiva, con lo scopo di lasciare i letti intensivi a disposizione dei malati acuti di Covid 19. La chirurgia internistica programmabile verrà ridotta. Salteranno temporaneamente le visite specialistiche ambulatoriali che non siano urgenti, entro le 24 ore, o di fascia B (entro 10 giorni). Il blocco vale anche per i privati convenzionati e accreditati. Obiettivo: liberare posti letto e personale che verrà dirottato sulla cura dei malati Covid. Cinque giorni al massimo per riorganizzare i servizi. La corsa contro il tempo è cominciata e i disagi per l’utenza, purtroppo, ma inevitabilmeente, non mancheranno. Per prima cosa verranno congelati gli appuntamenti non urgenti. Senza voler fare previsioni nefaste, a casua del lockdown durato da metà marzo ai primi di maggio, erano saltati 15.500 ricoveri ordinari, per week surgery e chirurgia giornaliera, di Ortopedia, Medicina fisica, Otorino e Oculistica. Tasto dolente, per l’al-
A sinistra un reparto di Terapia Intensiva con un paziente Covid e i medici , a destra la direttrice della clinica San Camillo suor Lancy Ezhupara davanti alla struttura
tissimo numero di esami richiesti dai pazienti, gli interventi di cataratta. A causa della sospensione del servizio nei mesi scorsi, in duemila erano rimasti in attesa: una nuova pausa si imporrà. Nel complesso in quel periodo nero era stato congelato un milione di prestazioni sanitarie, esami del sangue compresi: un numero gigantesco che si spera non verrà replicato. Tornando alle disposizioni in vigore dalla prossima settimana , verranno garantiti gli interventi urgenti, la medicina di emergenza, tutto quanto non sia riviabile (dalle cure dei tumori alla dialisi dei pazienti con patolgie renali). Il provvedimento coinvolge sia gli ospedali periferici che l’hub Ca’ Foncello, con margine di dicrezionalità nel-
la mani del direttore generale dell’Usl2 Francesco Benazzi e dei suoi collaboratori . Anche se va detto che proprio la nostra provincia è tra le osservate speciali in Veneto a causa dell’alto numero di ricoveri Covid non acuti, mentre resta sotto controllo il numero di posti letto occupati da malati gravi e gravissimi. Se si potrà garantire personale sufficiente, l’hub Ca’ Foncello potrà offrire qualche prestazione in più soprattutto al livello chirurgico anche per sopperire alle esigenze dei Covid Hospital. Ma è soltanto un’ipotesi al vaglio della direzione strategica dell’Usl 2. Ospedali e ambulatori liberati per curare i malati Covid. Per gli altri torna l’invito a utilizzare la telemedicina. — MARZIA BORGHESI © RIPRODUZIONE RISERVATA
i reparti
Ospedali solo per Covid il prossimo è San Camillo TREVISO
Parte essenziale del piano sanitario è la riorganizzazione dei reparti e dei cosidddettti Covid Hospital: strutture sanitarie interamente dedicate alla cura dei malati di coronavirus. Con la Fase 3, che ci stiamo velocemente lasciando alle spalle, è scattata l’istituzione dei punti ospedalieri per i pazienti che soffrono le conseguenze del contagio. Gli ospdali Covid sono tre: Costa di Vittorio Veneto,
la clinica San Camillo di Treviso e l’ospedale Guicciardini di Valdobbiadene. Queste tre struttre sono state individuate per dedicarsi intermente o quasi (salve solo urgenze e cure oncologiche) ai pazienti colpiti dal virus. Il piano di riconversione è graduale e segue l’andamento della curva dei ricoveri. Al momento è totalmente Covid l’ospedale di Vittorio Veneto con un potenziale di letti pari a 168 complessivi. Ieri Costa contava 67 posti letto
occupati in area non critica e ulteriori 19 nell’ospedale di comunità. Il passo successivo sarà la riconversione del San Camillo (a ieri 15 ricoverati) che può arrivare ad ospitare cento malati. Con la sospensione delle attività ambulatoriali specilistiche il processo sarà più rapisdo. La direzione sta aspettando che rientrino in servizio i medici che erano stati contagiati nelle scorse settimane. Covid Hosipital di emergenza è il Guicciardini di Valdobbiadene con i suoi 60 letti attrezzati per l’ossigenazione dei malati. Mentre si allargano i reprti Covid di tutta la provincia, resterà “free” il San Giacomo di Castelfranco. — M.B. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Domenica 8 Novembre 2020 www.gazzettino.it
Pronto soccorso Ulss 1 Dolomiti 2/10
6/09
Pronto Soccorso Ulss 2 Marca Trevigiana
300
2/10
6/09
1/11 800
6 marzo - 6 maggio 2020 6 settembre - 6 novembre 2020
6 marzo - 6 maggio 2020 6 settembre - 6 novembre 2020
700
Pronto Soccorso Ulss 3 Serenissima
1/11
250
6/09
2/10
700 600
1/11
6 marzo - 6 maggio 2020 6 settembre - 6 novembre 2020
600 500 200
500 400 400
150
300
300
200
200
100
50
100
1/04 6/03 Fonte: Azienda zero, Regione Veneto
1/05 L’Ego-Hub
1/04 6/03 Fonte: Azienda zero, Regione Veneto
1/05 L’Ego-Hub
100 1/04 6/03 Fonte: Azienda zero, Regione Veneto
1/05 L’Ego-Hub
L’emergenza a Nordest
Veneto, allarme ricoveri Stop a tutti gli interventi e alle visite non urgenti Verso la Fase 4, da martedì garantite `Gli appuntamenti saranno riprogrammati solo le emergenze. Anche nel privato Lanzarin: «Speriamo sia per 2-3 settimane» `
LA GIORNATA VENEZIA Siamo tornati al 13 marzo. Siamo tornati indietro di otto mesi, quando del coronavirus si sapeva ancora poco, nelle terapie intensive degli ospedali veneti si temeva il collasso e intanto, in quel di Bergamo, c’erano i camion dell’Esercito che portavano via le bare. Siamo tornati indietro a quel punto, tanto che da martedì prossimo in Veneto saranno curabili solo le urgenze. Esattamente come quanto venne disposto otto mesi fa. Tutti gli interventi programmati che richiedono il ricovero in terapia intensiva, ma anche l’attività speciali-
ANALOGO PROVVEDIMENTO ERA STATO PRESO LO SCORSO MARZO ORA RIGUARDA ANCHE GLI OSPEDALI “HUB”
IL PERSONALE VENEZIA Il concetto è stato ribadito anche ieri dalla Regione: «Manca il personale». Considerando sia gli ospedali che il territorio, le carenze lamentate da tempo in Veneto ammontano a 1.300 medici e 2.525 infermieri. Per questi ultimi si apre ora un piccolo spiraglio, con l’imminente laurea di 450 giovani e lo svolgimento di un concorso per 190 assunzioni, mentre per i camici bianchi la situazione è allarmante, data l’impossibilità di reperire specialisti a causa dell’imbuto formativo posizionato tra l’Università e le Scuole.
LE SELEZIONI Per averne conferma, basta scorrere le graduatorie puntualmente pubblicate da Azienda Zero, nell’ambito delle selezioni periodicamente bandite per conto delle aziende sanitarie e ospedaliere e dall’Istituto oncologico veneto. In questa fase di emergenza Covid, ad esempio, gli ospedali
stica intramoenia, salteranno. Si faranno più avanti, quando si rientrerà nella normalità. Ma per ora tutta la struttura sanitaria, a partire dal personale medico e infermieristico, sarà concentrata sull’emergenza Covid-19. E questo vale sia per il pubblico che per il privato accreditato.
LA CIRCOLARE L’annuncio dello stop di tutte le attività chirurgiche e internistiche - nonché delle attività ambulatoriali - non urgenti è contenuto in una circolare firmata l’altra sera dal direttore ad interim dell’Area Sanità e Sociale, Gianluigi Masullo. Il provvedimento è stato annunciato ieri, durante la conferenza stampa dall’Unità di crisi della Protezione civile, dal governatore del Veneto Luca Zaia e illustrato dall’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin. La premessa è che con 1.410 ricoverati a ieri mattina (poi saliti a 1.440 nel pomeriggio) nei reparti non critici di tutti gli ospedali veneti, si è a un tiro di schioppo dal-
la Fase 4 Arancione. Occhio, non l’arancione del Dpcm di Giuseppe Conte (per il quale il Veneto è ancora “giallo” e quindi con il solo coprifuoco alle ore 22, la capienza dei trasporti al 50% e la scuola a distanza per le superiori): questo è il “semaforo sanitario” adottato da Palazzo Balbi pochi giorni fa e riguardante l’aggiornamento del Piano emergenza autunno. In pratica, la Regione aveva deciso che all’aumentare dei posti letto occupati in terapia intensiva e nei reparti non gravi, sarebbero cambiati gli scenari e, di conseguenza, le attività in campo sanitario. Oggi, con oltre millequattrocento ricoverati in area non critica siamo nella Fase 3 Gialla (da 901 a 1.500 posti letto occupati) e la previsione è che verosimilmente da martedì si passerà nella Fase 4 Arancione (dal 1.501 a 2.400). Come da “semaforo” sanitario, scatteranno tutte le conseguenze previste nel piano della Regione. Così riassumibili: saremo curati solo se avremo un infarto o un incidente stradale.
I numeri
1.440 I ricoverati nelle aree non critiche negli ospedali del Veneto. Una volta raggiunta quota 1.501 scatterà la quarta fase (arancione) del Piano Emergenza Autunno della Regione. Solo ieri ci sono stati 132 nuovi ricoveri.
193 I posti letto occupati nelle terapie intensive, molto meno rispetto a quelli della scorsa primavera. Il Veneto comunque è attrezzato per arrivare a 1.016 posti letto.
19 I decessi di ieri. Dal 21 febbraio si contano 2.571 morti.
Tutto il resto - l’operazione programmata all’anca, la cataratta, l’ernia, la visita di controllo dallo specialista - salterà, rinviato a tempi migliori. Occhio: lo stop riguarderà tutti gli ospedali veneti, anche gli “hub”, cioè gli ospedali di riferimento a livello provinciale, come ad esempio l’Angelo a Mestre. Nulla toglie che i direttori generali delle singole Ulss possano riuscire a garantire attività non urgenti, ma, appunto, dipende dalle capacità dei singoli ospedali.
Concorsi semi-deserti e imbuto formativo, così non si trovano specialisti stanno patendo una rilevante scarsità di anestesisti e pneumologi. Non a caso l’ultimo concorso, scaduto lo scorso 7 maggio e dunque in coda alla prima ondata dei contagi, puntava ad assumere a tempo indeterminato ben 133 specialisti in Anestesia e rianimazione. Ma alla fine quanti sono stati i vincitori? Solo 24: per dire, l’Ulss 2 Marca Trevigiana, che aveva 19 posti vacanti, ne ha coperti 7; l’Ulss 3 Serenissima, che ne cercava 23, ne ha trovati 2; così come l’Ulss 5 Polesana, che aveva una necessità di 16. Più o meno lo stesso, benché con numeri inferiori, è accaduto per la disciplina di Malattie dell’apparato respiratorio, la cui procedura per la ricerca di 14 specialisti era stata definita il 9 gennaio, dunque prima
del ciclone Covid che ha ulteriormente acuito il problema. Ebbene, ne sono stati recuperati soltanto 9.
LE BORSE La causa è ormai risaputa, ma ugualmente irrisolta: alla mole di medici chirurghi che annualmente escono dalle Università, non corrisponde una pari quantità di posti nelle Scuole di specializzazione. Questo scarto determina una strettoia in cui restano bloccati migliaia di giovani medici, che per legge (statale) non possono essere stabilizzati dal sistema sanitario, per cui non riescono nemmeno a scalare l’infinita graduatoria del concorso per l’ammissione alla specializzazione, a cui due mesi fa solo a Nordest
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Lo stop riguarda l’attività chirurgica programmata, l’attività libero professionale intramoenia, l’attività di specialistica ambulatoriale delle strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate. Uniche eccezioni: le prestazioni prioritarizzate come U e B (le U sono le urgenti, da garantire entro 24 ore, mentre le B sono le brevi, entro 10 giorn), le prime visite specialistiche e di controllo, l’attività in ambito materno-infantile, oncologico, malat-
ratorio con (24 a Padova e 11 a Trieste). Ma anche al di là dei ricorsi che stanno ingessando la procedura, ci vorranno comunque 4-5 anni per specializzare i nuovi iscritti. Quindi al momento le Ulss stanno tamponando l’emergenza attraverso corsi brevi a medici non intensivisti, peraltro contestati dai sindacati degli ospedalieri, per garantire un supporto almeno alle Terapie sub-intensive.
TERAPIA INTENSIVA Un paziente intubato in un reparto Covid: le Ulss tamponano l’emergenza con corsi brevi per medici non intensivisti
hanno partecipato 2.245 candidati. Quest’anno le borse sono state aumentate, passando a livello nazionale da 8.935 a 14.455, con incrementi ad esempio del 71% per Anestesiologia e rianimazione (65 posti a Padova, 71 a Verona, 16 a Trieste e 16 a Udine) e del 171% per Malattie dell’apparato respi-
LE ECCEZIONI
GLI INFERMIERI
IL COVID EVIDENZIA LA MANCANZA DI ANESTESISTI E PNEUMOLOGI: TROPPO POCHI I POSTI NELLE SCUOLE
Quanto agli infermieri, la Fp Cgil sottolinea che hanno presentato domanda per la selezione di Azienda Zero ben 5.248 candidati, a fronte però di soli 190 posti banditi. «Sono insufficienti – dice il segretario regionale Ivan Bernini – e ci sono le condizioni per colmare le carenze evidenziate anche dall’assessore Manuela Lanzarin, per poter procedere celermente all’assunzione del personale necessario fra ospedali, territorio e strutture per anziani». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
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PRONTO SOCCORSO Nei grafici in queste due pagine l’andamento degli accessi alle strutture dell’emergenza negli ospedali del Veneto durante il periodo primaverile e in questa seconda ondata dell’epidemia di coronavirus
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Quasi 4mila contagi in appena un giorno Sos Pronto soccorso
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Raddoppiati rispetto a marzo gli accessi giornalieri al 118 Zaia: «Niente restrizioni regionali, ma usate la mascherina» `
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L’APPELLO
tie rare e non rinviabile in considerazione del quadro clinico dei pazienti. I pazienti saranno avvisati dalle Ulss e gli appuntamenti saranno riprogrammati “al termine dello stato di emergenza”. Tutto questo partirà nelle prossime ore, non oltre il 10 novembre. E quanto durerà? L’assessore Lanzarin: «Ci auguriamo che il provvedimento duri 2-3 settimane». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA
VENEZIA Per il secondo giorno consecutivo il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha tenuto la mascherina durante la conferenza stampa dall’Unità di crisi. Mascherina chirurgica. «Meglio tenerla», ha detto prima di rendere noti i dati del bollettino. Un segnale anche “visivo” per convincere i veneti a usare, sempre, i dispositivi di sicurezza. Perché la situazione sta peggiorando: 3.820 positivi in un giorno è un record. Quasi quattromila persone contagiate. E molte prendono d’assalto i pronto soccorso, dove gli accessi rispetto alla scorsa primavera sono raddoppiati. L’appello di Zaia è stato così duplice: usate la mascherina, evitate di ingolfare il pronto soccorso. «L’emergenza maggiore è lì».
I DATI In ventiquattr’ore il totale dei casi positivi in Veneto è salito da 73.167 a 76.987. I ricoverati in area non critica ieri sono stati 132, per un totale di 1.440; quelli in terapia intensiva 19, per un totale di 193. Diciannove i morti. In
isolamento 17.940 veneti. Zaia ha precisato: ci sono tanti positivi perché si fanno tanti tamponi, circa 30mila al giorno. «Stiamo crescendo, ma non come accadeva a marzo, se avessi fatto lo stesso numero di tamponi di oggi, circa 30mila ogni 24 ore, a marzo avremmo trovato il doppio di positivi, non i 3.800 di oggi, ma il doppio, oltre 6.000. Se avessimo la stessa percentuale di otto mesi fa saremmo al collasso». La curva, tra l’altro, continuerà a crescere: «Siamo a metà percorso, i prossimi giorni saranno ancora di ascesa», ha detto il governatore. Che ha ammesso: «L’emergenza maggiore è nei pronto soccorso, gli accessi sono doppi rispetto a marzo». In epoca pre-Covid il sistema sanitario veneto registrava 2 milioni di accessi all’anno ai pronto soccorso, più di 5mila al giorno. Lo scorsa primavera, scoppiata l’emergenza coronavirus, si è scesi a 1200-1300 accessi giornalieri. «Adesso siamo sui 3mila, più del doppio, c’è psicosi», ha detto Zaia. Che ha invitato tutti a rivolgersi al proprio medico: «Anche telefonicamente può darvi le indicazioni».
LE DIFFERENZE «Rispetto alla scorsa primavera c’è la metà dei posti letto attivati in terapia intensiva - ha detto Zaia -. I tempi di ospedalizzazione sono più bassi, da 4-5 settimane a 7-10 giorni. Si è abbassata l’età dei contagiati, ora sotto i 50 anni. I ricoveri in rianimazione sono di over 70. È identica, invece, la percentuale di personale sanitario contagiato: come a marzo, 1.510 persone su 54mila, ma la stragrande maggioranza dei contagi è avvenuto in ambito extraospedaliero». Il governatore ha escluso restrizioni regionali: «Pensiamo che siano sufficienti quelle attualmente in corso». Quanto al Dpcm di Conte, Zaia ha nuovamente escluso che il Veneto possa passare dalla fascia gialla a quella arancione: «Non ho notizie in tal senso, ho sentito il ministro Speranza per avere l’autorizzare a poter usare i veterinari per fare i tamponi, ma non abbiamo parlato di fasce. Posso però dirvi che se non portassimo la mascherina saremmo in fascia rossa». Come la Lombardia. Al.Va. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL CASO VENEZIA «Sei solo è sempre un Asino, vorrei spararti in bocca”. Firmato “ps”. È il messaggio di posta elettronica indirizzato al presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, e oggetto di denuncia per minacce e diffamazione. E non sarebbe l’unica querela presentata dall’Avvocatura regionale: anche se a Palazzo Balbi mantengono il massimo riserbo, risulterebbero infatti in lavorazione altre carte bollate relativamente a nuove minacce di morte indirizzate al governatore. La denuncia già presentata alla polizia postale e delle comunicazioni del compartimento del Veneto riguarda una mail spedi-
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minaccia e diffamazione erano indirizzate a Zaia. Nel verbale della polizia il responsabile dell’Avvocatura regionale ha precisato che la casella mail istituzionale è visionata dallo staff presidenziale di circa 10 persone. Dopo quella di settembre sarebbero giunte a Palazzo Balbi altre minacce al governatore. E sembra che ci saranno altre denunce.
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ta all’indirizzo istituzionale della presidenza della Regione da “salvatoreperillo@icloud.com”. L’oggetto della mail era “Zaia”. La frase riportata - “asino”, “vorrei spararti in bocca” - era chiaramente rivolta al governatore del Veneto. La missiva risale allo scorso settembre, ma solo ora si è saputo che è stata oggetto di denuncia. È stato il responsabile dell’Avvocatura regionale, Franco Botteon, a presentare per nome e per conto del presidente Zaia la denuncia-querela. Nel verbale l’avvocato Botteon ha segnalato che in data 21 settembre alle ore 20:59, alla mail istituzionale presidenza@regione.veneto.it, è giunta la missiva in questione e che, come indicato nell’oggetto,
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Minacce di morte al governatore «Ti sparo in bocca»
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I PRECEDENTI
PRESIDENTE Luca Zaia
IL MESSAGGIO ARRIVATO VIA MAIL IN REGIONE. PRESENTATA DENUNCIA ALLA POLIZIA
Anche in passato il governatore è ricorso alle carte bollate di fronte a minacce e ingiurie. Lo scorso luglio un artigiano aveva pubblicato su Facebook pesanti insulti e il caso era finito in Procura. Nel novembre 2019 il governatore era stato ritratto a testa in giù nel profilo sociale di un rapper locale con la scritta: “Leghista attento, ancora fischia il vento”. Lo scorso febbraio due vicentini, uno dei peraltro si era poi scusato per aver pubblicato una notizia falsa, sono stati condannati per diffamazione aggravata. (al.va.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Domenica 8 Novembre 2020 Corriere del Veneto
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Il virus
La seconda ondata
IL CONFRONTO
Confindustria si era offerta per riattivare le strutture dismesse così da smaltire gli interventi non urgenti
Zaia ai privati: «Sì ai medici, ma non servono altri ospedali» Le strutture dismesse
Chiusi per la spending review: da Monselice a Zevio i nosocomi riaperti nel lockdown VENEZIA Ci sono strutture dismesse sette
anni fa nella razionalizzazione del sistema sanitario veneto, come gli ospedali di Zevio e Isola della Scala nel Veronese. Altre, è il caso di Valdobbiadene, sono chiuse ormai da vent’anni. Oppure Monselice, parzialmente riattivato in questi mesi di emergenza sanitaria. Ed è questi spazi che la sanità privata vorrebbe riaprire per «riportarli al funzionamento ed evadere la lista di prestazioni inevase (dalla sanità pubblica, ndr) che crescono ogni giorno», come ha suggerito al Corriere del Veneto Marco dal Brun, coordinatore sanità di Confindustria Veneto. Nel merito della proposta, ieri è intervenuto il presidente Luca Zaia, sostanzialmente cassandola. Nello specifico dei nosocomi, bisogna andare, invece, indietro nel tempo, nel periodo cioè della riorganizzazione del sistema sanitario del Veneto e della spending review del governo che impose di tagliare i costi della sanità e di conseguenza posti letto, strutture e prestazioni. È quanto è successo ai due nosocomi del Veronese: nell’ambito delle nuove schede ospedaliere approvate nel 2013 da Palazzo Ferro Fini non figuravano più l’ex civile di Isola della Scala e il Luigi Chiarenzi di Zevio, che in realtà in quegli anni già non funzionava più a pieno regime e che nel 2016 è passato in capo all’amministrazione comunale la quale, a sua volta, ha acquisito la proprietà degli immobili destinando gli spazi al distretto socio-sanitario e a un progetto di «orientamento alla realtà» per i malati di Alzheimer e da altre patologie debilitanti. Diversa la storia dell’ospedale di Valdobbiadene nel Trevigiano, dismesso ormai vent’anni fa è oggetto di un accordo di programma risalente al 2013 e solo di recente aggiornato con l’obiettivo di renderlo operativo. Lo scorso 15 settembre, Zaia, il sindaco di Valdobbiadene Luciano Fregonese, il direttore generale dell’Usl 2 Francesco Benazzi e il presidente dell’Ipab Istituti San Gregorio Alberto Prandin hanno, infatti, sottoscritto un’intesa che prevede la ristrutturazione dei padiglioni con un investimento di 6,5 milioni (500mila dell’Usl) in capo agli Istituti San Gregorio. Nell’elenco dei nosocomi non più in funzione, figura anche il vecchio ospedale di Monselice nel Padovano, chiuso nel 2014 insieme a quello di Este, con l’apertura, in pompa magna, del Madre Teresa di Calcutta di Schiavonia, il «nosocomio unico» dei 46 Comuni della Bassa Padovana, realizzato con un investimento di 165 milioni di euro e diventato, suo malgrado, famoso per il primo caso di coronavirus nella nostra regione e il primo decesso in Italia. Volendo, nel Veronese ci sarebbe anche Bovolone e nel Veneziano l’ospedale di Noale. Tutte strutture che, in pieno lockdown, nell’urgenza di trovare posti letto dove ricoverare i pazienti meno gravi, sono stati riaperti e sistemati da Protezione civile e alpini e hanno operato come centri Covid. Il piano messo a punto dalla Regione, tra l’altro, ne prevede l’utilizzo, in caso di necessità, anche un questa seconda ondata di pandemia. G. B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Boom ai Pronto Soccorso Gli accessi ai reparti di Pronto soccorso sono raddoppiati rispetto a marzo. Il 70% dei pazienti, però, viene rimandato a casa
Se la sanità privata vuol dare una mano, è la benvenuta. Ma servono più medici, non nuove cliniche. È questa, in sintesi, la risposta che il governatore Luca Zaia dà a Marco dal Brun, coordinatore per la Sanità di Confindustria Veneto che ieri, in un’intervista al Corriere del Veneto, aveva suggerito a Palazzo Balbi di riaprire alcuni vecchi ospedali dismessi, assicurando la collaborazione dei principali gruppi della sanità privata per la loro riattivazione e il successivo smaltimento delle visite specialistiche e chirurgiche non urgenti sospese a causa del coronavirus. «La sanità privata ha a disposizione intere équipe che avrebbero le competenze e il tempo per intervenire - ha spiegato dal Brun -. Ora, in regione ci sono strutture ospedaliere dismesse che meritano al massimo la cartolarizzazione ma ce ne sono altre, penso all’ospedale di Monselice già parzialmente recuperato per alcuni servizi, incluso il covid, ma che vanta un blocco operatorio stupendo non utilizzato.Oltre a Monselice, penso a Valdobbiadene, Zevio e Isola della Scala. La proposta quindi è: il pubblico potrebbe mettere a disposizione del privato strutture come questa insieme alla lista di prestazioni inevase che crescono ogni giorno. Al privato l’onere di investire per portare allo stato di funzionamento queste strutture con costi relativamente contenuti. ChiaramenVENEZIA
L’obbligo
te in cambio, il privato, chiederebbe la garanzia che il volume di lavoro dei prossimi 6-8 mesi fosse tale da recuperare investimenti fatti». Il governatore Luca Zaia dice non voler assolutamente fare polemica, ma puntualizza: «Il problema qui non è mai stato quello degli spazi. Faccio un esempio: solo a Verona abbiamo 34 sale operatorie, dunque a che servirebbe riaprire i blocchi a Monselice, Valdobbiadene o Zevio? Anche perché vorrei capire esattamente dove si vuole andare a parare con suggerimenti di questo tipo: l’idea è forse di riaprire i vecchi ospedali per poi non richiuderli più?». In effetti, su questo
punto dal Brun è stato vago, preferendo rinviare al futuro per qualunque valutazione nel merito: «Se a giugno 2021 vedremo la fine del tunnel, si tireranno le somme dell’attività parallela all’emergenza, arrivando a riflessioni ulteriori - ha detto al Corriere del Veneto -. Sia chiaro, il Veneto è una delle regioni che ha la quota più bassa di privato in italia, il tema vero non è quanto privato, ma quale privato e come viene governato. Credo che nel pubblico debba continuare ad essere il grande garante di trapianti, malattie rare, terapie ad alta complessità e alto costo. Il privato riesce ad essere straordinario con le economie di scala e può ga-
rantire al sistema tariffe più basse e produzione più alta». Il fatto è che proprio la bassa incidenza del privato all’interno del sistema sanitario regionale è sempre stato un vanto dell’amministrazione Zaia, rivendicato con forza anche in queste mesi difficili segnati dalla pandemia (e questo pure nel confronto con la vicina Lombardia dove invece il privato è molto forte). Non solo: dal 2010 a oggi la stessa amministrazione ha insistito sul piano di razionalizzazione delle strutture ospedaliere procedendo - nonostante le proteste dei territori - con chiusure e riconversioni, secondo il modello ormai consolidato degli hub (gli ospe-
Prima linea L’interno di un reparto di terapia intensiva dedicato alla cura delle complicanze da Covid-19
Mascherinealbanco Viola:genitori,ilproblema sietevoinonibambini
S’allargalaprotestadellemamme,parlal’immunologa «Il problema è dei genitori, non delle mascherine ai bambini». La sola idea che le mamme e i papà protestino e stiano addirittura raccogliendo firme contro l’obbligo di indossare dispositivi di protezione in classe, quando seduti al banco, indispettisce l’immunologa Antonella Viola, docente di Patologia generale al Bo e anche direttore scientifico dell’Istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza, nonché madre lei stessa. Eppure, l’opposizione alle mascherine alle elementari e alle medie sta crescendo un po’ in tutta Italia e nel Veneziano, partita in sordina da qualche genitore in una scuola del centro di Mestre, ora sta dilagando con moduli della petizione «no mask» fotocopiati e distribuiti ovunque in
VENEZIA
centro storico e terraferma. «Non c’è alcun pericolo per la salute dei bambini, indossandola sempre quando sono in aula si riducono i rischi di contagio, più elevati quando sono senza, e le scuole possono rimanere aperte, certo deve essere confortevole ma può essere trasformata in un gioco», continua l’immunologa. Sui social (e nelle chat scolastiche) dilagano fake news in cui si sostiene che le mascherine, nei piccoli, possono produrre ad esempio ipercapnia, ossia l’aumento nel sangue della concentrazione di anidride carbonica e quindi fiato corto e senso di svenimento. «Non è assolutamente vero smentisce la Società italiana di pediatria - le mascherine possono essere fastidiose ma non hanno alcun impatto sui
In aula La maestra e i suoi alunni a lezione indossando la mascherina
bambini con più di tre anni». «Ma come fanno a dirlo? Non ci sono precedenti, anche con l’amianto si diceva che era sicuro... - ribatte Daria, promotrice della petizione veneziana - I bambini escono da scuola pallidi e con forti emi-
cranie, se qualcuno sviene in classe chi interviene? Si sta giocando con la salute dei nostri figli: a questo punto chiudiamo e diamo ai genitori la possibilità di organizzarsi». Le mascherine al banco e il rischio di quarantene per un contagio in classe, per alcuni genitori, non giocherebbero a favore della didattica in presenza. «Noi rispettiamo le regole, ma se i bambini sono distanziati che la mettano solo se si alzano come era prima continua Daria - oppure ci permettano di portare le chirurgiche sigillate, non quelle in dotazione che sono strette, prudono e provocano dermatiti. Dovrebbero, poi, cambiarle ogni ora, non ogni quattro». Che la mascherina debba essere «confortevole» e «ade-
PRIMO PIANO
Corriere del Veneto Domenica 8 Novembre 2020
dali dei capoluoghi, votati all’iperspecializzazione) e degli spoke (gli ospedali sparsi in provincia che garantiscono le emergenze e i principali reparti per le cure). Insomma, una direzione opposta a quella indicata da Confindustria con cui comunque Zaia vuole mantenere aperto il dialogo. «La collaborazione è continua, così come la condivisione delle strategie da attuare e ricordo che a differenza che altrove in Veneto il privato si regge da sempre sull’accreditamento, ossia sulle convenzioni con la Regione. Il privato “puro” è pochissimo. Il dialogo, insomma, è aperto e come c’è stato durante la prima ondata, così spero sarà in questa seconda. Però dobbiamo concentrarci su ciò di cui abbiamo bisogno e cioè il personale: servono medici e ne servono tanti. Noi non ne troviamo, perché nonostante i concorsi mancano gli specialisti indispensabili in questa fase. Dunque se le cliniche private ne hanno da metterci a disposizione, le porte degli ospedali pubblici sono spalancate». A proposito di organizzazione ospedaliera: ieri Zaia ha fatto un appello a tutti i cittadini, affinché limitino al massimo gli accessi al Pronto soccorso, proprio per via dell’urgenza di destinare alla lotta al covid il maggior numero di medici e infermieri possibile: «In questo momento registriamo numeri doppi rispetto al periodo di marzo, circa 2.500 accessi al giorno contro 1.200-1.300 - ha detto il presidente - lo capisco, perché c’è una pandemia in atto e la gente è spaventata, corre in ospedale non appena sospetta di avere dei sintomi. Però stando ai dati in nostro possesso il 70% di chi si rivolge ai Pronto soccorso poi viene rimandato a casa. L’invito è quindi quello di chiamare il proprio medico di base, così da tutelare gli altri, in caso di effettiva positività, e se stessi, nel caso in cui non si fosse infettati: in ospedali infatti di questi tempi c’è sempre il rischio di incrociare qualcuno col virus». Marco Bonet © RIPRODUZIONE RISERVATA
guata» lo sostiene anche Viola e quelle inviate da Roma sembrerebbero non rispondere a queste caratteristiche: alunni e anche professori da settimane lo denunciano in tutto il Paese. A Mestre, l’istituto comprensivo Spallanzani ha anche inoltrato una lamentela formale al Ministero sulla qualità dei dispositivi in dotazione. Da Roma è arrivata la conferma che sono a norma e la bella notizia che quelle forniture sono in esaurimento. Quale prodotto arriverà non è chiaro tant’è che l’istituto sta ipotizzando di raccogliere dai rappresentanti di classe mascherine chirurgiche da distribuire ai bambini. «Polemiche ascientifiche che sostengono che il sistema immunitario dei bambini ne risente vanno contro il benessere degli stessi bambini - ribadisce Viola - Sarebbe un disastro se si arrivasse a dover chiudere anche elementari e medie, i genitori dovrebbero lottare contro questa ipotesi, chiudere le scuole è un errore che potrebbe avere ricadute pesanti sui nostri figli. La situazione è gravissima: collaboriamo per superarla». Gloria Bertasi © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL CASO
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Le diffide di sindacati e dottori: no ai trasferimenti I Dg: «Siamo in guerra, nessuno può restarne fuori»
Usl,primicamiciribelli «Pericolosocostringerci alavorareinrepartiCovid» VENEZIA Soffia il vento della protesta, sul fronte della lotta al coronavirus. Anche negli ospedali. In primavera si era costruita l’epopea dei medicieroi che, come una falange armata, combattevano tutti insieme a mani nude (letteralmente, visto che in alcuni casi mancavano perfino i guanti) contro il nemico invisibile, facendo turni massacranti, accettando di operare in condi-
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zioni - anche psicologiche terribili, e lasciando temporaneamente i loro reparti per dare manforte nelle aree adibite alla gestione dei contagiati. Ma a neppure nove mesi di distanza dalla scoperta che il Covid 19 aveva attecchito anche nella nostra regione, c’è chi prova a fare un passo indietro. Sulle scrivanie dei direttori generali in questi giorni sono arrivate le prime diffide da
La protesta Diversi medici non vogliono operare in aree Covid
parte di due importanti sindacati. «Alcuni Dg - si legge nella lettera della segreteria veneta di Anaao Assomed - per far fronte all’emergenza epidemiologica hanno deciso di assegnare ai reparti che ospitano degenti Covid, personale medico inquadrato in discipline non omogenee a Medicina interna, a Malattie infettive o dell’apparato respiratorio, come tale privo delle competen-
ze specialistiche necessarie a gestire una patologia così complessa come l’infezione virale dal coronavirus». Insomma, come era già capitato nella prima ondata, diverse Usl stanno dirottando molti dottori (praticamente di qualunque reparto) nelle strutture per i contagiati. «Negli ospedali non sono state fatte le assunzioni che servivano - attacca Adriano Benazzato, il segretario veneto dell’associazione - e ora scaricano su di noi. Nessuno vuole sottrarsi ai propri doveri, ma ci ritroviamo con ortopedici o dermatologi costretti a destreggiarsi tra respiratori e malati di polmonite, e questo sistema organizzativo espone a potenziali pericoli i ricoverati, oltre al rischio di cause». Da qui la lettera che «diffida» le Usl venete «dall’impiegare dirigenti medici e sanitari privi delle necessarie competenze specialistiche» nei reparti Covid, altrimenti scatterà «una denuncia alle competenti Autorità giudiziarie». Sulla stessa linea la nota firmata dal presidente dell’Associazione anestesisti e rianimatori, Alessandro Vergallo, che si lamenta per conto dei «colleghi comandati a prestare cure a pazienti ricoverati in reparti Covid a media e bassa intensità di cura, che non comp e to n o a l o ro » . E a n c h e questa, termina con la minaccia di una causa legale. Ma non sono soltanto i sindacati a dire basta. «Ho anche ricevuto alcune diffide “personali”. Poche, per ora: sette o otto medici che mi mettono in guardia dall’assegnare loro dei turni nelle strutture per malati di coronavirus» spiega Pietro Girardi, Dg dell’Usl di Verona. «L’ordine partirà lo stesso, non c’è alternativa vista la situazione di emergenza. La verità è che in questi mesi abbiamo cercato nuovi pneumologi e infettivologi, ma non ce ne sono di disponibili. E quindi ciascuno dei nostri medici deve adattarsi e dare una mano. I pazienti, infine, stiano tranquilli perché sono in buone mani: è sempre garantita la supervisione di uno specialista». Taglia corto Giovanni Pavesi, che guida l’Usl di Vicenza: «La loro richiesta è irricevibile. Qui siamo in guerra e nessuno può pensare di restarne fuori». E anche il direttore generale dell’azienda padovana, Luciano Flor, non ha preso bene le diffide: «Al personale garantiamo livelli di sicurezza assoluti ma non è mai esistita la figura dello “specialista Covid” e questo significa che ciascuno di noi si sta adattando e fa quel che può per affrontare la pandemia. Rispetto tutti, sindacati compresi, però la priorità va data ai malati. E quindi se vogliono trascinarmi in tribunale che lo facciano, ma nessuno si tirerà indietro». Andrea Priante © RIPRODUZIONE RISERVATA