Theriaké Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
RIVISTA BIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI DI AGRIGENTO
ROSARIO LIVATINO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA di Aldo Rocco Vitale
MALATTIE TRASMESSE DA ZECCHE di Carmen Carbone
I DIPINTI LATERALI DELLA CAPPELLA DELLA PROVVIDENZA NELLA CHIESA PALERMITANA DI SAN GIUSEPPE DEI TEATINI Intervista al maestro Rodolfo Papa di Ignazio Nocera
RINASCERE NEL SACRO Storia di una chiesa e di una periferia: Falsomiele di Irene Luzio
I FIORI DEL BAROCCO di Ciro Lomonte
LE EPIDEMIE NELLA STORIA /7 L’influenza di Hong Kong di Giusi Sanci
Anno IV n. 33 Maggio - Giugno 2021
Sommario
4 Attualità
ROSARIO LIVATINO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA
8 Ars veterinaria
MALATTIE TRASMESSE DA ZECCHE
14 Delle Arti
I DIPINTI LATERALI DELLA CAPPELLA DELLA PROVVIDENZA NELLA CHIESA PALERMITANA DI SAN GIUSEPPE DEI TEATINI Intervista al maestro Rodolfo Papa
22 Cultura
RINASCERE NEL SACRO
Storia di una chiesa e di una periferia: Falsomiele
34 Cultura
I FIORI DEL BAROCCO
44 Apotheca & Storia
LE EPIDEMIE NELLA STORIA /7 L’influenza di Hong Kong
Responsabile della redazione e del progetto gra1ico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Rossella Giordano, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG). In copertina: Le tele di Rodolfo Papa, destinate alla Chiesa di S. Giuseppe dei Teatini di Palermo, fotografate nello studio romano del maestro. Questo numero è stato chiuso in redazione il 27 – 6 – 2021
Collaboratori: Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Vincenzo Balzani, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Mariano Bizzarri, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Carmen Carbone, Letizia Cascio, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù, Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Vita Di Stefano, Carmela Fimognari, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giulia Greco, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgrò, Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Massimo Martino, Carmelo Montagna, Giovanni Noto, Roberta Paciaici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Gianluca Triairò, Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello. In questo numero: Carmen Carbone, Ciro Lomonte, Irene Luzio, Ignazio Nocera, Giusi Sanci, Aldo Rocco Vitale.
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Anno IV n. 33 – Maggio – Giugno 2021
Architettura in Farmacia
PROGETTO
PRODUZIONE
CONTRACT
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Attualità
ROSARIO LIVATINO MARTIRE PER LA GIUSTIZIA Aldo Rocco Vitale*
«I
l mio spirito continua ad iscurirsi. Vedo male nel mio futuro. Che Dio mi perdoni»: così appuntava in una delle pagine del suo diario il Beato Rosario Livatino martire in odium (idei, cioè martirizzato proprio a causa della sua fede, venendo denominato sprezzantemente dagli assassini della Stidda come “u santocchio”. Rosario Livatino nacque a Canicattì il 3 ottobre 1952 da una famiglia cattolica, Miglio unico di Vincenzo, impiegato dell’esattoria comunale, e di Rosalia, maestra di scuola. Si laureò in giurisprudenza presso l’Università di Palermo e vinse giovanissimo all’età di 26 anni il concorso in magistratura il 18 luglio 1978. Venne immediatamente schierato sul fronte della lotta alla maMia che in quegli anni insanguinava la Sicilia, come per lunghi decenni ancora a venire, nella guerra per il controllo del territorio tra Cosa Nostra e la Stidda, quest’ultima nota organizzazione maMiosa dell’agrigentino. Altissima la sua preparazione umana ed elevatissima la sua autonomia morale ed intellettuale, tanto da consentirgli di non piegarsi né alle lusinghe corruttrici della maMia, né alle minacce di questa, pur riMiutando la scorta perché, come amava ripetere, è meglio che muoia un solo uomo piuttosto che due o tre carabinieri. Su Rosario Livatino tanti aspetti sono stati sottolineati nel tempo, e se si intendesse approfondire maggiormente la sua Migura sarebbe imprescindibile la lettura del volume di recente pubblicazione per le edizioni de Il Timone scritto da Alfredo Mantovano, Domenico Airoma e Mauro Ronco dal titolo “Un giudice come Dio comanda. Rosario Livatino, la toga e il martirio”, ma ciò che qui si intende portare al centro della riMlessione è la sua Migura di cattolico giudice e di giudice cattolico.
Figura 1. Ritratto del giudice Rosario Livatino adoperato durante la cerimonia di beatificazione, celebrata ad Agrigento il 9 maggio 2021 nella Cattedrale di S. Gerlando. Foto di Ignazio Nocera.
Non si tratta né di una identità rovesciata, né di una ambiguità, né tanto meno di una doppiezza, ma di una complementarietà che nella persona del giudice siciliano martirizzato a causa della sua fede e della sua giustizia ha trovato il suo inevitabile e naturale inveramento. Livatino era cattolico, poiché cattolici si è con il battesimo, ma si diventa con l’agire quotidiano, con
*Visiting Professor presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Ponti7icio “Regina Apostolorum” e Dottore di ricerca in Storia e Teoria Generale del Diritto europeo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Tor Vergata” di Roma. Socio del Centro Studi Rosario Livatino.
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Attualità
l’assunzione vitalizia di quell’onere che è la vita cristiana, la quale richiede il libero assenso giornaliero e perenne, con quella scelta di pesante responsabilità il cui fardello può essere portato e sopportato soltanto con la consapevolezza lucida e acuta di quella più profonda libertà che essa reca con sé. Livatino, però, come cattolico giudice sembrerebbe u n p a r a d o s s o p r o p r i o p e r c h é u n o d e i “comandamenti” cattolici sancito dal Vangelo (Mt., 7,1) prescrive di non giudicare per non essere giudicati. Come può quindi un cattolico giudicare? Come può un cattolico giudicare nel senso più pieno e incisivo, cioè con la forza legale e spesso coercitiva di una sentenza emessa in nome della legge dello Stato? Come può un cattolico giudicare chi ha commesso il bene e chi il male se il suo Dio incarnato nella persona del Figlio ha disposto di non giudicare? I predetti interrogativi sono alla base della coscienza critica del cristiano, ma non per evitare che questi giudichi cosa è bene e cosa è male, ma per evitare che non giudichi bene giudicando male, poiché il buon cristiano non è colui che sa di essere buono, ma colui che sa di non essere un buon cristiano operando per Figura 3. Reliquiario in argento contenente la camicia insanguinata indossata da Rosario Livatino al momento dell’agguato. Foto di Ignazio Nocera.
Figura 2. Agrigento, interno della Cattedrale di S. Gerlando. La reliquia di Rosario Livatino temporaneamente esposta alla pubblica venerazione. Foto di Ignazio Nocera.
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diventarlo, come chiarisce San Paolo allorquando precisa che «la nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia» (1Cor., 13,9). Il cattolico, dunque, può e deve giudicare, ma seguendo non già i criteri dell’arbitrio o del capriccio, della convenienza o della popolarità, del successo o del potere, ma l’unico e solo criterio utilizzabile, cioè quello della giustizia, poiché sempre il Vangelo chiarisce che saranno beati quelli che hanno fame e sete di giustizia e quelli che saranno perseguitati per causa di essa. Tuttavia, la sola giustizia non è sufMiciente, poiché il Cristianesimo che alla giustizia non rinuncia, l’ha rifondata tramite la luce della carità (1Cor., 13,1) come ha puntualmente osservato, in una delle sue conferenze risalente al 1986, Rosario Livatino, il cattolico giudice, per il quale «il Cristo non ha mai detto che soprattutto bisogna essere giusti, anche se in molteplici occasioni ha esaltato la virtù della giustizia. Egli ha invece elevato il comandamento della carità a norma obbligatoria di condotta perché è proprio questo il salto di qualità che connota il cristiano». A fronte di Livatino cattolico giudice, si ritrova anche Livatino il giudice cattolico. Come può un giudice, uomo dello Stato, dello Stato laico e repubblicano, essere anche cattolico? Come
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Attualità
Figura 4. Canicattì (AG). Interno della casa del giudice Rosario Livatino, particolare della stanza da letto. Fonte: pagina Facebook Casa Giudice Livatino https://www.facebook.com/casagiudicelivatino/photos/103690415101890?locale=it_IT%2F
può un giudice garantire la terzietà e l’imparzialità che la legge gli impone se il suo essere cattolico rischia di alterare la sua capacità di giudizio? Anche in questo caso occorre, alla luce della ragione, comprendere che il cattolicesimo autentico non ostacola la capacità di giudizio e di critica, cioè di ragionamento, e se a sua volta autenticamente inteso non può essere considerato come una qualunque sovrastruttura ideologica prediletta piuttosto che un’altra, ma come la forza vitalizzante dell’essere umano, lo spirito di verità che rinnova la realtà, la luce sapienziale che ristruttura ontologicamente la vita umana. In questo senso, proprio il Cristianesimo ha insegnato a disancorarsi dal legalismo formalistico veterotestamentario, proprio il Cristianesimo ha insegnato che la lettera della legge è morta senza il suo spirito, che cioè il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato (Mc., 2,27). In questa direzione il cattolicesimo di un giurista non ostacola il suo operare, ma lo rende giusto e umano, sensato e, quindi, autenticamente giuridico. In questo senso Livatino giudice cattolico ha scritto, infatti, che «la legge, pur nella sua oggettiva identità e nella sua autonoma Minalizzazione, è fatta per l’uomo e non l’uomo per la legge, per cui la stessa interpretazione e la stessa applicazione della legge vanno operate col suo spirito e non in quei termini formali, miticamente formali, inseguiti nel diritto biblico e da ultimo anche degenerati con la prassi giudiziaria».
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Dimostrando che l’integrità della funzione giudiziaria passa anche attraverso l’integrità spirituale, intellettuale e giuridica della persona che è chiamata a ricoprirne l’ufMicio l’esempio di Livatino, dunque, è tipizzante, perché rappresenta un modello di cristiano e di giurista che se fosse preso più spesso in considerazione garantirebbe di evitare, o quanto meno mitigare, quelle acute crisi di credibilità che stanno oggi vivendo sia la Chiesa che la magistratura, sia la religione che il diritto, sia la fede che la giustizia.
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Ars veterinaria
MALATTIE TRASMESSE DA ZECCHE Carmen Carbone*
L
e zecche sono ectoparassiti obbligati, ematofagi che si alimentano periodicamente assumendo abbondanti pasti di sangue su un ospite vertebrato. Il morso di zecca è direttamente dannoso in quanto provoca irritazione, in<iammazione o ipersensibilità e, quando sono presenti in grandi quantità, possono causare anemia nel soggetto colpito. Le zecche hanno un notevole interesse clinico nell'ambito della medicina preventiva, poiché sono in grado di trasmettere durante il pasto di sangue svariate malattie batteriche, virali, rickettsiosi e malattie protozoarie. È sempre più frequente — nonostante le svariate raccomandazioni riguardanti i metodi di prevenzione negli animali domestici — trovarsi di fronte a pazienti colpiti da rickettsiosi che, il più delle volte, giungono a visita in condizioni gravi, con evoluzione cronica della patologia e reduci da svariati trattamenti non risolutivi. È fondamentale innanzitutto effettuare una corretta anamnesi; la diagnosi basata unicamente sul rilevamento di alcuni sintomi clinici tipici (es. febbre alta, dolori articolari, vasculiti, ecc...) non è suf<iciente. Infatti, ogni qual volta ci troviamo di fronte a un paziente sospetto, è i m p o r t a n t e e f fe t t u a re t u t t e l e p ro c e d u re diagnostiche di base. Tra le più frequenti malattie trasmesse da zecca che possono essere diagnosticate in ambito veterinario annoveriamo l'ehrlichiosi monocitica canina, l'anaplasmosi granulocitica, la babesiosi canina, la trombocitopenia ciclica infettiva e l'hepatozoonosi canina. Ehrlichia canis e Anaplasma phagocytophilum sono batteri Gram-negativi trasmessi da zecche di interesse veterinario. Sono intracellulari obbligati e appartengono alla famiglia delle Anaplasmataceae, ordine Rickettsiales. Ehrlichia canis ha tropismo per le cellule del sistema dei fagociti mononucleari, è responsabile dell'ehrlichiosi monocitica canina (ECM); solitamente infetta i cani e, con minore frequenza, i gatti; è stato inoltre ipotizzato che possa e s s e r e u n a g e n t e z o o n o t i c o . A n a p l a s m a phagocytophilum ha invece tropismo per i granulociti neutro<ili ed è in grado di infettare cani, gatti, cavalli, ruminanti domestici e selvatici; è inoltre un agente zoonotico responsabile dell'ehrlichiosi granulocitica u m a n a ( H G E ) o d e l l ' a n a p l a s m o s i ( H G A ) caratterizzata da sintomi simil-in<luenzali che in rari
c a s i p o t r e b b e r o avere esito fatale. La babesiosi canina è u n a m a l a t t i a trasmessa da zecche causata da varie specie del protozoo Babesia. I parassiti di questo genere si t r a s m e t t o n o p r i n c i p a l m e n t e attraverso il morso di zecca e possono infettare un'ampia gamma di animali domestici e selvatici, nonché gli esseri umani. Anaplasma platys è un batterio Gram-negativo intracellulare obbligato che viene tramesso dalle zecche e infetta le piastrine; colpisce diverse specie animali, uomo incluso. In<ine, Hepatozoon canis è un protozoo tramesso dalle zecche che infetta carnivori domestici e selvatici. Modalità di trasmissione Tutti questi agenti patogeni sono trasmessi da una zecca durante il pasto di sangue; Rhipicephalus sanguineus è il vettore di E. canis in Europa, così come di A. platys ed Hepatozoon canis, mentre Ixodes ricinus è il principale vettore di A. phagocytophilum [1]. Per quanto riguarda invece Babesia canis, il vettore rilevante è Dermacentor reticulatus, sebbene Rhipicephalus sanguineus (sl) trasmetta alcune specie di babesia (es B. vogeli) che infettano il cane, in particolare nelle zone con clima temperato [2]. Rhipicephalus sanguineus, conosciuta come zecca bruna del cane, è una specie con notevole importanza sanitaria ed economica [3]; è sicuramente la zecca più diffusa a livello globale. Sul cane si localizza solitamente sulle orecchie o negli spazi interdigitali; le forme immature prediligono invece la zona dell'inguine e il collo. In tutto il mondo sono diffusi almeno due lineaggi divergenti che sono tradizionalmente raggruppati in quello che era noto come Rhipicephalus sanguineus [4]; I due lineaggi principali sono il lineaggio temperato, ora riconosciuto come Rhipicephalus sanguineus sensu stricto (ss) e un lineaggio tropicale; quest'ultimo è ampiamente distribuito nelle zone che presentano
*Medico veterinario
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Ars veterinaria
Figura 1. Ambulatorio Veterinario Carbone: maschio di Rhipicephalus sanguineus.
Figura 2. Ambulatorio Veterinario Carbone: femmina di Rhipicephalus sanguineus.
Figura 3. Femmina e maschio di Rhipicephalus sanguineus. Fonte: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/0/05/ Rhipicephalus-sanguineus-female-male.jpg
Figura 4. Femmina e maschio di Ixodes ricinus. Fonte: https:// upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7d/Ixodes-ricinusfemale-male.jpg
variazioni climatiche che vanno dai 18 ai 22° C, mentre R. sanguineus (ss) è maggiormente diffusa da 20 a 33°C [5]. Rhipicephalus sanguineus è forse la specie di zecca più diffusa al mondo [6]; è una zecca a trifasica che si nutre principalmente di cani ed occasionalmente di altri ospiti, uomo incluso; infatti, il numero crescente di casi di parassitismo umano da zecche appartenenti a questa specie indica che l'interazione tra uomo e zecche R. sanguineus è probabilmente più comune di quanto effettivamente riconosciuto [7]. Per quanto invece riguarda Ixodes ricinus è vettore di malattie importanti anche nell'uomo in Europa. È una zecca a tre ospiti e il suo ciclo vitale può durare <ino a tre anni [8]. Sebbene l'intero ciclo biologico richieda più anni per completarsi, larve, ninfe e adulti si nutrono per un tempo di soli 26-28 giorni, pertanto Ixodes ricinus è considerato un parassita periodico. In Italia <ino ad ora sono stati riconosciuti 6 sottogeneri e 13 specie di Ixodes (Ixodidae, Ixodinae) [9]. Si sviluppa principalmente nei boschi termo-meso<ili e negli habitat arbustivi dove, grazie all'umidità ambientale,
può completare il suo ciclo di sviluppo di tre anni. Funge da vettore e da serbatoio per una serie di patogeni zoonotici della fauna selvatica, in particolare per la malattia di Lyme, per l'encefalite t ra sm essa da zec c he e p er l 'a n a p l a sm osi granulocitica umana [10]. Sono inoltre stati segnalati quadri di paralisi da zecca causati da Ixodes ricinus.
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Rischi per l'uomo L'uomo può essere occasionalmente punto da una zecca infettata da Anaplasma phagocytophilum; in questo caso l'infezione conduce allo sviluppo di una importante e pericolosa malattia, chiamata anaplasmosi granulocitica umana (HGA), che rappresenta la terza malattia trasmessa da zecca più diffusa negli USA e in Europa. La gravità dei sintomi nell'uomo varia da una forma asintomatica alla morte del soggetto colpito. Le complicazioni più gravi includono lo shock settico, la sindrome da distress respiratorio acuto e le infezioni secondarie opportunistiche [11]. Ixodes ricinus è responsabile anche della malattia di Lyme nell'uomo, causata da
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Figura 5. Rush cutaneo da malattia di Lyme. Fonte: https:// www.informazionimediche.com/wp-content/uploads/2019/06/ rush-cutaneo-da-malattia-di-Lyme-300x169.jpg
spirochete del gruppo Borrelia burgdorferi sensu lato. La zecca, af<inché l'infezione possa essere trasmessa all'uomo, necessita di effettuare un pasto di sangue di almeno 16 ore; l'incidenza aumenta tra Maggio e Ottobre, quando il contatto diviene più probabile; tuttavia le zecche iniziano la loro attività di ricerca di cibo quando le temperature superano i 5°C per cui il potenziale rischio si protrae per tutto l'anno. Borrelia burgdorferi causa diversi quadri clinici; il più comune è sicuramente l'eritema migrante che si manifesta come un eritema maculare a lenta progressione, talvolta con un alone centrale che rappresenta il sito originario del morso. Quando si instaura la progressione ematogena si sviluppa un eritema migrante multiplo (stadio 2); in questo contesto è p o s s i b i l e l ’ e v o l u z i o n e d e l l a m a l a t t i a i n neuroborreliosi, endocardite associata a disturbi di conduzione, artrite e linfocitoma. Qualora la patologia progredisca in fase 3 si possono instaurare fenomeni di meningite cronica e/o infezioni del sistema nervoso centrale (SNC) sotto forma di encefalite progressiva o encefalomielite [12]. Un'altra importante infezione umana trasmessa da zecche è l'encefalite da zecche (TBE), una delle più rischiose affezioni del sistema nervoso centrale. Il virus (TBEV) è trasmesso dalle punture di zecche e più raramente dal latte non pastorizzato. Nei paesi europei la TBE si presenta come meningite nel 50% dei pazienti, come meningoencefalite nel 40% e come meningoencefalomielite nel restante 10%. La gravità della TBE aumenta con l'età; nei bambini e negli adolescenti la meningite è la forma predominante di malattia [13]. Aspetti clinici nel cane Erhlichia canis è l'agente eziologico dell'ehrlichiosi monocitica canina, conosciuta anche con il nome di pancitopenia tropicale canina. Recentemente questo patogeno è divenuto di notevole interesse clinico in quanto ha condotto ad un aumento della morbilità e mortalità tra i cani. La trasmissione è mediata come
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detto dalla puntura della zecca Rhipicephalus sanguineus (sensu lato). La presenza e la distribuzione geogra<ica di E. canis dipendono dalla biologia e diffusione della zecca vettore. Poiché la quantità di zecche nell'ambiente risulta essere maggiore durante i periodi più caldi dell’anno, la malattia nel cane si osserva più frequentemente durante i mesi estivi. Tuttavia le zecche adulte sono in grado di trasmettere la malattia <ino a 155 giorni dopo aver contratto l'infezione per cui possono superare l'inverno e infettare un altro ospite nella primavera successiva [14]. Quando la zecca infetta compie il pasto di sangue su un ospite recettivo, i batteri entrano nel torrente circolatorio e nei vasi linfatici e si localizzano principalmente all'interno dei macrofagi, in particolare nella milza e nel fegato dove si riproducono per <issione binaria. Tuttavia, recenti ricerche hanno dimostrato che E. canis è ampiamente distribuita in diversi organi del soggetto infettato in quanto i macrofagi si disseminano diffondendo l'infezione. La presentazione clinica è suddivisa in una fase acuta, subclinica e cronica. La fase acuta in genere persiste per 2-4 settimane e, in caso di mancato trattamento, può evolvere rapidamente in subclinica; è caratterizzata da diversi segni clinici tra cui: febbre, perdita di peso, anoressia, depressione, linfoadenomegalia, splenomegalia e vasculiti. Durante questa fase, il reperto di più comune riscontro all'esame emocromocitometrico è la trombocitopenia. In corso di malattia subclinica, invece, la trombocitopenia è spesso persistente e talvolta è associata a leucopenia. I cani spesso in questa fase non mostrano segni clinici rilevanti ma è importante sottolineare che possono essere portatori di E. canis per mesi o anni grazie alla persistenza del batterio all'interno dei macrofagi splenici. Alcuni soggetti che sono quindi persistentemente infetti sono in grado di eliminare il batterio con il tempo, mentre altri vanno incontro alla fase cronica della malattia mostrando segni clinici gravi, come diatesi emorragiche causate dall'importante pancitopenia e uno stato di debilitazione generale per cui la prognosi rimane riservata [15]. Il batterio Anaplasma phagocytophilum è Gramnegativo, intracellulare obbligato che colonizza neutro<ili. La moltiplicazione del batterio avviene per <issione binaria, <ino a formare dei grossi corpi inclusi de<initi morule che possono essere rinvenuti nei neutro<ili circolanti per 1-2 settimane. Il vettore in Europa è come detto Ixodes ricinus; dal momento che la zecca si nutre su diversi ospiti vertebrati è possibile che possa compiere il pasto di sangue in diverse specie, trasmettendo così l'infezione. Per quanto riguarda le manifestazioni cliniche nel cane alcune di esse sono sovrapponibili ad un'infezione da E. canis, motivo per il quale la diagnosi speci<ica è
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Ehrlichia canis sviluppano segni clinici più gravi e per questi pazienti la prognosi è riservata. Le manifestazioni cliniche di più comune riscontro sono: ipertermia, anoressia, pallore delle m u c o s e , p o l i d i p s i a , e t a l v o l t a emoglobinuria e insuf<icienza renale; all'esame emocromocitometrico è evidenziabile una marcata anemia che nelle forme più gravi e non trattate può portare a morte il paziente. Anaplasma platys è un batterio intracellulare obbligato Gram-negativo che causa trombocitopenia ciclica infettiva canina nei cani. Si presume che il vettore sia Rhipicephalus sanguineus [17]; è noto per infettare le piastrine dei cani e sono stati segnalati anche diversi casi di infezione umana [18]. Il periodo di incubazione per un'infezione da A. platys è simile a Figura 6. Zecche nel padiglione auricolare del cane. Fonte: https://www.consulpets.it/ q u e l l o d i u n ' i n f e z i o n e d a A . veterinaria/come-accorgersi-della-ehrlichiosi/#prettyPhoto/0/ phagocytophilum (1-2 settimane). Successivamente, si osservano periodi talvolta dif<icoltosa in assenza di valutazione di uno alternati di trombocitopenia e febbre, che compaiono striscio di sangue colorato. Nel cane lo spettro di e scompaiono ciclicamente ogni 1-2 settimane. Dopo manifestazioni cliniche è ampio ma nella maggior inoculazione del batterio da parte della zecca le parte dei casi, così come osservabile in caso di piastrine parassitate possono essere rilevate nel infezione da E. canis, la presentazione del paziente è sangue periferico entro 8-15 giorni. La forma più caratterizzata da sindromi febbrili acute. I cani infetti g r a v e d e l l a m a l a t t i a , a s s o c i a t a a g r a v e si mostrano letargici e anoressici e anche in questo trombocitopenia, si osserva entro 7 giorni c a s o l e i n d a g i n i e m a t o l o g i c h e r i l e v a n o dall'inoculazione, mentre l'infezione cronica è trombocitopenia talvolta associata a leucopenia. Tra i associata a batteriemia di basso livello e principali sintomi sistemici si annoverano le trombocitopenia lieve, che ri<lettono un processo di emorragie, lo shock e l'insuf<icienza di svariati organi. adattamento dell'ospite all'infezione. I segni clinici La babesiosi canina, diffusa a livello globale, è una sono febbre, letargia, perdita di peso, pallore delle malattia trasmessa da zecca causata da Babesia mucose, petecchie emorragiche [19]. suddivisa in diverse specie de<inite come grandi L'hepatozoonosi canina è una malattia trasmessa da babesie (Babesia vogeli, Babesia canis e Babesia rossi) vettori causata da organismi emoprotozoi del genere e piccole babesie (Babesia gibsoni, Babesia conradae Hepatozoon [20]. È un protozoo parassita del sangue, e Babesia vulpes) [16]. Babesia canis, sottospecie fegato e rene del cane e, raramente, può contrarre la canis, rossi e vogeli, è l'agente eziologico della malattia anche il gatto; i cani si infettano ingerendo babesiosi canina ed è un protozoo che si localizza a le zecche contenenti gli sporozoiti che penetrano livello ematico nel cane. Gli sporozoiti infettanti nella parete intestinale e vengono trasportati ad presenti all'interno della zecca vengono iniettati nel organi e tessuti target tramite sangue e linfa. La cane insieme alla saliva durante il pasto di sangue. In maggior parte dei cani colpiti presenta infezione seguito all'inoculo questi organismi invadono prima asintomatica con bassa parassitemia e la patologia gli eritrociti e, in seguito alla loro replicazione per diviene manifesta solamente qualora la carica <issione binaria, determinano emolisi. In corso di parassitaria risulti particolarmente elevata. I rari casi infezioni croniche i parassiti vengono sequestrati di hepatozoonosi acuta sono caratterizzati da grave nella milza, nel fegato e in altri organi, per essere poi anemia, spleniti, coinvolgimento dei muscoli rilasciati a cadenza intermittente in circolo. La scheletrici e meningoencefalomielite; in queste gravità dell'infezione è correlata al ceppo di babesia forme gravi in cui il protozoo può raggiungere il coinvolto ma anche ad altri fattori quali l'età del 100% dei neutro<ili circolanti il paziente si presenta soggetto colpito, il suo stato immunitario e la con febbre e forte dimagrimento; all'esame presenza di infezioni concomitanti; a tal proposito i emocromocitometrico è di facile riscontro una cani che presentano coinfezioni Babesia vogelimarcata leucocitosi. I cani da caccia sono
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Ars veterinaria
Figura 7. Schema di esecuzione della tecnica del buffy coat. Fonte: https://microbenotes.com/buffy-coat/
maggiormente a rischio rispetto ai cani da compagnia a causa di una più probabile esposizione alla fauna selvatica, considerata reser voir dell'infezione; inoltre combattere e/o mordere durante la caccia espone il cane a un maggior rischio di ingestione di una zecca parassitata sulla preda. Diagnosi Come detto, quindi, la diagnosi accurata si basa sulla preparazione di strisci di sangue da colorare e osservare al microscopio ottico. Per quanto riguarda Ehlichia canis sono disponibili dei test ELISA "snap" rapidi che si basano sulla presenza di anticorpi e che, associati alle altre alterazioni emato-chimiche tipiche della malattia nel cane, possono fornirci un maggiore range di certezza per la diagnosi. Talvolta è possibile che questo tipo di snap test cross reagisca con Anaplasma phagocytophilum ma, poiché non sempre avviene cross-reazione, è buona norma effettuare uno striscio di buffy coat per aumentare la possibilità di individuare le morule. Dopo centrifugazione della provetta con EDTA, il buffy coat stesso può essere prelevato con una siringa, strisciato e colorato. In alternativa, è possibile centrifugare un capillare da microematocrito che viene poi rotto a livello di buffy coat e trasferito sul vetrino. Ehrlichia canis si evidenzia all'interno dei monociti, dove possono essere evidenziati sia i corpi elementari sia, più frequentemente, le morule.
Tuttavia, nel sangue, il numero di monociti circolante è ridotto, per cui in questo caso è consigliabile sempre effettuare la ricerca dal buffy coat. Inoltre la probabilità di evidenziare le morule all'interno dei monociti aumenta durante la fase acuta e si riduce progressivamente con la cronicizzazione della patologia: in questo caso, se persiste un forte sospetto di ehrlichiosi nel paziente e anche i test snap rapidi risultano negativi, si può ricorrere ad immuno<luorescenza o PCR. Anaplasma phagocytophilum si evidenzia all'interno dei granulociti neutro<ili, dove possono essere evidenziati sia i corpi elementari che le morule, tondeggianti ed estremamente baso<ile nelle quali si evidenziano gli addensamenti che corrispondono ai singoli corpi batterici da non confondere con artefatti (es. corpi di Dohle). Per quanto riguarda Babesia, l'osservazione diretta al microscopio può essere effettuata su normali strisci di sangue o su sangue capillare. Lo striscio di sangue, anche in questo caso, viene colorato al <ine di osservare all'interno degli eritrociti i merozoiti delle babesie, rilevabili come corpi piriformi e debolmente baso<ili. Gli artefatti sono anche qui frequenti, specialmente riconducibili a bolle d’aria, causate da una cattiva <issazione del vetrino. Il metodo di rilevamento delle morule di Anaplasma platys all'interno delle piastrine sembra avere una bassa sensibilità che risulta essere maggiore durante la fase acuta della malattia. Anche in questo caso, come per l'ehrlichiosi, risulta particolarmente vantaggioso l'impiego degli snap test. In genere è accettato che non esista alcuna reazione crociata tra Ehrlichia canis e Anaplasma platys. In<ine, Hepatozoon canis si evidenzia in strisci di sangue colorati all'interno dei granulociti neutro<ili e nei monociti, dove è facilmente riconoscibile per la caratteristica forma "a sigaro": i gamonti appaiono come strutture di forma ovoidale o, irregolarmente quadrangolare, ad angoli smussati, con struttura capsulare esterna otticamente vuota, all'interno dalla quale si rinviene materiale generalmente debolmente baso<ilo.
Figura 8. Ambulatorio Veterinario Carbone: morule di Anaplasma phagocytophilum all'interno di granulociti neutrofili.
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Ars veterinaria
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10. Figura 9. Gamonte di Hepatozoon canis all’interno di leucocita canino. Fonte: https://www.researchgate.net/profile/Alex-Leveille/ p u b l i c a t i o n / 3 2 9 3 7 7 8 4 8 / f i g u r e / f i g 1 / AS:754639838380033@1556931566959/Micrograph-of-Hepatozooncanis-gamont-within-canine-leukocyte-Gamonts-observed-on-blood.png
Importanza della prevenzione La pro<ilassi delle malattie trasmesse da zecca prevede un trattamento regolare mediante acaricidi appropriati. Considerando l'elevata diffusione delle zecche nell'ambiente, gli scarsi piani di controllo ambientale ed in<ine il continuo aumento delle temperature — in particolare nelle zone del sud Italia — sarebbe opportuno effettuare i trattamenti sul proprio animale domestico durante tutto l'anno. È inoltre raccomandabile il controllo periodico degli animali che hanno accesso all'esterno e vivono in zone endemiche, ricordando che l'interazione tra la zecca e l'ospite è molto più frequente di quanto ci si aspetti.
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Delle Arti
I DIPINTI LATERALI DELLA CAPPELLA DELLA PROVVIDENZA NELLA CHIESA PALERMITANA DI SAN GIUSEPPE DEI TEATINI Intervista al maestro Rodolfo Papa Ignazio Nocera
Figura 1. Tele nello studio romano del maestro Rodolfo Papa.
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aestro Rodolfo Papa, dopo aver parlato, nelle precedenti interviste, delle sue ultime opere romane, mi piacerebbe invece poterle chiedere qualcosa delle tele che ha dipinto per la nostra bella terra di Sicilia. Mi riferisco alle due tele laterali che ha realizzato per la splendida chiesa
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di San Giuseppe ai Quattro Canti nel cuore di Palermo. Com’è nata la commissione? Come è spesso accaduto, mi trovavo in Sicilia per un ciclo di conferenze organizzato da alcuni amici. Avendo un po' di tempo libero, sono tornato a rivedere la bellissima e purtroppo ancora non
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Delle Arti Rodolfo Papa, pittore, scultore, teorico, storico e Kilosofo dell’arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Docente di Storia delle teorie estetiche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, Roma; il Master di II Livello di Arte e Architettura Sacra dell’Università Europea, Roma; l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; la PontiKicia Università Urbaniana, Roma. È Accademico Ordinario della PontiKicia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Presidente della Accademia Urbana delle Arti. Tra i suoi scritti si contano circa venti monograKie e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; …). Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San PanKilo, Sulmona; chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma …).
restaurata chiesa di San Giuseppe dei Teatini, vero e proprio capolavoro palermitano. In quella occasione incontrai il padre teatino Vincenzo Cosenza, che già conoscevo, ed egli con gentilezza mi accolse, mi parlò a lungo della chiesa e delle sue penose condizioni, e mi espose i suoi progetti sul completamento della Cappella della Provvidenza. Ne rimasi entusiasta, e gli chiesi cosa avrebbe voluto fosse dipinto per completare il suo progetto di rilancio devozionale dell’antica e miracolosa immagine della Madonna della Provvidenza.
Quindi potremmo dire che il progetto di farle realizzare le due opere laterali fu quasi miracoloso. In un certo senso, si può affermare questo. Del resto, l’immagine della Madonna della Provvidenza è al centro di molte storie di miracoli, due dei quali ho proprio rappresentato nei laterali. Apparentemente il progetto delle due opere arrivò per caso, ma non molto tempo dopo capii che una serie fortuita di eventi mi avevano condotto lì in quel momento. Sebbene avessi in animo da tempo di ritornare a
Figura 2. Roma, Rodolfo Papa nel suo studio mentre disegna le due tele.
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Delle Arti vedere quella chiesa, in quei giorni non era programmato, ma alcuni imprevisti, mi liberarono del tempo e trovandomi dalle parti di Via Maqueda, decisi di sfruttare l’occasione di occupare quell’inaspettato tempo libero per una visita d’arte. Quindi p. Vincenzo Cosenza le propose di r e a l i z z a r e l e d u e t e l e l a t e r a l i p e r i l completamento della rinnovata Cappella della Provvidenza. Ma come nasce una committenza di questo tipo? Cosa le chiese e come procedette la sua impostazione dei due dipinti? Parlammo a lungo del signiKicato di quella cappella, dei miracoli che la Madonna operò proprio in quel luogo, della sorgente d’acqua che fu trovata in uno dei due più famosi miracoli che riguardano quell’immagine e di come quell’acqua miracolosa fu utilizzata per molto tempo a Palermo come fonte inesauribile in periodi di siccità. Parlammo anche dell’altro, e quasi più importante, miracolo che fu di fatto quello fondativo di quella devozione: infatti, un anziano sconosciuto portò l’immagine della Vergine al padre Vincenzo Scarpato, che da tempo cercava una immagine adeguata per la piccola cappella mariana, ma il dipinto, una volta srotolato e apprezzato dal teatino, sparì. In punto di morte il padre rivelò che molte altre volte quella persona gli apparve ed era in realtà San Giuseppe stesso, il quale lo aiutò anche in molte altre occasioni. Rimasi colpito moltissimo da questi racconti e pensai che avrei dovuto cercare di raccontarli con semplicità, ma con adeguata enfasi per mantenere la vividezza del racconto che mi aveva così affascinato.
Figura 3. Rodolfo Papa, tela della parete dx. Palermo, Chiesa di S. Giuseppe dei Teatini, Cappella della Provvidenza.
in onore della Vergine Maria. Il secondo punto era l’acqua appena sgorgata dal sottosuolo, durante lo scavo del pozzo, che la Madonna stessa ordinò di scavare ai piedi del suo altare ediKicato nella «Respiro i colori, l’odore dei marmi, cripta della chiesa teatina.
Allora, cosa l’ha colpita dei racconti, quali immagini le sono subito venute in mente e come ha pensato di realizzarle?
D u e p u n t i s i e r a n o immediatamente Kissati mantengo vivide nella memoria le nella mia mente. Il primo Le cornici in marmo sfumature degli stucchi, i riflessi della luce era l’immagine di San settecentesche e l’intera naturale sull’architettura della cappella Giuseppe, che è il patrono cappella tutta decorata dove dovrò andare ad inserire qualcosa di della chiesa in cui avrei con specchiature di nuovo e mantengo fisso per tutto il tempo dovuto operare, ma è marmi policromi non della realizzazione delle mie opere anche il Santo con cui ho l ’ h a n n o i n t i m o r i t a ? d i v e r s i d e b i t i d i D i p i n g e r e p e r u n o pittoriche quel colore di fondo che mi ha riconoscenza personali, spazio architettonico impressionato […]» p e r q u a n t o h a f a t t o così prezioso e bello, personalmente nella mia non le ha messo paura? vita. Per me era imprescindibile la rappresentazione Come si è comportato difronte ad una operazione di un attributo giuseppino al quale sono molto così delicata? devoto, ovvero “amante della povertà”. E così l’ho immaginato, gioioso, nella grande dignità di una Devo dire che in realtà tali spazi mi esaltano, in santa povertà, che è la corona degli umili e grandi quanto Kin da ragazzo, quando ebbi le mie prime artigiani che hanno ediKicato monumenti spettacolari commissioni, mi trovai al cospetto di chiese storiche,
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Delle Arti architetture barocche, basiliche romane, chiese o cattedrali rinascimentali o settecentesche. Potremmo dire che ci sono abituato. Procedo sempre allo stesso modo. Respiro i colori, l’odore dei marmi, mantengo vivide nella memoria le sfumature degli stucchi, i riKlessi della luce naturale sull’architettura della cappella dove dovrò andare ad inserire qualcosa di nuovo e mantengo Kisso per tutto il tempo della realizzazione delle mie opere pittoriche quel colore di fondo che mi ha impressionato e, con quello ben saldo nella memoria, costruisco un abito su misura per quel luogo. A meno che io non debba realizzare degli affreschi che mi costringono sul posto, cerco di non tornare più sul luogo Kino a quando non ho terminato il processo creativo e realizzativo dell’opera. Se mi è possibile, cerco di andare a vedere l’opera solo dopo che altri l’hanno collocata. Questo mi permette di vedere dall’esterno con occhi nuovi quanto io ho realizzato, quasi da turista che passa lì per caso e quasi distrattamente osserva l’opera. Questo mi garantisce una obiettività di giudizio che altrimenti non potrei avere. Spesso, se mi capita di realizzare opere di pittura parietale, tecnica che mi obbliga a permanere lungo tempo in un luogo per dipingerlo, cerco di frapporre tra il momento in cui smonto il cantiere ed il momento della benedizione dell’opera, un lungo periodo di assenza, in modo tale da poter svuotare gli occhi dalle prospettive di sguardo esecutivo e acquisire uno sguardo esterno all’opera, tanto da poterla Kinalmente “vedere” come tutti gli altri ed esserne anch’io un visitatore comune. Quindi come avviene la scelta dei colori, dell’inquadratura compositiva delle scene da rappresentare? Come sceglie queste cose?
Figura 4. Rodolfo Papa, tela della parete sx. Palermo, Chiesa di S. Giuseppe dei Teatini, Cappella della Provvidenza.
In questo credo di essere molto contemporaneo. astratta, se osservate bene, vi accorgerete che, Molti si affannano a dire che la pittura “mimetica” è afKinché l’opera sia veramente ben fatta, ci devono morta, che solo alcune forme d’arte sono essere le stesse accortezze tecniche, ovvero contemporanee, ma credo che queste persone, anche bilanciamento cromatico, organizzazione delle masse se per lo più sono critici e storici, poco capiscano di ed equilibrio dei pesi. Se questo c’è, se tutti questi arte. Come ci insegnano i grandi maestri di sempre, requisiti ci sono, allora l’opera funziona, altrimenti dipingere è di fatto sempre no. Quindi procedo nel la stessa cosa, che si «[…] cerco di non tornare più sul luogo fino a medesimo modo di Rothko dipinga un quadro astratto m a , a p p a rte n e n d o a d quando non ho terminato il processo o Kigurativo. I bilanciamenti un’altra religione, scelgo la c r o m a t i c i e l a creativo e realizzativo dell’opera. Se mi è Kigurazione, perché mi composizione delle masse possibile, cerco di andare a vedere l’opera appartiene ed in questa o l’equilibrio dei pesi non solo dopo che altri l’hanno collocata. Questo penetro attraverso la via cambia, si deve operare nel mi permette di vedere dall’esterno con occhi m i m e t i c a , v e r s o l a m e d e s i m o m o d o . M i nuovi quanto io ho realizzato, quasi da s o r g e n t e d e l l ’ a r t e spiego, se osservate un cristiana. Rothko, essendo turista che passa lì per caso e quasi dipinto di Caravaggio, ad e b re o , g i u s t a m e n te e esempio la Canestra di distrattamente osserva l’opera» saggiamente risponde al Frutta o un dipinto di Mark suo dettato di divieto Rothko ad esempio No.61 (Rust and Blue), aldilà del dell’immagine e quindi percorre un’altra strada ma, fatto che uno ha una connotazione Kigurativa e l’altro sia ben chiaro, con gli stessi strumenti a disposizione.
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Delle Arti Del resto, tutti siamo soggetti alle leggi di gravità, viviamo sotto il sole o la luna e la conformazione retinica è la medesima. La modernità non ha inventato nuove forme d’arte, ha solo “liberato” tutte le religioni, permettendo loro di dipingere se stesse. Questa cosa che ci ha detto è molto interessante. Ma, allora in cosa consiste per lei la contemporaneità? Perché ci sono alcuni che si o s t i n a n o a d i re c h e i l Wigurativo è morto? È solo una posizione ideologica? Ma a vantaggio di chi? P o t r e i r i s p o n d e r e semplicemente che ostinarsi a dire che una cosa non si può più fare, in un’epoca in cui si è liberato, praticamente tutto, è di fatto un ossimoro teoretico e, se non suonasse enfatico, aggiungerei politico. Sono state fatte molte rivoluzioni politiche, militari, economiche, i n d u s t r i a l i , s c i e n t i K i c h e , sessuali e persino artistiche, con l’intento di rompere tutti gli steccati e permettere che ci si potesse muovere in ogni direzione con la massima libertà. Ma solo una cosa sembra rimanere vietata, ovvero l’arte Kigurativa o, come Figura 5. Palermo, Chiesa di S. Giuseppe dei Teatini, Cappella della Provvidenza. alcuni la chiamano, “mimetica”. A ben guardare, in realtà, la dunque si cerca di continuare a renderli appetibili forma d’arte più proliKica anche negli ultimi decenni per il mercato, con musei, mostre e gallerie è proprio il Kigurativo, anzi l’ultima generazione di compiacenti. Ma, come sempre nel mondo, tutto i p e r r e a l i s m o è n a r r a t i v a , m i m e t i c a e passa ed è molto difKicile presentare un movimento tecnologicamente “arretrata” all’uso dei colori e dei che oggi compie più di cento anni come pennelli. Se poi osserviamo meglio la storia dell’arte contemporaneo. Tutto qua. del Novecento, potremmo dire senza alcuna paura di essere smentiti, che la pittura Kigurativa non ha Ma torniamo, con un’ultima domanda, ai suoi smesso di essere praticata neanche per un solo anno. dipinti per la Cappella della Provvidenza. Come Grandissimi maestri si sono passati il testimone, ha poi dipinto queste tele e quali soggetti ha generazione dopo generazione, Kino ai nostri giorni scelto di fare? senza soluzione di continuità. Come si spiega allora Tornato nel mio studio romano, ho letto quanto l’accanimento teoretico sul Kigurativo? Si spiega solo padre Vincenzo Cosenza mi aveva dato per meditare con le necessità del mercato, che spera di poter sui temi pittorici, i racconti dei miracoli ed il contesto ancora ricavare grossi guadagni da gruppi e da spirituale in cui questi sono maturati. Le due scene, movimenti che erano importantissimi a metà del quella di San Giuseppe che dona a padre Vincenzo secolo scorso, ma oggi sono passati di moda, e
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Figura 6. Roma, il maestro Rodolfo Papa e padre Vincenzo Cosenza nello studio con le opere appena consegnate.
Scarpato l’immagine della Madonna, la stessa che parla mai. Ho pensato l’altra tela a partire dalla peraltro è al centro della cappella, e quella in cui gli lampada tenuta in mano da uno degli operai per far operai scavano il pozzo alla ricerca dell’acqua luce durante lo scavo. I riferimenti sono chiaramente promessa dalla stessa la Cattura di Cristo di Madonna, le ho pensate «Grandissimi maestri si sono passati il Caravaggio e alcune teste come immagini nell’ombra di Felice Casorati, il quale testimone, generazione dopo generazione, della sera la prima, e nel guarda al mondo antico buio del pozzo la seconda. fino ai nostri giorni senza soluzione di come De Chirico o Sironi, In tal modo ho potuto continuità. Come si spiega allora con una certa curiosità dipingere quelle atmosfere l’accanimento teoretico sul figurativo? Si ingenua. Per il volto del necessarie a riprendere spiega solo con le necessità del mercato, che ragazzo con la lampada mi tutti i colori preesistenti spera di poter ancora ricavare grossi sono lasciato ispirare dal n e l l a c a p p e l l a , p e r ritratto fotograKico che guadagni da gruppi e da movimenti che armonizzare i miei due Man Ray fece al giovane dipinti nell’insieme. Nella erano importantissimi a metà del secolo Duchamp, che ha un volto tela con San Giuseppe, ho scorso, ma oggi sono passati di moda […]» classicissimo. Mi pare che a m b i e n t a t o l a s c e n a più contemporaneo di così, dell’incontro miracoloso non possa essere. Ma io poco fuori dalla chiesa dei Teatini, all’angolo con via dipingo per me e per i miei committenti, non per il Maqueda, infatti si vede la piazza ed il palazzo del mercato. comune. Tutto però all’imbrunire, proprio per mantenere quell’ombra necessaria per raccontare un miracolo umile, senza grande clamore, in punta di piedi, come fa solitamente San Giuseppe, che, come nei Vangeli, c’è, opera con saggezza e cura, ma non
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Cultura
RINASCERE NEL SACRO
Storia di una chiesa e di una periferia: Falsomiele Irene Luzio*
Figura 1. Modello in creta dell’aquila che sarà scolpita in marmo dallo scultore Cody Swanson e collocata sull’ambone.
F
alsomiele è un rione di Palermo Est, nato sulla sponda meridionale dell’Oreto. È lontano dagli itinerari dei turisti e gli stessi c o n c i t t a d i n i d e l l a “ Pa l e r m o b e n e ” dif>icilmente vi mettono piede. Un reticolo di caseggiati di edilizia economica, anni ‘50-‘60, densamente abitato. Strutture sociali minimali: una ASL, una banca, un uf>icio postale, il Consultorio Familiare, due centri sportivi, un cinema e quattro scuole (dall’infanzia alla secondaria di primo grado). I presìdi delle forze dell’ordine, semplicemente, non esistono. Disoccupazione e scarsa assistenza rimpinzano il grasso ventre della malavita.
Tuttavia, chi scegliesse di avventurarvisi con pasoliniana benevolenza, troverebbe che una luce splende nelle tenebre: la chiesa di San Giovanni Battista Maria Vianney, la principale del quartiere. Il territorio della parrocchia comprende più di 10.000 persone, stando ai dati della Curia. È retta da don Sergio Mattaliano, un sacerdote animato dallo stesso spirito evangelico che, nei primi anni ’60, spinse il Cardinale Ruf>ini a pretendere ed ottenere l’edi>icazione della stessa chiesa, nel quartiere allora nascente. Tra celebrazioni, preghiere, confessioni, direzione spirituale, catechesi e formazione, le porte restano aperte dalle 8:00 alle 22:00, ogni giorno. La
*Università degli Studi di Palermo. Parte di questo testo è stata pubblicata su Cultur elite il 21 aprile 2021 https://www.culturelite.com/categorie/arte-e-spettacolo/rinascere-nel-sacro-storia-di-una-chiesa-e-di-una-periferia-falsomiele-di-ireneluzio.html?highlight=WyJmYWxzb21pZWxlIl0= N. B. alcune delle foto pubblicate in questo articolo sono state scattate prima dell’inizio della pandemia di Sars CoV-2.
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Figura 2. Palermo, il quartiere Falsomiele.
carità del parroco ha suscitato nella gente una risposta di grande fervore e devozione. Così, se il prete edi>ica le anime, i fedeli — con il prete — edi>icano la chiesa. Non solo in senso spirituale: la chiesa del Santo Curato d’Ars è un cantiere brulicante da vent’anni, a cui tutta la comunità contribuisce con grande dedizione. Il cantiere Era il lontano 1 marzo 2001. Il giovane don Sergio — ordinato appena tre anni prima — aveva convocato una coppia di architetti, esperti di arte e artigianato sacro, per ristrutturare il presbiterio: Ciro Lomonte e Guido Santoro. Ma, arrivati sul posto, i due architetti si erano trovati dinnanzi a ben altro problema. Acqua. Risaliva dal terreno, su cui poggiavano direttamente le fondamenta, danneggiando i pavimenti; s’in>iltrava dal tetto; corrodeva le coppie di pilastri, celanti caditoie di creta, pensate in principio per il drenaggio dell’acqua piovana ma logorate dal tempo. Bisognava intervenire su tutta la struttura, e in fretta (una chiesa “gemella”, San Paolo
Figura 3. Particolare della statua marmorea di S. G. B. M. Vianney posta sul prospetto della chiesa. Foto di Guido Santoro.
a Borgo Nuovo, è oggi irreversibilmente danneggiata dall’umidità e a breve verrà demolita). Era necessario scavare, creare una struttura antisismica in calcestruzzo armato, che si ponesse come camera d’aria e isolasse il solaio dal terreno umido. In più, bisognava inglobare in pilastri unici le coppie di pilastri preesistenti e aggiungere delle colonnine intermedie, possibilmente costituendo a metà altezza
Figura 4. Palermo, Falsomiele. La chiesa di S. Giovanni Battista Maria Vianney prima dei lavori di ristrutturazione. Foto di Guido Santoro.
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Figura 5. Alcune immagini del cantiere. Foto di Guido Santoro.
(circa 5 mt) dei matronei — caratteristici delle chiese alto-medievali — sopra le due navatelle: una soluzione che avrebbe permesso di coniugare le esigenze di !irmitas con l’utilitas di ottenere almeno 200 nuovi posti a sedere e con la venustas della soluzione formale. L’eccentrica abside triangolare andava chiusa da una parete piana. Sarebbe stato
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opportuno riprendere anche l’area d’accesso, realizzando tre ingressi e uno spazio esterno, il quale al contempo permettesse la sosta e raccordasse al corpo della chiesa le scalinate e gli scivoli per i fedeli affetti da disabilità motorie: l’idea era una rielaborazione del nartece — un vestibolo, tipico dell’architettura sacra bizantina, riservato ai
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Figura 6. La navata centrale. Foto di Guido Santoro.
catecumeni — che richiamasse visivamente il Palazzo Episcopale di Astorga e il Bellesguard di Gaudì (forma a castelletto, archi parabolici e nicchie a paraboloide iperbolico). In>ine, gli ambienti destinati alla vita del parroco e alle attività pastorali erano da risanare, se non da costruire ex novo. Soltanto dopo questi massivi interventi strutturali, ridisegnare lo spazio liturgico sarebbe diventata un’opzione praticabile. Un progetto ambizioso, per la copiosità e complessità dei problemi, non meno che per i costi. Ma a Dio e agli uomini di buona volontà, nulla è impossibile: tra >inanziamenti pubblici e la commovente generosità dei fedeli, il — metaforico — giorno dopo, le ruspe portavano via quintali di terra umida. Ingegneri, imprese edili, muratori, carpentieri, gli stessi architetti e don Sergio in persona davano corpo alla squadra che tirava avanti il cantiere. Laddove possibile, venivano coinvolte maestranze locali, perché fossero gli stessi abitanti a
costruire col sudore della propria fronte la loro chiesa: come nei cantieri medievali, la comunità intera partecipava. Ad oggi — vent’anni dopo — i lavori strutturali non possono dirsi del tutto conclusi. Il coronamento della facciata manca, i due campanili vanno completati, e inoltre si prevede di trasformare il “tiburio” cubico in una cupola. Ma si è potuto intervenire nello spazio liturgico e renderlo più consono alle funzioni sacre a cui è destinato. Indoratori, fabbri, gessai, elettricisti, rivenditori di ceramiche, rivenditori di marmi, marmisti, argentieri, lo scultore Cody Swanson e il giovane pittore Luca Crivello si sono aggiunti alla squadra; molti di loro stanno ancora lavorando.
Figura 7. Altare. Foto di Guido Santoro.
Figura 8. Ambone. Foto di Guido Santoro.
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La navata centrale Oggi, lo sguardo che si affacciasse dal nartece all’interno della chiesa verrebbe immediatamente catturato dalla pavimentazione: marmi bianchi, gialli e rossi si succedono in larghe fasce orizzontali e >luiscono verso il presbiterio. Un mare simbolico, che rimanda alla visione della Liturgia Celeste nel libro
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ARCHITETTURA SENZA DEMIURGHI Gli uomini hanno bisogno di comprendere che senza architetti non possono realizzare luoghi abitabili. Gli architetti hanno bisogno di comprendere che se non creano luoghi abitabili le loro opere sono astruserie disumane. Le avanguardie artistiche del Novecento hanno elaborato un metodo di progettazione falsamente taumaturgico, luciferino, elitario, spiritualista. L'architettura tradizionalista nasce come reazione, ma in realtà si basa su presupposti gnosticheggianti molto simili. Il fai da te favorito dalla facilità di costruzione offerta dal calcestruzzo armato (i mastri di una volta dovevano misurarsi con le dif>icoltà della stereotomia) complica ulteriormente le cose. In tale panorama brilla l'esempio di Antoni Gaudí i Cornet. Un vero e proprio antidoto ai veleni della modernità immanentista. Se verrà canonizzato, gli artisti avranno ancora più chiaro un modello di genio creativo capace di tradurre in bellezza la comprensione di tre tappe fondamentali: - Dio creò l'uomo af>inché lavorasse e custodisse il creato; - l'armonia è stata infranta dal mistero dell'iniquità; - Gesù Cristo ha attirato a Sé, sulla Croce Redentrice, tutte le cose. Figura. Antoni Gaudí i Cornet, interno di Casa Su questi presupposti si può realizzare un'architettura senza Batlló. Foto: Tim Adams - Opera propria, CC BY 3.0, aggettivi. Paradossalmente si può ottenere — nel senso corretto https://commons.wikimedia.org/w/index.php? dell'espressione — un'architettura senza architetti, senza quella curid=38260409 caricatura della creatività che è il progetto demiurgico. Si può evitare la pratica del concorso. Si può sviluppare una nuova cultura architettonica diffusa che consenta di af>idare ad esperti del grande libro della natura il compito di continuarne l'opera anche nell’arti>icio. Ciro Lomonte
dell’Apocalisse. Il bianco allude alla Purezza, il giallo alla Gloria, il rosso alla Divinità di Colui che dimora nel tabernacolo, sotto le specie del Pane. Tre larghi gradini, di un verde molto intenso, fanno da sponda e segnano il passaggio dalla navata, dove stanno i fedeli, al luogo più sacro, in cui si svolge la celebrazione: il presbiterio. Il presbiterio Al centro del presbiterio si trova l’altare. Come da tradizione, l’altare è simbolo della Nuova ed Eterna Alleanza tra Dio e gli uomini, instaurata da Cristo — vero Dio e vero Uomo, e unico Ponte>ice — versando il Suo Sangue sul Golgota, per la Remissione dei peccati: quello stesso Sacri>icio, in forma incruenta, si rinnova tra le mani consacrate del sacerdote ad ogni Santa Messa. L’altare è decorato da due formelle in marmo bianco, incorniciate ciascuna all’interno di un arcobaleno di marmi policromi: un rimando all’alleanza stretta tra Dio e Noè dopo il diluvio, pre>igurazione dell’Alleanza de>initiva nel Redentore. La formella del fronte ritrarrà il sacri>icio di Isacco, anticipazione del Sacri>icio di Cristo. La formella del retro sarà ornata da tralci e grappoli, in riferimento
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alla Chiesa, la Nuova ed Eterna Alleanza tra Dio e gli uomini in Cristo: «Io sono la vite»; il retro ospiterà anche delle reliquie. La parete absidale si aprirà in due ampie arcate, affrescate dal giovane pittore palermitano Luca Crivello. Il programma iconogra>ico è in fase di de>inizione. Si pensa di suddividere pittoricamente le arcate in due livelli — superiore e inferiore — e di mantenerle separate da uno spazio centrale. Questo ospiterà, nel livello inferiore ma in posizione soprelevata e ben visibile, il tabernacolo: il vero cuore dell’intero spazio sacro; sopra, si trova già collocato l’antico Croci>isso della parrocchia, in legno dipinto. Ai lati, nella parte superiore delle arcate, visibili in scorcio dalla navata centrale, troveremo gli altri due croci>issi: il buon ladrone, Disma, e il cattivo, Gesta (questi i nomi che ci tramandano alcune tradizioni). Il livello inferiore delle due arcate ospiterà i patriarchi, in attesa di quella che l’iconogra>ia de>inisce Anastasi (dal greco ἀνάστασιϚ, identi>ica la rappresentazione della discesa di Cristo agli inferi e la liberazione dei padri): Adamo ed Eva, Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuda, Davide, San Giuseppe e San Giovanni Battista; forse
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Figura 9. Navata sinistra, cappella dell’Immacolata Concezione. Foto di Guido Santoro.
altri. Nelle arcate frontali del presbiterio si collocheranno l’Addolorata con le Pie Donne e San Giovanni, San Longino, i membri ostili del Sinedrio e i soldati romani. Intorno e dietro l’altare, saranno disposte le sedi dei ministranti, tra cui, all’estrema sinistra e in posizione privilegiata, la sede del celebrante (anche queste in >ieri). Saranno realizzare in muratura e rivestite di mosaici in ceramica (il cosiddetto trencadis catalano). La sede del celebrante sarà inoltre decorata da due pannelli laterali, raf>iguranti un asinello e l’asina madre — in riferimento all’ingresso glorioso del Signore in Gerusalemme, nella Domenica delle Palme. Sull’estrema destra sono già collocati il leggio e l’ambone, in fase di ultimazione. Si tratta di due strutture adiacenti, rivestite di onice bianco e rosato, alle quali si accede da due scalinate ben distinte e invisibili dalla navata. La più imponente tra le due, sulla destra, è l’ambone. Come da tradizione, rappresenta il Sepolcro vuoto di Cristo — e propriamente il Gobel, il masso circolare che ne sigillava l’ingresso e che venne rotolato dall’angelo all’annuncio dell’avvenuta Resurrezione. Il fronte dell’ambone, che affaccia sulla navata centrale, presenta perciò un simbolico rimando al Gobel e una cavità — l’interno del sepolcro — rivestita in pietra di Comiso. Tra l’ambone e il Cero Pasquale, sulla destra, sarà posta la scultura dell’angelo. In origine, l’ambone era riservato alla lettura dell’Exultet, ma — dal momento che ogni domenica è “l’ottavo giorno” — è stato adattato anche alla lettura del Vangelo e
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all’omelia: avrà come supporto per i testi sacri una maestosa aquila di marmo. La struttura di dimensioni più modeste, a sinistra dell’ambone, rappresenta il sepolcro vuoto di Maria dopo l’Assunzione e funge da leggio per le altre letture ordinarie. Al centro del fronte, sarà collocata una scultura del Leone di Giuda. I marmi utilizzati qui — e in tutta la chiesa — sono di gran pregio e in larga misura sono stati donati dal rivenditore stesso, in segno di devozione. Le sculture saranno opera di Cody Swanson, artista americano, naturalizzato >iorentino. Ai >ianchi del presbiterio, ricavati dalle estremità delle due navatelle laterali, si trovano due ambienti, trattati con cupole a paraboloide: il coro e la cappella dell’Immacolata. La navata sinistra La cappella dell’Immacolata è collocata sulla sinistra. Conserva una statua della Vergine, già appartenente alla parrocchia, a cui i fedeli sono particolarmente devoti: è posta sopra un ampio ripiano ed ha per sfondo un ovale marmoreo di un blu molto intenso (azul macaubas) circondato da una raggiera di stucco, che sarà rivestita di mosaico vitreo, a ricreare la sorgente luminosa che La circondava durante l’apparizione a Guadalupe. Lungo la parete della cappella, come in processione verso la statua, saranno disposte tre nicchie, affrescate da Luca Crivello. La prima narrerà proprio la storia dell’apparizione di Maria a Juan Diego, Guadalupe, 1531; l’impressione acheropita della Sua sacra
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Figura 10. Bozzetti degli affreschi di Luca Crivello per la navata sinistra. In alto a sx Madonna di Guadalupe, a dx Immacolata Concezione, sotto Madonna di Lourdes. Foto di Guido Santoro.
immagine — rivoluzionaria per l’iconogra>ia dell’Immacolata — sulla tilma dell’indio convertito, che ha prodotto miracoli per quasi cinque secoli, restando incomprensibile agli occhi degli scienziati. La seconda nicchia mostrerà il patto di sangue che i palermitani strinsero con la Madonna nel 1624, in occasione dell’ultima grande pestilenza che af>lisse la città: in cambio della Sua protezione, giurarono di proteggere l’onore dell’Immacolata >ino allo spargimento di sangue (la verità dell’Immacolata Concezione era, allora, fortemente dibattuta tra i teologi). Nella terza ed ultima nicchia, la più prossima all’altare, verrà descritta l’apparizione di Nostra Signora a Santa Bernardette, Lourdes, 1858; le Si rivelò — nel suo stesso dialetto stretto — come l’Immacolata Concezione: il dogma era stato proclamato appena quattro anni prima, da Pio IX, ed era impossibile che una pastorella provenzale illetterata lo sapesse. La navata destra A destra si trova il coro, in cui sono scavate sei nicchie paraboliche che saranno decorate con angeli cantori, affrescati da Luca Crivello. Allontanandoci dal presbiterio incontriamo il battistero, la cappella del Santo Curato d’Ars e la penitenzeria. Il battistero ha un’articolazione complessa. Il fonte è costituito da un’ampia vasca ottagonale, rivestita di onice all’esterno, di ceramica all’interno. È profonda
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120 cm, perciò consente di praticare il battesimo per immersione. La vasca è sormontata da due semicupole, trattate a foglia d’oro, ed è abbracciata
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BENEDETTO XVI E L’ARTE SACRA Il 23 settembre 2015 ebbi il grande privilegio di un incontro privato con Benedetto XVI nel Monastero Mater Ecclesiæ, dove vive ritirato a partire dal 2013. L’occasione venne propiziata da un caro amico sacerdote che sapeva quanto stia a cuore a Benedetto XVI l’arte sacra e pensava che gli potessimo offrire un piccolo dono con i nostri racconti. Il mio amico sapeva dell’Appello per la rinascita di un’arte sacra autenticamente cattolica, che avevamo rivolto al Papa nel 2009. Fummo ricevuti in quattro, seduti in salotto per 40 minuti abbondanti. Gli portai in omaggio una copia del discorso inaugurale della Monreale School of Arts & Crafts (Quale bellezza salverà il mondo?), stampato su carta pregiata, con un fermaglio d’argento realizzato dal cesellatore Benedetto Gelardi con il logo dell’Associazione Magistri Maragmæ. Mi domandò a quali forme di artigianato di eccellenza volessimo preparare i giovani. Ascoltando con attenzione, chiese ulteriori precisazioni, per es. a proposito della ceroplastica. Commentò che c’è un’enorme necessità di scuole di formazione, per affrontare il gravissimo problema della disoccupazione giovanile. Aggiunse che purtroppo solo i Salesiani e l’Opus Dei se ne occupano seriamente in tutto il mondo. Bisognerebbe fare molto di più. Si interessò poi al Master in Architettura, Arti Sacre e Liturgia. Gli precisai che usavamo come testo di riferimento il suo Introduzione allo spirito della liturgia. Aggiunsi che avevo trovato illuminanti le sue osservazioni sulla musica sacra: il rock ed il pop non possono essere impiegati nella celebrazione liturgica, perché non hanno il >ine di elevare l’animo, bensì di scatenare gli istinti e banalizzare le emozioni. Allo stesso modo non si possono adottare — gli feci presente io — i linguaggi dell’architettura contemporanea, nati nell’alveo dello spiritualismo anticristiano della Società Teoso>ica. Di fronte alla sua curiosità, dichiarai che su questo argomento Romano Guardini aveva sbagliato ad af>idarsi a Rudolf Schwarz per sistemare il Castello di Rothenfels, dove si radunava sotto la sua guida pastorale la gioventù cattolica del Quickborn o Jungbrinnen. La scarni>icazione della decorazione architettonica, il sottomettere tutto ad un minimalismo glaciale, il ricoprire le pareti di vernice bianca, aveva reso i luoghi strumentali a forme di “empatia” inadeguate al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio ed a quello della Sua Passione, Morte e Risurrezione. Al che mi sorprese affermando di avere trovato sempre strano quel posto e di avere capito soltanto adesso il perché! Avevo rischiato grosso puntualizzando tali aspetti problematici dell’operato di Guardini, che Benedetto XVI ha indicato sempre come uno dei suoi maestri. Eppure ciò è stato utile per imparare ancora una volta dall'umiltà e dall'onestà intellettuale di quel grande uomo di cultura e di fede che è Josef Ratzinger. Quei quaranta minuti restano indelebili nella mia memoria. Spero di essere capace di farne tesoro come meritano. Ciro Lomonte posteriormente da tre alte pareti, sulle quali Luca Crivello affrescherà altrettanti episodi evangelici: la strage degli Innocenti (sinistra), il Battesimo di Cristo (centro) e la vocazione dei primi due apostoli (destra), Andrea e Giovanni, ai quali il Battista indica l’Agnello di Dio. Il fonte sarà protetto da un parapetto in vetro e pilastrini di ferro dipinto, che simulano fasce di canne da zucchero, ora in fase di ultimazione: si tratta di un riferimento simbolico originale e signi>icativo. Nell’antichità, l’unico
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dolci>icante conosciuto in Sicilia era il miele; nel X secolo venne importata la canna da zucchero — una pianta di origini asiatiche — che proliferò proprio sulla sponda meridionale dell’Oreto e lo zucchero divenne noto a tutti col nome di falso-miele. Queste fascelle di canne richiamano quindi il nome del quartiere e il suo passato, ma esprimono anche il desiderio che la comunità ha oggi di rigenerarsi e crescere rigogliosa, attingendo alla Fonte della Vita, per tornare ad essere nuovamente una miniera
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Figura 11. Navata destra, Battistero. Foto di Guido Santoro.
“d’oro bianco”. Lo stesso motivo ornamentale sarà ripetuto nei rivestimenti in ceramica delle colonne. La cappella del Santo Curato d’Ars è stata completata qualche anno fa. È dedicata al patrono della parrocchia ed è stata destinata a due funzioni: l’Adorazione perpetua del SS. Sacramento e la preparazione della Confessione. È introdotta da un alto cancello in ferro battuto, ispirato alle opere di Gaudì, e rimanda ai nodi interiori che vengono sciolti dal sacramento della Riconciliazione. L’interno si presenta come un ambiente intimo e raccolto, dominato da colori cangianti che richiamano i boschi in cui il Santo trascorse parte dei suoi anni e le campagne che verdeggiavano nei pressi del rustico paesello di Ars. Il pavimento è un mosaico di quattro tipi d’onice (legno, tunisino, viola e verde), dalla geometria irregolare; profuma di muschio, terriccio e pietra. Le pareti sono rivestite inferiormente da una successione di lastre di marmo (green forest, onice rosso, soap stone), diseguali e dall’andamento capriccioso, coronate da un costolone serpentiforme rivestito di mosaici vitrei; rievocano pareti rocciose e tronchi d’albero, e improvvisi squarci di luce tra di essi. La volta è formata da otto velari di gesso, dalle
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curve dinamiche e sinuose, dipinta d’un blu luminoso e vibrante, che verrà puntellato di stelle: una volta celeste che si china sulla terra, trattenuta a stento dagli otto costoloni. La parete di fondo, sopra l’altare, ospita una nicchia: al suo interno, la statua di S. Giovanni Battista Maria Vianney spicca contro il fondo di marmo verde intenso, circondata da una raggiera di stucco e mosaici vitrei, che richiamano il calore e la brillantezza della luce sovrannaturale; lo
Figura 12. Modello per la realizzazione delle fasce di canne da zucchero per il parapetto del battistero.
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Figura 13. Cappella del Santo Curato d’Ars. Foto di Guido Santoro.
stesso motivo è replicato attorno alle due piccole >inestre, ai lati. Sotto, si trova un altare in pietra di Comiso, lavorato in modo da richiamare le Cinque Piaghe di Nostro Signore. Sull’altare si dipana un roveto d’argento — quattro candelabri — al centro del quale >iorisce un roseto argenteo — l’ostensorio >isso: rinviano alla prima epifania di Dio Padre nel roveto ardente e all’Epifania de>initiva, quando, a Betlemme (città del Pane), la Madonna (il roseto) ha mostrato ai pastori e ai Magi il Bambino Divino che stringeva in seno. Prima di raggiungere l’uscita, sulla navatella destra si apre un’ultima porta. Dà su un ambiente che conduce, da una parte, alle scale per il matroneo; dall’altra, alla penitenzeria. La penitenzeria è un progetto ancora in >ieri. Si sa solo, al momento, che ospiterà tre confessionali — tre ambienti chiusi e isolati — così che più sacerdoti possano confessare più fedeli, contemporaneamente. La decorazione della sala è ancora da de>inire. Conclusione Si potrebbero sviluppare cinque concetti per ripercorrere i vent’anni di cantiere nella chiesa di S. Giovanni Battista Maria Vianney a Falsomiele: travaglio, simbolo, frammento, monastero, santuario. Travaglio. Come ha predicato nella sua vita S. Josemaría Escrivá, di cui don Sergio Mattaliano è
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molto devoto, l’uomo è stato creato ut operaretur, af>inché lavorasse, custodendo e coltivando il giardino della creazione. Avrebbe avuto la gioia di impiegare i talenti ricevuti dal Signore, migliorando la terra, se non avesse ceduto alle lusinghe della superbia, essenza della tentazione di Satana e del peccato originale. Dopo la caduta, l’uomo si è condannato alla morte, al sudore della fronte, all’invidia, alla gelosia, alla guerra. Giunta la pienezza dei tempi, il Figlio di Dio si è incarnato, assumendo la natura umana per pagare il prezzo del riscatto di donne ed uomini. Con la sua vita nascosta e ordinaria di artigiano e >iglio di artigiano, ha mostrato l’essenza santi>icante del lavoro. In>ine, sulla Croce Redentrice, ha trasformato le fatiche della natura caduta in occasioni di offerta di sé a Dio, in unione con Gesù Cristo. Il dolore, le contrarietà, i sacri>ici, sono divenuti anch’essi strada verso la felicità relativa dei >igli di Dio sulla terra e verso quella piena e de>initiva del Cielo. Vent’anni di sofferenze di questo cantiere hanno anche questo senso. Non a caso in siciliano lavorare si dice travagghiari. Simbolo. Nell’arte sacra bisogna impiegare il simbolo, cioè quel segno inequivocabile — per quanto denso di signi>icati — che riconduce alle realtà trascendenti ed alla Storia della Salvezza. L’arte contemporanea, nata in seno a movimenti gnosticheggianti, è spiritualista, ha una visione
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Figura 14. Nartece. Sotto: corridoio di collegamento fra canonica e chiesa. Foto di Guido Santoro
negativa della materia, è elitaria, è ermetica ed iniziatica. Usa il simbolismo, >inendo con l’attribuire un senso arti>icioso e complicato a gesti insulsi e noiosamente provocatori. I fedeli hanno bisogno di ben altro, soprattutto in una terra come la Sicilia in cui l’arte ha sempre avuto i connotati della gioia, del colore, della >iducia. Quando è stata terminata la cappella del S. Curato d’Ars, per quanto innovativa, i parrocchiani hanno ringraziato don Sergio perché «lì si prega bene». Frammento. Ripeteva sempre Joan Bassegoda i Nonell, il grande biografo di Gaudí, «non copiatelo, guardate dove guardava lui». L’architetto catalano guardava alla natura con la consapevolezza che essa è frutto della sapienza di Dio, il Quale ha af>idato all’uomo il compito di continuare la Sua opera. Il creato è l’architettura di Dio. Esso non ha le forme scatolari, raggelanti, obitoriali, dell’architettura contemporanea. È ricco di esuberanza ed imprevedibilità, allo stesso tempo ef>icace strutturalmente ed espressivo di un’anima vitale. Per questo l’autore della Sagrada Familia trovava inadeguati gli ordini classici e le “stampelle” gotiche, amava l’architettura bizantina e utilizzava la poetica del frammento. Quella che si sta riproponendo a Falsomiele. Monastero. La cinta perimetrale della chiesa di S. Giovanni Battista Maria Vianney, di cui è stato realizzato sinora solo un prototipo all’ingresso della canonica, è ispirata al muro di recinzione di Park Güell. Per quanto vivacemente decorato, esso offre insieme all’imponente nartece un’immagine di maestosa severità, di netta separazione dal caos del circondario. Come nel caso dei monasteri che sorsero in Europa dopo il V secolo d.C., si tratta di generare un’oasi per la rinascita in mezzo alla brutalità della non civiltà contemporanea. Brutalità è peggio di barbarie, perché i barbari furono attratti dalla civiltà classica mentre i contemporanei sono indotti ad
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inseguire chimere animalesche. La parrocchia si presenta pertanto come un rifugio per la rigenerazione di una civiltà autenticamente cristiana, principalmente nelle attività pastorali, ma anche nelle forme eloquenti dei luoghi che le accolgono. Santuario. S. Giovanni Battista Maria Vianney è stato un apostolo dell’umanità che attinge alle sovrabbondanti acque della Redenzione attraverso i sacramenti. Don Sergio ha ottenuto una reliquia del patrono dei parroci e cerca di seguirne l’esempio, soprattutto nella disponibilità costante, 24 ore su 24, ad amministrare i sacramenti. Sarebbe bello che questa chiesa divenisse un santuario frequentato non solo dai parrocchiani ma anche da tutti coloro che cercano il senso più profondo della propria vita. Questo dovrebbe essere il >ine dell’architettura sacra. Sempre. La chiesa del Santo Curato d’Ars rappresenta per tutti un mirabile esempio di fede, speranza e carità. Fede nella possibilità di realizzare una chiesa che sia originale e moderna e al tempo stesso bella, in cui le pietre stesse cantino la gloria di Dio. Speranza di vederla crescere >ino al completamento, malgrado le avversità, grazie al sostegno costante della Provvidenza e allo sforzo continuo della squadra e di tutta la comunità. E carità, perché è l’Amor di Dio — e delle anime — che «move il Sole e l’altre stelle». Non resta che augurarsi che sia d’ispirazione ad altri.
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I FIORI DEL BAROCCO Ciro Lomonte*
Figura 1. Palermo, navata destra di Casa Professa. Foto di Domenico DiVincenzo.
L
a c u l t u r a c a t t o l i c a d a l l a q u a l e è gioiosamente scaturita l’arte barocca, come da una sorgente da cui zampillano perennemente acque abbondanti, viene alimentata dalla Rivelazione divina, contenuta nelle Sacre Scritture ed in quella trasmissione viva da una generazione di credenti alla successiva che viene denominata Tradizione. Nelle prime pagine della Bibbia l’agiografo compone con sapienti pennellate un affresco mozzaAiato di cui potrebbero sfuggire tanti particolari, simbolici e non. L’uomo, dopo essere
stato creato, venne posto nel giardino dell’Eden per coltivarlo e custodirlo. Dio afAidò all’uomo — prima d e l p e c c a to o r i g i n a l e — l a s o r p re n d e n te responsabilità di rendere più bella la natura. Conseguenze della caduta luciferina furono il sudore e la fatica, il travaglio, non il lavoro in sé, che avrebbe dato grandi gioie a donne e uomini nel Paradiso Terrestre anche se Adamo ed Eva avessero superato la prova. Che consisteva nell’obbedienza, nell’umiltà, nel riconoscersi creature, non in altre fantasticherie proposte a più riprese nei secoli.
*Questo saggio è pubblicato in: Romano T. (a cura di), In Natura Symbolum et Rosa. Thule, 2019.
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Ciro Lomonte (Palermo 1960) è un architetto, personaggio pubblico e politico, esperto in arte sacra. Dopo la maturità ha studiato presso le facoltà di architettura dell’Università di Palermo e del Politecnico di Milano. Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso studi privati di architettura; in uno di essi conobbe l’architetto Guido Santoro, con il quale strinse amicizia e sodalizio professionale. Dal 1987 al 1990 ha partecipato all’elaborazione del piano di recupero del centro storico di Erice. Nel 1988 inizia le sue ricerche nel campo dell’arte sacra. Ha partecipato alla rideAinizione di molte chiese, in particolare Maria SS. delle Grazie a Isola delle Femmine, Maria SS. Immacolata a Sancipirello, Santo Curato d’Ars a Palermo ed altre. Attualmente, insieme a Guido Santoro, sta adeguando l’interno della chiesa di Santa Maria nella città di Altofonte vicino Palermo. Dal 1990 al 1999 ha diretto la Scuola di Formazione Professionale Monte Grifone (attuale Arces) a Palermo. Dal 2009 è docente di Storia dell’Architettura Cristiana Contemporanea nel Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Università Europea di Roma. Nel 2017 è stato candidato sindaco di Palermo per il partito indipendentista Siciliani Liberi. È autore e traduttore di numerosi libri e articoli dedicati alla architettura sacra contemporanea. Nel 2009, insieme a Guido Santoro, ha pubblicato il libro “Liturgia, cosmo, architettura” (Edizioni Cantagalli, Siena). «E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”. Poi Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo [1]».
l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male [2]». «Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
«Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata — perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo —; allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e sofAiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui
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Figura 2. Palermo, Casa Professa. Foto di Domenico DiVincenzo.
sperimentazioni corali. Da lì esse vennero diffuse e declinate in modo originale in tutto il mondo. Per coralità, in arte, non dovrebbe intendersi un’imprevedibile sinfonia di solisti che rinuncino per prodiga longanimità al proprio narcisismo. È a n a c ro n i s t i c o a t t r i b u i re Ribelli ma pur sempre c a ra t te r i s t i c h e d e l l ’ a r te «Per coralità, in arte, non dovrebbe classici concettuale all’arte autentica, Roma — a causa della intendersi un’imprevedibile sinfonia di anche nel caso di giganti cattività avignonese dei Papi solisti che rinuncino per prodiga burberi come Michelangelo. — non conobbe la stagione Le orchestre, in particolare longanimità al proprio narcisismo. È del Gotico, uno dei momenti nelle arti Aigurative, sono più proliAici per elaborazione anacronistico attribuire caratteristiche piuttosto comunità formate d i s i m b o l i n e l l a dell’arte concettuale all’arte autentica, da committenti colti che rappresentazione artistica. anche nel caso di giganti burberi come f a c c i a n o r i c h i e s t e b e n L a r i t r o v a t a c a p i t a l e Michelangelo» soppesate, architetti che u n i v e r s a l e d e l m o n d o sappiano comporre luoghi in cattolico, dopo il ritorno del cui tutti gli artisti possano esprimersi al meglio, Successore di Pietro, divenne invece territorio creativi e artigiani di tutti gli ambiti della propizio per la rinascita dell’arte romana, riletta alla trasAigurazione della materia. A volte c’è anche un luce della dottrina rivelata e dell’approfondimento popolo umile che dona generosamente piccoli teologico. L’Umanesimo ebbe diversi centri di risparmi per contribuire alla realizzazione dell’opera. irradiazione, ma Rinascimento, Manierismo e Il termine “barocco” è impiegato comunemente per soprattutto Barocco, trovarono nell’intramontabile indicare un gusto bizzarro, fantasioso, esuberante, U r b e u n o s t r a o r d i n a r i o l a b o r a t o r i o d i Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti” [3]».
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Cultura - lo spagnolo barueco oppure il portoghese
barroco, sempre riferito ad una perla irregolare. Il profondo realismo del barocco, che attinge a piene mani all’osservazione della natura creata ed è volto a meravigliare con asimmetrie e negazioni delle regole, si registra non soltanto nelle arti meccaniche ma anche nelle arti liberali, in particolare nella musica. Il primo “descrittivo” dell’opera a soggetto fu Antonio Vivaldi, il quale nelle Quattro Stagioni raccontò con le note e gli strumenti ciò che in altre epoche era stato dipinto sui muri o su tela oppure scolpito sui capitelli. Sul concetto di simmetria nell’arte classica imperano oggi un po’ di equivoci. Uno degli accorgimenti proposti per ottenere la venustas (bellezza) dall’architetto romano Vitruvio, la cui opera è alla base dei trattati rinascimentali e barocchi, è proprio la simmetria. Essa non è la specularità delle due parti della facciata, rispetto all’asse centrale, adottata dagli architetti eclettici nella progettazione degli ediAici: «La symmetria è l’armonico accordo tra le parti di una stessa opera e la rispondenza dei singoli elementi all’immagine d’insieme della Aigura. Come nel corpo umano la caratteristica euritmica sta nel rapporto simmetrico dato dal piede, dalla mano, da un dito e dalle altre membra, così dev’essere nella realizzazione dell’opera architettonica» [4].
Figura 3. Palermo, Chiesa di S. Mamiliano. Foto di Domenico DiVincenzo.
trasgressivo, tutti elementi reali, a condizione che li si legga nell’alveo di una continuità classica accettata da tutti gli artisti. Del resto si era in un’epoca in cui non esisteva l’incasellamento dei caratteri formali entro il rigido schema degli “stili”, categoria elaborata dagli autori dell’Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers. Artigiani ed artisti non si affannavano ad elaborare mode efAimere o marchi di fabbrica. Cercavano la bellezza, innovando nella continuità. Due straordinari protagonisti della nascita del barocco, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini (più scultore il primo, più architetto il secondo), operarono nel solco della classicità, fornendo interpretazioni originali del sistema degli ordini classici codiAicato nei trattati. Il termine fu inizialmente coniato in senso derisorio, in quanto i più algidi epigoni del Neoclassicismo, come Francesco Milizia, mal tolleravano esagerate libertà di linguaggio. L’etimologia può avere differenti derivazioni: - tre sillabe che sintetizzano un sillogismo della scolastica medievale, il ba-roc-co, - il francese baroque, una perla irregolare, in italiano scaramazza,
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Figura 4. Trapani, Chiesa di Maria SS. Annunziata. Foto di Domenico DiVincenzo.
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Figura 5. Giacomo Serpotta, controfacciata dell’Oratorio di Santa Cita, Palermo. Foto di Domenico DiVincenzo.
Simmetria è quindi con-misurazione, studio dinamico dell’arte greca, sarebbe inscrivibile dentro un cerchio del rapporto fra le parti, non banale disposizione (a braccia e gambe allargate) e dentro un quadrato (a statica degli elementi della facciata. Per l’architetto braccia aperte e gambe chiuse). Non avendo a r o m a n o s i m m e t r i a è s i n o n i m o d i q u e l l a disposizione i disegni originali del De architectura è commodularità che deve essere determinata tra gli possibile fare solo supposizioni sul modello elementi costitutivi dell’opera architettonica dalla vitruviano. È la famosa questione dell’uomo iscritto presenza di un denominatore comune, che deve nel cerchio e nel quadrato, che fece scervellare tanti essere per l’appunto un modulo o un sottomultiplo. artisti del Rinascimento e fu risolta nella maniera più L’architettura romana si convincente da Leonardo fondava in gran parte «Il Barocco portò fino agli estremi le da Vinci, il quale raggiunse sull’uso di multipli del la maggiore perfezione potenzialità della simmetria e del modulo, l’unità di base, o nelle proporzioni della sui suoi semplici derivati contrappunto, generando armonie Aigura. geometrici. L’architetto stupefacenti con soluzioni inedite e ardite, Questi principi hanno d e l P a n t h e o n , p e r benché un punto di riferimento reale ci fosse condizionato in senso e s e m p i o , d e ve ave r e sempre: la meravigliosa rassegna di forme a n t r o p o m o r A i c o l o cominciato dividendo la esuberanti offerta dalla natura, repertorio sviluppo della ricerca circonferenza interna in 4, a r c h i t e t t o n i c a A i n o reso ancora più ricco dalle recenti scoperte 8 , 1 6 e 3 2 p a r t i a l l ’ O t t o c e n t o . P e r simmetriche. Non può di piante e animali dei nuovi continenti» intendere Aino a che punto e s s e r e u n c a s o c h e , questo sia vero, basta nell’alzato, la distanza fra la cornice dell’ordine guardare alcune piante di chiese medievali e inferiore e la sommità della cupola sia uguale al lato rinascimentali in cui è iscritta la Aigura di un uomo. Il del quadrato inscritto nello stesso cerchio [5]. Barocco portò Aino agli estremi le potenzialità della Per capire Aino in fondo cosa intendesse Vitruvio per simmetria e del contrappunto, generando armonie simmetria bisogna ricordare che egli faceva stupefacenti con soluzioni inedite e ardite, benché un riferimento alle proporzioni della Aigura umana. Il punto di riferimento reale ci fosse sempre: la corpo umano perfetto, sulla scorta dei canoni meravigliosa rassegna di forme esuberanti offerta
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Figura 6. Giacomo Serpotta, controfacciata dell’Oratorio di Santa Cita, particolare della battaglia di Lepanto, Palermo. Foto di Domenico DiVincenzo.
dalla natura, repertorio reso ancora più ricco dalle protrasse per ben 18 anni, dal 1545 al 1563. Il recenti scoperte di piante e animali dei nuovi Concilio non giunse a ricomporre l’unità della Chiesa, continenti. ma produsse una dottrina organica e completa sui Al servizio della Riforma cattolica sacramenti e sull’importanza del libero arbitrio nel La Roma che promosse l’arte barocca era quella disegno divino della salvezza. Roma che assecondava gli intenti elaborati dal Grandi attuatori del concilio tridentino furono il papa Concilio di Trento. Per la pastorale e per la liturgia Pio V, cui si deve la riforma liturgica, e il card. Carlo apparve allora necessaria B o r ro m e o , p r i n c i p a l e un’arte che non fosse «La Roma che promosse l’arte barocca era curatore del catechismo intellettuale come quella c o s i d d e t t o r o m a n o , quella Roma che assecondava gli intenti r i n a s c i m e n t a l e o n o n c h é a u t o r e d i intellettualistica come elaborati dal Concilio di Trento. Per la p r e s c r i z i o n i p e r l a q u e l l a m a n i e r i s t a . pastorale e per la liturgia apparve allora realizzazione delle nuove Servivano linguaggi capaci necessaria un’arte che non fosse intellettuale chiese. Sebbene a Trento d i e s p r i m e r e come quella rinascimentale o fossero stati formulati solo l’Incarnazione in modo intellettualistica come quella manierista» princìpi generali sulla eloquente e positivo, per l i c e i t à d e l l ’ u s o d e l l e rispondere al pessimismo immagini, l’arte che ne teologico e antropologico di Lutero, Melantone, seguì fu molto attenta ad accompagnare una Calvino, Zwingli. catechesi ed una liturgia in cui si sottolineava un Esisteva da tempo l’esigenza di una riforma cattolica rapporto più Aisico tra l’essere umano e il suo in tanti settori della vita della Chiesa. Il terremoto Creatore. In questa Aisicità ebbe un grande ruolo il prodotto da Martin Lutero e dagli altri riformatori teatro. Non più le sacre rappresentazioni del protestanti, a cui si aggiunse l’apostasia della Chiesa Medioevo, ieratiche, bensì la ritualità partecipe delle inglese sotto Enrico VIII, accelerarono il processo di solenni celebrazioni, nelle quali il corpo dei fedeli studio di un rinnovamento oramai inderogabile. Il veniva coinvolto con tutti e cinque i sensi, all’interno XIX concilio ecumenico venne convocato a Trento e si di basiliche grandiose in cui si perdeva la linea di
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Figura 7. Giacomo Serpotta, controfacciata dell’Oratorio di Santa Cita, particolare della battaglia di Lepanto, Palermo. Foto di Domenico DiVincenzo.
demarcazione fra pareti e volte, simbolo esse stesse in quanto venne dato un crescente valore agli aspetti di un cosmo indagato con nuovi strumenti. quantitativi degli enti rispetto a quelli qualitativi. La creatività degli artisti diede vita a forme sontuose, Paradossalmente la scienza sperimentale così in cui l’horror vacui del Manierismo assunse un ruolo concepita comportò un impoverimento nella visione nuovo nella narrazione. Non più inquietudine di della realtà. La Terra venne ricollocata al suo posto, fronte all’inconoscibile, bensì sorpresa per come pianeta e non come centro, con maggiori dubbi l’innumerevole varietà degli enti creati. Tuttavia la sull’entità dell’universo. L’arte supplì con l’enfasi riforma liturgica pose un freno alle molteplici retorica, esprimendo i rapporti fra il mondo celeste e s p e r i m e n t a z i o n i quello terrestre con la d i s t r i b u t i v e «La creatività degli artisti diede vita a forme metafora e la metamorfosi. dell’architettura, tipiche nelle chiese medioevali, in sontuose, in cui l’horror vacui del Il giardino ritrovato cui i fedeli si muovevano Manierismo assunse un ruolo nuovo nella Fiori e vegetali furono da un luogo simbolico ad narrazione. Non più inquietudine di fronte impiegati in abbondanza un altro. L’obiettivo di all’inconoscibile, bensì sorpresa per nell’arte barocca. Essi sottolineare la presenza l’innumerevole varietà degli enti creati» avevano sempre fatto parte r e a l e d e l R i s o r t o del repertorio Aigurativo. nell’Eucaristia comportò Anche in questo caso il la creazione di monumentali macchine teatrali per loro impiego obbediva a precisi intenti pedagogici, altare e tabernacolo, in un presbiterio ampio ma senza per questo ridursi a noiosi apparati didascalici. statico e nettamente separato dalla navata. La vera arte travalica gli obiettivi utilitaristici. Il Barocco si sviluppava di pari passo alla scienza Potremmo applicare anche ai mirabili artiAici il detto sperimentale, che comportava un nuovo approccio «Poiché la bocca parla dalla pienezza del conoscitivo alla realtà. La grande Aiducia nella cuore» (Matteo 12, 34). ragione era un portato dell’Alto Medioevo, quando si Nel Medioevo il fantastico faceva parte del linguaggio era indagato sul Logos, senza il quale nulla era stato dell’arte sacra. Animali e piante immaginarie creato di ciò che era stato creato. Nel Cinquecento si simboleggiavano i misteri della storia della salvezza. andò sviluppando un certo scetticismo gnoseologico, Il Barocco aderì maggiormente alla riproduzione
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Cultura comuni nell’armamentario degli artisti e degli artigiani che si rischia di cercare arcani ed enigmi anche laddove essi non ci sono affatto. È certo piuttosto che gli uomini del tempo possedevano una cultura sapienziale che, nonostante si fosse cominciata a perdere l’unità del sapere tipica dell’età dell’oro medievale, p e r m e t t e v a l o r o d i c o n o s c e r e e rappresentare il reale con maggiore ricchezza e profondità di quanto riesca a noi. L’Eden in cui si muovevano gli uomini dell’epoca barocca era una terra irrorata dalla grazia, a cui attingevano a piene mani, per cercare di ovviare al male mentre si incamminavano verso la meta Ainale della vita eterna, il vero paradiso ritrovato. A rappresentare tutto ciò erano di aiuto le Figura 8. Giacomo Serpotta, controfacciata dell’Oratorio di Santa Cita, particolare del giovane che rappresenta l’esercito musulmano sconfitto a Lepanto, Palermo. Foto di risorse dell’arte classica, come i capitelli corinzi così frequentemente usati, le cui Domenico DiVincenzo. foglie d’acanto richiamano l’aneddoto del delle forme reali, trasAigurate in metafore delle cesto votivo posto sulla tomba di una vergine greca, convinzioni di allora. attorno al quale sarebbe cresciuto spontaneamente il Sgombriamo subito il campo da un altro equivoco. fogliame cardiforme. C’erano poi le innumerevoli Una cosa è il simbolo che fa riferimento alla realtà decorazioni “a grottesca”, ispirate alle grotte del Colle studiata con passione, un’altra è il simbolismo che Esquilino di Roma, scoperte nel 1480, che poi altro attribuisce un valore magico o alchemico alle cose. non erano che i resti della Domus Aurea di Nerone. Questo è un procedimento tipico delle diverse forme Importante è anche la famosa opera di Cesare Ripa, di gnosi degli ultimi duemila anni di storia. L’arte Iconologia overo descrittione d’imagini delle virtù. cattolica è per essenza popolare, destinata a tutti, Vitij, affetti, passioni humane, corpi celesti, mondo e senza discriminazioni. Il gusto dei singoli viene sue parti. Ma le fonti sono parecchie, anche di educato con pazienza, sapendo che il godimento semplice botanica. Basti pensare agli studi di Rodolfo estetico è tanto più intenso quanto maggiore è l’uso Papa sull’uso frequente che Caravaggio fece del tasso dei sensi, dell’intelligenza, della volontà, delle passioni. In più vale quanto descritto all’origine di tutto: Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona [6]. Il mondo materiale è intrinsecamente buono, è il peccato dell’uomo che lo rende cattivo. Gli gnostici sono invece elitari, esoterici, iniziatici, razzisti. Disprezzano le masse. In fondo non cercano la bellezza, perché si nutrono di una visione negativa della materia, vista non come creazione buona, voluta ed amata, bensì come processo di caduta dal Principio iniziale [7]. I dietrologi ossessivi, insoddisfatti Aino a quando non trovano signiAicati occulti in qualsiasi opera d’arte, o non colgono la differenza esposta precedentemente oppure sono gnosticheggianti essi stessi. Figura 9. Giacomo Serpotta, controfacciata dell’Oratorio di Santa Cita, particolare del Nel caso del Barocco i virtuosismi, le giovane che rappresenta l’esercito cristiano vittorioso a Lepanto, Palermo. Foto di anamorfosi, le metafore, sono così Domenico DiVincenzo.
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Figura 10. Rametto di fiori, Museo Pepoli, Trapani.
barbasso, altrimenti detto candelaria, simbolo della Risurrezione. I Aiori in quanto bellezze naturali e in quanto simboli vennero usati in tutte le arti, non soltanto in architettura, pittura e scultura. Li ritroviamo anche nelle arti decorative o applicate, una volta spregiativamente deAinite arti minori. Su questo argomento si trovano abbondante documentazione e p re g evo l i r i c e rc h e s u l l a r iv i s t a d e l l ’ OA D I (Osservatorio delle Arti Decorative in Italia, dell’Università degli studi di Palermo, intitolato a Maria Accascina). Sono straordinarie le suppellettili di uso domestico o di uso liturgico dell’epoca, in particolare i prodotti di oreAiceria e argenteria, come pure i gioielli e gli ex voto. Pensiamo al rametto di Aiori, con tanto di mosca d’argento posata sulla sommità, esposto al Museo Pepoli di Trapani. O ai tanti tabernacoli e paliotti cesellati e impreziositi di corallo e pietre preziose. Sono meravigliosi gli arazzi ed i paramenti da cerimonia, in cui Ailati e tessuti preziosi vennero impiegati per riprodurre fantasiose composizioni Aloreali, paesaggi e volatili. Sono strepitosi i prodigi di ebanisteria in tavoli, mensole e cornici, evocativi di boschi e giardini lussureggianti, con tarsie di madreperla e tartaruga.
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Sono impressionanti le arditezze di marmi mischi e tramischi (esemplari quelli di Casa Professa a Palermo), composti con apparente e disarmante semplicità come se fossero disegni alla lavagna con cui il docente spiega al discepolo le materie più difAicili. Fino ai capolavori in stucco dell’inimitabile Giacomo Serpotta, il più grande scultore artigiano del passaggio fra il Barocco ed il Rococò, dalle cui mani il gesso si lasciava modellare docilmente come lui stesso si lasciò guidare docilmente dai direttori spirituali che scrissero i programmi iconograAici dei tanti oratori a cui dedicò la sua perizia estrosa. Nello stucco, in modo simile all’argento e all’oro, la monocromia fu resa parte attiva del linguaggio: il bianco è la luce; le superAici dorate evocano il divino, il Sole attorno al quale tutto ruota; quelle argentee la Madonna ed i santi, la Luna che dona luce riAlessa. Dovremmo accantonare una volta per tutte – oggi che viene imposto in tutti gli ambiti dell’arte un gusto minimalista, più tipico del design che dell’artigianato – una visione sprezzante del Barocco, quasi fosse soltanto o s t e n t a z i o n e i r ra z i o n a l e d i s f a r z o ridondante. Più apriamo gli occhi, più ci accorgiamo che gli artisti dell’epoca vollero r a p p r e s e n t a r e c o n u n s i s t e m a omnicomprensivo una visione ottimista del mondo. Potrebbe restituire speranza anche a noi.
Bibliografia e note 1. 2. 3. 4.
Genesi 1, 26-29. Genesi 2, 4-9. Genesi 2, 15-17. Vitruvio Pollione Marco, De architectura libri decem, libro primo, II, 4. Nella traduzione curata da Migotto L., Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1990, il brano si trova a p. 23. 5. Cfr. Ward-Perkins J.B., Architettura Romana, Electa, Milano 1989, p. 85. 6. Genesi 1, 31. 7. Cfr. Innocenti E. (a cura di), La gnosi dei perfetti nell’arte e nell’estetica. Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma 2016.
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LE EPIDEMIE NELLA STORIA /7 L’in3luenza di Hong Kong Giusi Sanci*
L
e pandemie in*luenzali, ossia l'apparizione di nuovi virus in*luenzali che si trasmettono da uomo ad uomo e contro i quali la maggior parte della popolazione non è immune, si manifestano in modo irregolare. Nel XX secolo, ci sono state 4 pandemie in*luenzali, la più severa è stata la cosiddetta in*luenza spagnola nel 1918/19, generata da un virus del sottotipo A/ H1N1, particolarmente virulento, che nel corso di 3 ondate ha causato 50 e 100 milioni di morti (letalità circa 2-4%), seguita nel 1957/58 dall'in*luenza asiatica causata da un virus del sottotipo A/H2N2 che ha colpito circa il 20% della popolazione mondiale (letalità 0,4%). Dieci anni dopo, nel 1968/69 si è veri*icata la pandemia di Hong Kong dove ha fatto la sua comparsa un nuovo sottotipo, il virus A/H3N2. Da allora questo sottotipo circola in tutto il mondo. L'in*luenza di Hong Kong non è altro che la causa di un'altra ricombinazione dei virus dell'in*luenza umana e aviaria. L'in*luenza aviaria è una malattia altamente contagiosa dei volatili. Benché i virus in*luenzali umani e aviari appartengano alla stessa famiglia e tipo, i virus aviari non sono in grado di trasmettersi con ef*icienza all’uomo, ma possono farlo sporadicamente e in determinate condizioni, che prevedono un'esposizione attraverso il contatto diretto con volatili morti o ammalati, con super*ici o materiali contaminati da escreti e secreti infetti o
Figura 1. Il Giorno dell’11 dicembre 1969. Fonte: https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/virus-cina-1.5055723
a t t r a v e r s o l e m u c o s e ( o r a l i , oculari, nasali), o e v e n t u a l m e n t e a t t r a v e r s o i l consumo di carni non ben cotte di animali infetti. La pandemia del 1968 fu la più lieve del xx secolo ed ebbe inizio anche q u e s t a vo l t a i n C i n a . D a q u i s i propagò ad Hong Kong e nello stesso anno raggiunse gli Stati Uniti e il resto del mondo. In particolar modo negli Stati Uniti arrivò al seguito dei soldati americani che rientravano in California dal Vietnam. Per la sua somiglianza con l'in*luenza asiatica del 1957 e probabilmente grazie agli anticorpi da essa prodotti nella generazione precedente, l'in*luenza di Hong Kong causò molte meno vittime delle altre pandemie, tanto da passare inosservata. La diffusione si interruppe l'anno seguente, il 1969, ma riprese alla *ine dello stesso anno e nei primi mesi del 1970, quando fu soprannominata "in*luenza spaziale” in Italia, dove causò circa 20.000 morti. Fu la meno letale delle pandemie del secolo scorso non fu necessario adottare provvedimenti di chiusura, e non causò forti reazioni politiche, né sconquassi sociali ed economici, provocò tuttavia più di 2 milioni di vittime in soli tre mesi. Poi tutto sparì, senza lockdown o vaccini ad hoc. «Alla *ine degli anni ’60 l’in*luenza, i suoi malati e i suoi morti — spiega Corinne Bensimon, citata da Francesca Barca — non interessano le autorità, non interessano il pubblico e i media. Quello di cui si parla è l’Apollo 12 sulla Luna, la guerra in Vietnam, la strage in Biafra, la *ine della Rivoluzione culturale in Cina». Erano gli anni del progresso, del Sessantotto, nel pieno del boom economico e di quelli che saranno noti come i “Trenta gloriosi”.
*Farmacista
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Figura 2. Fonte: https://www.blogsicilia.it/oltrelostretto/quando-italia-influenza-hong-kong/521237/
Francesca Barca riporta: «All’epoca la prospettiva di morire per un’epidemia era terribile ma non inaccettabile», dice Vincent Genin, ricercatore in Storia alla Scuola pratica dell’Ehess di Parigi. Oggi rispetto a ieri, i tempi sono cambiati: «Questo cambiamento è legato soprattutto alla speranza di vita — spiega Bernardino Fantini, storico della medicina citato nell’articolo di Barca — all’epoca, le persone sopra i 65 anni erano considerate come delle sopravvissute alla mortalità naturale. Oggi anche la morte degli anziani è diventata scandalosa». I primi casi furono probabilmente in Cina, ma dato il regime di segretezza, nel Paese le notizie dei contagi apparvero solo quando il virus arrivò ad Hong Kong. Il primo allarme in Europa fu dato dal Times di Londra, che pubblicò la notizia di una epidemia di in*luenza che si stava diffondendo ad Hong Kong, ancora colonia inglese. Anche in questo caso, furono principalmente le polmoniti virali a risultare fatali per chi veniva contagiato. Il motivo della minore letalità fu dovuto anche al fatto che molte persone di una certa età presentavano gli anticorpi della spagnola, il cui ceppo era molto simile a quello della nuova in*luenza. Sebbene l'epidemia di Hong Kong fosse associata a relativamente pochi decessi in tutto il mondo, il virus era però altamente contagioso, un fattore che facilitò la sua rapida diffusione globale. Infatti, a due settimane dalla sua comparsa a luglio,
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furono segnalati circa 500.000 casi di malattia e il virus continuò a diffondersi rapidamente nel Sud-Est Asiatico. In pochi mesi raggiunse la zona del Canale di Panama e gli Stati Uniti, portata dai soldati rientrati in California dal Vietnam. Alla *ine di dicembre il virus si diffuse in tutti gli Stati Uniti e raggiunse l'Italia e i Paesi dell'Europa occidentale. Anche l'Australia, il Giappone e diversi Paesi dell'Africa, dell'Europa orientale e dell'America Centrale e Meridionale furono colpiti. La pandemia si veri*icò in due ondate e nella maggior parte dei Paesi colpiti dalla seconda ondata causò un numero maggiore di morti rispetto alla prima.In Italia, un italiano su quattro *inì a letto con l'in*luenza. Contemporaneamente 13 milioni di italiani si ritrovarono colpiti da un virus in*luenzale e per cinque mila di loro la malattia fu così grave da portarli alla morte. Tra le città più colpite vi era Milano e i numeri riportati dai giornali di allora erano davvero impressionanti: «Ogni giorno 8 mila a letto con l’in*luenza», titolava un articolo del quotidiano Il Giorno datato 11 dicembre 1969. In Italia, nonostante i dati impressionanti di persone colpite, le scuole non vennero chiuse, ma venivano tenute sotto controllo mediante frequenti visite degli ispettori sanitari. Le strade, le fabbriche, gli uf*ici si erano mezzi svuotati, perché l'in*luenza trovò un Paese del tutto impreparato.
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Figura 3. Corriere della Sera, 29 dicembre 1969. Fonte: https://www.ilpost.it/2020/03/08/pandemie-italia-asiatica-hong-kong/
I sintomi dell'infezione erano quelli respiratori superiori tipici dell'in*luenza, brividi, febbre, dolore muscolare e debolezza. Questi sintomi di solito persistevano da quattro a sei giorni. I livelli più alti di mortalità erano associati ai gruppi più sensibili, vale a dire neonati e anziani. Sebbene sia stato sviluppato un vaccino contro il virus, esso fu disponibile solo dopo che la pandemia raggiunse il picco in molti Paesi. Nel corso del 1969 l'in*luenza si estinse gradualmente. Bibliografia e sitografia 1. Cockburn W.C., Delon P.J., Ferreira W., Origin and progress of the 1968–69 Hong Kong in?luenza epidemic. Bulletin of the World Health Organization, 1969, 41:345–348. 2. Viboud C. et al., Multinational impact of the 1968 Hong Kong in?luenza pandemic: evidence for a smoldering pandemic. Journal of Infectious Diseases, 2005, 192:233– 248. 3. Brankston G. et al., Transmission of in?luenza A in human beings. Lancet Infectious Diseases, 2007, 7(4):257–265. 4. Chang W.K., National In?luenza Experience in Hong Kong, 1968. Bull. Org. Mond. Santè, 1969, 41,349-351. 5. Alexander D.J., Ecology of avian in?luenza in domestic birds. In: Vicari, M. ed. Emergence and control of zoonotic ortho- and paramyxovirus. Libbey Eurotext, 2001, Paris, 25-33. 6. Lin Y.P., Shu L.L., Wright S., Bean W.J., Sharp G.B., Shortridge K.F., Webster R.G., Analysis of the in?luenza virus gene pool of avian species from southern China. Virology. 1994 Feb;198(2):557-66. 7. Barca F., Note di con?inement #13: il (non) racconto dell’in?luenza di Hong Kong, il (non) racconto della morte. 19 apr 2020. https://francescabarca.medium.com/notedi-con*inement-parigi-13-il-non-racconto-dellin*luenzadi-hong-kong-il-non-racconto-8039d5fdebe6
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