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L’Irish dalle buone maniere
Dall’Irlanda il gigante dei Levrieri
L’Irish dalle buone maniere
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Da cacciatore di lupi a compagno di vita. Maestoso, mite e gentile esprime forza, eleganza e originalità. La selezione italiana pur con numeri ridotti è apprezzata e premiata a livello mondiale
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La razza Irish Wolfhound nasce dal grande viaggio verso Nord fatto compiere dai Celti ad alcuni di quegli esemplari di Levrieri primitivi, che si trovano raffigurati in graffiti neolitici sahariani. È una razza antica, quindi, certamente già presente in Irlanda nel I secolo d.C., mentre il primo riferimento scritto è ad opera di un console romano, nel 391 d.C.. Grazie alla “grande taglia e all’aspetto maestoso” – come li descrive lo standard – gli Irish Wolfhound vennero considerati bene prezioso e dati in dono, dal Medioevo fino al XVII secolo, ai regnanti di molti Paesi nell’Europa continentale ed in Scandinavia. La proibizione di Cromwell di esportarli (1652) aiutò a preservarne il numero per un certo periodo, ma la razza fu comunque prossima all’estinzione. Visse un ritorno d’interesse col sorgere del sentimento nazionalista irlandese, nel tardo XIX secolo, divenendo simbolo vivente della cultura d’Irlanda e del passato celtico. La rinascita della razza è in gran parte merito del Capitano Graham che, procuratosi quei pochi soggetti ancora esistenti, li accoppiò con dei Deerhound e, talvolta, con Borzoi ed Alani, per ottenere un tipo di cane che si sarebbe riprodotto in modo omogeneo ad ogni successiva generazione. Il Kennel Club d’Irlanda istituì per la prima volta una classe per questa razza in occasione dell’esposizione organizzata nell’aprile 1879. Oggi la razza è diffusa in tutti i Paesi europei, ma è anche popolare negli Stati Uniti e nel Canada ed allevata in Australia e Sud Africa. Il patrocinio dello standard FCI è ovviamente appannaggio dell’Irish Wolfhound Club d’Irlanda; fortunatamente, gli standard adottati da Kennel Club non aderenti all’FCI differiscono dal nativo solo per piccole varianti, prevalentemente lessicali. Questo ha fatto sì che il tipo si sia mantenuto omogeneo in ogni parte del globo.
IN ITALIA
La razza nel nostro Paese conta mediamente l’iscrizione al Libro Genealogico di circa 60 soggetti all’anno, non si può quindi definirla una razza popolare qui da noi. I prodotti dell’allevamento italiano rappresentano però, pur nei piccoli numeri, un’eccellenza universalmente riconosciuta. La caratteristica di questa razza che balza immediatamente all’occhio è la taglia. Si tratta di una razza gigante, per la quale lo standard fissa un limite minimo (79 cm per i maschi, 71 per le femmine), una taglia desiderata (fra 81 ed 86 cm per i maschi), ma non un limite superiore. In tal modo non è raro incontrare degli esemplari maschi che superano i 90 cm al garrese. All’altezza deve corrispondere un’adeguata lunghezza del tronco (piuttosto lungo, che corto), è un cane che deve “stare nel rettangolo”. L’aspetto è imponente, molto muscoloso, di corporatura forte, ma aggraziata, movimento fluente ed efficace, testa e collo portati alti. È importante che il cane abbia un’ossatura robusta, proporzionata alla sua mole. Il suo disegno deve richiamare il cane galoppatore, per esempio nell’altezza sugli arti, nel rene leggermente arcuato, nel torace profondo e nel ventre ben retratto (levrettatura). Le linee devono essere fluenti, senza brusche interruzioni, gli arti ed i piedi corretti, né volti all’interno, né all’esterno. Anche la testa ricorda che questa razza appartiene alla famiglia dei Levrieri: pur essendo forte, il cranio non deve essere troppo largo ed il muso lungo e moderatamente appuntito, con uno
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stop moderato a raccordarli. Gli occhi sono scuri e le orecchie piccole e portate a rosa, come nei Greyhound. Devono avere un’ottima pigmentazione nera, del tartufo, come delle rime palpebrali. Caratteristiche della razza sono quelle che in inglese sono definite “furnishing”, ovvero il pelo ispido sopra le arcate sopraciliari ed a comporre una piccola barba.
I COLORI E LA TESSITURA DEL MANTELLO
Il mantello può essere di diversi colori: il più diffuso è quello tigrato, grigio o rosso, ma alcuni allevatori preferiscono allevare soggetti di colore chiaro, come il biondo o grano, altri ambiscono al colore scuro, come il nero, che si trova raramente. Sono ammessi anche bianco puro e il daino. Macchie di bianco sono frequenti sul petto, talvolta sui piedi e sulla punta della coda. È preferibile che non siano diffuse su altre parti del corpo, elemento che è opportuno sia adeguatamente considerato nei programmi d’allevamento. Il pelo, che deve essere ruvido, non necessita di eccessive manutenzioni. Non fa la muta, ma è opportuno che il cane venga spazzolato almeno una volta la settimana, anche per rimuovere l’eccesso di sottopelo. Il pelo non va mai tosato, ma strippato. La manutenzione del mantello può essere eseguita anche semplicemente asportando con le dita il pelo morto, eventualmente aiutandosi anche con l’utilizzo della pietra pomice. Lo strippino va comunque usato se si vuole portare il cane in esposizione o se si voglia far meglio risaltare alcune caratteristiche della razza, togliendo il pelo in esubero dalle guance, dal collo, dalle orecchie. La toelettatura contribuisce ad esaltare l’aspetto maestoso e l’eleganza tipica delle razze levriere. Rimuovere troppo pelo, al contrario, rende l’aspetto di un Irish Wolfhound non tipico e, se esagerato, per esempio sul collo, rischia di compromettere l’impressione di solidità e di potenza che ogni soggetto deve esprimere.
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CACCIATORE A VISTA E “GENTLE GIANT”
Ciò che della razza fa innamorare per sempre i proprietari è il carattere. Nato come cane cacciatore - in Irlanda fin dal tempo dei Celti era utilizzato per difendere le greggi dai lupi – oggi, pur mantenendo l’istinto del cacciatore a vista, l’Irish Wolfhound si dimostra un ottimo cane per la famiglia. Lo standard di razza definisce efficacemente il suo carattere con un motto: “agnelli a casa, leoni nella caccia”. È definito anche “gentle giant”, ovvero il gigante mite, per sottolineare come maestosità e fierezza si accompagnino alla docilità e ad una sensibilità che è difficile immaginare in un animale domestico di questa taglia. Soggetti eccessivamente timidi o nervosi non sono tipici, men che mai qualora manifestino aggressività. Gli Irish Wolfhound sono cani facilmente addestrabili per le esigenze della vita domestica, salvo che il proprietario non compia errori marchiani. Consentire ad un cane di 90 cm di taglia e 70 kg di peso di sentirsi il capo branco, e quindi di imporsi sul proprietario, potrebbe procurare delle oggettive difficoltà di gestione, nonostante il suo carattere di base sia estremamente docile! Una caratteristica piacevole consiste nel fatto che sono cani non insistenti nell’abbaio, anzi, se vivono in branco, talvolta piuttosto ululano.
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UNA RAPIDA CRESCITA
Le cure di cui un Irish Wolfhound ha bisogno non sono correlate alla sua taglia. Non bisogna disporre di ettari di parco per garantir loro il movimento giornaliero, né i loro pasti consistono in chilogrammi di cibo. Chi porta a casa un cucciolo di Irish Wolfhound deve pensare di dedicare adeguate attenzioni alla sua crescita nel primo anno di vita. In questo periodo il loro sviluppo è impetuoso, il loro peso alla nascita può moltiplicarsi per 100!!! Una struttura scheletrica già pesante è assemblata da legamenti e muscolatura ancora teneri. Questo vuol dire che, per evitare problemi di natura osteoarticolare, è importante regolare l’accesso del cucciolo al cibo e limitare il suo movimento, evitando gli sforzi di passeggiate troppo lunghe o salti, balzi o il gioco violento con soggetti adulti. Questi cani, non avendo un carattere nevrile, vivono bene anche in casa. Si adattano sia ai climi caldi, che a
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quelli umidi o freddi, così da poter vivere ovunque all’aperto. Ovviamente è necessario che si provveda a mettere a loro disposizione un riparo ed è più che opportuno che trascorrano comunque la notte in un luogo chiuso e sufficientemente temperato.
Come tutte le razze giganti, o comunque che si discostano maggiormente dal cane ancestrale, l’Irish Wolfhound non ha un’aspettativa di vita lunga. Nel libro dedicato alle razze native, il Kennel Club Irlandese la indica in 6-9 anni ma, a mia esperienza, penso di poter dire che questa sia un’indicazione piuttosto pessimistica. Le patologie maggiormente responsabili della premorienza sono l’osteosarcoma e la cardiomiopatia dilatativa (DCM). Mentre si può affermare che vi sia familiarità per l’insorgere di queste patologie, non si conoscono le modalità di eventuale trasmissione ereditaria. Gli allevatori responsabili faranno il possibile per includere nei loro programmi di allevamento soggetti e linee di sangue che hanno avuto minor frequenza del manifestarsi di tali problematiche. Avranno anche fatto testare periodicamente i soggetti destinati alla riproduzione con ecocardiografie.
L’IMPORTANZA DELLA
PREVENZIONE
I cuccioli che ottengono da ENCI il pedigree di eccellenza hanno entrambi i genitori testati. È opportuno richiedere certificazione dell’avvenuta verifica ecocardiografica dei genitori negli ultimi 12 mesi, così come la certificazione che il cucciolo abbia superato con esito favorevole il test per lo shunt epatico. Le certifica-
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zioni sulla situazione cardiaca dei genitori non potranno, ovviamente, dare garanzia assoluta di risultato, ma dimostreranno che l’allevatore ha compiuto ogni sforzo utile per raggiungerlo. Altrettanto importante, in una razza dal pool genetico relativamente ristretto, può risultare molto utile evitare di allevare in stretta consanguineità. Nei Paesi Scandinavi, per esempio, le linee guida d’allevamento suggeriscono di evitare accoppiamenti un cui il COI (Coefficient of Inbreeding) superi ampiamente quello medio della razza. Gli allevatori hanno a disposizione un database completo (www.iwdb.org) al quale accedere gratuitamente per verificare la longevità dei soggetti provenienti dalle diverse linee di sangue e per calcolare il coefficiente di inbreeding sulle ipotesi di accoppiamento. Vivere con un Irish Wolfhound è un’esperienza unica alla quale, una volta conosciuta, è difficile poi rinunciare. Marcello Poli
Presidente del Club del Levriero