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I cani, dalla Bibbia ai Vangeli

Da racconti e parabole insegnamenti e consigli attuali in ogni tempo

I cani, dalla Bibbia ai Vangeli

Julie Chenay et le chien de Victor Hugo, Sénat, par Arsène Garnier

“L’abbaiare lontano di un cane che ci riporta con il pensiero a luoghi cari e ben noti fornisce la più bella prova dell’immortalità dell’anima”.

Soren Kierkegaard

Bibbia e Vangeli sono pagine remote di un diario che ha la magia di realtà sempre attuali. Specchio di giorni remoti eppur vivi in pensieri e parole testimoniano vicende che elevano la labilità della cronaca a valori di significato. Animate da genti ed animali che ancor oggi nella semplicità del racconto paiono attuali fanno del cane il custode

Racconti e testimonianze solo in apparenza dimenticate e che continuano ad avere valore di riferimento. Un saggio di Lorenzo Bortolin e le riflessioni di don Pierluigi Plata confermano l’importanza del cane nei progressi della civiltà

di un’attualità (per noi così remota che si fatica a non farla sconfinare nella leggenda), a cui secoli e secoli donano il fascino della storia che diventa maestra di vita proprio come affermava Cicerone: “Non sapere che cosa sia accaduto nei tempi passati, sarebbe come restare per sempre un bambino. Se non si fa uso delle opere delle età passata, il mondo rimarrà sempre nell’infanzia della conoscenza” (Cicerone). Così nella Bibbia (il nome non significa niente più che libro dei libri perché raccoglie scritti e testimonianze di epoche diverse in 47 libri del Vecchio testamento), le differenti descrizioni di episodi in cui il cane è protagonista stanno a testimoniare le conoscenze e convinzioni dell’epoca. Perché gli antichi ebrei - ma è comportamento diffuso presso molti altri popoli - non andavano oltre il riconoscere al cane l’utilità per la guardia alle abitazioni ed al bestiame, l’insostituibile lavoro di sorveglianza delle greggi e l’aiuto sempre determinante nella caccia. Non c’era, com’è anche intuitivo supporre, una selezione di razze ma una scelta per predisposizioni e mansioni tantoché da esemplari da guardia si facevano discendere cani che avevano le prerogative dei genitori proprio come accadeva anche per la caccia e la sorveglianza delle proprietà, prerogative che saranno poi al centro dell’attenzione del romano Plinio il Vecchio e di numerosi altri attenti osservatori della natura e possono essere riassunte nella definizione coniata nel Seicento e relative a prerogative e dimensioni che “il simile si deve unire con il simile”.

Infine- come nota in un pregevole saggio Lorenzo Bortolin – vi era una moltitudine di cani randagi e inselvatichiti particolarmente temuti e che “nutrendosi di rifiuti diventavano pericolosi se entravano nei villaggi e potevano trasmettere la rabbia ed altre malattie”. Così il nome dell’animale – ma ci si riferisce sempre a randagi -è spesso pronunciato “per insultare gli avversari ed i pagani”. Il profeta Elia infatti – ed è una delle molte testimonianze nella Bibbia – si rivolge ad Acab temuto re di Israele affermando che lui stesso morirà in una misera solitudine la dove ha fatto uccidere Nabot e saranno testimoni della sua fine solo cani randagi. La vicenda è stata di recente riportata d’attualità anche da papa Francesco che la considera un riflesso nella nostra società in cui i potenti per avere ancor più potere sfruttano i poveri alla maniera di Acab che per impadronirsi della vigna di Nabot, una sua proprietà e che gli dava da vivere, lo fece calunniare, processare e condannare a morte. Il Papa, a questo proposito ha poi consigliato di riflettere anche su quanto ebbe a scrivere Sant’Ambrogio che riferisce di Nabot ed Acab come esempio per denunciare anche nei suoi giorni i soprusi contro i miseri. In “Fratello agnello-Sorella volpe” una originalissima e pregevole riflessione sui Vangeli scritta da don Pierluigi Plata, geniale sacerdote bresciano attualmente a Roma

presso l’alto comando carabinieri, viene ricordata nel Vangelo di Luca la vicenda di Lazzaro che giaceva abbandonato e coperto di piaghe mentre il ricco banchettava. Solo alcuni cani si avvicinarono al misero leccandogli le ferite. È una parabola, (cioè la narrazione di un episodio di vita reale con cui si vuole dar significato ad un insegnamento) ancor oggi portata all’attenzione per confermare diseguaglianze sociali e la necessità di un impegno a favore dei disagiati. E col procedere del tempo gli esempi si moltiplicano e la letteratura si arricchisce di episodi in cui il cane diventa un protagonista esemplare tanto da trovar tutti consenzienti nella definizi0ne di Victor Hugo:”Il cane è la virtù che non potendosi far uomo si è fatta animale”.

Rodolfo Grassi

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