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Difensori temerari e affidabili

Cani da pastore Maremmani Abruzzesi Un’importante esperienza con la Provincia autonoma di Trento

Difensori temerari e affidabili

La preziosa opera degli oltre settanta esemplari forniti con la collaborazione tecnica del Club di razza. L’esperienza di un noto allevatore di capre

Sono ormai una settantina i soggetti forniti dal Circolo del Pastore Maremmano Abruzzese (CPMA) a partire dal 2013 nella Provincia Autonoma di Trento e l’esperienza si è rilevata positiva, come confermato nel Rapporto Provinciale sui Grandi Carnivori del 2019 che, insieme a molteplici informazioni, evidenzia un incremento dei predatori, in particolare del lupo, a fronte di una diminuzione delle predazioni. In proposito non si può non ricordare, tra i numerosi allevatori coinvolti, il precursore di questa esperienza, Ivan Zanoni, allevatore di capre della Val di Non, il quale, sfruttando l’opportunità di una delibera Provinciale tuttora in vigore, che garantisce un rimborso del 90% per l’acquisto di cani da protezione, decise di dotarsi di questi cani, reperiti direttamente in Abruzzo presso un allevamento riconosciuto ENCI. La sorte volle pure che proprio presso il suo gregge, due anni dopo, si verificasse un attacco di orso, prontamente sventato dai suoi cani, in particolare dal capobranco Velino che, affrontando valorosamente il plantigrado, assurse alle cronache locali e nazionali. Il rapporto di collaborazione tra il settore forestale della Provincia e il CPMA nel tempo è andato intensificandosi, adottando un vero capitolato d’allevamento, che prevede che i cuccioli (tutti con pedigree) provengano da genitori affidabili ed esenti da istinto predatorio, siano precocemente socializzati con ovi-caprini, una precisa profilassi sanitaria (vaccinazioni, trattamenti anti-parassitari, certificato di buona salute), un’età dei cuccioli non inferiore ai settanta giorni e non superiore ai sei mesi . Alla definizione di queste linee guida hanno dato il loro contributo la veterinaria-etologa Silvia Dalmasso, allora consulente della Provincia, che per un certo periodo ha svolto anche l’importante compito di formazione degli allevatori e di monitoraggio (per ogni cane è stata compilata una scheda, aggiornata ad ogni visita del consulente), e lo stesso Corpo Forestale Provinciale, nella persona del compianto Daniele Asson, la guardia Forestale (prematuramente scomparsa da alcuni mesi) , da diversi anni addetta al vaglio delle richieste di cani da protezione ed al controllo della successiva gestione da parte delle aziende agricole. L’introduzione di questi cani in un luogo dove non vi è consuetudine richiede molta disponibilità di tempo sia da parte dell’allevatore, sia da parte di chi li fornisce, perché ogni situazione si presenta con caratteristiche differenti

(tipo di bestiame, numero dei capi, zona di pascolo) e, oltre alla solida memoria di razza, è necessario anche l’impegno e la competenza del suo leader umano.

IL RUOLO DEL FACILITATORE

La presenza dei grandi carnivori costringe l’allevatore/ pastore a sobbarcarsi una certa mole di lavoro aggiuntivo per il posizionamento delle apposite reti (anche queste fornite dalla Provincia), per custodire il pascolo, gestire e alimentari i cani da protezione, che sulle Alpi non possono essere sfamati con il siero perché gli ovini vengono allevati per la carne. E questo aspetto va considerato e supportato con adeguate iniziative di formazione ed assistenza, soprattutto nella fase di inserimento dei cani e durante il loro primo anno di vita nel quale andranno corretti eventuali comportamenti inadeguati (gioco con gli agnelli, eccessiva reattività verso automobili o ciclisti, ecc.). Ecco perché accanto al prezioso lavoro del consulente e l’impegno dei forestali in Trentino, come in altre situazioni “vergini”, si è rivelata particolarmente utile anche la figura di uno o più facilitatori, in grado di essere credibili attraverso l’esempio e la capacità di parlare la stessa lingua dei pastori. Questo ruolo se lo è assunto il giovane Bruno Viola, pastore della zona di Ala, che pascolava il suo gregge sul

versante trentino del Carega, una zona piuttosto calda, caratterizzata dalla formazione di uno dei primi branchi stabili di lupo, e che dopo aver subito attacchi, ha deciso di usufruire dei contributo della Provincia, dotandosi inizialmente di una coppia Cani da pastore Maremmani Abruzzesi. Avendo constato di persona la bontà di tale scelta, essendo cessate le predazioni, Bruno ha rinforzato la muta e presenziato a vari eventi, testimoniando l’efficacia dei cani da protezione e rendendosi disponibile a trasferire la sua esperienza ai colleghi, fondando anche con altri allevatori un’associazione per la difesa del bestiame (ADGP), che ha come scopo quello di divulgare informazioni, fornire supporto a coloro che decidono di adottare gli strumenti di prevenzione previsti dalla Provincia. Tale associazione ha anche svolto l’importante compito di distribuire il mangime per i cani, offerto gratuitamente da una nota marca di pet-food. I cani forniti per la gran parte sono stati impiegati su ovi-caprini, in aziende stanziali poste in zone critiche e da aziende transumanti, ma non sono mancate positive esperienze su bovini, asini e alpaca. IL CONTROLLO DELLE PREDAZIONI

Dall’azione di monitoraggio e dai verbali del Corpo Forestale della Provincia di Trento è emerso che gli allevatori che si sono muniti di cani da protezione non hanno più subito predazioni, che non si sono manifestati problemi particolari con i turisti, così come è stato documentata l’azione dissuasiva svolta nei confronti del lupo da un gruppo di cani dell’Azienda Agricola di Fabio Campestrin, in val di Fassa. All’avvicinarsi del predatore i cani hanno saputo interporsi tra esso ed il bestiame, neutralizzare l’attacco, mai perdendo il contatto e il controllo della mandria. Tra i pochi casi di insuccesso o problematicità si è registrato un episodio di grave displasia dell’anca su una cucciolona (poi sostituita), qualche soggetto con scarso livello di socializzazione con gli umani (i cani allevati in ambiente rurale isolato presentano talvolta un comportamento troppo schivo) ed una cagna che rincorreva le auto in transito al bordo della zona di pascolo. Su questi casi è intervenuta con i suoi consigli e le successive verifiche la Dott.sa Dalmasso. A testimonianza del grado di duttilità del Cane da pastore Maremmano Abruzzese e dell’impor-

tanza del ruolo di chi li gestisce si può citare ancora Bruno Viola che, dopo aver sperimentato l’utilizzo dei suoi cani con gli ovini sul Carega, ha utilizzato con successo gli stessi cani in Val di Sole con i bovini. In conclusione occorre ribadire che nessuno ha la presunzione di banalizzare un tema complesso come quello di una possibile convivenza tra attività antropiche come la pastorizia transumante o l’allevamento e grandi carnivori, che non in tutti i casi la soluzione del cane da protezione può essere la più indicata, pensiamo ai moltissimi allevatori amatoriali con pochi capi, ma l’esperienza svolta in questi anni nella Provincia di Trento ci conforta nel ritenere che tra i mezzi di prevenzione il cane custode costituisce la risposta più efficace, sebbene per certi aspetti la più impegnativa e che il livello di equilibrio caratteriale raggiunto sul Cane da pastore Maremmano Abruzzese, insieme alla memoria di razza, ne fanno tuttora un aiuto affidabile ed insostituibile a tutela della pastorizia e dell’allevamento di bestiame. Questa convinzione ci spinge ad auguraci che in Provincia di Trento, come sul resto delle Alpi, l’adozione dei cani da guardiania possa ulteriormente diffondersi, seguendo metodiche e procedure, che alla cultura pastorale uniscono le buone prassi cinofile e che a loro volta hanno dimostrato tutta la loro efficacia, mettendo una pietra tombale sulla stucchevole diatriba tra cani con pedigree e cani di origine pastorale.

Valter Grossi

Resp. Settore lavoro CPMA Circolo del Pastore Maremmano Abruzzese

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