Il problema della consanguineità
*Michele Polli, PhD, Medico Veterinario, Professore Associato in Zootecnica Generale e Miglioramento Genetico
*Stefano Paolo Marelli, PhD, Zoonomo, Ricercatore in Zoocolture
Università degli Studi di Milano
Dipartimento di MEDICINA VETERINARIA E SCIENZE ANIMALI
INTRODUZIONE
L’allevamento cinotecnico deve essere finalizzato al miglioramento dei tratti desiderabili limitando l’erosione genetica all’interno della razza/popolazione. D’altra parte l’allevamento del cane è spesso caratterizzato da un elevato numero di piccoli allevatori con obiettivi di selezione propri e ciascuno dei quali gestisce un numero molto ridotto di riproduttori, questa caratteristica limita sensibilmente la possibilità di strutturare piani di selezione che prevedono per esempio l’optimum contribution e quindi la lista di accoppiamenti da seguire scrupolosamente considerando che ogni allontanamento da questa potrebbe causare un decremento sensibile dell’efficacia di selezione. Inoltre l’attenzione del pubblico nei confronti del benessere del cane è molto più diffusa e profonda che per molte altre specie.
La gestione dei livelli di consanguineità (inbreeding: accoppiamento tra soggetti tra loro parenti) risulta molto complessa in popolazione chiuse come le razze canine registrate. Le razze canine sono infatti per definizione popolazioni chiuse con un numero di soggetti usati in riproduzione ridotto e con livelli di consanguineità mediamente alti a causa dell’origine delle varie razze basata su un numero ridotto di fondatori, degli accoppiamenti tra parenti stretti per fissare il tipo di razza e dell’uso a tappeto di stalloni importanti (popular sire). Le indagini scientifiche sui livelli di inbree-
ding nelle razze canine hanno evidenziato grandi criticità nella gestione della consanguineità nelle razze canine, consanguineità che aumentando riduce la variabilità genetica limitando la possibilità di selezionare soggetti sani e tipici.
Alla luce delle attuali conoscenze non è più possibile ignorare quanto già scientificamente dimostrato ed ampiamente riconosciuto ed accettato dalla comunità scientifica internazionale e cioè che la consanguineità stretta è responsabile di effetti deleteri sullo stato di salute della progenie da essa derivata, sia in termini di morbilità che in termini di mortalità.
In conseguenza, un costante studio e aggiornamento ha portato a implementare le “Norme tecniche del libro genealogico del cane di razza” con
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Cane da montagna dei Pirenei. Splendidi cuccioli che mostrano un’eccellente impronta di razza. Foto Lucia Giraldi.
Decreto Ministeriale n° 116130 del 22 febbraio 2023. Le norme in questione entreranno in vigore a partire dal 1 settembre del 2023. Per quanto riguarda il Registro degli allevatori e dei proprietari troviamo una delle novità interessanti all’articolo 6 dove per “iscrizione per cucciolata” al punto 1. si vietano gli accoppiamenti in consanguineità stretta: “Non possono essere iscritti nei Libri genealogici cani nati dall’accoppiamento tra genitori e figli, cani nati dall’accoppiamento tra fratelli pieni o mezzi fratelli, cani nati da fattrici di età inferiore a 16 mesi. Eventuali piani di allevamento che eccezionalmente contemplino accoppiamenti nelle consanguineità strette non consentite dal presente articolo dovranno essere sottoposti alla Commissione Tecnica Centrale per una preventiva autorizzazione”
Queste norme sono state introdotte dalla
Commissione Tecnica Centrale dell’ENCI, e sono motivate dall’urgente necessità di salvaguardare la salute ed il benessere del cane di razza.
In questo articolo vogliamo riassumere per tutti gli allevatori le corrette norme di allevamento relativamente alla consanguineità, norme indispensabili per non incorrere negli effetti deleteri ad essa correlati.
In primis ricordiamo che per non raggiungere livelli troppo elevati di consanguineità vanno assolutamente evitati tutti gli accoppiamenti in consanguineità stretta, quindi tutti gli accoppiamenti tra fratello e sorella, tra genitori e figli, tra mezzi fratelli e anche tra nipoti e nonni.
Secondariamente nell’allevamento andrebbero impiegati il maggior numero di riproduttori possibile, introducendo soggetti giovani ed evitando l’uso eccessivo di un solo riproduttore (popular sire effect o popular stud/sire syndrome)
Si aggiunga che per evitare l’eccessiva omozigosi si dovrebbe sempre calcolare, prima di effettuare certi accoppiamenti, il coefficiente di consanguineità teorico, rinunciando ad utilizzare esclusivamente i maschi del proprio allevamento.
L’utilizzo di accoppiamenti troppo stretti porta sempre ed inevitabilmente ad effetti negativi con degenerazioni determinate soprattutto dall’eccessiva omozigosi. I principali effetti deleteri di una consanguineità stretta sono rappresentati da:
1. Depressione da consanguineità
2. Alleli recessivi, omozigosi e riduzione del pool genetico
3. Alleli deleteri, malattie ereditarie e malformazioni congenite
4. Minore longevità
5. Diminuzione della fertilità e aumento della mortalità dei cuccioli alla nascita
6. Indebolimento del sistema immunitario
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Australian Sheperd. Allegro, vivace e curioso di tutto ciò che lo circonda. Foto Rudi Lamarca.
1. DEPRESSIONE DA CONSANGUINEITÀ
Il fenomeno della depressione da consanguineità era già stato ampiamente studiato nel XIX secolo da Charles Darwin, che studiò 57 specie di piante e osservò che la progenie delle piante autofecondate era più scarsa, pesava meno, fioriva più tardi e produceva un numero ridotto di semi rispetto alla progenie di piante non imparentate1
Nel tempo la depressione da consanguineità è stata documentata per varie specie vegetali ed animali sia nelle popolazioni selvatiche che in quelle domestiche.
Si è visto che la depressione da consanguineità ha un forte impatto, sulla produttività e sulle prestazioni, sia nelle popolazioni umane che nelle specie selvatiche e domestiche.
Questi aspetti sono risultati molto evidenti negli ultimi anni a seguito dell’applicazione di nuove tecnologie del DNA.
Le nuove tecnologie hanno permesso di stimare il livello di consanguineità nelle popolazioni con marcatori genomici al posto delle molto meno precise stime di consanguineità basate sull’analisi del pedigree.
La depressione da consanguineità è quindi un fenomeno causato da un aumento dell’omozigosi associato alla consanguineità, che riduce l’espressione degli effetti di dominanza mediamente fa-
vorevoli e che si traduce in una diminuzione del valore fenotipico medio.
In questi ultimi anni è stato ampiamente dimostrato, in differenti popolazioni animali, che l’accoppiamento tra parenti aumenta la probabilità di ottenere geni allo stato omozigote con la conseguente maggior diffusione, come avviene in tutte razze canine, di malattie ereditarie autosomico recessive, dove il soggetto malato presenta due alleli allo stato recessivo (aa), il portatore un solo allele allo stato recessivo (Aa) e il soggetto sano due alleli allo stato dominante (AA).
La causa principale per cui si verifica la depressione da consanguineità è che molte caratteristiche negative sono espresse solo quando un cane ha due alleli di un gene che sono esattamente gli stessi (cioè allo stato omozigote aa). Gli alleli recessivi sono nascosti da alleli dominanti (eterozigoti portatori Aa) e conseguentemente i caratteri indesiderati o le malattie ereditarie si manifestano inaspettatamente in un riproduttore quando gli alleli recessivi sono allo stato omozigote (aa).
Possiamo definire quindi la depressione da consanguineità come la ridotta frequenza di alleli allo stato eterozigote con l’aumento di alleli allo stato omozigote che conseguentemente determina un effetto degenerativo che si ripercuote negativamente su molti caratteri e sulla comparsa di molte malattie.
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Bracco, storica razza italiana allevata in maniera eccellente. Foto Mariaceleste de Mauro.
2. ALLELI RECESSIVI, OMOZIGOSI E RIDUZIONE DEL POOL GENETICO
La riduzione del pool genetico e quindi la riduzione della variabilità genetica è la diretta conseguenza della selezione artificiale utilizzata per il miglioramento delle razze canine, che ha l’effetto di eliminare completamente alcuni geni a favore di altri. Nei cani di razza, dove esiste un libro genealogico chiuso, nessun nuovo allele può essere introdotto nella razza. La perdita di un allele diventa permanente e riduce l’eterozigosi nel genoma per quel gene in quella determinata razza. Tutti i geni vengono ereditati con una coppia di alleli: uno dal padre e uno dalla madre. Se entrambi gli alleli in un gene sono uguali, il gene è omozigote (aa). Se i due alleli sono diversi, il gene è eterozigote (Aa). Maggiore è il numero di alleli disponibili per un gene (polimorfismo genetico), maggiore è la diversità genetica della razza. Nelle razze canine attualmente in allevamento dobbiamo mantenere il difficile equilibrio tra il livello medio di consanguineità e i geni dannosi. Alcune razze sono caratterizzate da livelli di consanguineità media più elevata a causa di molti antenati comuni. Non c’è però nessuna correlazione tra livello medio di consanguineità e disordini ereditari, ma i disordini ereditari sono l’effetto diretto della depressione da consanguineità e derivano da alleli recessivi deleteri. Spesso nell’allevamento viene sconsigliato il “linebreeding” e pro-
mosso “l’outbreeding” per mantenere un maggior livello di variabilità genetica, ma la vera perdita di variabilità genetica deriva dalla selezione dei cuccioli alla nascita nell’allevamento e quindi dei futuri riproduttori. Per evitare la riduzione del pool genetico in una razza canina rimangono pochi ma importanti aspetti da ricordare: utilizzare nell’allevamento più riproduttori possibili monitorandone lo stato di salute ed effettuare più controlli possibili mediante i test genetici per riconoscere in tempo i geni deleteri e limitando la loro diffusione nell’allevamento. Leroy già nel 2011 e poi Carol Bechat hanno identificato e sottolineato nell’uso del “popular sire” e quindi nell’eccessivo utilizzo di uno stallone di pregio, la presenza nelle generazioni future di “troppo materiale genetico in comune” con la conseguente maggiore suscettibilità a malattie ereditarie.
3. ALLELI DELETERI, MALATTIE EREDITARIE E MALFORMAZIONI CONGENITE
Dobbiamo ricordare che in una popolazione consanguinea il numero dei genotipi è limitato e pertanto il miglioramento genetico conseguente alla selezione artificiale operata dall’uomo non può procedere. Nell’allevamento cinofilo la presenza della variabilità genetica è da considerare un’importante risorsa per evitare i problemi dovuti alla
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Cane da pastore scozzese. Padre e figlio in un perfetto equilibrio di colori. Foto Maria Teresa Garabelli.
depressione da consanguineità. Nonostante ciò nell’allevamento del cane si ha spesso la tendenza ad esasperare “l’uniformità di tipo” per ottenere riproduttori sempre più “belli”, aumentando fortemente i livelli di consanguineità. Dobbiamo tenere però sempre presente che se non esiste la variabilità genetica in un allevamento, non c’è possibilità di evoluzione e di adattamento per la razza, di conseguenza i livelli di salute e benessere si riducono drasticamente.
Le attuali tecniche diagnostiche basate sullo studio del DNA permettono di distinguere in modo certo sia i soggetti malati che i soggetti portatori della patologia d’interesse. Nel caso di patologie ereditarie ad “insorgenza tardiva” cioè che si manifestano in età adulta o a “penetranza incompleta” che si manifestano solo in una parte dei soggetti con il genotipo difettoso, con l’analisi del DNA è possibile l’identificazione precoce, anche alla nascita, del soggetto sano, malato o portatore. Queste tecniche, congiuntamente all’identificazione del soggetto e all’analisi della parentela, permettono l’esclusione dalla riproduzione degli animali malati o portatori e costituiscono un utile strumento nella convalida dei dati genealogici riportati nel pedigree, con ricadute considerevoli
sul miglioramento genetico di una determinata razza. Gli studi ad oggi effettuati dimostrano un’elevata diffusione di molte patologie ereditarie, soprattutto di quelle a carattere autosomico recessivo. Le malattie più studiate sono le oculopatie, le neuropatie, le malattie metaboliche, le nefropatie e le cardiopatie. Anche nel caso di disordini genetici che hanno una trasmissione ereditaria più complessa (penetranza incompleta, insorgenza tardiva, espressività variabile, eterogeneità genetica) l’analisi del DNA rende possibile l’identificazione precoce, alla nascita, del soggetto sano, malato o portatore. Ultimamente si sono resi disponibili, con le tecniche che prendono in considerazione i marcatori molecolari SNP (Single nucleotide polymorphisms) alcuni test del DNA predittivi anche per patologie a carattere poligenico come la displasia dell’anca, che possono realisticamente aiutarci nella scelta degli stalloni da impiegare nella riproduzione. Questi test ci permettono inoltre di valutare anche simultaneamente l’eterozigosità dei nostri riproduttori con un notevole valore aggiunto rispetto al passato. Queste tecniche pertanto sono un utile strumento nella convalida dei dati genealogici ed aggiungono una garanzia in più alla qualità del prodotto
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Cao de Agua. Madre e cucciolo in grande armonia.Foto da Laura Fodri.
dell’allevamento del cane di razza. Come già accennato per le differenti malattie ereditarie autosomiche, recessive, dominanti, e oggi anche per alcune forme poligeniche più complesse, esistono molti laboratori di biologia molecolare di riferimento, e soprattutto tra questi in Italia il laboratorio “Vetogene - ENCI Servizi” che ci possono aiutare nell’identificazione dei geni deleteri e che consentono anche, soprattutto con le nuove tecniche dei marcatori genetici SNP (Single nucleotide polymorphisms), studi di consanguineità nella razza canina molto più realistici ed efficaci rispetto al passato.
4. MINORE LONGEVITÀ
La consanguineità comporta una vita più breve nei cani in allevamento principalmente a causa della depressione da consanguineità e quindi come conseguenza di malattie genetiche e non genetiche che possono rappresentare le principali cause di morte. È stato dimostrato recentemente con tecniche di biologia molecolare (genome-wide SNP array) che esiste una forte correlazione negativa tra la dimensione corporea e l’aspettativa di vita nei cani, ma non è noto se il tasso più elevato di invecchiamento nei cani di taglia grossa sia dovuto alla dimensione corporea in sé o ad altri fattori associati alla taglia grande. Tuttavia analizzando 100 razze di cani sempre con marcatori SNP (single-nucleotide polymorphism) si è dimostrato, che le razze di taglia grande tendono ad avere coefficienti di consanguineità più elevati rispetto alle razze di taglia piccola. Sembrerebbe inoltre che mentre i cani di grandi dimensioni muoiono più giovani principalmente perché hanno un tasso di invecchiamento più elevato, i cani di razza in generale non solo hanno un tasso di invecchiamento maggiore rispetto ai meticci, ma hanno anche un tasso di mortalità maggiore indipendente dall’età, il che significa che a qualsiasi età il rischio di mortalità è superiore a quello dei cani dei meticci della stessa taglia. Si è visto inoltre che i meticci vivono mediamente circa 1,2 anni in più rispetto ai cani di razza di pari taglia e che da uno studio effettuato su circa 9000 Golden Retriever la consanguineità ha un impatto negativo anche sulla durata della vita a livello individuale. Si sono inoltre riscontrate, analizzando 227 razze canine, differenze significative, nella maggior o minor morbilità tra le razze con differente consanguineità e differenze significative nella morbilità tra razze brachicefaliche non
brachicefale. Considerando poi il peso corporeo si è visto che la consanguineità influisce in modo significativo, in quanto le razze più piccole e meno consanguinee sono statisticamente più sane delle razze più grandi e più consanguinee.
5. MINORE FERTILITÀ E AUMENTO DELLA MORTALITÀ DEI CUCCIOLI ALLA NASCITA
Dalla letteratura internazionale viene riportato che molte razze canine hanno problemi di fertilità, soprattutto in quelle razze che si allontanano maggiormente dal tipo medio della specie canina. Lo studio più importante a tal proposito è ancora quello di Wildt del 1982. In questo studio si è potuto constatare, negli accoppiamenti in outbreeding e limitatamente ad alcune razze canine, un sensibile miglioramento della fertilità nelle femmine e un aumento del numero totale degli spermatozoi nei maschi. Più recentemente, in un altro studio condotto su 5 razze canine in Polonia, si è visto che il livello di consanguineità dei genitori ha un’influenza sulla fertilità e sul numero dei cuccioli nati alla nascita solo per alcune razze e che i coefficienti di correlazione tra consanguineità e dimensione della cucciolata, per la maggior parte delle razze canine esaminate, sono positivi ma non significativi. Un’altra ricerca molto interessante ha preso in considerazione l’effetto della consanguineità sulla dimensione media della cucciolata e sulla sopravvivenza in sette razze canine francesi. Da questo studio è risultato un chiaro effetto negativo della consanguineità sia sulla sopravvivenza che sul numero di cuccioli alla nascita
Rhodesian Ridgeback. Cuccioli con una mirabile espressività che ben definisce la razza. Foto Sara Venturelli.
ed inoltre, seppur con una limitata influenza della consanguineità all’interno delle singole razze, si è visto che l’accoppiamento tra parenti in consanguineità stretta comporta una significativa riduzione delle dimensioni della cucciolata e della longevità. Gli effetti della selezione basata sulla consanguineità sono descritti anche in un lavoro di Marelli che riporta i risultati di varie ricerche scientifiche che evidenziano gli effetti negativi della depressione da consanguineità focalizzando l’analisi principalmente sui problemi riproduttivi.
6. INDEBOLIMENTO DEL SISTEMA IMMUNITARIO
La consanguineità e la perdita di diversità genetica influiscono notevolmente anche sull’efficienza del sistema immunitario. Una delle conseguenze dell’eccessiva consanguineità nei cani di razza è la diminuzione della diversità nei geni del sistema immunitario, quindi una riduzione del polimorfismo genetico del sistema DLA (DLA - Classe I e Classe II - Dog leukocyte antigen). Ogni specie animale ha un sistema di istocompatibilità, nel cane è chiamato DLA, e viene riconosciuto come uno sei sistemi genetici con il maggior polimorfismo. A questo livello un maggior polimorfismo e quindi una maggiore variabilità genetica comportano più alte performance a livello immunitario. Una riduzione del polimorfismo genetico a livello del sistema DLA comporta una minore capacità da parte del sistema immunitario di riconoscere gli agenti esterni quali virus, batteri, parassiti ecc. e conseguentemente una maggiore suscettibilità e predisposizione a tutte le malattie infettive e parassitarie. Negli Stati Uniti, è stato dimostrato che tra le razze con maggior polimorfismo genetico, e quindi con un sistema immunitario più efficiente e con più polimorfismo figura il Barbone. Quindi a seconda delle razze possiamo avere una maggior efficienza del sistema immunitario, in base al livello di consanguineità, ma va comunque ricordato che anche le razze canine con un alto
grado di polimorfismo immunitario hanno pur sempre una predisposizione genetica che non li rende completamente resistenti alle allergie in generale, alle dermatiti o anche ai tumori e a tutte le parassitosi che possono li possono colpire.
CONCLUSIONI
Nell’allevamento del cane è importante produrre animali sani sotto tutti gli aspetti, nel rispetto della loro salute e del loro benessere. Come è stato descritto, la consanguineità può essere utilizzata bene o male e l’artefice di questo utilizzo è solo l’allevatore. Per evitare gli effetti negativi secondari alla “depressione da consanguineità” e per ottenere ottimi risultati dall’allevamento è necessario per l’allevatore il rispetto di alcuni principi che possiamo definire come irrinunciabili. Questi principi mirano ad ottenere una adeguata ampiezza del patrimonio genetico all’interno dell’allevamento, e come abbiamo visto tale ampiezza è indispensabile garanzia per quello che dovrebbe essere l’obbiettivo primario di ogni allevatore: ottenere una progenie sana e correttamente selezionata.
Riassumendo tali principi sono:
- evitare assolutamente la consanguineità stretta
- evitare l’eccessivo utilizzo di un solo stallone
- utilizzare i controlli sanitari di routine con l’aiuto di un medico veterinario
- utilizzare tutti i test genetici del DNA disponibili per la razza che si sta allevando, accompagnando i test genetici con programmi di accoppiamento efficaci per l’eliminazione di geni deleteri per l’allevamento.
Verosimilmente nel prossimo futuro le tecniche molecolari per lo studio della consanguineità e la selezione genomica saranno strumenti efficaci ed efficienti nella scelta dei riproduttori.
In attesa che ciò avvenga le indicazioni della comunità scientifica e delle Istituzioni come l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana sono quelle di considerare il problema della consanguineità per le sue severe conseguenze. Tali conseguenze, particolarmente evidenti nelle razze canine rappresentate da un numero ridotto di riproduttori, po-
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Shiba e Alaskan Malamute. Due razze nordiche con un eccellente patrimonio genetico. Foto Giuseppe Biagiotti.
trebbero in estremo portare anche all’estinzione delle razze stesse. È quindi fondamentale sensibilizzare ed incoraggiare gli allevatori al miglioramento genetico, al mantenimento e all’aumento della variabilità genetica di tutte le razze canine allevate in Italia.
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I nostri cani aprile 2023 11
A V V I S O
Si avvisa che, essendo la raccomandata a.r. ritornata con motivazione “al mittente per compiuta giacenza”, in applicazione dell’art. 39.3 del Regolamento di attuazione dello Statuto Sociale ENCI presso la Segreteria della Commissione di Disciplina di 1a è stata depositata decisione relativa al procedimento disciplinare n. 88/20 nei confronti di CIOLI SERGIO
Il termine perentorio per l’eventuale appello è di 30 gg. dalla presente pubblicazione.
Trascorso tale termine la decisione verrà dichiarata definiva.
A V V I S O
Si avvisa che, essendo la raccomandata a.r. ritornata con motivazione “al mittente per compiuta giacenza”, in applicazione dell’art. 39.3 del Regolamento di attuazione dello Statuto Sociale ENCI presso la Segreteria della Commissione di Disciplina di 1a è stata depositata decisione relativa al procedimento disciplinare n. 13/21 nei confronti di DE MATTEO LUCA.
Il termine perentorio per l’eventuale appello è di 30 gg. dalla presente pubblicazione.
Trascorso tale termine la decisione verrà dichiarata definiva.
Il Segretario Istruttore
A V V I S O
Si avvisa che, essendo la raccomandata a.r. ritornata con motivazione “al mittente per compiuta giacenza”, in applicazione dell’art. 39.3 del Regolamento di attuazione dello Statuto Sociale ENCI presso la Segreteria della Commissione di Disciplina di 1a è stata depositata decisione relativa al procedimento disciplinare n. 30/21 nei confronti di MANDUZIO
MICHELE AGOSTINO.
Il termine perentorio per l’eventuale appello è di 30 gg. dalla presente pubblicazione. Trascorso tale termine la decisione verrà dichiarata definiva.
Il Segretario Istruttore
A V V I S O
Si avvisa che, essendo la raccomandata a.r. ritornata con motivazione “al mittente per compiuta giacenza”, in applicazione dell’art. 39.3 del Regolamento di attuazione dello Statuto Sociale ENCI presso la Segreteria della Commissione di Disciplina di 1a è stata depositata lettera di chiusura istruttoria e deposito atti relativa al procedimento disciplinare n. 64/22 nei confronti di POLLICINO GIUSEPPE
Il Segretario Istruttore
A V V I S O
Si avvisa che, essendo la raccomandata a.r. ritornata con motivazione “al mittente per compiuta giacenza”, in applicazione dell’art. 39.3 del Regolamento di attuazione dello Statuto Sociale ENCI presso la Segreteria della Commissione di Disciplina di 1a è stata depositata lettera di chiusura istruttoria e deposito atti relativa al procedimento disciplinare n. 68/22 nei confronti di ZAMPELLI PIERA DEBORA.
Il Segretario Istruttore
RECENSIONE
HARAWAY DONNA J.
MANIFESTO DELLE SPECIE COMPAGNE CANI, PERSONE E ALTRI PARTNER Hoepli Editore
Il cane e l’essere umano sono due facce della stessa medaglia evolutiva fatta di gioia, invenzione, lavoro, intelligenza e gioco, ma anche di aspetti poco edificanti che l’uomo mette in atto. Nel manifesto delle specie compagne Donna Haraway, filosofa, intesse racconti di amore e addestramento tra specie differenti, partendo dal suo legame con i cani e parlando, con sapienza e ironia, di una vicenda comune, quella del rapporto tra “partner diversi”. Storie di affetto, di comprensione reciproca, di allenamento a convivere in modo positivo con le specie apparse con noi e su questo pianeta. Sappiamo creare relazioni che non siano segnate dal dominio, ma dal rispetto e dall’amore, senza essere antropocentrici? Ecco una delle questioni centrali sollevate da questo libro.
Notizie ENCI I nostri cani aprile 2023 20
Il Segretario Istruttore
Ululati: il richiamo della foresta
Secondo una ricerca scientifica ungherese alcune razze - come quelle da slitta - rispondono meglio di altre al desiderio di ululare. Un istinto atavico, tipico dei lupi che lo utilizzano per comunicare a distanza
È noto come i lupi debbano fare affidamento sugli ululati per comunicare su lunghe distanze. Questi lamenti prolungati e accorati consentono a questi animali sociali che vivono in branco di mantenere i loro territori, nonché di tenerne traccia e rimanere sincronizzati con gli altri membri dello stesso branco.
Nonostante i cani (Canis familiaris) discendano dai lupi (Canis lupus), alcuni di loroi non ululano
affatto, mentre altri, come i cani da slitta, lo fanno frequentemente.
Un team di ricercatori della Eötvös Loránd University (ELTE) di Budapest (pubblicato su Communications Biology) ha condotto un esperimento che è consistito nell’esporre alcuni cani di famiglia agli ululati del lupo per capire meglio perché alcuni di loro compagni non sembrano più
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Alaskan Malamute. Foto Paolo Tadini.
Basenji. Foto Luca Cerro. Non abbaia, ma non è un cane muto; il suo speciale verso è un misto di “chortle” e “yodel”. Una forma di comunicazione ancestrale come quella dei “Cani Cantanti della Nuova Guinea”, antica popolazione selvatica canina, ora oggetto di studio da parte dei ricercatori dell’Università di Papua.
preoccuparsi di questa forma, apparentemente importante, di comunicazione canina.
L’etologa Fanni Lehoczki e colleghi della Eötvös Loránd University (ELTE) hanno messo alla prova 68 cani di famiglia, di razza pura, osservando le loro reazioni alle registrazioni di ululati di lupi selvatici.
“Secondo i nostri risultati, le razze che sono geneticamente più simili ai lupi, sono più inclini a ri-
spondere con i propri ululati alle riproduzioni dell’ululato del lupo”, spiega Lehoczki.
I cani giovani, indipendentemente dalla razza, hanno risposto moderatamente nell’udire gli ululati del lupo, indicando che la maggior parte dei cani, indipendentemente dalla razza, è in grado di ululare. Ma più un cane adulto è strettamente imparentato con un lupo, più è probabile che ululi in risposta al lamento di un lupo.
“È interessante notare che questo effetto geneti-
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co sull’ululato si verifica solo tra i cani più anziani (più di cinque anni), per i quali un’esperienza o qualche effetto della personalità legato all’età può essere una spiegazione plausibile”, afferma l’etologo Tamás Faragó, anch’egli dell’ELTE University.
Il contrario è stato visto per l’abbaiare. Le razze di cani moderne abbaiavano di più in risposta agli ululati rispetto a quei cani di lignaggi più antichi. Ciò potrebbe significare che le razze antiche stanno rispondendo agli ululati cercando di comunicare con i lupi, mentre le razze moderne stanno invece cercando di comunicare con i loro proprietari, suggerisce il team.
Inoltre, quei cani che hanno risposto con ululati hanno mostrato comportamenti di maggiore stress, come leccarsi le labbra, urinare o tremare.
“Questo risultato sui comportamenti di stress può anche confermare la nostra ipotesi che le razze
più antiche, a causa della loro parentela genetica, possano elaborare meglio le informazioni codificate negli ululati del lupo”, scrivono i ricercatori nel loro report .
“Pertanto, le razze antiche del nostro studio potrebbero essere stressate dall’intrusione nel loro territorio di un branco di lupi, e usare l’ululato per evitarli, proprio come fanno i lupi”, spiega Faragó.
I maschi castrati avevano maggiori probabilità di ululare in risposta, rispetto ai cani maschi interi, ma non c’era differenza tra femmine sterilizzate e femmine intere.
“Poiché si suggerisce che i maschi castrati siano più paurosi, questo risultato può essere in linea con le nostre scoperte sulla reattività ambientale e sul comportamento più stressato. Pertanto, l’ululato del cane può significare: ‘Ho paura, non avvicinarti’”, spiega Lehoczki.
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Yakutian Laika e Samoiedo. Foto Salomon Russo.
Poiché questo studio dimostra solo correlazioni, ci sono altre possibili spiegazioni che dovrebbero essere escluse prima che queste conclusioni possano essere confermate.
Per esempio, le razze più antiche tendono ad essere razze di cani da lavoro, in cui la comunicazione in forma più lunga può ancora rivelarsi utile, a differenza delle razze più recenti che tendono ad essere cani da compagnia.
Un modo per esplorare ulteriormente questo aspetto sarebbe includere in futuri studi dei cani che vivono in branco allo stato brado e, una volta addomesticati, osservare se sono tornati a usare di più questa forma di comunicazione accorata.
I dingo (Canis dingo), che hanno intrapreso un percorso evolutivo lontano dai cani domestici circa 8.000 anni fa , sono noti per ululare ampiamente per trovarsi l’un l’altro, proprio come i lupi. Ciò suggerisce che i fattori ambientali e sociali potrebbero ancora svolgere un ruolo più importante nel determinare il comportamento vocale canino rispetto alla genetica, spiegano Lehoczki e il suo team.
“Le nostre scoperte sono tra le prime a indicare che l’addomesticamento dei cani può alterare il modo in cui gli stessi elaborano e reagiscono alle vocalizzazioni degli altri. Questo, in ultima analisi, potrebbe aiutarci a comprendere meglio l’evoluzione della comunicazione vocale”, concludono i ricercatori.
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Samoiedo. Foto Andrea Benati.
ULULATI MODERNI
In aggiunta, possiamo sicuramente affermare che ci sono dei cani che rispondono ad alcuni segnali ambientali come il suono delle campane o delle sirene delle ambulanze, ululando. Nella mia personale esperienza, solo alcuni dei miei Samoiedo, nel tempo, hanno risposto a questi segnali. Attualmente, solo una femmina adulta ulula al suono delle campane che si sentono da una distanza di circa trecento metri in linea d’aria; oppure, al suono di un’ambulanza - decisamente
più acuto – ad una distanza di circa tre chilometri in linea d’aria, senza barriere architettoniche poiché siamo in collina e l’ambulanza corre nel fondovalle. Nessuno degli altri miei cani l’ha mai imitata. Lei,non lo fa sempre, e solo quando è in giardino. Credo sia collegato al suo stato d’animo in quel dato momento, anche se non ha mai mostrato particolare disagio mentre ulula, semmai, un certo bisogno di “farsi sentire”… da chi… non saprei dire…
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Siberian Husky. Foto Gianluca Borgatello.