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Il Cavallo e l’Arma dei Carabinieri la battaglia di Grenoble

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CRISTIAN E FURIA

CRISTIAN E FURIA

DI GIUSEPPE FRASCAROLI

www.giuseppefrascaroliart.com

Il cavallo è fermamente collegato all’Arma dei Carabinieri sin dalle origini. Già con l’atto d’istituzione del Corpo dei Carabinieri Reali da parte del re di Sardegna Vittorio Emanuele I nel 1814, quando il sovrano si trovò ad affrontare l’opera di restaurazione della monarchia Sabauda in Piemonte, veniva stabilita la duplice esistenza di militari a piedi e militari a cavallo; questi ultimi deputati a rispondere a tutte le possibili esigenze d’impiego caratterizzate da celerità o da svolgersi in zone lontane dal luogo.

Sino agli inizi degli anni Sessanta dello scorso secolo la differenza istituzionale tra carabinieri a piedi e carabinieri a cavallo era evidenziata anche come titolo; attualmente, solo i militari in servizio presso il 4° Reggimento a cavallo di Roma possono fregiarsi di tale titolo. Questo Reggimento carabinieri a cavallo, l’unico reparto interamente montato delle forze armate italiane, è stato istituito il 1° aprile 1963 nell’ambito di una riorganizzazione dell’Arma dei Carabinieri; ha la sua sede presso la caserma Salvo D’Acquisto a Roma, e fa parte delle unità mobili e specializzate dell’Arma, alle dipendenze della 1° Brigata mobile.

Erede delle gloriose tradizioni ippiche dell’Arma dei Carabinieri, oggi il Reggimento è costituito da un Gruppo Squadroni, articolato su due Squadroni, un Centro Ippico, un Ufficio Comando, oltre che uno Squadrone Comando e Servizi e una Infermeria Quadrupedi.

Il primo impiego bellico del cavallo da parte dell’Arma risale al 6 luglio 1815, anno in cui attraverso la “carica di Grenoble” (nella foto in un dipinto di Alberto Spagnoli), i Carabinieri Reali ebbero modo di dare inizio alle loro tradizioni di virtù militari servendo per la prima volta in guerra il nascente Stato Piemontese. A Grenoble lo squadrone a cavallo dei Carabinieri, al comando di Michele Taffini marchese di Acceglio (che vent’anni dopo sarebbe stato nominato Comandante Generale del Corpo dei Reali Carabinieri), coadiuvato dal sottotenente Giovanni Battista Cavassola, vi partecipò inquadrato nel Corpo di Spedizione piemontese guidato dal generale De Latour che, forte di 15.000 uomini, muoveva contro i reparti francesi a rioccupare la Savoia dopo il rientro in Francia di Napoleone dall’esilio all’isola d’Elba. (Si veda anche l’articolo del Direttore Tino Nicolosi ed. in carta stampata n° 12 del settembre 2022) Nella battaglia le truppe piemontesi dopo un primo contatto armato avevano costretto i francesi ad arrestare presso la piazzaforte di Grenoble dove si asserragliarono. Per risolvere lo stato d’impasse, il generale piemontese Alessandro Gifflenga ordinò la carica allo squadrone Carabinieri e ad uno dei Cavalleggeri che, lanciatisi impavidamente, risolsero prontamente la situazione.

Per tale coraggiosa e valorosa carica i Carabinieri si meritarono il personale interesse del generale De Latour che li citò «...per valore, intrepidezza, ordine e maestria...».

Nell’opera raffigurante la “Carica di Grenoble” dipinta a olio su tela, Alberto Spagnoli, che si è firmato in basso a destra, rende con maestria la scena della battaglia.

I Carabinieri a cavallo, dipinti con superficie pittorica levigata, con cromatismi amalgamati a costruire un inscindibile “continuum” morbido e sfumato nella loro semplificazione formale, sono disposti accuratamente in una rigorosa costruzione prospettica dello spazio.

Con arguto virtuosismo, il pittore rende straordinariamente l’irruenza e lo slancio della cavalleria nell’assalto alla fortezza.

L’opera è di grande levatura, dove il frastuono, la calca, l’impeto e l’unione centauresca uomo-animale, sono esaltati con l’uso di vibranti pennellate di luce e di energia; i colori dai toni scuri del primo piano vengono esaltati per contrasto dallo sfondo giallastro dei fuochi della battaglia e dalle polveri che si alzano verso il cielo in secondo piano, dove sono raffigurati i soldati francesi nella loro tragica e inutile resistenza.

I fumi del combattimento restituiscono in qualche modo la scena “mirabile e sublime”, infondendo nello spettatore il senso di sgomento che si prova di fronte ai grandi eventi, specie nel momento della sua terribile rappresentazione, la battaglia, quando l’uomo avverte la sua limitatezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza, ma, come asseriva il grande filosofo Immanuel Kant: «al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l’infinito e si rende conto che l’anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi».

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