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Dalle sorgenti del Giordano al lago Tiberiade From the sources of the Jordan to Lake Tiberias De los manantiales del JordĂĄn al lago TiberĂades
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Dalle sorgenti del Giordano al lago Tiberiade – From the sources of the Jordan to Lake Tiberias – De los manantiales del Jordán al lago Tiberíades
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1. Le sorgenti di Dan
1. sources of the River Dan
1. Los manantiales del Dan
La riserva naturale di Dan contiene una delle principali sorgenti del Giordano.
Dan nature reserve includes one of the principal sources of the River Jordan.
La reserva natural de Dan contiene uno de los manantiales más importantes del río Jordán.
In Terra Santa, come del resto in ogni parte del mondo, l’acqua sta all’origine della vita come la conosciamo. Sembra perciò opportuno iniziare la nostra carrellata attraverso il paese partendo dalle nevi dell’Ermon e dalle sorgenti del Giordano che da quelle si riforniscono. Nahal Dan è la più abbondante delle tre sorgenti che unendosi formano il fiume Giordano. Questo ramo prende il nome di “Fiume di Dan” dal nome della collina alla cui base scaturisce. Il dolce gorgoglio delle numerose sorgenti si trasforma abbastanza presto in un flutto veemente, man mano che i diversi rivoli si congiungono nel corso principale. Il fenomeno si amplifica ancora di più durante la primavera e fino all’inizio dell’estate, corrispondentemente allo scioglimento dei nevai che si sono formati più in alto sulla montagna nel corso del precedente inverno. La presenza di così abbondante acqua sorgiva fa di questo un ambiente del tutto singolare, particolarmente per la regione medio-orientale che in prevalenza è piuttosto secca. La caratteristica ambientale è stata evidenziata ancora di più con la creazione di un parco naturale. È una vera gioia, per bambini e adulti in egual modo, percorrerne i ben curati sentieri per scoprirne le ricchezze faunistiche e floreali, insieme con la storia umana che l’arricchisce. Spontanea mente affiora alla memoria il passaggio biblico che descrive la donna amata dal re Salomone con queste parole che si leggono nel Cantico dei Cantici: “Vieni con me dal Libano, o sposa, con me dal Libano, vieni! … Fontana che irrora i giardini, pozzo d’acque vive e ruscelli dal Libano sgorganti” (Cantico 4,8.15). È questo infatti uno dei punti più a nord d’Israe le, situato ormai in prossimità dei primi abitati del Libano, villaggi costituiti da piccoli agglomerati di case bianche appollaiate su colline prevalentemente verdeggianti.
In the Holy Land, just like the rest of the world, water is the source of life as we know it. Consequently, it would be fitting to begin our tour of the country from the snows of Mount Hermon and sources of the River Jordan that feed it. Nahal Dan is the most plentiful of the three sources that meet to form the River Jordan. This tributary owes its name “River Dan” to the name of the hill from which its waters issue. The gentle gurgling of spring water soon gathers momentum and develops into a vigorous flow as the many rivulets merge into the main water course. During spring and early summer, the winter snowfields high up on the mountain sides melt causing a notable increase in water volume. Such a great abundance of spring water makes this environment unique, especially if we consider this is a predominantly dry middle-eastern region. A nature reserve has been created to highlight these unusual environmental features. It is now a true delight for everyone, children and adults alike, to stroll along the well-kept trails and discover not only the wealth of native animals and plant life that live there but also the traces of human history that enrich it. Instinctively, the bible passage we find in the Song of Songs describing the woman Solomon loved comes to mind: “Come with me from Lebanon, my bride, come with me from Lebanon!... a garden fountain, a well of living water and flowing streams from Lebanon” (Song of Songs 4:8.15). In fact, this is one of the northernmost parts of Israel, lying close to the first built-up areas in bordering Lebanon – villages composed of clusters of white houses perched atop predominantly verdant hills.
En Tierra Santa, como en todo el mundo, el agua es la fuente de la vida tal como la conocemos. Por lo tanto, parece oportuno iniciar nuestro viaje por este país a partir de las nieves del Hermón y de los manantiales del Jordán que se alimentan con ellas. Nahal Dan es el manantial más abundante de las tres corrientes que uniéndose forman al río Jordán. Este afluente toma el nombre de “Río Dan” por el nombre de la colina a cuyas faldas nace. El suave gorgoteo de los muchos manantiales pronto se convierte en un grueso caudal, a medida que los diversos riachuelos confluyen en el afluente principal. El fenómeno crece aún más durante la primavera y principios de verano, debido al derretimiento de la nieve que se ha generado en lo más alto de la montaña en el invierno anterior. La presencia de agua de manantial tan abundante hace de este un entorno completamente único, especialmente para la región del Medio Oriente, que es en su mayoría seca. La característica ambiental de este sitio se ha resaltado aún más por la creación de un parque natural. Es una auténtica alegría para niños y adultos ir por senderos bien cuidados para descubrir su fauna y flora, junto con la historia humana que la enriquece. Viene espontáneamente a la memoria el pasaje bíblico que describe a la mujer amada por el rey Salomón con estas palabras que se leen en el Cantar de los Cantares: “¡Ven conmigo del Líbano, novia mía, ven desde el Líbano! ... ¡Fuente que riega los jardines, manantial de agua viva, que fluye desde el Líbano!”(Ct 4, 8,15). Efectivamente, este es uno de los lugares más al norte de Israel situado en la proximidad de las primeras aldeas libanesas, pueblecillos constituidos por pequeños grupos de casas blancas anidadas sobre colinas generalmente verdes.
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2. Cesarea di Filippo e la grotta di Pan
2. Caesarea Philippi and Pan’s Grotto
2. Cesarea de Filipo y la gruta del dios Pan
Una delle fonti del Giordano fuoriesce da una grotta, antico santuario di Pan.
One of the River Jordan’s sources emerges from a grotto, an ancient shrine to Pan.
Una de las fuentes del Jordán proviene de una gruta, el antiguo santuario del dios Pan.
Siamo ai piedi del massiccio dell’Ermon, il monte più alto della regione (2814 m). Nel 4 d.C. l’imperatore Augusto assegnò l’amministrazione del territorio circostante (conosciuto col nome di Iturea) a Filippo, uno dei figli di Erode il Grande. La Galilea invece era stata concessa ad Antipa, suo fratello. Ad ambedue fu riservato il titolo minore di tetrarca in luogo di quello di re, goduto dal loro padre e per un tempo da Archelao. La situazione politica non era diversa all’inizio della predicazione di Gesù (Luca 3,1). Tutta la regione era allora in maggioranza pagana e dedita al culto di Pan, dio delle selve. Il centro di tale culto era situato nei pressi di una grande grotta davanti alla quale fuoriesce l’acqua di una delle sorgenti del Giordano. In onore dell’imperatore romano Filippo vi aveva costruito un tempio che si trova rappresentato sulle monete cittadine. Una basilica bizantina, un castello crociato, un santuario musulmano si succedettero sul posto del santuario pagano a misura che cambiavano i proprietari del luogo e la loro religione. Secondo il Vangelo una volta sola Gesù si sarebbe spinto da queste parti: “Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. “… E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Matteo 16,13.16.18-19). Il territorio, nel 1917 assegnato alla Siria, fu conquistato da Israele nel giugno del 1967 e rimane fino ad oggi all’interno della linea armistiziale.
We are at the foot of Mount Hermon, the highest mountain in the region (2814 m). In 4 AD Emperor Caesar Augustus assigned the task of administering the surrounding territory (known as Iturea) to Philip, one of Herod the Great’s sons, while Galilee had been granted to his brother Antipas. Instead of bestowing them the title of King, which was reserved to their father (and for some time to Archelaus) both were given the title of tetrarch. At the time Jesus began to preach, the political situation had changed very little (Luke 3:1). On a whole, most of the region’s population was pagan, worshipping Pan – the God of the wilds. The focal point of this cult was a large cave from which issues one of the River Jordan’s water sources. A temple, we find depicted on the city coinage, was erected in honour of Roman Emperor Philip. With each subsequent change of ownership and religion, the original pagan shrine was replaced by: a Byzantine basilica, a Crusader castle and a Muslim shrine, one after the other. According to the Gospel, Jesus only came as far as this area once: “Now when Jesus came into the district of Caesarea Philippi, he asked his disciples: “Who do they say the Son of Man is?” and Simon Peter replied, “And I tell you, you are Peter and on this rock I will build my church and the gates of Hell shall not prevail against it. I will give you the keys of the Kingdom of Heaven, and whatever you loose on earth shall be loosed in Heaven” (Matthew 16:13.16:18-19). In 1917 the land was assigned to Syria, then conquered by Israel in June 1967 and still stands within an armistice line today.
Estamos a los pies del Hermón, el monte más alto de la región (2814 m). En el año 4 d.C. César Augusto asignó la administración del territorio circundante (conocido con el nombre de Iturea) a Filipo, uno de los hijos de Herodes el Grande. Galilea en cambio había sido concedida a Antipas, su hermano. A ambos se les dio el título menor de tetrarca en lugar del de rey, del cual había gozado su padre y por un tiempo su hermano Arquelao. Esta era la situación política al inicio de la predicación de Jesús (Lc 3 1). En aquel entonces toda la región era en su mayoría pagana y dedicada al culto de Pan, dios de los bosques. El centro de ese culto estaba situado cerca de una gran gruta delante de la cual mana el agua de una de las fuentes del Jordán. En honor del emperador romano Filipo había construido allí un templo que se encuentra representado en las monedas de aquella ciudad. Una basílica bizantina, un castillo de los cruzados, un santuario musulmán se sucedieron en el lugar del santuario pagano dependiendo de los propietarios del lugar y de sus creencias religiosas. Tal como refiere el Evangelio Jesús habría llegado a aquellas zonas solo en una ocasión: “Cuando Jesús vino a la región de Cesarea de Filipo, preguntó a sus discípulos:” «¿Qué dice la gente sobre el Hijo del hombre?... Simón Pedro respondió: “Tú eres el Mesías, el Hijo del Dios vivo. “ ... Y yo te digo: Tú eres Pedro, y sobre esta piedra edificaré mi iglesia, y las puertas del infierno no prevalecerán contra ella. Yo te daré las llaves del reino de los cielos. Todo lo que ates en la tierra quedará atado en el cielo, y todo lo que desates en la tierra quedará desatado en el cielo”(Mt 16 13;16;18-19). El territorio, asignado a Siria en 1917, fue conquistado por Israel en junio de 1967 y permanece hasta la fecha dentro de la línea del armisticio.
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3. Le porte della città israelita di Dan La città di Dan segna il confine tradizionale della terra d’Israele sul lato nord. Tel Dan risiede sul luogo di un insediamento antichissimo legato alla cultura cananea, e più specificamente fenicia, ma il nome di Dan appare come attribuitogli solamente in seguito alle vicende che si trovano narrate nella Bibbia: “I figli di Dan andarono a combattere contro Lesem; la presero e la passarono a fil di spada; ne presero possesso, vi si stabilirono e la chiamarono Dan, dal nome di Dan loro padre” (Giosuè 19,47; troviamo un racconto più dettagliato e il nome di Lais per la città in Giudici 18,27-29). La tribù di Dan aveva infatti originariamente ricevuto un territorio nella parte sudovest del paese, ma la presenza dei cinque principati Filistei lungo la costa marina ne aveva impedito l’insediamento definitivo. Per questa ragione la città di Dan è frequentemente ricordata come situata sul limite settentrionale della terra promessa. La frase classica suona così: “tutte le tribù d’Israele, da Dan fino a Bersabea” (Secondo libro di Samuele 24,2).
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Le circostanze della sua fondazione, narrate dalla Bibbia, e la sua posizione geografica particolare contribuirono a garantirgli la qualifica di “luogo alto” o “santuario”. Questa qualifica fu resa ancor più evidente dalla scelta operata dal re Geroboamo al momento di separare le rimanenti tribù d’Israele da Giuda e Beniamino, che erano rimaste fedeli a Roboamo, figlio di Salomone: “Il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: «Siete andati troppo a Gerusalemme! Ecco, Israele, il tuo dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto». Ne collocò uno a Betel e l’altro lo pose in Dan (Primo libro dei Re 12,28-29). Gerusalemme vide chiaramente nell’adorazione prestata ad una statua di vitello fuso nel tempio di Dan un peccato di idolatria del tutto simile a quello del popolo nel deserto (Esodo 32). Nelle imponenti mura della città israelita (IX sec. aC), si aprono le porte con una complessa successione di passaggi, atti a controllarne opportunamente l’accesso. Presso le porte della città sedeva il re (Secondo libro di Samuele 19,9) a ricevere e giudicare il popolo. Uno speciale podio fu in effetti rinvenuto qui, a Dan, presso la porta, probabilmente destinato proprio a questa funzione.
3. The Gates of the Israeli city of Dan The city of Dan marks the traditional border at the northern tip of Israel. Tel Dan stands on the site of a very ancient settlement with close ties to Canaanite, but more speci fically to Phoenician culture. However, it appears to have acquired the name Dan only after the following events narrated in the Bible: “The people of Dan went up and fought against Leshem and after capturing it and striking it with the sword, they took possession of it and settled in it, calling Leshem Dan, after the name of Dan their ancestor” (Joshua 19:47; in Judges 18:27-29 we find a more detailed account under the name Laish). Originally, the Dan tribe was allocated land in the south-west of the country but the presence of five Philistine principalities prevented them from settling there permanently. Consequently, Dan is commonly remembered as being situated in the extreme north of the Promised Land. A traditional saying runs: “Go throughout the tribes of Israel from Dan to Beersheba” (Second Book of Samuel 24:2).
Owing to the combination of circumstances surrounding its foundation as narrated in the Bible and its geographical location, the city became known as a “high place” or “sanctuary”. This term became even more undeniable after the choice King Jeroboam made when separating the remaining tribes of Israel from Judah and Benjamin, which had remained faithful to Rehoboam, the son of Solomon: “The King made two calves of gold and said to the people, “You have gone up to Jerusalem long enough. Behold your gods, O Israel, who brought you up out of the land of Egypt.” He set one in Bethel and the other in Dan (First Book of Kings 12:28-29). Jerusalem viewed the adoration of a golden calf placed in a temple as a sin of idolatry on a par with that committed by the desert population (Exodus 32). The mighty walls of the Israelite city (9th century BC) open up by means of a complex system of passages that served to control access. The king sat near the city gates (Second Book of Samuel 19:9) to receive and judge his people. A special podium pro bably designed for this purpose was discovered close to the city gates of Dan.
3. Las puertas de la ciudad israelita de Dan La ciudad de Dan marca la frontera tradicional de la tierra de Israel al norte. Tel Dan se encuentra en el sitio de un antiquísimo asentamiento vinculado a la cultura cananea, y más específicamente fenicia, pero este nombre de Dan aparece referido a ella únicamente después de los acontecimientos que nos refiere la Biblia: “Los hijos de Dan fueron a pelear contra Lesem; la tomaron y la pasaron al filo de la espada; y una vez que la ocuparon, se establecieron en ella, llamándola Dan, por el nombre de su padre.”(Jos 19 47; encontramos una explicación más detallada y el nombre de Lais para esta ciudad en el libro de Jc 18, 27-29 ). La tribu de Dan había recibido originalmente un territorio en el suroeste del país, pero la presencia de los cinco Principados Filisteos a lo largo de la costa del mar había impedido su asentamiento permanente. Por esta razón la ciudad de Dan es frecuentemente recordada como situada en el límite septentrional de la tierra prometida. La frase clásica suena así: “Todas las tri-
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bus de Israel, de Dan a Berseba” (2 Sm 24, 2). Las circunstancias de su fundación, citada por la Biblia, y su posición geográfica particular contribuyeron a garantizarle el título de “lugar alto” o “santuario”. Esta calificación se hizo aún más evidente por la decisión realizada por el rey Jeroboam cuando separó las tribus de Israel de Judá y Benjamín, que habían permanecido fieles a Roboam, hijo de Salomón: “El rey hizo dos becerros de oro y dijo al pueblo: “¡Basta ya de subir a Jerusalén! He aquí, Israel, tu Dios, que te sacó de la tierra de Egipto. Colocó uno en Betel y el otro lo colocó en Dan (1 Re 12, 28-29). Jerusalén vio claramente en la adoración dada a una estatua de ternero fundido en el templo de Dan, un pecado de idolatría totalmente similar al del pueblo en el desierto (Ex 32). En los imponentes muros de la ciudad israelita (S. IX a.C.), las puertas se abren con una sucesión compleja de procesos, organizados para controlar oportunamente el acceso. Ante las puertas de la ciudad se sentaba el rey (2 Sm 19, 9) a recibir y a juzgar al pueblo. Se encontró un podio especial aquí, en Dan, cerca de la puerta, probablemente destinado a esta función.
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4. Il massiccio dell’Ermon La prima tra le vette dell’Ermon, situata in territorio israeliano, domina il villaggio druso di Majdal Shams e il piccolo lago rotondo di Birket Ram. La radice semitica del nome ebraico hermon ha il significato fondamentale di luogo “sacro”, “separato”. Il nome arabo tradizionale della montagna, Jebel eshSheikh (“il monte del Vecchio”), fa invece riferimento a un anziano capo religioso druso che nel X secolo d.C. vi avrebbe abitato in reclusione. I drusi sono oggi gli unici abitanti che risiedono stabilmente sulle pendici della montagna, soprattutto in seguito alla conquista israeliana delle alture del Golan avvenuta durante la guerra “dei sei giorni” (giugno 1967) e riconfermata nella successiva e più sanguinosa “guerra del Kippur” (ottobre 1973). Gli abitanti drusi di Majdal Shams, che ha preso questo nome di “Torre di sole” per essere di fatto la prima città della zona a ricevere la luce del sole che sorge, come più alta (1180 m slm) e rivolta verso oriente, mantengono fino ad oggi strette relazioni con i loro correligionari rimasti entro i confini siriani.
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La religione drusa si distacca singolarmente dalle altre prevalenti nella regione (ebraismo, cristianesimo e islam) per non avere libri sacri né edifici speciali destinati al culto. I precetti religiosi vengono invece trasmessi in forma segreta, o comunque almeno privata, da maestro a discepolo, e solamente ai membri che abbiano raggiunto l’età adulta. Il paesaggio ai piedi della montagna è reso gradevole dalla presenza di terre intensamente coltivate a frutteti. Il turista ne può approfittare per acquistare direttamente dai coltivatori mele e ciliegie e altri frutti man mano che giungono in maniera naturale alla maturazione, oppure godere delle locali specialità culinarie nei numerosi ristorantini aperti lungo le strade. Uno dei luoghi più visitati è il lago rotondo di Birket Ram, senza affluenti né defluenti, ma dalle acque pulitissime, alimentato com’è direttamente dalle falde idriche della montagna. Conosciuto col nome greco di Phiale, questo piccolo lago chiuso era ritenuto dagli antichi come la vera fonte del Giordano e si pensava che comunicasse attraverso condotti sotterranei con la grotta di Pan (Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, III,10,7).
4. The massif of Mount Hermon The first of Mount Hermon’s peaks, situated in Israeli territory, overlooks the Druze village of Majdal Shams and the small circular lake of Birket Ram. The semantic root of the Hebrew name Hermon basically means “holy” or “separated”. The traditional Arab name for the mountain, Jebel esh-Sheikh (“Mountain of the Sheikh”) refers to an old Druze religious chief who was said to have lived here as a recluse in the 10th century AD. Today, only the Druze people live permanently on the mountain slopes, especially following the Israeli conquest of the Golan Heights during the “Six-day War” (June 1967), which was later reconfirmed by the bloody “Battle of Kippur” (October 1973). The Druze inhabitants of Majdal Shams, which takes its name “Tower of Sun” thanks to its east-facing position and altitude (1180 m above sea level), thereby being the first city in the region to enjoy the rising sun rays, maintain close ties with members of the same religious sect living over the border
in Syria. The Druze religion differs remarkably from the other predominant regional religions (Judaism, Christianity and Islam) in that it has no holy books nor constructed places of worship. Religious precepts are transmitted secretly or privately from master to disciple only to those who have reached adulthood. The mountain slopes are pleasantly and intensely cultivated with fruit orchards. In this area, tourists should take the chance to buy apples and cherries, or other types of fruit directly from the farmers as they ripen naturally in their own good time. In addition, there are numerous small scale restaurants along the roadside that serve traditional food. One of the most popular sites visited is circular Birket Ram lake which boasts sparklingly clean water despite having neither inlet nor outlet streams, but is replenished by an underground spring. Ancient peoples believed this small lake, which was also known by its Greek name Phiale, was the true source of the River Jordan and was connected to Pan’s Grotto via underground ducts (Josephus Flavius , The War of the Jews, III,10,7).
4. El macizo del Hermón La primera de las cimas del Hermón, situado en territorio israelí, domina el pueblo druso de Majdal Shams y el pequeño lago redondo de Birket Ram. La raíz semítica del nombre hebreo hermon tiene el significado fundamental de lugar “sagrado”, “separado”. El nombre árabe tradicional de la montaña Jebel esh-Sheikh (“el Monte del Anciano”) se refiere en cambio a un anciano líder druso religioso que habría vivido allí en solededad en el siglo X d.C. Los drusos son ahora los únicos habitantes que habitan establemente en las laderas de la montaña, sobre todo después de la conquista israelí de los Altos del Golán ocurrida durante “la Guerra de los Seis Días” (junio de 1967) luego reconfirmada en la siguiente y más sangrienta “Guerra de Yom Kipur” (Octubre de 1973). Los habitantes drusos de Majdal Shams, que tomó el nombre de “Torre de Sol” por ser, de hecho, la primera ciudad en el área en recibir la luz del sol naciente, como la más alta (1180 m.s.n.m.) y mirando hacia el oriente, mantienen hasta la fecha estrechas relaciones con sus compañeros correligionarios que
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se quedaron dentro de las fronteras sirias. La religión Drusa se distingue principalmente de las demás religiones prevalentes en la región (judaísmo, cristianismo e islam) por no tener libros sagrados ni edificios especiales destinados al culto. Los preceptos religiosos son transmitidos en forma secreta, o por lo menos de forma privada, de maestro a discípulo, y sólo a los miembros que han alcanzado la edad adulta. El paisaje al pie de la montaña se hace agradable por la presencia de parcelas intensamente cultivadas por frutales. El turista puede aprovecharse de esto para comprar directamente a los agricultores manzanas, cerezas y otras frutas, conforme llega su temporada, o de disfrutar de las especialidades gastronómicas locales en los muchos restaurantes abiertos a lo largo de las carreteras. Uno de los lugares más visitados es el lago redondo de Birket Ram, al cual ni entra ni sale agua, sino que es únicamente alimentado por las aguas cristalinas que manan directamente de la montaña. Conocido con el nombre griego Phiale, este pequeño lago cerrado fue considerado por los antiguos como la verdadera fuente del Jordán, y se pensaba que se comunicaba a través de conductos subterráneos con la gruta de Pan. (Flavio Josefo, Guerra de los Judíos, III, 10,7).
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5. Altra veduta dell’Ermon, più da lontano
5. Another view of Mount Hermon, seen from afar
5. Otra panorámica del Hermón, desde más lejos
Veduta del castello di Nimrod e del monte Ermon dalla strada che sale verso le alture del Golan.
View of Nimrod Fortress and Mount Hermon from the road leading up towards the Golan Heights.
Vista del castillo de Nimrod y del monte Hermón desde la carretera que sube a los altos del Golán.
Sulla sponda orientale del Giordano, salendo in direzione dell’altopiano del Golan (la Gaulanitide di epoca romana e bizantina), nelle giornate più chiare, guardando in direzione dell’Ermon, si può osservare il graduale passaggio dalla campagna pianeggiante, attraverso le prime asperità boscose, su su fino alle più ripide, ma non precipitose, e spoglie pendici della montagna. Gli anfratti più elevati conservano ancora reliquie d’innevato quando siamo quasi arrivati ormai alle porte dell’estate. L’antica strada di Damasco era guardata da una serie di fortezze edificate, allargate, mantenute e restaurate in continuazione, nonostante il frequente passaggio di proprietà tra le diverse potenze che si contendevano il dominio su un territorio dall’alto valore strategico. Spicca tra le altre, per la sua posizione e la sua imponenza, quella oggi abbandonata di Subeiba, soprannominata il “Castello di Nimrod”. Nimrod è un eroe postdiluviano descritto come uomo “potente sulla terra e … valente cacciatore” (Genesi 10,8.9) e mitico fondatore di Ninive e di Babilonia. Nelle leggende medioevali di origine araba ed ebraica, egli è generalmente presentato come ateo e malvagio in contrapposizione ad Abramo, fedele e pietoso. Non è senza significato che anche la figura del grande patriarca trovi un riflesso sull’Ermon nel santuario di Abramo “el-Khalil” (“amico” di Dio). Secondo una tradizione popolare ebraica fu infatti proprio su questa montagna che Abramo ebbe la celebre visione in cui Dio gli si manifestò, dopo il tramonto del sole, sotto la forma di un “forno fumante e una fiaccola ardente” e passando in mezzo agli animali da lui sacrificati e divisi in due, ad eccezione degli uccelli, sigillò la promessa già fattagli in precedenza che avrebbe dato alla sua discendenza una terra che si stendesse “dal fiume di Egitto fino al grande fiume Eufrate” (Genesi 15,17.18).
If you travel up towards the Golan plateau (known as Gaulanitis in Roman and Byzantine times) along the eastern side of the River Jordan, and look towards Mount Hermon on a clear day you will see that the flat countryside gradually become rough woodland, then it rises to steeper, but not sheer, barren mountain inclines. Even at the onset of summer, remnants of the winter’s snow still linger in the higher gullies. The ancient Road to Damascus was guarded by a series of fortresses that were continually being rebuilt, enlarged, restored and maintained in good order despite frequently passing through the hands of successive powers that contended dominium over this territory of vital strategic value. Owing to its position and impressiveness, Subeiba, nicknamed “Nimrod Fortress” stands out above the others, but today lies derelict. Nimrod was a postdiluvian hero described as being “a mighty one on earth… mighty hunter” (Genesis 10:8.9) and mythical founder of Nineveh and Babylon. Medieval Arab and Jewish legends generally depict him as an atheist and a wicked person, in contrast to Abraham who was faithful and pious. It is not by chance that the great patriarch is present on Hermon in the shape of Abraham’s Shrine “el-Khalil” (“friend” of God). According to a Jewish folk legend, it was precisely on this mountain that, after sunset, God spoke to Abraham in the shape of a “fiery furnace and burning lamp” and, passing among the animals he had slain and cut in two (except for the birds), sealed the promise previously made to him that his son would receive land that extended “from the river of Egypt as far as the great River Euphrates” (Genesis 15:17.18).
Subiendo en dirección de los altos del Golán, la Gaulanitide de la época romana y bizantina, por el lado oriental del Jordán, y mirando en dirección del Hermón, en los días más claros y serenos, se puede observar el cambio gradual de la naturaleza: desde los campos de la llanura, va subiendo a través de los primeros bosques hasta las laderas más empinadas de la montaña, que, sin llegar a ser precipicios, se encuentran desnudas de toda vegetación. De hecho las cimas más elevadas tienen todavía restos de la nieve invernal, aun cuando estamos en las puertas del verano. La antigua vía de Damasco estaba custodiada por una serie de fortalezas construidas, ampliadas, mantenidas y restauradas continuamente a pesar del cambio frecuente de propiedad entre las diferentes potencias que se disputaban el dominio sobre un territorio con un gran valor estratégico. Se destaca entre las demás, por su ubicación y su grandeza, la Subeiba, ahora abandonada, y denominada “Fortaleza de Nimrod.” El era un héroe postdiluviano descrito como un hombre “poderoso en la tierra ... y un valiente cazador.” (Gn 10, 8-9) y mítico fundador de Nínive y Babilonia. En las leyendas medievales de origen árabe y judío, generalmente se le representa como un ateo y malvado en contraste con Abraham, fiel y piadoso. Quizá por este motivo la figura del gran patriarca se encuentra sobre el Hermón en el santuario de Abraham “el-Khalil” (el amigo de Dios). De hecho, según una tradición popular judía, fue precisamente sobre esta montaña que Abraham tuvo su famosa visión, donde Dios se le manifestó después del atardecer, en la forma de un “horno humeante y una antorcha encendida” que pasaron en medio de los animales que él había sacrificado y dividido en dos, exceptuando las aves, y ratificó la promesa que le había hecho anteriormente de darle a sus descendencia una tierra que se extendería “desde el río de Egipto hasta el gran río Eufrates.” (Gn 15, 17-18).
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6. La sinagoga di Cafarnao Luogo privilegiato della predicazione di Gesù e santuario della promessa eucaristica. La sinagoga era il punto privilegiato di incontro degli abitanti ebrei di una città, soprattutto al di fuori di Gerusalemme. In seguito alla distruzione del Tempio situato nella Città Santa le sinagoghe presero ancora più importanza come luoghi di preghiera, la loro presenza si intensificò, e la loro funzione si fece più ancora molteplice. Al compito della preghiera si aggiunse quello dello studio della Torah (i precetti della “legge mosaica”) e il suo approfondimento da parte dei dottori della legge, scribi e maestri conosciuti con il titolo onorifico di “rabbini”. Anche l’accoglienza degli stranieri, il consulto degli anziani e l’istruzione basilare dei giovani trovavano posto negli ambienti circostanti la sala della preghiera. Tutto avveniva ordinatamente sotto la direzione di un “arcisinagogo”.
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La sinagoga di Cafarnao costituisce un preclaro esempio di questo tipo di edificio. Tra il resto, uno tra i più grandi e meglio conservati in Israele. Possiede una sala di riunione (Bet Kenèset) divisa in ali da più file di colonne coronate di capitelli e fregi scolpiti con artistica perizia e ha uno spazio annesso o cortile riservato agli incontri e all’insegnamento (Bet Midràsh). Nessuno dubita che sotto l’attuale edificio del V sec. d.C. giacciano i resti delle sinagoghe precedenti fra cui quella frequentata da Gesù. Tra gli insegnamenti più importanti che Gesù dettò in questo luogo si distacca quello della “Promessa eucaristica”: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” … Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao (Giovanni 6,51-52.59). Come fa notare l’evangelista tali parole non furono subito comprese da tutti, perfino tra i suoi discepoli, finché la realtà cui si fa qui riferimento non si fosse compiuta infine a Gerusalemme.
6. Capernaum Synagogue Jesus’ chosen preaching place and sanctuary of the promise of the Eucharistic. The Jewish inhabitants of the city favoured the synagogue as their meeting place, especially outside Jerusalem. After the Temple in the Holy City had been destroyed, synagogues assumed greater importance as a place of prayer, their number increased and the range of purposes they served broadened even more. In addition to being a site of worship, inhabitants frequented the synagogue to study the Torah (the precepts of “The Law of Moses”), while law professors, scribes and masters (called by the honorary title of “Rabbi”) analysed it in depth. The rooms surrounding the prayer hall opened their doors to welcome foreigners, consult the elderly and offer the young a basic education. All this took place under the supervision of the “Chief of the Synagogue”. Capernaum synagogue is an outstanding exam-
ple of this type of building. It is one of the largest and best preserved in Israel. The meeting hall (Bet Kenèset) is divided into wings with several rows of columns crowned by capitals and friezes engraved with artistic expertise. Adjoining, there is a space or courtyard set aside for meetings or instruction (Bet Midràsh). No-one is under any doubt that below the present 5th century AD building lie the remains of the earlier synagogue that Jesus patronized. One of Jesus’ most significant lessons pronounced here, the “Promise of the Eucharist” stands out for its exceptional importance: “I am the living bread that came down from heaven. If anyone eats of this bread, he will live forever. And the bread I will give for the life of the world is my flesh.” … Are the words Jesus announced while preaching in Capernaum synagogue (John 6:51-52.59). As the Evangelist points out, not everyone immediately understood these words, not even his disciples, until the event they refer to came about in Jerusalem.
6. La Sinagoga de Cafarnaúm Lugar privilegiado de la predicación de Jesús y santuario de la promesa eucarística. La sinagoga era el punto privilegiado de encuentro para los habitantes judíos de una ciudad, sobre todo fuera de Jerusalén. Después de la destrucción del Templo en la Ciudad Santa, las sinagogas se hicieron aún más importantes como lugares de oración, su presencia se intensificó y su función se hizo aún más amplia. Al uso de la oración se le añadía también el del estudio de la Torá (los preceptos de la “Ley de Moisés”) y a su profundización por parte de los doctores de la ley, escribas y maestros conocidos con el título honorífico de “rabinos”. Además, la acogida de extranjeros, la consulta a los ancianos y la educación básica de los jóvenes tenían lugar en los ambientes que rodeaban la sala de oración. Todo esto era organizado bajo la dirección de un “archisinagogo”.
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La sinagoga de Cafarnaúm es un buen ejemplo de este tipo de edificio. Entre lo que se ha encontrado, es una de las más grandes y mejor conservadas en Israel. Tiene una sala de reuniones (Bet Kenéset) dividida en alas por varias filas de columnas coronadas con capiteles y frisos esculpidos con detalles artísticos y tiene un espacio cerrado o un patio reservado para reuniones y enseñanza (Bet Midrásh). Nadie duda que bajo el actual edificio del siglo V d.C. yacen los restos de las precedentes sinagogas, y entre ellas la frecuentada por Jesús. Entre las enseñanzas más importantes que Jesús dictó en este lugar está la de la “Promesa Eucarística”: “Yo soy el pan vivo, bajado del cielo. Si uno come de este pan vivirá eternamente y el pan que os daré es mi carne para la vida del mundo.” Estas cosas las dijo Jesús, enseñando en la sinagoga de Cafarnaúm (Jn 6, 51-52; 59). Como el evangelista señala, tales palabras no fueron comprendidas inmediatamente por todos, ni siquiera entre sus discípulos, hasta que la realidad ahí referida no se cumplió finalmente en Jerusalén.
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7. Il fiume Giordano nei pressi di Betsaida Julias
7. River Jordan near Bethsaida Julias
7. El río Jordán cerca de Betsaida Julias
Dopo un primo percorso tumultuoso il Giordano si prepara a entrare placidamente nel lago di Galilea.
After a tumultuous first stretch, the River Jordan prepares to flow placidly into the Sea of Galilee.
Después de una trayectoria accidentada, el Jordán se prepara para entrar tranquilamente en el lago de Galilea.
Dopo un percorso di circa 50 km dal punto di unione delle sue tre principali sorgenti, poco distante da Tel Dan, il fiume Giordano si versa nel lago di Galilea formando un estuario paludoso dove cresce un fittissimo canneto. La sponda orientale del fiume, un tempo siriana, è caratterizzata da spoglie alture basaltiche, la principale delle quali (detta et-Tell, “la collina”, per antonomasia) si identifica con l’antica città di Betsàida Julias (Betsàida significa in aramaico “la casa della pesca”, Julias si riferisce invece alla romana gens Iulia cui apparteneva la famiglia imperiale. L’estuario del Giordano è reso particolarmente pescoso per la quantità di nutrimento biologico che le acque del fiume trasportano in continuità nel lago di Galilea. Gli scavi archeologici hanno evidenziato la lunga storia del sito come città cananea, israelita, ellenistica e romana. Di ognuna di queste epoche si conserva qualche cosa. Al principio del II secolo d.C. un forte terremoto provocò la distruzione e l’abbandono definitivo della città. Dei dodici apostoli di Gesù, tre erano di Betsàida: Pietro, Andrea e Filippo (Giovanni 1,44). La città fu testimone di molte azioni e insegnamenti del Maestro, tra cui la guarigione di un cieco narrata con vivezza di particolari dall’evangelista: “Preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quegli, alzando gli occhi, disse: «Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa.” (Marco 8,22-26). Per aver forse risposto con troppa tiepidezza alla predicazione di Gesù la città si trovò riunita con Cafarnao e Corazin nel famoso detto di Gesù in cui questi luoghi vengono, sfavorevolmente, paragonati alle città peccatrici di Sodoma e Gomorra (Luca 10,13).
After flowing for approximately 50 km from the point where the three main sources merge, not far from Tel Dan, the River Jordan empties into the Sea of Galilee, forming a marshy estuary covered in dense reed groves. The eastern shore of the river, which once belonged to Syria, is characterized by barren basaltic uplands. The main hill (called et-Tell, “the hill” par excellence) has been identified with the ancient city of Bethsaida Julias (in Aramaic Bethsaida means “the house of fishing”) while Julias refers to the Roman gens Julia, to which the Imperial Family belonged. Thanks to the high quantity of biological nutrients the river incessantly transports into the Sea of Galilee, the Jordan Estuary is remarkably rich in fish life. Archaeological excavations have brought to light the site’s long history as a Canaanite, Israelite, Hellenistic and Roman city. Something from each of these eras has been preserved. A strong earthquake destroyed the city at the beginning of the 2nd century AD, causing it to be abandoned permanently. Of Jesus’ 12 apostles, three came from Bethsaida: Peter, Andrew and Philip (John 1:44). The Master carried out many of his works and teachings in this city, these include the healing of the blind man, recorded by the evangelist in vivid detail: “He took the blind man by the hand and led him out of the village, and when he had spit on his eyes and laid hands on him, he asked him “Do you see anything?” And he looked up and said, “I see people, but they look like tree walking.” Then Jesus laid his hands on his eyes again; and he opened his eyes, his sight was restored, and he saw everything clearly” (Mark 8:2226). Perhaps in reply to the city’s weak response to Jesus’ preaching, it finds itself associated with Capernaum and Chorazin in his famous exclamation that unfavourably compares the city to the sinful cities of Sodom and Gomorrah (Luke 10:13).
Después de un recorrido de unos 50 km desde el punto de unión de sus tres afluentes principales, cerca de Tel Dan, el río Jordán desemboca en el lago de Galilea formando un delta pantanoso poblado de un denso cañaveral. La orilla oriental del río, en un tiempo propiedad de Siria, se caracteriza por desnudas colinas de basalto, la principal de ellas (llamada et-Tell, “la colina”, por antonomasia) se identifica con la antigua ciudad de Betsaida Julias (Betsaida significa en arameo “casa de la pesca,” Julias se refiere en cambio a la romana gens Iulia de la cual formaba parte la familia imperial). La desembocadura del Jordán es particularmente apta para la pesca por la cantidad abundante de alimento biológico que las aguas del río aportan al lago de Galilea. Las excavaciones arqueológicas han revelado la larga historia del lugar como una ciudad cananea, israelita, helenística y romana. De cada una de estas épocas se conserva algo. Un fuerte terremoto causó la destrucción y el abandono definitivo de la ciudad a principios del siglo II d.C. De los doce apóstoles de Jesús, tres eran de Betsaida, Pedro, Andrés y Felipe (Jn 1, 44). La ciudad fue testigo de muchas acciones y enseñanzas del Maestro, entre ellas la curación de un ciego narrada con abundancia de detalles por el evangelista: “Tomó al ciego de la mano y lo llevó fuera del pueblo, y escupiendo en los ojos, le impuso las manos y le preguntó: “¿Ves algo?”. Levantando los ojos, dijo: “Veo a los hombres, pero los veo como árboles que andan.” Nuevamente le puso las manos sobre los ojos y vio claramente y fue curado, y podía ver todo, desde lejos.”(Mc 8, 2226). Fue quizás, por haber respondido con demasiada tibieza, que Jesús unió a Betsaida con Cafarnaúm y Corazaín, en aquella famosa expresión desfavorable donde vienen comparadas negativamente con las ciudades pecadoras de Sodoma y Gomorra (Lc 10,13).
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8. L’alba sul lago di Tiberiade Dalla sponda di Magdala si osserva il sole sorgere al di là del lago. Un nuovo giorno ha inizio sul lago di Tiberiade con il sole che fa capolino sull’altra sponda, quella orientale, dove si trovano le alture contese del Golan. La luce illumina un paesaggio di rocce vulcaniche depositatesi in epoche antichissime sul fondo di una profonda spaccatura della crosta terrestre che in questo punto raggiunge, e supera, i -200 m rispetto al livello medio degli altri mari. Il lago di Tiberiade (20 km di lunghezza per 5 di larghezza) è formato dal fiume Giordano (Yardèn - “il discendente”). Il fiume entra a nord, dopo un corso abbastanza tumultuoso, in una stretta valle e riprende poi pigramente il suo viaggio a sud lungo la valle omonima fino a perdersi totalmente nell’invaso salino del Mar Morto. Poiché si trova nella parte superiore del corso del fiume, il lago di Tiberiade, detto anche di Galilea o di Genezaret, e Kinnèret (la “cetra”)
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in ebraico, è costituito di acqua dolce. Si tratta di una riserva di inestimabile valore, seppure non di inesauribile quantità, come è evidenziato dal continuo calo di livello della sua superficie negli ultimi anni. Molta acqua, infatti, viene continuamente sospinta in alto da grandi pompe e incanalata dentro tubature di acciaio per essere condotta in tutto il paese. Gran parte della fertilità della terra di Israele è dovuta proprio al possesso di questo enorme serbatoio idrico all’interno dei suoi confini. Attorno al lago di Tiberiade si è sviluppata in prevalenza l’attività di Gesù, perciò il lago è particolarmente ricco di ricordi cristiani. Pensiamo in particolare alle località di Cafarnao, Tabgha, Magdala e Betsaida. Ma le acque stesse del lago hanno più volte accolto il maestro come passeggero della barca di Pietro (Luca 5,1-11), o miracolosamente ambulante sopra di esse (Marco 6,45-52). L’episodio più famoso è certamente quello in cui ebbe a calmare le onde del lago agitate da una di quelle burrasche improvvise che ancora oggi a volte si osservano sul posto.
8. Dawn over Lake Tiberias From the shore at Magdala you can watch the sun rise beyond the lake. A new day is dawning over Lake Tiberias, the sun is rising in the east over the opposite shore where the contended Golan Heights lie. The sunlight illuminates a landscape composed of volcanic rocks deposited in ancient times on a deep trench in the earth’s crust, which here falls below -200 m compared to the average level of other seas. The principal source of Lake Tiberias (20 km long and 5 km wide) is the River Jordan (Yardèn - “the descendant”). The river enters the lake to the north after flowing tumultuously through a narrow valley, then resumes its journey lazily southwards along the Jordan Valley until it is finally lost in the saline basin of the Dead Sea. Since Lake Tiberias, also known as Galilee or Genezareth, and Kinnèret (“cithara”) in Hebrew, lies on the upper section of the river’s course, it contains freshwater. This priceless reservoir
of freshwater is not, however, inexhaustible as we can see from the constant fall in level recorded in recent years. A large volume of water is incessantly pushed upwards by huge pumps and channelled into steel pipes for distribution throughout the country. The majority of Israel’s land owes its fertility to this enormous water supply held within its borders. Jesus’ ministry concentrated around Lake Tiberias, leaving this area particularly rich in Christian memories, especially the towns of Capernaum, Tabgha, Magdala and Bethsaida . Even the lake waters themselves carried the Master as a passenger in Peter’s boat on more than one occasion (Luke 5:1-11); and he walked miraculously on its surface (Mark 6:45-52). Without doubt, the most famous episode was when Jesus calmed the waves of the lake during a sudden storm, which tend to occur here still today.
8. El amanecer en el lago de Tiberíades Desde la orilla de Magdala se puede ver el sol que sale sobre el lago. Un nuevo día comienza en el lago de Tiberíades con el sol que domina la otra orilla, la oriental, donde se encuentran las discutidas alturas del Golán. La luz ilumina un paisaje de rocas volcánicas depositadas en épocas antiguas en el fondo de una grieta profunda en la corteza terrestre que alcanza y supera los -200 mts bajo el nivel del mar. El lago de Tiberíades (21 km de largo por 12 de ancho) está formado por el río Jordán (Yardèn - “descendiente”). El río entra en el norte, después de un recorrido bastante sinuoso en un valle estrecho, y luego lentamente retoma su viaje hacia el sur a lo largo del valle del mismo nombre hasta que se pierde por completo en el agua salada del Mar Muerto. Debido a que se encuentra en la parte superior del cauce del río, el lago de Tiberíades, también conocido como de
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Galilea o Genesaret, y Kineret (la “cítara”) en hebreo, se constituye de agua dulce. Se trata de una reserva de un valor incalculable, aunque no inagotable, como lo demuestra la continua disminución de su nivel en los últimos años. Mucha agua, de hecho, es elevada constantemente por grandes bombas y canalizada en grandes tuberías de acero para ser distribuida en todo el país. Gran parte de la fertilidad de la tierra de Israel se debe a la posesión de este enorme depósito hídrico dentro de sus fronteras. Alrededor del lago de Tiberíades, la actividad de Jesús se desarrolló, por lo que el lago es particularmente rico en recuerdos cristianos. Consideramos particularmente ciertos lugares como Cafarnaúm, Tabgha, Magdala y Betsaida. Las aguas del lago han recibido repetidamente al maestro como pasajero del bote de Pedro (Lc 5, 1-11), o caminando milagrosamente sobre ellas (Mc 6, 4552). El episodio más famoso es, sin duda, en el que calmó las olas del lago sacudidas por una de esas borrascas repentinas que hoy todavía se observan a veces en el lugar.
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9. Monte delle Beatitudini
9. Mount of Beatitudes
9. Monte de las Bienaventuranzas
Il santuario moderno delle Beatitudini (Arch. Antonio Barluzzi, 1936).
The modern Shrine of the Beatitudes (Architect Antonio Barluzzi, 1936).
El santuario moderno de las Bienaventuranzas (Arq. Antonio Barluzzi, 1936).
Sul monte che sovrasta la località costiera di Tabgha Gesù proclamò le Beatitudini, conforme al racconto matteano dove il testo corrisponde al solenne avvio di un lungo discorso chiamato il “Discorso della Montagna” (Matteo 5,1-12; Luca 6,20-23). È la lettura consigliata per chi vuole farsi subito un’idea precisa della novità contenuta nel suo insegnamento. Inizia con queste parole: “Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli…”. Utilizzando l’avvincente forma letteraria del “macarismòs” (termine greco per “beatitudine”), Gesù propone il suo modello ideale di discepolo: povero nello spirito, afflitto, mite, assetato di giustizia, misericordioso, puro di cuore, portatore di pace tra gli uomini, nonostante avversità e persecuzioni. Come sono otto le beatitudini pronunciate, numero simbolicamente indicante una pienezza, così sono otto anche i lati del nuovo santuario. L’edificio fu costruito nel 1936 dall’architetto Antonio Barluzzi per conto dell’associazione Ernesto Schiapparelli su di un pianoro situato a metà altezza della montagna, in un luogo da cui si gode un bellissimo panorama. La località prescelta rappresenta bene il luogo ideale dove approssimativamente Matteo colloca la scena: “Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli” (Matteo 5,1). Luca suppone invece una prospettiva diversa: “Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante” (Luca 6,17). Dal punto di vista storico abbiamo una situazione un po’ più complicata che sembra voler fondere insieme i dati dei due Vangeli. Le testimonianze dei pellegrini lungo i secoli ricordano infatti un luogo elevato sì, ma meno distante dalla riva (“a un tiro d’arco”) e più prossimo ai santuari del Primato di Pietro e della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci. L’insieme viene chiamato Tabula Domini, Mensa Christi (“Tavola del Signore”, “Mensa di Cristo”) o addirittura semplicemente, soprattutto nelle carte medioevali, “Monte Mensa”.
According to Matthew’s account that corresponds to the solemn beginning of a long speech known as the “Sermon on the Mount” (Matthew 5:1-12; Luke 6:20-23), Jesus proclaimed the Beatitudes on a hill overlooking the coastal town of Tabgha. This is recommended reading for whoever is looking for a clear idea of the innovations contained in his teachings. He began with these words: “Blessed are the poor in spirit, for theirs is the kingdom of heaven...” By using the compelling literary form “macarismòs” (Greek term for “beatitude”), Jesus puts forth his ideal model for a disciple: poor in spirit, mourning, meek, hungry for righteousness, merciful, pure in heart, peacemaker among men despite conflict and persecution. Echoing Jesus’ proclamation of eight beatitudes - a number that symbolises fullness - the new sanctuary was designed with eight sides. The building was constructed by the architect Antonio Barluzzi on behalf of the Ernesto Schiapparelli association in 1936 on a small plain halfway up the hillside that affords a marvellous vista over the surrounding landscape. The location chosen symbolises the ideal site where Matthew roughly places the scene: “Seeing the crowds, he went up on the mountain, and when he sat down, his disciples came to him” (Matthew 5:1). Luke takes a different perspective: “He came down with them and stood on a level place” (Luke 6:17). From a historical point of view, we are faced with a complicated situation which apparently attempts to fuse the information provided by the two Gospels. It is true that pilgrims’ accounts over the centuries speak of a raised place, but closer to the shore (“at a bowshot”) and nearer to the churches of the Primacy of Peter and of the Multiplication of the Loaves and Fishes. Collectively, the site is known as Tabula Domini, Mensa Christi (“Table of our Lord, Christ’s Table ”) or in medieval documents simply as “Monte Mensa”.
En la colina que domina la ciudad costera de Tabgha, Jesús proclamó las bienaventuranzas, conforme al relato de Mateo, donde el texto corresponde con el inicio solemne de un largo discurso llamado el “Sermón de la Montaña” (Mt 5,1-12; Lc 6, 20-23). Es una lectura recomendada para aquellos que quieran instantáneamente tener una idea precisa de la novedad contenida en su enseñanza. Comienza con estas palabras: “Bienaventurados los pobres de espíritu porque de ellos es el reino de los cielos ...” Utilizando la forma literaria convincente de “macarismos” (palabra griega que significa “bienaventurados”), Jesús ofrece el modelo ideal de su discípulo: pobre de espíritu, afligido, humilde, sediento de justicia, misericordioso, puro de corazón, mensajero de paz entre los hombres, no obstante adversidades y persecuciones. Como son ocho las bienaventuranzas pronunciadas, un número que simbólicamente indica plenitud, así son los ocho lados del nuevo santuario. El edificio fue construido en 1936 por el arquitecto Antonio Barluzzi patrocinado por la asociación Ernesto Schiapparelli, en una meseta situada a media altura de la montaña, en un lugar donde se disfruta de un bellísimo panorama. El sitio elegido representa bien el lugar ideal donde Mateo coloca aproximadamente la escena: “Viendo las multitudes, Jesús subió al monte, se sentó, y sus discípulos se acercaron a él” (Mateo 5, 1). Lucas por su parte supone una perspectiva diversa: “Descendió con ellos, y se detuvo en una llanura” (Lucas 6,17). Desde el punto de vista histórico tenemos una situación un poco más complicada que parece combinar los datos de los dos evangelios. Los testimonios de peregrinos a través de los siglos, de hecho, hacen mención sí, a un lugar alto pero no muy lejos de la orilla ( “un tiro de arco”) y más cercano a los santuarios del Primado de Pedro y de la Multiplicación de los Panes y de los Peces. Al conjunto se le denomina Tabula Domini, Mensa Christi (“Mesa del Señor” o “Mesa de Cristo”) o incluso simplemente, sobre todo en los mapas medievales, el “Monte Mesa”.
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10. La sponda orientale del lago e le alture del Golan Geografia e storia hanno contribuito a creare nei dintorni del lago un ambiente del tutto singolare. Il lago di Galilea ebbe a formarsi in epoche geologiche (all’incirca 500 milioni di anni fa), per un abbassamento della crosta terrestre che attraversa parte del continente asiatico e di quello africano, partendo dal nord della Siria per giungere fino ai
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laghi centroafricani. Si tratta della cosiddetta Rift Valley che in questo punto presenta pareti sensibilmente scoscese sulle due sponde, ma di più su quella orientale dove le alture del Golan, di origine vulcanica, danno ancora testimonianza in qualche modo di tale origine violenta. Diverse popolazioni si sono avvicendate fin dall’antichità sulle rive del lago: cananei, aramei, israeliti e arabi, che hanno fatto di questo singolare ambiente per un certo tempo la loro casa. Le alture, a una discreta distanza dalle sponde, sono spesso state preferite per agglomerati stabili, garantendo
condizioni di migliore sanità e vivibilità, ma di tutti questi insediamenti rimangono, più spesso oggi, soltanto le rovine. L’aspetto del paesaggio è reso ancora più selvaggio ed inospitale a causa delle drammatiche vicende politiche, legate alla posizione delle medesime alture lungo un confine segnato da una guerra che dura ormai da quasi cento anni. Durante questo tempo gli eserciti d’Israele e della Siria si sono affrontati già più di una volta e tuttora si affrontano. Alla base delle pendici, lungo la sponda orientale del lago, il kibbutz (“comunità lavorativa ebraica”) di En Gev fu
fondato nel 1939 durante la rivolta contro il Mandato Britannico come centro di resistenza ebraica. Divenne poi un importante centro economico e culturale basato sul lavoro dei campi all’intorno e sullo sfruttamento delle risorse naturali, principalmente della pesca nel lago. Con l’annessione del Golan allo stato d’Israele (1981) ed il conseguente allontanamento del confine di circa venti chilometri verso est, En Gev è in grado oggi di esprimere maggiormente la sua vocazione di attrazione turistica la cui popolarità rimane assai elevata tanto per gli stranieri che tra i locali.
10. The eastern shore of the lake and the Golan Heights Geography and history have contributed to creating a very singular environment around the lake. The Sea of Galilee was formed in geological times (approximately 500 million years ago) by a depression in the earth’s crust that crosses part of Asia and Africa, starting in the north from Syria and reaching as far as the lakes of central Africa. This is the
so-called Rift Valley whose sides, in this point, are considerably steep on both sides. They are generally steeper however, on the eastern side where the Golan Heights, created by volcanic activity, still bear witness to their violent origin. Since antiquity, different peoples have settled on the lake shores: Canaanites, Aramaeans, Israelites and Arabs, making this singular milieu their home for a period of time. Permanent towns and villages were built on the hills, slightly inland from the shores where life was more liveable and the climate healthier. More often than not, all that remains of
these settlements are ruins. Due to violent political events closely linked to the key position of the hills along the border where war has been raging for almost one hundred years, the landscape appears even more wild and inhospitable. During this time, the Israeli and Syrian armies have been in conflict and continue to battle here today. At the foot of the hills on the eastern shore of the lake, En Gev kibbutz (“Jewish working community”) was founded in 1939 as a centre of Jewish resistance during the revolt against the British Mandate. It became an important economic and cultural centre based on agriculture
and exploitation of natural resources, chiefly lake fishing. After annexation of Golan to the State of Israel in 1981 and consequent redrawing of the border approximately twenty kilometres eastwards, En Gev was able to develop as a tourist resort, becoming very popular with foreigners and the local population alike.
10. La orilla oriental del lago y los Altos del Golán Geografía e historia han ayudado a crear un entorno del todo singular entorno al lago. El lago Galilea tuvo que formarse en épocas geológicas (aproximadamente hace 500 millones de años), por un hundimiento de la corteza terrestre que atraviesa parte del continente asiático y del africano, partiendo del norte de Siria hasta alcanzar los lagos centroafricanos. Se trata del llamado Rift Valley, que
en este punto presenta paredes sensiblemente empinadas en ambos lados, pero más en el lado oriental donde los Altos del Golán, de origen volcánico, todavía dan testimonio en cierto modo de ese origen violento. Diversas poblaciones se han establecido desde la antigüedad en las orillas del lago: cananeos, arameos, israelitas y árabes; todos han hecho de este ambiente singular durante un tiempo su hábitat. Las colinas a cierta distancia de la orilla han sido a menudo las preferidas para las aglomeraciones estables, garantizando condiciones más saludables y
habitables, pero de todos estos asentamientos hoy en día quedan ahora normalmente solo las ruinas. El aspecto del paisaje se hace aún más salvaje e inhóspito debido a los acontecimientos políticos violentos, vinculados a la posición de estas mismas alturas a lo largo de una frontera marcada por una guerra que ha durado casi cien años. Durante este tiempo los ejércitos de Israel y Siria se han enfrentado más de una vez y todavía ahora se enfrentan. En la base de las laderas, a lo largo de la orilla oriental del lago, el kibutz (“comunidad de trabajo judío”) de En Gev fue fundado en 1939 durante el
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levantamiento contra el Mandato Británico como centro de resistencia judía. Se convirtió después en un importante centro económico y cultural basado en el trabajo de los campos de su entorno y en la explotación de los recursos naturales, principalmente la pesca en el lago. Con la anexión del Golán al Estado de Israel (1981) y la consecuente remoción de la frontera de unos veinte kilómetros al este, En Gev es hoy en día capaz de expresar su vocación como atracción turística cuya popularidad sigue siendo muy alta tanto para extranjeros como para locales.
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11. Susita-Hippos, città della Decapoli Gli archeologi hanno rinvenuto le rovine di cinque chiese nella città precedentemente pagana di Hippos-Susita convertita a Cristo. Hippos (o Susita, in lingua aramaica), fu una delle dieci città della Decapoli, regione che si estendeva anticamente nella zona a cavallo di Israele, Giordania e Siria. Ciascuna di esse costituiva di fatto una città stato autonoma. Pur essendo parte integrante della regione orientale dell’impero romano, era retta da arconti, secondo lo statuto tradizionale della polis greca, possedeva un proprio consiglio e batteva moneta. Mura robuste ed ornate porte la custodiva-
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no, strade ben lastricate e portici su colonne l’attraversavano in tutta la sua lunghezza, era dotata di templi famosi (tra cui quello recentemente riscoperto del dio Pan), si fregiava di luoghi di divertimento come terme, odeon e teatri. Il Vangelo non fa esplicito riferimento a questa particolare città, però riporta un singolare episodio come avvenuto proprio su questa sponda del lago, nel territorio detto dei Gadareni oppure dei Geraseni (Gadara e Gerasa essendo due fra le più famose città della Decapoli). Si tratta della liberazione di un uomo posseduto da una “legione” di diavoli. Alla sua guarigione i demoni presero possesso di una mandria di porci costringendoli a precipitarsi nel lago (Marco 5,1-20). Il racconto del Vangelo termina con l’annotazione che gli abitanti del luogo,
sconcertati da tale prodigio, domandano a Gesù di allontanarsi dalla loro città. In seguito, tuttavia, l’evidenza storica e archeologica ci mostra che la città, abbandonando il paganesimo, si mutò in una roccaforte cristiana con ben cinque chiese finora scavate, ed altre ancora già identificate dagli archeologi. Il terremoto del 749 d.C. ne causò la distruzione totale e il conseguente abbandono. La basilica principale è dotata di fonte battesimale, davanti al quale nel mosaico si intrecciano le due parole greche Phos-Zoe (“luce e vita”) mentre in altre chiese sono stati rinvenuti ancora al loro posto depositi sigillati di reliquie venerate dagli antichi fedeli.
11. Susita-Hippos, a city of Decapolis. Archaeologists have brought to light the ruins of five churches in the previously pagan city of Hippos-Susita, which converted to Christianity. Hippos (or Susita, in Aramaic), was one of the ten cities of Decapolis, a region that extended over the area straddling Israel, Jordan and Syria. Each of these was an autonomous city-state. Despite being an integral part of the eastern region of the Roman Empire, it was ruled according to the traditional Greek polis statute, where archons held power, the city had its own council and minted its own coin-
age. It was surrounded by strong fortification walls with ornate gateways, well-paved roads and porticos supported by colonnades running the entire length of the city. It boasted famous temples (including the one recently discovered dedicated to the God Pan) and enjoyed places of entertainment such as bathhouses, an odeon and theatres. The Gospel does not explicitly refer to this city but does mention a singular episode that occurred on this shore of the lake, in territory belonging to “the Gadarenes” or “the Geresenes” (Gadara and Geresa being two of the most famous Decapolis cities). The episode recounts how Jesus healed a man possessed by a “legion” of demons. After being released, the demons entered a herd of swine, forcing them to plunge into the lake (Mark 5:1-20).The Gospel ac-
count concludes by commenting that the inhabitants were so frightened by this event that they pleaded with Jesus to leave their city. However, historical and archaeological evidence show that after it was later abandoned to paganism, it then became a Christian stronghold - five churches have so far been unearthed, while archaeologists are still identifying others. It was completely destroyed by an earthquake in 749 AD, causing its subsequent desertion. The main basilica has a baptismal font and, in front of this, a mosaic incorporating two entwined Greek words Phos-Zoe (“light and life”). In other churches archaeologists have discovered sealed reliquaries venerated by ancient believers still lying in their original positions.
11. Sussita-Hippos, ciudad de la Decápolis Los arqueólogos han descubierto los restos de cinco iglesias en la ciudad previamente pagana de Hippos-Sussita convertida por Cristo. Hippos (o Sussita, en arameo), fue una de las diez ciudades de la Decápolis, región que se extendía antiguamente en la zona limítrofe entre Israel, Jordania y Siria. Cada una de ellas era en realidad una ciudad estado autónoma. A pesar de formar parte integral de la región oriental del Imperio Romano, se regía por arcontes, según el estatuto tradicional de la polis griega, poseía su propio consejo y acuñaba sus propias monedas. Robustas murallas y puertas orna-
mentadas la custodiaban, calles bien pavimentadas y pórticos de las columnas la atravesaban en toda su longitud, estaba dotada de templos famosos (entre ellos uno recientemente redescubierto al dios Pan), se jactaban de poseer lugares de diversión como termas, teatros y un odeón. El Evangelio no hace referencia explícita a esta ciudad en particular, sin embargo reporta un episodio singular como ocurrido justo en esta orilla del lago, en el territorio de los gadarenos o de los gerasenos (Gadara y Gerasa eran dos de las ciudades más famosas de la Decápolis). Se trata de la liberación de un hombre poseído por una “legión” de demonios. Al momento de su curación los demonios tomaron posesión de una piara de cerdos obligándolos a precipitarse en el lago (Marcos 5, 1-20). La historia del
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Evangelio termina con la anotación de que los habitantes del lugar, desconcertados por este prodigio le rogaron a Jesús que se alejara de su ciudad. Más tarde, sin embargo, la evidencia histórica y arqueológica nos muestra que la ciudad, abandonando el paganismo, se transformó en un bastión cristiano. Hasta cinco iglesias han sido excavadas hasta ahora, y otras más ya han sido identificadas por los arqueólogos. El terremoto de 749 d.C causó la destrucción total y el consecuente abandono. La basílica principal estaba dotada de una fuente bautismal, delante la cual en el mosaico se trenzan las dos palabras griegas Phos-Zoe ( “Luz y Vida”), mientras que en otras iglesias han sido descubiertos, aún en su lugar, depósitos sigilados de reliquias veneradas por los fieles antiguamente.
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12. Rovine dell’antico villaggio di Corazim Spazi pubblici e spazi privati si alternano tra le rovine di Corazim (II-V sec. d.C.). “Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni” (Marco 1,38-39). “E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano” (Marco 6,56). Ciononostante sembra che non dappertutto le azioni di Gesù suscitassero sempre una risposta sufficientemente pronta, soprattutto dal punto di vista della conversione del cuore, che era una esigenza essenziale nella predicazione di Gesù. Da qui quelle parole, un po’ dure, uscite dalla bocca del Maestro: «Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che
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sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere» (Matteo 11,21). Corazim e Betsaida sono località dalla storia variegata. Popoli di differenti epoche e di cultura diversa (cananei, ebrei, siriani, arabi beduini) vi hanno vissuto per qualche tempo lasciando ciascuno traccia della propria operosità nell’adattarsi alle dure condizioni del suolo, e nel trarne i beni necessari per il sostentamento proprio e delle loro famiglie. Il materiale da costruzione è anch’esso ricavato dall’ambiente prevalentemente di natura basaltica. Diversi luoghi antichi, nei dintorni di Cafarnao, si trovano inseriti oggi tra i parchi nazionali d’Israele e sono ottimamente attrezzati dal punto di vista turistico. È possibile visitarne le interessanti rovine, portate alla luce attraverso scavi archeologici regolari, e si offre così al visitatore l’opportunità di camminare di nuovo per quelle vie, piazze e costruzioni che sono state un tempo testimoni di fatti meravigliosi.
12. Ruins of the ancient village of Chorazim. Public and private spaces alternate among the ruins of Chorazim (2nd-5th century AD). “Jesus replied, «Let us go somewhere else – to the nearby villages – so I can preach there also. That is why I have come.» So he travelled throughout Galilee, preaching in their synagogues and driving out demon” (Mark 1:38-39). “And wherever he went – into villages, towns or countryside – they placed the sick in the marketplaces. They begged him to touch even the edge of his cloak, and all who touched it were healed” (Mark 6:56). Nevertheless, not everywhere did Jesus’ ministry always raise a sufficiently prompt response, especially from the point of view of converting the heart, which was an essential requirement according to Jesus’ preaching. The Master uttered these harsh words: «Woe to you Chorazim! Woe to you Bethsaida! For if the Mighty works done in you had been done in Tyre
and Sidon, they would have repented long ago in sackcloth and ashes» (Matthew 11:21). Chorazim and Bethsaida are towns with a multi-coloured history. People of varying periods and cultures (Canaanites, Jews, Syrians and Arab Bedouins) have lived here, leaving behind them traces of their industriousness in adapting to the stark conditions of the land, tirelessly drawing from it sufficient food for themselves and their families. The surrounding basaltic terrain provided building materials. Many of the ancient sites surrounding Capernaum are part of Israel’s National parks and are extremely well equipped as regards tourism. It is possible to visit interesting ruins brought to light by legal archaeological excavations, offering visitors the chance to wander through the streets, squares and buildings that once witnessed marvellous events.
12. Ruinas de la antigua villa de Corozaín Espacios públicos y espacios privados se alternan entre las ruinas de Corozaín. (siglo II-V d.C.). “Él les dijo: «Vayamos a otras aldeas cercanas, porque yo también predico allí; ¡Por eso vine! Y anduvo por toda la Galilea, predicando en sus sinagogas y expulsando los demonios» (Mc 1,38-39). “Y a donde quiera que llegaba, villas, ciudades y poblados, colocaban a los enfermos en las plazas y le rogaban que los dejara tocar siquiera el borde de su manto; y los que lo tocaban quedaban curados.”(Mc 6, 56). Sin embargo, parece que no en todas partes las acciones de Jesús suscitaron una respuesta suficientemente rápida, especialmente desde el punto de vista de la conversión del corazón, que era una exigencia esencial en la predicación de Jesús. De ahí esas palabras, un poco duras, salidas de la boca del Maestro : «¡Ay de ti, Corozaín! Ay de ti, Betsaida. Porque si en
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Tiro y en Sidón hubiesen sido realizados los milagros que se hicieron en medio de ustedes, ya hace mucho tiempo hubiesen hecho penitencia, cubiertos de cilicio y cenizas» (Mt 11, 21). Corozaín y Betsaida son localidades de una historia que cambiante. Pueblos de diferentes épocas y de culturas diversas (cananeos, hebreos, sirios, árabes beduinos) han vivido durante algún tiempo en ellas dejando cada uno rastros de su propio trabajo para adaptarse a las duras condiciones del terreno, y llevar así los bienes necesarios para el propio sustento y el de sus familias. El material de construcción también se obtiene del ambiente mayoritariamente de naturaleza basáltica. Diversos lugares antiguos, en los alrededores de Cafarnaúm, se encuentran hoy en día insertados en los parques nacionales de Israel, y están óptimamente equipados desde el punto de vista turístico. Es posible visitar las interesantes ruinas, traídas a la luz a través de excavaciones arqueológicas regulares, y así se ofrece al visitante la oportunidad de caminar de nuevo por esas calles, plazas y edificios que alguna vez fueron testigos de hechos maravillosos.
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13. Il santuario del Primato di Pietro a Tabgha
13. The Shrine of the Primacy of Peter at Tabgha
13. El santuario del Primado de Pedro en Tabgha
I gradini tagliati nella roccia presso la Cappella del Primato. Luogo d’incontro di Gesù con i suoi apostoli.
Steps cut into the rock near the Church of the Primacy. Meeting place of Jesus and his Apostles.
Los escalones cortados en la roca al lado de la Capilla del Primado. Lugar de encuentro de Jesús con sus apóstoles.
Lasciata Nazaret, Gesù scese a Cafarnao e fece di questa la “sua” città (Matteo 9,1). Sulle rive del lago di Galilea si svolsero infatti la maggior parte degli episodi relativi alla sua predicazione. Egli accompagnava con i miracoli la sua autorevole parola allo scopo, prima di suscitare, e poi di confermare la fede degli ascoltatori nella sua divina missione. Gesù scelse in Cafarnao i suoi primi discepoli tra i pescatori del lago: chiamò a sé i due fratelli Pietro e Andrea, così come Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo. Tutti lasciarono il loro primitivo lavoro per andare dietro a Cristo e divenire come lui “pescatori di uomini” (Marco 1,16-20). Costituì dunque i Dodici “perché stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni” (Marco 3,14-19). I Dodici sono chiamati anche con il nome di apostoli. Dopo la sua risurrezione, apparendo ai discepoli sulle sponde del lago di Galilea, Gesù confermò una volta di più la loro fede col miracolo di una pesca miracolosamente abbondante (Giovanni 21,2-6) e con l’affidamento a Pietro della funzione di guida o “pastore del gregge” sulla base del Primato di amore a lui richiesto: “Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli»” (Giovanni 21,15). Confermava in questo modo la promessa già fattagli in precedenza: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Matteo 16,18). La località di Tabgha (Eptapegòn o “Luogo delle sette sorgenti”, in lingua greca) conserva il ricordo di questo avvenimento mostrando gradini, tagliati nella roccia, che scendono fino alla riva del lago, dei quali gli antichi pellegrini riferivano non essere altri che quelli “sopra i quali era stato il Signore” (Egeria, Itinerario, Appendice V).
After leaving Nazareth, Jesus descended to Capernaum and made it “his” city (Matthew 9:1). Most of the episodes associated with his ministry did indeed take place on the shores of the Sea of Galilee. His miracles were accompanied by his authoritative word in the aim of kindling, and then sustaining, the faith of his audience in his Divine mission. In Capernaum Jesus chose his first disciples from among the local fishermen; he called two brothers, Peter and Andrew, to join him as well as James and John, the sons of Zebedee. All of them left their earlier profession to follow Christ and become, like him, “fishers of men” (Mark 1: 16-20). He assembled this group of Twelve “so that they might be with him and they might send them out to preach and have authority to cast out the demon” (Mark 3:14-19). The Twelve are also known by the name of Apostles. When Jesus revealed himself to his disciples on the shore of Galilee after his resurrection, he confirmed their faith in him once again by performing the miracle of the catch of fish (John 21:2-6) and, entrusting Peter with the task of guide or “shepherd of the flock” based on Primacy of love, and asked him: “Jesus said to Simon Peter, «Simon son of John, do you love me more than these?» He said to him, «Yes, Lord; you know that I love you.» He said to him, «Feed my lambs» (John 21:15). In this way he was confirming the promise previously made to him. «You are Peter, and on this rock I will build my Church» (Matthew 16:18). Tabgha (Heptapegon or “Place of seven springs” in Greek) preserves the memory of this event. The steps leading down to the lake shore, hewn out of the rock face were reported to be none other than the ones “on which the Lord stood” by early pilgrims (Egeria, Itinerarium, Appendix V).
Dejada Nazaret, Jesús bajó a Cafarnaúm e hizo de ella su “ciudad” (Mt 9, 1). A las orillas del lago de Galilea tuvieron lugar la mayor parte de los episodios relativos a su predicación. Él acompañaba con milagros su palabra convincente con miras, primero a suscitar, y después a confirmar la fe de quienes escuchaban acerca de su misión divina. Jesús elige en Cafarnaúm a sus primeros discípulos entre los pescadores del lago: llamó a sí a los dos hermanos Pedro y Andrés, así como a Santiago y Juan, los hijos de Zebedeo. Todos dejaron su primer trabajo para irse en pos de Cristo y convertirse como él en “pescadores de hombres” (Mc 1, 16-20). Constituyó por lo tanto a los Doce “para que estuvieran con él, y también para enviarlos a predicar, y para que tuvieran el poder de expulsar los demonios” (Mc 3,14-19). Los Doce son también designados con el nombre de Apóstoles. Después de la resurrección, apareciéndose a sus discípulos a orillas del lago de Galilea, Jesús confirmó una vez más su fe con el milagro de una pesca milagrosamente abundante (Jn 21, 2-6) y confiando a Pedro la función de guía o “pastor del rebaño” como respuesta a la triple profesión de amor de Pedro: “Jesús dijo a Simón Pedro: «Simón de Juan, ¿me amas más que éstos?» Él respondió: «Claro, Señor, tú sabes que te amo.» Él le dijo: «Apacienta a mis corderos» (Jn 21,15). Confirmaba de esta manera la promesa que ya le había hecho antes: «Tú eres Pedro, y sobre esta piedra edificaré mi Iglesia» (Mt 16,18). La localidad de Tabgha (Eptapegón o “Lugar de las Siete Fuentes” en griego) conserva el recuerdo de este acontecimiento con unos escalones recortados sobre la roca, que bajan hasta la orilla del lago, que según los antiguos peregrinos no eran otros que aquellos “sobre los cuales estuvo el Señor” (Egeria, Itinerario, Apéndice V).
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14. Magdala e la pianura di Gennesaret La sponda occidentale del lago di Galilea vista dalla cima pietrosa del monte Arbel. Il lago di Galilea forma una piacevole distesa di acqua dolce, ricca di pesci dal sapore particolarmente gradito tra i quali è famoso quello che prende il suo nome da san Pietro. Le sponde sono generalmente aride e sassose, ad eccezione però di una piccola pianura chiamata Ginossar (in ebraico) o Gennesaret (in aramaico). Nella sua forma aramaica il nome ricorre anche nei Vangeli sinottici (Matteo 14,34; Marco 6,53) e viene dato anche al lago (Luca 5,1). Così anche nelle opere dello storico ebreo Giuseppe Flavio: “Lungo il lago di Gennesaret si distende una regione che ha lo stesso nome, dalle doti naturali e di una bellezza meravigliose. La sua feracità ammette ogni cultura e chi la lavora vi fa crescere di tutto, e il clima è così temperato che si adatta anche alle piante più svariate” (Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, III,10,8).
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La località principale della pianura è Migdal (oppure: Magdala, Tarichea). Giuseppe Flavio scrive che ai suoi tempi era dotata di un ippodromo e contava circa 40.000 abitanti (Giuseppe Flavio, La guerra giudaica II,21,3-4). “La città, che sorge come Tiberiade alle falde di un monte, era stata circondata tutt’intorno ad opera di Giuseppe, tranne la parte che si affacciava sul lago, di possenti fortificazioni” (Giuseppe Flavio, La guerra giudaica III,10,1.). Il nome aramaico di Magdala ricorda appunto una “torre”, mentre quello greco di Tarichea fa riferimento a una “salsa” di pesce, come prodotto specifico del luogo (Strabone, Geografia 16,2,45). La città di Magdala è divenuta ancora più celebre per essere stata la patria di Maria di Màgdala, e chiamata perciò “Maddalena”. Segnalatasi tra le prime donne fattesi discepole di Gesù e fautrici della sua missione (Luca 8,1-3), e presente con Maria, la madre, ai piedi della croce (Giovanni 19,25), Maria di Màgdala ebbe anche lo straordinario privilegio di ricevere per prima l’apparizione del Risorto (Giovanni 20,11-18).
14. Magdala and the plain of Gennesaret The western shore of the Sea of Galilee seen from the Mount Arbel’s stony peak. The Sea of Galilee forms a delightful body of fresh water, rich in pleasantly tasting fish - one of which owes its name to Saint Peter. Except for a small plain called Ginossar (in Hebrew) or Gennesaret (in Aramaic), the shores are generally arid and stony. The name appears in its Aramaic form in the Synoptic Gospels (Matthew 14:34; Mark 6:53) and is also given to the lake (Luke 5:1). The Jewish historian Josephus Flavius, too uses this name in his works: “Skirting the Lake of Gennesar, and also bearing that name, lies a region whose natural properties and beauty are remarkable. There is not a plant which its fertile soil refuses to produce and its cultivators in fact grow every species; the air is so well-tempered that it suits the opposite varieties” (Josephus Flavius, The War of the Jews, III.10.8).
The main town on the plain is Migdal (or: Magdala, Tarichea). Josephus Flavius writes that during his times the city included a hippodrome and counted approximately 40,000 inhabitants (Josephus Flavius, The War of the Jews, II.21.3-4). “The city itself is situated like Tiberias, at the bottom of a mountain, and on those sides which are not washed by the sea, had been strongly fortified by Joseph” (Josephus Flavius, The War of the Jews, III.10.1.) As a matter of fact, the Aramaic name Magdala recalls a “tower”, while the Greek name Tarichea refers to a fish sauce traditionally made in this area (Strabo, Geographica 16.2.45). The city of Magdala owes its fame to being the hometown of Mary of Magdala, more commonly referred to as “Magdalene”. Set apart for being one of Jesus’ first women disciples, supporter of his mission (Luke 8:1-3), and present at the foot of the cross with his mother Mary (John 19:25), Mary Magdalene was extraordinarily privileged to be the first to see Jesus Risen (John 20:11-18).
14. Magdala y la llanura de Genesaret La orilla occidental del lago Galilea vista desde la cima pedregosa del monte Arbel. El lago de Galilea forma una agradable extensión de agua dulce, rica de peces de un sabor particularmente rico entre los que es famoso aquel que toma su nombre de San Pedro. Las orillas son generalmente áridas y pedregosas, con la excepción sin embargo de una pequeña llanura llamada Ginossar (en hebreo) o Gennesaret (en arameo). En su forma aramea este nombre aparece en los evangelios sinópticos (Mt 14,34; Mc 6,53), y también se le da al lago (Lc 5,1). Así también aparece en las obras del histórico judío Flavio Josefo: “A lo largo del lago de Gennesaret se extiende una región que tiene el mismo nombre, con unas dotes naturales y de una belleza maravillosa. Su feracidad admite todo cultivo y quien la trabaja ahí hará crecer de todo, y el clima es tan templado que también se adapta a las plantas más diversas “(Flavio Josefo, Gue-
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rra de los Judíos, III, 10,8). La localidad principal de la llanura es Migdal (o Magdala, Tariquea), Flavio Josefo escribe que en su tiempo fue dotada de un hipódromo y contaba alrededor de 40.000 habitantes (Flavio Josefo, la Segunda Guerra judía, 21, 3-4). “La ciudad, que se eleva como Tiberíades al pie de una montaña, en la obra de Flavio Josefo estaba rodeada de un muro, entre la parte que daba al lago de poderosas fortificaciones” (Flavio Josefo, Guerra de los judíos, III, 10.1). El nombre arameo de Magdala recuerda precisamente una “torre”, mientras que el griego Tariquea se refiere a una “salsa” de pez, como producto específico del lugar (Estrabón, Geografía 16, 2,45). La ciudad de Magdala ha llegado a ser más célebre por ser considerada la patria de María de Magdala, y llamada por esto “Magdalena”. Señalada como una de las primeras mujeres en hacerse discípulo de Jesús y defensora de su misión (Lc 8, 1-3), está presente con María, la madre, al pie de la cruz (Jn 19, 25), María de Magdala también tuvo el privilegio extraordinario de ser la primera en recibir la aparición del Resucitado. (Jn 20, 11-18).
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15. Il nuovo centro religioso di Magdala sui percorsi di Cristo Una istituzione a servizio dei pellegrini cristiani e di tutti gli uomini e donne di buona volontà. Intorno al lago di Galilea, se non proprio sulle sue rive o nelle sue stesse acque, si svolse gran parte del ministero di Gesù. La barca di Pietro dovette più volte servire da pulpito per la predicazione del Maestro, così come le sinagoghe delle città limitrofe, dove conveniva la popolazione nel giorno di sabato, lo trovarono presente. Le strade e le piazze dei villaggi visitati furono testimoni di miracoli e prodigi. I porti servirono di attracco per le imbarcazioni, come il più comodo di tutti i mezzi di trasporto. Le abitazioni private di cittadini di ogni estrazione sociale spesso lo accolsero, gradito ospite. All’epoca di Cristo, Magdala era tra i principali agglomerati urbani della Galilea, essendo Tiberiade ancora di troppo recente fondazione. Pur non essendo esplicitamente menzionata con questo
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nome in alcuno dei Vangeli, è difficile pensare che la città di Magdala non sia mai stata fatta in una qualche maniera partecipe della sua presenza. Nel corso dei lavori di edificazione del nuovo centro religioso, sorto a Magdala per iniziativa della congregazione dei Legionari di Cristo, resti importanti dell’antico insediamento ebraico sono venuti alla luce, comprendenti anche una sinagoga del primo secolo dell’era cristiana, che rimane una delle poche di quel periodo venute finora alla luce e l’unica i cui resti appaiono perfettamente preservati sulle rive del lago. Alcune vie con negozi e abitazioni completano il panorama archeologico a disposizione, e alcuni esempi si possono vedere negli ambienti al piano inferiore della stessa chiesa. La nuova chiesa costituisce parte di un più vasto complesso comprendente un modernissimo centro di accoglienza, destinato ad offrire un gradevole e spiritualmente fruttuoso soggiorno in un ambiente evangelicamente significativo a tutti gli ospiti che vorranno sperimentare la memoria del Maestro sui luoghi storici del suo percorso terreno.
15. The new religious centre at Magdala following Christ’s path An institution at the service of Christian pilgrim men and women of good will. Most of Jesus’ ministry revolved around the Sea of Galilee, at times on its shores or even in the water itself. More than once, Peter’s boat served as a pulpit for the Master’s sermons, but he was also regularly present in the synagogues of the surrounding cities where the population gathered on a Saturday. Many village streets and squares witnessed his miracles and wonders. Local ports served to moor boats, which were the most convenient means of transport. The private homes of citizens of all social classes often opened their doors to him as a welcome guest. During Christ’s days, Magdala was one of the chief urban agglomerations of Galilee, while Tiberias had been founded much more recently. Although some of the Gospels do not explicitly mentioned it by this name, it is difficult to imagine that the Lord never visited the town of Magdala.
While the new worship centre was being built at Magdala under sponsorship of the congregation of Legionaries of Christ, important remains of an ancient Jewish settlement were uncovered; these include a synagogue dating back to the first century of the Christian era, one of the few belonging to that period to come the light so far and the only one on the lake shore whose remains appear to be perfectly preserved. The archeological park open to visitors includes shops and houses, while some findings are on exhibition in rooms on the lower floor of the church itself. The new Church is part of a vast complex that includes a very up-to-date accommodation centre offering a pleasant and spiritually fruitful stay in an evangelical environment for guests seeking to experience the memory of the Master among the historical sites where he walked his earthly path.
15. El nuevo centro religioso de Magdala en los caminos de Cristo Una institución al servicio de los peregrinos cristianos y de todos los hombres y mujeres de buena voluntad. Alrededor del lago de Galilea, ya sea en sus propias orillas o en las mismas aguas, se llevó acabo la mayor parte del ministerio de Jesús. La barca de Pedro debió servir muchas veces de púlpito para la predicación del Maestro, así como las sinagogas de las ciudades limítrofes, donde se reunía la población el día del sábado, lo encontraban presente. Las calles y plazas de las villas visitadas fueron testigos de milagros y prodigios. Los puertos servían de atraco para las embarcaciones, como el más cómodo de todos los medios de transporte. Las casas privadas de los ciudadanos de cualquier condición social a menudo le acogían, como un grato huésped. En la época de Cristo Magdala era una de las principales aglomeraciones urbanas de la Galilea, ya que Tiberíades se había fundado recientemente. Aunque explícitamen-
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te no está mencionada con este nombre en ninguno de los Evangelios, es difícil pensar que la ciudad de Magdala nunca hubiese sido de algún modo partícipe de Su presencia. Durante el transcurso de las obras de construcción del nuevo centro religioso, levantado en Magdala por la iniciativa de la congregación de los Legionarios de Cristo, importantes restos del antiguo asentamiento judío han salido a la luz, comprendiendo una sinagoga del primer siglo de la era cristiana, que permanece como una de las pocas de ese período que hasta ahora sale a la luz y cuyos restos aparecen perfectamente preservados en las orillas del lago. Algunas calles con tiendas y casas completan el panorama arqueológico disponible, y algunos ejemplos se pueden ver en los ambientes del piso inferior debajo de la misma iglesia. La nueva iglesia constituye parte de un complejo más grande que comprende un modernísimo centro de recepción, destinado a ofrecer una estancia agradable y espiritualmente fecunda en una atmósfera evangélicamente significativa para todos los huéspedes que quieren experimentar la memoria del Maestro en los lugares históricos de su recorrido terrenal.
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16. L’interno dell’edifico ecclesiastico dedicato all’attività missionaria di Gesù Duc in Altum, “prendi il largo” sulla barca di Pietro insieme con tutti i seguaci di Cristo. I pellegrini hanno già incominciato a frequentare assiduamente, per la preghiera e particolarmente per la celebrazione della S. Messa, il nuovo edificio ecclesiastico inaugurato nel maggio del 2014. Il titolo di Duc in altum “prendi il largo” è preso da una parola di Gesù rivolta a Simon Pietro e ai suoi compagni proprio nelle immediate vicinanze di questo luogo: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca» (Luca 5,4). A partire dalla susseguente pesca miracolosa l’episodio vuole insegnare ai discepoli di avere sempre fiducia in Dio, particolarmente nella loro missione di “pescatori di uomini” a cui Egli li chiama (Luca 5,10). La prima parte dell’ampio edificio intende esaltare la partecipazione della donna all’annuncio del Vangelo di Cristo. Questo ha trovato storicamente un primo compimento nel gruppo di seguaci, donne in
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particolare, che si impegnarono nel sostenere la sua predicazione: “Maria chiamata Maddalena…, Giovanna moglie di Cuza, amministratore di Erode, Susanna e molte altre che li servivano con i loro beni” (Luca 8,2-3). I nomi di tali donne sono scolpiti sulle otto colonne che sostengono la grande volta, nella quale domina l’immagine della Vergine Maria secondo il prototipo Guadalupano (Messico). La cappella principale, piena di luce, presenta un altare foggiato sul modello della barca di Pietro. Altri altari si trovano in cappelle minori sulle cui pareti, decorate a mosaico, sono rappresentate quattro scene evangeliche che vedono Gesù come protagonista: cammina sulle acque (Matteo 14,29-31), chiama i primi discepoli (Matteo 4,19), guarisce la Maddalena (Luca 8,2), risuscita la figlia di Giairo (Marco 5,41). Le scene si riferiscono ad episodi avvenuti nella regione. Un luogo speciale si incontra al piano inferiore dove, sopra il suolo autentico di una piazza dell’epoca di Cristo, situata in connessione con il porto cittadino, è ricavato un luogo di preghiera dal carattere interconfessionale e interreligioso denominato la Cappella dell’Incontro.
16. Interior of the church dedicated to Jesus’ ministry Duc in Altum, “into the deep” in Peter’s boat along with all Christ’s followers. Pilgrims have started to come regularly to pray and attend Holy Mass at the new church inaugurated in May 2014. The name Duc in altum “into the deep” is drawn from the words Jesus addressed to Simon Peter and his companions in a spot very close to here. «Put out into the deep and let down your nets for a catch» (Luke 5:4). The purpose of this episode, and the subsequent miraculous catch, intends to teach the disciples to have faith in God, and above all, to carry out their mission as “fishers of men” as He calls them (Luke 5:10). The spacious Church atrium exalts the presence of women in the Gospel of Christ. Historically, this was first fulfilled by the group of followers, especially women, who were devoted to supporting his ministry: “Mary called Magdalene, ... Joanna, the wife of Chuza, Herod’s household manager, Susanna, and many others, who provided for them out of
their means” (Luke 8:2-3). These women’s names are engraved on the eight pillars that support the huge vault portraying the image of the Virgin Mary, which is based on the Guadalupan prototype in Mexico. The light and airy main chapel contains an altar fashioned in the shape of Peter’s boat. Each of the four minor chapels houses a wall mosaic illustrating a particular event from Jesus’ public life: walking on water (Matthew 14:29-31), calling his disciples (Matthew 4:19), healing Mary Magdalene (Luke 8:2) and raising Jairus’ daughter (Mark 5:41). All these episodes took place in the surrounding region. On the lower level of the Church, a special place has been created for inter-religious prayer and meeting, named the Encounter Chapel; this covers the original market square surface that dates back to Christ’s times.
16. El interior del edificio eclesiástico dedicado a la actividad misionera de Jesús Duc en Altum, “rema mar adentro” en la barca de Pedro junto con todos los seguidores de Cristo. Los peregrinos ya han comenzado a frecuentar asiduamente, para la oración y en especial para la celebración de la Santa Misa, el nuevo edificio eclesiástico inaugurado en mayo del 2014. El título del Duc in Altum “rema mar adentro” es tomado de una frase de una palabra que Jesús dirigió a Simón Pedro y a sus mismos compañeros en las inmediaciones vecinas de este lugar: «Remen mar adentro y echan sus redes para pescar» (Lc 5,4). A partir de la consiguiente pesca milagrosa, el pasaje quiere enseñar a sus discípulos de tener confianza siempre en Dios, especialmente en su misión de “pescadores de hombres” a la cual Él los llama (Lc 5, 10). La primera parte del amplio edificio tiene como objetivo exaltar la participación de las mujeres en el anuncio del Evangelio de Cristo. Esto históricamente
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ha encontrado un primer fin en el grupo de seguidores, mujeres en particular, que se empeñaron en sostener su predicación: “María, llamada Magdalena ..., Juana esposa de Cuza, administrador de Herodes, Susana y otras muchas que le servían con su bienes “(Lc 8, 2-3). Los nombres de estas mujeres están esculpidos en las ocho columnas que sostienen la gran bóveda, en la que domina la imagen de la Virgen María según el prototipo Guadalupano (México). La capilla principal, llena de luz cuenta con un altar realizado según el modelo de la barca de Pedro. Otros altares se encuentran en pequeñas capillas cuyas paredes, decoradas con mosaicos, se representan cuatro escenas del Evangelio que ven a Jesús como protagonista: caminando sobre las aguas (Mt 14, 2931), la llamada a los primeros discípulos (Mt 4, 19), la curación de la Magdalena (Lc 8,2), la resurrección de la hija de Jairo (Mc 5,41). Las escenas se refieren a episodios ocurridos en la región. Un lugar especial se encuentra en el piso debajo de la Iglesia, donde sobre el suelo auténtico de una plaza de la época de Cristo, situada en conexión con el puerto citadino ha sido adaptado un lugar de oración con carácter ecuménico e interreligioso, llamado la Capilla del Encuentro.