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Costume e società

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Questioni legali

Questioni legali

SE IL PROPRIETARIO È ANZIANO, IL FUTURO DEL PET È MOTIVO DI PREOCCUPAZIONE. COSA NE SARÀ DI LUI SE DOVESSE RESTARE SOLO? ECCO COME AFFRONTARE LA QUESTIONE DA UN PUNTO DI VISTA LEGALE

COME FARNE UN EREDE

Lorena Bassis Giornalista pubblicista

Nel film di animazione di Walt Disney «Gli Aristogatti», una nobildonna parigina vuole lasciare in eredità l’intero patrimonio ai suoi gatti. Il maggiordomo non ci sta e ce la mette tutta per eliminare i felini. Lasciando da parte la fantasia disneiana, ci troviamo di fronte a una situazione che spesso trova riscontro anche nella realtà, non essendo tuttavia di semplice soluzione.

In Italia infatti gli animali non possono essere beneficiari di un testamento e così molte persone si chiedono come poter garantire al pet il benessere dopo la loro dipartita.

Dominic Buccilli - Pexels

Cosa dice la legge italiana

Il nostro ordinamento non consente di nominare gli animali eredi diretti né di cedere agli stessi un patrimonio in quanto per il codice civile non sono considerati soggetti giuridici. La legge italiana qualifica infatti gli animali come res mobilia, ossia beni materiali. Per rendere l’idea, un cane o un gatto sono considerati alla stessa stregua di un quadro o di un televisore e alla morte del proprietario entrano a far parte dei beni ereditabili. La persona può tuttavia indicare nel testamento a chi vorrà destinare l’ani-

Luan Oosthuizen - Pexels

male dando disposizioni sulla cura dello stesso. L’erede in questione è libero di non accettare il pet che a quel punto passerà, di mano in mano, all’erede che subentrerà al posto di colui che non ha accettato.

La strada da percorrere

A questo punto bisogna individuare un modo legittimo per i limiti posti dalla nostra legge e fare in modo che i propri beni siano utilizzati per assicurare un futuro all’animale. È molto diffusa la pratica di nominare come erede diretto una persona - oppure un’associazione - con il compito di utilizzare una determinata somma a vantaggio dell’animale.

Per avere la certezza che le ultime volontà vengano realmente rispettate è opportuno nominare anche la figura dell’esecutore testamentario. Si tratta di una persona fisica o giuridica che si preoccuperà di verificare che le somme indicate dal defunto siano effettivamente usate per il benessere dell’animale.

Nel caso in cui l’esecutore testamentario si renda conto che i fondi vengono utilizzati per altri scopi oppure il pet non viene accudito in modo adeguato, avrà diritto-dovere di chiedere giudizialmente la revoca del lascito del defunto.

Attenersi alle regole

Per avere buone probabilità di successo nel perseguimento dei propri fini, si può optare su diverse modalità testamentarie. La prima e più semplice è il cosidetto testamento olografo, che va scritto di proprio pugno e con la propria abituale calligrafia, indicando i dati del beneficiario, l’oggetto del lascito e le opportune disposizioni; non deve mancare il proprio nome e cognome, la data e la firma. Sarà poi necessario avvertire una persona di fiducia affinché provveda, una volta intervenuto il decesso, alla consegna del testamento olografo a un notaio che provvederà alle pratiche di rito per darvi esecuzione.

Vista la delicatezza della questione, è comunque bene affidarsi alla consulenza di un notaio per la redazione del testamento olografo, o per optare su modalità testamentarie più sicure che coinvolgano da subito il notaio stesso. I consigi del notaio sono sempre opportuni per evitare di incorrere nella scrittura di disposizioni nulle o impugnabili per la violazione delle quote spettanti ad alcune categorie di eredi, come figli o i genitori, che per legge hanno diritto a ricevere determinate quote del patrimonio del defunto. Testamenti che hanno fatto storia

Fuori dai nostri confini, lasciare tutti i beni al proprio animale è oramai un’abitudine. Dopo la scomparsa di Karl Lagerfeld si è parlato molto della sua volontà di nominare erede universale l’amata gatta. Così Choupette, un felino di razza birmana con manto bianco e occhi azzurri, grazie alla fortuna accumulata dallo stilista - stimata circa 170milioni di dollari - è oggi la gatta più ricca al mondo. A fare da apripista, la contessa tedesca Karlotta Liebenstein che nel 1991 indicò nel suo testamento come erede universale il suo pastore tedesco Gunther III. Oggi tutto è nelle mani (o meglio, nelle zampe) di Gunther V e l’animale gira in limousine. Anche un altro stilista, Alexander McQueen, lasciò 100mila sterline alle due governanti perché potessero prendersi cura dei suoi cani. E non ci sono solo cani e gatti nella classifica degli animali che fanno la vita da veri nababbi ma anche scimmie, pappagalli, orsi e persino una gallina erede dell’editore britannico Miles Blackwell. ●

IL PARERE DELLA PSICOLOGA

Per qualcuno il cane o il gatto è l’unico essere vivente capace di tenergli compagnia con cui condividere i momenti belli e brutti. Un legame talmente forte da desiderare che un domani possa diventare l’unico erede dell’intero patrimonio. «Le motivazioni che spingono un individuo a lasciare tutto quello che possiede in eredità al proprio animale sono da ricercare nelle singole storie di vita. A darci uno spunto di pensiero è Erik Erikson, psicologo e psicoanalista tedesco che ha analizzato il ciclo di vita e delineato i compiti evolutivi che spettano a ogni età», spiega Valentina Cavandoli, psicologa a Milano e continua: «Nella vecchiaia l’individuo si guarda indietro e stila un bilancio di quanto fatto durante la sua intera esistenza. Nell’età matura si è finalmente in grado di essere se stessi, senza eccessivi condizionamenti esterni. In questa cornice si inserisce il destino dell’eredità personale. Designare un erede non significa soltanto individuare una persona alla quale lasciare dei beni, ma anche consegnarle la cura del nostro ricordo. Chi lascia i propri beni a un animale può esser mosso dall’amore puro, privo di ambivalenze, che nutre nei confronti dell’amico a quattrozampe. L’essere umano è per sua natura legato ai propri simili da amore e odio. Due facce della stessa medaglia che scandiscono la rete di rapporti che instaura, anche i più intimi. Nel rapporto con l’animale, spesso, non è presente la parte aggressiva che troviamo nelle relazioni conspecifiche. Lanciando una provocazione potremmo chiederci qual è il confine tra il bene per l’animale e la sfiducia nei confronti dell’uomo. Potrebbe anche essere quest’ultima a far propendere l’ago della bilancia verso l’animale in sede di testamento, più che su parenti o amici prossimi».

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