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Andrew Freear
Andrew Freear e Elena Barthel
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Elena Barthel: Questa mattina ho camminato tra i campi fino ai piedi della collina, dove la campagna incontra la città. Alla fine, c’è un viottolo coperto dal secondo piano di una villetta a schiera.
L’ho attraversato, con la sensazione di lasciarmi alle spalle la tranquilla vita rurale e andare incontro al pericolo della città. In cuor mio, è affiorato un interrogativo: riusciremo a goderci di nuovo lo spazio pubblico? Quello spazio che ci rende cittadini felici ed esseri umani socievoli? Spero di sì.
Andrew Freear: Anch’io temo per l’interazione sociale. Sono sicuro che le grandi aziende e i politici che governano il mondo sarebbero felici nel saperci tutti a casa. A rimanere pigri consumatori passivi, con i pacchi consegnati a domicilio, lavorando dove possono controllarci e sorvegliarci attraverso i social media.
Il futuro dei rapporti è in pericolo: dobbiamo stare attenti e capire chi gestisce il messaggio e quali sono le sue motivazioni…
EB: Mentre camminavo per strada, ho visto una donna su un marciapiede: uno spazio di ingiustizia, dove chi vince è sempre l’automobile più grande. In pigiama, si comportava come se la strada fosse un’estensione di casa sua. Mi ha guardato con sospetto e mi sono sentita un’untrice invadente. Qualche metro più in là, ha incontrato un uomo. Si sono messi a chiacchierare, in piedi, a una distanza troppo ravvicinata per la legge. Erano ovviamente tutti e due a casa. Di questi tempi, sentiamo parlare molto di “infrastrutture sociali”, altro termine asettico che il Covid-19 ha portato nelle nostre vite. Spero che la donna e il suo amico continuino a ignorare questa tendenza e a chiamare casa “la mia via”.
AF: Parlando di anziani, hai sentito che ieri Dave è tornato a casa? È sopravvissuto al Covid-19 a 87 anni, anche se nessuno conosce esattamente la sua età perché non ha un certificato di nascita. È stata la sua prima volta in ospedale, sotto il controllo di un medico. Dice sempre scherzando che non si ammala perché non si è mai sposato. Dave, che ha sviluppato una resistenza e
un’immunità molto forti grazie a una vita dura, è una fantastica eccezione al mondo moderno, in cui siamo tutti così fragili ed esposti agli antibiotici.
EB: Oggi è arrivato il formaggio di Bertuccia, la nostra capra adottiva. Sono andata a prenderlo e ho incontrato Chiara, la contadina. Le sono grata per questo cibo delizioso, sano e pulito.
Con la pandemia, i supermercati sono più inadeguati che mai: pieni di mancanze e poco sicuri.
Ieri ti guardavo lavare le mele, di ritorno a casa dopo la spesa.
Oggi non c’è bisogno di preoccupazioni, solo un grande senso di amicizia con la persona che si prende cura della natura, il cibo e il paesaggio. L’ho salutata con un abbraccio sincero, ma con la mascherina.
AF: Mi piace il fatto che in Italia la mascherina, malgrado tutti gli sforzi di Salvini, sia una rappresentazione del rispetto. Significa che tengo a te tanto quanto tengo a me e che siamo tutti sulla stessa barca. La comunità nella sua versione migliore. E alla fine, guardare le persone negli occhi, il che non accade molto spesso, è importantissimo.
EB: È il cinquantesimo giorno di lockdown. Ho
deciso di disertare facendo una camminata fino al fiume. Sono arrabbiata. La gente va in macchina al supermercato sentendosi felice per l’incredibile momento di libertà. Tra congiunti, litigano per chi si alza presto la mattina, per andare a fare la fila e comprare cibo industriale. È un enorme paradosso. I sistemi alimentari su larga scala sono alla radice della pandemia, e non finiranno con il Covid-19. Noi esseri umani moderni siamo ciechi, irragionevoli o irrimediabilmente schiavi del consumo?
AF: A quanto pare il nostro lockdown potrebbe finire con una marcia per Black Lives Matter. Cerchiamo sempre di stabilire una comunicazione con tutti i fronti della comunità. Qui, i ricordi delle lotte per i diritti civili, dei conflitti tra le famiglie e della storia della schiavitù sono ancora onnipresenti. Quindi, se abbiamo l’occasione di manifestare e crediamo profondamente nella causa, manifestiamo o rinneghiamo noi stessi? Manifestando potremmo compromettere anni di sforzi nella costruzione di ponti. Dobbiamo continuare a manifestare…
EB: Anche oggi gli studenti hanno portato le loro linee a fare un giro. Ogni giorno disegnano una sedia del soggiorno senza guardare il foglio di carta. Pos-
sono alzare la matita solo quando il disegno è finito. Inaspettatamente stamani le loro linee hanno valicato i confini della stanza, fuori dalla finestra, fino in strada. Hanno esplorato gli edifici di mattoni, che se ne stanno attoniti sul bordo della via insieme ai fili della corrente, alla vegetazione e e ai semafori. Nei loro lavori è comparso un nuovo punto di vista, una sorta di rivelazione, direi un’epifania. E penso anche nella loro vita…
Andrew Freear e Elena Barthel insegnano al Rural Studio, il building program della School of Architecture, Planning and Landscape Architecture dell’Università di Auburn, in Alabama, di cui Andew Freear è direttore.