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Sonia Calzoni

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Torsten Burkhardt

Torsten Burkhardt

Ad ogni modo distanti.

Caro Pierluigi, è da diversi giorni che mi sveglio molto prima del suono della mia abituale sveglia mattutina.

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I primi tempi non ci ho fatto troppo caso, ma poi ho compreso che la mia reazione non era affatto estranea a quanto sta accadendo e alla condizione molto particolare e imprevista in cui ora ci troviamo. Ho sentito questo confinamento di tutti noi come una nuova realtà e un’insolita strana solitudine con cui confrontarsi. Ho sentito che, dopo i primi tentativi canori e musicali di avvicinamento, scendeva nel mio intimo un silenzio che spesso mi impediva anche solo di fare una telefonata agli amici più cari e ho sentito che anche per molti di loro questo stava avvenendo.

Ti devo anche confessare che i primi giorni ho continuato a comportarmi come se nulla fosse cambiato, ma ho presto dovuto desistere per entrare in questa situazione di assoluta incertezza. Non ero affatto pre

parata, pur sapendo, ormai, quanto la nostra condizione possa cambiare all’improvviso e inaspettatamente. Quello che più mi colpisce è la vastità di quanto è accaduto, il fatto che abbia coinvolto tutti – ogni persona in ogni angolo del mondo. Questo dovrebbe farci sentire sempre più vicini, tocchiamo con mano la nostra fragile condizione terrena, siamo tutti, ma veramente tutti rinchiusi nelle nostre piccole o grandi case. Siamo anche accomunati da un unico pensiero: sono le nostre paure sulla malattia e su quello che avverrà.

In questi giorni ho più volte sentito amici decantare la loro fortuna nel possedere case spaziose, terrazzi, giardini, la possibilità di stare in campagna; è evidente che anche questa pandemia colpisce diversamente la società, ma non ci siamo resi conto che comunque siamo tutti prigionieri? Non ci siamo resi conto che questa reclusione collettiva e forzata è quanto di più innaturale possa volere un essere umano? Non riesco a non pensare che le nuove odierne forme di comunicazione, a cui ognuno di noi ha potuto ricorrere benedicendole, non possano sostituire i nostri abituali modi di interagire. E non riesco a non pensare che grazie all’avvento delle nuove tecnologie anche noi cambieremo, forse senza accorgercene e magari solo un po’ alla volta, ma saremo diversi. Dico questo con una certa malinconia, con una qualche preoccupazio-

ne, ma anche con un indubitabile grado di ottimismo e perché no di curiosità.

Ora, è difficile capire quali saranno esattamente le conseguenze di questa emergenza sanitaria, di questa pandemia – per me è quasi certo che il mondo subirà una nuova accelerazione perché dovranno essere ripensati i modi di vivere, di abitare, di lavorare, di spostarsi, anche quello del tempo libero. È certamente una nuova sfida quella che ci attende, e spero si abbia il tempo necessario per pensare al di là delle urgenze dei dati economici e delle aspettative. Senza dubbio questo periodo di isolamento ci ha costretto a riflettere e, riuscendo a vincere l’ansia, spesso è stato positivo e di accrescimento. Ci aspetta un grandissimo lavoro, forse anche interessante. Forse interessante anche per noi architetti.

Sonia Milano, 23 maggio 2020

Sonia Calzoni è titolare dello studio Calzoni architetti con sede a Milano, dove insegna Progettazione architettonica al Politecnico.

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