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Kengo Kuma
Per Lotus, Lockdown Architecture. Nel blocco delle città dovuto alla calamità del coronavirus, si è potuto vedere chiaramente da dove venisse e dove stesse andando la storia dell’architettura, e anche che direzione dovrebbe invece prendere d’ora in poi. In sintesi, possiamo dire che la storia dell’architettura è la storia della creazione di scatole, la storia dell’ingrandimento di queste stesse scatole. All’interno delle scatole sono stati creati spazi efficienti, ma per quanto concerne ciò che era all’esterno di esse, qualsiasi cosa andava bene. Al mattino, le persone si dirigevano verso quelle scatole, stipate in altre scatole di ferro dalle quali venivano trasportate. Di fatto, erano costrette a lavorare per l’intera giornata in modo per nulla efficiente, anzi solo stressante, all’interno di scatole malsane. La sera, venivano nuovamente stipate dentro altre scatole e trasportate. Gli esseri umani, all’interno delle scatole, erano controllati non solo in termini di spazio, ma anche di tempo. Tuttavia, nessuno percepiva questo
come qualcosa di innaturale, e non c’era nessuno che si dicesse insoddisfatto perché infelice. In questo senso, la calamità del coronavirus ci ha insegnato qualcosa di molto importante. Che dobbiamo uscire dalle scatole e riappropriarci del nostro spazio. Ci ha insegnato che dobbiamo riappropriarci del nostro tempo. Quindi, usciti dalle scatole, dove è bene che ci dirigiamo? A me non piace l’assurda discussione secondo cui l’era della struttura centripeta è finita e dobbiamo passare a una struttura diffusa. E neppure mi piace l’argomentazione secondo cui dobbiamo lasciare le grandi città e creare, in mezzo al verde, smart city fondate sulla prossimità tra abitazione e luogo di lavoro. Tali dispute non fanno altro che cercare di risolvere il problema creando nuove scatole in zone decentrate o nel verde, che però non sfuggono affatto al vecchio stile di creazione delle scatole. Non fanno altro che cambiare l’ubicazione delle scatole, cambiarne la confezione, ma l’essenza dell’atto di creare scatole rimane la stessa. Non si può costruire una scatola senza distruggere qualcosa che si trova in quel luogo. Questo gli uomini lo hanno dimenticato. In quel posto ci sono la natura e la storia. Siccome non voglio distruggerle, in quel luogo vorrei gradualmente aggiungere qualcosa senza costruirvi una scatola. Così facendo vorrei procedere trasformando i luoghi esterni alle scatole in luoghi
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per gli esseri umani. In Giappone, a questo metodo di progettazione per aggiunte è stata tradizionalmente attribuita una grande importanza. La distruzione finalizzata alla creazione di una nuova scatola era considerata una cosa poco elegante e le si preferiva l’apporto di minimi cambiamenti. Anche la creazione di scatole chiuse non è mai stata amata in Giappone. Si è invece preferito rendere il confine tra l’esterno e l’interno il più vago possibile, evitando di creare uno spazio chiuso e creando invece spazi liberi che permettessero di sentire sempre la natura. Quando si decide di uscire all’esterno delle scatole, gli spazi tradizionali giapponesi ci offrono molti suggerimenti. Noi ora siamo ad un punto di svolta della storia. Dopo un lungo, lunghissimo processo nel quale ci siamo diretti verso le scatole, ci siamo finalmente resi conto dell’infelicità, della mancanza di libertà che esse comportano. Noi dobbiamo uscire dalle scatole e cominciare a camminare, dirigendoci nuovamente verso le foreste.
Kengo Kuma insegna architettura alla Univerity of Tokyo ed è titolare dello studio di progettazione Kengo Kuma & Associates, con sede a Tokyo e a Parigi.