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Paolo Deganello

Brazil. In Brasile, sotto grandi alberi molto diradati, sono già scavate, su una terra rossastra, ordinate e estese file di fosse, perfettamente rettangolari, tutte uguali e numerosissime. Appena vengono riempite di bare vengono coperte dalla stessa rossastra terra da solerti ruspe gialle. La pandemia continua la decimazione delle popolazioni indigene già realizzata nel 1970 dalle epidemie di morbillo e pertosse. La foresta amazzonica va liberata dai suoi abitanti, sotto la foresta ci sono preziosi metalli che è bene estrarre. A questo servi signora pandemia? A liberare la foresta dai suoi abitanti e a far fuori quei vecchi figli del benessere che la medicina ha tenuto troppo a lungo in vita? La pandemia si è adagiata su disuguaglianze sempre più esasperate e crudeli e su una crisi economica contrassegnata da crisi della domanda ed eccesso di capacità produttiva. C’erano già i piazzali delle industrie automobilistiche pieni di auto invendute, prodotte nel 2018 e 2019. La pandemia ha fermato tutto

e, chiusi in casa, ci siamo detti… e adesso? I miei figli mi hanno definito un soggetto a rischio e mi hanno affettuosamente chiesto di stare in casa. Quale può essere la vita di un soggetto a rischio? Da alcuni anni mostro ai miei studenti tre progetti: il Neues Museum di Berlino di Chipperfield, la Fondazione Prada di Koolhaas, e la scuola nel Burkina Faso di Kéré. Propongo loro di progettare per aggiornare, reinventare il già costruito, e cerco di convincerli che la scuola di Kéré è la nuova architettura. È un’architettura che usa la terra dove la si costruisce, è inventata in funzione di un clima impietoso, utilizza tecniche aggiornate e manovalanze locali di un territorio afflitto da analfabetismo e povertà cronica. Faccio vedere ai miei studenti di design le architetture perché più chiare ed esaurienti della miriade di merci che il design ormai senza sosta e ragione continua a legittimare esteticamente. Ma ha ancora senso costruire nuove sedie? … per di più in plastica? Dopo la crisi del 2008 le proteste di massa, nelle strade di tutti i continenti, sono aumentate dell’11,5% in un decennio. A questa crescita continua contribuisce una nuova generazione di giovanissimi, che in tutto il pianeta, uniti nella sigla Fridays for Future, chiedono un “Ritorno al Futuro”. Mettono giustamente insieme crisi climatica e pandemia, che vogliono entrambe cancellare con la “transi-

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zione ecologica”. A loro invece molti, con sufficienza, dicono che importante è la crescita economica, che tutto ritornerà presto come prima, che la pandemia è una parentesi a cui seguirà il ritorno nella “normalità”. È proprio quella “normalità” l’oggetto del loro rifiuto. Sono un soggetto a rischio e ho una nipote che ha solo otto anni ma che vorrei crescesse così in fretta da accompagnarmi nelle loro manifestazioni per il “Ritorno al Futuro”. Sarei certamente un corpo estraneo, parte di quella generazione che ha distrutto loro il futuro, ma proprio a loro spiegherei che cerco da tempo di insegnare ai nuovi progettisti di dare piccoli contributi alla loro “transizione”.

Milano, 1 giugno 2020

Paolo Deganello, architetto e designer, tiene corsi di Ecodesign all’Isia di Firenze e Sustainable Design alla FIDI di Firenze.

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