FARCORO 3-2021

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Analisi

Igor Stravinskij L’esperienza musicale religiosa: “Ave Maria”, per coro misto a 4 voci

DI FRANCESCO BARBUTO

Francesco Barbuto Compositore, scrittore, direttore di coro e consulente musicale, svolge un’intensa attività professionale nell’ambito culturale, artistico musicale e corale. Svolge attività nel movimento corale sia nazionale sia internazionale. È stato Presidente della Commissione Artistica Regionale dell’Unione Società Cori Italiani - Lombardia (USCI) e direttore della rivista musicale online ‘A più Voci’ dal 2011 al 2015. È studioso e ricercatore della musica del ’900 e del Contemporaneo, sia corale sia orchestrale.

La questione religiosa, nell’opera di Stravinkij, è forse uno degli aspetti meno esplorati dalla critica musicale. Eppure, questo aspetto è di importanza capitale per comprendere le opere del nostro compositore e il suo pensiero musicale. Molti pensano che l’essersi occupato anche di musica sacra e religiosa, per Stravinskij sia stato un fatto prevalentemente “intimo” e che lo vivesse tenendolo distaccato dal parlarne con un qualsiasi critico. Oppure, forse il successo ottenuto con le sue opere più “laiche”, in primis L’uccello di fuoco, Petruska, La sagra della primavera, Histoire du soldat, etc., abbia contribuito e mettere più in penombra la sua produzione musicale religiosa. Nel 1910, Stravinskij attraversò una crisi spirituale, che lo portò ad allontanarsi dai riti ortodossi, per poi ritornarvi nel 1926, dopo un suo lungo travaglio, ma anche profonda meditazione su questa questione. Il primo risultato fu la sua composizione (forse la sua più conosciuta dal mondo corale) del Pater noster,

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la sua prima opera sacra per coro a cappella. Il ritorno all’Ortodossia, da parte del nostro compositore, fu causato probabilmente da una ammirazione verso una prospettiva universalistica ed ecumenica. Perfino per il figlio Theodore, volle che gli venisse impartita un’educazione religiosa cattolica in America. Entrando più direttamente nel repertorio di opere sacre e liturgiche di Stravinskij, possiamo dire come tutto questo possieda caratteristiche peculiari, stile e soprattutto un approccio “devozionale” alla composizione. È lo stesso che troviamo per esempio anche in Rachmaninoff, in particolare con i Vespri della Vigilia di Natale, Op. 37, oppure la Liturgia di San Giovanni Crisostomo, Op. 31 e ancor prima in Cajkovskij, sempre con la sua Liturgia di San Giovanni Crisostomo, Op. 42. Colpisce molto lo stesso approccio così fortemente devozionale tra queste opere musicali religiose dei tre compositori. La composizione di Stravinskij che prendiamo in esame, è: “Ave Maria”, per coro misto a 4 voci del 1934. Scritta e pensata inizialmente, come per il suo Pater noster e il Credo, in slavo ecclesiastico pensati per l’Ufficio Ecclesiastico Ortodosso, vennero poi tradotti nella versione in latino nel 1949. La scrittura compositiva si rifà in rispetto alla prima polifonia indigena russa, in particolare quella georgiana. Dopo la traduzione e l’adattamento in lingua latina, questi brani furono adottati da molteplici cori, che negli anni successivi vollero eseguirli anche in concerti. Come naturale destinazione liturgica ortodossa, tutti e tre i brani, sono composti “a cappella”. È lo stesso che fecero anche Rachmaninoff e Cajkovskij, ma anche altri compositori russi tra la fine del’800 e il ‘900 con le loro composizioni musicali sacre, quali sopra citate. Tornando alla nostra Ave Maria, lo stile del coro esprime, come dicevamo, direttamente le antiche tradizioni


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