Fashion 8 2015

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Anno 46 | N°8 del 28.05.2015 | quindicinale | € 5,50 | www.fashionmagazine.it

Il magazine di news, business e trend

Focus Da Twitter a Google, come generare visibilità

Protagonisti

Digital engagement

José Neves, Liz Bacelar, Tom & Ruth Chapman, Simon Crompton

Social media, web marketing, blogger, influencer, omnicanalità: la moda al centro della rivoluzione 3.0

Nella foto: Elisabetta Franchi



Sommario

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n°8 28 maggio 2015 www.fashionmagazine.it

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L’Editoriale

NEws 8

Mercati emergenti

Lusso: la nuova frontiera è il Sudafrica BusiNEss 10 José Neves/Farfetch

Brick and click: la fusione perfetta 12 social media marketing

Tutti a caccia di engagement in copertina Backstage della sflata di Elisabetta Franchi, primavera-estate 2015 (photo Imaxtree.com/Andrea Adriani)

18 web marketing

Il motore di ricerca alleato dell’e-tailer

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20 Direct digital marketing

Lunga vita all’e-mail 22 Digital infuencer

Evoluzione della specie fashion blogger

28 Tra online e offine

Nell’omnicanalità il cliente è il re

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Sommario

n°8 28 maggio 2015 www.fashionmagazine.it

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30 Multimarca sul web

Anche nel virtuale, come nel reale, vince la personalizzazione

34 Customer experience

Tra il navigare e il cliccare, c’è di mezzo un’autostrada

36 E-commerce news

Offcina Idee, Capgemini, Demandware Xchange

37 Digital fashion

E-commerce b2b: le nuove sfde dei distributori online

TrEND

38 Big retailer

Mango: a Milano lo store più grande. Intanto cresce l’e-commerce

40 TW Forum

L’high-tech conta, le emozioni di più

41 saloni

Who’s Next: nuove date, nuove prospettive

42 swarovski

Lo sfaccettato universo del semplice cristallo

44 store to watch

Matchfashion.com: quando il web cambia tutto, anche il nome

46 ritratti

Liz Bacelar/Decoded Fashion

PErsoNE 47 Poltrone 48 Dieci domande

Simon Crompton

50 Get together

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l’editoriale

Marc Sondermann

Direttore/Editor-in-Chief

Ritorno alla ribalta

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on c'è dubbio: l'operazione con cui Federico Marchetti è riuscito a diventare, in un colpo solo, leader indiscusso del luxury e-commerce europeo, nonché grande buyer di riferimento delle più grandi maison mondiali, ha un che di geniale. Aver preso in mano Net-a-Porter, una delle più dinamiche realtà della City di Londra, senza dover concedere la maggioranza dei diritti di voto alla controllante Richemont Financière, è stato un vero e proprio coup de théâtre degno di un autentico maestro. Strategicamente, la transazione ha un duplice senso. Da un lato, da gestore di un outlet digitale di grande successo (yoox.com), Marchetti si evolve ed entra a pieno titolo nell'esclusiva schiera dei commercianti di peso dell'alto di gamma, supplendo al mancato traino commerciale di progetti come thecorner.com e shoescribe.com. Dall'altro, il range di brand in offerta su yoox.com è senz'altro destinato ad allargarsi, con approvigionamenti in arrivo da Net-a-Porter, cementando dunque l'importanza del proprio più grande (e profittevole) asset. La traiettoria di Yoox cambierà in seguito a questo deal? Sì e no.

Sicuramente calerà l'importanza della divisione monobrand. Non solo per la minore incidenza numerica. Ma anche per i prevedibili appunti che i clienti italiani e francesi muoveranno di fronte alla prospettiva di vedersi gestire un asset cruciale quale il proprio e-store da una società che, di fatto, è entrata a far parte della galassia di un potente gruppo concorrente. Poco male, però, per Marchetti. Il business da full outsourcer è tutt'altro che agevole e la concorrenza in questo ambito non fa che aumentare. Molto meglio allora concentrarsi sul proprio universo multibrand, tra in-season (Net-a-Porter) e off-season (yoox. com). È in questo ambito che si può monetizzare al meglio la propria conoscenza del cliente finale, nonché il proprio database di clienti, soprattutto quando si mettono sul piatto importanti economie di scala. La partita è comunque appena agli albori. L’ambito digitale sta assorbendo le migliori intelligenze a livello mondiale, e ora anche il mondo del lusso sta iniziando a muoversi alla velocità della luce. Ne vedremo dunque delle belle. Ma è confortante sapere che, saldo in sella, il campione in carica continua a essere un giovane n imprenditore italiano.

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news in primo piano a cura di Elisabetta Campana

Nel 2015 il lusso crescerÀ, aNche grazie ai ciNesi Fondazione Altagamma ha aggiornato le previsioni di crescita dei consumi del lusso nel mondo. Come ha spiegato Claudia D’Arpizio di Bain &Co, presentando il “Monitor Altagamma sui Mercati Mondiali” «le oscillazioni dei tassi di cambio e soprattutto la perdita di potere della moneta unica - spiega - hanno sostenuto la performance sia del 2014, che si è chiuso a 224 miliardi di euro, sia quella dei primi mesi del 2015, che hanno visto una crescita del 2%-3%, a tassi costanti e del 12%-13% a tassi correnti». Le prospettive per il 2015 restano positive «tra il +2% e il +4% (a tassi costanti)» assicura D’Arpizio. In Europa Global Blue prevede per quest’anno un aumento degli acquisti tax free del 7%, trainati soprattutto dall’incremento dei viaggiatori cinesi. Continua invece a sentirsi la fessione degli acquisti dei russi, nell’ordine del -28%.

e-commerce

Lusso: la nuova frontiera è il Sudafrica

Falsi: botta e risposta tra Kering e Alibaba

Dolce&Gabbana, Prada ed Ermenegildo Zegna sono appena sbarcati a Johannesburg. Gucci annuncia l’ingresso diretto nel mercato sudafricano. E in settembre Paul&Shark debutterà a Luanda, in Angola. Opening che non passano inosservati. Dopo aver assaggiato il continente nero aprendo qualche avamposto in Marocco, Egitto, Tunisia e Nigeria, adesso i brand del lusso e della moda puntano sul Sudafrica o su altre mete come l’Angola. D’altra parte le griffe sono alla ricerca di nuovi sbocchi, per diversifcare i propri investimenti e tutelarsi da improvvisi blackout come quello della Russia o da scelte politiche restrittive come è avvenuto in Cina. L’occasione per lo sbarco a Johannesburg l’ha creata l’apertura del Diamond Walk, la nuova area luxury all’interno del mall Sandton City. Oltre a Dolce&Gabbana (nella foto), Zegna e Prada, qui stanno aprendo griffe come Giorgio Armani, Burberry, Billionaire Italian Couture, Jimmy Choo e Tod’s. Gucci, già presente nel Paese in partnership con il socio Gmt, ha trasformato in joint venture il rapporto e inaugurato una nuova boutique di 600 metri quadri in Nelson Mandela square a Johannesburg, la seconda nel Paese dopo quella a Città del Capo.

All’accusa fatta da Kering ad Alibaba, per aver permesso la produzione, la vendita e il traffco di prodotti contraffatti con i marchi del gruppo francese, è seguita la risposta del numero uno del gigante cinese dell’e-commerce Jack Ma. La causa è stata presentata alla Corte Federale di Manhattan da Gucci (nella foto), Saint Laurent Paris e da altre griffe che fanno capo al colosso d’oltralpe e prevede un risarcimento danni e un’ingiunzione per presunte violazioni delle leggi sui marchi e sul racket. Jack Ma ha commentato questa azione dicendosi dispiaciuto del fatto che Kering, invece di mettersi al fanco di Alibaba per lottare contro la contraffazione, si sia rivolto al tribunale. Il big boss della piattaforma, che in Cina controlla l’80% dell’e-commerce, ha anche sottolineato quanto il problema dei fake good sia tra i principali dall’azienda: non a caso dedica 2mila persone e investe 16 milioni di dollari all’anno per sconfggerlo. Di recente Alibaba ha anche lanciato una nuova tecnologia ad hoc, basata su simboli diffcilmente copiabili, creata dalla start up israeliana Visualead, di cui ha acquisito una quota. Anche perché all’orizzonte cresce la concorrenza del competitor jd.com, considerato da alcuni più affdabile.

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vuittoN spoNsorizza la bieNNale dell’avaNa

Facebook

mercati emergeNti

Che Louis Vuitton sponsorizzi eventi non è certo una novità. Che si tratti della Havana Biennial invece sì. È una delle prime, positive conseguenze dell’apertura di Cuba al mondo. Alla manifestazione - inaugurata il 22 maggio, della durata di un mese - il marchio di punta di Lvmh sostiene nomi del calibro di Michelangelo Pistoletto, Anish Kapoor (nella foto), Daniel Buren, Shilpa Gupta, Nikhil Chopra e José Yacque. L’Havana Biennial è stata lanciata nel 1984. All’inizio si è focalizzata su creativi di origine latina e caraibica, per poi allargare il focus ad altre nazioni, ma sempre con un occhio di riguardo al “Sud del mondo”.


CAPGEMINI ITALIA FOR

Nell’era dell’omnichannel si moltiplicano le possibilità di interazione tra il brand di moda e il cliente. Al ruolo dei media e del negozio fisico si aggiunge la funzione dei canali digitali. Che è importante conoscere e sfruttare appieno. Ne parliamo con Massimo Ippoliti, industry manager consumer product and retail di Capgemini, provider di servizi di consulenza, information technology e outsourcing.

B2Store: i nuovi paradigmi della moda digitale S

embrano le ennesime notizie di integrazione tra il mondo della moda e quello della distribuzione, ma questa volta è diverso: c’è un online retailer che compra una famosa boutique londinese (Browns) ma c’è anche un altro online retailer che apre punti vendita in centro città (Bonobos). E ci sono negozi mono-brand di moda sportiva che diventano luoghi di incontro dove bere una birra gelata e vedere una partita (Lululeon). Cosa sta succedendo? È chiaro che il mondo della moda è sempre stato collegato a quello del retail ma adesso lo è ancora di più: strattonato tra il retail e il wholesale, sta imparando a utilizzare i canali digitali, senza subirli. Le interazioni tra il “brand” e il cliente non si concretizzano più solo nel negozio o sui media, ma attraverso molteplici canali digitali… l’omnichannel è arrivato! Qual è il punto di vista di Capgemini sulle tecnologie digitali per la moda? Tra le molte innovazioni digitali che seguiamo nel mondo della moda – app mobile, camerini digitali, internalizzazione dei siti di e-Commerce B2C, “in-store analytics”,

Capgemini Italia Spa Via Nizzoli 6 - 20147 Milano - www.it.capgemini.com

modelli innovativi per prevedere la domanda, collezioni 3D, integrazione con i Social Network, carte fedeltà mobile, promozioni personalizzate – quelle per integrare i canali digitali e fisici, in un modello omnichannel, sono le soluzioni in maggiore crescita e attuate dalle aziende che comprendono meglio la portata innovativa della trasformazione digitale. Quali sono le aree su cui si focalizzano i vostri progetti su questo fronte? La volontà di integrare i contenuti e i processi di e-commerce con l’acquisto sul punto vendita, spinge ad attivare progetti concreti ed efficaci per dotare il personale del punto vendita o le aree self-service di applicazioni mobili (B2S – Business to Store) per rendere fluida e piacevole l’esperienza del cliente, ovunque sia iniziato il suo percorso di acquisto. Le soluzioni B2S rappresentano l’estensione mobile dei siti B2C e la loro integrazione con i processi operativi di punto vendita, come l’emissione dello scontrino, le riparazioni o le richieste di assistenza in camerino.

Massimo Ippoliti, Industry manager consumer product and retail di Capgemini

Cosa fa Capgemini per le aziende del mondo della moda Per progettare e realizzare soluzioni Omnichannel, bisogna conoscere molto bene il settore moda e il business retail, bisogna però governare le tecnologie, in modo trasparente e indipendente. Capgemini opera in questo contesto con numerosi esperti, indirizza i clienti con le migliori soluzioni e governa le tecnologie più innovative in grado di supportare progetti Omnichannel globali di grandi dimensioni (Burberry). Le soluzioni Omni-Commerce hanno inoltre stimolato i clienti a rinnovare i sistemi ERP Retail per disporre di solide piattaforme da cui partire per l’innovazione digitale, elemento fondamentale per sviluppare strategie omnichannel di successo (Macron). Capgemini supporta i propri clienti in questo percorso con l’aiuto di importanti partner come Microsoft e con le soluzioni Microsoft Dynamics per integrare al meglio la dimensione “industriale” e “retail” del mondo del fashion.


business Protagonisti

Siamo un operatore multicanale: nessun e-tailer puro potrebbe avere un’offerta vasta come quella di Farfetch. Grazie ai nostri partner mettiamo a disposizione uno spazio di vendita di oltre 100mila metri quadrati, dove Valentino, Givenchy, Dolce&Gabbana sono i key brand 1

JosÉ neves/farfetch

Brick and click: la fusione perfetta Come cambieranno le strategie aziendali e le line guida di Farfetch dopo l’acquisizione dello storico multimarca Browns? Lo racconta Josè Neves fondatore e ceo del multichannel e-tailer, che nel 2014 ha totalizzato vendite per oltre 420 milioni di euro. «Continueremo a puntare su soluzioni integrate tra online retail e boutique brick & mortar», afferma. E intanto per Farfetch il 2015 sarà l’anno dello sbarco in Australia e Giappone. di Andrea Bigozzi

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o ha dimostrato chiaramente l’operazione Yoox-Net-a-Porter. Lo ha ribadito l’acquisizione da parte di Farfetch dello storico multimarca londinese Browns. Il mondo del retail è sempre più omnichannel. E il business è omnichannel. Frutto di partnership, fusioni tra mondi lontani e non solo dal punto di vista geografico. Spesso, la scelta è tra limitarsi a essere dei campioni sui mercati locali (o europei) oppure affrontare il mercato globale da veri protagonisti (e magari da leader). La storia di Farfetch, lanciata da José Neves, una piattaforma online che aggrega 300 tra le migliori boutique multimarca indipendenti in tutto il mondo (tra cui L’Eclaireur a Parigi, Fivestory a New York, Biffi a Milano) e che ora ha deciso di intraprendere anche l’avventura dei negozi ìbrick and mortar”, ha il sapore delle migliori avventure nel mondo del fashion system. Perché è stato lui a trovare il modo di sposare il mondo elitario (e forse in crisi) delle boutique multimarca con l’accessibilità democratica del web. Farfetch ha inventato un modello, il multi-channel e-tail network, l’ha messo al servizio dei buyer di tutto il mondo e ora ne raccoglie i frutti. Come dimostrano i risultati messi a segno dai part-

ner del network (si dice anche di 150 ordini al giorno per store di medie dimensioni), i piani espansionistici, che puntano dritto in Australia e Giappone e soprattutto il giro d’affari del 2014, salito a 300 milioni di sterline (circa 420 milioni di euro). Perché ha deciso di comprare Browns? La decisione di acquistare Browns fa parte di un piano a lungo termine per lo sviluppo di una piattaforma tecnologica globale che ci permetterà di dare vita alla ìretail experience” del futuro. Si tratta di un ulteriore passo avanti di Farfetch nell’omnicanalità. L’acquisizione di Browns ci dà l’opportunità di sviluppare la nostra idea di negozio del futuro e di applicarla a una realtà storica e di riferimento, che opera in una delle capitali mondiali della moda. Per poi offrirla a tutti i nostri partner. Questa strategia comporterà un nuovo business model da parte vostra? Assolutamente no. Il modello di business di Farfetch non cambierà: siamo la piattaforma omnichannel leader per la moda di lusso. E abbiamo tutta l’intenzione di restare una piattaforma di business.


Alcune immagini di Antonia in via CusaniNeves, 5 a Milano: 1. José ceo e lo store, disegnato da fondatore di Farfetch: Vincenzo de Cotiis. la sua carriera è iniziata nel 1990,

Alcune immagini quando lanciòdiilAntonia in via Cusani 5 adelle Milano: commercio lo store, disegnato da calzature di design Vincenzo Cotiis. Swear,denel 2001 fonda il marchio b store e nel 2008 lancia farfetch.com 2. Le vetrine dello storico negozio Browns, fondato 45 anni fa da Joan Burstein e da poco entrato a far parte di Farfetch. «L’intento dell’acquisizione - dice Neves - è rispondere alla domanda “Come la gente comprerà la moda e il lusso nei prossimi cinque, dieci anni e in futuro?”. Non sarà certo solo online»

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Che cosa vi rende unici nel panorama dell’e-commerce? Farfetch è un modo rivoluzionario per comprare la moda. Il sito riunisce più di 300 multimarca indipendenti al mondo, da Parigi, New York e Milano a Bucarest, il Kuwait e Tokyo. Siamo un operatore multicanale, non un etailer puro. Il numero di designer e di prodotti che offriamo sarebbe un azzardo per un etailer tradizionale. Con ogni buyer cerchiamo di instaurare un punto di vista unico: il risultato è che i nostri partner tutti insieme danno vita a uno spazio di vendita di 100mila metri quadrati, in grado di vendere in più 30 Paesi contemporaneamente.

Come selezionate il vostro Òparco boutiqueÓ? Il nostro team di business development è responsabile di trovare le migliori realtà. Tenendo sempre presente il nostro mantra, che la qualità non va d’accordo con la quantità. Per questo selezioniamo solo i multimarca con un approccio unico e una reale propensione all’originalità. Lavorare con 300 negozi diversi tra loro non • un’impresa da poco. Cosa succede,

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3. Uno shoot di ispirazione Seventies frmato Farfetch 4. L’interno di L’Eclaireur a Parigi, una delle 300 boutique multimarca partner di Farfetch 5. L’homepage del sito del multi-channel e-tailer 3

ad esempio, quando lo stesso articolo • venduto da pi• store? Quando più di uno dei nostri partner mette in vendita lo stesso articolo, noi lo fotografiamo una volta sola e lo associamo a tutte le boutique. I nostri clienti possono quindi scegliere presso chi fare l’ordine, ma noi di default lo indirizziamo verso lo store più vicino. Quali sono i marchi che funzionano meglio in questo momento? La lista dei nostri key brand include Valentino, Givenchy, Dolce&Gabbana e Kenzo. Un progetto come Farfetch • in grado di aiutare anche i designer emergenti? Certo che sì. Recentemente abbiamo lavorato con la H. Lorenzo di Los Angeles per presentare ai loro clienti una selezione di designer cinesi. Un modo per aprire la moda orientale al mercato internazionale. Dopo l’acquisto di Browns cos’altro dobbiamo aspettarci per il futuro? Il 2015 per Farfetch sarà l’anno dello sbarco in Giappone e Australia. A partire dall’estate prenderanno il via le prime partnership con buyer indipendenti attivi nei due mercati. Da-

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remo un’arma in più ai marchi, agli stilisti e ai retailer di competere sul piano internazionale. Australia e Giappone stanno producendo fenomeni moda di primo piano, ma che senza una piattaforma come Farfetch farebbero fatica a sfondare . E noi ci siamo anche per loro. Ormai • considerato un guru del fashion. Come descriverebbe il suo stile? Penso proprio di potermi inserire nel filone dello smart-casual, anche se devo confessare di avere un debole per Ann Demeulemeester. Che consiglio darebbe a chi volesse lanciarsi nel fashion e-commerce? Di sforzarsi di individuare da subito il giusto equilibrio tra online e offline. Un aspetto questo che sarà sempre più centrale nel settore. Oggi chi pensa di avere successo seguendo un approccio meramente numerico è destinato a fallire: l’aspetto umano è sempre importante. Non si può fare a meno del negozio fisico, ma neanche ignorare la tecnologia. Il mio motto è essere rivoluzionari, sempre. Il rischio è quello di restare fermi troppo a lungo. Il mondo sta cambiando e il retail in particolare. Il rischio è non prendere rischi. n 28_04_2015

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business SOCIAL MEDIA MARKETING

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1. Uno dei tre modelli protagonisti della campagna “Places” di Antony Morato 2. Foto di gruppo alla sflata londinese di Versus dello scorso 14 maggio, la prima frmata da Anthony Vaccarello: un evento trasmesso in diretta online, con capi subito disponibili su versusversace.com. 3. Un’immagine dello show di Burberry all’ultima fashion week, dove il brand ha sperimentato la #tweetcam

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Tutti a caccia di ENGAGEMENT

Facebook, Twitter, Instagram & co.: i social rappresentano un canale imprescindibile per accrescere la propria brand awareness e conquistare i consumatori, websurfer navigati e always on. Ma bisogna conoscerne regole e linguaggi. E puntare su investimenti strutturati di Angela Tovazzi

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e su Google si scrive “digital engagement”, compaiono oltre 40 milioni di risultati. Una sorta di mantra che nell’era 3.0 è diventato il paradigma per ogni strategia di social media marketing, ovvero di comunicazione sui canali web di networking, Facebook e Twitter in primis. Riuscire a coinvolgere il consumatore, renderlo partecipe della storia e dell’evoluzione del marchio, corteggiarlo con costanza e farlo sentire speciale è la nuova sfida delle aziende. Anche quelle del lusso, che accantonata qualsiasi retorica brand-centrica, hanno compreso che la partita oggi si gioca ad armi pari e sullo stesso campo, dialogando con i clienti senza inutili schermature narcisistiche. Alcune l’hanno capito prima e meglio di altre e hanno fatto scuola. Vedi Burberry, Louis Vuitton (che nell’ultimo report dell’istituto di analisi Reputation Manager, relativo ad aprile 2015, ha conquistato il terzo posto tra le top 20 global brand social), ma anche, per citarne alcune, Mo12

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schino, Gucci, Versace, Chanel. La griffe guidata da Christopher Bailey, in particolare, rappresenta per il fashion world un esempio di best practice con una strategia “all digital”, sinonimo non solo di una community online che oggi conta oltre 16 milioni di fan su Facebook e quasi 4 milioni di follower su Twitter, ma anche di sfilate in live streaming con vendita simultanea (mediante la funzione “buy now”) e, soprattutto, di un filo diretto con l’innovazione tecnologica. Lo dimostra l’ultima iniziativa lanciata in collaborazione con il social dei cinguettii alla scorsa fashion week, la #tweetcam, attraverso la quale gli utenti avevano la possibilità di catturare immagini della sfilata, in diretta dalla passerella, da qualsiasi parte del mondo. Ogni scatto veniva poi personalizzato e ri-twittato agli utenti in tempo reale. Come raccontano dalla maison, lo scorso 16 aprile, in occasione di un mega-evento all’Osservatorio Griffith di Los Angeles, il brand inglese ha fatto anche la

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sua prima apparizione su Periscope, la nuova app di live streaming per iOS (per ora niente Android), rilevata in marzo per 100 milioni di dollari da Twitter, che ne ha subito intuito le forti potenzialità. Come Burberry: l’applicazione permette di vedere e diffondere video in diretta attraverso un semplice smartphone e, come l’antagonista Meerkat, ha tutte le carte in regola per aprire nuovi orizzonti mediati-


TWITTER

«La prima fla? La si conquista con un click» Oltre un miliardo di tweet inviati nel mondo ogni due giorni: il potenziale di comunicazione di Twitter, anche per la moda, sta tutto in questa cifra. Il servizio gratuito di social networking e microblogging, nato nel 2006, «non solo rappresenta per chi si collega il contatto in tempo reale con i propri interessi - spiega Salvatore Ippolito (nella foto), country manager di Twitter Italia - ma permette a tutti di assistere anche agli eventi più esclusivi (tra cui le sflate) e spesso interagire con loro». Ci si trova catapultati in prima fla, «con la possibilità di cogliere dettagli, particolari e curiosità, che spesso sfuggono anche a chi è sul posto». «Per questo - aggiunge - sono ormai numerosissimi i brand che durante le fashion week utilizzano Twitter». Un esempio è Calzedonia, che in aprile ha scelto questa piattaforma per il lancio della sua collezione di costumi da bagno, «portando per la prima volta in Italia la #Tweetcam, ossia una serie di fotocamere posizionate sulla passerella, in modo da mostrare agli utenti lo show in tempo reale e trasmetterlo in streaming via Periscope». Un’analoga operazione è stata condotta da Burberry con il suo “London in Los Angeles Show”. «In sintesi - ribadisce Ippolito - Twitter si pone sia come specchio delle tendenze, sia come strumento di marketing». Un’interazione più personalizzata con il pubblico è possibile tramite una serie di strumenti di business “sponsorizzati”: «In primis i tweet “organici”, promossi dagli inserzionisti per raggiungere un gruppo più ampio di utenti e stimolare la loro interazione», ma anche i “promoted account” e i “promoted trend”, fatti per stimolare la curiosità degli utenti e, soprattutto, invogliarli a cliccare. (a.b.)

- se coinvolto, o meglio “engaged” - pu˜ farsi ambassador dei valori del marchio. ÇIl digitale è democratico - sintetizza Barbara Grotto, head of marketing and communications di Gas -. Il consumatore ha guadagnato una posizione che fino a una decina di anni fa era riservata a pochi addetti ai lavori. Una svolta epocaleÈ. Guarda caso, gli investimenti dell’azienda veneta in questa direzione sono aumentati: ÇDal 2008 il numero degli iscritti ai nostri profili è cresciuto in media del 40% l’anno. Importantissimo è stato il progetto “Gas free for 30 seconds”, una gara di shopping gratuito per celebrare il nostro 30esimo anniversario. Un’operazione che ha fatto transitare sul nostro sito moltissimi websurfer, per un totale di 1,6 milioni di visite e 32 milioni di pagine viste e che ha portato, direttamente e indirettamente, a un incremento notevole delle vendite online, specialmente in IndiaÈ. Social, iStruzioni per l’uSo: queStione di metodo e tempiSmo

ci. ÇOltre a Burberry, che consideriamo un punto di riferimento nella comunicazione digitale - spiega Beatrice Pettinelli, digital strategist della web agency veneta HArt - un altro marchio che sta facendo un lavoro interessante, in questo caso su Instagram, è Paul Smith, perchŽ lo utilizza per condividere ci˜ che per lui rappresenta un’ispirazione nella vita di tutti i giorniÈ. Instagram è in assoluto il social pi•

amato dai fashion people, come evidenzia Pettinelli: ÇUn canale usato per divulgare contenuti relativi al “dietro le quinte”, una sorta di occhio indiscreto che permette agli utenti di vedere situazioni che prima non erano condiviseÈ. Del resto, è proprio questo il valore aggiunto della comunicazione via social rispetto a quella tradizionale: che grazie all’interattività accorcia le distanze tra azienda e consumer, il quale

Certo, alle aziende non basta avere un account sui principali siti di networking per cavalcare la cultura del social sharing. Ci vogliono professionisti dedicati, spesso la consulenza di agenzie specializzate, soprattutto un monitoraggio e un’alimentazione costanti dei propri profili. «Su Facebook - spiega Enrico Fantaguzzi, ecommerce manager di Twin-Set Simona Barbieri - cerchiamo sempre di creare contenuti nuovi, aggiornati e rilevanti per le nostre clienti: scatti di backstage, preview di collezione e contributi esclusivi di tre blogger italiane, Virginia Varinelli, Fabrizia Spinelli e Marta Cantarella, e di una decina di blogger straniereÈ. Obiettivo? Naturalmente rinforzare la 28_05_2015

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business SOCIAL MEDIA MARKETING YOUTUBE

10 anni vissuti ‘‘creativamente’’

Uno scatto di Calzedonia, che ha scelto Twitter per il lancio della sua collezione beachwear, portando per la prima volta in Italia la #Tweetcam. Sotto, due immagini relative allÕattivitˆ social di Gas

comunicazione promozionale mediante “influencer”, personaggi accreditati in grado di dialogare in maniera informale con le aficionadas del marchio. Una strategia che infrange il vecchio schema dei messaggi top-down da parte delle imprese, a favore di “consigli” virali ed emozionali, in grado di moltiplicare l’audience. «Fondamentale - interviene Jacopo Laganga, digital manager di Antony Morato - è lavorare sullo storytelling, con la creazione di un sistema narrativo capace di coinvolgere l’interlocutore, portandolo dentro la storia e il mood del brand».

Tradotto in pratica: sul profilo Facebook di Antony Morato campeggia la campagna “Places”, realizzata in tre località diverse: Marsiglia, Lisbona e Napoli. Protagonisti altrettanti modelli, che in un documentario-intervista (con sottotitoli in inglese) raccontano la propria esperienza in città, sfoggiando look ad hoc. Stesso feeling su Instagram: «Abbiamo selezionato una dozzina di influencer di varie nazioni, molto popolari sui social, con target e stile in linea con il brand e - racconta Laganga - abbiamo chiesto loro di reinterpretare la campagna, attraverso scatti personalizzati e l’hashtag #antonymoratoplaces». Risultato: «Nel giro di tre mesi abbiamo ottenuto un incremento dei follower del 70%». Questione di strategia, direbbero segue a pag 16

«I social più strategici? Facebook è semplicemente imprescindibile. Instagram, essendo una piattaforma visual, per la moda è importantissima». Barbara Grotto, head of marketing and communication di Gas 14

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YouTube - la video community più popolare al mondo, che permette a milioni di persone di scoprire, guardare e condividere movie nel mese di maggio 2015 ha compiuto 10 anni. Delle sue peculiarità e delle opportunità che offre ai marchi della moda abbiamo parlato con Simone Zucca, industry head retail di Google Italy (YouTube è di proprietà di Google dall’ottobre 2006, ndr). «YouTube è una piattaforma globale che permette ai luxury brand di sviluppare campagne in diversi mercati, raggiungendo un “target affuent”, alla ricerca di contenuti di qualità e dalla creatività molto spinta», esordisce il manager. Inoltre, in un contesto in cui i marchi, soprattutto del lusso, stanno diventando sempre più “editoriali”, in grado di creare contenuti in proprio - come flmati di alto livello, realizzati da registi affermati - si comprende come questo canale assuma un ruolo centrale nelle strategie di comunicazione delle griffe. Molto spesso diventa la “casa” del brand su Internet. «La tendenza del momento - prosegue - è produrre video seriali, storie che prevedono diverse puntante, consentendo operazioni di remarketing: indurre chi ha già visto il primo movie a scoprire il secondo e così via, in una “conversazione” continua con il consumatore». YouTube è una piattaforma molto versatile che, al di là delle forme più canoniche di pubblicità sul mezzo, come gli annunci ad ampio impatto in homepage (Masthead) o quelli chiamati TrueView (che precedono la fruizione dei video e che si possono eventualmente saltare), molto targhettizzati dal punto di vista socio-demografco, dà la possibilità di sperimentare e creare progetti inediti, ad alto tasso di engagement. Fendi, ad esempio, su YouTube ha pubblicato il documovie “The Whispered Italian Tour” (viaggio a tappe nelle eccellenze italiane) come pure il live streaming di una sua sflata ripresa da droni, diventato uno degli eventi mediatici di cui più si è parlato nella settimana della moda donna di febbraio 2014. L’ultima frontiera sono le collaborazioni che si possono sviluppare con i “creator” di YouTube: vere e proprie star della Rete, i cui video hanno ottenuto nel tempo un numero incredibile di spettatori come, nell’ambito del beauty, la famosissima Cliomakeup. (e.a.)


topondemand.com zerogrey.com

è fare la propria

TOPONDEMAND


business SOCIAL MEDIA MARKETING 1. Uno scatto di

campagna per la primavera-estate 2015 di Twin-Set Simona Barbieri 2. 3. Due immagini relative all’ultimo show di Moschino, marchio che con l’arrivo del direttore creativo Jeremy Scott ha fatto dei social un’importante leva di marketing

«A questo fine su Facebook - risponde Enrico Fantaguzzi - proponiamo anche delle campagne mirate alla raccolta di iscrizioni alla nostra newsletter. Una volta inserite nella mailing list, le fan o clienti ricevono comunicazioni con inviti a scoprire le collezioni sul sito e nei monomarca. Inoltre, da un po’ di tempo, abbiamo iniziato a fare campagne localizzate geograficamente, con l’obiettivo di portare traffico nei negozi su strada». Certo, il gradimento “virtuale” dimostrato da un utente per il marchio non costituisce un presupposto per esborsi “rea-

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gli esperti del social marketing. «Indubbiamente le collaborazioni con influencer e fashion blogger e i give away fanno accrescere i follower - ribadisce Alessandro D’Ambrosio, titolare della web agency Vitamin Marketing -. Ma è altrettanto importante avere un buon piano editoriale, con contenuti interessanti per il target, essere costanti nella programmazione, con qualche eccezione che serve a rompere le regole, cercare di raccontare coerentemente l’azienda e la sua storia, gestire sempre le richieste dei follower, anche se sono critiche, in un’ottica pear to pear, coinvolgere gli utenti in progetti in cui diventano testimonial del brand». E poi: «Utilizzare viral coupon e sistemi di gamification semplici, con reward efficaci e immediati, conoscere i giorni e gli orari di maggior successo dei propri post e tenerne conto». Insomma, in ogni politica social l’immediatezza mediatica deve fare pendant con un’impalcatura strategica strutturata, basata su interventi mirati. 16

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«Base di partenza è effettuare un’analisi che delinei chiaramente il target primario e secondario che si vuole colpire e lavorare sull’awareness del prodotto, conditio sine qua non per qualsiasi operazione digitale - aggiunge Alessandro Fabozzi, fondatore dell’agenzia Orange Lab -. E poi conoscere le dinamiche dei social: sappiamo per esempio che intorno alle 21.30-22 c’è un picco di affluenza su Facebook. Mentre su Twitter il traffico si concentra intorno a eventi clou, che vanno ovviamente presidiati. Fondamentale anche il tono of voice corretto, con contenuti testuali, fotografici e video adatti ai diversi canali e ai differenti Paesi di riferimento». engagement & converSione: da fan e follower a clienti

Dare un like su Facebook è a costo zero. Ma come convincere un estimatore del marchio a trasformarsi in consumatore, portandolo all’acquisto online e offline?

li”, ma aumentare le probabilità è possibile. «Facebook, che ha miliardi di iscritti e un serbatoio di informazioni personali, offre strumenti utilissimi da questo punto di vista - dice Jacopo Laganga - perché attraverso i “Custom audience” si possono mettere in atto strategie di retargeting, con messaggi personalizzati. Per esempio, inserendo un pixel di tracciamento sulle pagine del sito, è possibile proporre l’advertising su Facebook alle persone che l’hanno visitato, oppure si possono inviare gli annunci pubblicitari agli iscritti della newsletter, o ancora stanare nuovi potenziali clienti che presentano interessi simili agli utenti con cui il brand è in contatto, siano essi visitatori del sito web, fan della pagina Facebook o iscritti alla newsletter». Garanzie su futuri acquisti non ce ne sono, «ma le vie del digital marketing sono infinite - conclude - in quanto i social sono diventati dei potenti mezzi di CRM pre e post vendita». n


TRIBOO DIGITALE FOR

L’e-commerce company italiana che pensa globale Alle prese con la necessità di sviluppare strategie omnicanale e omnipaese, le aziende del sistema moda trovano in Triboo Digitale una società in grado di sviluppare progetti digital a misura delle loro specifche esigenze.

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ccompagnare le aziende italiane verso un modello di business in grado di includere Internet, in modo che si possano allineare alle realtà operative nei principali mercati occidentali: questo l’obiettivo di Triboo Digitale, e-commerce company specializzata nella consulenza e nella gestione di shop online, che in soli sei anni (è stata fondata nel 2009) ha raggiunto una posizione di leader nel suo ambito. Triboo Digitale gestisce circa 60 fagship store digitali di importanti brand tra cui (Benetton, Ferrari, Maserati, Alviero Martini, Piquadro, Coccinelle ecc...) principalmente in ambito moda e lifestyle, ma anche nel mass market e, non ultimo, nel merchandising, un campo in cui è leader assoluta sul nostro territorio. Questa realtà si pone nei confronti delle imprese del fashion,

sia grandi sia piccole, come un partner in grado di fornire soluzioni complete per l’ecommerce e le strategie digitali, con servizi che comprendono lo sviluppo software, la creatività, la gestione della logistica e degli ordini, il marketing, lo store management e il customer care. L’effcacia nella gestione dei negozi online esistenti e la velocità nello sviluppo di nuove vetrine sul web si uniscono a un’ottica realmente globale di approccio ai mercati, maturi ed emergenti, in un momento in cui l’export di moda è in costante crescita: basti citare la capacità di gestire 150 diversi sistemi di pagamento e distribuzione globale in più di 160 paesi. Sono numerosi i fashion brand che si avvalgono di Triboo Digitale come partner nelle loro strategie omnicanale e omnipaese. Tra gli esempi

Triboo Digitale Viale Sarca 336, edificio sedici - 20126 Milano - Tel. +39 02 64 74 14 01- www.triboodigitale.it

Alessio Barbati amministratore di Triboo Digitale

più recenti, quello di Luisa Spagnoli, che ha lanciato in aprile il suo primo canale ecommerce con cui garantisce la spedizione nei Paesi dell’UE, nei Balcani, in Svizzera, in Australia, in Canada e negli Usa. Anche Baldinini non ha avuto dubbi: nel momento di presentare il suo progetto di e-commerce rivolto a 38 nazioni ha scelto Triboo Digitale. Solo due fra tantissimi nomi che in questa e-commerce company hanno trovato quello che cercavano: consulenza personalizzata, professionalità, vera interazione, fessibilità e completezza delle soluzioni.


business web marketing

Il motore di rIcerca alleato dell’e-taIler S

ono oltre tre miliardi gli utenti Internet nel mondo e i possessori di nuovi device mostrano un progressivo aumento, soprattutto in alcune aree di Asia e Africa, dove la navigazione ha saltato completamente il Pc e avviene via smartphone. Circa 100 miliardi è il numero globale delle ricerche su Google (il motore di ricerca più usato dagli internauti), con moda e lusso che crescono a tassi altissimi. Come può il fashion e-commerce approfittare di queste dinamiche, per avere la visibilità che gli spetta sul web? Oppure per creare una liaison con il consumatore, targettizzarlo, e soddisfare i suoi desideri con il prodotto giusto al momento giusto? Alla Google hanno una serie di soluzioni allo scopo. «Le aziende devono farsi trovare - consiglia Simone Zucca, industry head retail di Google Italy -. Il motore di ricerca immagazzina molte informazioni che possiamo fornire alle aziende in forma anonima: dal percorso d’acquisto alla percezione del brand, fino ai trend emergenti. Da qui può partire una comunicazione di marketing strategico, non solo con le AdWords (gli annunci a pagamento che appaiono accanto ai normali risultati della ricerca, ndr)». «Se un marchio punta ai mercati esteri - prosegue - lavorando su scala globale possiamo conoscere l’attrattività dei vari mercati e creare delle mappe che permettono di pianificare al meglio le campagne. Google va visto come un compendio alle vendite, un mezzo di penetrazione del mercato che genera awareness». Altri due dati sono indicativi di una nuova tendenza: YouTube vanta oltre un miliardo di utenti unici al mese e più di 4 miliardi di visualizzazioni giornaliere. «Vedo il video come la naturale evoluzione della fotografia e la forma di comunicazione oggi più in sintonia con la moda - spiega Zucca, citando il Gruppo Prada con Miu Miu Women’s Tales -. Grazie a Internet si possono pubblicare short-film, che permettono al brand di inventare una storia, che spesso è ìingaggiante”». Altro trend è il mobile. «Ci sono 2,5 miliardi di user nel mondo - ricorda l’esperto di Google - e ogni giorno controlliamo circa 150 volte le notifiche sul nostro cellulare. Il mobile diventa un ponte tra il negozio fisico e 18

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Il web marketing è sempre più mirato grazie ai motori di ricerca, che si rivelano un compendio utile a dinamicizzare le vendite, anche all’estero, e uno strumento che migliora la shopping experience online di Elisabetta Fabbri

quello online. Si parla molto di Ropo (Research online, purchase offline, ndr), cioè delle ricerche di informazioni sul web prima di un acquisto nel negozio fisico, ma sempre più di frequente le ricerche si fanno anche all’interno dello store fisico. Di fatto è sul mobile che avviene l’ingaggio». Bisogna mettere in conto investimenti onerosi? «Dipende dal brand, dalla categoria e dagli obiettivi - risponde Zucca -. Di regola l’investimento si può modulare, modificare o “spegnere”». Google parla di strategie in termini di costo per acquisizione di un cliente o di una vendita. I costi possono essere controllati in tempo reale e la struttura delle campagne, così come gli obiettivi, si possono modificare in corsa. «Sono rari - sottolinea Zucca - i casi in cui il cliente non è soddisfatto: l’aumento del traffico è uno standard». la moda non pensa più solo a emergere sui social

«Se fino a ieri la moda pensava solo alla presenza sui social, oggi si rivolge sempre di più ad agenzie specializzate perché ha capito l’importanza di apparire nelle prime posizioni, nei risultati delle ricerche online in lingua inglese e quindi della Seo (Search engine optimization, ndr), dice Antonella Girone, e-commerce specialist - head of online merchandising & digital marketing di Zerogrey, che realizza e gestisce siti di vendite online per la moda. Le prime posizioni, però, sono spesso appannaggio dei più noti multimarca (Yoox, Neta-Porter o Luisaviaroma, per citarne alcuni), che da anni investono per stare al top. «Il potenziale di ritorno - aggiunge - è di 5-8 volte l’investimento, mentre le tempistiche dipendono dalla

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notorietà del marchio. Si può andare dai tre mesi di lavoro per un marchio già con una certa brand awareness, a un anno per i più sconosciuti. Investire in una descrizione del prodotto curata, una foto accattivante e un buon posizionamento sui motori di ricerca è come investire su un buon commesso. Non è cambiato molto nelle abitudini del consumatore: in passato, prima di un acquisto andava a vedere le vetrine in centro, oggi interroga il web e poi decide se comprare online o in negozio». Talvolta gli italiani che puntano a vendere all’estero attraverso il web evidenziano problemi di contenuti. «Vanno ottimizzati a seconda del Paese di destinazione e tradotti in lingua locale sì, ma da editor madrelingua - consiglia Girone -. Il sito deve rispondere a requisiti global ma anche local». Più in generale, quando si tratta di Seo e Sem (Search engine marketing), le fashion company tendono a internalizzare le competenze, trasferendole a figure professionali tradizionali, non ancora pronte allo scopo. «Il più delle volte - conferma Alice Marmieri, fondatrice e ceo di Marte Digital (formazione in ambito digitale) - vengono incaricate le stagiste. Chi converte il team IT non è detto che abbia successo. Figure del commerciale o del marketing e project management potrebbero fare al gioco, ma solo se hanno una certa attitudine alla materia. La formazione, poi, deve essere continua: se non si hanno le conoscenze non si è nemmeno in grado di capire i ritorni dall’investimento». «A volte - dice - veniamo in contatto con realtà che si muovono dall’offline all’online con investimenti intermittenti e senza una vera e propria pianificazio-


nuovi tool e nuove strategie per far felice l’e-shopper

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Fonte: Google

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1. Simone Zucca (Google) 2. Alice Marmieri (Marte Digital) 3. La sflata Just Cavalli springsummer 2015: tra gennaio e aprile, le parole “moda primavera estate 2015” sono state al top delle ricerche fashion su Google 4. Le interrogazioni “luxury” sui dispositivi mobile sono in netta accelerazione

Far trovare all’utente ciò che cerca nel più breve tempo possibile è strategico anche secondo Antonella Girone. «Un navigatore del web - spiega - non resta su un sito più di 5 minuti: la sua attenzione va conquistata nel tempo di 2-5 minuti. Al secondo accesso va portato all’acquisto nel tempo massimo di 3 minuti». Gli informatici stanno lavorando anche per recuperare il cliente che ìabbandona il carrello”. «In tal caso - dice Girone - può partire una mail in automatico per offrirgli l’opportunità di completare l’acquisto con una promozione o un gift limitati nel tempo». Altre soluzioni aiutano il cliente a scegliere la taglia corretta (spesso diversa a seconda dei brand) tenendo conto dei suoi acquisti precedenti. Nel parere di Simone Zucca, in futuro si andrà verso una maggiore integrazione dei dati del Crm e di Internet, «per tracciare il comportamento del consumatore e praticare un marketing ìone to one”, molto affine con la moda, che ha un approccio sempre più personalizzato». In prospettiva, anche comunicazione branding e commerciale dovranno accorciare le distanze, per seguire il cliente con coerenza. Vanno in questa direzione gli ìAnnunci dinamici della rete di ricerca” di Google, che consentono, per esempio, di inserire un prodotto mirato in un video di YouTube e di portare l’utente sul sito dove viene venduto. Così il consumatore non perde tempo prezioso e viene informato solo su ciò che veramente lo interessa. n

ne integrata e strategica, che invece dovrebbe essere scontata».

Nuove frontiere

anche nello store online ricerche facili come su google

la ricerca semantica: una tecnologia “disruptive”?

Passando dalla ricerca sui più noti motori a quella direttamente sul web store, gli esperti di Intergic (solution provider per le vendite online) pensano che gli utenti abituati a Google «si aspettino un’esperienza di search altrettanto efficace e semplice quando cercano prodotti all’interno di un sito di e-commerce». In tal senso può essere utile FACT-Finder, un motore di ricerca e navigazione tra i leader del settore, che tollera errori di battitura e ortografia e consente ai web shopper di trovare i prodotti in modo semplice e rapido, ordinati per rilevanza. Il tutto indipendentemente dalla lingua. Secondo Intergic, FACT-Finder «arriva a migliorare il conversion rate fino a +30%».

Stefan Puriss

e ricerche attraverso motori come Google e Yahoo sono entrate ormai nella vita di tutti i giorni. Quando l’utente inserisce una parola, nello sterminato archivio di testi online, scatta una ricerca comunemente detta “full-text”. Ma oggi c’è uno strumento che la completa - la ricerca semantica - che gli esperti reputano un valore aggiunto, anche nel fashion e-commerce. «Uno dei plus - spiega il tedesco Stefan Puriss, strategic e-commerce advisor ed ex-ceo di frontlineshop.com - è che il sistema costruisce dei network, tra i termini utilizzati nella ricerca che reputa interconnessi. Se un utente inserisce una serie di parole (brand, azienda produttrice, prodotto o caratteristiche) il modello ne tiene traccia, prende una conclusione logica e propone come risultato della ricerca non semplici link, ma risposte il più precise possibili rispetto alle domande del consumatore». Non solo. «Se rispetto a una certa marca - prosegue Puriss - si ottengono soltanto due risultati dalla ricerca, l’intelligenza semantica è in grado di produrre “raccomandazioni” di label simili, affni all’originaria. Questo è importante anche per orientare lo shopper nella sterminata offerta del web». Le potenzialità della semantica vanno oltre le funzioni di ricerca. Un modello di valutazione semantica permette a un e-tailer di personalizzare lo stile di consultazione e di fornire allo shopper online una serie di raccomandazioni, che non riguardano semplicemente prodotti della stesso genere inserito nel carrello, ma altre proposte che vanno a completare il look. Proprio come se si venisse consigliati da uno shopping assistant in carne e ossa. Queste nuove possibilità estendono anche i confni dello shop-design e della gamifcation, particolarmente importanti nel caso dello shopping in mobilità. Puriss consiglia: App attraenti, dinamiche e dall’approccio ludico.

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business DIRECT DIGITAL MARKETING

Lunga vita all’ e-MAIL

Sembrava da rottamare e invece la vecchia e-mail torna in auge, ma con un nuovo volto, grazie alle tecnologie digitali. E nuove prospettive, con l’avvento del retail omnicanale. Gli esperti consigliano coerenza nella shopping experience di Elisabetta Fabbri

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n passato scarsamente considerato dalla moda, l’e-mail marketing sta vivendo un momento di grande vitalità da circa tre anni a questa parte, come attestano i maggiori operatori italiani di direct digital marketing (disciplina che include altre formule, come la comunicazione via Sms o attraverso un web browser). E se fino a poco tempo fa i messaggi di posta elettronica erano snobbati dai più e considerati uno strumento obsoleto, sorpassato dalla comunicazione sui social media, oggi si inseriscono a pieno titolo tra i canali digitali preferenziali. Si tratta di una conseguenza dell’evoluzione dello shopping verso l’omnicanalità, che impone alle aziende di mantenere una coerenza nell’esperienza d’acquisto. Anche se questo aspetto non è ancora ben compreso dal mondo fashion, nel parere di Stefano Lena, vp sales and marketing di ContactLab, specialista nel direct digital marketing con focus su moda e lusso. «Il consumatore - dice - è in contemporanea digitale e frequentatore di negozi fisici: online e offline, i brand devono parlare la stessa lingua». Lena cita alcuni dati: «Lo scontrino medio di uno shopper, nel negozio fisico e sul web, è del 20-25% più alto rispetto a quello di chi non viene contattato digitalmente». In più, «il 50% delle persone entrate in negozio per fare acquisti hanno aperto un messaggio digitale diretto in un intervallo di 30 giorni». Si scende dal 50% al 3-6% nel caso del retail tradizionale: si tratta comunque di cifre rilevanti in termini di ricavi, se si pensa che in Italia il 90% delle vendite avviene ancora nello store fisico. In base ai dati rilevati da ContactLab, la quota del turnover totale influenzata dal digital direct marketing è di circa il 5%. 20

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MESSAGGI EVOLUTI PER CONQUISTARE NUOVI CLIENTI

L’e-mail non è più da rottamare anche perché ha un nuovo appeal, grazie alle tecnologie digitali. «Bisogna essere disposti a farle cambiare volto, per adeguarla alle nuove abitudini del consumatore - spiega maurizio Alberti, managing director Italy di Teradata - marketing Applications -. Qualsiasi tipo di messaggio inviato deve essere fruibile sui dispositivi mobile (in gergo si dice “responsive design”, ndr). Meglio se consente la condivisione con i social network e se contiene link, per esempio per vedere la sfilata». La sfida maggiore sono, però, i contenuti. «Non sempre - fa notare Alberti - le aziende hanno le competenze interne per realizzarli al meglio, ma si rischia di creare un gap negativo nei confronti dei competitor». In parallelo con l’evolversi

del mezzo di comunicazione, cambiano anche le modalità di engagement. Le loyalty card restano sempre efficaci, ma si può andare oltre. «Entrando in negozio dice il manager di Teradata - il cliente si può registrare inviando il proprio indirizzo e-mail via Sms: così parte un dialogo digitale con lo store e con il brand. Lo si può invitare a scaricare una App e farsi riconoscere con il proximity marketing. Non è scontato che così facendo si intercetti solamente la mobile-generation: a convertirsi alle nuove tecnologie digitali non sarà il 100% della customer base, ma in base alla nostra esperienza è una quota oltre le attese». Lusso e moda seguono però strade distinte. Se lo sconto può essere un “incentivo” all’ingaggio efficace in caso di brand del segmento medio-basso, il lusso fa leva su altri aspetti, come i servizi e la customer experience.

I dispositivi internet nel mondo Oggi il 60% dei dispositivi online in uso sono smartphone o tablet, non più PC. Il design dell’e-mail deve essere quindi “responsive”, per una visione ottimale su un’ampia gamma di mobile device. E per ottenere un aumento di click e tassi di conversione (fonte tabella: Business Insider)


- prosegue - il contesto legislativo è fortemente orientato alla privacy, per effetto delle disposizioni europee. Cosa che ci mette in condizione di operare al meglio, mentre nelo scontrino gli Usa incrociare dati anonidi chi viene contattato mi e non anonimi è all’ordine digitalmente del giorno». Il direct digital marketing si appresta ora a nuove sfide. «In primis - anticipa Lena - quella di arrivare la quota di chi a portare il digitale dentro il ha aperto una e-mail fisico. Con una strategia gedello store prima stita a livello corporate e un di entrarci uso corretto della brand identity, per stimolare il negozio ad allargare “i confini” agli altri canali, anche in termini il commercio di orario». «Un altro ambito in Italia nei negozi di sperimentazione - aggiunfsici ge - è l’interazione mobile con i clienti e la Òdematerializzazione” delle logiche di ment. Bisogna essere in grado di leggere e loyalty». Oggi vengono realizzati dei digital interpretare il comportamento del cliente wallet, delle card digitali, che sul telefonino analizzando cosa, come e quando compra». contengono inviti a eventi o buoni sconto Il tutto presuppone che il consumatore ac(tipo l’applicazione Passbook di Apple, cetti di rendere disponibili i propri dati. «Di che raccoglie sull’iPhone carte d’imbarco, fatto - spiega l’esperto di ContactLab - tra biglietti e coupon). Tutti strumenti interatcliente e azienda si sigla un patto: l’uno è tivi, che permettono di avviare un dialogo disposto a lasciare i propri dati se dall’alcon il consumatore, di conoscerlo o riconotro ha, in cambio, dei vantaggi». «In Italia scerlo. Insomma, di farlo sentire speciale. n

in numeri

+ 25% 50% 90%

INVESTIMENTI MENO ONEROSI RISPETTO ALLE CAMPAGNE TRADIZIONALI

Parlando di costi, gli esperti sostengono che quelli dell’e-mail marketing sono più bassi rispetto ad altri canali di comunicazione e nettamente inferiori a quelli di una campagna sui media tradizionali. Riguardano più che altro tutto quello che gravita attorno a questa formula per essere davvero efficace: un mix di consulenza, tecnologie e contenuti. «Non vanno mai persi di vista la customer experience e l’ottica multicanale - precisa Alberti -. Tutto deve essere coordinato e coerente: un’operazione possibile se ci si muove attraverso la stessa piattaforma tecnologica, se si integrano gli strumenti di marketing e le figure professionali. Di solito si parte con un approccio graduale, a piccoli passi. Ma una comunicazione omnicanale fatta e finita non si fa nel giro di tre mesi». «Si usano programmi sofisticati ma il Roi è altissimo - afferma Lena -. L’obiettivo è inviare messaggi personalizzati rispetto al segmento di utenza. Va fatto un uso intelligente dei big data, per arrivare a raccontare una storia che crei vero engage-

Prudsys

L’importante è personalizzare Processi di vendita tailor made in ogni punto di contatto con i clienti, senza intervento manuale ma secondo regole impartite dal retailer oggi è possibile con il realtime analytics tedesco Prudsys. Tra i plus quello di interagire continuamente con l’utente, apprendendone i gusti e le necessità, e di elaborare proposte di prodotto su misura, grazie all’analisi dei dati storici del cliente e del comportamento di altri visitatori. La soluzione facilita anche la personalizzazione di tutti i canali di comunicazione: negozio online, newsletter, mobile e punto vendita fsico. Il modulo NL, in particolare, genera automaticamente contenuti su misura, per i destinatari delle newsletter. Le raccomandazioni di prodotti in essa contenuti vengono ottimizzate in base allo storico dei comportamenti del destinatario all’interno dello shop e alla risposta di altri shopper online. «Il contenuto personalizzato viene creato in modo dinamico e in tempo reale, rispetto all’apertura della newsletter da parte di tutti gli utenti, integrandosi facilmente in qualsiasi piattaforma di e-mail marketing - spiega il direttore commerciale di Prudsys Italia, Andrea Allara -. In tal modo aumenta il tasso di apertura e migliora la conversione, con conseguente incremento del fatturato e soddisfazione del destinatario, che si sente fnalmente capito dal brand».

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business digital influencer

evoluzione della specie fashion blogger Chi pensa che il fenomeno dei fashion blogger sia in declino deve ricredersi: i patiti della moda, autori di diari online, stanno diventando semmai più competenti e specializzati. E sviluppano con le aziende progetti inediti, sempre più mirati, articolati e completi. di Elena Azzola

C’

erano una volta i fashion blogger. Ora sono diventati digital influencer, dando vita a dinamiche nuove e in continua evoluzione, che coinvolgono sempre più da vicino i brand e le aziende della moda. Abbiamo deciso di metterle sotto i riflettori proprio per la loro rilevanza in termini di marketing e comunicazione. «Il fashion blogging ha attraversato diverse fasi - spiega Paola Vee, titolare dell’agenzia specializzata nel marketing della moda A to Vee e coautrice del volume Nulla è come sembra. Fenomenologia della comunicazione della moda 3.0, uscito a fine marzo -. In sintesi possiamo dire che i fashion blogger da ìparia” del settore sono diventati stimatissimi trendsetter». Per spiegare come questo sia avvenuto, l’esperta utilizza il barometro rappresentato da un appuntamento centrale del comparto come Pitti Immagine Uomo. «Ricordo quando, nel 2010, il mondo di Pitti si accorse di Scott Schuman, intento a fotografare per la prima volta non i capi esposti negli stand, ma il pubblico di insider della moda in Fortezza da Basso: il blogger più famoso d’America catturava nei suoi scatti l’originalità e la ricercatezza del popolo del fashion - racconta -. Dall’anno successivo il salone si riempì di epigoni di Schuman: blogger che fotografavano chiunque». Nel 2012 gli 22

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Osservatorio fashion blog di Les Cahiers FM

Fashion infuencer Boy Nam China Kenza Zouiten Kenzas-Sweden Julia Engel Gal meets Glam-USA Eugenia Applebum Applebum-Russia Alix Bancourt The Cherry Blossom Girl Jane Aldridge Sea of shoes Susie Lau Style Bubble Rumi Neely Fashion Toast Bryan Grey Yambao Bryanboy Olivia Palermo Oliviapalermo.com Natalie Joos Tales of enderment Ari Seth Cohen Advanced Style Betty Autier Le Blog De Betty Kristina Bazar Kayture Blair Eadie Atlantic-Pacific Eleonora Carisi Jou Jou Villeroy Silvia Bartabac Daisy The Mandarine Girl Leandra Medine The Man Repeller Aimee Song Song of Style Scott Schuman The Sartorialist Chiara Ferragni The Blonde Salad Nicole Warne Gary Pepper

appassionati di moda, autori di diari online sul tema, cominciano a sentire l’esigenza di far diventare redditizie le loro pagine web, collaborando con le aziende. «Ma il giro di boa è stato il 2013 - prosegue la marketer -: i blogger, a centinaia, diventano i principali testimonial dei brand. Non entrano nemmeno all’interno dei padiglioni. Rimangono nel cortile antistante il Padiglione Centrale, questa volta a farsi fotografare. Opportunamente sponsorizzati dalle aziende, con cui sono stati concordati i look, garantiscono redazionali sulle testate più importanti al mondo, a costi contenuti». Ed eccoci, dunque, alla realtà di oggi, con la ìnostra” Chiara Fer-

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Osservatorio fashion blog di Les Cahiers FM

Top fashion blog indipendenti (Italia-marzo 2015)

1 The Chilicool by Alessia Milanese 2 My Fantabulous World by Elisa Taviti 3 Imperfect I by Angela Pavese 4 Nameless Fashion Blog by Elisa Zanetti 5 ELEONORA PETRELLA Ð Live What You Love by Eleonora Petrella 6 Theladycracy by Elisa Bellino 7 The Cutielicious by Federica di Nardo 8 Baby WhatÕs Up by Alice Cerea 9 Wildflower Girl by Fabiola Tinelli 10 La Ragazza Dai Capelli Rossi by Federica Cimetti 11 2 Fashion Sisters by Cristina & Chiara Lodi 12 Noemi Guerriero by Noemi Guerriero 13 Truccati con Eva by Eva 14 The Gummy Sweet by Elisa Bersani 15 La Pinella by Alessia Marcuzzi 16 Inside Me by Annalisa Masella 17 Eniwhere Fashion by Eni K. 18 Lo Stile Di Artemide by Donatella Gaeta 19 My Urban Bon Ton by Valeria Zasa 20 Patchwork a’ Porter by Sabrina Tassini 21 The Black Beard by Salvatore Impellizzeri 22 Venus at Her mirror by Mariagrazia Ceraso 23 Diario Di Una Snob by Marta Zura-Puntaroni (1107000 pt) SITO STELLATO *** 24 Dolores Amabile by Dolores Amabile 25 LidiaÕs Bag by Lidia Nicolis

1. Patricia Manfeld, immortalata per il progetto #HoganBusyBeautiful 2. Da sinistra a destra, Riccardo Pozzoli, Linda Tol e Mariano Di Vaio, blogger premiati alla scorsa edizione degli Staylight Fashion Infuencer Awards

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business digital influencer di Hogan. Collaborazioni a tutto campo che si basano, tuttavia, anche su rapporti personali e di fiducia, nello spirito che da sempre contraddistingue la casa di moda. «Per trovare gli influencer più efficaci bisogna partire naturalmente dal posizionamento del brand, avere sensibilità ed essere costantemente ìsul pezzo”, non avendo paura di scommettere su personaggi giovani e freschi - aggiunge Pacetti -. Le competenze dei blogger, inoltre, sono importanti. Senza attitudini specifiche non c’è qualità nel lavoro che si fa insieme». Su questo punto dà il suo contributo Benjamin Günther, cofondatore e ceo di Stylight, piattaforma fondata nel 2008 a Monaco di Baviera (da quattro giovani esperti di informatica e di impresa, ma senza competenze specifiche nella moda), diventata un importante punto di riferimento online, soprattutto per le ìMillennial women”, dove ispirarsi, per poi fare shopping negli e-store partner. «Abbiamo compreso l’importanza dei blogger e dei digital influencer fin dall’inzio, lavoriamo con loro quotidianamente (il fashion blogging facilita la nostra comunicazione con il pubblico di riferimento: gli in-

I quattro fondatori di Stylight: Anselm Bauer, Benjamin Günther, Max-Josef Meier e Sebastian Schuon

Osservatorio fashion blog di Les Cahiers FM

Top fashion blog indipendenti (Usa-aprile 2015)

ragni inserita da Forbes nella classifica degli under 30 più influenti al mondo. Autrice del seguitissimo ìThe blonde salad”, testimonial e modella, nonché artefice di una linea di accessori che porta il suo nome, si calcola realizzi un business da 7 milioni di euro di fatturato l’anno. Certo è che i blogger sono diventati degli opinion leader, in grado di influenzare i consumatori con le loro scelte e i loro consigli. «Sono considerati un po’ come degli idoli, dei modelli di riferimento, meno irraggiungibili di altri - prova spiegare il fenomeno Alessandro Pacetti, digital pr di Hogan, che recentemente ha lavorato con sette giovani donne glamorous e in ascesa al progetto #HoganBusyBeautiful -. Alla base credo ci sia il racconto di uno stile di vita, ma anche un valore didascalico 24

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(ti faccio vedere come si abbina una determinata scarpa), di partecipazione e di appartenenza. Sta di fatto che i digital influencer hanno assunto un ruolo fondamentale nel dialogo aspirazionale tra la marca e il consumatore finale». Per #Hogan BusyBeautiful il brand di Della Valle ha costruito con le digital influencer Giorgia Tordini, Mia Moretti, Susie Bubble, Samar Seraqui, Anne-Shophie Mignaux, Azza Yousif e Patricia Manfield contenuti di marketing e comunicazione veicolati con un interessante media mix: #HoganBusy Beautiful si declina in un catalogo fisico, nel sito (aggiornato con una influencer diversa ogni 10 giorni), in pagine sui social network delle protagoniste stesse che, tra l’altro, spesso sono chiamate come celebrity agli eventi in store

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Cupcakes And Cashmere by Emily Schuman Love Taza by Naomi Extra Petite by Jean Curly Nikki by Nikki Walton The Pink Peonies by Rachel Parcell Maskcara by Cara Gal Meets Glam by Julia Engel Oh Joy! by Joy Deangdeelert Cho Wendy’s Lookbook by Wendy Nguyen Sincerely Jules by Julie Sariñana a.k.a Jules J’s Everyday Fashion by J Hey Natalie Jean by Natalie Bleu Bird by James Kicinski McCoy Le Catch by Marlien Rentmeester A House In The Hills by Sara Yates & Lou Mora Damsel In Dior by Jacie Duprie The Chriselle Factor by Chriselle With Love From Kat by Kate Gabi Fresh by Gabi Gregg What I Wore by Jessica Quirk 9to5chic by Anh Karla’s Closet by Karla Keiko Lynn by Keiko The Daybook by Sidney Adams Penny Pincher Fashion by Kimberly



business digital influencer

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fluencer hanno il merito di tradurre la moda in un linguaggio più diretto) e abbiamo istituito un premio, gli Stylight Fashion Influencer Awards, per riconoscere il loro ruolo nell’industria della moda - racconta Günther -. Al giorno d’oggi per un blogger avere una chiara linea editoriale è fondamentale: come succede per un brand, è necessario essere in grado di promuovere il proprio diario online in modo che rifletta un punto di vista unico e personale su moda e lifestyle, creando contenuti immediatamente riconoscibili per il pubblico». Il co-fondatore di Stylight ritiene infondate le voci che vedono questo fenomeno in declino, ma è convinto che sia marchi sia influencer debbano trovare sempre nuove modalità per raggiungere i propri obiettivi di visibilità e brand awareness. «Fra i blogger ci sono livelli di professionalità altissima, come pure di mediocrità disarmante. Chiunque può aprire un blog e parlare di moda - tira le fila del discorso Paola Vee -. Chi deve fare uno sforzo per capire come sfruttare a proprio vantaggio questa moltitudine infinita di canali e di veicoli di promozione sono le aziende». Secondo l’esperta, la strada che separa le case di moda da un buon web marketing è ancora lunga, eccezion fatta per i top brand, i pure player digitali e di chi fa già un eccellente lavoro in Rete. «È molto difficile per gli imprenditori della moda abbandonare la logica di poter controllare tutto, accettare commenti negativi o che un prodotto venga 26

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presentato in modo differente da come elaborato dall’ufficio stile o dai visual, ma tant’è: se si vuole fare un efficace percorso in Internet le aziende devono essere ìopen” - è convinta -. Optare per una quindicina di recensioni a pagamento affidandosi a blogger/modelli coordinati da professionisti dell’immagine moda è sicuramente utile, mette al riparo da emozioni negative, fa sentire parte del club, ma esclude altre migliaia di blogger con le reali potenzialità di essere veri ambassador del brand». Su chi sale e chi scende fra i top fashion blog indipendenti e gli influencer l’Osservatorio di Les Cahiers FM di Paola Vee stila periodicamente delle classifiche: le più recenti e significative sono pubblicate in queste pagine. Vee segnala inoltre come blog ìstellati” di marzo ìDiario di una snob”, ìFregole” e ìThe Ladyboy”. Stylight, tra gli emergenti a livello internazionale, dà in salita l’olandese Linda

1. Patricia Manfeld e Giotto Calendoli, infuencer in ascesa 2. Chiara Ferragni ad Harvard, dove il suo “The Blonde Salad” è stato oggetto di studio 3. La “copertina” di #HoganBusyBeautiful

Tol, vincitrice del premio ìRising Star of the Year” agli Stylight Fashion Influencer Awards 2015, ma anche Negin Mirsalehi, il cui successo è iniziato lo scorso anno: con 2 milioni di follower su Instagram, Negin ha partecipato a diverse première del 68esimo Festival di Cannes. La tedesca Maja Why è un altro nome che sta attirando molto l’attenzione di brand e pubblico, grazie al suo stile chic ma disinvolto e a un approccio molto personale alla moda. Occhi puntati anche sulla fotografa australiana Zanita Whittington, protagonista nel febbraio 2015 della copertina di Lucky Magazine insieme a Chiara Ferragni e Nicole Warne. Alessandro Pacetti di Hogan scommette invece a titolo personale sulla coppia Patricia Manfield e Giotto Calendoli. Saranno loro i ìnuovi” Chiara Ferragni e Riccardo Pozzoli, artefici del successo di ìThe Blonde Salad”, oggetto di studio ad Harvard? n


KEROS FOR

L’e-commerce del futuro si chiama K-nimbus È una piattaforma che attiva e gestisce store virtuali, e lo fa in modo evoluto: K-nimbus, di proprietà della svizzera Keros Digital, facilita, velocizza, personalizza e internazionalizza il business online. Più di 40 le vetrine già attive tra design, cosmetici e fashion.

Leonardo Pecchioli ceo di Keros Digital

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rima i numeri: oltre 2mila miliardi di dollari nel mondo, 470 miliardi di euro in Europa e 15 in Italia. A tanto ammonteranno le transazioni di beni e servizi passate attraverso il canale e-commerce nel corso del 2015, secondo le stime dell’Osservatorio Netcomm. Cifre prodigiose di questi tempi, che invitano le aziende a scommettere sempre più sulle vendite on-line per ampliare orizzonti e fatturati. Ma come orientarsi nell’offerta crescente di piattaforme, software e servizi prima di lanciarsi nell’avventura della cyber-vetrina? «Un progetto di e-commerce è complesso - risponde Leonardo Pecchioli, ceo e fondatore della svizzera Keros Digital, fornitrice di tecnologia e soluzioni integrate per l’attivazione e la gestione del commercio via web - al suo successo concorrono molti fattori:

fondamentale è innanzitutto la competenza e il know-how del fornitore di software, la cui consulenza deve estendersi all’intera gestione del sito in accordo con le strategie commerciali e l’immagine del prodotto». Per questo Keros Digital conta sulla professionalità di uno staff di manager e imprenditori che hanno maturato negli anni esperienza diretta in vari ambiti dell’economia virtuale. Grazie alle loro competenze oggi la piattaforma K-nimbus, propone la soluzione giusta per ogni taglia e genere di business. «K-nimbus - spiega Pecchioli - ha più di 40 store attivi in diversi settori merceologici (cosmetici, design, arredamento, fashion e accessori); si differenzia da tutte le altre soluzioni presenti sul mercato, perché va ben oltre il semplice carrello sul sito. È facile, veloce, il negozio può essere messo online in poche

settimane, e l’assistenza da parte del software, con le sue esclusive funzionalità native, è totale. Si va dalla gestione del magazzino al customer service, dal marketing all’adattabilità della formula commerciale worldwide, considerando aspetti come la fatturazione nei diversi ambiti fscali, le differenti modalità di pagamento, le valute». E non è tutto. «Il modello di vendita è assolutamente innovativo continua il ceo -. La soluzione viene fornita in cloud, i vari aspetti del progetto possono essere coperti da una rete di partner con competenze specifche su ogni settore». Vantaggi anche per l’utente fnale in termini di semplifcazione nella ricerca e agilità nell’esperienza d’acquisto, che può concretizzarsi da ogni tipo di device, in qualunque momento e luogo. Basta un click.

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business tra online e offline

Nell’ OmNicaNalitÀ il cliente è il re L’omnicanalità è la nuova frontiera della distribuzione di moda, in un’ottica non più prodotto-centrica ma cliente-centrica. Come affrontarla al meglio, a seconda del proprio target e della propria identità? La sfida è complessa, ma necessaria. L’importante è sganciarsi dall’idea che l’e-commerce sia solo un canale di vendita in più. E affidarsi a seri professionisti. di Alessandra Bigotta 1

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nche nella moda, la parola omnicanalità è sulla bocca di tutti. Un termine che racchiude radicali trasformazioni nel modo di vendere. «Il punto di partenza di un approccio omnichannel è sempre l’integrazione - spiega Alessio Barbati, ceo di Triboo Digitale, e-commerce company specializzata nella consulenza e nella gestione degli shop online, una sessantina tra cui Benetton, Alviero Martini 1a Classe, Piquadro, Coccinelle e quelli recenti di Baldinini e Luisa Spagnoli -. I canali devono essere vissuti dal marchio come entità coordinate e noi fornire soluzioni in un’ottica di outsourcing a moduli: sviluppo software, logistica (anche in funzione del fatto che il made in Italy è sempre più proiettato verso i mercati internazionali), gestione degli ordini e dei negozi, marketing, store management, customer care e creatività». Al centro c’è un consumatore non più passivo: come accontentarlo? «Attraverso servizi personalizzati - risponde Barbati -. Ad esempio la possibilità di un acquisto online con consegna presso il punto vendita fisico, solitamente incentivato tramite la spedizione gratuita: un modo per favorire il traffico in boutique. Ancora, il servizio di reso direttamente in negozio, un asset importante soprattutto quando si parla di alto di gamma». «Per alcuni clienti - aggiun-

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ge Barbati - integriamo allo stock dedicato all’e-commerce la disponibilità di prodotto presente negli store reali. Ad altri diamo la possibilità di ordinare online dagli shop fisici, nel caso in cui non si trovino al momento le taglie o i modelli desiderati. E non finisce qui». DA PRODOTTO-CENTRICI A CLIENTECENTRICI: LA RIvOLuzIONE È ADEssO «Chi pensa all’e-commerce come a un ulteriore canale di vendita è fuori strada» ribadisce Roberto Lei, sales director Southern Europe di hybris e Sap hybris customer engagement & commerce. Tra i prodotti più recenti di hybris Software spicca Sap hybris Marketing, soluzione basata sul cosiddetto “marketing contestuale”. «Spesso - fa notare Roberto Lei - i brand lanciano campagne di marketing indirizzate alle masse. Combinando invece le informazioni statiche, di tipo anagrafico/demografico/geografico con quelle dinamiche (acquisti fatti in precedenza, navigazioni per categorie di prodotto sul web, attività sui social, ecc.) ed elaborandole in tempo reale, si arriva a definire un target preciso». «Da prodotto-centrici si è diventati cliente-centrici - sintetizza Nino Bruni, responsabile del mercato Consumer & Fashion di Techedge, premium global player della consulenza tecnologica, presente in 13 Paesi -.

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La moda ha poi le sue ulteriori regole: il posizionamento (ad esempio l’omnichannel del lusso non può che basarsi sull’esclusività, quello del fast fashion sull’accessibilità), le tempistiche (tutto è influenzato dalle scadenze di campagne e riassortimenti per le stagioni) e i canali di vendita (pensare a wholesale e retail è riduttivo)». Quanto alle procedure da impiegare, «la gestione del b2b da parte di un’azienda o di un brand - dice Bruni - deve essere il più possibile “consumerizzata”, scandita cioé da una user experience tipica del b2c, in modo da semplificare i processi. Del resto, tutta la cross-canalità impo-


1. Il consumatore al centro del cambiamento in un’immagine di hybris 2. Il portale di e-commerce di Baldinini, messo a punto con Triboo Digitale 3. Un modello di Mandarina Duck: il sito del brand è realizzato sulla piattaforma K-nimbus di Keros 4. L’interno di Ovs in via Dante a Milano: insieme a Demandware, il retailer ha costruito la sua strategia omnichannel, per la quale ha anche ritirato un premio a Las Vegas 5. L’e-shop di Freitag, powered by hybris 6. Il negozio online di Luisa Spagnoli, frutto di un’intesa della casa di moda con Triboo Digitale

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ne ormai una mentalità “b2b2c”». Leonardo Pecchioli, ceo e fondatore della svizzera Keros Digital (che fornisce una consulenza integrata per l’attivazione e la gestione del commercio in Rete) aggiunge che «l’implementazione delle soluzioni tecnologiche deve garantire un impatto pressoché nullo sulle strutture aziendali». Un retailer come Ovs ha fatto passi da gigante nell’omnicanalità insieme a Demandware. «Abbiamo capito per tempo che il “customer” aveva ceduto il posto a una nuova figura, l’“omnicustomer” - commenta Monica Gagliardi, head of e-commerce, Crm, web & digital

dell’insegna italiana -. In Ovs lo gratifichiamo attraverso una user experience innovativa, partita da subito in un’ottica “click and collect”, con la massima attenzione all’m-commerce, alle funzionalità interattive negli store fisici, ai social, ai nuovi strumenti come i beacon. Il futuro per noi è proiettato verso la tridimensionalità dell’esperienza nel punto vendita, grazie agli strumenti per la realtà aumentata, compresi i Google Glass». Ma al di là dei grandi player e dei grandi numeri, l’Italia (dal punto di vista della produzione e della distribuzione) è fatta di tante imprese piccole e medie, per le quali è più diffi-

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cile voltare pagina. «Nel caso delle Pmi - conclude Alessio Barbati di Triboo Digitale - la chiave sono soluzioni modulari e scalabili, in grado di sfruttare le economie di scala. Come società specializzata in ambito e-commerce, noi di Triboo forniamo risposte adeguate anche a questo tipo di esigenze. Un fatto è certo: l’e-commerce è un canale tutto da sviluppare, in termini sia di omnicanalità, sia di multicanalità, ossia l’integrazione tra canale online e offline di un marchio e la vendita su canali online diversi, come i marketplace. Aumentano le complessità, ma di sicuro si moltiplicano le opportunità». n 28_05_2015

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business MULTIMARCA sUL web

Anche nel virtuale, come nel reale, vince la personALizzAzione Crescono le vendite e-commerce nei multimarca italiani dell’alto di gamma, che si stima valgano circa 450 milioni di euro. Nel settore aumenta la concorrenza. E l’arma da giocare, anche sul web, è quella della forte identità di Elisabetta Campana

sta diventando sempre ’e-commerce più importante, e imprescindibile,

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anche per i multimarca italiani. Consente ai negozianti da un lato di superare i confini del nostro Paese e accedere alla clientela di ogni nazionalità, dall’altro di ordinare collezioni dalla valenza più internazionale. La gestione delle vendite online è però complessa, da non sottovalutare, e la concorrenza aumenta in modo esponenziale. La strategia adottata dai dettaglianti più lungimiranti è la personalizzazione di sito e offerta, in linea con ciò che tradizionalmente li rende unici agli occhi del fashion system mondiale. Una spiccata identità fa, e farà sempre di più, la differenza in un mercato online come quello della moda e del lusso che, pur avendo potenziali di crescita a doppia cifra, deve confrontarsi con una clientela alla ricerca di selettività, esclusività e innovazione. Non esistono dati ufficiali, ma Fashion stima che l’e-commerce dei multibrand italiani di target elevato valga circa 450 milioni di euro (comprese le vendite che 82 insegne effettuano tramite la piattaforma farfetch.com), di cui oltre il 90% è generato oltreconfine. Non a caso, il volume d’affari è alimentato anche dalle partnership “occulte” di alcuni commer-

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cianti con siti esteri, soprattutto cinesi, grazie alle quali i website stranieri possono attingere ai magazzini delle boutique italiane, garantendo loro migliaia di euro di ordini al giorno. Vendere online non è comunque facile. Tanto più per i dettaglianti italiani abituati a un lavoro diverso, spesso basato sul rapporto personale con la clientela: per far funzionare un e-store occorre avvalersi di strutture e tecnologie ad hoc, oltre che di personale specializzato. Per non parlare degli investimenti economici necessari per rendere il business proficuo. Ma ne vale la pena. Negli ultimi sette anni segnati dalla crisi dei consumi interni, molti negozianti hanno dichiarato al nostro giornale che «il web è stato (e sarà, ndr) l’ancora di salvezza del settore». Tutti concordi nell’affermare che «non solo rappresenta una vetrina sul mondo intero, ma dà anche la possibilità di vendere 24 ore su 24, 365 giorni all’anno». Parallelamente allo sviluppo dell’e-commerce degli ultimi due/tre anni, è aumentata la complessità di gestione. Anche perché nel frattempo si sono affermati competitor internazionali agguerriti come mytheresa.com e matchesfashion.com (vedi articolo a pagina 44), ma anche okini.com e ln-cc.com, oltre al colosso nei-

stefaniamode.com

Una piattaforma itali Il debutto uffciale di stefaniamode.com, avverrà in settembre, durante Milano Moda Donna. Le aspettative sono già tante, visto che Aldo Carpinteri, alla guida dell’insegna Stefania Mode (otto boutique tra Trapani, Erice e Favignana), parla di un progetto innovativo, più vicino a mostri sacri come mytheresa.com e matchesfashion.com che alle realtà italiane. «Mi sono trovato di fronte a un bivio - spiega Carpinteri -. Aprire l’ennesimo punto vendita o investire in una piattaforma digitale che consenta di rimanere italiani, ma con una visibilità internazionale. Ho scelto la strada del web, quella proiettata verso un futuro che di fatto è già un


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1. antonioli.eu 2. tizianafausti.com 3. luisaviaroma.com 4. giglio.com

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ana sul mondo presente». L’imprenditore siciliano non è certo nuovo al business online, visto che la sua insegna è tra le punte di diamante di farfetch.com: «La piattaforma lanciata da JosŽ Neves è un’ecommerce puro, che porteremo avanti e che ci ha consentito di fare molta esperienza - commenta -. Il nostro sito avrà un sapore diverso, con un lay out unico, una selezione di marchi particolare e tanti contenuti speciali». L’importante per gestire al meglio l’attività via etere è la condivisione con le aziende di elementi chiave: a partire dal concetto di eccellenza e servizio fno agli shooting, che

garantiscono un’immagine esclusiva e al geopricing: «Tutti i brand che venderemo saranno autorizzati dalla maison stesse: per i dettaglianti che hanno i requisiti giusti le porte sono sempre aperte», precisa Carpinteri, aggiungendo: «Abbiamo già in cantiere anche capsule collection create ad hoc e altre iniziative tutte da scoprire». (e.c.)

manmarcus.com. In Italia è Andrea Panconesi con il suo luisaviaroma.com ad avere fatto da apripista lanciando nel Duemila il sito di vendite online, che oggi fattura oltre 100 milioni di euro (compreso il negozio fisico che vale il 10%) con quattro milioni di visitatori al mese. Il sito fiorentino è diventato un unicum, grazie anche alla collaborazione con i blogger: l’evento a loro dedicato Firenze4Ever (il giorno prima di Pitti Immagine Uomo) è arrivato all’11esima edizione. Per Panconesi nell’era della condivisione è fondamentale creare sinergie di network: «Non sono geloso per natura - ammette -. Più si scambiano informazioni più si alza il livello di conoscenza, fondamentale per evolvere questo business». Se l’imprenditore fiorentino segue un percorso di comunicazione moda, abbinato alla ricerca tecnologica - organizza infatti periodicamente un fashion&technology summit -, altri suoi colleghi puntano su proprie peculiarità. Come ha fatto Antonioli a Milano, sul web dal 2009 con antonioli.eu. «In questi sei anni il nostro e-commerce è cresciuto in modo esponenziale, ormai supera i 10 milioni di euro e nei primi mesi del 2015 l’incremento è stato del 73% - dice Claudio Antonioli -. La strategia vincente è offrire sempre più assortimento e servizio, restando coerenti con la propria filosofia. Trattiamo il cliente online come se fosse in negozio, garantendogli anche un customer service personalizzato, alimentato dall’esperienza dei nostri addetti alla vendita». Di tutto questo beneficia anche il negozio «il cui sell out ormai rappresenta un settimo del totale, ma non per questo perde importanza - aggiunge Antonioli -. Abbiamo appena aperto di fronte alla nostra sede uno store Inner, dedicato al mondo street, che tra breve disporrà del proprio sito». Antonioli.eu è tradotto in otto lingue ed è replicato in Asia e in America: «L’aspetto tecnico è fondamentale precisa Antonioli -. Tra giugno e luglio rinnoveremo la grafica e il software, per essere ancora più accattivanti, aggiornati e veloci». Sulla stessa lunghezza d’onda Giuseppe Giglio di Giglio a Palermo, il cui fatturato online (una media di 150200 pacchi, con punte di mille, spediti al giorno) quest’anno dovrebbe equivalere a quello dei sette punti vendita del gruppo. «Premesso che reale e virtuale si danno una mano a vicenda - puntualizza Giglio e che il negozio rappresenta una credenziale per l’online, al punto che la “fisical 28_05_2015

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business MULTIMARCA sUL web

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1. LÕhome page del nuovo sito di e-commerce lanciato da Antonia a Milano 2. runin2.com • la piattaforma che unisce forze e competenze di due insegne multimarca: Base Blu a Varese e Folli Follie a Verona 3. Una selezione delle proposte in vendita su leam.com

evidence” sul sito è indispensabile, la gestione di entrambe le realtà è molto complessa: in boutique è necessaria la super venditrice, nel web il super programmatore». Pur sommandosi sinergie e competenze, che hanno in comune la vendite di collezioni moda, i due canali sono molto diversi tra loro: «In negozio è facile presentare al cliente un abbinamento, spiegare un modello o trasferire la propria competenza - precisa Giglio -. Sull’online la comunicazione avviene attraverso immagini, suoni e video creati ad hoc. Noi realizziamo tutto internamente, con una quarantina di persone, compresi fotografi e stylist». Indispensabili anche le attività di advertising e marketing: «Abbiamo 200mila iscritti alla nostra newsletter e inviamo 1,2 milioni di email mirate a settimana - dichiara Giglio -. E per far capire alla clientela italiana e straniera che dietro allo schermo di smartphone e computer esistono delle persone a loro disposizione, inviamo insieme ai pacchi una lettera che firmo personalmente». Se è vero che l’online apre le porte al pubblico di tutto il mondo, bisogna però fare i conti con le limitazioni aziendali. Come fa notare Gianni Amati di Leam a Roma, «diversi brand, soprattutto al top, vietano la vendita sul web e il numero aumenta di stagione in stagione, per cui il business si concentra su determinati nomi: spetta pertanto a noi negozianti creare il migliore 32

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mix d’offerta, personalizzandolo». Griffe come Christian Dior, Céline, Christian Louboutin, Azzedine Alaïa, Balenciaga, Bottega Veneta e Prada di norma vendono solo sui loro siti, mentre marchi tipo Givenchy, Dolce&Gabbana, Valentino, Fendi, Dsquared2 e Moschino sono favorevoli all’e-commerce dei multimarca, a patto che i prezzi siano gestiti con attenzione. Diverse aziende impongono il geopricing, ovvero il rispetto del listino aziendale a seconda dei mercati di sbocco, in modo da evitare concorrenze sleali con i retailer locali. Proprio per affrontare al meglio dinamiche e problematiche dell’eshop, due importanti insegne multimarca come BaseBlu di Varese e Folli Follie di Verona (con negozi anche a Mantova, Brescia, Bologna e Rimini) hanno creato runin2.com: «Abbiamo deciso di condividere un progetto di questa portata, per unire i nostri background e le nostre esperienze» conferma Marco Chironi di Base Blu.

Chi invece ha scelto di correre da sola, con un debutto recentissimo a maggio, è Antonia di Milano. «Abbiamo voluto ricreare nel web il nostro dna e la nostra filosofia racconta Antonia Giacinti, alla guida dell’insegna insieme al marito Maurizio Puri�icato - mantenendo elevato il livello qualitativo dell’offerta come in negozio, anche in termini di immagini e contenuti editoriali. Particolare attenzione diamo ai numerosi progetti speciali, limited-edition, partnership e collaborazioni, realizzate spesso in esclusiva per il nostro circuito». Ci sono poi insegne che forti del successo che stanno avendo su Farfetch.com, programmano di aprire un proprio e-store. È il caso di Stefania Mode a Trapani che debutterà in settembre con il suo progetto di e-commerce, festeggiando l’evento durante Milano Moda Donna (vedi box a pagina 31) e di Parisi a Taormina. «Stiamo pensando a un nostro sito - conferma Pancrazio Parisi - fermo restando che siamo più che contenti di far parte della comunità creata da José Neves, che consente a ogni cliente di comprare, comodamente da casa, scegliendo tra le 300 diverse filosofie d’acquisto delle boutique sparse nel mondo e a noi di farci conoscere a livello internazionale». Anche per quanto riguarda l’online i dettaglianti italiani non mancano di stupire per intraprendenza e innovatività. Certo, c’è ancora molto da fare, ma la strada che stanno percorrendo è giusta, soprattutto se non perderanno mai di vista ciò che li rende unici al mondo: la personalizzazione dell’offerta. ■


DemanDware ItalIa FOr

A Londra per parlare di omnicanalità. Con Ovs come case history vincente Appuntamento il 16 e 17 giugno con Demandware Xchange ‘15, summit organizzato dal leader globale nelle soluzioni di cloud commerce per le imprese. In primo piano dall’Italia Ovs: un retailer che sull’integrazione tra canali online e offine ha costruito una strategia di successo.

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emandware non è semplicemente la società quotata al New York Stock Exchange, leader nelle soluzioni di cloud commerce per le imprese. È anche il fulcro di una community dalla quale scaturiscono idee fresche e ispirazioni per un futuro all’insegna dello slogan “Move faster, grow faster”. Un appuntamento imperdibile per la “Demandware european community” è Demandware Xchange ‘15, una due giorni (il 16 e 17 giugno a Londra) di dibattiti e confronti, con interventi di key speaker internazionali, dove è atteso un pubblico di oltre 1.200 persone. Sul palco dei relatori anche Monica Gagliardi, head of eCommerce, CRM, Web and Digital di un big player italiano del retail come Ovs, che ha adottato Demandware nel maggio 2013 e ne ha fatto la piattaforma al centro delle sue strategie omnichannel. Una mossa vincente, che ha portato Ovs ad aggiudicarsi il premio di

Demandware Inc. per l’innovazione nella Customer Experience, ritirato un mese fa a Las Vegas dalla stessa Monica. «Un riconoscimento che ci spinge ad andare avanti commenta - sempre anticipando i desideri di un “omnicustomer” che si muove liberamente tra online e offine». “Integrazione” è la parola chiave della strategia elaborata con Demandware, «un termine che in sostanza racchiude un’esperienza evoluta e unica di shopping, multi-device e multi-sensoriale: è possibile acquistare online e ritirare l’articolo in negozio grazie alla formula “click and collect”, esplorare lo store reale scoprendo strumenti utili come i tool dalle funzionalità interattive che dicono tutto sul prodotto e la sua reperibilità, insieme a soluzioni divertenti, oltre che pratiche, come le Magic Fitting Rooms. Si tratta di camerini dove non ci sono specchi ma video-screen che permettono di vedersi “fronte-retro”, avere una ta-

Demandware Italia Piazzale Biancamano 8 - 20121 Milano Maurizio Capobianco Sales Manager mcapobianco@demandware.com - www.demandwarexchange.com/london/

glia o un colore diversi se l’abito non va bene servendosi di un lettore di codice a barre, e anche scattare un selfe da condividere sui social. Selfe che, non dimentichiamolo, non resta memorizzato sullo schermo. A ottobre abbiamo introdotto i beacon, un ulteriore modo di fdelizzare la clientela». A proposito di social, qualche cifra: la digital experience si è tradotta per Ovs in un +345% nella base di fan su Facebook, in un +70% di follower su Twitter e in un +81% di aumento di traffco sul sito. E il futuro? «Sarà all’insegna della realtà aumentata e delle esperienze tridimensionali, anche con i Google Glass - conclude Monica Gagliardi -. Non fnisce qui: l’interconnessione tra offine e online ci offre continui spunti, nuove frontiere da esplorare». Demandware Xchange ‘15: un’occasione unica per brand e retailer che vogliono ampliare la propria strategia omnicanale.


business CUSTOMER ExpERiEnCE MaRChi pREMiUM

Tra il navigare e il cliccare, c’è di mezzo un’autostrada Coccolare il consumatore, con servizi mirati e personalizzati. Un presupposto imprescindibile per l’e-commerce dei brand che gravitano nella fascia premium. Ma c’è ancora tanta strada da fare per abbattere le barriere tra offline e online di Carla Mercurio

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a moda ha ancora un’autostrada da percorrere per sfruttare appieno le potenzialità dell’ominchannel. Le vendite online diventeranno rilevanti quando i giovani digitali cresceranno e le aziende saranno giocoforza costrette a innovare per non essere tagliate fuori». È tranchant il punto di vista di Marco Di Dio Roccazzella, equity partner di Value Lab, società di consulenza di management e information technology. I numeri parlano chiaro. Oggi l’e-commerce copre solo il 5% delle vendite del settore, rivela una ricerca di Value Lab, con picchi del 25% in aree più mature, come il Regno Unito e gli Stati Uniti. «A parte i clienti influencer, che hanno le idee chiare e acquistano capi costosi, c’è una pletora di consumatori che cercano soprattutto il beneficio economico: prediligono gift, piccoli accessori, meglio ancora se scontati», chiarisce Di Dio. Sono gli influencer, una fetta ancora più piccola di una porzione già piccola, il focus dei brand del lusso. Una mini-schiera di utenti con un alto potere di spesa, idee chiare e l’abitudi-

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1. Lo screenshot del sito di e-commerce di Versace 2. L’e-store di Blumarine

ne di essere molto coccolati all’interno dei negozi fisici. Un nucleo che può crescere ed espandersi, a patto che le griffe siano in grado di garantire, anche online, servizi personalizzati, meglio ancora se taylor made. «Oltre che nella qualità del prodotto, della lavorazione e dei materiali, la differenza tra un brand premium e uno di categoria inferiore sta anche e soprattutto nel tipo di esperienza che si vive entrando in contatto con la label - osserva Stefan Mayer, a.d. di Arvato Italia, sede italiana del colosso tedesco del global service providing -. La clientela del settore luxury è abituata a essere trattata con cura nel momento in cui entra in una boutique delle vie del centro. Quando, per i motivi più diversi, si rivolge al canale digitale, si aspetta e pretende di rivivere le stesse emozioni. Vuole un

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servizio piacevole, sicuro, rassicurante, snello e di qualità. Per il marchio non si tratta solo di generare fatturato ma soprattutto di fare branding, mantenendo coerenza tra immagine offline e online». Condicio sine qua non, spiega Mayer, è avere un front end chiaro e curato, che fornisca tutte le informazioni utili, rispettando l’immagine della label. Inoltre diventa fondamentale il contatto con il customer service, che deve essere esperto, gentile, proattivo, personalizzato e attento alle esigenze del cliente. L’elenco dei servizi imprescindibili è lungo e dettagliato e passa per la tappa basilare dell’integrazione tra online e offline, per conoscere a fondo il cliente, coglierne le esigenze e interagire con lui nel modo più corretto. Comprende il packaging («Deve essere d’impatto e curato dal punto di


stefan mayer Amministratore delegato Arvato Italia

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vista estetico, con utilizzo di carta velina o seta e documenti brandizzati»), la rapidità delle consegne e il “same day delivery” nelle aree metropolitane, un sistema di Crm ben organizzato - che permetta di personalizzare l’obiettivo e il contenuto delle comunicazioni -, la multicanalità e un supporto live e immediato nel momento dell’acquisto. È importante anche che il sito abbia contenuti moda, per essere un luogo non solo virtuale ma anche in cui il cliente legge e si aggiorna sulle tendenze. E visto che le vendite di moda online hanno andamenti diversi a seconda delle aree geografiche, ci sono Paesi a cui bisogna dare di più: a Londra, chiarisce Mayer, il “same day delivery” rappresenta sempre più un requisito importante, così come la presenza di un sistema di fraud management, dato l’alto tasso di frodi. In Germania non si possono non prendere in considerazione il pagamento tramite open invoice e il reso gratuito. Se l’offline fa la parte del leone, l’online creSce a ritmi Serrati «L’e-commerce guadagna terreno rapidamente - racconta Elena Francia, customer experience manager di Zerogrey, che gestisce e-shop e la politica multicanale per i marchi della moda e

Quando si rivolge al canale digitale, la clientela del settore luxury si aspetta e pretende di rivivere le stesse emozioni che prova entrando nel negozio fsico

del lusso (fra questi Blumarine, Pollini, Italia Independent) -. E noi di Zerogrey abbiamo scelto di calvalcare l’onda, con servizi sempre più mirati. È vero, c’è un autostrada da percorrere, ma sicuramente esistono i margini per lavorare bene e fare innovazioni». «Per i clienti della fascia top - racconta - abbiamo attivato il reso gratuito dei prodotti, organizzato interamente da noi. Inoltre proponiamo il «cart saving premium», ossia il recupero carrelli abbandonati, tramite una mail personalizzata con il logo del brand, che invita a completare l’ordine inevaso. Un altro servizio che proponiamo è la linea dedicata, attivata su richiesta del brand: il consumatore può chiamarci e noi ri-

spondiamo dando risposte a domande di qualsiasi natura, dalle taglie ai dettagli del prodotto, dalla registrazione sul sito alle modalità di acquisto». Naturalmente è necessario conoscere a fondo i clienti dei diversi marchi per poterli classificare. Viene in aiuto l’Nps, un sistema metrico di analisi della customer loyalty utilizzato da aziende (di ecommerce e non) come Google, Apple, Amazon e Facebook. «Permette di clusterizzare i referenti, individuando le categorie dei promoter, dei passivi e dei detractor - prosegue Francia -. A seconda dei risultati ottenuti, si possono organizzare attività particolari di customer experience differenziate, in accordo con il brand. Noi per esempio al momento della consegna inviamo una mail con cinque domande, focalizzate su esperienza di acquisto, spedizione, prodotto e giudizio globale. I risultati ci dicono che tipo di approccio avere con i promoter, ma anche con gli insoddisfatti, per recuperarli». Per il futuro, Zerogrey conta di proseguire su questa strada, individuando gli utenti premium e cercando di seguirli e assisterli anche contattandoli telefonicamente, per mantenere vivo l’interesse nei confronti della label. Niente servizio di stylist on chat, per il momento, perché i clienti non lo richiedono. «Gestirlo internamente sarebbe complesso - fa notare Elena Francia -. Però si potrebbe benissimo attivare una chat live con un provider esterno: un servizio in più per le consumatrici abituate ad avere un personal shopper. Ma, conclude, «al momento le aziende sono ancora caute e restie a spendere per l’e-commerce». Una frase davvero emblematica: la dice lunga su quanto l’”autostrada” sia ancora tutta da percorrere. n

ELENA FRANCIA Customer experience manager Zerogrey

È vero: c'è un’autostrada da percorrere per sfruttare appieno le potenzialità dell'omnichannel. Ma sicuramente esistono i margini per lavorare bene e fare innovazioni.

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business news Capgemini

Il gigante high tech che pensa anche ai giovani

Il portale di e-commerce di Etiqueta Negra, powered by Offcina Idee

Offcina Idee

Per sport e per moda: un full outsourcer in crescita

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Photo Visit London (Facebook)

Quello dei fratelli Nicola e Tommaso Siano, ceo di Offcina Idee, è un percorso sui generis: dopo aver studiato marketing e fnanza, con un Master al Politecnico alle spalle, fondano nel Duemila la loro società, il cui punto di avvio è l’e-commerce legato al mondo sportivo. «Siamo partiti nel 2002 - spiega Nicola Siano - con un progetto pensato per la Gazzetta dello Sport, che poi è diventato Tifoshop, digital shop in shop nelle categorie football, running e lifestyle». Negli anni Duemila il feeling con lo sport e i settori affni si rafforza e non solo nel mondo virtuale. «Lo spunto è venuto dal Giro d’Italia - continua Siano - un evento che ha una forte eco mediatica e di costume, ma che si esaurisce in poche settimane. Noi volevamo puntare a un progetto a lungo termine, non necessariamente legato al web». Nasce così il marchio di abbigliamento per adulti e bambini Giro d’Italia Fashion per Rcs Sport, distribuito nelle migliori boutique. Una per tutte, LuisaViaRoma di Firenze. «È stata una palestra indispensabile per capire dinamiche e tempistiche del fashion - precisa il giovane imprenditore - che ci è tornata utile nel momento in cui ci siamo ributtati, intorno al 2010, nell’universo web, come e-commerce provider in grado di gestire progetti di vendita in Rete in full outsourcing per aziende leader, anche nella moda». Un paio di nomi: Etiqueta Negra e Chervò. «Tutto il nostro lavoro - puntualizza il co-ceo - si basa sulla strategia condivisa con i clienti per quanto riguarda lo sviluppo delle piattaforme web, la gestione degli ordini, la fatturazione, i pagamenti, la customer care, la logistica e il web marketing. A questo proposito, siamo orgogliosi di essere annoverati tra i partner certifcati da Google». «Sulla base dei parametri del marchio e del know how di settore - prosegue - simuliamo un business plan a tre anni, che utilizziamo per misurare le nostre performance». Offcina Idee opera su una piattaforma e-commerce di proprietà, con un’applicazione completamente customizzabile e integrabile con i principali Erp. Come si delinea il futuro? «Stiamo crescendo risponde Siano - e vendiamo molto più all’estero che in Italia, al punto che recentemente abbiamo aperto un’agenzia commerciale a Londra. Stiamo valutando una gestione worldwide della distribuzione, attualmente seguita interamente dall’Italia, insieme a distributori locali cinesi, statunitensi e giapponesi. Abbiamo anche avviato negli ultimi anni nuove partnership, tra cui quella con Puma per l’e-shop della nazionale di calcio. Il feeling con la moda nella sua totalità, oltre lo sportswear, è fortissimo. E siamo pronti a ulteriori intese in questo settore». (a.b.)

145mila dipendenti in oltre 40 nazioni: i dati la dicono lunga su Capgemini, uno dei maggiori provider di servizi di consulenza, information technology e outsourcing, con un giro di affari di 10,573 miliardi di euro nel 2014. In tandem con i clienti, Capgemini elabora soluzioni di business e tecnologiche in grado di migliorare le performance e il posizionamento di mercato. Fra gli aspetti caratterizzanti, l’organizzazione multi-culturale del gruppo, che utilizza un approccio di lavoro denominato Collaborative Business Experience e un modello globale di delivery distribuita chiamato Rightshore. Financial Services, Energy&Utilities, Fashion&Textile, Manufacturing, Automotive, Consumer Products, Retail&Distribution, Public Administration, Telecom Media & Entertainment sono i settori in cui opera l’azienda. Alta l’attenzione ai giovani e alla formazione, anche nel nostro Paese: di recente un team di studenti del Politecnico di Milano ha vinto la quarta edizione di Lake Poli School - iniziativa del Polo Territoriale comasco del Politecnico, che avvicina il mondo universitario a quello delle imprese - con il supporto di Capgemini Italia. I ragazzi hanno sviluppato un business case e un prototipo dedicato al settore media-entertainment, basandosi su una combinazione di tecnologie wearable e second screen per il calcio. Un progetto che rientra nella strategia di Capgemini di ampliare l’offerta sull’IoT (Internet of Things) tramite l’assunzione di oltre 50 professionisti, compresi i talenti universitari che entreranno a far parte della business unit dedicata. (c.me.)

Demandware Xchange ‘15

Londra per due giorni capitale dell’innovazione “Always informative. Always memorable. Always fun”: tre parole d’ordine per i grandi appuntamenti internazionali organizzati da Demandware, società quotata al New York Stock Exchange, leader nelle soluzioni di cloud commerce per le imprese. Il prossimo è fssato al Park Plaza Westminster di Londra, il 16 e 17 giugno, dove si svolge il summit annuale Demandware Xchange ‘15: un evento “invitation-only”, che ospitando le testimonianze di relatori di altissimo livello, panel di discussione, tavole rotonde, presentazioni di case history e workshop traccia le coordinate di un futuro all’insegna dell’innovazione anche e soprattutto per il settore moda, alle prese con le sfde dell’omnicanalità. Tra i numerosi interventi, quelli di Monica Gagliardi (e-commerce, CRM, web & digital marketing director di Ovs), Jorij Abraham (director research & advise di E-commerce Europe), Benedikt Bolle (manager di H+P Hachmeister + Partner), Ian Jindal (direttore e co-fondatore di InternetRetailing), Martin Newman (ceo di Practicology), Tim Ebling (presidente e ceo di Demandware) e Jeff Barnett (ceo della stessa società). Il programma completo sul sito demandwarexchange.com. (a.b.)


business digitalfashion di Elena Azzola

Black Bee

Dai dati alle informazioni preziose per i brand Black Bee, l’ape nera del Nord, è una tecnologia tedesca in grado di raccogliere enormi quantità di dati disponibili online per poi elaborarli e trasformarli in informazioni preziose per i brand. Il sistema di crawling e matching di Black Bee permette di recuperare notizie dettagliate su prezzo e prodotto, analizzando i canali di vendita globali, per individuare rivenditori non autorizzati, listini inadeguati e probabili falsi o copie degli articoli. Fondata su avanzati sistemi di matching di dati prodotto, Black Bee non necessita di codici univoci come l’EAN ed è disponibile in Italia grazie a Intergic, che si occupa di selezionare le migliori tecnologie internazionali al servizio dell’e-commerce. Un’immagine promozionale di Black Bee

Tmr Cederna Fodere

In un’ottica user friendly L’ultima sfida di Tmr Cederna Fodere (leader nella produzione di fodere per abbigliamento di alta gamma) è digitale: si tratta di un nuovo sito istituzionale (tmrcederna.it), sviluppato in un’ottica user friendly. Inoltre, per tutti gli utenti è possibile, previa veloce registrazione, accedere a due aree esclusive: la sezione “anteprime”, in cui consultare le novità delle collezioni per la stagione autunno-inverno 2015/16, e quella “stock service”, in cui visualizzare e acquistare tutti i campioni presenti in magazzino delle tipologie stampe, tinti in filo e jacquard.

Una pagina del nuovo sito di Tmr Cederna Fodere

Gli uffci di Brandsdistribution.com a Torino

E-commerce b2b

Le nuove sfde dei distributori online Sebbene si tenda sempre a parlare, almeno nella moda, di siti di vendita al consumatore fnale (b2c), come Yoox, Net-a-Porter, LuisaViaRoma, Farfetch e altri, esistono realtà del b2b che stanno avendo un ruolo importante nel digitalizzare le aziende del fashion, facendo cogliere loro nuove opportunità. Si tratta dei partner distributivi online. «Abbiamo iniziato nel 2008 collocando gli stock di abbigliamento e accessori frmati presso outlet, piccoli negozi, siti web e power seller eBay attraverso la nostra piattaforma online - spiega Angelo Muratore, presidente di Brandsdistribution.com, con sede a Torino -. Ora, grazie al network che abbiamo creato (il web site conta circa 90mila rivenditori iscritti in 170 mercati, ndr) e alla leadership conquistata nel dialogare con siti di fash sales e multimarca piccoli, medi e grandi in tutto il mondo, siamo diventati un ponte per le aziende della moda che vogliono andare a vendere i loro prodotti in aree in cui ancora non sono presenti». La distribuzione online consente di saltare molti passaggi e abbattere i prezzi: un asset nello sviluppo di Brandsdistribution.com, che ha realizzato un fatturato di 14 milioni di euro nel 2014 e che nei primi quattro mesi del 2015 registra una crescita del 30%. La società, fondata e guidata dall’esperto di e-commerce Carlo Tafuri, ha affancato al core business altre attività: ha creato due brand, Ana Lublin e Made In Italia, che oggi esporta in oltre 60 Paesi, ed è licenziataria dei marchi No Limits e Sparco, oltre ad avere la distribuzione esclusiva delle scarpe Rochas. Inoltre, a fne 2014, ha lanciato Stocklot, marketplace dove offerta e domanda di stock (con lotti da mille a 10mila euro) si incontrano: una formula dedicata soprattutto ai rivenditori offine. Un’altra realtà interessante sul fronte b2b è Brandon, fondata e guidata dalla giovane bocconiana Paola Marzario, entrata nella top ten delle start up milionarie italiane. Recentemente Brandon, con sede a Milano, ha aperto anche uffci a Napoli (a Palazzo Ischitella) per lavorare con i façonisti del distretto come produttore di capi di abbigliamento, prevalentemente donna, da vendere in Rete. «Stiamo lanciando quattro private label di fascia “lusso accessibile”: Conte of Cashmere, Solo Capri, Isabella Roma e Les Sofstiquées - racconta Paola Marzario -. Dal 2012 monitoriamo le tendenze della moda online e questo ci permette di identifcare in tempo reale le abitudini degli utenti web. Entro la fne dell’anno prevediamo di vendere 100mila capi». Brandon lavora con i principali siti di fash sales: Privalia, Showroomprive, Amazon BuyVip e SaldiPrivati. Un’altra area di business è sviluppare con i brand della moda licenze solo per il canale Internet. «Sostanzialmente - chiarisce - si tratta di creare brand extension dei marchi solo per l’online: prodotti nuovi, che fnora non si sono trovati nei negozi fsici, ma che l’azienda può poi decidere di inserire anche nell’offine. Per il resto, facciamo business intelligence per i nostri partner: la richiesta di prodotto italiano all’estero è forte ed è per noi fonte di orgoglio aiutare le aziende del nostro Paese a emergere e consolidarsi nei vari mercati». Brandon, che prevede di chiudere il 2015 con un fatturato di 5 milioni di euro, collabora in ambito moda e lifestyle con E. Marinella, Gazèl, Francesca Ferrante, Okydoky Fashion Bimbo, Giorgia & Johns e Moleskine, a cui si aggiungono le calzature donna Fiorucci.

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business BIG RETAILER MAnGo

A Milano lo store più grAnde. Intanto cresce l’e-coMMerce Ha appena inaugurato a Milano il punto vendita più grande al mondo e si accinge ad aprire nuovi megaspazi in Italia e all’estero. La catena spagnola Mango cresce anche con l’e-commerce, che oggi rappresenta il 9,1% del turnover

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1.Il nuovo megastore di Mango, in corso Vittorio Emanuele, a Milano 2. Uno screenshot del sito di e-commerce di Mango

di Carla Mercurio

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nche le catene della fast fashion si adeguano ai nuovi orientamenti, proponendo sempre più modalità di shopping experience in chiave tecnologica. Un esempio lampante di questo orientamento è Mango, il big spagnolo approdato in questi giorni a Milano con uno spazio di ben 3mila metri quadri, in corso Vittorio Emanuele, che prende il posto di quello precedentemente operativo, che ne occupava 900. Una realtà che prosegue la sua politica di opening, puntando su contenitori sempre più ampi, e parallelamente investendo sull’e-commerce. «Il punto vendita milanese - racconta Daniel López García, vice-chairman di Mango - è lo step importante di una strategia che mira all’apertura di megastore, destinati ad accogliere un universo sempre più ampio, oggi popolato dalle etichette Mango Man, Mango Kids e dalle proposte in taglie comode Violeta by Mango. «Un mondo cresciuto tanto nel corso degli anni, impossibile da contenere nel format iniziale di negozi, che si aggirava sui 300 metri quadri». E chiarisce: «La vetrina milanese è la più grande al mondo. Segue il concept già testato nei punti ven-

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dita di Bergamo Oriocenter, Padova, Torino, Modena, Parma e Pisa, ma ha contenuti di design unici che mirano a creare un'atmosfera d'impatto, destinata a colpire il pubblico. È un luogo dove trascorrere il tempo in maniera piacevole, con aree wi-fi e con molta tecnologia». L'Italia, in questo momento, è nel mirino di Mango: «Un Paese che vale 100 milioni del nostro giro di

ManGo neL 2014 Giro di affari

2.017

milioni di euro (+9,3%)

ebitda

223

milioni di euro

export

82%

del giro di affari

Dipendenti

15.787

numero negozi

2.700 Paesi

109

affari, ossia meno del 5%, dove abbiamo creato i pilastri per la nostra futura espansione, perseguita con aperture di flagship e spazi in partnership». All'estero, significative inaugurazioni sono quella recentissima di Dublino, in Henry street (1.390 metri quadri) e quella in dirittura di arrivo a fine anno a Barcellona, in calle Canuda (2.810 metri quadri). Tasselli basilari di un piano di espansione che mira crescere nelle aree dove l'insegna è già presente: Europa, Medio Oriente, Russia, Sud America, Cina e Sud Est Asiatico. anche l'online è in progress: 12 nuovi paesi raggiunti nel 2014 Ecco che l'e-commerce diventa uno strumento fondamentale per ampliare ulteriormente gli orizzonti del marchio. Una carta che l'azienda sta giocando. E con successo. Basti pensare che oggi ben il 9,1% del giro di affari di Mango deriva dalle vendite online: un dato significativo, tanto più se si considera che nel 2014 il fatturato totale dell'azienda ha superato i due miliardi di euro, in crescita del 9,3%. Nel 2014 sono stati raggiunti dall'e-commerce 12 nuovi Paesi, per un totale di 76 nazioni in cui è attualmente attivo lo shop Mango. Sempre nel 2014 è stato attivato un centro logistico ad hoc in Germania, finalizzato a rendere più rapido il servizio offerto ai clienti di questo canale, sia sul mercato specifico, sia nelle aree limitrofe. Nel 2015 l'espansione online si concentrerà in Sud America, Asia e Africa. Per rendere sempre più gratificante l'esperienza di acquisto in rete, si punta all'integrazione della realtà aumentata nelle app (scan & shop) e sullo sviluppo di un sito di tipo responsive e adaptive, accessibile da qualsiasi dispositivo mon bile, attraverso browser o app.


Prudsys ItalIa FOr

Prudsys, il sistema di realtime personalization tedesco leader di mercato svolge la funzione di commesso virtuale, personalizzando l’esperienza di acquisto del cliente in tutti i canali.

Il commesso dedicato U

n’esperienza di online shopping dinamica e soddisfacente è quella che il consumatore si aspetta di trovare nel 2015 in un sito di eCommerce, soprattutto quando si parla di moda. Generando automaticamente suggerimenti su cosa acquistare in tempo reale, sulla base della navigazione e dei comportamenti precedenti dell’utente, il recommendation engine tedesco di facile implementazione prudsys svolge la funzione di commesso virtuale. Non solo aiuta il cliente ad abbinare il giusto accessorio al prodotto selezionato, mostra anche le alternative e combinazioni che più gli possono piacere, riconoscendo l’utente e adattandosi ai suoi gusti, visita dopo visita. In modo completamente

automatico ma secondo regole defnite dal merchant, prudsys gestisce le vetrine dell’e-shop creando un’esperienza di acquisto personalizzata. Grazie al modulo NL, la stessa customizzazione avviene nella newsletter, che utilizza le medesime informazioni per arricchire le comunicazioni via mail con prodotti di interesse per ogni singolo utente in una reale ottica “one to one”. Il “Reinforcement Learning” permette a prudsys di apprendere interagendo continuamente con il cliente, registrando la sua risposta ai contenuti proposti e confrontandola con il comportamento di tutti gli utenti del sito. Fra le recenti innovazioni di prudsys c’è il modulo Scoring, che sfrutta l’approfondita conoscenza di ogni utente per prevedere chi

Prudsys Italia Via Pietrasanta 12 - 20141 Milano - Tel. +39 02 45075241 - sales.italia@prudsys.it

abbandonerà il carrello e prevenire i resi. Prudsys è una società tedesca leader di mercato con clienti come Patrizia Pepe, E-volve Group e Liu Jo, ed è presente in Italia tramite il team di Intergic, che dal 2009 seleziona le migliori tecnologie internazionali dedicate all’eCommerce e le porta nel mercato italiano.


business convegni

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57eSiMo TWFoRUM

L’high-tech conta, le emozioni DI PIÙ

Dalle nuove valenze del termine “brand” alle strategie di marketing omnichannel, fino al ruolo del negozio fisico, fulcro di cambiamenti epocali: se ne è parlato al Forum del TextilWirtschaft. Al centro delle riflessioni un consumatore attento, attivo e ricettivo. A patto che possa dire la sua ed essere ascoltato

di Marcelo Crescenti

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7 edizioni, un pubblico di oltre 500 qualifcati addetti ai lavori, quattro relatori di alto livello: questi sono alcuni numeri del TW Forum, organizzato in Germania (tra la Print-Media Academy di Heidelberg e il Castello di Schwetzingen) dal magazine leader in ambito B2B TextilWirtschaft, che come Fashion fa capo alla casa editrice Deutscher Fachverlag. Tema al centro dell’incontro del 6 e 7 maggio, la moda tra old e new economy, analizzata da diversi punti di vista. Innanzitutto quello di un retailer come KaDeWe Group, il cui ceo André Maeder ha esordito con una domanda provocatoria: «Oggi tutti hanno il necessario per vivere bene. Allora perché continuano a venire da noi? Perché KaDeWe punta su due priorità: offrire emozioni e coinvolgere le persone». Come ha ricordato Maeder, «nel department store KaDeWe di Berlino offriamo una gamma immensa di prodotti su 56mila metri quadri: per esempio, T-shirt che vanno da 15 a 800 euro. Non ci riteniamo un’insegna, ma una piattaforma. I nostri competitor non sono solo gli altri commercianti di moda, ma anche ristoranti, musei e agenzie di viaggio». Dal canto suo, l’indu-

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stria automobilistica accorcia le distanze con il fashion: lo ha ribadito Jens Thiemer, vice president marketing di Mercedes-Benz. «Oggi - ha affermato - l’auto è un prodotto lifestyle. Quello che conta, che si parli di una vettura o di un vestito, è il marchio. Esistono tanti fornitori, forse anche con un migliore rapporto qualità-prezzo. Ma alla fine la scelta cade su Mercedes-Benz,

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1. Un’immagine del castello di Schwetzingen in occasione del TW Forum 2. André Maeder (KaDeWe Group) 3. Jens Thiemer (Mercedes-Benz) 4. Michaela Merk (Merk Vision & Partners) 5. Howard Saunders (22nd & 5th)

perché si tratta di un brand associato a uno stile unico». Thiemer ha annunciato il lancio di Mercedes me, «una nuova piattaforma, che si basa su un rapporto ancora più personalizzato con la clientela, fornendole servizi innovativi e numerose applicazioni digitali». Howard Saunders della società di consulenza 22nd & 5th di New York si è riallacciato a questo discorso, puntualizzando come il mercato sia alla ricerca di esperti, non di generalisti. «La chiave del successo - ha osservato - è adeguare i prodotti a clienti che vogliono costantemente connettersi, parlare con l’azienda, esprimere la propria opinione. Un retailer deve stimolare il dialogo, servendosi anche dei social network». Quanto ai dipendenti, «si riconnotano come ambasciatori del marchio - ha fatto notare Michaela Merk di Merk Vision & Partners - perché la maggior parte delle persone si informa su Internet, ma poi compra in negozio. Tuttavia, il 90% dei dettaglianti non è ancora preparato ai nuovi scenari. In tempi di cambiamento, è molto importante investire n sull’organico».

Opus, Hirmer, Cos, Tommy Hilfger

I campioni dei TW-Forum-Preise

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l marchio di womenswear Opus, l’insegna di moda maschile Hirmer, il contemporary brand svedese Cos e la griffe americana Tommy Hilfger sono stati i vincitori dei TW-Forum-Preise 2015, conferiti durante il Forum del TextilWirtschaft a realtà della moda che si sono distinte per dinamismo e capacità di stare al passo con i tempi. Se Opus, con sede in Westfalia, ha ottenuto il riconoscimento grazie alla capacità di imporsi nel segmento dei coordinati femminili, Hirmer si è distinto per aver fatto evolvere un’azienda familiare in un format retail di spicco per la moda uomo, con quartier generale a Monaco di Baviera. Non hanno bisogno di presentazioni Cos, raffnata insegna nell’orbita del gruppo H&M, e Tommy Hilfger, sinonimo di un lifestyle coerente, oltre gli alti e bassi della moda.


business SALONI Scoop

Who’s Next

Scoop London in tandem con le sflate

Nuove date, nuove prospettive

Dopo aver annunciato all’inizio dell’anno il lancio di una nuova fera battezzata Scoop London, che andrà in scena durante la London Fashion Week di settembre, gli organizzatori di questa rassegna hanno comunicato che attiveranno sinergie con il British Fashion Council (che cura le sflate). Lo scopo è fare in modo che i buyer possano trarre il massimo dalla visita alla capitale britannica durante la settimana della moda donna, dedicata alle collezioni per la primaveraestate 2016. Tra la London Fashion Week, che prende sede nella nuova location di Brewer Street Car Park nel cuore di Soho dal 18 al 22 settembre, e Scoop London, di stanza alla Saatchi Gallery di Chelsea dal 20 al 22 settembre, ci saranno delle navette di collegamento e ingressi “facilitati” per chi visita entrambi gli eventi. Scoop London metterà in campo più di 130 collezioni di designer inglesi e internazionali emergenti di abbigliamento, accessori, lifestyle e profumeria. Tra i nomi in portfolio ci sono Karina IK, Cristina Diez, Chillerton Shoes, Kate Spade, My Name is Lolo, Giulia Barela, Fera Jewellery, Sweety Jane, Mathilde Danglade, Heidi Higgings, Delan, WS Studio, BDBA, Forms Studio e Loxley England. Rimane confermato Scoop di agosto, in calendario dal 2 al 4, così da offrire due momenti feristici ogni stagione. (e.a.) La locandina dell’iniziativa

Interflière Paris e Mode City

Una visione a 360 gradi I saloni dell’underwear e beachwear Interflière Paris e Mode City si presentano con un’architettura del tutto nuova a Parigi, alla tre giorni di luglio. In base al nuovo layout pensato dagli organizzatori di Eurovet, le due fere parigine si svilupperanno in lunghezza (anziché l’una speculare all’altra), nel Padiglione 1 di Paris Expo Porte de Versailles. Una passerella permetterà di vedere gli spazi a 360 gradi già dall’ingresso, così i visitatori potranno organizzare il percorso al meglio. Sotto i rifettori, dal 4 al 6 luglio, i tessuti e gli accessori per intimo, moda mare e abbigliamento sportivo (Interflière) e il meglio della lingerie e dello swimwear internazionale (Mode City). Numerose le new entry. Mode City ospiterà nuove aziende non solo francesi ma anche dal resto d’Europa, Stati Uniti e Brasile. Molte di loro sono anche di recente costituzione, a conferma della vivacità del settore. A Interflière parteciperà per la prima volta l’italiana Nastrotex, che produce nastri elastici. In questa edizione Mode City accoglierà 20 top buyer invitati, provenienti anche da Asia, Medio Oriente e Stati Uniti, del settore spa e resort: un ramo della distribuzione che sta acquistando peso nel beachwear e underwear. Il 5 luglio, nel pomeriggio, alle Piscine Molitor è in programma una sflata “mare”. Lo stesso giorno è in agenda anche una grand soirée: un’occasione per festeggiare i 30 anni di Interflière e fare networking. La location è ancora segreta ma si sa che sarà nel cuore di Parigi. (e.f.)

Un’immagine di Eurojersey, che ha vinto il titolo di “Designer of the Year 2015” per la categoria beachwear assegnato da Interflière

La prossima edizione del salone parigino Who’s Next sarà caratterizzata da due cambiamenti sostanziali. Innanzitutto, variano le date: dall’inizio di luglio si passa all’inizio di settembre, dal 4 al 7. Questa fera era stata tra le prime ad anticipare a prima della pausa estiva la sessione sulle collezioni per la primavera-estate. L’altra grande novità riguarda la disposizione delle aree, a causa dei lavori in corso a Porte de Versailles, che rendono impossibile utilizzare, ad esempio, la hall 7. Visitatori ed espositori avranno una sorta di déjà vu partecipando a Who’s NextPremière Classe del prossimo settembre: troveranno la sezione sulla moda cutting-edge Fame e quella sugli accessori Première Classe insieme nella hall 1, come accadeva prima dell’acquisizione di Prêt-à-Porter Paris nel 2011, quando Wsn organizzava qui le due aree di punta. Sarà da vedere come i curatori riusciranno a rendere altrettanto interessanti La nuova campagna di Who’s Next gli altri “capitoli” del percorso espositivo, che si dipana nelle hall 2.2 e 3, dove trovano spazio Private, Trendy e Studio. Quanto a From, la parte sul sourcing, sarà nella hall 2.1, con un maggior grado di indipendenza rispetto al passato. Per facilitare l’ingresso dei visitatori, ci saranno due reception, una tra le hall 2 e 3 e un’altra nella hall 1, tra Fame e Première Classe. La lista degli espositori di Première Classe include già Atelier Voisin, Tatoosh, Mellow Yellow, Buffalo, Faguo, United Nude, Nart & Nin e Serafni. A Fame ci saranno, tra gli altri, American Vintage, Bella Jones, Gat Rimon, Street White, Orla Kiely ed Essential. Per quanto riguarda gli altri settori si potrà contare su Derhy, Lauren Vidal, Coffee Break, Tricot Chic e Sarah Pacini. (e.a.)

Tranoï Homme e Tranoï Preview Uomo e pre-collection insieme a Parigi

Gli organizzatori di Tranoï hanno spostato le date di Tranoï Preview per farle coincidere con quelle di Tranoï Homme, in occasione della sessione incentrata sulla primavera-estate 2016. Le due rassegne si terranno nelle stesse date, da sabato 27 a lunedì 29 giugno, nelle location del Palais de la Bourse e del Carrousel du Louvre. Le ragioni di questo accorpamento vanno ricercate nella volontà di far risparmiare tempo sia ai designer e ai marchi che vantano entrambe le collezioni, sia ai buyer interessati alle due tipologie d’offerta. (e.a.)

MarediModa

Un gruppo di aziende “testa” Miami

Quattordici produttori europei di tessuti e accessori del circuito MarediModa sono pronti per una trasferta a Miami: presenteranno in anteprima le collezioni per l’estate 2017, dal 18 al 20 luglio 2015, nelle suite del W Hotel South Beach all’interno di Hammock Show (ex Salon Allure), in concomitanza con la SwimWeek della città statunitense. «La missione a Miami ha una duplice valenza - sottolinea Marco Borioli, presidente di Maredimoda -. Da una parte, esplorare sul campo le nuove dinamiche di acquisto dei confezionisti americani che oggi, grazie alla svalutazione dell’euro, sembrano più reattivi anche sul tema della qualità dei prodotti. Dall’altra, la partecipazione intende promuovere il salone di Cannes, che si terrà a distanza di tre mesi e mezzo dall’appuntamento di Miami, dal 3 al 5 novembre al Palais des Festivals». (e.a.) 28_05_2014

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business ANNIVERSARI 1

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SwARoVSkI

Il complesso universo del semplice crIstAllo La multinazionale austriaca, che vende prodotti finiti in tutto il mondo e fornisce componenti interagendo con realtà produttive eccellenti, festeggia 120 anni riaprendo il parco Crystal Worlds. Tra i progetti in corso, un programma di marketing per l'identificazione del prodotto. E l'insegna Cadenzza, già a quota 40 concept store di Daniela Locatelli

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ll’ingresso degli headquarters della Swarovski, a Wattens, nel Tirolo austriaco, ci accoglie una grande scultura metallica a forma di topo, simbolo della svolta che negli anni Settanta ha dato inizio all’ascesa del gruppo austriaco. Raccontano con franchezza Nadia Swarovski e il cugino Marcus Langes Swarovski - membri del consiglio d’amministrazione - che l’azienda a quel tempo stava attraversando un periodo non memorabile ed è stato proprio il topolino in cristallo (assemblato per gioco - sembra - da alcuni dipendenti) a dare il via alla produzione di oggetti da collezione, uno dei tasselli che ha portato la società austriaca a vendere in 170 Paesi nel mondo, a contare 30mila dipendenti e a fatturare 3,05 miliardi di euro. Se gli oggetti da collezione e i bijoux sono il core del business b2c, Swarovski Professional è il ramo b2b, noto nel mondo del tessile-abbigliamento (ma anche nell’elettronica, occhialeria e interior design) come fornitore di componenti in cristallo di alta qualità, grazie alla precisione dei tagli che generano uno

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1. Il sigillo del programma Ingredient Brand 2. La testa del gigante, una delle attrazioni del Kristallwelten 3. Il Mondo di Cristallo Uno degli ambienti visitabili all'interno del parco di Wattens 4. Dall'archivio storico, Christian Dior pubblicizza un collier creato con i cristalli Aurora Boreale

standard di brillantezza difficilmente riproducibile. «C’è tanto lavoro ingegneristico - sottolinea Christoph Kargruber, executive vice president marketing - e tecnologia, controlli di qualità e ricerca». Con una produzione quasi del tutto concentrata in Austria - così come il taglio e il packaging - in totale sono circa 200mila le varianti di prodotto. Daniel Swarovski, fondatore dell’impresa nel 1875, non potrebbe neppure immaginare i moderni edifici della sede centrale, che ospitano tra l’altro un archivio storico (120mila pezzi, tra abiti, costumi e oggetti ideati per il cinema e lo spettacolo, come la corona-tiara usata da Madonna nei suoi show, e vari memorabilia), un ufficio stile, vero mondo di ispirazione che offre design consultancy a 360 gradi e, altro fiore all’occhiello, l’intelligence trend service, centro di studio di tendenze sociologiche a livello mondiale. E, a poca distanza, una delle attrazioni turistiche più visitate in Austria: il Kristallwelten, ampliato e rinnovato da noti architetti con la partecipazione di numerosi artisti, che unisce arte e

intrattenimento a shopping e gourmet experience. A oggi l’azienda è impegnata nell’implementazione di un programma di marketing d’identificazione del prodotto: "Ingredient Branding", partito lo scorso settembre, si basa su un sofisticato sigillo da apporre sul prodotto finito che riporta un ologramma, vari elementi grafici e informativi e un codice identificativo di tracciabilità del componente in cristallo. «Una ricerca di mercato ci ha confermato che con il nostro brand le griffe sanno di aggiungere valore ai loro prodotti - spiega Kargruber - e che i consumatori finali sono disposti a spendere una cifra maggiore. Novità a breve anche nel retail, con la catena ad insegna Cadenzza, per la vendita di gioielli-bijoux di tendenza firmati da stilisti di fama: 40 i concept store aperti finora in Europa e Cina. E in Italia? «Per il momento - conclude Markus Langes Swarovski - ci stiamo focalizzando su altri territori, ma consideriamo il vostro Paese un interessante mercato, un importante bacino di consumatori grandi amanti del gioiello». n



trend sTore To waTch

Quando il WEB cambia tutto, anche il nome Matchesfashion.com

Più di 400 marchi, un mix calibrato tra grandi griffe (Valentino e Saint Laurent in testa) e marchi in ascesa (Thomas Tait quello su cui scommettere). Senza trascurare il coinvolgimento diretto dei designer: è questa la formula del successo di Matchesfashion.com che, pur non dimenticando che la sua storia è quella di un’insegna nata su strada, oggi fattura l’80% con l’e-commerce. E per questo ha scelto di darsi un nome più “globale” di Andrea Bigozzi e Silke Emig

hi si ferma è perduto. Ruth e Marc Chapman, fondatori e ceo di Matchesfashion.com, la catena di negozi multibrand sparsi per Londra che ormai spopola in tutto il mondo con il sito di e-commerce, ne sono la dimostrazione. Partiti nel 1987 con una piccola boutique a Wimbledon, chiamata semplicemente Matches, anno dopo anno, sono riusciti a costruire una mini-catena di boutique uomo e donna che attraversa tutta Londra da Richmond a Notting Hill, inclusi alcuni store monomarca in partnership con Max Mara e Diane von Furstenberg. Ma per questa coppia di imprenditori, che chiamare semplicemente buyer sarebbe forse riduttivo, guardare oltre vuol dire anche non accontentarsi del successo ottenuto dalla loro azienda, che in questi anni ha raggiunto cifre importanti grazie alla messa online nel 2007 dell’e-shop che ogni mese registra 4 milioni di visite. Così nel tempo è stata inaugurata No.23 una elegante townhouse georgiana di sei piani a Marylebone, nel cuore della capitale inglese, che oltre ad eventi ad alto tasso glamour è anche la sede di servizi come il private shopping. A tutto questo si aggiungono le collaborazioni, sempre più frequenti, con i designer più hot del momento: l’ultima in ordine di tempo è quel-

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In duendo a di Ruth al com le do reditoria

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ra imp 7, quan L’avventu an inizia nel 198 trina e settimana arrivano olla con Mary Kahapm prima v e Tom C augura la rghi di Londra. in tre 500 nuovi pezzi. Ma ia trantzou, che p p bbo la co n, nei so i di attività, o se i grandi nomi sono per il luxury red le b n a Wim ai asi 30 an presenti in massa (Guctailer ha firmato Dopo qu è più vivo che m ss vale ci, Dolce&Gabbana, una collezione di il busine ato fnanziario c r e o Missoni, Bottega Veneta, borse. Ma qual è m r u il e r i di e pe 5 milion Moncler, Givenchy fanno l’ingrediente segreto quasi 27

del successo di questa realtà londinese, che secondo il Sunday Times fa gola a molti nel fashion system e vale circa 275 milioni di euro? Di sicuro la natura “mixand-match” della strategia commerciale, suggerita dal nome stesso dell’insegna. «Abbiamo sempre avuto clienti molto intelligenti - racconta Ruth Chapman alla ricerca di qualcosa di speciale e non solo di costoso. Da noi, oltre ai grandi nomi, si attendono le nostre selezioni, che fanno davvero la differenza per rendere unico il loro guardaroba. Per questo siamo sempre in cerca di nuovi talenti». «Balenciaga e Saint Laurent - le fa eco il marito Tom - sono i nostri best seller, ma non potremmo mai rinunciare a inserire qualcosa di nuovo e fresco, come ad esempio Marco De Vincenzo (e indica il top indossato dalla moglie firmato proprio dallo stilista italiano, ndr)». Oggi la brand list di Matchesfashion.com è composta da più di 400 nomi e sul sito ogni

regolarmente parte della top 15 del sito), il 30% dell’offerta resta dedicata ai marchi indipendenti e ai designer emergenti. Così in questo momento Ruth Chapman si dichiara grande fan di Thomas Tait (che sarà special guest all’edizione di giugno di Pitti Uomo) e delle gemelle Mary-Kate

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Natalie Kingham è la buying director di Matchesfashion.com: per lei due mega-tema: del momento sono il denim e le sneaker. Tra i big promuove il lavoro di Saint Laurent e Valentino, tra i nuovi nomi il collettivo Vetements e Stella Jean per la moda contemporary

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e Ashley Olsen e pronta a scommettere sul successo delle nuova etichetta inglese: quella lanciata da Luella Bartley e Hillier Bartley dopo lo stop alla Marc by Marc Jacobs, di cui erano direttori creativi. In campo maschile (il business del menswear vale circa il 20% del giro d’affari) Tom Chapman cita il successo di vendita di Tim Coppens e del brand Public School «Gli uomini ormai sono finalmente disposti a sperimentare di più». E anche se il web ha cambiato tutto nel modello di business del retailer (a cominciare dal nome che, nel 2013 è passato dallo storico Matches al pi• globale Matchesfashion.com), non ha però alterato il modo di fare acquisti da parte della buying director Natalie Kingham, che in

passato ha lavorato per brand come JW Anderson e Alexander McQueen. «Non c’è differenza - assicura - tra fare gli ordini per l’online o per l’offline. La nostra idea è stata di avvicinare i clienti del negozio reale al negozio virtuale: così nei nostri punti vendita fisici ci sono molti iPad, in modo che quando vogliono i nostri clienti possano comunque accedere alla nostra offerta completa». Anche se la storia di Matchesfashion.com è quella di un’insegna su strada, oggi l’80% circa fatturato dipende dall’e-commerce con il Regno Unito primo mercato con il 30% di quote, seguito dagli Usa: «Se di una collezione acquistiamo 40 capi, solo 20 si trovano poi in store», riassume Kingham, sottolineando come la tendenza più di successo del momento, il denim, trascenda la divisione tra la sfera web e quella dello spazio fisico. «Il 70% del fatturato - conclude - resta legato ai marchi più famosi, ma c’è sempre spazio per i nuovi talenti (tra tutti cita Vetements, Rabih Kayrouz e Stella Jean per il filone contemporay, ndr), vera risorsa per la moda, a cui noi abbiamo sempre dedicato n il nostro impegno».

1. Ruth e Tom Chapman, ceo e fondatori di Matchesfashion.com 2. La vetrina dedicata alla collaborazione con la designer Mary Katrantzou 3. Lo store di Wimbledon, la prima delle boutique inaugurate nel 1987 4. L’interno dello store di Wimbledon: il womenswear copre circa l’80% del business 5. Due homepage del sito, che può contare su 4 milioni di visitatori al mese e 500 nuovi prodotti a settimana 5

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persone ritratti

The woman

in Techie

Ha fondato Decoded Fashion, il summit dove il gotha di moda, del retail e dell’hi-tech si incontrano per parlare di startup, social, innovazione. Fiera sostenitrice delle “girl in Stem”, ha portato la sua storia in giro per il mondo da New York a Milano, passando per Londra, e ora è pronta a volare a Tokyo per una nuovo capitolo della sua creatura di Andrea Bigozzi

L

iz Bacelar è un’indomita ultratrentenne che nel 2011 si è inventata Decoded Fashion, forum internazionale (e dall’anima decisamente informale) nato come punto d’incontro tra la moda, le start up e il mondo digitale. Lei, una solida carriera in multinazionali del mondo della comunicazione e dell’editoria (Cbs, Nbc) passa dieci ore al giorno a promuovere progetti, trovare partner, creare link con designer, guru dell’hi-tech, attori del retail. Compiti non facili, specie in un panorama iper-competitivo come quello dei nuovi media e dei social. Ma Bacelar non è una che si arrende, anche se da meno di un anno ha ceduto al gruppo Stylus Media la proprietà della sua creatura, restandone però saldamente alla guida. Viaggia in mezzo mondo per diffondere al massimo il format di Decoded Fashion: dopo New York, dove tutto è cominciato quattro anni al Lincoln Centre davanti a 700 delegate, anche Londra e Milano (in collaborazione con ePitti) hanno aperto le porte al summit, dove si posso-

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celar si è buttata anima e corpo in una nuova sfda: portare Decoded Fashion anche in Asia, sull’onda dell’interesse per tutto ciò che è moda registrato in quella parte del mondo. Il 9 luglio è infatti la data fssata per il lancio del nuovo Decoded Fashion Tokyo. Ma Liz non è solo una manager combattiva con il piglio della tecnologia: è anche mamma e una strenua sostenitrice delle “girls in Stem”, ragazze di scienza (l’acronimo in inglese sta per Professionalmente Liz nasce nel 1999, quando nello stato Science, Technology, americano del Connecticut fonda Tribuna Newspaper, un Engineering, Mathemabisettimanale, tirato in 15mila copie, dedicato alle comunità tics): anche se Decoded di lingua spagnola e portoghese del Nord Est degli Usa Fashion non è nata come La sua carriera prosegue nel segno del giornalismo, grazie iniziativa femminile, a importanti esperienza come producer per Nbc News e Cbs il progetto è diventato News. Un servizio sul discorso di insediamento alla Casa naturalmente un punBianca del presidente Barack Obama le ha procurato una to di riferimento per le nomination agli Emmy Awards ragazze che vogliono Prima di lanciare Decoded Fashion, è stata Global conquistare visibilità e Communications Director di una public company nel settore autorevolezza nel mondella tecnologia con uffci negli Usa, Gran Bretagna, Israele do delle tecnologie. «La e Australia quantità di start up al femminile sta crescendo Il 2011 è l’anno della svolta: Liz crea Decoded Fashion, incredibilmente», va riforum dedicato alle startup, che si impone all’attenzione petendo fera ai summit della fashion community e non solo, tanto da farla apparire delle capitali mondiali. regolarmente nella classifca delle giovani imprenditrici di Insomma, niente male successo per una giovane americana di chiare origini latine, che si è scoperta “techie” da poco. Liz no incontrare personaggi eclettici: da Zac ha alle spalle una carriera lunga 10 anni da Posen al fondatore Tumblr David Karp, giornalista: nel 1999 ha fondato un bisettipassando per i “nostri” Federico Marchetmanale dedicato alle comunità ispanico e ti, Renzo Rosso e Stella Jean. Per colmaportoghesi del Connecticut e poi è passata re il gap tra il fashion system e le nuove alla Cbs News, dove si è subito messa in tecnologie Bacelar si è inventata anche una luce come producer, conquistando un’amserie di concorsi per start-up. L’ultima in bita nomination agli Emmy Award con un ordine di tempo è quella che coinvolge il servizio dedicato al presidente degli Stati designer Nicholas Kirkwood, lanciato n Uniti Barack Obama. solo poche settimane fa. Nel frattempo Ba-

Liz BaceLar


persone poltrone a cura di andrea bigozzi

riaSSetti

L Capital affda Dondup a Carlo Morfni (ex Borbonese)

roberto cavalli

Per il rilancio una squadra tutta nuova

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1. Francesco Trapani 2. Renato Semerari 3. Carlo Di Biagio 4. Peter Dundas

A un mese di distanza dall’ingresso, con una quota del 90%, del nuovo socio clessidra e in attesa del debutto a settembre del direttore creativo Peter Dundas, la rinnovata squadra di top executive della roberto cavalli oggi è sostanzialmente pronta. È appena arrivato a completare il gruppo, che si è composto fn qui, carlo Di biagio. Al manager, che era già stato in forze presso la casa di moda nel 2009, è stato affdato il ruolo di chief operating offcer. Quello di Di Biagio è l’ultimo tassello ad andare al suo posto nella struttura dei manager di prima linea voluti dal fondo Clessidra. E che poggia su due nomi. Francesco trapani, attuale vice presidente esecutivo di Clessidra, sarà anche presidente della Roberto Cavalli, dopo che per oltre 25 anni ha occupato la poltrona di amministratore delegato di bulgari e successivamente è stato ceo della divisione orologi e gioielli di lvmh. Un’altra nuova risorsa su cui l’azienda toscana potrà contare è renato Semerari, scelto come amministratore delegato. Semerari fno a ora era president di coty, quotata alla Borsa di New York, e in precedenza ceo di Guerlain e ceo e president Europa di Sephora, entrambe nell’orbita di Lvmh. La nuova Cavalli, quindi, prende forma rapidamente: ora che la riorganizzazione manageriale è stata avviata si dovrà lavorare sullo sviluppo geografco, con particolare attenzione sull’Asia, che per l’industria europea del lusso è una grande opportunità, e su quello del prodotto, con il potenziamento del business dell’uomo e degli accessori.

DeSiGner eMerGenti

Lvmh Prize: un vincitore non basta. Premiati Marques’Almeida e Jacquemus Sono due, e non uno soltanto, i vincitori della seconda edizione dell’lvmh Prize for Young Fashion Designers: Marques’almeida (formato da duo portoghese Marta Marques e Paulo almeida) si è aggiudicato il premio da 300mila euro, ma la giuria ha voluto dare un riconoscimento, con una cifra di 150mila euro, anche a Simon Porte Jacquemus. Per entrambi i brand si profla 1. Marta Marques e Paulo Almeida di Marques’ Almeida anche un anno di mentoring all’interno del gruppo Lvmh. «Compiere una scelta è sempre molto 2. Simon Porte Jacquemus diffcile» ha dichiarato, durante un’intervista post premiazione, Delphine arnault, executive vice president di louis vuitton e ideatrice del premio, spiegando che Marques’Almeida (da qualche stagione in calendario a Londra) è stato premiato, tra l’altro, per la capacità di lavorare con il colore e le texture. Entrambi i brand avevano già tentato la fortuna con l’Lvmh Prize l’anno scorso: i Marques’Almeida non facevano parte della short list, mentre Jacquemus era riuscito a entrare nella rosa dei fnalisti, salvo poi arrendersi al vincitore della prima edizione, thomas tait.

Il fondatore di Dondup, Massimo berloni, ha ceduto la sua poltrona di amministratore delegato a carlo Morfni (nella foto), tenendo per sé la carica di presidente. Questo giro di poltrone è legato all’aumento della partecipazione di l capital, salito al 91% del capitale dopo che il ramo asiatico del fondo ha acquisito il 51% del marchio di denim, che conserva come direttore creativo Manuela Mariotti, moglie di Berloni. In cima alla lista delle priorità di Morfni, che in passato ha lavorato per marchi come Marni, tod’s e borbonese, sarà l’espansione internazionale.

altana

Esce Barbara Donadon, arriva Maurizio D’Angelo Al capolinea il lungo sodalizio tra Marina Salamon, azionista e presidente di altana, e il suo braccio destro barbara Donadon, amministratore delegato e socia, che lascia l’azienda del childrenswear «per intraprendere nuovi percorsi professionali». Al suo posto si insedia Maurizio D’angelo, già a capo di Diadora e di lir (holding capogruppo di Geox), che avrà l’incarico di «consolidare le attività e lanciare le nuove licenze in arrivo prima dell’estate», come sottolinea una nota. Donadon è stata una veterana di Altana, dove è approdata nel 1991 mandando un semplice curriculum dopo la laurea in Economia Aziendale alla ca’ Foscari di Venezia, fno a ottenere negli anni Duemila la piena gestione della realtà di Paese (Treviso), fondata nel 1982 dalla stessa Marina Salamon.

Maurizio D’Angelo e Barbara Donadon

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persone dieCi dOMaNde a cura di Carla Mercurio

Simon CROMPTON

«Sarà sempre l’abito l’emblema dell’eleganza maSchile?»

È grato a qualcuno per il suo successo? Sono immensamente grato alla mia famiglia: mia moglie e i miei figli. E mio nonno, che ancora oggi legge tutti i miei post. Informazione online vs carta stampata: pensa che i giornali avranno sempre un ruolo importante? Ne sono sicuro. Le persone cominciano proprio ora ad apprezzare i libri e le riviste per ciò che rappresentano: oggetti che esprimono bellezza, da tenere in considerazione e da esaminare con attenzione.

Simon Crompton

Simon Crompton è un giornalista freelance londinese, con la passione per la moda. Permanent Style, il suo blog dedicato allo stile e al vestire maschile, è una case history di successo: vanta circa 330mila page view al mese, e 120mila visitatori. Dov’era a 18 anni? Avevo appena iniziato l’università, a Oxford. L’abbigliamento non era fra le mie priorità. I miei idoli appartenevano al mondo della musica: Charlie Mingus, Dizzy Gillespie. A che età ha cominciato ad appassionarsi di moda e di stile? Quando ho iniziato a lavorare. Non era tanto una questione di stile, quanto di attenzione al modo in cui gli abiti venivano realizzati. Volevo capire quanto ciò influisse sui loro contenuti qualitativi. La moda non è il suo vero lavoro, giusto? La moda è la mia passione, il mio hobby, ma il mio lavoro - lanciare prodotti software nel settore legale - è altrettanto stimolante, solo in modo diverso. Si tratta di un settore molto professionale, dinamico e innovativo.

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Qual è il segreto del successo del suo blog, Permanent Style? I lettori hanno sempre apprezzato l’unicità del genere: la sostanza del contenuto, lo stile e il modo particolare di analizzare il settore.

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Il fenomeno dei blogger dilaga: non pensa che i consumatori rischino di perdere la loro creatività nel nome dell’omologazione? Penso che ci siano talmente tanti blogger, che ciascuno sarà sempre in grado di trovare quello affine al proprio gusto. E comunque è sempre meglio lo stile di 100 blogger che quello di 10 riviste. Quali sono i canoni attuali dell’eleganza maschile? La cosa importante è sentirsi a proprio agio nei vestiti che si indossano e il fatto che questi siano adatti alla propria pesonalità. Molte persone nel mondo della moda non sono eleganti. Quali sono i canoni decisamente tramontati? Nel settore del menswear, il concetto di moda in se stessa, per il gusto di essere aggiornati e al passo con i tempi, sta per fortuna tramontando. Che ruolo avranno nel futuro la moda formale e il sartoriale? Ci sarà sempre, come c’è sempre stato, uno spazio per uno stile più formale, che si adatta alla serietà di determinate occasioni. Difficile dire se sarà l’abito a rappresentare questa istanza.

Il magazine di news, business e trend

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persone Get toGether

Max Mara Dinner alla royal academy of arts Max Mara ha celebrato la riapertura del flagship di Londra con una cena esclusiva presenziata dalla famiglia Maramotti. Fra gli invitati, l’attrice Amy Adams, volto della campagna accessori del brand

Amy Adams

Suzy Menkes e Luigi Maramotti

Calvin Klein in store a Milano Un’esibizione live della musicista danese Mø ha animato la presentezione della linea Calvin Klein Jeans #mycalvins Denim Series

Jo Elvin e Nicola Gerber Maramotti

Giorgio Guidotti e Alice Eve

Heida Reed

MonCler Serata a Cap d’antibes Moncler ha rinnovato il proprio sostegno all’After Party di amfar Cinema Against Aids, di scena durante il Festival del Cinema di Cannes

Zoë Kravitz e Jake Gyllenhaal

La live exhibition di Mø

Fiammetta Cicogna e Candela Novembre 50

28_05_2015

Lorenzo Fragola

Remo Ruffni e Paolo Sorrentino

Eva Herzigova e Marpessa Hennink




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