INVERNO 2013/14
2014 L’anno della rinascita?
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Nel segno del cambiamento Negli abitanti delle nostre Valli si avverte la volontà di una politica e un’economia sana e trasparente. Onesta. Il cammino è iniziato. La storia racconta che siamo gente forte e disposta a lottare per le cose in cui crediamo. Per noi il bicchiere è sempre mezzo pieno, ma con la consapevolezza che l’altra metà è vuota. E questo fa la differenza. Siamo pronti a spiccare il salto, a superare gli ostacoli. Forse non con la leggiadria di un cavallo di razza, e probabilmente il nostro non sarà un percorso senza penalità, ma ce la faremo, com’è sempre stato. I nostri nonni dicevano: “I veri buoi si vedono in salita”. F&F porta nelle sue pagine questo impegno e ringrazia tutte le persone che hanno appoggiato la pubblicazione..
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Sommario
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inverno 2013-14
rePortage Dal Passato
attUalità
Le Dolomiti disegnate
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relazioNi
I Fiemmazzi a Rodi Una Comunità in rete, per semplificare, per migliorare 2014. L’anno della rinascita?
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Troppi gli incidenti stradali causati da ungulati
Giovani: i nostri sogni non sono in saldo
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Acqua
Ci vorrebbe il paracuore Perché i genitori sbagliano con i figli? Le mani – Energia e dolcezza
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Il tempo perenne delle capre Charlie: sete di libertà
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i raCCoNti
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Fatti e volti
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CUriosità
amBieNte
Una Redazione in rosa Riccardo Turri Luca Zanon
Preconcetti da eliminare
36 40 44
A un passo da Dio
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Mezzo micino
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CoNCorso letterario Il carro delle Muse
sPort&ComPaNy
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Brain Walking
102 aree Protette Paneveggio, una natura straordinaria
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mUsei
Lo spettacolo continua… Un inverno sulle piste dei campioni Grande attesa per la Marcialonga Ski Center Catinaccio
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Casa&DesigN
Abitare coniugando ragione e passione
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Museo Geologico delle Dolomiti
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salUte e Bellezza
Per piacere, e piacersi
riCette In cucina con Chef Patron Paolo Donei
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Fiemme&Fassa Magazine Inverno 2013/14 di Sofia Brigadoi e Alessandra Zanon Iscr. Tribunale di Trento nr. 11 dell’11/06/2013 fiemmefassamagazine@mail.com Direttore Editoriale: Sofia Brigadoi Responsabile Marketing: Alessandra Zanon In copertina: L’anno che verrà di Tomaso Baldassarra www.artemurale.com
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Un ringraziamento speciale a Cristina Donei e Raffaele Zancanella per il prezioso intervento Hanno collaborato per i testi: Luigi Casanova, Cristina Marchetti, Silvia Delli Zotti, Marco Avanzini, Paolo Zambotto, Ruggero Giovannini, Maria Teresa Fossati, Fausto De Stefani, Paolo Donei, Pino Dellasega.
Progetto e impaginazione: Rosanna Cori Area Grafica - Cavalese www.areagrafica.tn.it info@areagrafica.tn.it Stampa: Tipolitografia Alcione Lavis
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i fiemmazzi a rodi raffaele zancanella
Presidente della Comunità territoriale della val di Fiemme
L’argomento è diventato attualissimo dopo che il Comitato dei famigliari degli emigranti a Rodi, costituito dalla Maestra Franca Degiampietro in Demattè, dal Signor Riccardo Selle, reduce di Rodi, e dal Signor Gianpaolo Corradini, ha pubblicato il libro che ricorda questa epopea di boscaioli Fiemmazzi emigrati sull’isola per lavorare nei boschi. Come ogni vicenda di emigrazione, che nasce dalla speranza di poter costruire una vita migliore di quella che si lascia dietro le spalle, anche quella fiemmazza non fa eccezione e nel consuntivo della vicenda si trovano luci e molte ombre, gioie e dolori speranze e delusioni. Questo è un capitolo di storia fiemmazza che si è incominciato a esplorare recentemente, come ho segnalato sopra, e si dovrà indagare in profondità per rendere giustizia a coloro che hanno affrontato quest’avventura coinvolgendo le loro famiglie con tutte le conseguenze che, al momento della decisione, non erano prevedibili.
Chiesa di Campochiaro
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l’oCCUPazioNe Di roDi e Di altre isole Del DoDeCaNNeso L’Italia, euforica per la vittoria sulla Turchia nella guerra del 1911, si sente una grande potenza e vuole avere un ruolo nello scacchiere Mediterraneo, per cui spedisce sul mar di Marmara, una squadra navale con il compito di occupare gli stretti che dal Mediterraneo danno accesso al Mar Nero. Il tentativo va a vuoto perché trova sul posto una squadra navale inglese che non gli permette di attraccare e deve ripartire. Roma, informata del fatto, ordina alla squadra navale di recarsi a Smirne e occuparla, e anche li si ripete il caso del Mar di Marmara. L’ammiraglio comandante della squadra, informa Roma che gli inglesi sono presenti e non permettono interferenze. Il commando supremo di Roma non sa che pesci pigliare e ordina al Comandante della squadra di occupare qualche cosa visto che è già sul posto e, così vengono occupate Rodi e le altre isole del dodecanneso, che erano a sovranità turca, che così diventano italiane. CamPoCHiaro, oggi eleoUsa, era il Paese CostrUito aPPositameNte Per aCCogliere i BosCaioli Fiemmazzi e le loro Famiglie La storiografia greca, nei vari studi sull’occupazione italiana delle isole, è molto divisa, fra coloro che ritengono che sia stata una fortuna in quanto, alla fine della seconda guerra mondiale sono ritornate alla madrepatria
greca, e coloro che invece sostengono che l’occupazione italiana sia stata particolarmente dura ed oppressiva. Costoro non vogliono riconoscere il passaggio fondamentale che ha permesso alle isole, dopo quattrocento e trenta anni, di ritornare alla Grecia. È anche da dire, e nessuno storico, soprattutto greco, non può disconoscere il fatto, che se le isole fossero rimaste turche, avrebbero conosciuto la pulizia etnica, che per primi hanno sperimentato gli Armeni della Turchia, con il genocidio di un milione e mezzo di uomini, donne, bambini, vecchi, etc., e, poi, gli stessi greci dell’Anatolia, e, credo che anche le isole avrebbero subito la stessa sorte. Le isole, con la progettazione e realizzazione a tempo di record, di strutture che non esistevano, strade, edifici pubblici, scuole, paesi agricoli, acquedotti, vengono rapidamente trasformate, e anche l’impianto di un sistema di coltivazione dei boschi vien programmato, in modo da avere il legname che serviva alle isole per le costruzioni e, nel contempo, fornire lavoro e reddito alle popolazioni, ed era parte del progetto di ammodernamento generale delle isole. I Fiemmazzi vengono sistemati in un paese costruito per loro, alle falde del monte del Profeta Elia, chiamato Campochiaro, oggi Eleousa, ed i primi arrivano nel 1935, all’inizio solo uomini che vanno in avanscoperta per essere poi raggiunti dalle proprie famiglie. Il terreno per costruire le case e i terreni che verranno coltivati dai Fiemmazzi, erano di proprietà del Monastero Koskinistì, che
viene espropriato, creando malumore fra la popolazione locale. Alla fine della guerra i malumori e i torti, veri o supposti, si faranno sentire in quel contesto di rivalsa generale verso il regime, quando la fame farà le vittime anche fra i Fiemmazzi colà emigrati. UN’amara e Dolorosa verità Girando l’Isola di Rodi ci si rende conto che Mario Lago, e in misura minore De Vecchi, erano riusciti a convogliare nelle isole un fiume di denaro che ha prodotto le infrastrutture che, in gran parte ancor oggi, sono alla base dell’economia dell’isola. Viene spontanea l’osservazione, amara, che al visitatore del ventunesimo secolo sorge nel constatare che, mentre a Rodi e in tutto il dodecanneso, negli anni trenta del secolo scorso, venivano convogliati enormi somme di denaro prelevate dalle tasche degli italiani, qui da noi, l’economia stagnava, e le famiglie tiravano avanti con grande difficoltà, gli scapoli, poi, dovevano pagare la tassa per non essersi sposati, ma il regime per dimostrare la propria potenza, non solo opprimeva altri popoli, ma li blandiva con denaro a fiumi, per poi perdere tutto. È in questo contesto che i nostri boscaioli si sono recati a Rodi a lavorare nei boschi ignare vittime dei giochi politici che si giocavano alle loro spalle. Una storia che deve essere ancora in gran parte scritta, che dovrà essere scritta con la cautela e serenità necessarie per superare una pagina di storia con molte ombre.
i Fiemmazzi vengono sistemati in un paese costruito per loro, alle falde del monte del Profeta elia, chiamato Campochiaro
Fontana costruita dal genio militare italiano di stanza sul Monte del Profeta Elia nel 1941
Ruderi del sistema di irrigazione che portava l’acqua alla fattoria di Kata Kalamona
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Una Comunità in rete, per semplificare, per migliorare Cristina Donei Procuradora del Comun general de Fascia
Chiunque di noi discorra con i nostri cittadini spesso, per non dire sempre, sente affermare che la burocrazia ha raggiunto un grado di complessità che si traduce in eccessive perdite di tempo e in costi. Cosa si può fare per porre rimedio al problema? Riorganizzare il sistema
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l Comun general de Fascia negli ultimi tempi si è impegnato in un progetto teso a realizzare una rete efficiente che migliori le relazioni tra gli enti e degli enti stessi con i cittadini. Si tratta di un progetto ambizioso che sarà realizzato per dare una risposta concreta a quesiti fondamentali quali una maggiore semplificazione e il contenimento di costi. In questo contesto abbiamo avviato dei progetti per la Gestione Associata di alcuni
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servizi. Pur partendo da un obbligo di legge, ci siamo impegnati a costruire un programma che valorizzi e si adatti al meglio alla nostra realtà. In altre parole non solo gestioni associate perché imposte dalla legge, ma per valorizzare al meglio le risorse esistenti nel nostro territorio. Quest’estate si è concluso il primo progetto: la gestione associata del servizio Entrate. Il progetto prevede la messa in rete di tutte le banche dati e la specializzazione degli addetti.
possibile da uno qualsiasi degli sportelli della valle avere informazioni o presentare istanze per tutti i paesi. Questo sarà già un avvio di semplificazione, anche se puntiamo a molto di più. Mi riferisco allo sportello informatico attraverso il quale tutti i cittadini e tutte le imprese potranno accedere alla propria posizione e confrontarsi con gli addetti finanche presentare domande e svolgere pratiche da casa o dalla sede della propria azienda. Per fare questo è indispensabile un lavoro di adeguamento delle banche dati che richiederà un impegno di circa due anni. Ovviamente saranno sempre attivi gli sportelli tradizionali per le persone che non hanno dimestichezza con le nuove tecnologie o che abbiano delle questioni che richiedano un confronto diretto con il Servizio. Le nuove tecnologie non sostituiscono il personale ma ne migliorano e ne potenziano la professionalità. Comunità e sistema informatico:
diversi progetti sono in corso d’opera
Lavorare in sinergia per migliorare i servizi offerti dagli enti della valle di Fassa e sostenere uno scambio comunicativo con i cittadini anche a distanza Il Servizio Entrate – Comun general de Fascia entrerà a regime nel 2016 ma già dal primo gennaio 2014 ci saranno regolamenti, procedure e modulistiche unificate, sarà
Contemporaneamente al Servizio Entrate stiamo per varare l’omogeneizzazione del sistema informatico degli uffici tecnici, anche in questo caso il Comun general promuove l’esperienza pilota per tutta la Provincia. In sintesi tutti gli uffici tecnici avranno lo stesso programma e lo stesso sistema di archiviazione, sarà quindi possibile ragionare in un futuro prossimo di buone pratiche unificate. Pur non trattandosi al momento di un’altra gestione associata, l’uniformazione permetterà in caso di necessità ai tecnici di scambiarsi supplenze senza dover imparare a gestire un nuovo ufficio perché l’impostazione sarà la stessa dappertutto. Stiamo inoltre per proporre ai Consigli Comunali e al Consei general (assemblea del Comun general) di adottare una convenzione per la gestione del Servizio informatico. Si tratta di un passaggio essenziale, infatti attraverso questo nuovo servizio sarà possibile procedere in modo più agile e soprattutto con maggiori competenze al raggiungimento del nostro obiettivo finale: il miglioramento dei servizi offerti dagli enti della valle di Fassa attraverso l’uso di nuove tecnologie. Vogliamo promuovere il lavoro in rete nella ferma convinzione che il futuro degli enti pubblici sarà lavorare in sinergia, limitando le differenze di procedure e migliorando la professionalità degli uffici, in questo modo sarà più facile l’incontro tra cittadini e pubblica amministrazione.
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2014
L’anno della rinascita? Sofia Brigadoi Non è facile fare delle previsioni per l’anno che verrà. Gli eventi sono intuibili, come il corso generale di questa crisi che, disgraziatamente, somiglia alla proiezione integrale di fantozziana memoria della corazzata Potëmkin, la cui parola FINE pare essere ancora molto lontana. Ma per natura si sa, il genere umano è curioso, vuole sapere. Abbiamo desiderato allargare i nostri orizzonti e inserire alle interviste riguardanti la politica e l’economia altrettante voci che per le nostre valli sono di rilevante importanza.
C
on sommo piacere annunciamo l’apertura di questo articolo con le incoraggianti parole di Papa Francesco che, per solennizzare il 29 novembre, Giornata per la Custodia del Creato, ha accolto numerosi fedeli in P.zza San Pietro. Michele Malfer e Cesare Bernard in compagnia di venti ragazzi dei vari indirizzi dell’istituto “La Rosa Bianca”, hanno condiviso con numerosi studenti provenienti da tutta Italia la gioia delle sue
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parole: “Cari giovani, preparate i vostri cuori ad accogliere Gesù Salvatore; cari ammalati, offrite la vostra sofferenza affinché tutti riconoscano nel Natale l’incontro del Cristo con la fragile natura umana; e voi cari sposi novelli, vivete il vostro matrimonio come il riflesso dell’amore di Dio nella vostra storia personale. Abbiate fiducia nell’avvenire, la fede aiuta a superare gli ostacoli”.
Piero Degodenz
La valle di Fassa oggi sembra essere politicamente divisa. In quanto vincitore della lista Union Autonomista Ladina, è suo compito ricostruire armonia e progetti unitari. Come pensa di agire?
Politica
Lei è alla prima esperienza politica importante. Certamente legherà la sua azione al settore turistico. Quali saranno i temi, le innovazioni che porterà all’attenzione della politica Trentina?
eletto Consigliere provinciale nelle file Upt Ho alle spalle ventisette anni da consigliere comunale di cui quindici come assessore al turismo. La mia persona è da sempre legata al modo del volontariato, dello sport, dell’imprenditoria e l’esperienza che ho raccolto in questi anni favorisce la mia posizione in questi campi. Parto sempre dal presupposto che in un territorio nel quale i residenti vivono bene e possono usufruire di servizi che agevolano la loro vita, anche il turista si senta a proprio agio. Creare una mobilità sostenibile con tutti i servizi a essa annessi (completamento della rete ciclabile, centri pedonali e via dicendo), e nel contempo concentrare le energie e i fondi per favorire e migliorare i servizi già esistenti, prendo a esempio l’Ospedale, credo sia la strada giusta per dare prima di tutto un buon servizio alla nostra gente, e altresì incentivare l’offerta turistica alla quale siamo tutti legati. Uno dei primi progetti che vorrei portare avanti in accordo con il nuovo assessore al turismo in provincia, Michele Dallapiccola, coinvolge tutte le Apt e Trentino Turismo. Il desiderio è di proseguire l’esperienza della card per il turista, che permetta a ciascuna realtà territoriale di riempire la tessera con servizi personalizzati, ma che nel contempo offra anche una serie di prestazioni gratuite e comuni a tutta la nostra regione (mobilità, entrata libera ai musei, e molto altro: le possibilità sono innumerevoli). Un altro progetto che mi sta a cuore è di costruire le basi per l’istituzione di una Scuola di alto livello in Management alberghiero che dia la possibilità ai nostri ragazzi di crescere professionalmente in un campo che per le nostre Valli e per tutto il Trentino di vitale Foto: Giuseppe Ciani,èArchivio Apt Valimportanza. di Fassa
giuseppe Detomas Consigliere provinciale in quota per la Ual della val di Fassa
La recente tornata elettorale ha messo in luce un quadro politico che, per la verità, ha confermato uno scenario già evidenziato 5 anni fa, con la differenza che in questa occasione la lista contrapposta alla UAL è sembrata, dal punto di vista politico, meno distante dalle sue posizioni, tanto che nel corso della campagna elettorale aveva ipotizzato, in caso di vittoria, un possibile accordo con il Presidente Ugo Rossi, capo della coalizione cui fa riferimento la UAL. Questo scenario induce a pensare che progetti e priorità per la Valle sono condivisi dalla popolazione, la quale, in larga maggioranza, ha ritenuto di affidarne la concretizzazione a un movimento credibile, con lunga esperienza politica e collocato politicamente all’interno della coalizione che ha la responsabilità del governo della Provincia. In questo contesto il ruolo del Consigliere ladino è quello di concretizzare le aspettative della Valle che, dal punto di vista programmatico, appaiono il frutto di una visione comune.
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ei anni di crisi finanziaria globale con evidenti riflessi nell’area dell’euro e due recessioni, hanno colpito duramente l’economia del nostro territorio e quella italiana. Gli indicatori più recenti intravedono una prospettiva di graduale ripresa, ma l’incertezza resta elevata. Potrebbe essere il testo della relazione annuale del governatore di Banca d’Italia, il tema di uno dei tanti talk show visti in tv, l’analisi di un guru della finanza globale, etc… ma cos’è questa crisi? Non è il refrain del tormentone estivo, ma lo spunto per provare ad affrontare l’argomento da una prospettiva diversa. L’attuale situazione, nella sua drammaticità,
economia
Una crisi economica lunga che ha portato sofferenze in tutti i settori produttivi, fra gli imprenditori e i dipendenti, nelle famiglie. Stipendi bloccati da anni mentre i costi del vivere aumentano. Dal suo punto di osservazione altamente qualificato cosa intravvede nel 2014. Ancora difficoltà o prospettive di speranza e nuovi investimenti?
ha posto in forte risalto la necessità di affrontare con decisione il forte cambiamento che è in corso. I mutamenti sono delle grandi opportunità, ci impongono delle “forzature”, di trovare nuove idee e metterle in pratica in tempi ridotti, cosa che non avremmo mai sfidato se questa crisi non ci fosse. È entrato in difficoltà un sistema. Partendo dalle aziende ritengo non si tratti soltanto di rinnovare la tipologia dei prodotti offerti, ma anche di introdurre delle novità strategiche che puntino fortemente alla valorizzazione della forza lavoro, coinvolgendola nei processi di pianificazione, presidio, progettazione di prodotti, e accogliendo gli spunti innovativi che solo le persone coinvolte possono dare. Parliamo quindi di idee, passione, coinvolgimento, capacità di fare squadra. Non è il mercato in crisi, ma un certo tipo di mercato e questo significa che dovremmo risvegliare quel nostro spirito tipicamente italiano che mixa qualità e creatività, ma malauguratamente da troppo tempo assopito. È fondamentale fare in modo che le nostre aziende creino “rete” per approdare a nuovi mercati con più efficacia e meno dispersione di risorse. Dobbiamo favorire i cambi generazionali nella loro conduzione, senza traumi, coniugando al meglio tradizione e innovazione. Anche le famiglie devono fare qualche passo indietro, non in senso regressivo ma finalizzato a gestire una spesa più “consapevole” e “sostenibile”, nel rispetto dell’ambiente, ripescando le vecchie abitudini delle nostre nonne che di economia se ne intendevano, evitando di lasciarci troppo distrarre dalle sirene di un mercato ove tutto è consentito e lecito, in comode rate a partire da… parafrasando un noto spot pubblicitario. Tutto il nostro territorio dovrà “ripensarsi”, con l’obiettivo di delineare un’intesa con l’ambiente e le generazioni a venire, esaltando la propria identità culturale attraverso una sempre più forte reciprocità che, attraverso un mercato a “chilometri zero”, permetta di mantenere i consumi sul territorio. Un cammino di consapevolezza verso quel futuro che potremmo tradurre in una garanzia occupazionale per noi ed i nostri figli.
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istruzione Per l’anno che verrà quali sono gli obbiettivi educativi, culturali e formativi dell’Istituto “La Rosa Bianca” e della “Scola Ladina de Fascia”?
lorenzo Biasiori Dirigente scolastico dell’istituto “la rosa Bianca”
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li obiettivi generali dell’istituzione scolastica, anche per l’anno in corso, sono sintetizzati nel Piano di miglioramento approvato dal Consiglio dell’istituzione. Se vogliamo, sia pur sinteticamente entrare nel dettaglio, potremmo segnalare come prioritaria la necessità di perseguire azioni didattico/ formative tese da un lato al miglioramento della qualità degli apprendimenti e della valorizzazione delle eccellenze e dall’altro al potenziamento della capacità inclusiva che l’Istituto scolastico, viste le caratteristiche dell’utenza, deve necessariamente perseguire.
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La prima delle due priorità segnalate è percorsa attraverso un’offerta progettuale piuttosto ricca che si muove nel corso di una tradizione consolidata ed in particolare si concentra su alcuni settori: l’apprendimento delle lingue, con attenzione ai processi di certificazione dei risultati, l’orientamento professionale, le tecnologie informatiche, le esperienze di stage e l’integrazione curricolare con esperienze di qualità. Nell’attività ordinaria questo obiettivo si sostanzia anche con lo sviluppo di attività volte all’innalzamento del livello delle competenze di base degli allievi nelle aree a maggiore criticità. La seconda dimensione prioritaria prevede che l’Istituto concentri la sua attenzione sull’esigenza di programmare ed attuare azioni efficaci di contrasto al fenomeno dell’abbandono scolastico e di promozione del successo formativo, ivi compreso il potenziamento delle competenze nella popolazione adulta, mediante l’adozione di una logica di connessione in rete tra istituti scolastici/formativi e di partenariato con attori presenti nella realtà territoriale (sistema delle imprese, privato-sociale, società civile). Queste priorità si raccordano sullo sfondo anche con la finalità di sviluppare metodologie ed approcci didattici innovativi, anche mediante attività di peer learning e di mobilità internazionale degli studenti, diretti anche alla valorizzazione di ambienti di apprendimento esterni all’istituzione scolastica/formativa. Sul piano del supporto a queste azioni istituzionali si pone anche la necessità sia di porre in atto forme efficaci di programmazione e gestione dei percorsi di sviluppo professionale del personale, posti in stretta relazione con la lettura dei fabbisogni ed in relazione con i molteplici attori sia interni che esterni all’istituzione scolastica sia di intessere rapporti con il territorio essendo generalmente buona l’attitudine ad intercettare l’offerta territoriale, proponendo nel contempo iniziative e attività di raccordo.
mirella Florian Dirigente scolastico dell’istituto Comprensivo ladino di Fassa
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a Scuola Ladina di Fassa – Scola Ladina de Fascia – propone per l’anno scolastico 2013-2014 interventi educativi e formativi che mirano alla crescita e allo sviluppo di alunni e studenti attraverso l’ampliamento dell’offerta formativa come il progetto Ski College, i laboratori opzionali, il progetto Montagna amica, il progetto VIF -vivere, informare, formare-. Il nostro Istituto, che comprende tutti gli ordini, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, è attento alla promozione del bilinguismo italiano – ladino e allo studio delle lingue straniere come tedesco,
inglese in tutti gli ordini di scuola, e francese, spagnolo e russo nella scuola secondaria di secondo grado. Ciascun alunno deve essere al centro del nostro progetto educativo anche nel caso di bisogni educativi speciali, di svantaggi sociali e culturali e di difficoltà linguistiche qualora si tratti di studenti stranieri. È importantissimo sviluppare negli studenti la motivazione: l’obiettivo di tutto il corpo docente è quello di far appassionare gli studenti alla conoscenza e alla scoperta del mondo. In questo senso un’attenzione particolare viene riservata all’orientamento sia in uscita dalla scuola secondaria di primo grado, che in entrata nella scuola secondaria di secondo grado come in uscita verso l’università o verso il mondo del lavoro. Vogliamo che si consideri l’orientamento come qualcosa che permette ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze di conoscersi meglio, di crescere e di costruire il proprio progetto di vita.
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sanità La ristrutturazione muraria dell’Ospedale di Fiemme è ferma da anni, sulle fondamenta sta crescendo un vivaio forestale. La filiera Pronto Soccorso – Traumatologia e Ortopedia – Riabilitazione è ancora in fase di decollo. Il disagio dei pazienti è diffuso: per le visite specialistiche si è costretti a girare il Trentino… e attendere tempi infiniti, oppure pagare le prestazioni private. Nei pazienti si sente il disagio di non avere professionisti di riferimento, conosciuti. Come legge l’evolvere del pianeta sanità nelle valli dell’Avisio nel 2014?
Dott. roberto moggio Primario di medicina interna all’ospedale di Fiemme
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U
na premessa: l’Ospedale è un valore e un patrimonio per Fiemme e Fassa. È indispensabile non solo per gli abitanti delle due valli, ma anche per Cembra e altre realtà come Primiero e Pinè. Abbiamo numerosi ricoveri di persone che giungono da zone che sono indubbiamente lontane, e questo indica che i pazienti sono soddisfatti delle prestazioni offerte. Oltre a ciò abbiamo un numero rilevante di turisti che fruisce dei servizi dell’Ospedale. Lo scorso anno, tra residenti e non, abbiamo contato sedicimila accessi al Pronto Soccorso, ai quali è stata prestata prontamente assistenza. Da un paio d’anni l’attenzione per un rilancio dell’Ospedale di Fiemme è notevolmente cresciuta sia come interesse da parte della popolazione, sia da parte degli amministratori locali che hanno chiesto, a livello di assessorato, della garanzie in merito alla ristrutturazione muraria e di dotazione dei servizi. Il denaro è stato stanziato, la gara di appalto dovrebbe interessare il primo trimestre del 2014 e i lavori, così ci è stato assicurato, dovrebbero partire nella primavera del 2015. Il nuovo corpo ospedaliero darà modo di riorganizzare anche la parte già esistente, soprattutto il pronto soccorso che è
un punto logistico strutturale assolutamente in sofferenza. Devo sottolineare che nel mio reparto e in alcuni dei piani inferiori sono già in atto delle ristrutturazioni. I passi che stiamo facendo per rendere ottimali gli standard di accoglienza e assistenza sono progressivi e questo è appurabile. Il “vivaio forestale” sarà rimosso al più presto. Il Sindaco di Cavalese ha già dato l’ordinanza di sgombero unitamente agli organi preposti dell’Azienda Sanitaria. Filiera… Da qualche mese ho avuto l’incarico di realizzare un coordinamento tra il Pronto Soccorso e Medicina, settori che sono poi il grande filtro della maggior parte delle persone che vengono in Ospedale, ma anche di attuare una produttiva collaborazione con gli altri reparti. Siamo riusciti ad avviare un’intesa ottimale e i frutti già si vedono. Il Pronto Soccorso si è dato una nuova veste, sicuramente non abbiamo una copertura ideale di personale, c’è ancora bisogno di medici assunti stagionalmente, ma l’aspetto accoglienza, pur con i limiti strutturali, funziona molto bene. Nelle fasi con maggior accesso turistico vi è la presenza costante di un ortopedico in Pronto Soccorso che si occupa di intervenire per quanto riguarda il primo livello ortopedico (fratture semplici che non necessitano di un intervento chirurgico). In caso di fratture più complesse il reparto di Ortopedia risponde in ambito chirurgico
Sono stati 1200 gli interventi ortopedici eseguiti lo scorso anno, e in tempi estremamente rapidi
con livelli di eccellenza. Sono stati 1200 gli interventi ortopedici eseguiti lo scorso anno, e in tempi estremamente rapidi con un 98% delle fratture di femore operato entro le quarantotto ore, e questo è sinonimo di eccellenza. Analogamente per Chirurgia con il nuovo primario dott. Luciano Turri con oltre 600 interventi in netta crescita di attività. Anche per quanto riguarda Ginecologia abbiano un nuovo primario: la dott.ssa Bruna Zeni che ha contribuito a incrementare la diagnostica mini invasiva in video-laparoscopia (che permette di vedere e operare l’interno dell’addome del paziente con delle sonde a fibre ottiche) e a far sì che Cavalese sia diventato centro di riferimento per la diagnostica prenatale. Per quanto riguarda il reparto di Medicina abbiamo delle competenze mediche specialistiche a 360 gradi con cardiologia, pneumologia, oncologia, diabetologia, gastroenterologia, ematologia, infettivologia. L’attesa per prestazioni ambulatoriali sia strumentali (es. ecocardiografie, test al cicloergometro, spirometrie) che visite specialistiche si svolge secondo il sistema RAO e comunque rientra nei tempi prescritti dall’APSS. Sono certo che il cammino intrapreso porterà a grandi soddisfazioni. Tengo inoltre a precisare che tutti gli ospedali trentini sono stati messi in rete. Questo nuovo assetto ha sicuramente ottimizzato la procedura di emergenza e urgenza. Questo non significa depotenziare un ospedale di periferia, ma dare una chance in più ai pazienti, con il risultato di trovare in tempi brevissimi gli specialisti, le tecnologie e la cura idonea a risolvere tempestivamente il problema.
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sport Fiemme e Fassa, due valli che hanno espresso nelle discipline invernali, campioni di profilo internazionale. Il settore giovanile riuscirà a garantire analoga qualità nel breve futuro? Quali promesse saranno protagoniste del 2014?
roberto Brigadoi Presidente dell’Unione sportiva Dolomitica a.s.D. di Predazzo
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e Società sportive delle due valli hanno dato molto allo sport invernale italiano, riuscendo a valorizzare numerosi atleti che, in seguito, si sono affermati anche in campo internazionale grazie ai gruppi sportivi militari delle Fiamme Gialle e Fiamme Oro. Questi campioni sono stati ben distribuiti nel tempo e nelle specialità più classiche sul territorio e lo sono tutt’ora. Oltre a quelli già conosciuti dal grande pubblico, Franco Nones, Giorgio Vanzetta, Lidia Trettel, Ivo Pertile, Andrea Longo, Paolo Bernardi, Christian Zorzi, Christian Deville, Angelo Weiss, Chiara Costazza, Stefano Gross, ma anche in alcune più nuove come lo sci alpinismo e il freestyle, vi sono numerosissimi giovani promettenti che stanno mettendo a frutto il loro personale impegno, nonché quello di tecnici e dirigenti. Per il 2014 le nostre valli propongono
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numerosi atleti nella speranza di vedere buoni risultati in campo nazionale e speriamo anche internazionale. Per il fondo Mattia Pellegrin, Gaia Vuerich, Loris Frasnelli, Giulia Sturz, Luca Lazzeri, Giacomo Gabrielli, Tommaso Dellagiacoma, Paolo Fanton, Paolo Ventura, Francesco Mich, Stefania Zanon, Mauro Brigadoi, Angelica Dellasega, Francesco Campaci, Caterina Ganz e Sebastiano Pellegrin. Nel Salto e nella Combinata Nordica emergono Diego Dellasega, Roberto Dellasega, Veronica e Luca Gianmoena, Mirco Sieff, Denis Parolari, Paolo Corradini, Daniele Varesco. Nello snowboard Simone Gianmoena, Gabriella Dallaglio, Mirko Felicetti, Alessandro Cloch, Caterina Carpano, Emil Zulian, Giorgia Locatin e Tania Detomas. Nello sci alpinismo Gianluca Vanzetta mentre nel Freestyle Denis Battisti e Igor Lastei. Nello sci alpino femminile desidero menzionare Sara Dellantonio e Francesca Scola mentre fra i maschi Federico Liberatore. Bisogna comunque dire che tutte le Società delle due valli stanno lavorando bene e con impegno. Un plauso allo Ski College “Soraperra” di Pozza di Fassa, che contribuisce a far sì che questi ragazzi riescano a combinare in modo eccellente studio e sport. Analogo discorso potremmo farlo per gli sport del ghiaccio, dove il pattinaggio artistico trova negli stadi di Cavalese e Canazei Società organizzatissime e ottimi istruttori. Per quanto riguarda l’hockey in passato Fiemme e Fassa hanno avuto squadre importanti, ma ora, anche a causa degli elevati costi di gestione, faticano a emergere, tuttavia non desistono nel loro impegno, soprattutto nel settore giovanile. Per il pattinaggio artistico sicuramente il faro trainante nelle due valli è Paolo Bacchini ma possiamo aspettarci molto anche da Marco Zulian, Elisa Colombo, Gaia Melillo e Naomi Dessimone. A mio avviso per il futuro sono due le grandi incognite: quella dei sempre più elevati costi di gestione per le Società sportive e il limitato sbocco per gli atleti nel mondo del lavoro. È sempre più difficile entrare a far parte dei Gruppi Sportivi Militari o nelle poche Squadre Professionistiche, le uniche realtà che possano garantire a questi ragazzi un’efficace e costante crescita sportiva.
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amBieNte
aqua luigi Casanova
Vicepresidente di CIPRA Italia
In tutto l’universo non vi è nulla di più morbido e debole dell’acqua. Ma nulla le è pari nel suo modo di opporsi a ciò che è duro. Nulla può modificare l’acqua. Che la debolezza vinca la forza, che la morbidezza vinca la durezza ognuno sulla terra lo sa, ma nessuno è in grado di fare altrettanto. (Lao-Tse)
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n latino acqua si dice Aqua termine che riprende la radice europea Ak che significa “piegare”, identica anche nel sanscrito, antica lingua dell’India (Ak-na) che vuol dire “piegato”. La delicatezza della poesia di Lao Tse ci spiega come l’acqua pieghi, modifichi, modelli e trasformi, con la sua forza leggera, ogni aspetto toccato dal suo passaggio.
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L’ONU ha dichiarato il 2013 Anno internazionale della cooperazione nel settore idrico. L’inserimento del termine “cooperazione” da parte dell’ONU non è casuale. Ci si è accorti della crescente competizione fra i diversi settori economici e sociali che utilizzano l’acqua, competizione che oggi non è governata, che accende conflitti e impedisce la risoluzione dei grandi problemi dell’umanità: l’ONU ci spinge a costruire un coordinamento politico che governi gli usi dell’acqua superando i confini nazionali. Oggi, nonostante la drammaticità del problema, l’uomo sta intaccando le riserve di acqua fossile conservate da milioni di anni sotto terra; scorte non rinnovabili, pertanto in esaurimento. Questo accade nonostante il 71% del nostro pianeta sia composto d’acqua. Sappiamo però che solo il 2,5% della risorsa è dolce e che di questa solo l’1% è disponibile. Una curiosità: è il Canada il paese che ospita l’acqua più antica, un serbatoio sotterraneo isolato, incontaminato, sepolto a 2,4 Km. di profondità nelle rocce del lago Ontario. L’età è di due miliardi e mezzo di anni. Oggigiorno il consumo di acqua è notevolmente aumentato e quello ancora disponibile è gestita in modo scorretto, essendo priva di una regola internazionale basata sul risparmio. E’ probabile che entro il 2030 il fabbisogno di acqua nel mondo potrebbe superare del 40% l’uso sostenibile, cioè la capacità di ricreare le falde acquifere. I cambiamenti climatici stanno accelerando le dinamiche di questi passaggi preoccupanti. Le precipitazioni divengono estreme, non vengono assorbite dai suoli e finiscono direttamente nei mari. In questo modo si perde anche la fertilità dei suoli. CoNsUmi meDi giorNalieri Di aCQUa area USA Italia Africa
Quantità in litri 600 200 20
Se si verifica un significativo aumento della temperatura media del pianeta (si prevedono entro il 2100 dai 3 ai 5°C) il mare si riscalda e aumenta il suo volume. Dal 1900 è salito di 20 centimetri, ai nostri tempi sale di 30 mm. all’anno. Contemporaneamente si sciolgono le calotte glaciali della Groenlandia, come pure nell’Antartide, e si potrebbe arrivare a perdere fino a sette metri di spessore di ghiaccio. Cambierà il volto del pianeta e di conseguenza il nostro modo di vivere, produrre, consumare. Se confermate le previsioni degli scienziati, ben 136 grandi città costiere saranno a rischio
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per l’innalzamento del livello dei mari, scompariranno intere pianure, 40 milioni di persone si troveranno a rischio, e si valutano perdite economiche in 2300 miliardi di dollari, causa i beni perduti e i costi della sicurezza. l’aCQUa CHe maNgiamo. QUaNto Beviamo maNgiaNDo? l’imProNta iDriCa Di alCUNi ProDotti Della Nostra tavola. Prodotto Bistecca di manzo Pollo Formaggio Riso Pasta Pane Mela Pomodoro Uova Birra
Consumo di acqua 15.415 litri/Kg 4.325 litri/Kg 3.178 litri/Kg 2.497 litri/Kg 1.849 litri/Kg 1.608 litri/Kg 255 litri/Kg 214 litri/Kg 196 litri/Kg 296 litri/litro
PerDite Nelle CoNDUttUre iDriCHe Paese Italia Francia Spagna Inghilterra Svezia Danimarca Germania
percentuale 30,0% 26,4% 22,0% 19,2% 17,0% 10,0% 7,30%
Prezzo meDio Dell’aCQUa Paese Romania Italia Germania Svizzera Stati Uniti Danimarca
euro/mc. 1,10 1,42 2,80 3,60 4,50 5,80
Risulta ragionevole che l’ONU ponga all’attenzione della comunità internazionale la centralità all’accesso e della gestione dell’acqua: tutti i progetti di sviluppo sostenibile sono legati all’acqua, compresa l’eliminazione della fame e il sempre più evidente rischio di nuove guerre (www.teic.eu). L’acqua ha sempre prodotto ansia, drammi e trionfi, stragi, declini ed evoluzioni, speculazioni, estinzioni, mutazioni, esodi, guerre, ingiustizie, rivolte, scoperte, religiosità, piacere anche estetico, arte. Dovremmo riflettere sul fatto che oggi ci servirebbero tre pianeti terra per soddisfare le nostre esigenze. E ricordare il sarcasmo di Lenny Bruce quando ci ammonisce: “Ho inventato l’acqua in polvere, ma non so in cosa scioglierla”. Un bene non riproducibile, nel nostro futuro tutto sarà ridotto in polvere, tranne l’acqua. aBBeveratoio alPi il PiÙ graNDe serBatoio iDriCo Dell’eUroPa Le Alpi sono una torre d’acqua che ristora le grandi metropoli europee, abbevera le assetate e fertili pianure, permette ristorazione, pacificazione con la natura, riflessione e fornisce spunti a ogni ispirazione artistica. I fiumi delle Alpi forniscono acqua a 170 milioni di persone, mentre la catena montuosa è abitata da quasi 14 milioni di uomini e donne. Nonostante l’immensità di questa riserva anche sull’arco alpino sono presenti problemi, perché l’acqua è una risorsa fragile, la sua qualità riguarda ognuno di noi e ha un costo. Dal 1950 a oggi i ghiacciai alpini si sono ridotti del 50%. Al ritmo attuale dell’aumento di temperature medie si prevede che a breve, tra il 2030 e il 2040, non vi saranno più ghiacciai, se non lembi ristretti di lingue di neve. Va tenuto presente che a ogni aumento di un grado della temperatura media annuale, corrisponde l’innalzamento del livello delle nevicate di 170 metri, e dal 1950 al 2010 la
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1,5°C aumento della
130 le stazioni
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temperatura media in trentino negli ultimi 50 anni i siti pluviometrici in trentino.
3/5 metri è
di rilevamento delle temperature in trentino
l’arretramento dei ghiacciai trentini nel 2012
le antenne di rilevamento idrometrico sul territorio per valutare le perdite di portata d’acqua.
temperatura media è cresciuta di oltre un grado. Oggi questa tendenza, causa l’accumularsi di CO2 nell’atmosfera, ha subito una drammatica accelerazione. La nostra agricoltura consuma il 61% dell’acqua disponibile, l’industria il 18%, l’acqua potabile il 19%. Siamo convinti che le Alpi siano autosufficienti dal punto di vista energetico. Nell’assorbire questa convinzione dimentichiamo che l’energia consumata è del 49% per calore e riscaldamento, il 30% per il trasporto e solo il 21% è elettricità. Siamo autosufficienti grazie all’idroelettrico solo per l’elettricità, ma quali sono i costi ambientali e paesaggistici che abbiamo pagato e dovremo pagare per l’uso della risorsa in termini di naturalità e di mancati servizi ad altre economie? Dobbiamo quindi riflettere su questi dati e sui successivi e chiederci di chi è l’acqua, chi dà e chi prende, chi decide. Un dato è certo: è un servizio universale che offre vita ai cicli riproduttivi, naturalistici. E a noi offre spazi ricreativi, etici, salute, energia, lavoro e permette attività sportive. Li abbiamo letti i nostri corsi d’acqua?
Impoveriti da innumerevoli captazioni, ridotti a corridoi semplici, lineari, che ci fanno perdere letture complesse e fascino. Come dice Mario Broggi, manager industriale in Liechtestein, le acque libere sono fonte ispiratrice d’arti, paesaggio sonoro, una fusione acustica unica. Nelle Alpi vi è un solo fiume ancora integro, il Tagliamento. E nelle nostri valli troviamo solo il rio Cadino e in parte il Lagorai. Torrenti che sono delle vere e proprie aree rifugio delle valli. Ambedue sottoposti a pressioni di diverse speculazioni. I poteri finanziari e i contatti politici non possono rimpiazzare una cultura della pianificazione condivisa che ci porti ad adeguarci alla capacità di riciclo della natura, con pazienza, come fanno gli alberi. L’acqua ci riporta a riflettere su un termine che la politica non vuole nemmeno sentire sussurrato: sobrietà. E a porre attenzione alla democrazia reale. Possiamo ancora permetterci che a decidere dell’uso dell’acqua siano solo le forze economiche? O non è necessaria un’inversione di tendenza e quindi investire in scelte condivise da tutti i soggetti attivi delle nostre comunità?
UNa Nostra riCCa giorNata Di CoNsUmo D’aCQUa Sciacquone
Bagno doccia
Bucato
Cucinare, bere, lavare i piatti
Cura del corpo
totale
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45 litri
30 litri
28 litri
2 litri
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litri
litri
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reportage dal passato
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Raccolta del fieno in localitĂ Soreghes, anni 20
Fatti e volti
a tu per tu con ‌
Una redazione in rosa,
un team di donne nel panorama dell’informazione locale in val di Fassa
riccardo turri,
quando due destini si uniscono
luca zanon,
un valligiano alla scoperta del mondo 35
Fatti e volti
Cristina marchetti
Una redazione in rosa Cristina marchetti
Nel panorama dell’informazione locale, in val di Fassa c’è la redazione de la Usc di ladins, il solo settimanale scritto interamente in lingua ladina che, come dice lo stesso nome, “la voce dei ladini”, si occupa di far conoscere appunto quanto accade nella comunità ladina, dando spazio a fatti e avvenimenti che magari non sempre sugli organi Lucia, da quanto tempo lavora presso la redazione fassana de La Usc? Con quest’anno sono venti. Siete tutte donne in redazione, com’è lavorare in un ambiente come il vostro? La redazione de La Usc di Ladins della val di Fassa è proprio una redazione tutta al femminile, con quattro giornaliste, di cui due a tempo pieno e due part-time. Non so se è stato casuale o voluto, comunque dopo pochi anni da quando ho iniziato a lavorare è arrivata la prima collaboratrice, che era appunto una donna, dopo una decina d’anni se ne è aggiunta una terza e successivamente una quarta, sempre donne, e insieme ci troviamo davvero molto bene. Inoltre, anche altre collaboratrici che negli anni si sono avvicendate in redazione per periodi più o meno lunghi sono state quasi sempre donne.
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Lei ha due figli, adesso ormai grandi, com’è riuscita negli anni a conciliare il suo ruolo professionale con quello di madre? Il lavoro di giornalista, si sa, non ha orari. Capita spesso di avere le sere impegnate piuttosto che i sabati o le domeniche e questo per una donna che ha famiglia è un problema. Tuttavia, il fatto che non abbia orari lo rende anche più elastico, infatti è possibile ritagliarsi gli spazi che servono dal momento che non si deve “timbrare il cartellino”. Devo dire che nel mio caso è stata fondamentale la presenza della nonna, poiché ho iniziato a lavorare quando i miei figli erano davvero molto piccoli e questa esperienza mi ha dato modo di capire bene le problematiche delle mamme che lavorano. Nel frattempo anche due delle collaboratrici hanno avuto bambini e ho potuto verificare che se una mamma può avere un orario flessibile lavora con più serenità e in
d’informazione maggiori trovano collocazione o adeguata trattazione. la redazione fassana de la Usc presenta una particolarità: è composta di sole donne. sarà un caso o è una situazione voluta? Per saperne di più abbiamo rivolto qualche domanda alla responsabile lucia gross.
Come emerge da molti studi, la donna in val di Fassa ha sempre avuto un ruolo molto forte e importante
modo più produttivo. È questa l’impostazione che è sempre stata data in questa redazione, una specie di attenzione “naturale” alle esigenze delle mamme lavoratrici. La donna nel mondo dell’informazione. Secondo lei, in cosa si differenzia una donna rispetto a un uomo in questo settore? Sicuramente le donne hanno una sensibilità, un’attenzione diversa da quella degli uomini, dopo di che io, per carattere, sono contraria alle generalizzazioni. Credo che non esista in assoluto un modo di fare informazione maschile o femminile. Ai nostri livelli il lavoro di giornalista rimane ancora legato al territorio e viene portato avanti in maniera tranquilla, a livelli più alti entrano in gioco dinamiche di carriera, potere, visibilità, alle quali spesso le donne ambiziose sacrificano la loro sensibilità,
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“n om tegn sù n cianton de la ciasa, ma na femena la n tegn sù trei”, un uomo sorregge un angolo della casa, ma una donna ne sorregge tre
Cristina marchetti, valentina redolfi, monica Cigolla e lucia gross.
perché purtroppo si sa che la nostra società premia gli uomini e una donna, per arrivare agli stessi livelli, deve essere molto più brava. Molte di loro pensano che per superare questo gap debbano “mascolinizzarsi”, perdendo inevitabilmente qualcosa di importante. Secondo lei, qual è il ruolo della donna nella società fassana? Come emerge da molti studi, la donna in val di Fassa ha sempre avuto un ruolo molto forte e importante, c’è un proverbio ladino che a questo proposito la dice lunga: “n om tegn sù n cianton de la ciasa, ma na femena la n tegn sù trei”, un uomo sorregge un angolo della casa, ma una donna ne sorregge tre. Questo non vuol dire che la società ladina sia stata matriarcale, la donna ha sempre avuto ruoli defilati, umili, ma quando gli uomini fassani andavano per mesi e mesi “al lont”, via dalla valle, per guadagnare di che vivere per sé e
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per la famiglia, la donna restava sola e doveva occuparsi della casa, dei figli, del bestiame e dei campi, era veramente la colonna portante. Questo ruolo si è poi sviluppato anche nel settore turistico: partendo da pioniere come Maria Piaz in molte storie delle famiglie alberghiere tradizionali della valle il fulcro è stata una donna, anche come imprenditrice, le prime albergatrici infatti erano sostanzialmente delle manager. Al giorno d’oggi anche in val di Fassa ci sono molte donne che ricoprono ruoli importanti, come la Procuradora del Comun general de Fascia, la Sorastant della Scuola Ladina di Fassa, molte sono diventate assessori o consiglieri in diverse amministrazioni comunali e, come si può vedere anche nella nostra redazione, ci sono donne che occupano ruoli significativi anche nel mondo dell’informazione.
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fatti e volti
Afferma che: “La maestosità non è necessaria. La bellezza naturale, vera, sta nelle cose semplici, nelle persone schiette, nello spazio che non pone limiti allo sguardo e ai pensieri”. “Quello che sei oggi e quello che hai raccolto nella vita”. “Essere fedeli a se stessi e consapevoli che il proprio atteggiamento si riflette in tutto quello che fai e sulle persone che ti circondano è di vitale importanza”. Per te.”
Scelte d’elezione
Riccardo Turri Sofia Brigadoi
U
na costante lo accompagna da quando è nato, perché se è vero che non ci è dato modo di scegliere la cornice del nostro destino, possiamo comprendere perché Riccardo percepisca l’Azienda che gestisce come una luce da seguire, una punto di partenza, un’opportunità da rispettare. Riccardo nasce nel 1974, un anno dopo il papà Ardelio fonda Starpool, azienda che si occupa della commercializzazione e realizzazione di piscine e saune. Fin da ragazzo ha desiderato seguire le orme prima del padre, poi del fratello Paolo, e indirizzare le energie alla costante ricerca di un equilibrio tra opposti: tradizione e innovazione, fantasia e razionalità, caldo e freddo. Oggi è Amministratore Delegato dell’Azienda. È sposato e ha due figli, un
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maschietto di sette anni e una bambina di tre. Quando gli impegni glielo consentono va a sciare, nella bella stagione gli piace andare in bicicletta. Ama camminare in montagna con la famiglia, ma non tragitti troppo impegnativi. Un destino da seguire. Una strada da percorre. Gestire tutte quelle attività riguardanti direttamente e indirettamente la cura e lo sviluppo armonico del corpo umano. È con questa intuizione che nel 1975 Ardelio Turri iniziò la sua avventura avviando un’attività di commercio come importatore di piscine dall’estero. Trentotto anni dopo quell’idea ha il volto poliedrico ed eclettico di Starpool, un’azienda sinonimo di tecnologia, innovazione e design italiano, specialista nella
progettazione di centri benessere e spa nonché nella produzione di saune e bagni di vapore realizzati coniugando il meglio della tradizione artigianale con il design e la più moderna tecnologia per offrire soluzioni capaci di migliorare qualitativamente il benessere della persona. Da quei lontani inizi è sbocciata in Valle di Fiemme una realtà che gestisce dal “progetto al prodotto al servizio” per un totale di oltre 1400 progetti spa e oltre 200 abitazioni private realizzate portando in tutto il mondo i valori del Made in Italy. Diversi i riconoscimenti di cui l’amministratore delegato Riccardo Turri e i suoi collaboratori si sono resi protagonisti in questi decenni: 3 Reddot desgin award tra i quali un best of the best, un innovation award e un italian pool award – a conferma degli investimenti applicati nella ricerca e nello sviluppo di prodotti capaci di migliorare qualitativamente le loro performance e la
Oggigiorno il mercato è sempre più esigente e richiede una preparazione impeccabile
qualità delle attrezzature. C’è un pensiero ricorrente che la accompagna nella vita? Più di uno… quello più frequente riguarda la capacità di realizzare al meglio ciò che faccio. Anche quando sono soddisfatto della concretizzazione di un progetto penso sempre a come si sarebbe potuto farlo meglio. Quanto impegno comporta accrescere in modo continuato le competenze di un’Azienda? Direi che non ci si può mai fermare. Le competenze passano indiscutibilmente attraverso l’esperienza e tra persone che poi sono obbligate a confrontarsi. È un impegno quotidiano, e un investimento economico elevatissimo costituito da studi, consulenze, test e molto altro. Oggigiorno il mercato è sempre più esigente e richiede una preparazione impeccabile. Il nostro lavoro è molto complesso: dalla progettazione architettonica che va di pari passo con quella tecnica, si passa alla produzione, l’installazione e l’assistenza post vendita. Il tutto deve
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essere supportato da un’incessante ricerca che coinvolge tutti i settori. Oggi Starpool è un’Azienda competente, ma vorrei che migliorassimo ancora. A chi sente di dovere un plauso, un merito? Indicare una persona sola sarebbe errato. Sicuramente a tutta la mia famiglia, i miei genitori per primi, che mi hanno insegnato ad avere tenacia, e a rialzarmi anche quando le cose non sono andate bene. Desidero anche esprimere gratitudine a mia moglie che mi permette di dedicare molto del mio tempo all’Azienda, occupandosi personalmente dei nostri figli e della casa. Da un punto di vista professionale un grazie va a mio fratello Paolo. Ciò che oggi è Starpool non esisterebbe senza il suo contributo. Le incredibili idee e l’impegno personale che ha dedicato all’attività per circa vent’anni hanno portato l’Azienda a compiere passi da gigante. Ricordo che sin da ragazzo mi portava con sé per insegnarmi il mestiere. Quando ha pensato che potessi camminare da solo si è fatto da parte e non si è mai intromesso nelle mie scelte. Una decisione probabilmente dettata da un pizzico di follia, e accettata da me con po’ di incoscienza. Non è stato facile, lo ammetto, per nulla facile, ma alla fine si è rilevata una grande opportunità di crescita, umana e professionale. Ultimo, ma non meno importante, desidero
ringraziare i miei collaboratori, oramai una settantina. Siamo una grande squadra con tanti progetti da realizzare. Innovazione è la nostra parola d’ordine. A tutti loro un plauso speciale. Se potesse tornare indietro quali scelte eviterebbe? Credo profondamente che quello che siamo oggi sia il risultato di ciò che abbiamo creato in passato. Gli errori che compi ti danno l’opportunità di riflettere e di migliorare come persona e nel lavoro. Qualunque scelta tu faccia, giusta o sbagliata, diviene parte di te, un patrimonio personale. Obiettivi? Molti riguardano l’Azienda. Il nostro territorio rimane il mio pallino e vorrei in primis rispondere adeguatamente alle richieste di mercato locale. Un altro dei miei obiettivi è di consolidare il mercato già conquistato da Starpool in Europa. In seguito vorrei concentrarmi sull’Asia. Siamo a un passo dalla nascita della nostra seconda filiale. Stiamo infatti aprendo Starpool Asia con sede a Singapore, questo per poter gestire al meglio e da più vicino tutto il business Asiatico. Se riusciremo a coprire adeguatamente questi due continenti sarà per noi un grande successo. So che dobbiamo lavorare sodo, ma questo non mi spaventa. Anzi, lo trovo un incentivo.
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Fatti e volti
il mondo è la mia casa
luca zanon è un ragazzo di 23 anni di ziano. Da quando ha scoperto che oltre la Catena del lagorai c’è un pianeta da “vivere”, non riesce a fare meno di viaggiare. ma a modo suo silvia Delli zotti
Parlare con Luca significa farsi accompagnare in un’esperienza fatta di ricordi, di sogni, di posti già visti e da vedere. Pur essendo molto giovane, ha viaggiato molto, guidato solo dalla sua curiosità verso nuove culture e nuovi stili di vita. Calendario ritratti ideato con un amico
Luca, quando hai sentito di essere un avventuroso? Ho frequentato l’università di gestione eventi e dello sport di Brunico, una facoltà che sentivo molto “mia” perché univa la passione per le lingue a quella per lo sport. Nel 2010 ho cercato un tirocinio da fare all’estero: avevo
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in mente l’Australia e avrei fatto di tutto per andarci, anche abbandonare l’idea di lavorare per i Mondiali di Sci Nordico Fiemme 2013 che mi era stata proposta dal Comitato organizzatore durante lo stage per il Tour de Ski. Assurdo, si potrebbe pensare, ma il richiamo verso l’Australia era troppo forte.
luca in Perù
Non male come prima esperienza all’estero. Eri dall’altra parte del mondo... Già! Ho vissuto esperienze forti e non molto positive, ma il mio stato vitale era talmente alto da non temere nulla. Senza accorgermene, iniziavo a maturare il pensiero che tante volte la routine ci salva dalle difficoltà, ma in realtà il potenziale umano è talmente alto che ci permetterebbe di fare esperienze strepitose e molto motivanti. Ad esempio? Per un periodo stavo in camera con ragazzi di altre nazionalità. Incredibile ma vero, sembrava fossimo una grande famiglia: molto diversi, ma molto simili. Perché se ci trovavamo lì nello stesso momento, qualcosa di simile dovevamo avercelo! Anche pensando alla mia amata Val di Fiemme, dove spesso mi
annoiavo, ne ricordavo solo gli aspetti positivi. E una volta finito il tirocinio? Volevo tornare in Italia, ma arrivò un’email dal Comitato Organizzatore dei Mondiali. Mi chiedevano di ripensare allo loro proposta e che, se avessi accettato, avrei fatto parte del settore “Sport”. La vita è davvero incredibile! Estero e sport di nuovo insieme. Accettai ringraziando. Ma avevo ancora un continente da visitare! Raccolsi le mie cose nello zaino e per un mese esplorai l’Australia da solo in autostop, poi in macchina con un ragazzo francese. Per me questa è la vera essenza del viaggio: zaino in spalla, occhi e mente aperta, voglia di non fermarsi mai. Com’è stato il ritorno in valle? Breve ma intenso. Ho dato il mio contributo
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luca in africa
all’organizzazione dei Mondiali, un evento che ho vissuto in maniera molto positiva e allegra. Poi mi sono laureato e, come premio, ho scelto una destinazione e sono ripartito alla volta dell’Africa con alcuni amici.
È vero, bisogna avere coraggio per staccarsi da essa ogni tanto e partire, ma quello che si impara in strada tra la gente, specialmente se di una cultura diversa dalla propria, è un valore inestimabile e indescrivibile.
Africa. È stata una scelta casuale? No, era una delle mie “mete nel cassetto”, un’esplosione di desideri accumulati! Pochi giorni dopo il mio arrivo, mi pareva di rivivere il film “Into the Wild”. Riflettevo sul consumismo occidentale, realizzando che ogni cosa è un’esperienza più che un valore. Stavo coi bimbi malati di Aids e mi chiedevo: “E noi ci permettiamo di essere accecati dall’avere e ci lamentiamo della valle?” Il mondo è una scuola, ne ero sempre più convinto.
Cosa vorresti dire ai tuoi coetanei? Di vivere una vita tutti i giorni che ti faccia addormentare la sera e risvegliarti la mattina felice e senza troppe lamentele. Seguire i propri sogni non è solo una frase fatta, ma è una vera spinta interiore che ti fa crescere e che nessuna scuola può insegnare. A me stesso ripeto: “Non adagiarti mai, se qualcosa ti può rendere felice alzati e valle incontro”. Per questo, con due amici, abbiamo creato un blog e un calendario molto apprezzato (1000 like su Facebook). A breve uscirà quello del 2014.
Australia, Africa... e poi? Sono tornato in Italia per rifare la valigia e ripartire, da solo: Perù e in Bolivia. In questi paesi ho scoperto quanto sia possibile viaggiare con pochi soldi in tasca, mangiando nei ristorantini dove mangiano loro, chiedendo a loro informazioni per il mio itinerario, prendendo autobus locali e non turistici, ecc. Cosa stava cambiando in te? È cambiato soprattutto il mio approccio alla vita. In generale ho scoperto che ci sono 1000 cose da fare se andiamo oltre, se osiamo mettere il naso fuori dalla nostra quotidianità.
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Di cosa di tratta? L’abbiamo chiamato “Storie di ritratti”: è una raccolta di foto scattate in giro che racconta di noi viaggiatori. Il vero aspetto di “Storie di ritratti” è quello di stimolare i giovani, far cambiare idea rispetto alla passività, far scattare la scintilla, raccontare cosa c’è di diverso. Stare comodi significa davvero sentirsi vivi? Bella domanda! Nel futuro come ti vedi? Il lavoro dei miei sogni in Val di Fiemme ce l’ho, ma avrò sempre il mio fedele zaino a portata di mano.
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CUriosità
il tempo perenne Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa
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i siete mai chiesti qual è il significato dello scioglilingua più padroneggiato del nostro paese. No? Lo abbiamo fatto noi, incuriositi dal buffo atteggiamento di una capretta. La suddetta, che brucava l’erba tra pecore, asini e muli, (il che è un pascolare da regine se diamo credito ai valori simbolici assegnati a questi animali), d’un tratto, presa da una smania fulminea, è salita con un balzo sull’unica roccia presente del pascolo e, indispettita, ha scrutato le altre bestie. Con una ripetizione quasi ossessiva e ostinata di acuti belati, che racchiudevano cambi di tonalità stridenti beh…Eh…eh…Eh, si è conquistata
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l’attenzione dei sottostanti. Non so perché ma, ci è balzato alla mente un comizio politico: niente nomi poiché non facciamo distinzioni. Ci siamo calati nel ruolo dei sovrastati, un po’ pecore, asini e muli (non volevamo farci mancare nulla) e patatrac, ecco sorgere la prima domanda (lecita per quelli della nostra specie): non è che la comune filastrocca racchiuda un significato profondo? Del tipo: “Che bello, in Italia si insegna ai bambini, fin da piccini, che il proprio benessere dipende da come ci si pone nella vita?” Traduciamo in modo sottile da asini ignoranti: se ti imponi nella vita resti vivo e fai pure i soldi, altrimenti sei uno sfigato e quasi
delle capre certamente povero. Oppure: “Se stai ‘sopra’ gli altri sopravvivi; se stai ‘sotto’ crepi.” Traduciamo da muli testardi: “Se sei astuto e disonesto vivi a lungo e bene, se sei schietto e incorruttibile, sei morto”. Detto ciò abbiamo abbandonato il piacere di sentirci asini e muli (ci siamo dimostrati sufficientemente incapaci e ostinati nelle nostre convinzioni), e via con l’essere al 100% pecore; la speranza è di migliorare la nostra situazione. E, guarda un po’, siamo ripiombati nell’oblio perché un’altra insensata domanda è affiorata nel nostro microscopico cervello: “Ma perché anche Gesù ci considera pecore? Perché dall’alto del suo balot/sas (sasso) usa questa similitudine? Forse perché seguiamo il primo della fila e ci facciamo portare a spasso come ciechi?” Difficile rispondere. Allora abbiamo abbandonato anche Gesù e
sofia Brigadoi
le sue pecore (troppo complicato) e ci siamo concentrati sulla capra che continuava a belare. Ma è vero o no che nella religione cristiana il satiro ha il corpo di un umano con zampe e corna caprine? Aiuto, mi sa che invece di seguire la voce di Dio ci siamo di nuovo confusi e stiamo correndo dietro a dei caproni antropomorfi. Ops, ci giungono agli occhi una serie di facce note. Bene, a questo punto, disorientati, abbiamo pensato che lo scioglilingua racchiuda solamente il triste destino della terra: quello di continuare a vagare in un alone di epicità. E se invece fosse il sunto di una tragica favola che ripete sempre la stessa storia di ‘furboni’ che prevaricano sulla gente? Credo che adesso, giunti all’epigrammatica verità, il desiderio è di sentirci anche noi capre, se non altro per compassione.
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rePortage Dal Passato
le Dolomiti disegnate: una carta geologica della metà del 1800 marco avanzini e Paolo zambotto museo delle scienze di trento
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milio Cornalia nasce a Milano nel 1824 da una nobile famiglia. È poco più di 23enne quando, nel 1847, trascinato dall’entusiasmo delle sue ricerche sulla storia della geologia, parte per le Dolomiti che proprio in quegli anni si andavano svelando nella loro mirabile unicità. Il personaggio che più lo affascina è il berlinese Leopold von Buch, che, nel 1822, aveva disegnato una carta geografica sulla quale erano localizzati i principali affioramenti geologici, compreso il complesso dei Monzoni e le dolomie, ben distinte dai calcari. Cornalia utilizza questa carta e, oltrepassata la città di Trento, risale la Valle dell’Adige fino a Egna da dove imbocca la Valle di Fiemme. Lo colpisce subito la grande estensione dei porfidi che si allargano a vista d’occhio e, nei pressi di San Lugano, è attirato da una cava, dove il porfido si mostra in meravigliosi prismi a base esagonale utilizzati dai costruttori locali per erigere i paracarri ai lati della strada che ha appena percorso. Prosegue per Cavalese dove conosce Demetrio Leonardi, chimico e speziale che lo aiuta a eseguire le analisi chimiche delle acque di alcuni stabilimenti termali dei dintorni di Carano e Cavelonte e che gli fornisce le analisi chimiche della Predazzite, una specie di marmo affiorante nei pressi di Predazzo. I colloqui con Leonardi lo invogliano a spingersi
Cornalia effettua una importante scoperta
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oltre e a indagare scientificamente i monti dell’alta Val di Fiemme. Le sue osservazioni lo portano a polemizzare garbatamente con Von Buch riguardo l’estensione di alcuni affioramenti rocciosi e inizia a compilare una carta sua che poco alla volta assume una spiccata e interessante individualità. Percorrendo la valle non può fare a meno di notare la grande varietà di minerali contenuti negli affioramenti rocciosi dei monti circostanti. Raccoglie molti campioni che descrive con minuziosa attenzione. Osserva il complesso vulcanico di Predazzo e dei Monzoni, dove cerca di indagare i complessi rapporti stratigrafici del massiccio montuoso. Per fare ciò s’inerpica sui versanti scoscesi del Mulat e della Malgola. Si reca anche ai Canzoccoli, dove poche decine di anni prima l’italiano Marzari Pencati aveva demolito uno dei capisaldi della geologia
sono dieci le formazioni rocciose che il naturalista traccia nella carta geologica di alcune valli meridionali del tirolo mondiale, osservando che il granito era sovrapposto alle rocce calcaree e che quindi non poteva essere la roccia più antica in assoluto. Le sue osservazioni di campagna lo portano anche a considerazioni più generali sulla natura e sul senso delle mineralizzazioni che appaiono tipiche di alcune formazioni rocciose. Cornalia si chiede ad esempio se un giorno l’analisi della natura dei minerali e i loro rapporti all’interno di una roccia vulcanica
non potrà aiutare a classificare, confrontare o correlare rocce ignee anche distanti tra loro un po’ come permettono di fare i fossili per le rocce sedimentarie. Anche la forma cristallina, a suo avviso dovrebbe dare lo stesso tipo d’informazioni ed è interessante notare come le considerazioni che Cornalia riporta nel suo lavoro trovino oggi puntuale applicazione. La parte più significativa dell’opera di Cornalia è rappresentata indubbiamente dalla carta geologica della regione dolomitica. Cornalia vi distingue, mediante colori diversi dieci formazioni rocciose. I porfidi, con la loro grande estensione lungo la catena del Lagorai e gli scisti micacei, fanno da base alle più recenti formazioni sedimentarie e vulcaniche. Tra esse sono diligentemente indicate le masse intrusive dei Monzoni (selagite dei Monzoni), di Predazzo, di Bressanone e di Cima d’Asta
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(Granito). L’autore evidenzia anche, con precisione, la distribuzione areale delle rocce eruttive dell’Alpe di Siusi (Melafiri) e della Val San Nicolò (Crepa Neigra). Indica gli affioramenti di calcare conchiglioso della Val Badia (tra Pedraces e San Leonardo), dei dintorni di Predazzo ma anche di Trento e della Valsugana, nei quali ha la fortuna di raccogliere numerosi fossili di invertebrati marini. Particolare rilevanza mostrano, come
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appare logico, gli affioramenti di Dolomia che caratterizzano le sommità del Contrin, del Sassolungo, del Sass Rigais, del Catinaccio. Estensione minore hanno i depositi sabbiosi definiti Grauwake (le arenarie prodotte dallo smantellamento di materiali vulcanici della Formazione di Wengen-La Valle) che, tuttavia, completano una carta geologica che, a più di 150 anni dalla stampa, mantiene inalterato il suo fascino.
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CURIOSITà
Charlie: sete di libertà Gigi Casanova
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harlie ancora privo di piumaggio, era caduto dal nido, rompendosi una zampetta. Le severe leggi della natura l’avrebbero condannato a una morte sicura. Per noi umani è difficile accettare la fine di un essere indifeso, quando con un solo gesto, possiamo modificare il corso degli eventi. Charlie è stato fortunato, la famiglia di Marco Degiampietro di Forno (con Wilma, Davis e Marcella, la morosa) si sono presi cura di lui e l’hanno salvato. Ci sono volute le cure amorevoli di tutti perché divenisse sano e robusto. È stato nutrito e coccolato, dapprima in casa poi, con la bella stagione, al rifugio Passo Lusia (Moena). Charlie ha ricambiato questi doni dimostrando
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affetto, chiacchierando e giocando con i suoi amici umani, andando a cercarli quando disattenti verso di lui. Nella famiglia sapeva cogliere le carezze della voce di Marcella e Wilma; la simpatia che trasmetteva lo sguardo di Devis, ma anche le brusche frasi di Marco che lo rimproveravano. Sì, perché Charlie, quando emozionato dalle attenzioni che riceveva, ringraziava lasciando scorrere i suoi bisogni. Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo anche noi, di sentire la sua gratitudine per una carezza, un sorriso. Felice ti saltava su una mano, sulla spalla o addirittura in testa, perché quel gesto d’affetto nei suoi confronti si protraesse il più a lungo possibile.
Charlie e marcella
Charlie
Nel frattempo al rifugio sono iniziati i lavori di restauro e Charlie ne è divenuto la direttore dei lavori. Accostava gli operai, li seguiva nei movimenti e nelle operazioni. Talvolta si avvicinava anche a loro, per ricevere una carezza, o qualcosina da mangiare per poi tornare sulle mura della cascina. Un po’ per sfuggire ai cani e al vociare a volte troppo invadente dei turisti. Solo la sera rientrava in famiglia, nel rifugio. Per bere e mangiare, ma soprattutto per stare in compagnia di Marcella, la sua padroncina, quella che lui aveva preferito per mamma (perché si sa, tutti gli animali quando sono piccoli scelgono una persona della famiglia alla quale donare per sempre il proprio cuore).
Fino a quando, sul terminare dell’estate, forse per un vento troppo aggressivo, o per la presenza di qualche cane invadente, o solo perché si è sentito pronto, Charlie ha deciso di invadere spazi più ampi. Si è lanciato in un volo da esploratore, dapprima posandosi sulle cime dei pini cimbri, per poi librarsi più lontano e salutare i cervi che si abbeveravano al lago di Bocche. Affamato di spazio, bisognoso di nuove conoscenze. In viaggio, libero. Oggi Charlie vaga nella natura incontaminata della Catena di Bocche. Sì, qualche volta si gira indietro, la nostalgia verso Marcella è sempre presente. Ma si diventa adulti, ognuno con il proprio destino.
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relazioNi
Preconcetti da eliminare
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sofia Brigadoi
Nelle nostre valli alcuni aspetti della vita quotidiana sono tuttora sorretti da pensieri “scorciatoia” ossia “è così perché è sempre stato così”, che non rispettano l’individualità e le difficoltà esistenziali che ognuno di noi deve affrontare nella vita. Costruzioni sociali che si tramandano tra generazioni, nelle nostre case, a scuola, al lavoro. eventi negativi che impediscono una crescita libera e condizionano le aspettative. Fatti che s’imprimono dentro noi e ci fanno soffrire. Potrebbe sembrare un articolo provocatorio, ma siamo certi che ognuno di noi troverà nelle voci sottostanti situazioni che ha vissuto in prima persona. abbiamo interpellato alcuni esperti che hanno rilasciato un commento competente alle nostre asserzioni.
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n una società che sottovaluta troppo facilmente il valore e il peso delle parole, il fenomeno delle chiacchiere prolifica un po’ ovunque, soprattutto negli ambienti più ristretti. È vero che la vicinanza e la conoscenza reciproca favoriscono le buone relazioni tra le persone e questo è sicuramente un grande vantaggio se lo mettiamo a confronto con l’anonimato di ambienti molto numerosi, dove regna sovrana la solitudine. Ma c’è anche il rovescio della medaglia da considerare! Il parlare di tutto e di tutti senza scrupoli e con leggerezza può anche procurare conseguenze dannose e causare ferite dolorose. I pettegolezzi non si possono controllare. Non è possibile sapere dove sono in grado di arrivare e sussiste il pericolo che, passando di persona in persona, vengano completamente stravolti nel loro significato. Un esempio: quando si parla di una persona che è in pericolo di vita accade che qualcuno alla notizia aggiunga qualcosa, magari una previsione, un commento, cosicché alla fine arriva la notizia che
i pettegolezzi non hanno mai ucciso nessuno Don enrico Conci,
parroco di moena e di Forno
quel tale… è morto. In merito alle chiacchiere o alle calunnie che talora girano fra la gente, porto ad esempio la vicenda di un confessore al quale il penitente ammise di aver messo in circolazione fatti costruiti su supposizioni o pregiudizi non documentati. Il confessore gli ordinò di prendere una gallina e di spennarla, gettando le piume al vento. Poi, per penitenza del suo peccato, gli dispose di raccogliere tutte le piume e metterle in un sacco. Naturalmente il penitente rispose che non era possibile ricuperarle. “Allo stesso modo” gli fece osservare il confessore “non sarà più possibile riprendere le parole dette calunniando una persona!” Qualche volta si parla degli
altri per evitare di dover guardare dentro noi stessi. O ci consoliamo delle nostre frustrazioni narrando le disavventure altrui, oppure si guarda ai difetti degli altri per nascondere i propri. È molto difficile essere obiettivi: spesso a una notizia si aggiunge subito una conclusione con un giudizio, raramente positivo, anzi, spesso negativo. Vorrei soffermarmi brevemente su un concetto che ritengo importante: il significato di parola, intesa come dialogo, scambio di opinioni tra persone. La parola manifesta e rivela tutta la ricchezza interiore e spirituale di una persona. È un veicolo che serve anzitutto per manifestare quello che abbiamo nell’animo. Rivela i sentimenti, le paure, le intenzioni, serve per metterci in relazione con le persone con cui abbiamo a che fare. Saper parlare e comunicare è un dono che non è facile avere, ma è anche una conquista che tutti possiamo raggiungere con la volontà e con l’esercizio. Una parola ben detta e al momento giusto trasmette fiducia, consola, sostiene e comunica amore. Due innamorati si confidano tutto quello che passa nel loro animo, esprimono le emozioni, e comunicano gioia intensa. Non finiscono mai di parlare e questo dialogo riempie il loro cuore di tanta serenità. Al contrario vivere di pettegolezzi, a lungo andare, impoverisce chi li fa. E può causare a chi ne è oggetto, ferite molto profonde. In fine una considerazione sulla buona fama di una persona. Il Vangelo, in nome della carità, non accetta che uno qualsiasi si arroghi il diritto di giudicare e tanto meno di condannare nessuno per nessun motivo. Tutti ricordano l’episodio dell’adultera della quale Gesù prende le difese di fronte alla gente, dicendo: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra.” Il buon nome va sempre tutelato. Noi abbiamo anche un santo patrono della buona fama: è san Giovanni Nepomuceno il quale, per non tradire il segreto confessionale, si lasciò torturare fino alla morte. L’attuale Papa Francesco ha fatto alcuni interventi proprio sulle chiacchiere e i pettegolezzi, ribadendo di mordere la lingua tante volte prima di parlare! Usiamo perciò questo dono tanto prezioso solo per edificare e non per distruggere, per far star bene e non per far star male!
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io do una mano, non ficco il naso nella famiglia di mio figlio/a Dott.ssa sarah vian, Psicologa e Psicoterapeuta, e.F.t. trainer and Practitioner
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uardare una cosa da diversi punti di vista, ma anche metterci nei panni dell’altro ci può aiutare a vederla in maniera differente, può aprire nuove vedute, ci può aiutare a valutare più obiettivamente e ad aggiustare ciò che può essere modificato per raggiungere un equilibrio. Innanzitutto possiamo provare a pensare se l’aiuto che diamo a nostro figlio/a corrisponde alle sue richieste, oppure se sconfina in altro. Possiamo riflettere su cosa esattamente ci sta chiedendo e cosa no, se quello che facciamo si limita ad andare incontro ai suoi bisogni o se pensiamo che, solo per il semplice fatto che ci chieda aiuto e che glielo offriamo, abbiamo automaticamente il diritto di andare oltre e in qualche modo di entrare nei suoi spazi più di quanto lui richieda. Dall’altro lato possiamo pensare a quando noi stessi abbiamo chiesto aiuto a nostra madre o alla suocera, possiamo ricordare fin dove questo aiuto arrivava, se era un aiuto discreto che rispettava i nostri spazi o un aiuto che li invadeva. Proviamo a pensare a cosa chiedevamo e volevamo in quel momento e se siamo riusciti a rendere chiare ed esplicite le nostre richieste. E a quali sensazioni avremmo avuto e come avremmo reagito se questi spazi fossero stati invasi, se non si fosse limitata a dare il suo aiuto ma si fosse intromessa in cose non sue.
È inoltre interessante riflettere fin dove una nonna/o può spingersi nell’educazione dei nipoti agendo in autonomia secondo un proprio metodo educativo, magari diverso da quello dei figli, rischiando così di essere percepito anche in questo caso come un’intrusione. Oppure rispettando alla lettera quello scelto dai figli, andando contro i propri stessi stili o principi. Rivendicare il proprio spazio è di vitale importanza. Ciò non significa che non possiamo chiedere un aiuto, ma significa essere consapevoli che solamente noi possiamo tutelarlo. Aspettarsi che gli altri lo tutelino è sempre un problema. Siamo noi stessi che possiamo prendere delle decisioni, fare delle scelte e allo stesso tempo segnare i limiti e i confini del nostro spazio personale, scegliendo così fino a che punto gli altri possono spingersi. Questo lo possiamo fare ascoltandoci, cercando di capire ciò che percepiamo come invasivo e soffocante, esplicitando richieste chiare e cercando di trasmettere in maniera trasparente e serena messaggi che indicano ciò che vogliamo e ciò di cui abbiamo bisogno, dando agli altri così la possibilità di rispettarlo. Possiamo noi stessi quindi scegliere le risorse e gli aiuti su cui contare e in particolare possiamo noi stessi far capire, tanto con le parole quanto soprattutto con il comportamento, che cosa chiediamo e cosa non.
le donne? È meglio che stiano in casa maria elena gianmoena, presidente dell’associazione “la voce delle Donne”, assessore alle attività economiche e pari opportunità del Comune di Cavalese
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eggendo la dichiarazione mi salta alla mente la nota asserzione trentina “Che la tasa, che la piasa, che la staga a casa”. Un detto popolare che, ancora oggi, strappa delle risate al termine di qualche incontro goliardico tra uomini. In realtà, in modo canzonatorio, pone una riflessione seria su alcune questioni chiave e attuali nel rapporto tra i generi. CHE LA TASA? Si apre tutta la questione della sotto rappresentazione del genere femminile in settori quali la politica e nelle cariche dirigenziali. CHE LA PIASA? La questione dello sfruttamento dell’immagine femminile, della violenza di genere, del femminicidio. CHE LA STAGA A CASA? La questione della partecipazione al mercato del lavoro, della conciliazione con le responsabilità familiari, della condivisione del lavoro, di cura.
Mi vorrei soffermare su quest’ultimo aspetto: nel naufragio dell’economia italiana, torna a farsi sentire con insistenza il tema dell’occupazione femminile. Indotte dal periodo di ristrettezza economica, sempre più donne cercano occupazione ed entrano sul mercato del lavoro (anche a condizioni in passato considerate non accettabili) per rimpiazzare la perdita delle entrate maschili nel bilancio familiare. Nel 2012 le donne che lavorano sono aumentate di 110 mila unità rispetto al 2011 (Dati Istat – Rapporto 2013). Dunque, aumentano le donne che lavorano. “Un effetto atteso da tempo” verrebbe da commentare immediatamente, ma in parte innescato da nuove strategie familiari di contenimento degli effetti della crisi, sottolineando che “la riduzione della distanza” nel mondo del lavoro nel nostro paese è da ricondursi soprattutto al peggioramento della situazione occupazionale maschile. In sostanza, la situazione non è poi così positiva come potrebbe sembrare, visto che l’aumento dell’occupazione femminile continua a essere concentrato nel part-time involontario e segregato nelle mansioni a bassa specializzazione. Commesse alla vendita al minuto, colf e segretarie sono le professioni che raccolgono il maggior numero di occupate. Lo scarso investimento nei servizi di Welfare che dovrebbero invece aiutare le donne a conciliare lavoro e famiglia non permette un vero aumento della partecipazione femminile nel mercato del lavoro che, come dimostrato da diversi studi, può essere uno strumento di crescita del Pil e del benessere collettivo. Una maggiore occupazione femminile favorirebbe l’aumento della richiesta di servizi, che potrebbero sostenere un successivo aumento nella domanda di lavoro e creare così un circolo virtuoso di lavoro e crescita. Un allineamento del tasso di occupazione di uomini e donne in Italia al livello del 66,7% (quello femminile è fermo al 47,4%) produrrebbe un incremento del Pil di circa 13,6 punti percentuali (Il Sole 24 Ore). La strada da battere per aumentare la possibilità di lavoro delle donne è esattamente quella dei servizi all’infanzia e delle politiche di conciliazione famiglia-lavoro. Più donne al lavoro non è solo una questione di equità, ma di risvolti economici a beneficio dell’intera società. L’importante è che ai blocchi di partenza si possa partire tutti, donne e uomini, con le stesse possibilità e questo dipenderà anche dalle manovre che il governo saprà o vorrà mettere in atto. Un primo passo? Abolire affermazioni stereotipate e vuote come quella citata all’inizio, con azioni concrete di sensibilizzazione, che possano dare un volto nuovo alla posizione che la donna occupa nella società d’oggi.
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Bullismo a scuola e nella vita, discriminazione razziale e sessuale michele malfer, docente all’istituto
superiore “la rosa Bianca”. responsabile del Distretto Famiglia della val di Fiemme
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l bullismo è una forma di violenza messa in atto a scuola e nei gruppi. Il bullo prende a bersaglio qualcuno con azioni che apparentemente non sembrano terribili ma che creano sofferenza e umiliazione. È un fenomeno spesso sottovalutato e invisibile, difficile da interrompere, messo in pratica sempre più spesso sui social network. La discriminazione razziale cresce in un contesto di pregiudizio e di chiusura al diverso che storicamente si amplifica nelle situazioni di crisi come quella che stiamo vivendo. In queste fasi l’altro è percepito come pericoloso e concorrente al mio diritto di benessere, lavoro, casa. La discriminazione è alimentata dalla paura. La violenza sulle donne (di cui molto si parla in questi anni) non è un fenomeno nuovo e statisticamente non è nemmeno in crescita ma ci dice con chiarezza quanto anche la nostra civiltà occidentale sia lontana da modelli di relazione improntati al rispetto per ogni persona e all’uguaglianza delle opportunità. Questi fenomeni hanno un denominatore comune, una stessa radice che li accomuna: sono tutti comportamenti che nascono dalla fatica di entrare in relazione e dall’insicurezza personale. Così in una classe è più facile prendere in giro il più debole guadagnandosi una facile popolarità o la fama di duri piuttosto che costruirsi amicizie e meritarsi la stima del gruppo. È più facile aggredire e offendere l’extracomunitario o l’omosessuale (il diverso, l’estraneo in genere) piuttosto che cercare di conoscerlo e costruire una convivenza civile. Per dialogare con l’altro serve avere un’identità chiara, una appartenenza, dei valori interiorizzati, mentre è più facile evitare il confronto utilizzando dei pregiudizi. È più facile avere il potere e il controllo sulla donna, fino alla violenza, allo stupro di gruppo, al femminicidio, piuttosto che rinunciare all’uso della forza per scegliere la via delle parole, delle emozioni, dei desideri che comporta anche il rischio del rifiuto e della frustrazione. Bulli, razzisti, violenti si assomigliano in questo: sono persone deboli, insicure, fragili, che pensano di non avere un altro modo per affermarsi che non sia la forza, la paura, il controllo.
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relazioni
Lui&Lei
Sofia Brigadoi
Ci vorrebbe il paracuore Non serve andare lontano, basta fare quattro chiacchiere fuori casa (e dentro) per capire che su Marte (pianeta maschile, nel tema natale rappresenta anche il partner uomo) non si parla la stessa lingua che su Venere (pianeta e partner femmina) Perché la natura, la creazione si è divertita a distinguere tra gli esseri viventi chi è maschio e chi è femmina e poi a stare a vedere l’affannarsi mentre si scovano, si annusano, fanno i difficili, creano capolavori di poesia per vincere subitanee resistenze, si schermiscono 62
per alzare la temperatura dell’intesa, inventano le mode, musiche, civetterie per tessere scintillanti cortine di corteggiamenti destinati a sciogliersi come rugiada al primo contatto e che di continuo rinnovano la ricerca e riposano nella sazietà.
Non parlano la stessa lingua eppure in qualche modo riescono a comunicare… male Lei torna a casa dal lavoro (lui ha il giorno libero). È tutto sotto sopra, i giocattoli dei bambini sono sparsi ovunque nel salotto e la Marmolada di roba da stirare è ancora lì, in bella vista (lo aveva supplicato di ridurla a un Pian dei Fiacconi). La cena non è pronta. O, se lo è, devono essere panini. Non c’è alcun sentore di buono che esca dalla cucina. Lui è sul divano che guarda la TV. Lui (allegro-amaro con intermezzo): Oh… oh… (paura) ciao amore! Sei già qui? (È uscita alle sei e mezzo di mattina e sono le otto di sera). Lei (quasi sottovoce): Devo soffrire di una grave forma di magnanimità nei tuoi confronti! (La risposta era un’altra, ma l’abbiamo tradotta con una forma d’espressione più garbata). Lui (che l’ha ascoltata con attenzione, ma fa finta di niente): Prova con un MOMENT, vedrai che ti passa. Commento dell’amica di Lei il giorno dopo: Li fanno con lo stampino! Tipo… quelli per il burro, tanto carini ma inutili! Non si capisce perché, ma la sagoma esce sempre differente da quella sul punzone. Commento dell’amico di Lui il giorno dopo: Noi maschi siamo persi in un fasullo labirinto amletico: “Ciclo o non ciclo? Il fatto è che sono delle nevrotiche. Sempre!”
Eppure le paure sono le stesse, i desideri idem. Anche le reazioni sono QUASI simili, con una piccola ma essenziale differenza: se talvolta nell’uomo sorgono pensieri irrazionali, nella donna generalmente sono irrazionali pazzoidi. La parola “fine” a una storia d’amore non sarà mai vissuta allo stesso modo. Il pensiero comune dice che: Lei si sentirà una Pigotta malconcia, tutta sbreghi, brutta e molliccia. L’aspetta un periodo da modellista (si fa per dire), ago e filo alla mano per i rattoppi. Lui percepirà l’abbandono come un déjà vu oppure un sa vedù, più semplicemente tradotto in scontato, superato. Seguiranno delle sbronze e qualche giro in giostra al Luna Park. Ma è proprio cosi? Oppure gli uomini sono più sensibili di quello che si pensa? E le donne più indifferenti del comune credere? Entriamo nel vivo della faccenda con un esempio banale, ma particolarmente significativo.
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lui in palestra (cosa pensa lei)
PRIMA del (matrimonio/convivenza)
Il tuo moroso. Bello, da morire.
Lo guardi mentre si allena, mentre quei bei “muscoletti” si gonfiano sotto lo sforzo. Non stai nella pelle al pensiero che quell’uomo tra qualche ora si stenderà nel letto accanto a te. La tua immaginazione vola a una svettante cima dolomitica. (Felicità!)
DOPO il (matrimonio/convivenza)
Lo guardi mentre corre sul tapis roulant e ti chiedi se quel marmottone incinto è tuo marito e tra quanto partorirà.
La speranza è una sola: che il frutto di quell’ unica “pazza” notte d’amore (dopo sei mesi di astinenza) non ti appartenga. Sentimenti e certezze vanno in frantumi. Provi un moto di pietà: per te! (No comment!)
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Come la vive lui (veramente)
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i trova nello spogliatoio della palestra. Ha aspettato che tutti se ne andassero per guardarsi allo specchio. Si domanda se la graziosa commessa del negozio nel quale ha acquistato la nuova tuta non abbia spudoratamente mentito, o forse è stato lui a non percepire le parole con il dovuto significato? Cos’è che aveva detto? Ah, sì… che aveva uno stupefacente fisico naturale mai visto prima. All’improvviso era rinato: i flaccidi pettorali e gli antiestetici rotoloni di grasso attorno ai fianchi erano magicamente scomparsi. Al loro posto, una serie di muscoli scolpiti. Quella tuta gli stava da dio, lo faceva sembrare un vero body builder, un Mister Olimpia. Ne aveva comperate due. Sbuffa, ormai è fatta. L’istruttore lo ha squadrato dalla testa ai piedi e poi con un maledetto aggeggio a pinza gli ha misurato la massa grassa presente nel corpo. In seguito a un calcolino di divisione tra peso e altezza, il numerino ottenuto era stato da urlo (di dispiacere). Anche la scheda che si becca è da urlo (di dolore): un’ora di cyclette e duecento esercizi da ripetere tre volte alla settimana. È passato un mese. Lui si sente più in forma
lei in palestra (cosa pensa lui)
PRIMA del (matrimonio/convivenza)
La tua Lei. Ha un fisico perfetto, bello e sodo, la tutina attillata lo mette in risalto. Una nutrita fauna testosteronica le ronza intorno, ma lei chiama te, solo te per reggerle i pesi. Quella sciupamaschi ti ha giurato attenzione eterna. Il tuo spirito si si trasforma in un animale selvatico.
e anche più piacente. È certo che quella ragazzina laggiù nell’angolo gli ha dato un’occhiata voluttuosa. E anche quella signorina alla macchina degli adduttori ha avuto per lui uno sguardo rapace. Finalmente prova la sensazione di essere di nuovo attraente. E d’un tratto la vede, sì… sua moglie. Al contrario di quando erano morosi, l’ha pregata di scegliere orari di allenamento diversi dai suoi. Ma è lì. Va verso di lui. La ricorda come era una volta: bella, dolce e soprattutto gentile. Ricorda anche che, durante gli esercizi, gli passava accanto e con voce melliflua e una delicata carezza all’addome scolpito sussurrava: “Ehi, uomo sexy, ci vediamo più tardi…!” La visione scompare. Lei è più reale che mai. Lo tocca, sulla pancia. Vuole essere un complimento: “Sei il re degli uomini natural”. Ma non è quello che più o meno ha detto anche la gentile commessa del negozio sportivo? Pensa a quale potrebbe essere un sinonimo concreto di naturale. Gli vengono in mente solo: ordinario, normale, comune.
DOPO il (matrimonio/convivenza + qualche figlio
La guarda grondare sudore durante un circuito veloce, destinato, tanto per cambiare, alla lavorazione di addome, cosce e glutei. È certo che si è iscritta a causa di un qui pro quo. Sul volantino della palestra stava scritto: “Vai col crossfit!” Ma Lei deve aver letto: “Vai col Croissantfit” e si è fatta convincere. Nonostante gli sforzi è rimasta com’era, anzi è peggiorata. Con la scusa “vado in palestra” mangia il doppio di prima.
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ci siamo trasferiti
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Come la vive lei (veramente)
È
arrivata a una consapevolezza: che tutte le donne sono uniche e che solo un elemento le accomuna tutte: la cellulite! Anche quella ragazzina che avrà all’incirca 15 anni ce l’ha, poca, ma è certa di averla vista. Un po’ si tira su e continua gli esercizi. Le manca solo un’ora di stepper e trentadue ripetizioni. Le viene un groppo alla gola. Il suo pensiero corre involontariamente alla cena: il menù prevede verdura cotta e una mela. Un secondo groppo si aggiunge al primo. L’istruttore aveva asserito che la routine è nemica della linea, quindi decide che dopo la cena, anziché stirare, spolvererà e laverà i pavimenti. Poi infilerà i borse (bambini) a letto che faranno sicuramente i capricci, preparerà gli indumenti per il giorno successivo che immancabilmente non soddisfaranno i figli, controllerà le cartelle nelle quali mancherà sicuramente qualcosa (libri, quaderni o l’astuccio), darà una sbirciatina al libretto con la speranza di non trovarci una nota, se c’è - alé! - un’altra mezz’ora di lotta, (molto più snervante dei mille esercizi fatti in palestra), ci metterà la merenda che sarà sempre quella che i figli non vogliono (menzionando che i loro compagni ne hanno una tutti i giorni diversa), infine andrà in bagno per struccarsi, assillata dal pensiero che le restano solo sei misere ore per riposare, prima di alzarsi e preparare la colazione per tutti. Chissà come mai tutto quello che ha pensato si avvera. Come per miracolo o una sorta di magia… nera!
Sono le dieci di sera. Il suo uomo è già a letto, dorme. Come al solito non l’ha aspettata per il bacino della buonanotte. Quarto groppo. Stesa sul dorso, in un silenzio rotto solo dal lieve respiro del suo compagno (pare un trattore in salita su una serie di tornanti), pensa al giorno dopo. L’aspetta un full-time al lavoro, un beverone vomitevole per brunch, e le immancabili due ore in palestra. Ed ecco il quinto groppo. Il solo pensiero di affrontare un’altra giornata di quel genere le fa venire fame. Tanta fame. Si domanda: “Cosa sarà mai se mangio un biscottino consolatorio? Uno solo!” Il sapore zuccherino di quell’unica golosità non basta. Ne mangerà un altro. Cosa saranno mai due biscottini? Tre, quattro, cinque…? Dopo aver ingurgitato l’intera scatola, si dà una sbirciatina allo specchio: non si vede così brutta, certo non è più quella di prima, quell’adipe sul ventre non è proprio il massimo. Di giorno è più facile sembrare carine e sexy: il trucco, l’acconciatura, l’abbigliamento e gli accessori aiutano (e molto). Alla sera, in pigiama, i punti di forza che restano sono l’intelligenza, la generosità, l’ironia, la capacità di ascoltare e dialogare. In preda a un raptus sale sulla bilancia. La speranza è una sola: “Magari che oggi ho perso qualche chilo?” La risposta è chiara e digitale: “Dieta, dieta… suvvia un po’ di moto!” Chissà perché per un attimo, le pare di aver letto: “Amore, amore… suvvia un po’ di amore!”
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in Fiemme e Fassa oltre 100 gli incidenti stradali causati da scontri con ungulati ruggero giovannini
Direttore Ufficio faunistico - Provincia di trento
Un sereno ritorno a casa in auto dopo essere stati al cinema. Improvvisamente, una grande sagoma ci piomba sull’auto, lo schianto, il parabrezza che salta, frantumi di vetro fin dentro l’abitacolo, la sbandata e ci si trova fermi ai margini di un prato senza nemmeno aver compreso esattamente cosa è accaduto. A parte lo spavento si prende atto che si è incolumi, solo piccole botte, minimi i tagli. Siamo stati fortunati, siamo vivi e un po’ alla volta si ricostruisce l’accaduto. Un cervo ha attraversato la strada, giace morto sul prato poco più avanti di noi, l’auto è distrutta, ma possiamo scendere e chiedere aiuto, telefonare subito ai carabinieri o al Servizio Foreste. Questa volta è andata bene, ma talvolta gli esiti per le persone coinvolte sono molto drammatici.
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Il problema degli incidenti stradali causati dall’investimento di ungulati selvatici è in costante aumento. Certamente la lunghezza della rete stradale, che in Trentino interessa circa 2400 km di strade statali e provinciali, e il suo sviluppo in contesti ambientali favorevoli alla presenza di ungulati, così come l’espansione numerica di alcune popolazioni selvatiche sono tra le cause del crescente fenomeno. A queste si aggiunga, segnatamente
Nel 2012 in Fiemme e Fassa gli investimenti accertati sono stati di 108 capi: 4 caprioli, 33 cervi, 1 muflone per il capriolo, la propensione accertata negli ultimi anni a occupare territori agricoli posti a quote più basse e quindi maggiormente antropizzati. In Trentino, la raccolta sistematica dei dati sugli investimenti di fauna selvatica è condotta dal Servizio Foreste e Fauna dal 1993, in attuazione di una specifica previsione normativa che introduce la necessità di apposita segnalazione in caso di investimento.
Nelle Valli di Fiemme e Fassa, ove è presente una popolazione di cervo tra le più consistenti della Provincia, è stato accertato l’investimento di 107 capi nel 2011 e di 108 capi nel 2012. Il crescente numero d’incidenti assume una notevole importanza sia per gli aspetti collegati alla sicurezza stradale, viste le conseguenze più o meno gravi per veicoli e conducenti, sia per la fauna. Dal 2003, attraverso una specifica previsione di legge, è stata introdotta la possibilità di corrispondere un indennizzo per far fronte ai danni causati dagli investimenti lungo le strade. Ammonta a poco meno di un milione di euro la polizza assicurativa stipulata annualmente dalla provincia per la copertura dei danni. È possibile ridurre questo rischio? In parte sì, lo dimostrano diverse iniziative messe in atto nei paesi delle Alpi del Nord, anche su viabilità autostradale. Ma nelle strette valli alpine risulta difficile intervenire. Per mancanza di spazio, per evitare di sconvolgere il paesaggio, per non cementare ovunque la montagna, e per gli alti costi di ogni opera. Sia a livello nazionale che internazionale, si stanno adottando numerose tecniche di mitigazione del rischio mirate a modificare i comportamenti dei conducenti dei veicoli o a
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impedire i fenomeni di attraversamento. Alcuni di questi metodi sono stati testati in maniera accurata, dimostrando diversi livelli di efficacia, in altri casi si è a livello sperimentale. La Provincia Autonoma di Trento, riconosciuta l’importanza del problema e considerata la presenza presso il proprio Servizio Foreste e Fauna di un database contenente i dati relativi agli incidenti stradali causati, ha prodotto, elaborando i dati sulla localizzazione degli investimenti e le caratteristiche ambientali circostanti, una “mappa di sensibilità agli investimenti”. La cartografia di rischio è stata utilizzata per determinare il corretto posizionamento, nei punti più pericolosi, dei catarifrangenti, dei segnali di pericolo e della segnaletica luminosa ad attivazione notturna, oltre che per l’individuazione di un sito dove costruire, a titolo sperimentale e in collaborazione con il Servizio Opere Stradali, un sottopasso dedicato all’attraversamento degli ungulati. Oggi si stanno studiando e sperimentando nuove tipologie d’intervento.
sovrappassi per la fauna selvatica: milioni di euro investiti nei Paesi del Nord
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a presto nuove tipologie d’intervento saranno testate sul territorio NUmero Di CaPi UNgUlati iNvestiti Nella ProviNCia Di treNto Primi anni ‘ 0 200
2005 400
2008 600
2012 738
iNvestimeNti Di UNgUlati Nel Distretto Forestale Di Fiemme e Fassa (comprese le foreste demaniali di Paneveggio e Cadino) 2002 2003 2004 2005 200 200 2008 200 2010 2011 2012 2013 totale
Capriolo Cervo Camoscio muflone 56 10 2 0 48 15 1 2 65 23 0 0 37 20 0 0 63 27 1 0 64 38 1 0 84 28 0 0 102 46 0 0 102 39 2 1 72 35 0 0 74 33 0 1 52 23 0 3 818 337 7 7
* i dati 2013 sono aggiornati al 30 settembre.
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tot. 68 66 88 57 91 103 112 148 143 107 108 *78 1169
Una di queste riguarda l’applicazione delle tecnologie di trasmissione delle informazioni via onde radio, wi-fi ecc., che in questi anni hanno avuto notevole sviluppo e visto diverse applicazioni, al fine di migliorare l’efficacia della segnalazione di pericolo nei confronti dell’utente. Applicando queste tecnologie al settore specifico si potrebbe individuare con precisione la presenza di un animale ai bordi della strada e intuirne il comportamento da lì a poco. Ciò consentirebbe di operare due distinte azioni: la prima nei confronti dell’animale per impedirne l’attraversamento, la seconda, in alternativa, nei confronti dell’utente della strada per aumentarne l’attenzione. La proposta è formulata dall’Università di Trento d’intesa con il Servizio Gestione Strade, con il Servizio Foreste e Fauna assieme all’Associazione Cacciatori Trentini e sarà prossimamente sperimentata in campo. In conclusione, se la tecnologia potrà col tempo fornire ulteriori contributi per contrastare il problema dell’incidentalità con gli ungulati selvatici, non si può non sottolineare l’importanza nell’investire nella responsabilità di chi guida: porre attenzione ai segnali stradali di pericolo, assumere una guida prudente, rispettare i limiti di velocità e controllare la medesima presso i tratti di bosco e delle coltivazioni, soprattutto nei periodi dell’anno più favorevoli al passaggio di animali che sono i mesi primaverili e nelle ore della giornata più a rischio, le ore notturne.
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il raCCoNto
a un passo da Dio Il Signore che imploro all’alba non è lo stesso che invoco al tramonto sofia Brigadoi
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elle prime ore di un ventoso pomeriggio di primavera, si udì il suono di una campana. Al suo richiamo un gruppo di persone convenne alla piccola chiesa ed entrò senza fare rumore. Dinanzi a un solitario crocefisso in legno era stata accesa una moltitudine di candele. Qualcuna si spense nel momento in cui un refolo d’aria s’insinuò all’interno insieme ai fedeli. Un modesto lampadario di ferro battuto pendeva dal soffitto e la fievole luce che emanava era a malapena in grado di illuminare le arcate del soffitto ove erano raffigurati la Vergine e il Bambino, accompagnati da un volo d’angeli. L’espressività dei gesti e dei volti era stata abilmente evidenziata da una pennellata di luce mistica. Dai muri scrostati delle pareti s’intravedeva la calce grigia e sassosa che con il passare del tempo cadeva a terra sgretolandosi. Di fronte all’altare, in vasi d’ottone brunito, erano stati deposti mazzi di fiori, i primi a essere spavaldamente sbocciati nei prati, nonostante le basse temperature.
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Padre Mario incominciò la predica, parlando della fede e della forza dell’amore. La fanciulla seduta nel primo banco, accanto a un’anziana donna con un rosario in mano, non lo stava ascoltando. I suoi pensieri erano altrove, interrotti solamente da qualche colpo di tosse o starnuto. Guardando dall’angusta finestrella accanto a lei, si accorse di com’erano cresciuti i cespugli di nocciolo vicino al muro antistante la sacrestia, che il suo papà aveva piantato alcuni anni prima. Sulle sue labbra si stampò una smorfia dolorosa. Un giorno il suo amato papà, glielo avevano riportato dal lavoro nel bosco in una cassa di legno. Da allora tutto era cambiato. Padre Mario si schiarì la voce rumorosamente e la fanciulla, accortasi del suo sguardo, abbassò il volto. La nonna le diede una gomitata, richiamandola bruscamente all’ordine. La predica stava volgendo al culmine: “Dio è in ogni cosa che ci circonda, nell’erba
accarezzata dal vento, nel canto degli uccelli, nella quiete dopo la burrasca, in un nuovo giorno, nei nostri avi e nei nostri figli, in un sorriso di gioia, nel pianto di una scomparsa, nella tenerezza di un gesto d’amore. Le vie del Signore sono infinite e noi dobbiamo prenderle tutte!” concluse soddisfatto. Poi lesse una parabola e, quando ebbe finito, abbassò le braccia baciando il vangelo posto sul leggìo. Durante la comunione la fanciulla si aspettava, visto che era nella casa del Signore, di udire la Sua voce oppure un cenno della Sua esistenza. Nulla, fuori tutto taceva e dentro di lei nemmeno un bisbiglio. Nel tornare a casa guardò le montagne rischiarate dagli ultimi raggi di sole. Una fitta fioritura selvaggia si estendeva fino a raggiungere ripidi pendii ricoperti di un bianco ghiaione che ne sbarrava la crescita. Oltre, severe si stagliavano le rocce. Nude, compatte.
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Un giorno, pensò di arrampicarsi sulla vetta più imponente, quella con la punta ancora innevata. Se io arrivassi fin lassù, sarei a un passo da Dio, pensò fiduciosa. Forse vedendomi così vicina mi darà ascolto e risponderà a tutte le mie domande. Lo aveva detto alla nonna. “I desideri hanno la crosta di un sottile e fragile ghiaccio” aveva risposto dopo averla ascoltata. Allora era andata dal nonno che sedeva accanto al camino. Alla sue parole era rimasto in silenzio. Aveva atteso un tempo interminabile prima che la sua voce coprisse lo scoppiettante rumore del fuoco. “Ci sono sogni che spingono al viaggio, va’ bambina mia” aveva semplicemente risposto. Al canto del gallo era già in cammino. Le montagne a quell’ora parevano un grosso orso accucciato che gettava paurosamente la sua ombra nera sul villaggio. Mentre saliva continuò a guardarsi alle spalle chiedendosi se non fosse meglio tornare indietro. Nel suo animo turbinavano oscuri pensieri. Quando è buio vedi tutto scuro e triste… tra poco non sarà più così, pensò, facendosi forza. Ai primi barbagli di luce le sue paure si spensero. Il cinguettio di un passerotto la seguì fino a quando un solitario raggio di sole toccò delicatamente la vetta più alta. Un argenteo riflesso luccicò sulla neve rimasta. Magicamente i caldi raggi si sparsero su tutte le montagne, aprendosi a ventaglio come la spettacolare coda di un pavone. Rincuorata incominciò a salire, ma il pesante zaino che portava sulle spalle ne rallentava il cammino. Si rese conto che per arrivare lassù doveva disfarsi del fardello. A malincuore abbandonò un’infinità di cose a lei care e riprese a camminare. Il sentiero cominciò a correre sul bordo di un profondo canalone
e in molte occasioni si trovò in difficoltà nel passare. Era quasi mezzogiorno quando a un tratto si fermò, alzando gli occhi sulla vetta ormai cerchiata dalla nebbia. Era ancora lontana, ma doveva arrivare a tutti i costi per parlare con Lui e ricevere le risposte che desiderava. Riprese a camminare e, passo dopo passo, si accorse che i vestiti le andavano corti e stretti. Si toccò il viso e il corpo e, sorpresa, ne constatò i cambiamenti. Anche la sua voce era cambiata e le tenere canzoncine che amava cantare si trasformarono in dolci cantilene. Vicino a un ruscello vide un avvallamento ricoperto di sassi bianchi e candidi. Una melodia si perdeva nella verde distesa. Parole portate da una calda e leggera brezza che parlavano d’amore. Pensò di riposare e farsi cullare da quella dolce armonia. Ogni tanto il suo sguardo volgeva verso l’alto per poi ricadere sul comodo giaciglio in cui riposava senza mai avere il coraggio di lasciarlo e continuare a salire per cercare una risposta alle sue domande. Poi, all’improvviso, l’erba dell’avvallamento si trasformò in erba gatta, grigia e pelosa e il torrente dall’acqua limpida e pura incominciò a prosciugare sotto i suoi occhi. Le voci si spensero, lasciandola sola. Smarrita, riprese il cammino, incredula per quello che era accaduto. Un vento freddo incominciò a soffiare insinuandosi attraverso i buchi del suo vecchio abito. Il sentiero si fece ancor più ripido e insidioso, ma non demorse, nonostante le sue gambe non fossero più agili e scattanti come prima. La nebbia la inghiottì prima del previsto facendole perdere l’orientamento. Girò a lungo attorno alla montagna, distrutta dall’ardua ricerca, ombra senza padrone, gridando
“Ci sono sogni che spingono al viaggio, va’ bambina mia” aveva semplicemente risposto il nonno.
sottovoce la disperazione del suo cuore spezzato. Da bambina avevo un sentore, un presentimento… sei nascosto nell’intimo della montagna? Celato dentro alla dura roccia? Non riesco a vederti, non riesco a sentirti, mi guardi e non parli. Sei lassù che mi stai aspettando? Là dove il vento ulula alle cime? Non ho angosce che posso nascondere. I sogni sono volati via, rondini al tramonto, è tempo di andare è giunta l’ora. Fa’ gioire questo cuore, per ascoltare il tuo trattengo il respiro. All’improvviso il Sole, battito pulsante di vita, àncora lucente immersa nelle tempestose acque della vita, comparve dinanzi a lei, così come lo aveva immaginato durante tutto il lungo cammino. L’appuntita lancia della conoscenza, integra e assoluta, le trapassò il corpo, quando alzò le braccia al cielo per raccogliere la Sua luce. In un turbine di sensazioni trovò le risposte che andava cercando e fu colmata da una pace e una serenità mai provate prima. Quando si sentì pronta guardò verso il basso e vide tutte le cose che aveva lasciato dietro di sé. Avevano colori e forme diverse da quelli che ricordava. Valori smarriti nella bufera nevosa del crescere a ogni costo. Il desiderio di ritornare a casa la colse di sorpresa e, mentre lentamente scendeva, recuperando sensazioni abbandonate lungo il cammino, si accorse di aver bisogno di un bastone al quale appoggiarsi. La sua mano raggrinzita si protese in avanti, trovando l’appoggio della Persona accanto a lei. Vicini le furono i volti di chi non voleva più dimenticare, ricordi tramutati in presente. La piccola chiesetta sotto la montagna era ormai vicina.
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Perché i genitori sbagliano con i figli? maria teresa Fossati
Psicologa, psicoterapeuta e sessuologa
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a risposta è semplice e perentoria: perché sono esseri umani, quindi soggetti a errore. Il mestiere di genitore è il più difficile che ci sia: non c’è scuola che lo insegni. Si impara sul campo, cioè sulla pelle dei figli. Oppure ricordando il proprio passato, quando si era figli. Spesso, il giovane, maschio o femmina che sia, al momento di indossare i panni di genitore, proclama: “Mai farò gli errori che ha fatto mia madre/mio padre!”. È meglio se si mette calmo e si rassegna: in ogni caso di errori ne farà. Saranno diversi, forse meno gravi, forse no. Ma è un’illusione pensare di non commettere sbagli come genitori, visto che il genitore perfetto non esiste.
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Lo psicanalista inglese Donald Winnicott, intorno alla metà secolo scorso, saggiamente parlava di “genitore sufficientemente buono”. A dire il vero pensava alla madre, poiché allora era lei che si occupava dei figli. Ora che il padre collabora, si può allargare anche a lui la definizione. Dunque, giusto per consolarsi, si può dire che se si riesce a non sbagliare troppo, si può essere qualificati come buoni genitori. Ma così si torna al punto di partenza: come diventare genitori accettabili? Da tante parti si sente ripetere: il genitore non deve essere né autoritario né permissivo, ma autorevole. Bello, bello, ma come si fa? Per un genitore non è difficile essere autoritario: è sufficiente
comandare su tutto, pretendere che figli (e coniuge, se non altro per coerenza) facciano quello che lui vuole, e poi essere rigidi, severi, punitivi, ricorrendo, se necessario, alle botte. Però, per fortuna, nella nostra società questo schema è superato. Atteggiamenti del genere non sono più accettati. Anzi, ci sono leggi che proteggono coniuge e figli da eventuali eccessi familiari. Quindi l’autoritarismo non va bene. Il suo contrario è il permissivismo, cioè l’atteggiamento dei genitori che dicono sempre di sì, che sono pronti ad accontentare i figli su tutto, a coprirli di cose, regali, attenzioni. Magari anche a prevenire i loro desideri. Sono ansiosi, e terrorizzati all’idea della frustrazione. E invece Freud diceva che il bravo genitore è quello che sa somministrare la giusta dose di frustrazione al figlio. Temperata ovviamente dall’amore. Concedere tutto a un figlio vuol dire instillargli l’idea che tutto gli è dovuto. E allora sì che al primo ostacolo crolla.
Invece se si contrasta, con partecipazione e affetto, la sua tendenza a voler tutto e subito, se lo si aiuta a crescere con un prudente equilibrio tra concessioni e divieti, se lo si accompagna nelle difficoltà dando spiegazioni e sostegno, se i genitori riescono a trovare in loro stessi pazienza e costanza, i risultati positivi non mancheranno. Inutile dire che questo è un gran lavoro, che è faticoso e che, pur cambiando caratteristiche, dura per sempre. Il compito del genitore, per l’appunto, è difficile. Dunque: autoritarismo no, permissivismo nemmeno. Certo: l’optimum è l’autorevolezza. Ma qui casca l’asino perché l’autorevolezza è una dote che c’è o non c’è. La persona autorevole sa, più o meno, come comportarsi in ogni circostanza. L’autorevolezza nasce dall’autostima. E l’autostima si forma nella psiche del bambino se riceve stima da chi gli sta intorno. In primis dai genitori: il loro messaggio di accettazione, di considerazione, di approvazione, è basilare per formare
Un genitore autorevole. Facile da dirsi, ma come si fa?
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quello zoccolo duro di sicurezza in sé, senza connotazioni di presunzione. Poi il messaggio primigenio deve allargarsi all’ambiente di vita: parenti, amici, compagni di scuola e di gioco. Se un bambino si sente accettato come è, se sarà guidato nella crescita, se si sentirà “visto” dai genitori, e da chi gli sta intorno, se percepirà che gli altri colgono e capiscono i suoi bisogni, e li soddisfano con buon senso; se non sarà criticato, ma corretto se sbaglia; se dagli adulti sarà accompagnato nelle varie circostanze della sua crescita e quindi li sentirà vicini e solidali; ecco: se ci sarà tutto questo, che non è poco, acquisterà quel tanto di sicurezza in sé da non sbagliare troppo nella vita. Neanche come genitore, quando sarà quello il suo ruolo. Diventerà quindi un “genitore sufficientemente buono”. Immaginiamo allora questo padre, questa
Per elevare l’autostima in un ragazzo si devono consolidare certezze
madre, nelle vesti di genitore autorevole. Col figlio farà forse qualche errore, ma saprà “sanarlo” perché ha chiara in mente la linea di educazione da dargli, in rapporto all’età e alle varie situazioni che si possono presentare. Non ha idee rigide al riguardo, ed è pronto a modificarle se qualcuno o qualcosa gli fa sorgere qualche dubbio. Al limite sa cambiare totalmente direzione, allora però spiegandone le ragioni. La persona autorevole, il genitore autorevole, se ha sbagliato sa chiedere scusa. Se occorre anche al figlio. Così “sana” gli eventuali errori fatti. Fortunato quel figlio che ha genitori autorevoli: se entrambi hanno sufficiente autostima, si rispettano, ma sanno anche confrontarsi fra loro, discutono, analizzano, ragionano, magari litigano, ma poi raggiungono un accordo, e si presentano al figlio con le idee chiare, come un fronte compatto. La compattezza familiare è un elemento che contribuisce a dare sicurezza a un figlio: lo fa sentire difeso e protetto. Si crea così un ambiente equilibrato che dona serenità a tutti.
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relazioni
Le mani: energia e dolcezza Om Mani Padme Hum “Una forte stretta di mano”. Questa è la frase che mi piace scrivere a tutti quelli che mi chiedono di dedicargli il mio libro “MANI” Fausto De Stefani
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i piace perché sono convinto che ancor prima della lingua e delle parole, siano proprio le mani (oltre agli sguardi) a parlare. Le mani la dicono lunga su di noi, su chi siamo, sulla nostra personalità. Difficilmente mentono. Creano un contatto immediato tra le persone, permettendo una conoscenza diretta, di pelle, cruda e sanguigna. Una volta una stretta di mano suggellava un contratto. Era un’unione d’intenti e di accoglienza reciproca. Era il sigillo di un accordo trovato, un gesto indelebile da cui non si poteva recedere; una “questione di onore”, quando l’onore era ancora un valore solido. Questo mi è stato insegnato in tempi lontani e oggi, per me, vale più che mai. Spesso, da bambino restavo a lungo incantato a osservare le mani di chi avevo intorno.
Come quelle di mio padre e mia madre, contadini, o del poeta/vagabondo Mandelo. Mi colpivano le mani grandi, forti, quelle dalla pelle rugosa scolpita dal freddo di chi lavorava duro. Fossero uomini o donne, erano mani simili a carte geografiche che raccontavano storie a chi le sapeva leggere e interpretare ed io, fantasticavo. Vedevo mani sapienti che si tramandavano gesti e mestieri antichi, di padre in figlio, in un’unica lunga catena, da chissà quale tempo. Mani che conoscevano i ritmi della natura e che, con lei, tenevano il passo come in simbiosi, in un rispetto reciproco, in un equilibrio perduto. Mani in cui vedevo la fatica, ma anche la solenne dignità del lavoro. Nel mio percorso di uomo, la fatica è sempre stata la matrice della mia esperienza
vedevo mani sapienti che si tramandavano gesti e mestieri antichi, di padre in figlio, in un’unica lunga catena, da chissà quale tempo
evolutiva. Qualsiasi impresa abbia affrontato, dall’alpinismo ai progetti che oggi danno un valore alla mia vita, è passata attraverso un percorso faticoso, a tratti simile a una lotta, che mi ha portato al raggiungimento di un traguardo. Una volta raggiunto, ha avuto il sapore di una tappa guadagnata, di un significato trovato, di un andare oltre. Per questo ho sempre diffidato, e diffido, da ciò che è troppo facile e a portata di mano (!), perché scivola via, non lascia alcun un segno. Nel mio lungo viaggiare per il mondo, sono proprio le mani che mi hanno guidato nei miei tanti incontri e nelle mie ricerche. Ho cercato le stesse mani, come un filo conduttore, come linguaggio relazionale universale. Le mie fotografie spesso le ritraggono raccontando popoli e usanze. Le mani si muovono come bussole dentro
smisurati spazi di umanità e permettono di leggere e interpretare lontane origini, traiettorie di realtà diverse, caratteri e luoghi di appartenenza dell’anima. Attraverso l’occhio
le mani delle madri nutrono i figli di latte, di carezze amorose mentre aspettano che il seno sfami il neonato, si riempiono di maternità e si preparano a far crescere dell’obiettivo ho fissato immagini di mani che accarezzano, che offrono, che pregano con semplicità, sapienza e autenticità.
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La nascita, la sopravvivenza, la fatica, la sopportazione, i pensieri, i sentimenti, il senso dell’esistenza passano nelle mani, nel loro dire e nel loro fare. Mani consolatorie che accolgono il viso stanco, che creano un rifugio, un riparo e una consolazione. Raccontano i giorni, gli anni, le eredità, le tradizioni, la storia personale e il destino. Prendono il silenzio e lo portano dentro la loro unione in preghiera. Leggono la fede sui libri sacri e sui grani di un rosario. Scivolano nella pausa di una meditazione, di un ascolto. Sfiorano l’anima per darle corpo, entrano nel rito della sua luce e della sua ombra. Le mani delle madri nutrono i figli di latte, di
carezze amorose mentre aspettano che il seno sfami il neonato, si riempiono di maternità e si preparano a far crescere. Al risveglio del loro bambino, salutano la vita massaggiandone la pelle tenera e burrosa al ritmo della dolcezza di un canto, con cui, i piccoli, si sentono amati e voluti. Sono mani che attingono e dalle quali si può attingere. Sanno dosare e calibrare un gesto, un’azione o un’intenzione. Pesano e soppesano. Pestano e impastano farina, modellano argille, forgiano e battono metalli, intrecciano bambù. Sono mani che raccolgono, che offrono quello che sono e che siamo, quello che hanno e che abbiamo.
Fausto De Stefani: l’alpinista che insegna a donare
Fausto De Stefani è un alpinista nato nella pianura. Attratto dalla verticalità, ha scalato tutti gli ottomila, ma la sua impresa più eclatante è ben altra. Ha investito la sua vita nel dono: un dono rivolto agli umili, a chi non ha avuto la fortuna di leggere le montagne come spettacolo, a chi ha dovuto mettere le mani nella terra, per lavorarla, modellarla, portarla a produrre. Oggi è attivo in Nepal nella costruzione di una grande scuola professionale per ragazzi e nella realizzazione di strutture sanitarie. Lo troviamo anche in Italia a
collina Lorenzo (Castiglione dello Stiviere) dove ospita migliaia di ragazzi per portarli a contatto intimo con la natura, gli animali, per farli innamorare di ogni fonte di vita. Fausto, per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, è l’uomo che ha saputo legare la ricchezza naturalistica della grande pianura del Po alle grandi vette delle Alpi e degli Appennini, unire genti delle metropoli urbane a quanti vivono le periferie più marginali delle montagne del mondo.
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giovani e futuro
Disposti a imparare la vita “avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”. Così scrisse Paul Nizan in “eden arabia” nel 1 31
Uno studente di v liceo
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iesco a capire le sue parole, riesco a scorgere la sua espressione mentre elabora questo pensiero. A vent’anni la vita è ancora tutta da decidere. Non si è più bambini, ma non si è nemmeno adulti. La società crea sempre più problemi, le sfide si accumulano. Gli amori, la scuola, l’inserimento nella società, la pianificazione di un futuro ideale… dobbiamo fare i conti con tutto, ma alle volte siamo troppo bambini per riuscire a capire da che parte andare, e se siamo nel giusto. Chi alla nostra età non si è mai tormentato il cuore in cerca di una spiegazione per un amore non corrisposto? Chi non ha mai pensato dopo un’interrogazione oltremodo frustrante: “Ora mollo tutto e vado a lavorare?” Poi però ti salta alla mente che i posti di lavoro sono come si
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E L A
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suol dire “misurati con il contagocce”. Panico: non sai più cosa fare. Se esaminiamo i livelli più profondi dell’animo giovanile, le speranze di molti di noi sono concentrate sul mondo del lavoro, di trovare un’occupazione per la quale sei portato e che ti permetta di vivere sereno. È allora che ti rendi
conto che, se anni addietro potevi concederti di fare l’Hippy e in ciabatte girare il mondo in cerca della beatitudine interiore, ora non è più possibile e se lo fai sei un emarginato, anziché un rivoluzionario apprezzato da molti. Non c’è spazio per gli idealisti e men che meno per i fannulloni nullafacenti. Ognuno di noi arriverà a un certo punto della propria vita dove si renderà conto che “tirare avanti non basta”. Bisogna lavorare, sudare, faticare e farsi posto a gomitate: la società di oggi non regala nulla. Le basi per un futuro migliore non esistono, tocca ai ragazzi, a noi, alle nuove generazioni costruirne di solide. Una sfida per la quale dovremo combattere ogni giorno. Con entusiasmo. Perché anche noi, ragazzotti appena cresciuti, fanciulli che ancora si affidano a mamma e papà, abbiamo dei sogni e vogliamo che si realizzino. Sogni che non si avvereranno se stiamo a casa a fissarci le unghie dei piedi. Dobbiamo lottare per ottenerli. Le nostre ambizioni devono condurre a un futuro migliore: esiste forse una sfida più grande? Ognuno di noi può fare la differenza. Ognuno con i propri desideri e capacità. Dobbiamo sostenerci l’un l’altro, perché ogni ambizione può essere stroncata sul nascere se non ci sono le basi sufficienti per mantenerla viva. E per fare questo ci vuole unione, condivisione. Altrimenti che ne sarà di quel ragazzo appassionato di filosofia che si ritroverà, dopo anni di studio e impegno, a fare hamburger e chips da McDonald’s? O quella ragazza laureata con il massimo dei voti in psicologia, che si è dovuta trasferire e ora fa la badante, perché effettivamente la paga è migliore, e chi se ne frega di tutti quegli anni passati sui libri, che tanto si sono solo rivelati inutili? Già, sono anni duri per le nuove generazioni, il futuro è incerto, i problemi e le sfide si moltiplicano ogni giorno, mentre i sogni sembrano volare via, lontano. È davvero così che vogliamo che accada? Abbiamo qualche minima speranza di uscire illesi, magari anche vincitori, dalla gioventù e realizzare qualcosa di buono nella nostra vita? Io dico di sì, e lo dico cento volte. Basta commiserarsi: la vita è una battaglia e bisogna lottare. Insieme possiamo farcela… i nostri sogni non sono in saldo!
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CoNCorso letterario
Premio letterario internazionale
il carro delle muse scrittura al femminile
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asce a Cavalese e si propaga rapidamente in Provincia di Bolzano e di Trento, l’idea di un Premio letterario per sole donne, italiane e/o straniere, a condizione che conoscano bene la lingua italiana. Alla proposta di Loredana Reppucci di creare un Premio letterario per giovani, l’assessore Maria Elena Gianmoena – Presidente dell’associazione “La voce delle Donne” di Fiemme e Fassa – suggerisce di riservare il Concorso ad aspiranti “scrittrici” di tutte le età. L’iniziativa prende subito piede, il riscontro è immediato: finalmente vi è l’opportunità per le donne di esprimersi, anche per quelle che hanno scelto di vivere un’esistenza all’ombra della famiglia o che, per motivi domestici, sociali o etnici, non hanno mai avuto l’occasione di far conoscere al mondo le proprie emozioni, i propri sentimenti. Il Concorso può essere anche inteso come un incoraggiamento a mettersi in gioco, o per ritrovare la stima in se stesse, troppo spesso persa o soffocata dalle
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circostanze più disparate. Senza contare che, nei tradizionali premi letterari, salvo rare eccezioni, vincono sempre gli uomini. Il Premio letterario “Il Carro delle Muse” diventa realtà e un’occasione unica per far sentire la propria voce. La scadenza per la consegna degli elaborati è al 30 di aprile. Quattro le sezioni in gara: poesia, racconto, favola e disegno grafico. Per ognuno degli argomenti sono previsti un primo, un secondo e un terzo premio. Importanti associazioni femminili come La voce delle donne di Fiemme e Fassa, Soroptimist club di Bolzano, Fidapa sezione di Bolzano, Trentini nel mondo e altre ancora, si sono già messe all’opera per diffondere l’iniziativa, mentre la Società Dante Alighieri di Bolzano la promuove assumendone la gestione e mettendo a disposizione tutte le sue risorse logistiche e culturali. La presenza della Società Dante Alighieri e dell’Associazione Trentini nel mondo, ha trasformato l’evento da nazionale a
Numerosi i premi in palio tra i quali un prezioso gioiello realizzato per l’occasione da un artigiano locale
Un’opportunità unica per aspiranti autrici di ogni età internazionale, poiché la Dante Alighieri ha 400 club nel mondo e 100 in Italia e Trentini nel mondo raggiunge tutte le località estere in cui ci siano famiglie trentine. La premiazione ufficiale è prevista per sabato 6 settembre 2014 a Cavalese, nella prestigiosa sala del consesso del palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, ente partner dell’iniziativa. Il comune di Cavalese, l’assessorato al turismo e quello alle pari opportunità, condotto da Maria Elena Gianmoena, sta già pensando di organizzare una serie di appuntamenti culturali collaterali per trasformare la premiazione del “Carro delle Muse” in un rilevante evento, capace di attrarre persone interessate sia al premio, sia a trascorrere qualche giorno di vacanza a Cavalese. L’APT, oltre che al patrocinio, offre alle vincitrici i primi premi che consistono in un soggiorno di una settimana per due persone a Cavalese. I pacchetti di soggiorno saranno studiati ad hoc, in modo da favorire la vacanza nei giorni a cavallo della premiazione ufficiale.
Oltre ai premi descritti, le vincitrici del primo, del secondo e del terzo premio, riceveranno un gioiello studiato e realizzato per l’occasione da un artigiano locale che lavora pietre semipreziose e argento. Il gioiello: collana, bracciale, ciondolo riporterà la classifica, la data e la sigla del premio. Inoltre, le migliori opere tra le prime cento classificate, saranno stampate in un libro che sarà donato alle autrici, insieme a un diploma di qualità assegnato dalla Società Dante Alighieri di Bolzano. Per partecipare al Premio è necessario versare una quota d’iscrizione di 50 euro. La quota di partecipazione consente agli organizzatori e alla Giuria di valutazione – costituita da donne importanti nella vita artistica italiana – di poter agire con la massima trasparenza nelle scelte dei vincitori, essendo tale iniziativa libera da qualsiasi condizionamento politico, economico e sociale. Bando e ulteriori notizie si possono trovare sul sito: www.ilcarrodellemuse.com
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relazioNi
mezzo micino sofia Brigadoi
il protagonista è un gattino di sei mesi. È stato abbandonato. essere lasciati soli è una brutta cosa.
P
er giorni e giorni aveva piovuto ininterrottamente. Sul suolo si erano formate pozzanghere d’ogni dimensione e ovunque tra le foglie rinsecchite scorrevano rivoli d’acqua. La vecchia gatta solitaria aveva trovato riparo nel buco scavato nel tronco di un grande albero. Altri animali prima di lei avevano reso più accogliente l’incavo e lo avevano riempito d’erba e foglie secche. Era nervosa: alla sua età tutta quell’acqua non la sopportava più. Adorava l’estate, quando per riscaldarsi bastava stendersi al sole e per trovare cibo bastava rannicchiarsi tra l’erba ed attendere. In inverno la sua vita cambiava in peggio, e parecchio! Per giorni e giorni si aggirava nel bosco, tra la neve, senza trovare la minima traccia di una preda. Si sarebbe accontentata anche di un mini-topo, alla peggio anche di una carogna. A quest’ultimo pensiero pensò: che schifo! A un tratto una raffica di vento gelido si spinse attraverso il buco. “Ohi… ohi… arriva l’inverno”, pensò, raggomitolandosi, quando un rumore strano le arrivò alle orecchie. C’era qualcuno fuori nel buio. La gatta si preparò ad attaccare. “Ehi… ehi… ehi” sentì gridare, “non ci pensare nemmeno!” La gatta strabuzzò gli occhi e chiese: “Chi sei?” “Sono un micino! Non si vede? Sei orba forse?” “Attento a come parli. Posso farti a pezzi!” “Tanto” ribatté il micino. “Tanto, cosa?”
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“Beh… allora non ci vedi proprio. Sono rimasto mezzo.” “Mezzo che?” “Mezzo micino! L’altra metà l’ho persa quando i miei padroni mi hanno abbandonato.” “Ah… ah… ah… la metà che t’è rimasta non è certo quella col cervello!” “Che battutaccia! Brava, ma sappi che non mi ha fatto ridere” sbottò risentito Mezzo micino. “Perché sei permaloso, ecco cosa sei! Io non li sopporto, i permalosi. E nemmeno gli stupidi. Lo sanno tutti che gli umani sono cattivi! Solo quelli come te non lo sanno!” “Non ti preoccupare, me ne vado! Tolgo il disturbo. Volevo solo sapere se conosci un posto che si chiama gattile. Non dovrebbe essere lontano da qui. Mi hanno detto che lì offrono rifugio a quelli come me, e che le persone sono gentili. Ti danno da mangiare e ti fanno anche le coccole e poi, se sei fortunato, ti trovano un nuovo padrone.” “Sarà, ma adesso levati dai piedi!” Mezzo micino se ne andò. Mentre lo guardava allontanarsi, la gatta si sentì subito triste. Attese qualche istante e poi con un balzo si alzò sulle zampe e gridò: “Aspetta, non te ne andare! Mezzo micino… dove sei?” Lo vide che tornava verso di lei ruzzolando. Una raffica di vento lo aveva colpito in pieno: il suo corpicino rotolava a grande velocità. Disperatamente tentò più volte di aggrapparsi a qualcosa, ma inutilmente. “Ohhh… ohhh… aiuto!” strillò più che poteva. L’impatto contro
MI SENTO SOLA, E HO PAURA AD ANDARE NEL POSTO CHE HAI DETTO. GLI UMANI NON MI HANNO MAI TRATTATA TANTO BENE un tronco fu disastroso. “Wow… che volo! Ci sei ancora tutto?” domandò la vecchia gatta che aveva assistito alla carambola. “Quasi!” rispose ansimante il Mezzo micino. “Ma tu che ci fai qui, perché sei venuta a cercarmi?” La gatta rimase in silenzio per alcuni istanti, poi ammise: “Mi sento sola, e ho paura ad andare nel posto che hai detto. Gli umani non mi hanno mai trattata tanto bene.” Mezzo micino rimase un po’ in silenzio, la capiva, aveva solo sei mesi ma di brutte cose ne aveva già abbastanza. “E se ci andassimo insieme? Se poi non ci piace scappiamo!” La vecchia gatta non voleva stare più sola e
SPAZZACAMINO KAMINKEHRER Tel. 339.7803303 Pulizia caldaie, ogni tiPo di stufa, consulenze Per la costruzione camini, riParazione, videoisPezione qualità, esperienza, Kòstag sinjari tempestività del servizio Via Trento, 36 - 38033 Cavalese (TN) 1
quel micino le piaceva. Pensò che doveva proteggerlo. “Va bene, verrò con te!” Mentre camminavano la gatta disse: “Tra un po’ sarà Natale.” “E cos’è?” domandò Mezzo micino. La gatta prese fiato e raccontò della nascita di Gesù e anche di Babbo Natale che in quel giorno distribuisce tanti doni che contengono ciò che le persone desiderano di più.” “Vuoi dire che sono pieni di regali?” “Sì!” “Peccato che io non sia una persona; piacerebbe anche a me avere un dono per il prossimo Natale. Quando sarà il prossimo Natale?” “Ci vorranno ancora due lune.” Mezzo micino sospirò. Fu così che s’incamminarono nella foresta. Il vento aveva cambiato direzione e fischiava furioso, mentre la luna fece la sua magica comparsa. “Guarda com’è bella”, disse la gatta e sentenziò: “Gobba a ponente luna crescente.” Mezzo micino sollevò il muso ma proprio allora uno sciame di nuvole nascose la falce luminosa. “Che fretta, sembra che qualcuno le rincorra” commentò. “Hai ragione. Guarda, quella più grossa si è persa il cappello!” osservò. “E quella più piccola le mutande!” scherzò Mezzo micino. Insieme fecero una bella risata. “Tieniti stretto” esclamò la gatta per paura che volasse via. Mezzo micino si strinse a lei.
Al mattino presto arrivarono al gattile. C’erano tanti gatti. Alcune persone si aggiravano tra loro riempiendo le ciotole di croccantini. Ogni tanto ne sollevavano uno per accarezzarlo. “Sembrano felici” disse Mezzo micino. La gatta storse il muso. “Dai entriamo… io ho anche tanta fame.” Appena li videro alcuni gatti alzarono il pelo, pronti ad attaccare, ma una signorina prontamente si mise tra loro e gli altri gatti. Con fare gentile si abbassò e iniziò a fare le coccole a Mezzo micino. La gatta stava in disparte. Restia a farsi toccare. Passarono i giorni e la gatta e Mezzo micino furono sistemati in un bel posticino con altre due ospiti Carlotta e Flora, due gatte anziane che erano arrivate al gattile perché la loro padrona era stata ricoverata e nessuno le voleva. A Mezzo micino piaceva stare lì, si divertiva un sacco a giocare con gli altri gattini. Un giorno però presero Mezzo micino e lo misero in un cestino. “Abbiamo trovato una famiglia per te, piccolino” disse la signorina che si occupava di loro. Mezzo micino era felice, ma non voleva lasciare la sua amica. La tristezza si impadronì del suo cuore. Sentì di averne perso un altro pezzettino. La sua nuova famiglia era splendida e aveva tanti bambini con i quali giocare, ma lui non era mai del tutto felice. Gli mancava la sua amica.
FINALMENTE POSSO RIEMPIRE IL PANCINO. AVEVO TANTA FAME.
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Una mattina si svegliò e guardando dalla finestra vide tanti fiocchetti bianchi cadere dal cielo. Era bellissimo. Pensò subito alla sua amica, avrebbe tanto voluto guardare quella meraviglia insieme a lei. In quel momento sentì un rumore alle sue spalle e vide che accanto alla sua cuccia c’era un pacco giallo e rosso avvolto da un nastro blu. Lo osservò a lungo, senza osare aprirlo tanto era agitato. Poi, lentamente, con i denti sciolse il fiocco e aprì la carta. Il cestino era ancor più bello e, come per incanto, al suo tocco s’illuminò di una luce magica. Con la punta del naso sollevò il coperchio e stupito guardò il contenuto. La vecchia gatta era lì con un buffo cappello rosso in testa. “Eccomi qua, sono io il tuo dono di Natale!” In quell’attimo lo sguardo di Mezzo micino si fece felice felice. “I tuoi padroncini hanno visto che eri triste, così sono venuti al gattile per conoscere meglio la tua storia. Gli hanno detto che eri insieme a una gatta quando ti hanno trovato. Hanno pensato che fossi triste per questo motivo e mi hanno portata da te.” Mezzo micino per la gioia si mise a leccarla affettuosamente e con un filo di voce chiese: “Sei il mio dono di Natale?” “Sì certo!” “Resterai con me solo per questo Natale o per sempre?” chiese ancora Mezzo micino. “Rimarrò con te finché lo vorrai.” “Allora, allora… affare fatto. Sarà per sempre” rispose Mezzo micino. “Sì, per sempre!” ribatté la vecchia gatta.
Non si abbandonano gli an imali. Né si trattano male. La loro sofferenza è muta, m per questo motivo meno in a non te Non li vediamo piangere, nsa. ma il dolore traspare dai loro sg ua Tristi. Supplichevoli. Aridi rdi. . Come il cuore di una perso na che li maltratta.
Chiamaci: • se desideri adottare un gatto e se pensi di potergli dare amore e cure necessarie, • se trovi un animale abbandonato o sofferente, • se sei a conoscenza di persone che maltrattano animali . Tu puoi aiutarci: • diventando socio con un costo di 10,00 euro per la tessera, • facendo una donazio ne iban: IT 96-N-0805734 al seguente 600-000000248789, • portandoci le tue ve cchie coperte, • partecipando alla rac colta cibo per gatti presso tutti i superm ercati della val di Fiemme dove trove rai dei punti di raccolta cibo, • diventando operator e di gattile volontario. per info: cell. 333 997 5402 Roberta cell. 345 2410491 Petra
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Aree protette
Paneveggio, una natura straordinaria Una lunga storia Arrivati al lago artificiale di Paneveggio - o di Forte Buso, dal nome del vicino forte austriaco la strada provinciale che sale da Predazzo entra nel Parco Naturale. Poco oltre il lago si trova Paneveggio. Anticamente qui vi era un ospizio che (insieme con quello dei Santi Martino e Giuliano a Castrozza) serviva ai viandanti che affrontavano i passi di Rolle e di Valles per malagevoli sentieri. Con la nascita del turismo nella seconda metà dell’Ottocento l’ospizio fu trasformato in albergo. Era affiancato da una chiesetta costruita nel 1733 e da alcune segherie e depositi di legname. Paneveggio è al centro dell’omonima foresta demaniale, che copre i due versanti dell’alta Val Travignolo, dalle pendici di Cima Bocche al Colbricon, alla Val Venegia e alla valle del Rio Vallazza oltre il Pian dei Casoni. La foresta di Paneveggio ha una lunga storia. Fu per secoli proprietà del Principe del Tirolo, e viene citata come proprietà erariale in ordinanze forestali del 1651 e del 1698. Nel 1847 l’Imperatore d’Austria riconobbe il diritto di sovranità principesca esclusiva sulle foreste erariali del Tirolo. Era previsto comunque che in seguito, per concessione del sovrano, alcune
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Paneveggio prima della Grande Guerra
porzioni delle foreste potessero essere date in proprietà ai Comuni, a titolo di risarcimento per gli antichi diritti di servitù. Da questa legge restarono determinati i rapporti di proprietà di boschi e pascoli in Trentino: le attuali Foreste Demaniali sono la parte che restò ininterrottamente di proprietà principesca e non fu mai ceduta alle Comunità locali passando direttamente allo Stato italiano (nel 1919, con il trattato di Saint-
Il cammino che entra nell’anima della natura
Germain) e poi, dal 1951, alla neo-istituita Regione a statuto speciale Trentino AltoAdige. Infine, nel 1973, con il secondo statuto di Autonomia, le foreste furono attribuite alla Provincia Autonoma di Trento. Nel corso della prima guerra mondiale il fronte attraversò questi luoghi per quasi tutta la durata del conflitto e la massa di legname abbattuta in quel periodo corrisponde a quanto, con la gestione attuale, si abbatte in trent’anni. Gravi danni furono provocati anche da un violento ciclone abbattutosi nel 1926 e dall’alluvione del 1966 (se ne vedono tracce, fra l’altro, in un punto accuratamente segnalato nel sentiero di Val Miniera, sul Rio Bocche). Il Centro Visita del Parco: Terra Foresta Gli allestimenti del Centro parlano, in particolare, dei segreti del suolo e del sottosuolo della grande “foresta dei violini”, così chiamata per il legno di risonanza usato dai liutai di ogni tempo. Negli interni il visitatore ha così modo di scoprire la ricchezza della biodiversità che si nasconde in quello spazio che normalmente non si osserva ma si calpesta: l’humus e i primi
strati del suolo. Nelle vicinanze del Centro Visitatori, prende avvio lo straordinario “Sentiero natura Marciò” che attraversa contesti naturali unici. In lontananza accompagna il visitatore un magnifico panorama, nel quale svetta il Cimon della Pala. È un percorso semplice, che si compie in un’ora e mezza, percorribile anche nella stagione invernale, naturalmente con un buon paio di scarponi. Lungo il sentiero è facile scoprire tracce della presenza numerosa di cervi e caprioli, come le impronte e le scortecciature di giovani piante. Su alcuni alberi più maturi si possono ammirare i buchi del picchio nero o gli “scavi” più superficiali del raro picchio tridattilo, mentre a terra è possibile rinvenire le pigne rosicchiate dallo scoiattolo o dalle arvicole. Lungo il percorso ad anello sono collocati dei pannelli informativi e altre strutture che permettono di conoscere meglio l’ambiente della foresta e i suoi “abitanti”. Per informazioni sul Centro e sulle attività del Parco: www.parcopan.org
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mUsei
museo geologico delle Dolomiti - Predazzo
riparte la stagione con un fitto calendario di iniziative Dal 15 novembre, mostre, laboratori e incontri per tutti
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opo una stagione estiva tutta da incorniciare, con ben 8.000 presenze da giugno a settembre e riscontri molto positivi in termini di soddisfazione del pubblico, riparte la programmazione al Museo Geologico delle Dolomiti a Predazzo. Dal 15 novembre il museo inaugura due mostre, una serie di attività per le scuole e conferenze e tante iniziative di divulgazione scientifica per il pubblico interessato alla geologia e alla storia delle Dolomiti patrimonio dell’Umanità. Due le esposizioni - visitabili fino al 27 aprile - “Le scritte dei pastori”, tre secoli di graffitismo rupestre fiemmese in prospettiva etnoarcheologica e la mostra fotografica “Iceland personal”. Le scritte dei pastori, a cura di Marta Bazzanella si basa su una ricerca condotta dal Museo di San Michele all’Adige secondo i metodi dell’etnoarcheologia, e racconta la frequentazione di un massiccio della val di Fiemme, il monte Cornón, per la pratica della pastorizia. Le migliaia di scritte lasciate
sulla roccia tra la seconda metà del ‘600 e la prima metà del ‘900, sono state indagate quali testimoni dell’intensa attività pastorale condotta sulle pendici di questa montagna. I supporti rocciosi calcarei ospitano infatti una vera e propria opera di graffitismo che li ha trasformati in una sorta di grandi lavagne a cielo aperto. Qui i pastori fiemmesi – non diversamente dagli antenati o dai moderni writer della trasgressione metropolitana – diventano graffitari, scrittori, artisti, fissando sulla roccia, per quasi trecento anni, qualcosa del proprio mondo. Maggiori informazioni sul sito: www.scrittedeipastori.it Iceland personal, mostra fotografica a cura di Massimo Mantovani, Nicola Dodi, Emil Sild. Iceland Personal è un invito al viaggio, alla scoperta di un luogo al contempo reale e fantastico, l’Islanda. Terra dei ghiacci, dei paesaggi che emergono a poco a poco dai vapori dei geysers per stagliarsi nitidi nella purezza vertiginosa del cielo, l’Islanda è stata meta del viaggio compiuto dagli autori delle fotografie.
Foto tratta dalla mostra “iceland Personal”
LE ATTIVITà DEL MUSEO Per la scuola • Visite guidate alla mostra “Le scritte dei pastori” e laboratorio “Le tracce sulla roccia, scrivere con il bol”. Dal 19 novembre | prenotazione obbligatoria tel. 0461 228502 o prenotazioni@muse.it (calendario sul sito www.muse.it) • Spettacolo di teatro scienza “Il segreto dei Monti Pallidi “ di Pluraldanza e Il teatro delle quisquilie • Laboratorio di geologia (elenco sul sito www.muse.it) Per tutti • Conferenze del venerdì, approfondimenti sul tema della pastorizia. Aula didattica del Museo, ore 17.30 (calendario sul sito www.muse.it) • Pomeriggi al museo, Laboratori per bambini: Fra le ali delle libellule - Il micro mondo delle cellule - Laboratori per famiglie curiose - Minierando in Trentino e nel mondo
Paolo Riolzi. Archivio MUSE
Info orari e tariffe Museo Geologico delle Dolomiti Piazza SS. Filippo e Giacomo, 1 - Predazzo Tel. +39 0462 500366 museo.predazzo@muse.it - www.muse.it
Il Museo Geologico delle Dolomiti a Predazzo è sede territoriale del MUSE Museo delle Scienze di Trento, che recentemente ha inaugurato una nuova, prestigiosa sede disegnata da Renzo Piano. Nel MUSE, exhibit multimediali e interattivi, scheletri di dinosauri, animali del bosco, divertenti esperimenti sui principi della fisica e piante esotiche - provenienti da terre lontane - accompagnano i visitatori alla scoperta delle meraviglie dell’ambiente alpino e della natura che ci circonda, toccando al contempo temi di interesse planetario, come lo sviluppo sostenibile e la conservazione della natura. Proiettato verso il futuro, il MUSE è un vero e proprio luogo di scoperta, per divertirsi e imparare a rispettare la
natura e l’ambiente, costruire un futuro sostenibile e diventare cittadini consapevoli e attenti. Il museo è trilingue, italiano, inglese e tedesco e al suo interno vengono organizzati numerosi eventi e proposte per il pubblico, come visite guidate, laboratori, concerti e spettacoli a tema scientifico. Informazioni aggiornate si possono trovare sul sito www.muse.it o seguendo il profilo Facebook Muse Museo delle Scienze. Info orari e tariffe MUSE Museo delle Scienze Corso del lavoro e della Scienza, 3 38123 Trento - I www.muse.it - museinfo@muse.it
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riCette
in cucina con Chef Patron Paolo Donei ristorante malga Panna
ANTIPASTI Ovetto, erba orsina, stracciatella di latte e scorza di limone
Ingredienti
Preparazione
10 pz uova 500 gr stracciatella, ripieno della burrata
Impastare tuttigli ingredienti per il pane, fare una doppia lievitazione e cuocere in forno a 180° per 15/18 minuti. Successivamente tagliare il pane a cubetti e rosolarlo in padella con una noce di burro affinché diventi croccante. Frullare l’erba orsina con l’olio d’oliva, una presa di sale e il burro. Frullare la stracciatella portandola a 65° emulsionare con un filo d’olio d’oliva e regolare di sapore e di consistenza con una punta di amido di mais. Preparare delle uova in camicia o affogate: rompere l’uovo in acqua bollente salata con l’aggiunta di un cucchiaino di aceto bianco, fare sobbollire molto dolcemente l’acqua per 4 minuti , quindi “pescare” l’uovo con l’aiuto di una ramina e tenerlo in caldo. Per la presentazione del piatto: mettere un cucchiaio di crema al latte in centro al piatto, adagiare l’uovo e finire con l’olio all’erba orsina, il pane tostato e la scorza di limone.
Per l’olio all’erba orsina: 100 gr erba orsina 150 gr olio extravergine d’oliva 50 gr burro 1 pz limone (da cui fare una julienne con la buccia) Per il pane: 1 kg farina 200 gr olio extravergine d’oliva 700 gr acqua 80 gr fiocchi di patate 25 gr lievito di birra 25 gr zucchero 25 gr sale 200 gr erba orsina sminuzzata
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Caldi sapori invernali, per portare in tavola ricette originali e gustose Sono tre le ricette che propongo realizzate dalla consapevolezza di vivere immersi in un giardino botanico naturale, e dalla volontà di attingere a tutto ciò che la terra può offrire. Quindi in queste ricette ho usato dei prodotti del bosco per estrarre l’essenza della nostra terra. Tengo a precisare che in cucina vi è un unico ingrediente che non può mai mancare: la memoria. La memoria è l’unico strumento di cui non possiamo fare a meno: rievocare significa ascoltare i nostri sensi e riportare in vita un sapore, una melodia e molto altro.
SECONDI PIATTI Agnello da latte ai fiori di montagna
Ingredienti
Preparazione
1 pezzo di coscia di anello da latte 300 gr fondo di agnello ridotto 20 gr fiori di montagna disidratati, calendula, erica, camomilla, malva. 30 gr miele di erica o melata di abete 8 cl Marzemino Poiema, Eugenio Rosi 400 gr rape bianche intere carbone vegetale trucioli di ginepro 300 gr cipolle gialle 500 gr sedano rapa 4 gr Agar agar olio extravergine d’oliva del Garda timo serpillo aglio sale pepe
Disossare la coscia di agnello, farla marinare con i fiori di montagna, il miele, poco olio extravergine, alcuni rametti di timo serpillo e uno spicchio di aglio in camicia. Mettere la carne in una busta sotto vuoto e portare a cottura in forno a vapore a 72° per 30 minuti. Successivamente asciugare la carne e metterla in un forno da affumicatura con il carbone e i trucioli di legno di ginepro e portarla a 70 °. Nel frattempo cuocere le rape conservando anche le inflorescenze, saltarle in padella e regolarle di sale e pepe. Stufare le cipolle e il sedano rapa cotto al sale fino a renderle un purè e aggiungere l’agar agar. Fare raffreddare il tutto e montare il gel di cipolla con una frusta a immersione incorporando dell’olio extravergine. Per la presentazione del piatto: rosolare l’agnello con olio ben caldo e disporlo sulle inflorescenze delle rape , mettere alcune gocce di gel di cipolla, alcuni fiori e nappare con il fondo di cottura aromatizzato al Marzemino Poiema.
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DESSERT Cioccolato affumicato, gelato al pepe rosa, lamponi e gel di erbe aromatiche Ingredienti
Preparazione
1200 gr panna montata 700 gr cioccolato bianco, Dulcey Valrona 80 gr rum Bacardi 60 gr liquore crema di cacao 4 fogli colla di pesce 2 pz uova 2 pz tuorli d’uovo x il gelato 1 litro latte intero 220 gr zucchero 200 gr panna 100 gr latte in polvere, magro 50 gr glucosio 5 gr neutro x il gel di lamponi e le erbe aromatiche 1 litro di acqua 10 gr Agar agar 250 gr erbe aromatiche, sedano selvatico, timo, cerfoglio, fiori di camomilla freschi, liquirizia Selvatica (felce), aneto, ruta, genepi. 300 gr lamponi 70 gr pepe rosa macinato
Per la mousse affumicata: sciogliere il cioccolato e nel frattempo fare uno zabaione con il rum, la crema di cacao e le uova. Incorporare allo zabaione ancora caldo la gelatina precedentemente ammollata e infine incorporare il coccolato fuso e affumicare il tutto con trucioli di faggio. Ultimata l’affumicatura incorporare la panna montata e stendere il composto su un biscuit. Per il gelato: fare bollire il latte, miscelare lo zucchero, il latte in polvere e il neutro, versare il latte bollente sul precedente composto e portare il tutto a 90°. Mettere in infusione il pepe rosa e abbattere di temperatura facendo maturare il tutto almeno per 24 ore, quindi mantecare nella gelatiera. Per il gel di erbe e lamponi: portare a bollore l’acqua con l’agar agar e fare poi raffreddare. Dividere in due parti il composto e in una parte frullare le erbe con una scorza di limone e nell’ altro il lampone cotto con lo zucchero e ridotto a purè molto concentrato. Per la composizione del piatto: fare una spirale con il gel di lamponi, mettere al centro una barretta di cioccolato affumicato, una quenelle di gelato al pepe e decorare con erbe fresche e lamponi disidratati.
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sport&company
Brain Walking Pino Dellasega
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aturale evoluzione del Nordic Walking - l’ormai diffusa camminata con i bastoncini che permette di distribuire il carico del corpo anche sulle braccia coinvolgendo il fisico a 360 gradi - il Brain Walking associa i benefici della camminata con i bastoncini a quelli più strettamente creativi che scaturiscono dalla pratica effettuata con il giusto stato mentale. Il benessere che il fisico ricava da una passeggiata non è mai stato in discussione, ma anche le ricadute positive sul “cammino” della mente sono un’esperienza nota da centinaia di anni. Già nel passato, infatti, molti filosofi e scrittori hanno ammesso di aver avuto vere e proprie illuminazioni durante una camminata, casuale o abituale, in cui sono riusciti a liberarsi da idee precostituite e rigidi ragionamenti. Un esempio
Il cammino diventa un dialogo con se stessi, un modo per rasserenare la mente e far emergere nuove idee
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su tutti, Aristotele e la scuola peripatetica da lui fondata, universalmente nota proprio per l’abitudine del maestro di insegnare passeggiando. Decidere in modo consapevole di camminare nella natura per liberare la mente ed entrare in contatto con il proprio inconscio, ricavandone idee geniali e nuove strategie di vita, è però un approccio del tutto nuovo pensato per strutturare come supporto all’ottenimento di precisi risultati quali la generazione di nuove idee, l’analisi e la gestione dei conflitti e la fluidità e l’efficacia dell’interlocuzione con le persone con cui facciamo squadra. Il concetto di base del Brain Walking è di camminare lentamente o a ritmo più spedito, ma senza fretta e senza mète o traguardi, staccando dai frenetici ritmi quotidiani per risintonizzare il proprio IO sui cicli lenti della natura. Questo consente, un po’ alla volta, di disincagliare la mente dalla fitta e complessa rete di condizionamenti che la imprigionano, per predisporla ad accogliere positivamente stimoli differenti e diverse prospettive di osservazione delle problematiche da risolvere o delle soluzioni da trovare.
“Soltanto i pensieri nati camminando hanno valore� In questa affermazione - tratta dal dialogo del Precario e di Friedrich Nietzsche - si racchiude il cuore della filosofia Brain Walking
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Questa è la nuova dimensione del camminare chiamata “Brain Walking”, che ho analizzato e sistematizzato insieme al consulente di management Claudio Vitali. Le fasi fondamentali del processo sono quattro. La prima è il momento che precede la camminata, in cui il praticante focalizza le sue esigenze e le annota “nero su bianco” per potersi meglio concentrare durante la sessione di Nordic Walking. In questa fase,
Il Brainstorming (tecnica che si applica in gruppo) ha lo scopo di trovare e far emergere il più alto numero di idee su un argomento in precedenza definito la persona definisce chiaramente i propri desideri e obiettivi e si “amalgama” con essi. La seconda fase è strettamente legata all’inconscio e consiste nel liberare la mente dai pensieri e dalle idee di tutti i giorni per concentrare l’attenzione esclusivamente sull’esecuzione del movimento puro, vissuto in tutte le sue componenti quali stile, ritmo, regolarità e leggerezza, in un continuo e armonico corpomente-natura che permette di raggiungere una dimensione senza tempo. La terza fase è quella dell’arrivo –sorprendente e inatteso – delle prime intuizioni e degli spunti creativi,
ancora però in forma grezza e indefinita. In questa fase è fondamentale appuntare le prime intuizioni che, con il procedere della camminata, si faranno sempre più chiare e definite. Il percorso termina con la quarta fase, nella quale si valutano i primi pensieri annotati e le idee grezze sono trasformate in idee più articolate, grazie all’ausilio del pensiero logico-analitico e al confronto dialettico con il formatore e – nel caso frequente di esercitazioni in gruppo – con gli altri brainwalkers. Il confronto con gli altri partecipanti alla sessione di Brain Walking, consente infatti, di estendere l’esercizio del singolo a un vero è proprio Brainstorming, ovvero una tecnica di generazione di creatività di gruppo, volta a far emergere nuove idee o soluzioni per la compagnia committente. Il Brain Walking visto quindi non soltanto come mezzo per stimolare e favorire la crescita personale, ma anche come strumento di formazione aziendale per studiare nuove strategie d’impresa e per aiutare manager e professionisti a migliorare le proprie prestazioni. Impensabili sono i risultati positivi della sostituzione delle sale riunioni con la natura (vera e propria aula a cielo aperto), delle tavole rotonde e dei grafici con rilassanti passeggiate dove si impara - in gruppo - a muovere in armonia mente e corpo. Giochi di psicologia cognitiva e team orienteering, ossia attività di orientamento di squadra, completano il quadro formativo e aiutano a evidenziare i comportamenti propositivi o le debolezze nell’ambito del gruppo, onde evitare le trappole mentali che ostacolano la crescita del singolo o del team.
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sport&company La Val di Fiemme celebra un’altra pagina di imprese sportive
Lo spettacolo continua… “Still in the limelight” Dall’11 al 21 dicembre 2013 avranno luogo i Giochi Olimpici invernali Universitari. Da annotare in agenda il Tour de Ski, scenografica manifestazione in programma il 4 e il 5 gennaio 2014. A concludere il ricco calendario invernale Fiemme propone i Campionati del Mondo di Sci Nordico Junior&Under 23, che andranno in scena dal 27 gennaio al 3 febbraio 2014. Tour de Ski: rendez-vous per il fondo internazionale La Val di Fiemme si prepara a un nuovo inverno fitto di appuntamenti sportivi al top. Non si fermano infatti le grandi conferme per la valle trentina che solo lo scorso gennaio ha ospitato, per la terza volta, i Campionati del Mondo di Sci Nordico. Il 4 e 5 gennaio sarà grande spettacolo sugli sci stretti per la due giorni conclusiva dell’apprezzatissimo Tour de Ski, gara a tappe inserita nel calendario di Coppa del Mondo che, fin dalla sua prima edizione, nel 2007, ha incoronato i propri
campioni sul “white carpet” fiemmese. Il Tour inaugurerà con le tappe tedesche di Oberhof (28-29/12), seguite dalle due svizzere di Lenzerheide (31/12 e 01/01) e dalla Cortina-Dobbiaco di venerdì 3 gennaio. A quel punto il circo bianco del fondo internazionale arriverà in Trentino e sarà Lago di Tesero con il suo rinnovato impianto dello Stadio del Fondo ad accogliere tanti campioni da ogni parte del mondo. Sabato 4 gennaio andrà in scena la prova a tecnica classica sulle nuove distanze di 5 km (donne) e 10 km (uomini). Cambierà anche la partenza che non sarà più
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mass start, ma individual start e qui non si dovrà trattenere nulla fin dalle prime spinte per potersi mettere in tasca secondi preziosi per la gara a inseguimento del giorno dopo. Domenica 5 gennaio, infatti, la protagonista sarà l’avvincente Final Climb con i suoi 9 km di sviluppo totale e la scalata finale sulle pendici dell’Alpe Cermis. Poco più di tre chilometri e mezzo dove agonismo, adrenalina e resistenza imperleranno i bianchi muri dell’Olimpia III, una tra le più affascinanti piste dell’arco alpino. Il percorso sarà presidiato da centinaia
di festosi appassionati che in un turbinio di bandiere sventolanti, corni e applausi saprà dare la giusta carica dal primo all’ultimo atleta in gara. In Val di Fiemme lo spettacolo sarà quindi assicurato e sarà ben lungi dal chiudersi a inizio gennaio. Anzi, altri main events calcheranno le piste del fondo fiemmesi, in primis il Campionato del Mondo di Sci Nordico Junior e U23 (27/01 – 03/02) ma anche il Trofeo Topolino Sci Nordico (18-19/01), senza dimenticare i “bisonti” della Marcialonga di Fiemme e Fassa (26/01). A contorno proseguirà il grande impegno di Fiemme per rendere sempre più accessibile ogni angolo della valle, forte della grande attenzione
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e sensibilità dimostrata nei confronti del mondo della disabilità grazie al progetto “Fiemme Accessibile”, sviluppato in occasione dei Campionati del Mondo 2013. Fiemme insomma abbatte ogni barriera, a iniziare da quelle architettoniche. www.fiemmeworldcup.com Campionati del Mondo di Sci Nordico Junior&Under 23 Per la prima volta nella sua storia il Trentino ospiterà dal 27 gennaio al 3 febbraio 2014 i Campionati del Mondo di Sci Nordico Junior e Under 23. Si tratta di un appuntamento dal grande valore sportivo e agonistico, basti pensare che tanti campionissimi di oggi sono stati anche protagonisti dei “mondiali giovanili”, dai forti norvegesi Northug, Bjørgen e Johaug, allo svizzero Dario Cologna, passando per i cechi Neumannova e Bauer, lo svedese Hellner e quindi gli austriaci Morgenstern e Schlierenzauer, fino ad arrivare ad Alessandro Pittin, il primo atleta azzurro che è riuscito a conquistare una medaglia nella storia della combinata nordica olimpica, con il bronzo dal trampolino a Vancouver 2010. “Un bronzo davvero inaspettato e per questo ancora più bello”, come scrive proprio Pittin sul suo sito personale. Chissà quanti degli atleti che vedremo sulle nevi di Fiemme il prossimo anno calcheranno tra qualche tempo i podi della Coppa del Mondo, o addirittura dei Campionati del Mondo e perché no, magari anche nelle future Olimpiadi. Il programma dei Campionati del Mondo Junior e Under 23 scatta lunedì 27 gennaio, a poche ore dalla chiusura della Marcialonga di Fassa e Fiemme. Sfide al top per le otto giornate di gare, tra agonismo e spettacolo, a partire dalla combinata nordica, il salto dal trampolino, e l’immancabile sci di fondo. Nell’inverno fiemmese non ci sarà proprio il rischio di annoiarsi. Info: www.fiemme2014.com
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Val di Fassa: un inverno sulle piste dei campioni Una grande stagione invernale che parte a dicembre con le Universiadi, e migliaia di atleti a sfidarsi sui tracciati e le strutture della valle, e prosegue con la nazionale di sci alpino in allenamento in vista delle Olimpiadi
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iù di 230 km di piste, 86 impianti di risalita d’ultima generazione, 9 comprensori sciistici, 8 funparks, 6 snowboard park, 5 scuole di sci col “Sigillo d’Oro” (marchio di qualità per l’insegnamento, specie ai bambini), 4 skitours, tra cui il celebre Sellaronda, e collegamenti tanto efficienti con le skiarea limitrofe che, in una settimana bianca, ogni giorno si affrontano sempre piste diverse. Questi i numeri della Val di Fassa, un paradiso di discese, solcate anche dai campioni della Nazionale di Sci Alpino, compresi i fuoriclasse fassani dello slalom Christan Deville, Stefano Gross e Chiara Costazza capaci di portare Fassa sui gradini più alti dei podi di Coppa del Mondo. La valle è, infatti, centro di allenamento federale degli Azzurri, fino alle Olimpiadi di Sochi 2014. Non solo, dall’11 al 21 dicembre 2013, Fassa è tra le località che ospitano competizioni, atleti e tifosi della 26ª Winter Universiade Trentino 2013, manifestazione che coinvolge
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3000 partecipanti di 60 Paesi. In particolare, in Fassa si svolgono le sfide, maschili e femminili, di discesa libera e superG sulle piste veloci di Passo San Pellegrino, e di slalom speciale e gigante allo Skistadium Aloch di Pozza. Inoltre, al palaghiaccio G. Scola di Alba di Canazei si disputano una ventina di partite di hockey, nonché la finale il 21 dicembre, cui segue la spettacolare cerimonia di chiusura dell’Universiade. Questo è solo uno degli appuntamenti del ricco calendario d’eventi che scandisce l’inverno fassano, dove si può vivere tutta la magia delle Feste, da San Nicolò (6 dicembre), a Natale, all’Epifania con i piccoli mercatini, i presepi all’aperto, il calore e le tradizioni locali. Ma anche l’euforia di un carnevale, con maschere uniche in tutto l’arco dolomitico, e l’entusiasmo per le gare di sci alpino, quali la prova di slalom maschile (in notturna) di Coppa Europa (15 dicembre), di fondo, come la Marcialonga
Foto: Angeli, R. Brunel, W. Cainelli, Archivio Apt Val di Fassa
(26 gennaio 2014), giunta alla 41ª edizione, di sci alpinismo, come la Sellaronda Skimarathon (21 febbraio) o, ancora, di telemark, quali la “Scufoneda” (12-16 marzo). Da non dimenticare il “carnascèr fascian” (dal 17 gennaio al 4 marzo), il carnevale espressione peculiare della cultura ladina con le sue maschere uniche in tutto l’arco alpino, protagoniste di allegre scorribande tra le vie dei paesi, feste di piazza e “comedies” (caratteristiche rappresentazioni comiche in lingua ladina). Per tutta la stagione invernale, poi, si vive l’ebbrezza dei tuffi tra la neve al “Dòlaondes”, centro acquatico di Canazei (2400 m²; inaugurato a giugno 2012), con 5 piscine, scivolo parabolico di 111 m e vasca esterna “con un pizzico di sale” (temperatura dell’acqua: 30°) che regala l’emozione del mare d’inverno. Tante anche le attività per chi non ama sciare, come le escursioni nella natura con le racchette da neve, le spassose scivolate con bob e gommoni, le passeggiate romantiche sulla slitta trainata da cavalli, il pattinaggio su ghiaccio, il volo in parapendio e tanto altro ancora. Per tutti poi il piacere dello shopping nei negozi alla moda, il divertimento degli apres-ski e pub di tendenza e le lusinghe delle specialità della gastronomia di Fassa. Azienda per il Turismo della Val di Fassa Piaz G. Marconi, 5 - I - 38032 Canazei TN tel +39 0462 609612 - fax +39 0462 602074 www.fassa.com
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Photo Newspower
41a Marcialonga
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atto 40, ora è tempo di fare… 41. Il detto è in verità un po’ diverso, ma per la Marcialonga di Fiemme e Fassa il 2014 è l’anno del capitolo numero 41. Domenica 26 gennaio da Moena scatteranno in 7500 – le iscrizioni hanno chiuso ad inizio giugno scorso – e tutto il mondo scivolerà ai piedi delle belle Dolomiti e della catena del Lagorai seguendo il medesimo copione delle edizioni passate: 70 km di tracciato fino a Cavalese (con la variante Light di 45 km “solo” fino a Predazzo), tutti da percorrere in rigorosa tecnica classica. Quando tutto ebbe inizio, quando scaturì la prima scintilla nel 1971, in pochi si sarebbero forse aspettati di assistere ancora oggi allo spettacolo della granfondo dolomitica. O meglio, in quattro di sicuro ci credevano più di altri ed erano Nele Zorzi, Mario Cristofolini, Giulio Giovannini e Roberto Moggio, i padri fondatori la cui intenzione era portare al di qua
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delle Alpi la favola della svedese Vasaloppet. E grazie anche all’altra favola di fine anni ’60, quella di Franco Nones a Grenoble, l’entusiasmo intorno alla Marcialonga fu subito enorme. Al primo colpo di cannone, il 7 febbraio 1971, i concorrenti in pista tra le due valli erano oltre mille con circa 40 stranieri provenienti da Svizzera, Austria, Spagna, Inghilterra, Svezia e Finlandia. L’anno successivo, di bisonti in partenza a Moena ce n’erano più di 4.200 e la leggenda Marcialonga era davvero cominciata. Tante vicende hanno accompagnato i 40 anni suonati della Marcialonga, momenti di grande sport ma anche di grande umanità, perché la “lunga marcia” sui binari delle valli di Fiemme e Fassa è da sempre un evento dove l’agonismo si mescola alla perfezione con il divertimento, la gioia e la passione della gente che gareggia, che incita o che semplicemente guarda dal balcone di casa i fondisti passare in centro paese. Tornando all’edizione numero 41 di fine
7500 gli atleti iscritti e bis per la versione Story Minimarcialonga
Marcialonga Story
Marcialonga Stars
gennaio, lo staff capitanato dal neo presidente Angelo Corradini e dal direttore generale Gloria Trettel come sempre non intende lasciare nulla al caso, tantomeno fuori posto. Marcialonga non significa solo una gran bella gara di fondo, ma un intero weekend da vivere sugli sci stretti ad ogni età. Sabato 25 gennaio si inizierà alle 9.30 del mattino quando dallo Stadio del Fondo di Lago di Tesero scatterà la 2.a Marcialonga Story. Lo scorso gennaio la versione “revival” doveva essere una limited edition che celebrasse il 40° anniversario della granfondo. Il successo fu invece così roboante e la richiesta di continuare anche negli anni successivi così unanime che per il 2014 non si poteva non concedere il bis. Le iscrizioni sono tutt’ora aperte e lo saranno fino al raggiungimento di un massimo di 300 partecipanti, armati di tutto punto con abbigliamento e attrezzature rigorosamente ante-1976.
Sempre sabato, e sempre a Lago di Tesero, dalle 13.00 sarà il turno di Marcialonga Stars con tanti vip che prenderanno parte ad una divertente gara per sci di fondo o ciaspole a scopo benefico, realizzata in collaborazione con LILT – Lega italiana per la lotta contro i tumori. Spazio poi ai più giovani nel pomeriggio con la Minimarcialonga e la prima tranche di Marcialonga Young (cat. Ragazzi). In serata non mancherà a Cavalese la cerimonia di apertura ufficiale della 41.a Marcialonga. Domenica mattina 26 gennaio la granfondo partirà da Moena, mentre da Lago a Cavalese (ore 9.00) si disputerà anche la seconda parte della Marcialonga Young, questa volta con le categorie Allievi, Aspiranti e Junior. La Marcialonga è una gara della Worldloppet ed ovviamente sarà prova della FIS Marathon Cup, la Coppa del Mondo lunghe distanze, e della Ski Classics. Info: www.marcialonga.it
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Ski Center Latemar
INVERNO 2014 tra rocce dolomitiche, panorami spettacolari... sci ai piedi
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o Ski Center Latemar, ai piedi del più controverso gruppo Dolomitico, che si eleva misterioso e silenzioso, custode di tre idiomi e prodigo della relativa accoglienza e tradizioni gastronomiche: italiano, tedesco e ladino. È il più grande carosello sciistico del Comprensorio della Val di FiemmeObereggen, con 3 diversi punti di accesso: Predazzo (cabinovia), Pampeago (seggiovie) e Obereggen (cabinovia e seggiovia). Skyline a tutto tondo Il fantastico scenario delle Dolomiti, oggi patrimonio dell’umanità, è il risultato della loro geologia ed è alquanto insolito comparato con il resto delle Alpi e con la maggior parte delle montagne del pianeta. Vi invitiamo a godere di questo meraviglioso senario raggiungendo i tre punti panoramici situati sulla Pala Santa, al Passo Feudo ed in località Tresca. Permetteranno di spaziare con lo sguardo partendo dalle cime della selvaggia e affascinante catena del Lagorai, passando per il Brenta, le Alpi austriache e tornando sulle Dolomiti. Tre punti di vista e un unico grande panorama. E ricordate che il sole non manca nello Ski Center Latemar! Con una media di 8 giorni di sole su 10, le Dolomiti sono divenute la meta per eccellenza degli appassionati di sport invernali.
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BIP CLUB per i piccoli sciatori È Il Kinder Garten o asilo sulla neve presso il campo scuola a Pampeago. Dà il benvenuto a tutti i bambini dai 2 anni in su, con o senza la presenza dei genitori. La zona è ben soleggiata e nel centro del comprensorio, con una grande area attrezzata all’aperto e per le giornate più fredde anche uno spazio ben attrezzato al calduccio con area tranquilla per le pappe e anche magari per schiacciare un pisolino! info@sentieriincompagnia.it www.sentieriincompagnia.it Elena 349 7344323 Guido 340 9859748 NOVITÀ 2013/2014 In collaborazione con la Scuola Sci e Snowboard di Pampeago saranno proposti allenamenti con un tecnico d’eccezione: Mirko Delforian! Per chi non lo conosce, Mirko è stato atleta della nazionale italiana di sci alpino e può vantare degli ottimi piazzamenti in gare di Coppa del Mondo. Originario di Tesero, inizia a disputare gare in Coppa Europa nel dicembre 1997, conquistando successivamente ottimi piazzamenti in Coppa del Mondo. Gli allenamenti d’eccezione saranno proposti ad atleti delle categorie Master. Quale migliore occasione per sentirsi dei veri atleti?
I nostri eventi 7/8 dicembre
Prove Libere Tour, ski test gratuiti con i fornitori della nazionale italiana di sci;
30 dicembre
dalle ore 17.00, fiaccolata di fine anno e spettacolare Demo Show con i maestri della Scuola Sci e Snowboard Alpe Pampeago; 1 marzo Emergen... sci, gara promozionale gruppo Emergency Fiemme; 14/15/16 marzo Festa Nazionale Master, importante manifestazione sportiva quest’anno finale di Coppa Italia;
21 aprile
Trofeo Caserina, memorial Mario Fassan, gigantissimo di fine stagione.
Info: Ufficio Skipass Pampeago tel. 0462 813265 - info@latemar.it
Con una media di 8 giorni di sole su 10, le Dolomiti sono divenute la meta per eccellenza degli appassionati di sport invernali.
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sPort&ComPaNy
ski area CatiNaCCio roseNgarteN
sciare nel regno di re laurino
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a Vigo di Fassa, il paese più soleggiato e panoramico della Val di Fassa, in pochi minuti si raggiunge l’altopiano del Ciampedie, il “Campo di Dio”: una balconata panoramica sulla Val di Fassa e sulle Dolomiti, a quota 2000 metri, al centro della conca del Gruppo del Catinaccio-Rosengarten, patrimonio naturale dell’umanità UNESCO. La skiarea è accessibile con le scale mobili e la funivia dal centro di Vigo, o con le seggiovie da Pera di Fassa e offre 15 km di piste di ogni grado, dal campo scuola alla pista nera. La più lunga ed emozionante è la pista Thöni: una “rossa” di quasi 5 km che dai 2200 metri di Pra Martin scende fino a quota 1400, alla partenza della funivia a Vigo di Fassa. Imperdibile
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la pista nera Alberto Tomba, dedicata al campionissimo che sulle piste del Ciampedie ha preparato tante delle sue vittorie. La novità dell’inverno 2013/2014 è il miglioramento della pista Thöni il cui tratto centrale è stato allargato e reso più omogeneo. Maggior divertimento per gli sciatori esperti che potranno far lavorare le lamine e miglior accessibilità per i principianti! Sono inoltre ulteriormente migliorate le piste Pra Martin e Pian Pecei, sempre nell’ottica del maggior divertimento e migliore accessibilità. La skiarea Catinaccio Rosengarten, grazie ai servizi offerti, è ideale per la famiglia: il grande parco giochi è un riferimento consolidato dove l’accoglienza e l’organizzazione della Scuola di
Sci di Vigo di Fassa permettono di lasciare i bambini in mani sicure. Vi sono sei rifugi, di cui cinque raggiungibili a piedi dall’arrivo della funivia, con un’offerta di piatti della cucina tradizionale da gustare su terrazze dai panorami indimenticabili e con la tranquillità di aver affidato i propri bambini a mani esperte. L’offerta si completa con il noleggio, deposito sci e skiservice alla partenza e all’arrivo della funivia dove Rent&Go Sport Edy offre servizi sempre all’avanguardia. Al Ciampedie sono possibili anche escursioni con le ciaspole, un modo alternativo allo sci per vivere la montagna invernale. Un primo percorso è l’anello attorno all’altipiano del Ciampedie attraverso il bosco con scorci
panoramici sulla Val di Fassa e sui massicci Dolomitici. Uscite con accompagnatore sono organizzate dalla Scuola di Sci di Vigo di Fassa. Un altro itinerario conduce fino alla conca di Gardeccia, un anfiteatro naturale unico al mondo, dove si trovano dei rifugi aperti con anche possibilità di pernottamento. Da qui, con percorso più impegnativo, si può proseguire lungo il sentiero estivo nr. 546 verso i Rifugi Vajolet e Preuss e più oltre fino al Passo Principe lungo il percorso del sentiero nr. 584. Per queste due ultime varianti è bene affidarsi a una guida alpina. Info skiarea: 0462.763242 www.catinacciodolomiti.it
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Casa&DesigN
Abitare coniugando ragione e passione
IN PRIMO PIANO:
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sostenibilità, riuso dei materiali • innovazione tecnica e tecnologica • dove vincono parole come arte poetica, invenzione e sperimentazione •
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Casa&DesigN
Quando ideare non è solo un mestiere, bensì un’arte
arredamenti Dellantonio tecnologia e artigianato, progettazione e creatività. sono queste le prime impressioni che conquistano lo sguardo entrando nello show room della falegnameria a moena
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n intenso e avvolgente profumo di legno ci accompagna in un percorso a tappe nel quale sono in mostra spazi abitativi d’indubbia raffinatezza. Dal singolo mobile, all’arredo completo ci colpisce la capacità di impiegare con armonia il legno vecchio a pezzi moderni di design, di accostare elementi unici e importanti a linee sobrie e a richiami anni ’70. Spiccano, sebbene con moderazione, intagli e decori, che impreziosiscono alcuni dei pezzi esposti. Sono numerosi gli stili che troviamo lungo il percorso, reinterpretati in modo da offrire infinite possibilità d’arredamento a chi voglia dare un tocco unico alla propria abitazione o al proprio hotel. Ogni spazio è ricercato nei minimi particolari e sapientemente inserito in un contesto che comunica precisione e tecnica, tuttavia volutamente controbilanciato da dettagli originali e unici perché creati artigianalmente dalla mano dell’uomo. La qualità dei materiali impiegati traspare anche per i complementi d’arredo, divani, poltrone e tendaggi. Alcuni espositori realizzati con genialità fanno mostra di velluti e tessuti per l’arredamento, anche ignifughi, tra i quali scorgiamo le Collezioni di sapore montano dell’Opificio, rinomata azienda
tessile italiana, di cui il mobilificio ha l’esclusiva di vendita nelle due valli, nonché svariati esempi di soffitti, rivestimenti, soppalchi, porte interne, ballatoi, scale. Cristina, la figlia del proprietario, amministratrice e creativa, ci spiega la filosofia dell’azienda: “La falegnameria è nata negli anni’ 60, con mio padre, da tutti conosciuto come Giacomin affiancato da mia madre Ester, che purtroppo non è fisicamente più con noi. Da sempre ci siamo contraddistinti per la dedizione e l’impegno dalle fasi progettuali alla posa in opera, oltre che dalla peculiarità di offrire un servizio affidabile nel tempo. Siamo fieri di poter dire che i nostri collaboratori, molti dei quali sono cresciuti con noi, sono pazienti artigiani che pongono la precisione al primo posto. Il perno del nostro lavoro è la realizzazione di arredi su misura per ogni ambiente, sfruttando al meglio gli spazi disponibili”. Info: Arredamenti Dellantonio, Strada de la Comunità de Fiem, 36 - Moena Tel. 0462 573257 www.dellantonio.it - gdellantonio@tin.it
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Casa&DesigN Quando comfort e funzionalità incontrano il piacere della ricerca estetica
gianmoena marmi l’espressività estrema della pietra naturale lavorata per creare pezzi unici di design artigianale
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innovazione non sta per forza nella parte articolata di un oggetto. Né si accompagna senza eccezione a tecnologie rivoluzionarie. Per cambiare a volte basta coniugare design e manualità. Questo non significa regredire, poiché il meglio di una linea, di uno stile si ottiene quando le capacità inventive e manuali dell’uomo, si sposano a oggetti di avanzata tecnologia. Una perfezione che ha un’anima e si distingue per la bellezza naturale che emana. Passione e determinazione si combinano, un mix vincente il cui esito permette di ottenere oggetti d’arredamento utili, unici e affascinanti. Ma non basta. Ci vuole quel tocco in più: l’amore e il rispetto per la propria terra, il desiderio di farne parte, di subirne il fascino. Questa è la filosofia di Gianmoena Marmi, specializzata nella creazione di pezzi unici di arredamento in pietra naturale. Gianmoena Marmi rende concreti i sogni dei propri clienti, che in ambienti come il bagno o la cucina, desiderano essere circondati da oggetti curati, che sappiano combinare qualità e affidabilità. Ecco che dal laboratorio di Panchià escono lavandini dalle forme più varie, piatti doccia abbinati ai colori dei rivestimenti delle pareti, mosaici e finiture preziose per una visione d’insieme uniforme.
L’azienda si propone inoltre come luogo fisico d’incontro: progetti e idee sono esaminate fin nei minimi dettagli, e tra i clienti e l’equipe di professionisti si instaura sempre un rapporto di complicità dal quale scaturiscono progetti ineguagliabili. Un laboratorio d’idee, di design, un momento di riflessione e confronto per arrivare alla realizzazione di prodotti che possano esprimere, sia in termini funzionali, sia formali, le caratteristiche che i clienti richiedono. Eccellenza, qualità e garanzia sono le caratteristiche che distinguono Gianmoena Marmi. Qualificazioni conquistate con grande dedizione sin dal 1968. Info: Gianmoena Marmi, Loc. Salezze, 4 (Zona Artigianale) - Panchià Tel. 0462 571695 - Fax 0462 570585 info@gianmoenamarmi.it www.gianmoenamarmi.it
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iNvestimeNti
Capitalizzare in un immobile a roma Quando il prezzo del mattone può essere facilmente ritoccato al ribasso è il momento giusto per investire
Avere un fondo, un capitale immobilizzato e che frutta, oggigiorno è un grosso privilegio. Investire nelle grandi città è sicuramente il luogo ideale, perché consente di ottenere un rendimento nel breve – lungo periodo grazie alle molteplici richieste. Anna Nicoletti, Intermediazioni Immobiliari, opera nel settore della compravendita e della locazione immobiliare dal 1997, come ditta individuale regolarmente iscritta alla Camera di Commercio di Roma. La titolare proviene dal settore notarile dove ha operato per oltre dieci anni e si occupa personalmente della sua attività e della sua affezionata clientela con cui è costantemente in contatto. Della qualità e professionalità ne ha fatto il suo biglietto da visita. Lo studio è a Roma, nel quale Anna si occupa sia della compravendita, sia della locazione di interi stabili, ville, appartamenti, uffici,
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negozi e quant’altro. L’area operativa è in tutta Roma entro il Raccordo Anulare. Al fine di soddisfare tutte le esigenze della clientela, si avvale della collaborazione di professionisti selezionati, quali: notai, architetti, geometri, avvocati, commercialisti per il disbrigo di qualunque tipo di pratica o anche semplicemente per un consulto o un preventivo di spesa.
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Per piacere e piacersi
il nostro corpo è prezioso, è l’elemento con il quale interagiamo con gli altri. vivere in armonia con noi stessi e in buona salute aiuta anche la mente a trarne i giusti benefici. Di seguito alcune strategie per mostrarci al meglio della forma.
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sua “altezza” il sale Haloterapia: trattamento al 100% naturale Certificato dall’istituto superiore di sanità
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’effetto terapeutico delle grotte di sale è stato provato da ricerche biochimiche, immunologiche e microbiologiche. Il sale minerale di roccia purissima che riveste le pareti e il pavimento del locale, abbinato al cloruro di sodio micronizzato, nebulizzato al suo interno durante tutta la seduta, facilita l’eliminazione dei batteri presenti nella mucosa delle vie respiratorie, restituendo inoltre energia fisica e psichica.
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terme Dolomia
È
l’acqua termale del “bagn da tof di Alloch” - unica sorgente solforosa del Trentino - a rendere esclusivo il Centro, che propone numerosi trattamenti naturali, esaudendo il desiderio sempre più diffuso di restare sani e in forma. Cure super-tecnologiche unite a un’assistenza di altissimo livello, e terapie antiche, potenziate dall’azione terapeutica dell’acqua termale, sono sapientemente abbinate per nutrire l’anima e ridare energia al corpo. Le terme sono convenzionate per la cura idropinica, l’aerosolterapia e la fangoterapia. Oltre alle terapie convenzionate, sono effettuati molteplici trattamenti tra i quali menzioniamo la balneoterapia, la mesoterapia, la fisioterapia. In aggiunta ai rimedi terapeutici, il Centro è specializzato in percorsi di bellezza è propone sedute anti-cellulite al caffè verde, impacchi disintossicanti alle erbe medicinali, impacchi idratanti al latte e oli essenziali. Manipolazioni fisioterapiche e anti-stress, massaggi curativi shiatsu e ayurvedici, peeling orientali con argille, e molto altro. Una linea di prodotti cosmetici d’avanguardia completa l’offerta. Da ricordare: l’aqua termale è fonte di salute nelle fasi di prevenzione, per impedire o diminuire i sintomi e la frequenza di varie patologie - della terapia, sono infatti indicate in determinate patologie croniche per mitigare i sintomi di picco e migliorare le condizioni di salute del paziente - della riabilitazione, aiutando notevolmente il paziente a riprendere una vita normale in seguito a interventi chirurgici (vascolari o ortopedici). La tecnologia al servizio della salute: Tecarterapia – Raggi infrarossi – Lampada al quarzo – Magnetoterapia. Tutti i trattamenti proposti sono eseguiti da operatori qualificati. I benefici delle acque termali non hanno età. Tutti possono fruire di un ciclo di cure convenzionato all’anno se in possesso della ricetta medica. Info: Terme Dolomia presso l’Hotel Terme Antico Bagno - Strada di Bagnes, 25 - Pozza di Fassa - Tel. 0462 762567 - 3298926298 www.termedolomia.it - info@termedolomia.it
Un universo d’acqua solforosa a pochi passi da casa vostra, convenzionato con il servizio sanitario Nazionale
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salute e bellezza
Gambe leggere con la “TRAP” Dr. Filippo Augusto Trinei
Chirugia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica Specialista in Chirurgia Generale
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a fleboterapia rigenerativa tridimensionale ambulatoriale (TRAP) è una metodica iniettiva non obliterativa (non chiude i vasi sanguigni) , che agisce sulle pareti dei vasi del circolo perforante e superficiale . È una cura della malattia varicosa e delle teleangectasie (capillari) che rinforza la parete delle vene, restringe il lume, ripristina la funzione valvolare e fa scomparire alla vista tutti i vasi visibili: vene varicose, venule e teleangectasie capillari . Per descrivere questi effetti usiamo il termine “rigenerazione” che significa ripristino della struttura vascolare alterata e della funzione. La TRAP agisce mediante l’iniezione di una soluzione non obliterante, in quantità sufficiente a raggiungere le vene perforanti. La TRAP agisce, pertanto, sull’intero circolo superficiale e perforante visibile a occhio nudo o mediante la transilluminazione. L’estesa azione tridimensionale fa sparire alla vista i vasi visibili, arresta o ritarda l’evoluzione della malattia varicosa e stabilizza il risultato nel tempo. A questo si accompagna anche la scomparsa dei sintomi soggettivi legati all’insufficienza venosa come gonfiore, pesantezza e crampi. L’assenza di rilevabili effetti collaterali e la natura curativa della TRAP suggerisce il suo utilizzo non solo nei pazienti con evidenti vene varicose o
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teleangectasie, ma anche nei soggetti giovani con predisposizione famigliare alle vene varicose, per prevenire lo sviluppo delle ectasie venose visibili, con profilassi e/o miglioramento anche della cellulite che è tra le conseguenze più temute dell’insufficienza venosa.
Azioni della trap
• Ripristino della continenza • Diminuzione del diametro • Scomparsa alla vista di vasi e capillari • Miglioramento dell’emodinamica (circolazione) • Miglioramento dei sintomi (dolore, pesantezza etc.) • Azione preventiva
Info: Dr. Filippo Augusto Trinei, Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, Specialista in Chirurgia Generale Cell. 392 0467366 - filippo.trinei@alice.it
salUte e Bellezza
il “minilifting” con i fili Fili realizzati in acido polilattico per dare volume e ridisegnare l’ovale del viso
Dott. giuseppe Barbato
Specialista in chirurgia Generale
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a tecnica del “minilifting” con i fili è realizzata da anni; tuttavia dal novembre del 2012 sono stati commercializzati dei nuovi fili che hanno semplificato e migliorato la procedura. La filosofia è sempre la stessa: riposizionare con un vettore verticale e laterale i tessuti del volto, riuscendo a dare per prima cosa volume dove è diminuito e contorno dove manca. Ma dov’è allora la novità? Vi sono tre aspetti che differenziano questi nuovi fili dai precedenti: • La procedura è eseguita in ambulatorio e non necessita della sala operatoria (come accadeva fino a poco tempo fa) o dell’anestesia; il tutto ovviamente a favore di un rapido ritorno alla vita sociale. • Il tipo di materiale. I fili sono infatti realizzati con un acido molto conosciuto in chirurgia estetica: quello polilattico (un materiale sintetico biocompatibile, biodegradabile, inerte dal punto di vista immunologico, e totalmente riassorbibile dal corpo umano). Oltre ciò non si sfrutta solo
l’effetto di trazione del filo ma anche quello stimolante dell’acido stesso. • Il bassissimo rischio di complicanze. Si tratta di un metodo che dà ottimi risultati, i fili si riassorbono con il tempo e quindi non vi è alcun bisogno di sottoporsi a un altro intervento. In pochi giorni il recupero è totale e nei mesi a seguire l’effetto lifting sarà sempre più evidente. La procedura è personalizzata, e viene stabilita dal chirurgo sulla base delle esigenze e aspettative del cliente. La durata è variabile, indicativamente dai 15 ai 18 mesi. Si tratta di un metodo più costoso rispetto ai filler (acido ialuronico o tossine botuliniche) e molto dipende dai fili che vengono utilizzati. Solitamente la spesa varia dai 1200 ai 1500 euro. Info: Dott. Giuseppe Barbato Via Dossi, 1 - 38033 Cavalese (Tn) Cell. 336 467168 www.dottorbarbato.it info@dottorbarbato.it
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salUte e Bellezza Quando l’ingegno dell’uomo e l’opera della natura si fondono, prendono vita manufatti con il potere di donare nuove energie
spirits of Dolomites www.dormirebenecuscinodicirmolo.com
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asce nelle Dolomiti il Pino cembro, un albero raro dalle innumerevoli proprietà. Il suo legno ricco di essenze rilascia un piacevole profumo per anni. Per questo motivo in passato era utilizzato per costruire mobili, cassapanche, culle (si era osservato che i bimbi che riposavano in un giaciglio realizzato con il legno di cirmolo dormivano più tranquilli), e per realizzare splendide stube, preziose e particolarmente utili per il benessere che trasmettono. In seguito ad approfondite ricerche, è stato scientificamente dimostrato che le essenze sprigionate dal cirmolo trasmettono energie positive e quindi sono un valido contributo per curare e prevenire i disturbi tipici del sonno (insonnia, risvegli notturni precoci, difficoltà ad addormentarsi), le emicranie e i dolori cervicali dovuti a stress o a errata postura. Respirando tale essenza di notte sprigionata dal cuscino confezionato con il cirmolo si ripristina il battito cardiaco a ritmi fisiologici, il cuore lavora meno e invecchia meno e questo permette di dormire meglio. La famiglia Reppucci ha unito alla competenza
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medica la profonda conoscenza della fisica, per trasformare i prodotti della natura in beneficio per la salute. Nasce così il cuscino Spirits of Dolomites, che combina le singolari proprietà del cirmolo a quelle della lana merinos da sempre rinomata per le caratteristiche isolanti e assorbenti (conduce verso l’esterno ogni traccia di umidità), anti-parassitarie (il cirmolo è antiacaro e anti-tarme). Novità: Appuntamenti con il benessere – Corsi pratico-teorici sulle virtù del cirmolo e delle erbe officinali di montagna per appassionati che desiderano avvicinarsi alla natura. Riconoscimento, raccolta, trasformazione e utilizzo di prodotti del nostro territorio. Per informazioni e prenotazioni telefonare dalle ore 8.00 alle ore 12.00 al numero 0462 232430. Info: Azienda Agricola Reppucci&Figli, Piazza Cesare Battisti, 2 - Cavalese Cell. 335 1371360 www.dormirebenecuscinodicirmolo.com
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