Storia dello scautismo 2018

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collana tracce - radici


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Incaricato nazionale al Settore comunicazione: Niccolò Carratelli Prima edizione: La Nuova Italia, luglio 1973 Seconda edizione: La Nuova Italia, gennaio 1987 Terza edizione: Nuova Fiordaliso, aprile 1996 Quarta edizione: Fiordaliso, dicembre 2006 Quinta edizione: Fiordaliso, dicembre 2017 ISBN 978-88-8054-934-5 Grafica e impaginazione: Luigi Marchitelli Consigliere delegato all’Editoria non periodica: Andrea Fabbri In Redazione: Francesco Casale Consulenza editoriale: Stefania Cesaretti La casa editrice ringrazia per i documenti fotografici: – il Centro Studi e Ricerche AGESCI; – il Centro Studi Scout “Carlo Colombo”; – il Centro Documentazione e Studi “Mario Mazza”; – il Centro Studi Scout del CNGEI “Eletta e Franco Olivo”. gli autori delle pubblicazioni edite dalla Fiordaliso: – Guidismo, una proposta per la vita, Cecila Gennari Santori Lodoli, Anna Maria Mezzaroma, Anna Signorini Bertolini, Dolly Tommasi, Paola Semenzato Trevisan; – Breve storia dello scautismo, Andrea Padoin; – Le Aquile Randagie, Carlo Verga e Vittorio Cagnoni; – Al ritmo dei passi di Andrea Ghetti, a cura dell’Ente e Fondazione mons. A. Ghetti - Baden; – B.-P. e la grande avventura dello scautismo, Fulvio Janovitz; – Scautismo in cartolina, a cura di Vittorio Pranzini dalla collezione di Pier Luigi Accolli; – La storia del Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani 1943-2004, Carlo Guarnieri. Il CNGEI, sezione di Bolzano, Una volta scout, sempre scout Il CNGEI, sezione di Roma, Dalle Radici alle Ali Piero Gavinelli per le immagini tratte da 1916-2016 il nostro album di famiglia. Cento anni di scautismo cattolico in Italia, Tipografia Piave, 2016 Foto a colori in quarta di copertina: Maurizio Fraschetti Ci scusiamo per eventuali involontarie inesattezze e omissioni stampato su carta ecologica

© Fiordaliso società benefit cooperativa

Largo dello Scautismo, 1 00162 Roma www.fiordaliso.it


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Mario Sica

Storia dello scautismo in Italia

edizioni scout fiordaliso


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L’AUTORE

Mario Sica (Roma, 1936) ha studiato a Firenze, dove si è laureato in Scienze Politiche nel 1959. Nel 1961 ha ottenuto il Master’s Degree in Studi superiori internazionali presso l’Università Johns Hopkins di Baltimora. Entrato nella carriera diplomatica nel 1962, ha prestato servizio, oltre che al Ministero degli Esteri, nelle sedi di Saigon, Parigi, Canberra, Berna e Mosca. È stato Ambasciatore a Windhoek, a Mogadiscio, presso l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) a Vienna, e infine al Cairo. Precedentemente si è a lungo occupato di emigrazione e immigrazione, ed è stato Direttore Generale per l’Asia. Sulle sue esperienze vietnamita e somala ha scritto, rispettivamente, Marigold non fiorì, Il contributo italiano alla pace in Vietnam (Firenze, 1991), e Operazione Somalia (Venezia, 1994). In pensione dal 2004, continua a parlare e a scrivere di cose internazionali. Entrato nel movimento scout nel 1947, è stato dirigente di unità e di gruppo a Firenze tra il 1956 e 1960 e a Berna tra il 1978 e il 1982, in un gruppo scout fondato tra gli emigrati italiani. A Roma ha collaborato nei settori della stampa e dei rapporti internazionali dell’ASCI e poi dell’AGESCI, di cui è stato il primo responsabile internazionale (1975-’78). Più volte Consigliere generale e tuttora membro dell’AGESCI, è autore di numerosi manuali (tra i quali Gli scout, Ed. Il Mulino, Bologna, 2002) e curatore delle edizioni delle opere di Baden-Powell in italiano e in inglese. Dal 2005 al 2011 è stato membro del Comitato Mondiale dell’AISG (Organiz zazione mondiale degli adulti scout). Per la sua opera volta alla diffusione del pensiero del fondatore dello scautismo ha ricevuto, nel 1988 (primo italiano), il Lupo di Bronzo, la più alta onorificenza del movimento mondiale. Continua a parlare e a scrivere di cose scout.


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INDICE

INTRODUZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

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NOTA INTRODUTTIVA ALLA QUINTA EDIZIONE

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Capitolo 1 Il sorgere dello scautismo Baden-Powell e le origini dello scautismo inglese Il metodo di Baden-Powell I motivi di un successo

19 19 23 29

Capitolo 2 Primi esperimenti di scautismo in Italia Sir Francis Vane e il maestro Molinari Il movimento dei Ragazzi Esploratori Italiani Spensley, Mazza e la sezione REI di Genova Le sezioni REI di Napoli e Portici Perucci e il movimento dei “Ragazzi Pionieri” Esperimenti minori

33 33 37 38 43 44 47

Capitolo 3 Il Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani Fondazione e sviluppo Lo spirito e il metodo degli esploratori nazionali

55 55 61

Capitolo 4 I cattolici e lo scautismo I cattolici e la società italiana all’inizio del secolo La polemica contro lo scautismo Evoluzione dell’atteggiamento cattolico verso lo scautismo Negoziati con il Corpo Nazionale e loro fallimento

73 73 77 81 83


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Capitolo 5 La prima ASCI La fondazione dell’ASCI Il metodo scout nella prima ASCI

99 99 107

Capitolo 6 Gli anni della guerra e del dopoguerra Lo scautismo italiano e la guerra mondiale Il dopoguerra - lo sviluppo dell’ASCI Il dopoguerra - la riforma del CNGEI Gli “anni d’oro” (1922-1925)

123 123 128 134 138

Capitolo 7 Lo scontro col fascismo Scautismo e fascismo nei primi anni del regime L’assassinio di Don Minzoni Altri incidenti dei primi anni del fascismo Il decreto del 1923 sulla milizia La legge sui Balilla Gli incidenti del 1926 Polemiche di stampa

159 159 160 163 164 166 173 179

Capitolo 8 Il primo scioglimento I decreti del 1927 L’accomodamento provvisorio tra ASCI e ONB Scioglimento del CNGEI e di altre organizzazioni giovanili Londra dinanzi allo scioglimento

197 197 210 214 220

Capitolo 9 La soppressione dello scautismo L’ASCI dopo il primo scioglimento Il decreto dello scioglimento totale La soppressione dello scautismo: un giudizio d’insieme

231 231 232 245

Capitolo 10 Lo scautismo femminile del primo periodo Dall’UNGEI all’UNGVI Le difficoltà iniziali dello scautismo femminile

257 257 265


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Capitolo 11 Il periodo clandestino Il fascismo e i giovani I tentativi di “inserimento” di Perucci e di Mazza Lo scautismo clandestino: caratteri e significato Lo scautismo clandestino romano Altre attività clandestine dell’ASCI Il CNGEI dopo lo scioglimento

269 269 280 288 291 294 297

Capitolo 12 Le Aquile Randagie - La Resistenza Le Aquile Randagie Le Aquile Randagie nella Resistenza Le Fiamme Verdi Altri scout nella Resistenza

311 311 318 320 320

Capitolo 13 Fascismo e scautismo dopo lo scioglimento Lo scautismo nella stampa del periodo fascista La visita di Baden-Powell a Mussolini (1933)

329 329 336

Capitolo 14 La rinascita Cade il fascismo, riprende lo scautismo La ricostituzione dell’associazione cattolica Gli alleati e la rinascita dello scautismo Rinascita del CNGEI e costituzione della FEI Ripresa dei rapporti internazionali

349 349 356 360 367 372

Capitolo 15 La nuova ASCI Il rapporto con l’Azione Cattolica Protagonisti e problemi della ripresa Le branche lupetti ed esploratori Il roverismo Formazione e problemi dei dirigenti Il gruppo scout e le strutture associative Diffusione e rapporti esterni

383 383 387 390 395 399 403 407


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Capitolo 16 Il CNGEI dalla ripresa agli anni ‘80 La vita del Corpo Nazionale Gli anni ‘70 – la sofferta riforma statutaria del 1976 La coeducazione La laicità e la formazione spirituale Il metodo delle branche La formazione capi Gli adulti del CNGEI

415 415 417 419 421 423 427 430

Capitolo 17 Lo scautismo femminile della ripresa Fondazione dell’AGI e ricostituzione dell’UNGEI Le associazioni femminili fino alla fusione Il metodo dell’UNGEI e dell’AGI

433 433 441 444

Capitolo 18 Altri aspetti e problemi del movimento Servizi collettivi e di emergenza e protezione civile I rapporti internazionali Lo scautismo nautico Lo scautismo di estensione e di rieducazione Altre iniziative associative

453 453 456 458 460 462

Capitolo 19 L’unificazione tra scautismo maschile e femminile I fermenti post-sessantotteschi e post-conciliari La dimensione politica L’erosione del metodo Il nuovo rapporto con la Chiesa La spinta alla coeducazione Crisi dell’AGI: la fuga in avanti, verso la fusione AGI-ASCI

471 471 472 475 477 479 481

Capitolo 20 La fondazione dell’AGESCI Come si giunse all’unificazione ASCI-AGI Le “chiarificazioni” dell’AGESCI all’episcopato Lo sviluppo della proposta educativa unitaria Le strutture dell’AGESCI L’eredità dell’ASCI e dell’AGI

485 485 489 493 496 497


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Capitolo 21 Due esperienze di scautismo cattolico Il Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani Gli Scouts d’Europa - FSE

503 503 511

Capitolo 22 Gli ultimi trent’anni L’evoluzione dello scautismo in Italia L’AGESCI Gli sviluppi nel CNGEI La FIS: un bilancio non sempre positivo

519 519 522 531 533

Capitolo 23 A mo’ di conclusione Aspetti problematici dello scautismo in Italia Attualità dello scautismo

539 539 541

BIBLIOGRAFIA

544

APPENDICE I Profili biografici

547

APPENDICE II Scautismo in Italia in cifre

559

INDICE DEI NOMI

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Un giovane entrò in un negozio e chiese all’angelo che sedeva dietro al banco: “Che cosa vendi?”. L’angelo rispose: “Tutto ciò che vuoi”. Allora il giovane disse: “In questo caso vorrei la fine di tutte le guerre in tutte le parti del mondo, una buona volontà da parte di tutti perché si dialoghi e non si lotti, l’attenzione ai più piccoli, ai più deboli...”. L’angelo lo interruppe: “Scusami, ma forse non mi hai capito bene: noi non vendiamo frutti, vendiamo solo semi...”. (dal discorso di commiato di Giancarlo Lombardi da presidente dell’AGESCI al Consiglio generale 1982)


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INTRODUZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

Conviene forse, all’inizio di queste pagine, additare al lettore i limiti di questa e di qualsiasi storia dello scautismo, limiti che attengono essenzialmente all’oggetto stesso della ricerca. Giacché lo scautismo è pedagogia in azione e attraverso l’azione anche se a monte di essa vi sono alcuni principi teorici; vi è nelle attività scout uno spirito, un’atmosfera, un quid insomma, che è estremamente difficile descrivere. E – se non mancano i momenti di riflessione, di preparazione, di approfondimento – l’azione resta il momento forte: il lupetto che parte in caccia col branco, l’esploratore o la guida impegnati in un grande gioco, il rover o la scolta che preparano un’inchiesta o compiono una route, il capo che regge da solo un’unità, scrivono pagine non solo della propria storia personale, ma anche di quella del movimento nel suo insieme. Ma è una storia che per la frammentarietà della documentazione (ché la conservazione dei documenti e la cura degli archivi non fanno parte, proprio per ciò che abbiamo detto, della mentalità prevalente tra gli scout) sarebbe arduo scrivere, e che per il suo andamento cronachistico avrebbe comunque scarso interesse per la generalità dei lettori. Ci basterà pertanto aver sottolineato che le pagine che seguono sono solo una parte della storia del movimento scout: e precisamente, per un verso la storia delle relazioni esterne delle varie associazioni, e per altro verso quella dell’evoluzione delle idee e delle strutture pedagogiche dello scautismo in Italia. Una storia che si sofferma con maggiori dettagli sui momenti meno noti, come i primi esperimenti di scautismo in Italia, il periodo clandestino, la partecipazione degli scout italiani alla Resistenza. I limiti e le difficoltà di una storia dello scautismo non devono tuttavia alimentare un disinteresse per la storia. È una tentazione INTRODUZIONE – 13


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cui il movimento scout – proprio perché è azione che si brucia giorno per giorno – è particolarmente esposto, e che si ritrova sia nelle file dei conservatori che dei progressisti: intenti i primi a resuscitare un passato che non può tornare, i secondi a un mutamento del movimento dalle fondamenta, senza peraltro sapere veramente su che cosa queste fondamenta poggino. Riteniamo che ogni aggiornamento dello scautismo debba muovere da un approfondimento della sua storia, e quindi dei valori, delle idee e – al caso – dei pregiudizi che essa sottende. Ma se così è – se cioè la storia, come si dice e come crediamo, ha da esser magistra vitae – occorre che essa, nel tenersi lontana da ogni agiografia o trionfalismo, fornisca una visione complessiva obiettiva, ma omogenea: operi cioè una scelta di campo. Il criterio della nostra scelta di campo – che costituisce il metro dei giudizi e valutazioni da noi espresse – è delineato nelle prime pagine ed emerge poi via via: è la fedeltà alle ispirazioni fondamentali del metodo di Baden-Powell, inteso come progressiva educazione della persona umana alla libertà, alla democrazia, al servizio della comunità, alla pace. Un’ultima considerazione: “Storia dello scautismo in Italia”, non dello scautismo italiano. Vista la dimensione internazionale quale componente costitutiva del movimento, non si dovrebbe parlare di uno scautismo italiano diverso, ad esempio, da quello francese, ma di un unico scautismo che si incarna, beninteso con caratteristiche e tono particolari, nelle varie culture nazionali. Parigi, maggio 1972

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NOTA INTRODUTTIVA ALLA QUINTA EDIZIONE

Questa quinta edizione, anch’essa interamente riveduta e ampliata rispetto alla precedente, ha potuto avvalersi di vari studi di valore apparsi nello scorso decennio. Mi riferisco anzitutto al contributo fondamentale dato da Vincenzo Schirripa, Giovani sulla frontiera. Guide e Scout cattolici nell’Italia repubblicana (1943-1974), Roma, 2006, esemplare sia per l’accuratezza della documentazione che per la chiarezza dell’esposizione della complessa vicenda che ha portato nel 1974 alla fusione tra ASCI ed AGI e alla nascita dell’AGESCI. In secondo luogo, Pino Agostini e Mario Gecchele, col loro Mario Mazza, Diario di un educatore durante l’occupazione nazifascista, Roma 1943-44, Roma, 2012, hanno pubblicato un documento fondamentale per meglio comprendere il personaggio Mazza e l’atmosfera e le vicende della ripresa dello scautismo cattolico dopo la guerra. Qualche spunto interessante in: A. Bosna, Scautismo femminile e Guidismo. Esperienze educative in prospettiva di genere: i casi dell’Italia e della Spagna, Edizioni ETS, Pisa 2011. Sul CNGEI-UNGEI mi sono stati molto utili G. dell’Oglio, Alere Flammam. Breve storia dello scautismo in Italia, Milano, 2010, e A. Talò, Sii Preparata! Esploratrici GEI da 100 anni, ed. CNGEI, Verona, 2011. Il non dimenticato Alberto dal Porto ci ha lasciato, per il centenario del primo esperimento di scautismo in Italia, la biografia e i documenti del suo protagonista: Alberto dal Porto, Sir Francis Fletcher-Vane, Padova, 2010. A. Padoin (a cura di), Lo scautismo italiano all’estero, Eurooffset, Treviso, 2010, è una ricerca coordinata con la consueta cura da Andrea Padoin su un interessante aspetto di dettaglio. Un volume ricco di notizie e con splendida iconografia: G. Monetti e INTRODUZIONE – 15


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D. Bettale, Gioventù italiana e Grande Guerra. Il contributo dei Giovani Esploratori nell’ultima guerra per l’indipendenza, Tipografia Piave, 2015. Due importanti biografie, scritte da Vittorio Cagnoni, sono quelle di Baden. Vita e pensiero di Mons. Andrea Ghetti, Tipografia Piave, 2014, e Giulio Uccellini (Kelly). Il “bad boy” dello scautismo italiano, Tipografia Piave, 2017. Per parte mia, oltre ad utilizzare le mie stesse ricerche per la biografia di Mario di Carpegna uscita per il centenario dello scautismo cattolico (Mario di Carpegna, Mondo cattolico e scautismo, Roma 2015), ho svolto ricerche più accurate sia nell’Archivio Centrale dello Stato, sia nell’Archivio Segreto Vaticano, sia infine in quello della Segreteria di Stato, Sezione dei Rapporti con gli Stati (di cui si è servito anche il p. G. Sale, Fascismo e Vaticano prima della Conciliazione, Jaca Book, Milano, 2007, libro interessante e ben documentato, ma non esente, per ciò che concerne la vicenda degli Esploratori, da qualche genericità). I documenti apportano ulteriori importanti dettagli sulle vicende dello scioglimento e sul relativo dibattito all’interno della Santa Sede. Come di consueto, gli ultimi capitoli sono stati aggiornati e ampliati con l’aiuto di numerosi amici per tener conto delle più recenti evoluzioni. Per il valore dei contributi inviatimi a tal fine desidero ringraziare in particolar modo Laura Galimberti, Piero Gavinelli e Paola Stroppiana, e poi anche Ferri Cormio e Pippo Scudero; ed inoltre Sergio Colaiocco e Don Paolo La Terra (per gli SdE-FSE), Giorgio Meo (per l’Assoraider), Marco Succi (per la protezione civile AGESCI) e Fabio Roscani (per la protezione civile CNGEI), Giancarlo Monetti e Claudio Morotti (per il CNGEI). Salvo Zappardino mi ha fornito una quantità di dati, foto e documenti sul CNGEI e l’Assoraider. Una gratitudine particolare debbo ad Attilio Grieco, che ha riletto più volte con straordinaria cura e grande conoscenza della storia dello scautismo l’intero testo della 5a edizione: i suoi suggerimenti hanno corretto il testo in più punti, rendendolo più accurato e quindi migliore. In calce al volume sono stati aggiornati la bibliografia e i dati numerici sulle associazioni (presentati ora in modo diverso sulla base delle cifre elaborate annualmente da Guido Corda) e ampliato il repertorio biografico. Roma, marzo 2017 16 – STORIA DELLO SCAUTISMO IN ITALIA


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SIGLE ARCHIVISTICHE

ACS APUG APV ASV CSR AGESCI CMM

Archivio Centrale dello Stato, Roma Archivio della Pontificia Università Gregoriana, Roma Archivio del Patriarcato di Venezia Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano Centro Studi e Ricerche AGESCI, Roma Centro Documentazione e Studi “Mario Mazza”, Genova CPC Casellario Penale Centrale (periodo fascista) CSSCC Centro Studi scout “Carlo Colombo”, Langhirano (Parma) DGPR Direzione Affari Generali e Riservati (Ministero dell’Interno) DGPS Direzione Generale Pubblica Sicurezza, (Ministero dell’Interno) FO Archivio del Foreign Office, Londra GIAC Archivio della Gioventù Italiana di Azione Cattolica, Roma ISACEM Archivio dell’Istituto di Studi sull’Azione Cattolica e il Movimento Cattolico MI Ministero dell’Interno NRC National Record Center (Archivio di Stato americano), Washington PCM Presidenza del Consiglio dei Ministri SAA Scout Association Archives (Archivio dell’associazione scout inglese), Londra SPD Segreteria Particolare del Duce SS Segreteria di Stato (Città del Vaticano) SS, AA.EE.SS. Segreteria di Stato, Affari Ecclesiastici Straordinari TAA Testimonianza all’autore

I libri elencati nella bibliografia in calce al volume sono citati nelle note in forma abbreviata col solo nome dell’autore seguito dal numero d’ordine nella bibliografia tra parentesi quadre (es. Pisa [29], p. 113). INTRODUZIONE – 17


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Capitolo 1

Il sorgere dello scautismo

Chi ripercorra le origini dello scautismo - intendendo questo termine nei suoi due significati di metodo educativo e di movimento giovanile mondiale - rimane colpito dal suo aspetto “biografico”. Il metodo scout è essenzialmente la traduzione ed applicazione pedagogica di una esperienza di vita, e la storia dello scautismo, almeno nei primi trent’anni della sua esistenza, è la storia della vita del suo fondatore. Di conseguenza, per esaminare i momenti importanti della vita di Baden-Powell anche solo in relazione al sorgere dello scautismo sarebbe necessario soffermarsi a lungo sull’educazione aperta e stimolante ricevuta dalla madre, sulle allegre avventure con i numerosi fratelli, sul servizio militare in India e in Africa, sulle sue corrispondenze per i giornali, sulle sue attività di istruttore di reclute, di esploratore militare, di attore, di pittore; infine si dovrebbero esaminare i suoi numerosi libri, intessuti di episodi e disegni autobiografici da cui egli trae spesso una lezione educativa. Tutto ciò andrebbe però oltre l’oggetto di questo libro. Ci soffermeremo pertanto solo su alcune tappe essenziali della sua vita, a cominciare dalla vittoriosa difesa della cittadina sudafricana di Mafeking durante la guerra anglo-boera (ottobre 1899 - maggio 1900). Oggi si discute se l’episodio di Mafeking – che tra l’altro non fu un vero assedio – sia da considerare un successo, o non piuttosto un errore, almeno sul piano militare1. Ai nostri fini, tuttavia, esso conserva una duplice importanza. Anzitutto esso, per una serie di circostanze, fece del suo protagonista un eroe nazionale. Ed è certo che la diffusione dello scau-

Baden-Powell e le origini dello scautismo inglese

B.-P. all’epoca della guerra anglo-boera

IL SORGERE DELLO SCAUTISMO – 19


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I cadetti a Mafeking disegno di B.-P.

Copertina (di John Hassal) del primo fascicolo quindicinale di Scautismo per ragazzi

tismo fu grandemente facilitata dal fatto di avere come fondatore e capo un uomo di tale prestigio in patria, nel Commonwealth e anche all’estero. In secondo luogo Mafeking offrì lo spunto, involontario, per una prima esperienza pedagogica. Allo scopo di risparmiare uomini per la prima linea venne istituito un “Corpo di cadetti” per ragazzi dai 9 ai 18 anni, con una sua uniforme e con compiti quali staffette, portaordini e portalettere. Si diede fiducia ai ragazzi che, trattati come adulti e affidati alla responsabilità di capi scelti tra di essi, risposero con entusiasmo e rendimento altissimo anche nei momenti più difficili. Baden-Powell doveva trarre in seguito le sue conclusioni da tale episodio. Tornato in patria qualche anno dopo, ormai generale – il più giovane dell’esercito inglese – l’“eroe di Mafeking” fu sorpreso nell’apprendere che un suo opuscolo, Aids to Scouting for Men and N.C.O.s [Sussidi per l’esplorazione, per truppa e sottufficiali], che egli aveva scritto nel 1899, era stato tirato ad oltre 100.000 copie. Il libro andava a ruba, non solo tra i militari cui era destinato, ma tra i ragazzi inglesi, oppure veniva adottato come manuale da insegnanti od educatori. Come sarà poi sempre nei momenti essenziali della storia del movimento scout, anche all’inizio la spinta venne dal basso, dalla “periferia”, dai ragazzi stessi o da giovani intraprendenti educatori. Baden-Powell si rese ben presto conto che per tale utilizzazione il suo manualetto era insufficiente ed inadatto. Esso aveva per scopo l’addestramento degli uomini alla guerra: occorreva invece addestrare i ragazzi ad essere buoni cittadini in tempo di pace. Nacque così, dopo alcuni primi schemi provvisori e dopo un campo sperimentale nell’isola di Brownsea (agosto 1907), lo Scouting for Boys [Scautismo per Ragazzi], pubblicato a dispense tra il gennaio e il marzo del 1908, poi in un volume nel maggio. Tuttavia, né gli schemi provvisori, né il nuovo libro erano intesi a creare una organizzazione a sé stante. Baden-Powell intendeva piuttosto mettere a disposizione delle esistenti organizzazioni inglesi per la gioventù un programma educativo. Una volta di più furono i ragazzi a forzargli la mano: essi erano decisi ad essere, non scout più qualcos’altro, ma scout e niente altro. In risposta al pullulare di reparti e pattuglie venne così organizzandosi, tra il 1908 e il 1909, l’associazione scout inglese, cui Baden-Powell volle dare

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una struttura assai flessibile, con larga responsabilità ai livelli subalterni e ampia autonomia alle unità locali. Tale struttura - un modello imitato dalla maggioranza delle altre associazioni scout è rimasta praticamente immutata fino ad oggi, malgrado il forte incremento numerico e l’evoluzione subiti dal movimento. Lo sviluppo spontaneo e travolgente è una caratteristica costante nella storia dei primi anni di vita del movimento: dalla crescita in Inghilterra (108.000 scout nel 1910, oltre 300.000 tre anni dopo); alla sua diffusione nel Commonwealth (Canada, Australia e Nuova Zelanda, 1908; Sud Africa e India, 1909) e nel mondo (Danimarca, Belgio e Cile, 1909; Argentina, Brasile, Stati Uniti, Svezia, Norvegia, Olanda, nonché - come vedremo - Italia, 1910; Francia e Russia, 1910-11); all’estensione alle ragazze, sette delle quali sfilarono sotto gli occhi di Baden-Powell ad un raduno scout nel 1909, autodefinendosi le girl scouts (e nacquero così le guide, ramo femminile dello scautismo, la cui organizzazione venne in un primo tempo affidata da Baden-Powell alla sorella Agnes). Anche la successiva evoluzione delle strutture educative venne, almeno in parte, guidata dai ragazzi. Tuttavia dopo i primi anni lo scautismo entra in una fase di riflessività e di minor spontaneità.

Uno dei primissimi reparti di guide inglesi ispezionato da un dirigente scout

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1920 - B.-P. viene proclamato Capo Scout del mondo

Mowgli e Shere Khan disegno di B.-P.

Certo, in molti luoghi furono i ragazzi di 8 e 9 anni che, chiedendo di essere ammessi nei reparti, nei quali si trovavano spesso i loro fratelli maggiori, sollevarono il problema dei più giovani, e, - di conseguenza - dell’articolazione della formazione scout in due periodi separati. E tuttavia Baden-Powell si decise a creare una sezione per i ragazzi da 8 a 11-12 anni solo a seguito della lettura di vari rapporti sulla delinquenza giovanile, che additavano negli 8 anni l’età soglia per il tempestivo inizio di un’azione educativa. È la nascita del lupettismo (1916), il programma scout per i più piccoli, basato sull’utilizzazione educativa dei Libri della Giungla di R. Kipling. Così pure, nel 1920, al primo grande raduno mondiale (jamboree) di Londra, nel centro di esposizioni di Olympia, Baden-Powell venne spontaneamente acclamato Capo Scout del mondo da 5.000 ragazzi provenienti da una trentina di paesi. Ma la strutturazione mondiale del movimento (che ebbe inizio successivamente al jamboree con la conferenza di Londra) derivò soprattutto dalla convinzione di Baden-Powell che fosse necessario, dopo le lacerazioni e gli sconvolgimenti portati dalla guerra, fare dello scautismo un autentico movimento internazionale, attenuandone il carattere tendenzialmente (e, in certi paesi, concretamente) nazionalistico e militaristico. Infine nel 1922, gli stessi due elementi - desiderio dei ragazzi di proseguire lo scautismo, opportunità sul piano educativo di dare una formazione ai ragazzi più anziani - portarono al lancio del roverismo, per i ragazzi tra i 17 e i 24 anni.

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In tale periodo, e da diversi anni ormai, la vita di Baden-Powell si confonde con quella dello scautismo. Lavoratore e viaggiatore infaticabile, scrittore efficace e concreto, personalità che costituiva l’immagine stessa della legge scout da lui lanciata, Baden-Powell, tra il 1920 e il 1937, continuò a guidare lo sviluppo dello scautismo nel mondo e, soprattutto, seppe mantenerne la coesione e l’unità. Fino a qualche giorno prima di chiudere a 84 anni (in piena guerra mondiale, l’8 gennaio 1941, in Kenya) la sua lunga giornata di lavoro, il Capo Scout del mondo continuò a far pervenire ai giovani e ai dirigenti scout di ogni paese la sua parola di incitamento a lavorare per la pace: L’attuale sconvolgimento bellico mondiale è una catastrofe provocata dall’uomo, e solo dall’uomo essa potrà essere redenta. […] Nessuno sa quale forma prenderà la pace. Unioni federali, unioni economiche, una Società delle Nazioni risuscitata, gli Stati Uniti d’Europa e varie altre proposte sono sul tappeto. Ma una cosa è essenziale per una pace generale e permanente, di qualsiasi forma, e cioè una totale trasformazione di spirito tra i popoli, nel senso di una più intima reciproca comprensione, di un soggiogamento di pregiudizi nazionali, e la capacità di guardare con gli occhi degli altri, in amichevole simpatia2.

A distanza di tanti anni, questo messaggio sembra non aver perso niente della sua attualità.

Esaminiamo ora da vicino i principi fondamentali del metodo di Baden-Powell quali apparvero all’epoca del suo lancio e quali nelle grandi linee - si sono mantenuti fino ad ora in quasi tutti i paesi del mondo. Il punto di partenza di Baden-Powell è la constatazione della scadente qualità della gioventù inglese, sul piano fisico e del carattere, e quindi degli scarsi risultati della scuola in questi due campi. Donde la necessità di un programma per i giovani che, migliorando il fisico e la personalità di ciascuno di loro, ne faccia migliori cittadini dell’impero britannico. Baden-Powell non mira quindi a trasformare le strutture della società o a modificarle tramite l’azione di forze operanti a livello politico: il suo punto di vista è che la società - e il mondo - possono essere resi migliori solo che si riesca

The Chief

Il metodo di Baden-Powell

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Il più antico disegno di uno scout fatto da B.-P.

a migliorare la qualità dei singoli elementi che li compongono. All’inizio egli si pone quindi in un’ottica imperiale britannica. Solo successivamente, lo sviluppo spontaneo in molti paesi del mondo, e lo sconvolgimento portato dalla prima guerra mondiale, ne faranno un movimento di fraternità internazionale e di pace. Il programma scout si articola in quattro punti fondamentali: formazione del carattere3, educazione fisico-igienica, abilità manuale, servizio del prossimo, i quali costituiscono il metro di validità di ogni attività scout. In concreto, essi sono attuati attraverso varie tecniche (escursioni, vita al campo, giochi, lavori manuali, osservazione e altre attività naturalistiche, attività di espressione, servizi individuali e collettivi ecc.), che non presentano, di per se stesse, aspetti realmente originali, anche se lo scautismo ha contribuito al loro approfondimento e alla loro diffusione. È interessante invece esaminare il modo in cui si esplica l’azione educativa del capo. Un primo elemento è la fiducia nel ragazzo: è la lezione pedagogica di Mafeking. Dal giorno del suo primo contatto con lo scautismo, il ragazzo è preso sul serio, riceve progressivamente la responsabilità della propria formazione personale e - ben presto - la sua parte di responsabilità del buon andamento e del buon ordine della comunità in cui è inserito. Per tutto ciò si fa affidamento sul suo onore: “l’onore di uno scout è di essere creduto”, dice il primo articolo della Legge scout; e con il solenne impegno individuale o Promessa lo scout si impegna “sul suo onore”. Lo scautismo riposa tutto sull’impegno personale, libero e volontario di servizio (richiamato dall’obbligo della “buona azione quotidiana”), sull’adesione cosciente a un ideale di formazione personale, sulla risposta leale alla fiducia altrui. Il secondo elemento è la ricerca dello sviluppo dall’interno della personalità di ciascun ragazzo. Una massa si può istruire, ma l’educazione non può essere che individuale, dice Baden-Powell, che soggiunge: “Il compito del capo è quello di far esprimere liberamente ciascun ragazzo scoprendo ciò che vi è dentro, e quindi di prendere ciò che è buono e di svilupparlo, escludendo ciò che è cattivo”4. E al suo ingresso nello scautismo ogni ragazzo si vede proposto un programma di lavoro: è il sistema

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delle “prove di classe” e delle “specialità”, le prime uguali per tutti, le seconde a scelta del ragazzo. Nel corso di tale programma il riconoscimento va più allo sforzo che al risultato, e lo scout lotta più contro se stesso che contro gli altri, conservando (quando il metodo è ben applicato) una continua tensione verso il perfezionamento della propria personalità. Un terzo elemento è l’aderenza alla psicologia del ragazzo nelle sue varie età. “Il pescatore che ci sa fare si serve come esca del cibo che piace ai pesci, non di quello che piace a lui”5, ama ripetere Baden-Powell. E nello scautismo al ragazzo vien proposto di fare, ad ogni età, ciò che gli piace di fare: tra gli 8 e gli 11-12 anni gli si propone di gridare, cantare, ridere, saltare; più tardi di recitare, di compiere imprese avventurose, di costruire; più tardi ancora di discutere, di scoprire il mondo, di impegnarsi in un servizio continuativo. Nell’arco di età tra 8 e 16 anni una parte grandissima - sotto svariate forme - va al gioco: gioco educativo, s’intende, cioè provvisto di una finalità, non mero passatempo; e gioco serio, cioè con regole precise, e preso sul serio da chi lo guida o lo propone. Parimenti si adegua all’età il linguaggio del capo, che comunque resta sempre quello del fratello maggiore, alieno tanto da accenti militaristici che da moralismi stucchevoli o scolastici. Uno dei motivi che più attraggono il ragazzo, specie al suo ingresso nello scautismo, è proprio il linguaggio che gli viene tenuto, radicalmente diverso da quello abituale a casa o a scuola. Un quarto elemento è l’educazione nella comunità: una comunità adeguata alla psicologia del ragazzo e nella quale egli si sente, come si è detto, responsabile di precise funzioni. Per i lupetti è il branco la comunità prevalente; per gli esploratori e le guide è la pattuglia6, per il rover e la scolta il clan. Soprattutto essenziale è il sistema delle pattuglie, in cui a giovani capi di 13-15 anni viene affidata la responsabilità tecnica e - in certa misura - educativa dei propri ragazzi. Un quinto elemento è il rilievo dato alla figura del capo. “Agli occhi di un ragazzo conta ciò che un uomo fa, non quello che dice”7. Donde la caratteristica dello scautismo

B.-P. ispeziona un reparto inglese, 1909

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Il capo aiuta il ragazzo a crescere, ponendosi nello spirito di un fratello maggiore disegno di B.-P.

L’uomo della frontiera disegno di B.-P.

di basarsi su un corpo di educatori volontari che sono essi stessi scout e che mettono anzitutto in pratica lo scautismo su se stessi, prima di trasmetterlo ai ragazzi. In tal modo, tra l’altro, il capo potrà meglio interpretare il suo ruolo di “elemento del gioco” del ragazzo (limitatamente all’età che abbiamo detto essere quella del gioco: 816 anni) e stabilire un dialogo con lui. Ad evitare un possibile “culto del capo”, lo scautismo lega fortemente la figura del capo all’esempio e al servizio8. L’esigenza di aver educatori che fossero scout essi stessi condusse Baden-Powell - dopo aver sperimentato forme più abituali come manuali, conferenze ecc., le quali riuscivano forse a comunicare le tecniche, ma non lo spirito dello scautismo - ad istituire un sistema di formazione dei capi basato su uno “stage” di vita in comune per un periodo di 7-10 giorni, sotto tenda o in accantonamento, durante il quale gli allievi vengono posti nelle stesse condizioni di vita e di ambiente dei ragazzi che saranno più tardi chiamati a guidare. Tale schema - oggi imitato da altri movimenti e associazioni - ha una parte importante nella storia dello scautismo, in quanto assunse ben presto un carattere internazionale e contribuì potentemente all’unità e, al tempo stesso, all’evoluzione del metodo, sia a livello nazionale che internazionale. Tutti i predetti elementi fanno classificare lo scautismo tra i metodi pedagogici cosiddetti “attivi”, di cui Baden-Powell non è certo l’inventore, e che anzi proprio tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 conobbero una notevole diffusione9. Neppure tali elementi dunque possono dirsi interamente nuovi, anche se molti di essi vennero nello scautismo rielaborati e combinati fra di loro in modo originale. Ciò che invece lo scautismo può rivendicare come veramente suo è lo sfondo avventuroso che esso offre per le sue attività. Come abbiamo osservato, è il lato del metodo in cui Baden-Powell ha profuso il meglio di se stesso, cioè la sua stessa esperienza di vita. Egli propone al ragazzo come modello l’esistenza idealizzata degli uomini di frontiera, dei cacciatori delle grandi foreste, dei pionieri delle esplorazioni, dei missionari. La concretizzazione di questo ideale è la vita all’aperto, quella che Baden-Powell chiama la “scienza dei boschi”, ossia l’arte della vita al campo, la capacità di bastare a se stesso in un ambiente naturale; ed ancora i grandi giochi all’aperto e lo studio della natura. Il tratto di genio è l’applica-

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zione educativa di tutto ciò, basata sullo spirito di avventura e di scoperta innato nell’uomo. Allo sfondo fantastico si collega l’uniforme scout, originariamente concepita dal fondatore sul modello da lui stesso disegnato ed usato in Africa. Nel corso degli anni l’uniforme è stata variata in molti paesi, nella foggia e nel colore: il principio, tuttavia, conserva il suo valore educativo, come elemento di appartenenza ad una comunità e di attenuazione delle differenze sociali e come mezzo pratico per stimolare, tramite l’uso di distintivi, il progresso personale di ciascun ragazzo. Per l’età da 8 a 11-12 anni (branca lupetti), pur utilizzando in misura ad essa appropriata le attività a contatto con la natura, il metodo di Baden-Powell si è orientato verso uno sfondo fantastico: la giungla di R. Kipling10 con i suoi animali dall’animo umano, primo fra tutti Akela, il capo del “branco”. Essi - veri e propri tipi morali - offrono la duplice possibilità di inserire gli adulti (che ne interpretano i ruoli) nel gioco del bambino che vive la storia di Mowgli, il ragazzo indiano allevato dai lupi, e di presentare con linguaggio originale ed in forma indiretta un’educazione morale. È la giungla, con le sue attività e la sua atmosfera, che fa sì che il lupettismo non sia una edizione in formato ridotto del metodo degli esploratori, ma una parte del metodo scout a sé stante ed originale, anche se coordinata con le altre due parti. La terza branca venne definita da Baden-Powell “una fraternità dell’aria aperta e del servizio”. Nella descrizione di Baden-Powell il rover è l’uomo del bosco, in grado di bastare a se stesso, che pone le sue doti al servizio della famiglia e della società. Il roverismo resta, del metodo del fondatore, la parte più problematica e soggetta ad evoluzione nei vari paesi. Per questo, nel corrispondente manuale Rovering to Success [La Strada verso il successo] il lettore coglie non tanto una descrizione dei mezzi pedagogici della terza branca (che resta piuttosto vaga), quanto lo spirito che Baden-Powell ha voluto darle. Quanto al guidismo, esso ebbe all’inizio con Agnes Baden-Powell una prima

Il lupetto guarda allo scout e lo scout guarda all’uomo della frontiera disegno di B.-P.

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organizzazione, ma anche un’impostazione molto ispirata alla mentalità vittoriana. Fu solo quando, nel 1918, la sua giovane moglie Olave ne assunse la responsabilità che Baden-Powell cercò di tracciarne i lineamenti metodologici nel libro Girl Guiding. Egli tuttavia, che così bene sapeva interpretare le esigenze dei ragazzi, non era altrettanto profondo intenditore delle aspirazioni femminili. E Lady Baden-Powell a sua volta seppe essere più una organizzatrice entusiasta e infaticabile che una educatrice profonda e originale. Così il guidismo stentò in molti paesi (segnatamente in Inghilterra) ad assumere una fisionomia propria e - per dirla con un biografo di Baden-Powell - rimase a lungo “una trasposizione di un metodo per ragazzi, non solo, ma di un metodo ispirato alla vita dell’uomo”11. Negli ultimi decenni, l’affermarsi del principio della coeducazione ha largamente modificato l’originario maschilismo dello scautismo.

B.-P. e Olave

Questa sommaria rassegna metodologica non sarebbe completa se non accennassimo al problema che tanta importanza ha nella storia del movimento, in particolare in Italia: il ruolo della religione nella formazione scout. Pur essendo, come molti anglicani, un praticante solo occasionale, Baden-Powell era, personalmente, spirito profondamente religioso: ma di una religiosità semplice, del tutto aliena da problemi teologici, lontana da struggimenti mistici come da pietismi. Ad immagine del suo fondatore, il metodo originario imposta il problema con semplicità: lo scout promette fedeltà a Dio (oltreché al Re o alla patria). “Nessun uomo può essere veramente buono, se non crede in Dio e non ubbidisce alle Sue leggi. Per questo tutti gli scout debbono avere una religione”12. Nessun posto dunque, nello scautismo di Baden-Powell, per i non credenti. E la religione - incalza Baden-Powell non è questione di teologia o di catechismo, o di istruzione, ma di personalità, di convinzione interiore. Non è un abito esteriore da indossare la domenica: al contrario, va vissuta ogni giorno. Sostanzialmente, essa è anzitutto sapere chi

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è Dio; in secondo luogo, far qualcosa per gli altri. Al giovane, Baden-Powell raccomanda la lettura della Bibbia e lo studio della natura, al fine di rafforzare la sua fede e renderla parte della propria vita quotidiana13. Con questo egli si avvicina a un concetto assai moderno della religione: il sacro, nello scautismo, non è un’interruzione del ritmo normale dell’esistenza, ma invece la dimensione normale all’interno della quale essa deve essere pensata. A chi gli chiese un giorno come la religione entrasse nello scautismo, la sua risposta fu: “La religione non ha da ‘entrarci’, perché è già dentro. Essa è il fattore fondamentale che pervade lo scautismo e il guidismo”14. E quando lo scautismo si adopera per far maturare l’uomo e farne sbocciare la personalità nel rispetto della sua identità originaria, esso fa già opera religiosa, senza che sia necessario in ogni occasione nominare il nome di Dio. Fortemente orientato verso un ideale soprannaturale, lo scautismo di Baden-Powell resta aperto, sul piano pratico, a tutte le confessioni religiose. E fin dal 1909 il fondatore insistette affinché l’associazione inglese si desse uno statuto quanto mai liberale in materia, lasciando praticamente arbitre le singole unità della misura e del genere di formazione religiosa da impartire ai ragazzi, stabilendo norme particolari per le unità a composizione pluriconfessionale e consentendo il controllo e il coordinamento della formazione religiosa dei ragazzi ad opera delle autorità religiose rispettive. Nell’insieme, la grandezza di Baden-Powell è stata, pur aderendo strettamente alla realtà sociale del suo tempo, di saper guardare alla vera essenza dell’uomo, rispondendo, col suo metodo educativo, alle esigenze più profonde e vitali della persona. Per questo la Legge e Promessa scout, coi loro principi semplici e immediati, hanno avuto una presa così eccezionale nello spazio e nel tempo.

Tutti gli aspetti finora esaminati, se ci hanno descritto un movimento giovanile unico nella sua genesi e un metodo educativo unico nel suo genere, non bastano però a darci la spiegazione della vasta e rapida affermazione dello scautismo sia in Inghilterra che in quasi

La piccola ghianda seminata a Brownsea si è sviluppata in un grande movimento che ha esteso i suoi rami nel mondo intero disegno di B.-P.

I motivi di un successo

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In alta uniforme per un ricevimento a St. James Palace, 1937

tutti i paesi del mondo. Come mai esso non rimase confinato allo stadio di esperimento pedagogico o tutt’al più - secondo la primitiva idea di Baden-Powell - a quello di un sussidio tecnico-pratico per istituzioni giovanili già esistenti in Inghilterra? Qual è, in altre parole, il segreto del successo dello scautismo all’inizio del Novecento? C’è chi ha risposto a questa domanda additando la persona stessa del fondatore15. E non vi è dubbio che Baden-Powell fu un leader eccezionale: infaticabile nell’attività; energico quando occorreva, ma al tempo stesso dotato di umanità, di buon senso, di umorismo; circondato dal prestigio di eroe nazionale, ma non compromesso da prese di posizione nazionalistiche o da affiliazioni politiche; profondamente affezionato ai giovani e profondo conoscitore del loro animo; non accentratore, anzi capace di animare i suoi collaboratori (si pensi, per far solo i due nomi che più influenzarono lo sviluppo internazionale dello scautismo, a Hubert S. Martin, primo commissario internazionale inglese, e a John S. Wilson, capo campo di Gilwell Park e, nel dopoguerra, direttore dell’Ufficio internazionale dello scautismo). Tuttavia occorre, a nostro avviso, cercare più oltre. La storia della pedagogia è costellata da personalità di eccezione, che pur tuttavia hanno lasciato una impronta assai meno profonda di quella lasciata da Baden-Powell. Né è sufficiente spiegazione l’appoggio che autorità civili, militari, educative o religiose diedero ben presto al movimento scout: giacché tale appoggio (che del resto, come vedremo per l’Italia, fu lungi dall’essere unanime ed immediato) venne concesso in seguito all’interesse che il successo del movimento scout aveva destato. Uomini politici, generali, istitutori, educatori, sacerdoti, ciascuno dal proprio punto di vista, ritennero - non sempre a ragione - di aver trovato nello scautismo la soluzione a problemi che variamente li affaticavano, e che andavano dalla sottrazione della gioventù ad opposte influenze politiche o ideologiche, alla necessità di aprirla all’influenza della natura e della vita all’aperto, alla sua preparazione ad una guerra presentita non lontana. L’appoggio delle autorità e delle classi dirigenti valse dunque certo ad amplificare il successo dello scautismo, che si trovò a rispondere a quella che definiremmo oggi la “congiuntura”: ma non ne fu la causa. Siamo così ricondotti verso quello che a nostro avviso rappresenta il vero motivo del successo: la sua profonda rispondenza ai gusti ed alle esigenze dei ragazzi. La famiglia dei primi anni del secolo (ci

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riferiamo soprattutto all’alta e media borghesia cittadina tra cui venne reclutata la maggioranza dei primi scout, ma il ragionamento è in parte valido anche per altre classi sociali) era in genere un’istituzione quanto mai chiusa, con un capo pressoché assoluto, con norme e limitazioni precise, con finalità ed orari imposti dall’alto. Per i ragazzi, pochi o punti gli sport, gli svaghi, i viaggi. Ogni loro scelta, fosse anche la più innocente attività od amicizia, era fortemente condizionata dalle esigenze degli adulti. Un sistema, dunque, repressivo (nel senso psico-pedagogico del termine), che non mutava – anzi era confermato – per il tempo che il ragazzo trascorreva a scuola, e che proseguiva fino all’inserimento del giovane, dopo altre esperienze repressive quali l’università o il servizio militare, in una società altamente gerarchizzata. La pedagogia di questo sistema parlava ai ragazzi un linguaggio arido, moralistico, puritano, modellato su quello degli adulti. I più pensosi elementi di questa società si rendevano conto, beninteso, delle tensioni fortissime che in tal modo si creavano all’interno delle famiglie e che davano luogo tra l’altro, ad una diffusa delinquenza giovanile (di cui non mancano le deprecazioni nei giornali del tempo), esprimentesi spesso, per reazione, in forme gratuitamente anarchiche e contestatarie. Mai forse come nei primi anni del secolo il “problema educativo” è così dibattuto. Ma nessuno intravedeva una soluzione soddisfacente, applicabile su larga scala. Su un tale sfondo, ecco lo scautismo. Vale a dire il primo ambiente creato per i giovani in funzione dei loro desideri e del loro linguaggio; il primo che permettesse ed anzi promuovesse la loro gioia di vivere, la loro ansia di avventure, il loro senso di responsabilità, la loro abnegazione e generosità; il primo che, insomma, anziché reprimerne la personalità, le consentisse di esprimersi. In questo senso, inconsciamente, masse di ragazzi in tutti i paesi d’Europa e del mondo occidentale accolsero lo scautismo come un liberatore. Ben presto, in molti luoghi esso si urterà alla mancanza di capi o di mezzi finanziari o di organizzazione: mai, in presenza del metodo autentico, gli verranno meno i ragazzi.

Membri della famiglia scout: il lupetto, lo scout, il rover disegno di B.-P.

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NOTE AL CAPITOLO 1 1

Sull’episodio di Mafeking, B. Gardner, Mafeking, A Victorian Legend, London,

Cassel, 1966, recensito in M. Sica, Mafeking tra leggenda e realtà, in “Estote Parati”, 113, 1966. 2

Taccuino, n.202, Fiordaliso, Roma 2014 (da “The Scouter”, aprile 1940).

3

“Carattere” è il termine tradizionalmente utilizzato; tuttavia la parola character ha per

Baden-Powell un significato più ampio, che andrebbe meglio tradotto con “personalità”. 4

Il libro dei Capi, Fiordaliso, Roma, p. 21.

5

Il libro dei Capi, cit., p. 33.

6

“Pattuglia” nella terminologia CNGEI-UNGEI, più vicina all’originale inglese

patrol; “squadriglia” nell’ASCI-AGI e ora nell’AGESCI e nella FSE 7 8 9

Il libro dei Capi, cit., p. 69. L’osservazione è di Severi [35], p. 127. Basti pensare, nella stessa Inghilterra, alla scuola di Abbotsholme di C. Reddie

(1889) e a quella di Bedales di J.H. Badley (1892); in Spagna alle scuole dell’Ave Maria di A. Manjòn (circa 1890); in America alla scuola di Dewey (1896), proseguita dal Kilpatrick col “metodo dei progetti” (1918); in Germania alle scuole di campagna del Lietz (1898-1904); in Francia all’Ecole des Roches (1899) di E. Demolins e G. Bertier (quest’ultimo divenuto in seguito uno dei promotori dello scautismo francese); agli studi dello svizzero Ferrière, animatore del Bureau International des Ecoles Nouvelles (1899); in Belgio all’Ecole de l’Ermitage di O. Decroly (1907); e in Italia - particolarmente vicini a certe ispirazioni di BadenPowell - all’asilo di Mompiano delle sorelle Agazzi (1895) e alla “Casa dei Bambini” della Montessori (1907). 10

Cioè delle storie di Mowgli del Primo e del Secondo Libro della Giungla.

11

R. Bastin, Baden-Powell, citoyen du monde, tr. it. (di F. Catani) Lord Baden-Powell

of Gilwell, cittadino del mondo, Roma, Centro Librario Italiano, 1955, p. 163. 12

Scautismo per Ragazzi, Fiordaliso, Roma, p. 305.

13

Le principali pagine di Baden-Powell sulla religione sono ora raccolte in Bevete

la bell’aria di Dio, Quaderno del Centro Documentazione AGESCI, a cura di P. Dal Toso e Maria Cristina Bertini, Roma, 2001. 14

Discorso ad una conferenza di commissari scout/guide, 2 luglio 1926, in L’educazione

non finisce mai, Fiordaliso, Roma 2015, p. 42. 15

Così H. Van Effenterre, Histoire du Scoutisme, Presses Universitaires de France,

Paris, 1961, p. 49 ss.

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Capitolo 2

Primi esperimenti di scautismo in Italia

Un giorno di primavera del 1910, un giovane maestro elementare di Coreglia Antelminelli (LU), Remo Molinari, teneva in Bagni di Lucca una lezione di ginnastica all’aperto, quando fu avvicinato da un signore sulla cinquantina a lui sconosciuto, dall’aria e dall’accento stranieri. Il signore – che si presentò come Sir Francis Vane – prese interesse alla lezione, e invitò il maestro Molinari a fargli visita. Recatosi all’appuntamento con una certa emozione, il Molinari venne ricevuto da Sir Francis che, dopo avergli parlato a lungo dello scautismo, dei suoi scopi e del suo metodo, del grande successo e degli ottimi risultati avuti sui ragazzi inglesi, gli propose di iniziare una “squadra” scout a Bagni di Lucca. Molinari accettò con entusiasmo, e nacque così, non in una grande città, ma in un piccolo centro termale e di villeggiatura della Garfagnana1, il primo esperimento di scautismo italiano.

Sir Francis Vane e il maestro Molinari

26 giugno 1910 Bagni di Lucca, i primi scouts italiani (REI); al centro Sir Francis Vane e il M.o Remo Molinari Archivio CSSCC

PRIMI ESPERIMENTI DI SCAUTISMO IN ITALIA – 33


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Bagni di Lucca, 12 luglio 1910, il primo esploratore italiano

L’iniziativa del Vane venne in seguito definita, da un altro dei promotori dello scautismo in Italia, “effimera e poco seria”2. A distanza di tempo, tale severo giudizio va decisamente corretto. Un esame della figura di Sir Francis Patrick Fletcher Vane, baronetto di Hutton, ci rivela una personalità non comune. Nato nel 1861 a Dublino da padre inglese e madre irlandese, la sua vita ebbe nella prima parte qualche tratto di somiglianza con quella di BadenPowell: anch’egli fu educato alla scuola di Charterhouse, fece la carriera di ufficiale dell’esercito, e combatté (con molta minor gloria dell’eroe di Mafeking e con qualche problema di coscienza) nella guerra anglo-boera (1899-1902). Successivamente si trasferì in Italia, dove trascorse fino al termine della sua vita lunghi periodi alternati a soggiorni in Inghilterra. Durante uno di questi ultimi Sir Francis, che aveva seguito da vicino la fondazione e i progressi del movimento scout, venne nominato da Baden-Powell primo commissario per la città di Londra. Era il luglio del 1909, e Baden-Powell, come abbiamo visto, stava procedendo all’organizzazione dell’associazione inglese servendosi dei suoi amici e conoscenti, in gran parte ufficiali dell’esercito reduci dalla guerra anglo-boera; e il Vane era tra questi. Pochi mesi prima, Vane aveva consigliato a Baden-Powell di “trovare un terreno comune tra gli imperialisti moderati e i non conformisti che non amano il militarismo”3. Molti dei membri della direzione centrale del movimento appartenevano alla prima tendenza: per controbilanciarli, Baden-Powell scelse il Vane, che apparteneva alla seconda. La scelta si risolse in un mezzo disastro. La tensione tra le due tendenze, male arbitrata da Baden-Powell (ancora troppo impegnato nell’esercito), sfociò in un aperto conflitto nell’ottobre 1909. Il segretario generale dell’associazione, Kyle, appoggiato dal commissario capo Sir Edmond Elles e dal vice di questi de Burgh, destituì Sir Francis, e questi convocò un’assemblea di capi londinesi, che gli diede ragione. Non sentendosi di sconfessare i suoi collaboratori a livello centrale Baden-Powell, rinnegando un appoggio iniziale al Vane, ne confermò la destituzione, pur tra espressioni di stima. Così facendo egli si schierò contro una persona che, malgrado atteggiamenti talora eccentrici o ingenui, era la figura tipica del “cavaliere errante”, insofferente delle menzogne e delle ingiustizie4, certo assai più vicina alla sua ispirazione che non i suoi sbiaditi collaboratori della sede centrale5.

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Innamorato dell’Italia e in particolare della Toscana (su cui scrisse corrispondenze giornalistiche)6 e di Venezia, Sir Francis, che nonostante la sua rottura con Baden-Powell continuava a credere sinceramente nello scautismo e a ritenersene un fedele interprete7, concepì allora l’idea di diffondere il movimento nel paese che egli considerava la sua seconda patria. Presa dunque la decisione, Sir Francis e il maestro Molinari si misero al lavoro: vennero reclutati i ragazzi, deciso il nome da dare al movimento in Italia (che inizialmente fu “Boy Scouts della Pace”) e fissato il testo italiano della Legge e Promessa scout, combinate in un unico “giuramento”8. Interessante, in questo testo, il principio dell’obbedienza cosciente (“l’esploratore esegue gli ordini ricevuti con intelligenza, cioè egli riflette al significato dell’ordine ricevuto e cerca di eseguirlo; egli è un soldato del mondo e riflette prima di ubbidire”), tipico del Vane. Lo stesso Sir Francis ordinò a Londra un’uniforme scout come modello9, e altra stoffa per le restanti uniformi. I bastoni scout (allora complemento indispensabile della tenuta di uno scout) furono ricavati da manici di vanghe. Seguì il 26 giugno 1910 la consegna della bandiera al reparto. E finalmente, il 12 luglio, nel parco del “Lawn Tennis Club”, ebbe luogo l’inaugurazione ufficiale alla presenza del prefetto di Lucca e di varie altre autorità. Dopo il “giuramento” dei circa quaranta ragazzi parlò (in inglese) Sir Francis, che vestiva l’uniforme di colonnello delle Guardie e che consegnò a ciascun esploratore il distintivo dei “Boy Scouts della Pace”: un giglio scout di foggia inglese bianco in campo azzurro. Sir Francis mise in risalto tra l’altro che dal vero patriottismo non può essere disgiunto l’amore di ogni creatura, e citò a tal proposito l’esempio di Garibaldi (“son certo che se fosse ancor vivo sarebbe oggi il capo degli esploratori italiani”). Alla fine, il reparto sfilò per le vie del paese10.

Il M° Remo Molinari Centro Studi ed Esperien ze Scout Baden-Powell

Cerimonia di inaugurazione dei Boy Scout della Pace, Bagni di Lucca, 12 luglio 1910 Archivio CSSCC

PRIMI ESPERIMENTI DI SCAUTISMO IN ITALIA – 35


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