Trimestrale di cultura e tecniche del benessere Organo ufficiale FIRP - Anno XXVIII - Numero 3 - Dicembre 2014 - Sped. in abb. post. Filiale BG - Pubb. 70%
REFLESSOLOGIA OGGI
Riflessi di Benessere
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Il freddo su di noi
Buon Natale
Il freddo nella mente
Il piede freddo
Le piante del freddo
Sedere ai piedi di un paziente, è un atto di umiltå e di amore.
Elipio Zamboni
RO REFLESSOLOGIA OGGI
IL FREDDO SU DI NOI Anno XXVIII - N.3 - Dicembre 2014
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Editoriale
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Saluto del Presidente
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La salute e il freddo
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Il freddo nella mente
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Il piede freddo
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Fredde amicizie
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Quando il freddo avanza
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Inizio scuola di Torino
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Inizio scuola di Milano
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Inizio scuola di Pordenone
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Le piante del freddo
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Consigli kinesiologici
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Bioenergetica
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Olodanza
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Anche al freddo
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Salone benessere a Treviglio
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La FIRP informa
Direttore Responsabile Stefano Suardi Progetto grafico & Stampa MEDUSA Caravaggio (Bg) Viale Europa Unita, 61 Tel. 0363 53919 Direzione,Redazione, Segreteria e Pubblicità: RO - Via A. Manzoni,29 24053 Brignano Gera d’Adda (BG) C/C post.36643203 Tel.334.3112856 e-mail:info@firp.it Tutti i diritti sono riservati. Testi e immagini inviati al giornale non verranno restituiti. Gli articoli firmati impegnano esclusivamente l’opinione dei singoli autori. Abbonamento annuale €10,00,arretrati €5,00. Versamento su vaglia postale o C.C.P. n.36643203 intestato a FIRP, Via Manzoni,29 24053 Brignano Gera D’Adda (BG). Registrazione Tribunale di Bergamo n.14/05 variata il 4 maggio 2010 Spedizione in abbonamento postale Filiale Bergamo Pubblicità 70%
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editoriale
Il freddo è un qualcosa che ci appartiene, che ci accompagna per tutta la vita, che si succede con le stagioni. Anche quando il freddo avanza, noi siamo perfettamente coscienti di cosa ci circonda: dalle malattie al clima, passando per l’abbigliamento e la cura. Anche in questo numero della rivista non abbiamo tralasciato nulla. Anzi, abbiamo aggiunto un paio di articoli riferiti a due discipline bionaturali, nostre sorelline nel perseguimento del benessere. Due nuovi spunti che offriamo a voi lettori, affinché anche voi come noi vi possiate interessare a novità nel mondo sempre più vasto che rappresentiamo. Su questo numero sono presenti ancora l’erborista e il kinesiologo, ormai amici di lunga data, oltreché apprezzati professionisti. Anche da queste due discipline apprendiamo notizie interessanti, ad esempio sull’utilizzo di erbe che crescono in zone climaticamente fredde; apprendiamo inoltre che in kinesiologia il freddo è abbinato al rene. Tutto quanto sopra rientra nella visione olistica che ci caratterizza. Certo, il freddo c’è anche dentro di noi, e forse è il più difficile da sconfiggere. Lasciamo avanzare il freddo, perché conoscendone la valenza ne circoscriviamo l’azione. Così è se vi pare, ma il freddo conserva. Buona lettura e Buon Natale.
Stefano Suardi Presidente Firp
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saluto del Presidente
E se quest’anno poi passasse in un istante, così cantava l’indimenticabile Lucio Dalla. E in effetti anche quest’anno è volato via, davvero in un istante, lasciando come sempre le sue tracce, le sue impronte, i suoi ricordi belli e brutti. E noi siamo ancora qui, testimoni del tempo olistico, fautori di un benessere e di un riequilibrio che condividiamo con le altre discipline bionaturali, sostenitori di una cultura che parte dal piede. Oggettivamente non siamo in tantissimi, ma anche quest’anno, a maggio, qualche altro reflessologo ha terminato la scuola triennale, ed è diventato reflessologo a tutti gli effetti. Ciò è motivo di orgoglio, perché significa avere seminato bene, aver voglia di continuare un discorso iniziato trent’anni fa in modo molto più semplice rispetto ad oggi, ma forse meno approfondito. Si sa che con il passare degli anni anche le cose cambiano, sia al freddo che al caldo; si sa anche che le difficoltà si possono ripresentare o acuire. A me, ad esempio, è toccato ritornare a fare il Presidente, dopo un anno di difficoltà personali, che ho superato anche grazie agli amici reflessologi. Non avevo troncato i rapporti con la FIRP, ma le difficoltà che ho dovuto affrontare non mi erano così conosciute. Ma anche qui, grazie agli amici del Consiglio, stiamo tornando ad essere quelli che affrontano il problema e cercano di risolverlo in fretta per il bene di tutti. E di questo ringrazio anche chi mi ha preceduto nella più alta carica della nostra federazione. La FIRP, seppure con qualche polemica di troppo, ha preso atto e guarda avanti, non solo perché così deve essere, ma soprattutto perché ci crede, perché crede nella tecnica manuale e nei suoi fondamenti teorici applicati alla persona. L’anno va a finire, e si porta con sé le cose belle e le cose brutte. L’importante è che l’anno prossimo, come sempre, sia migliore. E’ una speranza che voglio condividere ancora una volta con Voi. A cominciare dal Natale.
Stefano Suardi Presidente Firp
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La salute e il freddo
Anche se non ci sono più le mezze stagioni di antica memoria, pare che non esistano più le stagioni tout court, poiché stiamo ormai assistendo da tempo a estati polari e a inverni tropicali. Il calo delle temperature, soprattutto se brusco e repentino, rappresenta costantemente un potenziale nemico dell’organismo umano. Studi epidemiologici hanno ampiamente documentato gli effetti lesivi delle basse temperature sulla salute, evidenziando incrementi della mortalità e dei ricoveri ospedalieri soprattutto nelle fasce dei soggetti “deboli”, ossia quelle persone già affette da patologie croniche di tipo cardiovascolare e respiratorio; tra i sottogruppi di popolazione a maggior rischio, gli anziani rappresentano una delle fasce più esposte, a causa della ridotta efficienza del sistema di termoregolazione, che è la capacità dell’organismo di mantenere costante la temperatura corporea indipendentemente dalle condizioni climatiche esterne; questa ridotta efficienza è correlata alla possibile presenza di patologie croniche, quali il diabete, e alla scarsa autonomia che ne limita il movimento. Altri sottogruppi a rischio sono i bambini, perché hanno un sistema di termoregolazione ancora immaturo, e scarsa autonomia, e le persone che vivono in condizioni socio-economiche disagiate, quali ad esempio persone senza fissa dimora o soggetti che abitano in case poco riscaldate.
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E’ quindi indispensabile, quale intervento di prevenzione efficace, identificare le persone maggiormente a rischio ed attuare interventi mirati, attuando campagne vaccinali e interventi sulle politiche abitative. Non dimentichiamo, poi, che esistono categorie di lavoratori particolarmente esposti al rischio delle basse temperature: macellai, lavoratori edili, lavoratori del settore agricolo e dell’industria conserviera e dei surgelati, banconisti; in questi casi andranno prese ulteriori misure di prevenzione per evitare l’insorgenza di vere e proprie malattie professionali; gli interventi sono piuttosto semplici, perché è sufficiente fornire ai lavoratori adeguate protezioni e ridurre i tempi di esposizione al freddo mediante apposita turnazione. Ma come può il freddo, se pure intenso, alterare così drasticamente i meccanismi di omeostasi dell’organismo? Per quanto riguarda le malattie cerebrovascolari, soprattutto l’ictus cerebrale, un possibile meccanismo è associato alla vasocostrizione che provoca una serie di cambiamenti a livello ematico, tra cui un aumento della pressione arteriosa, della viscosità del sangue e della gittata cardiaca con conseguente aumento del rischio di trombosi e di ischemia. Per quanto riguarda, invece, le malattie dell’apparato respiratorio è stato suggerito che il freddo possa diminuire le difese immunitarie specifiche e danneggiare direttamente
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l’epitelio ciliato delle vie respiratorie superiori; inoltre, durante l’inverno, parte dell’incremento delle patologie respiratorie può essere attribuibile alla maggiore permanenza in luoghi chiusi con scarso ricambio d’aria che favorisce la diffusione dei germi patogeni. Esistono poi vere e proprie orticarie che si manifestano nella stagione fredda, colpendo anche vaste zone di cute esposta. Detto questo, ecco alcuni semplici accortezze che ci possono proteggere da questi noiosi, ma in alcuni casi addirittura pericolosi, malanni: proteggersi dagli sbalzi di temperatura; verificare che gli ambienti siano adeguatamente isolati con porte e finestre adeguatamente montate; utilizzare fonti di calore sicure e controllate periodicamente. Oltre a ciò, monitorare con maggiore attenzione quelle categorie che, come abbiamo sopra detto, vengono considerate più a rischio. I rimedi naturali contro le malattie da raffreddamento, dal banale raffreddore alla più impegnativa sindrome influenzale, sono economici, facilmente reperibili, efficaci e alla portata di tutti; via libera, quindi, agli alimenti ricchi di vitamina C e di antiossidanti, e cioè agli agrumi, a verdure a foglia verde, a frutti di bosco, alle noci che fanno bene anche al cuore, magari in aggiunta al miele, che da sempre è considerato un ottimo decongestionante e fluidificante; anche la propoli, altro prezioso prodotto delle api, ha proprietà antibatteriche ed è particolarmente indicata nella cura delle faringolaringiti croniche. Se poi intendiamo attuare un corretto intervento preventivo, si può ricorrere all’echinacea pianta erbacea originaria del Nord Ameri-
ca, la cui azione immunostimolante è in grado di potenziare i processi di fagocitosi e la produzione di interferone. Il tè verde ha documentato in lavori recenti una spiccata azione antivirale e una specificità di azione nei confronti di numerosi virus responsabili delle comuni malattie da raffreddamento, dal raffreddore all’influenza. E’ comunque importante ricordare che anche i farmaci cosiddetti tradizionali, ad esempio il paracetamolo per l’iperpiressia o le dolenzie diffuse, sono efficaci come sintomatici. Attenzione però: gli antibiotici sono completamente inefficaci nella terapia delle forme virali e vanno utilizzati solo in casi selezionati; di fronte ad un disturbo che dura in modo anomalo rispetto alla sua durata media o che si manifesta in modalità molto aggressiva è necessario consultare il proprio medico curante affinché provveda ad una valutazione clinica e terapeutica. Buon inverno a tutti!
Carlo Jamoletti Medico
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Il freddo nella mente Quando pensiamo alla mente, intendiamo riferirci al pensiero, a quella facoltà che gli esseri umani hanno, o dovrebbero avere, in grado assai superiore a quella degli animali. E’ il pensiero che regola le nostre azioni e il nostro comportamento. Ma quando il freddo si insinua nella mente, come quando si insinua nel corpo, se è troppo intenso sembra che tutto venga bloccato. Eppure a volte un po’ di freddo non necessariamente è negativo; basta pensare a espressioni come: ripensaci a mente fredda, agisci a mente fredda, solo a mente fredda si comprendono certe situazioni, certe decisioni vanno prese solo a mente fredda. Sembrerebbe che “mente fredda” sia sinonimo di “mente che funziona bene”. Ma è proprio così? Con queste espressioni ci si riferisce all’atteggiamento di una mente che razionalizza molto, che non si lascia coinvolgere e sconvolgere dalle emozioni, che non le lascia trasparire fino a far pensare che non ne abbia proprio, che ha sempre chiara, o pensa di avere sempre chiara, la situazione. Sembrerebbe definire le caratteristiche di una persona matura che sa cosa vuole e sceglie sempre la cosa giusta. In realtà il più delle volte non è esattamente così. Tralasciamo qui le patologie gravi nelle quali il freddo nella mente copre spesso il vulcano delle emozioni sottostanti; infatti, negli stati psicotici catatonici anche il corpo si blocca totalmente per paura di esplodere. Nella vita normale ci sono diversi gradi e diversi
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modi di essere freddi. A un estremo una mente fredda è spesso anche indifferente, priva di entusiasmo, che accoglie tutto e tutti con freddezza, non stabilisce rapporti affettivi profondi. Si dice anche “un carattere freddo”, cioè una persona che tiene tutto dentro di sé, anche se può essere interiormente molto ricco; ma gli altri vedono in quella persona un essere “freddo” perché non si lascia conoscere, non si esprime e non esprime calore ed empatia nelle relazioni, rimane sempre un po’ distante; appunto un po’ “freddo”. Sono persone che spesso fuggono dal mondo delle relazioni reali per paura del dolore che queste potrebbero procurare. Le emozioni, i sentimenti forti, sono vissuti come un pericolo per la propria sicurezza. La freddezza diventa allora un rifugio della mente, una difesa contro il dolore. In altre parole, la persona cerca di evitare tutto ciò che provoca ansia, nel timore che sia troppo forte e al di sopra delle sue capacità di controllo; e le emozioni, anche piacevoli, provocano spesso ansia. Ha sempre paura che le emozioni troppo forti possano sfuggire al suo controllo con risultati imprevedibili, e ciò lo angoscia. Cerca perciò di evitare un contatto troppo profondo e coinvolgente con le persone e con la realtà. Naturalmente una certa freddezza di carattere, unita alla capacità di modularla secondo le varie situazioni e che deve essere episodica, cioè solo quando serve, è utile a tutti; questo è l’aspetto positivo di cui si diceva all’inizio, che favorisce il giudizio corretto e l’azione. Le più recenti ricerche di psicofisiologia ci dicono però che le emozioni non perturbano la serenità della ragione, ma stanno invece alla base del buon funzionamento della mente. Se l’uomo perde la capacità emozionale non è in più grado di essere ragionevole, e quindi la ragione non può funzionare correttamente senza le emozioni. Certo un chirurgo in sala operatoria deve essere freddo, deve mettere da parte le emozioni,
RO ma non eliminarle; deve avere sempre la consapevolezza che lì c’è una persona che dopo l’intervento dovrà riprendere la sua vita il più normalmente possibile. Così un capo dei vigili del fuoco durante un’emergenza deve saper valutare con freddezza il da farsi. Fuori poi dalla sala o dall’emergenza, il chirurgo e il capo dei vigili del fuoco possono essere persone estremamente socievoli e affettuose, lasciarsi andare ai sentimenti e alle emozioni, amare in modo appassionato. Ma soprattutto nella vita di tutti i giorni sapersi fermare, porre e utilizzare uno spazio di pensiero prima di prendere una decisione o dare una risposta è importante; risposte e decisioni prese troppo d’impulso, senza una seppur minima sosta di riflessione, possono farci sbagliare in modo anche grave; così come non riuscire a controllare un moto di rabbia può farci compiere azioni delle quali poi potremmo pentirci. Il problema non è avere una mente fredda oppure no, ma di avere una mente che sappia modulare pensieri e reazioni secondo le situazioni e i contesti. In altri termini, il freddo nella mente è una difesa che può servire in certi momenti, ad esempio anche di fronte a un grave lutto, ma che se diventa uno stile di vita che elimina le emozioni può solo essere estremamente dannoso. Tra le possibili cause che favoriscono un certo freddo nella mente c’è la difficoltà a distinguere le percezioni buone da quelle pericolose, e ciò impedisce la formazione di un solido senso di sicurezza dentro di sé; questo è un sentimento necessario perché si viva un certo benessere, e perché le relazioni non mettano sempre in pericolo questa sicurezza costringendo la persona a difendersi con la chiusura. Ad esempio, un rapporto interpersonale troppo stretto e intimo, magari con il proprio partner, può fare paura alla persona insicura, che quindi si mantiene sempre un po’ fredda senza lasciarsi mai andare completamente. Ciò vale anche per le amicizie e per la vita sessuale. Ci può anche essere la mancanza, per cause diverse legate all’ambiente, dell’esperienza infantile e adolescenziale di relazioni sufficientemente buone e calde. Se non si è sperimentato un rapporto piacevole e affettuoso nei primi anni, è difficile poi viverlo con gli altri da grandi.
La tendenza è di dare la colpa di ciò ai genitori. L’ambiente non è costituito solo dai genitori, ma anche da tutto l’ambiente sociale e culturale dentro cui cresce il bambino. Perciò non necessariamente deve essere colpa dei genitori. Preferendo parlare di cause piuttosto che di colpe, penso a un’ospedalizzazione prolungata e dolorosa nei primi anni, o a patologie fisiche che possono aver disturbato un rapporto sereno. Il bambino è costretto a difendersi dalle sensazioni spiacevoli che può provare chiudendosi in sé stesso, si potrebbe dire raffreddandosi. Ma c’è di più. Sentirsi in colpa da parte dei genitori non sempre aiuta, anzi, può creare la situazione opposta di negazione del problema come difesa. In certi casi, più che di mancanza di amore da parte dei genitori, sarebbe più giusto parlare di un modo sbagliato di amare e questa non può essere una colpa. Un genitore pensa sempre di fare il meglio per suo figlio. Semmai il problema è che manca il sostegno per aiutare i genitori nel loro difficile compito. In conclusione, sempre in modi estremamente variabili su una dimensione continua da un estremo all’altro, una mente fredda può essere una importante risorsa o definire una persona che non può o non sa vivere le emozioni e i sentimenti della vita normale.
Gianpaolo Bonetti Psicologo - psicoterapeuta a indirizzo psicoanalitico
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Il piede freddo Si chiama polineuropatia e colpisce i nervi periferici in modo simmetrico e simultaneo. Le cause non sono univoche, ma sono abbastanza varie: carenze vitaminiche, infezioni, l’assunzione di sostanze tossiche, compresi i farmaci, ma per i medici l’origine del disturbo è per lo più sconosciuta. E cioè non siamo in presenza di una frattura, o di una epicondilite, le cui cause sono precise e conosciute da tempo, siamo invece in presenza di una malattia che potrebbe avere più cause, che non ha un punto preciso in cui andiamo a evidenziarla, ma che dà origine sicuramente a problemi purtroppo anche duraturi e stabili nel tempo. I medici dicono che l’osservazione al microscopio evidenzia una degenerazione della fibra nervosa colpita da questa malattia, per una lesione primitiva della guaina mielinica o dell’assone, e cioè delle due componenti fondamentali di un nervo. I sintomi sono ben definiti: in genere, inizialmente insorgono parestesie e dolori localizzati nelle mani e nei piedi, successivamente la malattia può evolvere fino causare deficit motorio e addirittura atrofie muscolari. E quindi il problema è molto serio, perché negli anni potenzialmente evolve in senso negativo. Nei casi più gravi la paralisi può arrivare perfino a coinvolgere anche i muscoli dell’apparato respiratorio e quelli che dipendono dai nervi cranici, con le conseguenze che possiamo facilmente immaginare. Le terapie mediche adottate variano a seconda delle cause e della tipologia di neuropatia da trattare. Per la polineuropatia dovuta a infezione batterica, ad esempio, la terapia è esclusivamente antibiotica, in quanto i batteri sono sensibili e più o meno facilmente sconfitti nella loro azione da questi farmaci; quando la causa è invece stabilita in agenti tossici, quali gli antiparassitari, o nell’assunzione di farmaci nocivi per l’organismo, l’intervento primario è l’interruzione immediata del contatto o dell’assunzione del farmaco. Il primo obiettivo è sempre e comunque quello di eliminare la causa, per
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dare al nervo il tempo e il modo di rigenerarsi. E’ giusto però ricordare che il recupero può essere totale o parziale, a seconda della gravità della lesione iniziale; ciò diventa importante per stabilire la prognosi, e cioè il tempo che serve per la guarigione completa. Un gruppo numeroso di neuropatie può essere provocato da sostanze chimiche tossiche, organiche o inorganiche, di solito con interessamento contemporaneo di più nervi; da qui il nome di polineuropatia. Tra le sostanze più note responsabili di questa malattia ci sono i metalli pesanti, quali ad esempio l’arsenico e il piombo; i composti organofosforici usati come pesticidi; l’acrilamide, usata nella composizione di vernici, di resine sintetiche impermeabilizzanti, e come plastificante; i solventi di colle usate soprattutto nell’industria calzaturiera; e tutte queste cause possono provocare malat-
RO tie professionali conosciute da tempo. Anche diversi farmaci possono essere causa di polineuropatia: alcuni antibiotici, sulfamidici, addirittura qualche antineoplastico. Tutto questo ci viene riportato dalla letteratura, dagli studi scientifici, e merita di ogni attenzione necessaria anche da parte del reflessologo. Una polineuropatia tossica può instaurarsi come effetto unico o principale dell’intossicazione, oppure nel quadro di un interessamento generale del sistema nervoso o dell’intero organismo. Anche nel corso di diverse malattie metaboliche e carenziali può manifestarsi una polineuropatia, così per esempio nel diabete mellito, nell’uremia, nelle porfirie, nel beri-beri, nella pellagra, nelle sindromi da malassorbimento intestinale, nell’alcoolismo. In questi casi, la malattia si manifesta spesso con difficoltà deambulatoria e deficit nella sensibilità periferica. Dopo il necessario inquadramento di questa malattia, devo ovviamente pronunciarmi come reflessologo, come operatore che cerca di risolvere problematiche specifiche con le sue conoscenze, applicando una metodologia appresa nella scuola triennale della FIRP, e applicata sui piedi dei clienti, e cioè di quelle persone che, coscienti del loro problema, decidono di rivolgersi a noi reflessologi per avere risposta concreta . A me si è presentato un cliente con diagnosi medica di neuropatia tossica. Soffriva molto per la sensazione di freddo che provava alle estremità inferiori di entrambe le gambe, e gli dava parecchio disagio la sensazione di piedi “ghiacciati”; non sapeva più che fare di questa situazione. Al tatto, gli arti presentavano una temperatura definibile come normale, ma effettivamente i piedi erano freddi. Il cliente raccontava inoltre che questo effetto non accadeva nell’arco di tutta la giornata: c’erano momenti in cui provava sollievo e i suoi piedi erano caldi, e momenti più o meno lunghi in cui aveva la sensazione di freddezza delle estremità. Come primo intervento ho pensato a un percorso reflessologico per risolvere la situazione. Ma mi è venuto spontaneo pensare a massaggi
con una crema a base di eucalipto e mentolo, le cui proprietà stimolano la circolazione sanguigna; però, ho abbandonato subito questa soluzione complementare per due motivi: il primo perché il suo problema non derivava da una scarsa circolazione; il secondo perché presentava una evidente atrofia muscolare, un irrigidimento muscolare e conseguente sofferenza a livello dei tendini. Ciò sta a testimoniare come l’indagine reflessologica possa essere ampliata ad altri aspetti del problema, applicando le conoscenze non certo minime che sono bagaglio culturale di un buon reflessologo. Ho impostato la ricerca, e mi sono accorto che c’era qualche obiettiva difficoltà. La ricerca era piuttosto difficile da decifrare in quanto il dolore che il cliente riferiva nei punti reflessi era più un dolore fisico, proprio del piede, e non rispondeva invece a una informazione di tipo reflessologico. Riflettendo su come costruire un percorso reflessologico che potesse migliorare questa problematica, ho ragionato su come le terapie mediche intervengono nella patologia: quando la causa è un agente tossico, si interviene interrompendo immediatamente il contatto; il primo obiettivo è comunque quello di eliminare la causa, per dare al nervo il tempo e il modo di rigenerarsi. Certo è che il massimo rimane non esporsi alla causa. Ad esempio, se non fumo riduco quasi a zero il rischio di malattie dell’apparato respiratorio. Questa mi è sembrata davvero una buona partenza: eliminare l’agente tossico. Anche se tutto il corpo può assorbire le sostanze tossi-
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che, queste vengono comunque messe in circolo tramite il sangue per poi essere eliminate dall’apparato escretore. Avevo di fronte a me due interrogativi fondamentali: dare al nervo il tempo e il modo di rigenerarsi, e cosa permette la rigenerazione del nervo. Con il consiglio del medico, la persona integrava già con integratori vitaminici. E quindi rimaneva il campo aperto per l’intervento sui punti reflessi dei nervi periferici coinvolti per dare un senso di equilibrio a tutto il sistema. Dopo tutti questi pensieri ho impostato il seguente percorso reflessologico: Apertura, Apparato Urinario, Apparato Digerente, Apparato Immunitario, Apparato Linfatico, Encefalo, Midollo, Plessi del tratto cervicale, dorsale, lombare, sacrale e coccigeo, Nervo sciatico inferiore e superiore, femorale, peroneo, tibiale posteriore, Apparato Urinario, Chiusura . Dopo diversi trattamenti il cliente mi ha riferito miglioramenti nella sensibilità del piede sul terreno durante il cammino, mentre gli episodi di “freddo” interessavano la caviglia e tutto il piede; al tatto, il piede ora presentava una temperatura più fredda nella regione falangea e del calcagno con un colorito della pelle biancastro, mentre la regione metatarsale e tarsale aveva una temperatura “calda” e un bel colorito roseo. La presenza di zone con temperatura diversa fornisce sempre indicazioni che possono essere interpretate in modo diverso ma complementare da un punto di vista reflessologico: la parte calda è un accumulo di energia, mentre la parte fredda evidenzia una mancanza di
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energia; nella parte calda si rappresentano organi attivi, e nella parte fredda organi inattivi; le zone calde hanno ricevuto nel tempo una stimolazione meccanica, sono sensibili e hanno una circolazione sanguigna più attiva. E’ vero, è solo un caso, ma ritengo che quanto sopra evidenziato costituisca presupposti validi e utili per formare un percorso ad hoc riferito al pensiero reflessologico, supportato sempre da una formazione e da un percorso personale. Inoltre, l’interpretazione serve al reflessologo come ulteriore indicazione, ma non rappresenta necessariamente la sostituzione di un ragionamento anche solo “fisiologico” che ci permette di creare dei percorsi reflessologici adatti ad ogni tipo di problematica. Di fatto, quello che più deve interessare al reflessologo è il miglioramento del problema riferito dal cliente, e che questo avvenga con trattamenti di Reflessologia Plantare.
Emanuele Livotto Reflessologo Firp
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Fredde amicizie Il titolo è forse un po’ ingannevole, ma la sostanza è questa: noi reflessologi, e anche amici, ci trasferiamo in alto, al freddo, per confermare un percorso sperimentale che ha solide basi nell’amicizia e nella scuola di Milano. Queste basi ci hanno consentito di costruire un laboratorio aperto a esperienze da estendere anche alle altre scuole. Il Laboratorio FIRP di Milano si è temporaneamente trasferito in Val d’Aosta, dal 19 al 24 giugno 2014, al bivacco Molline, posto a 2415 metri di altezza nel vallone di Menouve, sito nel comprensorio della Valle del Gran San Bernardo. Il paesaggio splendido invita davvero a ogni qualsiasi intervento sul piede, per il benessere, ma invita anche a rinforzare i rapporti interpersonali sulle basi reflessologiche consolidate nel Laboratorio. Tutto questo in assoluta aderenza allo scopo prefissato dal Laboratorio: studiare gli effetti del massaggio reflesso in condizioni ambientali non usuali. Ma, in questo caso, studiare significa anche sperimentare il trattamento in maniera continuativa ed in condizioni di stress fisico. E’ doveroso fare una premessa: da quando nel 2006 si è costituito il Laboratorio, l’intento è stato quello di indagare e tentare di scoprire la causa o l’eventuale legge fisica che sottintende il fenomeno reflesso. Da allora tutta l’attività del Laboratorio (conferenze, studi, ricerche…) è stata documentata e depositata in Federazione. Il culmine di questa attività si è avuto nell’aprile 2013 con la conferenza aperta a tutti i soci, nella quale si sono illustrati e divulgati i risultati fino ad allora ottenuti: il numero dei partecipanti, oltre ai componenti del laboratorio, è stato, ahimè, solo di 5 persone! In questi ultimi anni i contenuti di questa ricerca sono stati portati a conoscenza di tutti i soci sia ai nostri convegni, sia attraverso la nostra rivista R.O.; ci sono stati articoli dedicati all’attività di questo gruppo, o prendendo spunto da contesti differenti, con un riscontro editoriale anche attraverso la rivista dal taglio scientifico NEXUS.
In questo quadro di studio e ricerca si colloca l’uscita in Val d’Aosta. Per realizzare questo stage si è dovuto organizzare in precedenza i locali e la logistica, e in particolar modo i rifornimenti alimentari, con diligente attenzione a abitudini e preferenze, nonché alle eventuali intolleranze. L’arrivo alla meta è stato inoltre facilitato dal permesso di transito nella strada poderale, concesso dalla forestale e dal sindaco di Etroubles, comune di appartenenza del bivacco, al quale è stata garantita una conferenza per il 2.08.2014 sulla reflessologia plantare. Allo stage, o meglio, alla sperimentazione in quota, hanno partecipato 6 componenti del laboratorio, con gli esiti qui di seguito esplicitati. Il primo risultato, forse quello più importante, si è manifestato nella prima indagine eseguita subito dopo l’arrivo al bivacco: pur non avendo sofferenze particolari, in tutti, sul piede, si è palesata una forte dolenzia nella zona dell’apparato respiratorio reflesso. Questo ha posto, e pone, un interrogativo importante, già rilevato nei mesi precedenti in laboratorio: l’ipotesi concreta che la reflessologia plantare non registri solo malattie fisiologiche, e non sia, probabilmente, legata al solo aspetto fisico. La malattia, con tutta probabilità, non è il solo ambito con cui interagisce il fenomeno reflesso. Al momento dell’indagine, nonostante i 700 metri di dislivello affrontati a piedi per raggiungere il bivacco dopo aver lasciato le auto-
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RO mobili al parcheggio, nessuno dei partecipanti accusava problemi all’apparato respiratorio, né rilevava problematiche particolari dovute allo sforzo e nessuno era in debito di ossigeno. In questo senso, dal punto di vista della reflessologia generale, si apre davvero uno scenario diversificato ed ampio, dove l’ambito fisiologico ed umano può non essere l’unico settore di studio e ricerca di questa disciplina . Ciò può essere d’aiuto per comprendere e dare una risposta al perché, nell’antico mondo Egizio, coloro che hanno scritto sulla reflessologia non erano medici, bensì “sacerdoti” dediti alle scienze delle costruzioni, alle conoscenze astronomiche, filosofiche, linguistiche e matematiche. Naturalmente il Laboratorio è ben conscio che ciò che ha scoperto deve intendersi come ipotesi, che dovrà essere suffragata da eventuali altre segnalazioni. Ed è per questo che approfittiamo volentieri della nostra ormai storica rivista per fare positiva propaganda a qualcosa che dovrà essere patrimonio di tutti i Soci. Un secondo dato importante è relativo al numero/frequenza degli interventi reflessi. Si è proceduto all’attuazione di un intervento al giorno, senza riscontrare conseguenze anomale sui soggetti trattati, soggetti che non presentavano a priori particolari problematiche, ma che, come spesso accade in questi casi, accusavano lievi sintomatologie (puntualmente rilevate dall’indagine reflessologica), riscontrando poi un deciso benessere. Ciò pone un interrogativo sulla frequenza del numero delle sedute, che normalmente si attesta da una a due a settimana. Altresì, è doveroso affermare che non vi erano situazioni di sofferenza o malattie significative: da qui emerge la necessità di maggiore sperimentazione. E’ emerso anche un terzo dato: non si è potuto constatare una decisa differenza di risposta al trattamento dovuta all’altitudine, se non eventualmente nell’indagine, di cui si è scritto sopra. Ma ci sono anche altre considerazioni. Naturalmente, come si può ben immaginare, la vita di quei giorni non è trascorsa solo all’insegna del tema reflessologico. Si sono fatte escursioni con spettacolari incontri con la fauna del luogo, vedute e panorami alpini decisamente insoliti. Si è goduto di quel “fragoroso” silenzio
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dettato da notti illuminate da costellazioni indimenticabili. Abbiamo incontrato persone di passaggio, un gruppo di terapeuti naturopati, alle quali abbiamo dato le nostre riviste e scambiato indirizzi con la promessa di incontri e/o future conferenze, oltre ad un gruppo di spagnoli itineranti. Si è donato un boiler nuovo (quello del bivacco era guasto), materiale per la cucina, per le camere, per il pronto soccorso, materiale igienizzante, e infine materiale tecnico; inoltre si è proceduto alla disinfezione dei 16 materassi e delle coperte. Si è portato a termine un muretto a secco, una panca con seduta in beole, si è ripristinato un antico focolare in pietra, esterno al bivacco. Si può affermare che questa esperienza, autofinanziata, è stata positiva: oltre ai risultati ottenuti, è servita per rinsaldare e consolidare il rapporto fra i componenti del gruppo. Le risposte che successivamente sono pervenute allo scrivente (responsabile del laboratorio) vanno tutte in questa direzione. Non si nega che, rispetto al lavoro e agli scopi che ci si era prefissi, questa uscita va considerata anche come un premio per chi, in questi anni, ha dato il proprio contributo volontario alla ricerca reflessologica. Vorrei qui ringraziare tutte le persone del laboratorio che hanno permesso la realizzazione dell’evento: in particolare Irene ed Alberto che, nei giorni precedenti, premurosamente hanno preparato e sistemato a dovere il luogo; Claudia, Silvia, Pierangelo con i quali, insieme agli altri, ho potuto passare dei momenti memorabili. Questo vale da invito a partecipare al laboratorio, e a sostenere altri stage, magari non al freddo, ma comunque in amicizia.
Il responsabile del Laboratorio Carlo Ongaro Docente FIRP
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Quando il freddo avanza Pare di essere ancora una volta a fine anno, anzi, lo siamo. La stagione avanza con i suoi naturali sussulti e con le sue ritmiche cadenze. Noi, tutti gli anni, siamo qui a guardare dalla finestra che cosa scende dal cielo, magari anche Gesù Bambino o Babbo Natale con la slitta e i regali. Questo significa forsanche ritornare bambini, per trovare dentro noi stessi quel calore che conserviamo almeno nella memoria. Ma significa anche affrontare coscientemente il tempo che corre, che fugge via, che inesorabilmente ci fa diventare vecchi. Si dice, ed è vero, che il freddo conserva, ma poi ognuno preferisce arrostirsi al sole o cercare climi diversi. E’ vero invece che il freddo conserva gli alimenti, in modo da poterli consumare anche fuori stagione o a distanza di tempo. Ottime scoperte il ghiaccio, il frigorifero, e il freezer perché oggi, come diceva la pubblicità, si può pescare il pesce negli oceani e lavorarlo subito sulla nave, così arriva già pronto sulla nostra tavola. Non di solo pesce vive l’uomo, ma anche di minestrone, che ai miei tempi era un tipico piatto invernale. Ma il minestrone significava anche il calore attorno a una tavola povera, di campagna, che accontentava bambini, genitori e nonni. E tutti attorno al fuoco a raccontare e ad ascoltare le storie, vere e inventate. C’è anche il riso freddo, ma è di un’altra stagione. Se misuriamo il freddo che avanza sui ghiacciai, dobbiamo ricrederci, perché da anni i ghiacciai si retraggono. E quindi il freddo si ritira, a causa del clima che annualmente condiziona la temperatura. La colpa è sempre dell’uomo che, per raggiungere obbiettivi più svariati, perde di vista alcuni punti fondamentali della vita in comune. Ma quante cose belle ci sono al freddo: il gelato, il Natale con i regali, le sciate, i pupazzi di neve. E il bello lo aspettiamo tutti gli anni, proprio come quest’anno. Avanza il freddo e siamo in
attesa di pioggia, nebbia, neve; siamo sempre in attesa di qualcosa o di qualcuno che ci accompagni, che ci sia amico, che conosca il nostro piccolo mondo. Poi, non fa niente se c’è troppa neve, o non si può uscire di casa. La stagione fredda è così. E se domani arrivano freddo, ghiaccio e neve, incominciano i problemi usuali: i trasporti bloccati, le partite di calcio rinviate, l’influenza con i soliti numeri di confronto con gli altri paesi e con gli anni scorsi. Ci sono però due categorie che aspettano la neve, e che sono contenti quando la coltre bianca ricopre come un cotone leggero i tetti e le strade: sono i bambini e gli albergatori, gli uni perché si divertono, gli altri perché lavorano. Con il freddo arrivano anche le malattie dell’apparato respiratorio, con l’influenza che la fa da padrona, anche sui telegiornali. Che fare? Abbiamo tanti rimedi, partendo ovviamente dal medico di famiglia, che ci indirizza verso la cura migliore, magari consigliando la vaccinazione preventiva. Ma poi abbiamo il naturopata, con la sua visione olistica; possiamo ricorrere alle erbe, di cui l’uomo conosce da secoli i benefici. Certo, la prima cosa da fare è coprirsi, e quindi abbiamo tutta una serie di indumenti che ci tengono caldo dalla testa ai piedi, anche se i virus e i batteri responsabili di queste malattie si tra-
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smettono per via aerea; dovremmo cioè proteggere naso e bocca da questa intrusione, da questo assedio che porta a una guerra fra l’esterno nemico e le nostre difese ben organizzate. Noi giustamente proteggiamo anche i piedi, per mezzo di suole impermeabili e spesse, proprio per fare in modo che acqua e gelo non vengano a contatto con loro; e lo facciamo anche con le automobili, sostituendo le gomme. Chissà com’era migliaia di anni fa, chissà come venivano protetti i piedi dal freddo, che sicuramente era più intenso e pungente. Non possiamo certo dimenticare, e noi reflessologi lo sappiamo molto bene, che i piedi ci mettono in contatto col terreno, e che sono depositari della sensibilità propriocettiva, cioè di quella sensibilità da tutti riconosciuta fondamentale per l’equilibrio. Basta cambiare stagione, e pensare alle lunghe passeggiate sulla spiaggia e ai benefici che ne derivano; basta anche tornare indietro con l’età e pensare ai bambini; anche gli sportivi che utilizzano i piedi hanno sensibilità diverse, e anche scarpe diverse per terreni diversi. Negli Anni ‘60 avanzava anche un altro freddo, quello legato alla politica; c’è stata la cosiddetta Guerra Fredda fra le due superpotenze mondiali, fra i due blocchi politicamente diversi. Poi qualche santo ha fatto la grazia, e almeno quella guerra è finita, non certo senza difficoltà. Anche in politica ci sono i rapporti freddi, ma non voglio entrare in merito, perché la nostra è una visione diversa, concentrata sul benessere e sul riequilibrio della persona in toto, a partire dal piede. A proposito di freddezza nei rapporti, ci ricordiamo tutti la sensazione che proviamo quando stringiamo una mano fredda. E’ una sensazione particolare, che quasi ci allontana
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dalla persona con cui cerchiamo di stabilire un contatto. Lo stesso è per noi, quando chi ci stà di fronte non ci è particolarmente gradito: è un modo freddo di far aumentare le distanze, quelle distanze che noi accorciamo quando trattiamo i piedi. C’è anche un freddo inteso come età. Si diventa vecchi e si percepisce una certa freddezza attorno a noi, che ci isola dal mondo esterno e che ci invoglia a starcene per conto nostro, diminuendo i contatti con la gente, quasi come se magari fosse solo colpa degli altri se noi stessi, piano piano, perdessimo l’intensità della vita. Come una volta, andando in pensione, si troncavano certi rapporti, si perdevano certi ritmi, così oggi l’interruzione per età del rapporto di lavoro invoglia invece, stante la buona salute, a iniziare una nuova vita, come nonno in famiglia e come volontario nella società civile. Ecco che allora dopo il freddo c’è il caldo, ma non perché dopo l’inverno arriverà l’estate, ma perché in fondo a noi stessi troviamo il fuoco, quel fuoco che scalda e che ci fa rivivere.
Stefano Suardi Presidente Firp
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Inizio scuola di Torino Anche quest’anno è arrivato il giorno fatidico: il primo giorno di scuola. Mi sembra di tornare a tanti anni fa, quando varcare la soglia dell’edificio scolastico incuteva un po’ di timore in noi bambini, e produceva una felicità spontanea quando uscivamo per andare a casa. Così è stato domenica 19 ottobre, quando è iniziato il nuovo anno scolastico per la Scuola di Torino della FIRP. E’ una Scuola che funziona da tanti anni, che raccoglie le motivazioni di tanti allievi e che prepara alla pratica della reflessologia plantare con passione e competenza. E queste sono caratteristiche ormai consolidate, che gli allievi portano con sé anche quando applicano sui piedi dei clienti il sapere reflessologico appreso nei tre anni di frequenza a scuola. Ma quest’anno il corso è iniziato con importanti novità, dovute a qualche problema non indifferente emerso durante il precedente anno scolastico: la scuola è stata riorganizzata, è stato inserito un nuovo corpo docente, è stato nominato un nuovo responsabile della Scuola. Parrebbe troppo, soprattutto se fatto in un colpo solo; però chi ha accettato di gestire questo percorso ha deciso di metterci l’anima, perché in passato ha creduto nei principi e perché oggi crede nella loro applicazione, con impegno e serietà. Il nuovo corpo docenti sarà sicuramente all’altezza di ciò che è loro richiesto, proprio perché
dovranno concentrarsi a trasmettere agli allievi tutto quello che loro sanno; è vero che, a volte, il cambio radicale può portare qualche scossone, ma credo che sia necessario procedere con tranquillità e con serenità per il bene della federazione e dei futuri reflessologi. Come nuovo Responsabile della Scuola sento il dovere di ringraziare chi ha avuto fiducia in me, e contemporaneamente voglio rassicurare gli allievi e il corpo docente sul mio impegno in FIRP, che sarà concreto e positivo. Risponderò con i fatti all’entusiasmo dimostrato dagli allievi, che, anche quest’anno, hanno mostrato interesse e voglia di crescita professionale in un clima armonioso e sereno.
Lidia Farina Direttore scuola di Torino
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Inizio scuola di Milano Come di consuetudine, anche quest’anno, il 5 ottobre, è partito il corso triennale della scuola FIRP di Milano. Gli allievi iscritti al primo anno sono 17, al secondo 12, al terzo 16. Il corpo docente, tra preassistenti, assistenti e docenti, è composto da 15 collaboratori, di cui due assegnati temporaneamente alle sedi esterne, cinque che si alternano tra queste e Milano, il rimanente impegnato a Milano. La novità principale del 2014 è che la sede della scuola è tornata al prestigioso Hotel Hilton di Milano: si può, senza ombra di dubbio, affermare che questo rende merito allo sforzo e al lavoro di tutto il corpo docente, restituendo alla Federazione un’immagine più consona rispetto ai valori che essa promuove. Questo luogo, o location come si dice oggi, oltre ad essere molto rappresentativo, ha il pregio di poter essere raggiunto agevolmente, sia da mezzi urbani che extraurbani; si raggiunge a piedi in cinque minuti dalla Stazione Centrale e in venti minuti dall’aeroporto di Linate. La finalità della scuola è la diffusione e divulgazione del messaggio reflessologico, tramite un corso della durata di tre anni, che vede gli allievi impegnati ad apprendere la tecnica e la teoria reflessa. I fondamenti alla base dell’insegnamento traggono le loro origini fin dall’antichità. In estrema sintesi, il curricolo della scuola è es-
senzialmente costituito da reflessologia plantare, insegnata da reflessologi esperti, e da anatomia e fisiologia, trattate da personale medico. Sono inserite ore di psicologia e di cultura generale, che servono al futuro reflessologo per capire il mondo complesso e diversificato delle discipline olistiche, e per avere anche un occhio di riguardo agli aspetti deontologici. Devo dire che mai come in questo ultimo periodo si è potuta notare una unità d’intenti riguardante gli aspetti didattici che regolano, in maniera univoca e coerente, l’insegnamento nelle tre principali scuole federative. Sfrutto questo spazio per ringraziare tutti i miei solerti e preziosi collaboratori e i colleghi delle altre sedi, con i quali condivido idee e finalità. Auguro a tutti un buon anno scolastico!
Carlo Ongaro Direttore scuola di Milano
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Inizio scuola di Pordenone La fine dell’estate porta sempre con sé una certa tristezza, perché si ripensa alle belle giornate passate al sole (quest’anno poi il sole, c’è stato proprio...) e alle vacanze trascorse con gli amici o con le proprie famiglie; ma per gli allievi del secondo e terzo anno della Scuola di Reflessologia Plantare FIRP di Pordenone non è sicuramente così. Non c’è tristezza, non c’è malinconia, ma c’è voglia di ricominciare. Infatti, gli allievi partecipano la loro emozione nel ricevere il comunicato ufficiale che riporta il calendario delle lezioni per il prossimo anno; questa emozione è pari all’attesa, che a sua volta è un po’ pervasa di ansia nell’attendere l’email o di leggere sul sito quale saranno le domeniche dedicate all’apprendimento. Sono sicuro che più di un allievo ha approfittato di questo tempo per una telefonata, per un sms, per risentirsi e accordarsi sul come organizzare un car sharing per arrivare alla sede con un passaggio in macchina; sono altrettanto sicuro che qualche altro allievo si è organizzato per sedute comuni ripassando i punti; e di sicuro, qualcun altro è stato in simpatica trepidazione attendendo di conoscere se ci sarà questo o quell’altro docente, e quale altra novità sarà introdotta dalla Federazione! In effetti, già dal giorno degli esami, chi stà dietro le quinte ha lavorato per poter presentare al meglio una formazione per questa Disciplina che, grazie ad una metodica perfezionata e collaudata nel tempo, dimostra di dare ottimi frutti nella professione di Reflessologo Plantare. Non posso dimenticare gli allievi di classe prima: questi hanno trascorso intere giornate al telefono e al proprio computer per avere informazioni e rassicurazioni sull’avvio del corso. Poiché sulla nostra professione la legislatura non è ancora definitiva, molti nuovi potenziali allievi sono sviati da mille informazioni apprese da altrettanti siti internet, che promettono
chissà quale metodica, e quale corso di studi, per apprendere questa Disciplina; ma, il nostro sito, la nostra segreteria e i contatti con la sede, rimangono obiettivamente i migliori in fatto di chiarezza e semplicità per ricevere informazioni precise, dettagliate e esaustive. Grazie a tutto questo, anche per questo anno formativo 2014 - 2015, abbiamo messo in moto la nostra collaudata macchina organizzativa che ci ha permesso di partire con la Scuola di Reflessologia Plantare nella sede di Pordenone, presso l’Hotel Santin, da domenica 19 ottobre 2014. L’anno scolastico termina dopo 14 giornate, 14 tappe di un giro attorno a un piede.
Emanuele Livotto Direttore scuola di Pordenone
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Le piante del freddo L’uomo si è da sempre rivolto a quanto lo circonda in natura per trarne benefici. Ed è sempre stato così, sia per nutrirsi, che per curarsi, che per divertirsi. Poi, nel corso dei secoli, migliorando e affinando le conoscenze, si sono strutturati percorsi diversi, medici, terapeutici, erboristici, e anche altro, ma che comunque hanno sempre avuto come obiettivo il benessere e la salute. Se focalizziamo l’argomento, possiamo concentrarci sulla moderna fitoterapia, che spesso dà conferma di proprietà empiricamente attribuite nel tempo ad alcune piante. Ciò significa una cultura ormai secolare e una applicazione pressoché giornaliera di nozioni e sperimentazioni protratte nei secoli, con scuole di pensiero e soprattutto con preziosi libri di testo. Come tutti noi, anche le piante e le erbe hanno la loro stagione; e quindi al freddo crescono piante utilizzate per il loro benefico aiuto, ma non solo nella stagione fredda. Ne ricordiamo le più comuni, le più conosciute, ma chi si interessa di erboristeria sa benissimo che ce ne sono altre, forse meno note, ma altrettanto valide per la salute. ARNICA MONTANA è una pianta perenne di montagna che cresce fino ad oltre 2000 m. Da un ciuffo di foglie a rosetta spunta un fusto eretto che sostiene un fiore giallo-arancio simile alla margherita. Fin dal 1600 se ne riconoscono le proprietà specifiche, tanto è vero che è stata soprannominata la “ panacea dei traumi “. L’uso fitoterapico è solo topico, e cioè localizzato sulla superficie interessata, con applicazione direttamente sulla pelle; è infatti nota la sua tossicità se somministrata per altre vie, o se viene in contatto con superfici non integre. La sua proprietà è essenzialmente antiflogistica: contusioni senza lesioni cutanee, ematomi, distorsioni trovano grande giovamento dall’applicazione di pomate a base di Arnica o di impacchi con garze imbevute di Arnica Tintura Madre diluita in acqua fredda. Se l’applicazione è immediata, l’azione emolitica dell’ARNICA MONTANA può evitare la formazione degli ematomi, o per lo
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meno aumentarne considerevolmente la velocità di riassorbimento. Tutto ciò trova applicazione anche nel massaggio sportivo. ALCHEMILLA è una piccola pianta erbacea con piccoli fiori verde chiaro, diffusa nelle regioni fresche e montuose; la radice a rizoma, che è una modificazione sotterranea del fusto, dà origine a parecchi fusti a formare così delle grandi macchie di verde. Uno dei suoi nomi volgari è “ mantello di dama” con un evidente riferimento al “femminile”: è infatti consigliata in tisana, insieme alla Camomilla e all’Achillea, per calmare i dolori mestruali. avendo anche una funzione antiemorragica. E’ pure utilizzata nelle insalate e come pianta ornamentale. GENEPI è il nome popolare con cui si indicano alcune piccole piante erbacee del genere ARTEMISIA. Crescono in montagna a quote elevate, anche oltre i 2000 metri , al limite delle nevi perenni. Fanno le radici tra le pietre, in terreno comunque ghiaioso e accidentato, formando spesso un cespuglio tra i massi. La specie più apprezzata per la valida presenza di principi attivi amari è l’ARTEMISIA GLACIALIS. E’ tradizionalmente utilizzata per produrre il notissimo liquore Génépy, con proprietà digestive. Come per tutti gli amari a base alcoolica, è sconsigliato a chi soffre di gastrite o ulcera. Gli esperti differenziano nella produzione di génépy l’a. umbelliformis, che fornisce al liquore un colorito verde, dall’a. glacialis, che lo fornisce più tendente al giallo.; fanno inoltre differenza fra
RO le piante femminili da quelle maschili, che sono più pregiate e quindi più ricercate. Anche la GENZIANA LUTEA o MAGGIORE, per i contenuti di amari, è utilizzata per la preparazione di liquori digestivi. E’ una pianta erbacea perenne, con fiori gialli disposti sul fusto alle ascelle delle foglie, alta anche un metro, che cresce nei pascoli di alta montagna. La radice essiccata può essere utilizzata per fare decotti da assumere in caso di cattiva digestione, soprattutto dopo pasti abbondanti o ricchi di grassi; infatti, i principi amari stimolano la produzione di succhi gastrici, cioè di quelle sostanze prodotte dallo stomaco che favoriscono la digestione. In sostituzione al decotto, si può ricorrere a 15/20 gocce di T.M. diluite in acqua calda e bevute sempre dopo il pasto. Ha anche proprietà stomachiche, e quindi per stimolare l’appetito se ne consiglia l’assunzione 15 minuti prima dei pasti. Visto il sapore marcatamente amaro, si consiglia la preparazione di un enolito mettendo a macerare 30 g di pezzetti di radice in un litro di vino bianco; dopo 15 giorni l’enolito può essere utilizzato bevendone un bicchierino da liquore. CETRARIA ISLANDICA, o LICHENE ISLANDICO, è una piccola pianta verde bruno, presente in tutta l’Europa del Nord che si fissa sul terreno e sulle rocce a formare come dei cuscinetti spessi ed elastici. Vive di poca acqua e poca luce e resiste a temperature bassissime. E’ ricca di mucillagine e di un acido amaro con proprietà antisettiche. I suoi principi attivi emollienti, antispasmodici e antisettici l’ hanno resa uno dei costituenti principali degli sciroppi per la tosse. PINUS MONTANA, o PINO MUGO, cresce spontaneo tra 1500 e 2700 metri; non è di grandi dimensioni, ha la corteccia nero-brunastra e le foglie aghiformi di un verde intenso, con pigne piccole e ovoidali. Dai suoi rametti, prima che lignifichino, si estrae l’olio essenziale di mugolio, che è un fluido oleoso con proprietà antisettiche e anticatarrrali. Pochissime gocce, 3 o 4, in un recipiente con un paio di litri di acqua calda, sono indicate per suffumigi: oltre a disinfiammare naso e gola, impediscono il proliferare dei batteri. Le gemme fresche macerate in soluzione idrogliceroalcolica (PINUS MONTANA MG) stimolano invece il trofismo osseo e cartilagi-
neo, e quindi sono indicate localmente per dare sollievo a dolori articolari e reumatici, e in generale nelle persone di una certa età con problemi di osteoporosi e fragilità ossea; contribuiscono inoltre a diminuire i livelli ematici di colesterolo. ABIES PECTINATA, o ABETE BIANCO, è una conifera longeva che cresce tra 500 e 2000 metri di altitudine; ha dimensioni notevoli, potendo raggiungere anche 50 metri di altezza; ha le foglie aghiformi, e in Europa è molto più diffuso del pinus montana. Nel 1500 l’illustre medico Pietro Andrea Mattioli, che tradusse il De Materia Medica, erbario del greco Dioscoride, medico, botanico e farmacista vissuto ai tempi di Nerone, indicava l’utilizzo della resina per le piaghe contratte di recente. Le gemme fresche macerate in soluzione idrogliceroalcolica (ABIES PECTINATA MG) favoriscono la fissazione del calcio nelle ossa; è un prodigioso rimineralizzante nelle decalcificazioni, un ottimo rimedio nei postumi di fratture ossee: favorendo la fissazione del calcio, ne facilita il consolidamento. L’olio essenziale ha proprietà antisettiche e balsamiche. In alcune zone di montagna si usa ancora oggi tenere dei rametti di abete nella camera di chi ha problemi alle vie respiratorie, quasi a creare un’aria balsamica; è un po’ come si fa nei nostri appartamenti di città quando si instillano gocce aromatiche e balsamiche nell’acqua delle vaschette appese ai termosifoni. L’olio essenziale può essere usato anche per ridurre i fastidiosi effetti della sudorazione plantare: se ne versano pochissime gocce nell’acqua calda del pediluvio e si ottiene sollievo e senso di freschezza. E’ solo qualche esempio, come dicevo prima, ma è uno stimolo in più per il benessere che ci deriva dall’applicazione di studi secolari ma ancora attuali. Forse è il freddo che li ha conservati.
Adele Lazzarini Erborista
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Consigli kinesiologici La cultura e la filosofia cinese hanno il loro fondamento nella civiltà contadina; infatti, quando gli antichi cinesi si posero il problema di che cosa fosse il mondo intorno a loro, incominciarono ad osservarlo. Non dobbiamo dimenticare che i cinesi sono sempre stati dei grandi pragmatici, molto attaccati alla loro realtà, ma sempre aperti alle conoscenze nuove. Con l’osservazione del mondo esterno notarono alcuni fenomeni che tendevano sempre a riproporsi con una ciclicità inesorabile: il giorno e la notte, il caldo e il freddo, l’inverno e l’estate. Questa è stata la loro osservazione fondamentale: il caldo si alterna al freddo, ciò che cresce prima o poi non potrà far altro che regredire e ciò che cala quando è arrivato al minimo, non potrà far altro che aumentare. Perciò dall’osservazione dei fenomeni naturali che si manifestavano ai loro occhi, estrapolarono la legge fondamentale dello YIN e dello YANG, legge ormai universalmente conosciuta e applicata. Questi due concetti sono contrapposti e complementari, perché la prevalenza dell’uno è sempre una diminuzione dell’altro, e perché l’esistenza dell’uno è subordinata all’esistenza dell’altro. La Medicina Tradizionale Cinese descrive molto bene le loro caratteristiche: lo YIN è buio, freddo, interno, contrazione, basso, pesante, molle, femmina, protone, fermo; lo YANG è luce, caldo, esterno, espansione, alto, leggero, duro, maschio, elettrone, movimento. Fatta questa piccola ma doverosa premessa, entriamo nei dettagli sul tema del freddo in kinesiologia, per fornire informazioni e nozioni su come questo elemento si manifesta nel nostro organismo. Il freddo è un’energia Yin esterna che colpisce soprattutto l’energia del Rene. L’energia del Rene è l’energia che controlla le ossa, i midolli, le orecchie, i capelli; è l’energia che regge i fenomeni di accrescimento, sviluppo e di ripro-
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duzione. E’ definito la Sorgente del vero Yin e del vero Yang. Rappresenta la funzionalità di tutto l’organismo al suo interno ( Ming Men ): il fuoco del rene è la forza della vita. Ma c’è di più. Quella del Rene è l’energia, non alimentare né respiratoria, che ci viene data alla nascita, è il nostro programma di vita: controlla l’ereditarietà (i reni assomigliano a due fagioli) e con la vescica governa i liquidi del corpo. Tutto ciò sta a dimostrare quale sia l’importanza del rene per il corretto funzionamento del corpo umano. Il freddo causa diversi sintomi: dolori all’addome, difficoltà ad urinare o minzione frequente, pesantezza negli arti, ma anche edemi e feci molli con palpitazioni e tosse, ritenzione di acqua patogena. Il Rene, controllando il metabolismo dell’acqua e la diuresi, in caso di deficit di yang perde la sua capacità di trasformare l’acqua che, accumulandosi, provoca disturbi urinari e dolori all’addome, mal di schiena e problemi alla prostata. Quando si presentano sintomi quali edemi diffusi con estremità fredde, pienezza addominale e toracica, sensazione di pesantezza nel corpo con inappetenza ed assenza di sete, urine scarse di cattivo odore e feci non formate, siamo in presenza di una condizione di deficit di yang del Rene, che produrrà di conseguenza un accumulo di acqua interna e di umidità.
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Pesantezza generalizzata, cefalea, otiti, mal di schiena e dolori diffusi, difficoltà di inclinarsi o ruotare, a volte brividi, sono alcuni sintomi di una aggressione esterna da freddo che ha colpito gli strati superficiali del corpo e i muscoli. Dolori fissi nella regione lombare e agli arti inferiori, sensazione di pesantezza, rigidità e debolezza delle articolazioni, timore del freddo, palpitazioni e fiato corto sono sintomi di una sindrome dolorosa associata a quello che in kinesiologia viene definito un Vuoto di Rene. Il freddo esterno può penetrare fino agli strati più profondi del corpo ed indebolire gravemente le nostre riserve attenuando sensibilmente il sistema immunitario. Il freddo inibisce, congela ogni nostra azione, induce a ritirarsi. Oltre al malessere fisico c’è quindi anche una condizione mentale legata al freddo. La paura è un freddo interno, è un’emozione legata al Rene: essa non ci permette di provare esperienze nuove, impedisce di esprimerci nella nostra totalità facendoci vivere sensazioni di inadeguatezza e frustrazione. Ci sono addirittura situazioni di paura tale da far diventare i capelli bianchi. Il freddo può portare a un deficit del cervello, che si esprime in poca lucidità, e può causare anemie nel sangue e nelle ossa; si può arrivare fino all’asma con fame d’aria, estremità fredde, sudorazione costante e fredda, lingua pallida con induito bianco ed untuoso. La kinesiologia non è solo descrivere problemi e difetti nel funzionamento ottimale del nostro organismo. La kinesiologia fornisce anche rimedi per riequilibrare le energia interne e riportare armonia. Ad esempio, per migliorare alcune situazioni basta semplicemente una boule d’acqua calda
sotto i piedi, dove inizia il meridiano dei reni. Quando abbiamo febbre con brividi mettiamo la boule d’acqua calda ai piedi e copriamoci con delle coperte. Se abbiamo febbre e caldo, prendiamo una pezza d’acqua bagnata e tamponiamo il corpo; subito dopo ci vestiamo anche con calzettoni da montagna e ci copriamo con le coperte; ci sdraiamo dopo aver messo una boule d’acqua calda ai piedi. Negli stati febbrili, anche importanti, è sconsigliato mangiare molto, ma è necessario e utilissimo bere molta acqua a piccoli sorsi durante la giornata. Per situazioni più complesse, dopo aver effettuato un’indagine kinesiologica che evidenzi squilibri nei reni o in altri organi, occorre lavorare sull’energia del rene stimolandola, affinché il Qi, ovvero l’energia vitale, possa circolare in modo armonioso ed equilibrato sia negli organi Yin, il cuore, la milza, i reni, e il fegato, che negli organi Yang, l’intestino tenue, lo stomaco, la vescica biliare e l’intestino crasso. A questo punto anche il freddo è vinto.
Massimo Gatti Kinesiologo
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Bioenergetica Continuiamo in questo numero il percorso precedentemente intrapreso per curiosare su altre discipline bionaturali che concorrono, proprio come la reflessologia plantare, al benessere dell’individuo. Ospitare su questa rivista una disciplina che ha lo stesso fine della reflessologia, significa per noi aprire l’orizzonte delle conoscenze, apprendere qualcosa da approfondire, accorciare le distanze con altri operatori del benessere. Oggi tocca alla BIOENERGETICA e all’ OLODANZA, mentre confermiamo l’ ERBORISTERIA e la KINESIOLOGIA, già presenti da tempo. La BIOENERGETICA è stata ideata dal medico austriaco Wilhelm Reich, allievo e collaboratore di Sigmund Freud inventore della Psicoanalisi. L’idea di base è che ogni individuo dispone di energia vitale che serve per interagire fra corpo e mente, e per controllare gli stati fisici e gli stati mentali. Per gli addetti ai lavori, rappresenta una forte liaison fra la filosofia, le discipline orientali e la psicologia. Questo significa avere a disposizione conoscenze diverse, basi scientifiche non indifferenti e impulsi cognitivi da costruire. Reich descrisse per primo quello che oggi viene definito linguaggio del corpo, scoprendo come rilassare i muscoli cronicamente tesi mediante la pressione diretta su di loro. Negli anni ’50 Alexander Lowen, medico psicoanalista, paziente e allievo di Reich, oltre alla manipolazione delle tensioni muscolari, ideò posizioni di stress che potevano aiutare il rilasciamento delle tensioni stesse. Secondo la sua teoria, i blocchi muscolari impediscono lo scorrimento dell’energia; di conseguenza, se il flusso si blocca, si perde una parte di vitalità, e quindi ci si deprime, si perde la capacità di relazionare con gli altri, è difficile provare piacere. E’ a lui che si deve il termine BIOENERGETICA. Lowen approfondisce la Bioenergetica , che diventa una tecnica terapeutica per aiutare l’individuo a tornare ad essere in contatto con il proprio corpo e a goderne la vita con quanta pienezza possibile. Questo risalto dato al corpo comprende necessariamente funzioni basilari come quelle di
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respirare, muoversi, sentire ed esprimere se stessi. Si deve a Lowen l’identificazione delle Classi di Esercizi Bioenergetici Anti-stress. Le Classi sono in pratica gruppi di persone che, con la guida e l’aiuto di un conduttore, eseguono specifici esercizi volti a sciogliere tensioni e blocchi muscolari nelle diverse aree del corpo; in tal modo si permette alla persona di ri-contattare l’emozione trattenuta in quell’area. Secondo i principi della Bioenergetica, infatti, ad ogni tensione corrisponde un blocco emozionale e viceversa. Ogni classe si articola in una sequenza di esercizi, della durata di 45/60 minuti, con cadenza settimanale. Ogni esercizio si sviluppa secondo un ciclo di contrazione ed espansione, che rappresenta il ciclo naturale dell’energia. Nella fase di contrazione il muscolo, o il gruppo di muscoli su cui si sta lavorando, viene sottoposto a tensione. Questo aumento di tensione, provocato volontariamente, può essere interpretato in qualche modo come una cura di tipo omeopatico: sovrapponendo tensione (volontaria) a tensione (involontaria e preesistente), il corpo viene stimolato a reagire, rilasciando e liberando lo stress contenuto in quell’area. E’ un concetto fondamentale per la BIOENERGETICA, ma è chiaramente un punto di convergenza anche con altre discipline bionaturali. La liberazione della carica avviene tramite movimenti vibratori, che in genere si sviluppano involontariamente quando i muscoli raggiungono la tensione limite, e la liberazione può essere resa più immediata da un movimento espressivo.
RO Per esempio, se con opportuni esercizi i polpacci vengono costretti a tendersi e a caricarsi, a un certo punto iniziano spontaneamente a vibrare; questo processo naturale può essere rafforzato invitando le persone a scalciare o a battere i piedi per terra. La traduzione immediata è che dopo la scarica l’organismo può finalmente rilassarsi, perché scarica e rilassamento significano espansione, che è il contrario di contrazione. Faccio un altro esempio: la tensione muscolare accumulata in risposta alle situazioni ambientali quotidiane può essere paragonata a un’automobile che, bloccata in mezzo alla strada, impedisce il normale flusso del traffico. A poco a poco la circolazione ne risente non solo in quella strada, ma in tutta la zona, e alla fine nell’intera città. Se si riesce a far ripartire l’auto, la circolazione riprende a scorrere liberamente. Così avviene anche all’interno delle persone: un blocco muscolare impedisce il normale fluire di energia metabolica (sangue e respiro), non solo nell’area interessata al blocco, ma in varia misura in tutto l’organismo. Quando si consente ai muscoli di rilassarsi, tutti i fluidi vitali riprendono a circolare liberamente, con il risultato primario di rimettere le persone in contatto con il proprio corpo e le loro emozioni, e con la diretta conseguenza di restituire all’individuo lo stato di benessere a cui normalmente ognuno di noi aspira in ogni momento della giornata. Man mano che in una classe si lavora secondo questo ciclo energetico di tensione-carica-scarica- rilassamento, l’energia delle persone tende a salire. Di fatto, questa liberazione dalle tensioni è una liberazione dallo stress, termine inglese che significa appunto tensione e che deriva dal latino strictus, cioè costretto. Le Classi di Esercizi sono infatti, in primo luogo, un efficace metodo antistress. Nelle Classi Anti-stress si promuove un contatto con le tensioni e un contatto con l’eliminazione della tensione. Gradualmente invitiamo noi stessi a tollerare più carica. Col tempo si impara, per differenza, a percepire in quali situazioni e in che modo si accumula tensione nella nostra vita quotidiana. E come dice Luciano Marchino, Presidente IPSO, nel libro dal titolo Il corpo non mente, scritto con la collaborazione di Monique Mizrahil, scoprendo come la tensione prende corpo in noi si diviene sempre più capaci di non lasciarci imprigionare dagli automatismi corporei, psichici e re-
lazionali, ma soprattutto si diventa più abili a trovare in noi nuove strategie solide per rispondere in modo costruttivo alle tensioni giornaliere. In tal modo la nostra energia vitale si potrà esprimere creativamente in nuove idee, in nuove sensazioni e nuovi sentimenti; alla fine avremo più piacere e gioia di esistere. Come la FIRP, anche la Bioenergetica ha un laboratorio, il Laboratorio di Autoregolazione Bioenergetica. E’ strutturato come le Classi di Esercizi, ma prevede uno spazio più ampio per il rilassamento finale e uno spazio finale di condivisione in cerchio in cui è data la possibilità di condividere il proprio vissuto emozionale in un ambiente protetto e sicuro. Il Laboratorio prevede un incontro settimanale della durata di 1.30 h. Alexander Lowen diceva: se rispettiamo il nostro corpo, rispettiamo il corpo dell’altro; se sentiamo ciò che accade nel corpo, sentiamo anche quanto avviene nel corpo della persona alla quale siamo vicini; se siamo in contatto con i desideri e i bisogni del nostro corpo, conosciamo i bisogni e i desideri altrui e, al contrario, se non siamo in contatto con il nostro corpo, non siamo nemmeno in contatto con la vita.
Anna Maria Defendi Laboratori di bioenergetica Massaggio dolce
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Olodanza L’Olodanza (danza globale) è una forma di movimento consapevole, costituita da esercizi e situazioni di gruppo che aiutano a vivere esperienze profonde, piacevoli e utili per la vitalità, l’espressione di sé, la relazione con gli altri e l’equilibrio interiore. In particolare gli obiettivi sono: rendere più facile e completo il respiro, armonizzare l’energia vitale, esprimere se stessi con il movimento creativo, danzare in modo spontaneo, sciogliersi con gli altri migliorando la comunicazione e sentirsi più sereni e capaci di resistere alle difficoltà della vita. L’Olodanza è una forma globale (“olos” in greco significa il tutto, l’intero) di danza-terapia e di evoluzione personale attraverso il movimento e la consapevolezza, nel senso che vi sono compendiati gli aspetti dell’energia, dell’espressione, della relazione interpersonale e della meditazione. L’obiettivo è sciogliere i “blocchi” psicofisici, facendo sgorgare la gioia, la voglia di vivere, la comunicatività, la capacità di rilassarsi e di meditare. La bioenergia diventa fluida, come è nella sua natura. Vengono coinvolti e mobilizzati il corpo, le emozioni, la fantasia e l’anima. Già da queste poche parole si può capire l’interesse completo che questa disciplina ha per la persona, nella sua interezza e nella sua poliedricità di espressione, sia interiore che esteriore. Il fondatore del metodo è il dott. ROMANO SARTORI, psicologo, con una vasta esperienza anche in altre discipline. Ha fondato l’Olodanza nel lontano 1978, costruendone i principi basilari su: corpo/emozioni/mente/spirito. Ma poiché ritiene che il metodo sia comunque migliorabile, non solo ha affrontato la costruzione dell’Olodanza, ma tuttora sta lavorando al suo sviluppo e perfezionamento, proprio perché ne ha intravisto le qualità e le prerogative, facendosi promotore dell’estensione della tecnica anche all’infanzia Le attività dell’Olodanza si possono riunire in quattro forme: energia, espressione, relazione interpersonale, meditazione, anche se queste
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non sempre si possono distinguere nettamente e in diverse occasioni si compenetrano. Si può dire però che nei quattro momenti indicati alcuni aspetti sono semplicemente predominanti su altri. L’Olodanza serve a chi vuole migliorare il benessere e il piacere di vivere, la sensibilità artistica e le capacità espressive attraverso il movimento e la voce, l’empatia con gli altri, l’esperienza dello stato meditativo. Vengono apprese tecniche e situazioni per favorire la scioltezza del movimento e della voce, per usare il ritmo e la danza al fine di incrementare la vitalità, e di attingere alle proprie qualità: forza, serenità, dolcezza, passione, allegria e creatività. La persona è chiamata a convogliare queste qualità in una piena espressione, e a danzarle sulla base di musiche bellissime, anche con l’aiuto di visualizzazioni; la persona è stimolata a sciogliersi con gli altri migliorando l’apertura e il contatto, a usare il gruppo per canalizzare l’energia cosmica dentro di sé (captazione in cerchio), a trovare un centro di stabilità e serenità personale (sensibilizzazione meditativa) e ri-diventare naturali. Ovviamente il percorso non è breve, ma le sensazioni che, di volta in volta, vengono portate in superficie aiutano giornalmente a sciogliere i blocchi psicofisici di cui si parlava prima. Con pochissime eccezioni, tutti gli esercizi di Olodanza vengono praticati ascoltando una musica adatta, appositamente scelta. Quindi c’è la musica vibrante per il risveglio energeti-
RO co, quella a ritmo leggero per ondeggiamenti, quella sinuosa per i movimenti sensuali, quella ben ritmata per le danze forti e spontanee, quella contenente una vocalità rituale socializzante per la danza tribale, quella melodica di tipo emozionale, quella scorrevole per il rilassamento, quella di carattere più diffuso, lineare per un’applicazione meditativa, quella a flusso per il sostegno della voce, che ad un semplice ascolto potrebbe risultare monotona, ma dà il massimo quando è associata all’improvvisazione vocale, quella per i mantra. Vi sono musiche associabili a movimenti, respirazioni, visualizzazioni che favoriscono il riferimento al flusso dell’energia universale e ci aiutano a ricaricarci. Si era precedentemente accennato all’estensione dell’Olodanza ai bambini. Con l’ Olodanza ai bambini si propone un insieme organico di giochi, danze ed esercizi espressivi e comunicativi. Questo approccio si può definire movimento giocoso, perché i movimenti proposti hanno il carattere della leggerezza, della facilità e dell’umorismo che ben si addice all’età infantile. L’età a cui è rivolto l’attuale assetto di questi giochi è quella compresa tra i 4 e gli 8 anni, in quanto per noi questa si potrebbe chiamare l’età dell’incanto attivo, per la forte presenza della simbolizzazione, del senso dello stupore, e della capacità di coinvolgersi e di farsi coinvolgere in modo particolarmente fresco e vitale nelle situazioni reali o immaginate. Questa è l’età giusta perché durante l’età precedente, e quindi dagli zero ai tre anni, i bambini sono assorbiti nella maturazione sensoriale e motoria; in effetti, anche quando questa è abbastanza avanzata, i bambini non sono ancora in grado di comprendere e interiorizzare le istruzioni per i nostri giochi, né hanno una sufficiente autonomia emozionale, dipendendo strettamente dalla presenza delle figure adulte di riferimento costante. Anche l’età successiva, dagli 8 anni in poi, esce dalle caratteristiche dell’Olodanza, perché vede svilupparsi progressivamente l’interesse verso la comprensione realistica della vita, e l’incanto tende via via ad essere sostituito dal desiderio di spiegazione verosimile dei fatti e delle cose. La nostra età incantata, dunque, comporta una grande facilità di accesso all’immaginario, svin-
colato dal reale. In un attimo il bambino può immaginarsi su un micro-pianeta inesistente, può parlare con fate e maghi, può essere un indiano o un bisonte, una trottola o una bambola, un falco o un pulcino. La simbolizzazione non pone problemi di realismo: è subito così, e basta, con molta spontaneità. L’Olodanza è una tecnica di guarigione fisico/ spirituale che si eleva a VIA personale per ritrovare equilibrio in noi stessi attraverso esperienze profonde e utili per l’espressione di sé.
Domenico Taverniti Master in Olodanza
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Anche al freddo Anche se fa freddo, lo sport deve essere praticato. E questo risponde a logiche ben più grandi rispetto alla semplice ma importantissima salute di ogni atleta. I riferimenti allo sport professionistico sono normali, soprattutto perché il “riflesso” comporta un paragone sostenibile solo nelle regole. Infatti, lo sportivo non professionista condivide con i campioni le regole e la pratica, non certo gli onori mediatici. Ma ognuno nel suo piccolo ci prova. E’ però giusto rimarcare ancora una volta la distinzione fra l’attività sportiva agonistica e quella non agonistica. Però ognuno sceglie lo sport preferito, che al freddo comporta sicuramente qualche adattamento; o magari comporta una preparazione diversa per un’attività esercitata in un ambiente con temperatura bassa. Certo è che tutti gli sport sono belli e impegnativi, nascondono insidie di vario tipo, ma possono essere praticati in tutte le stagioni, anche se, ovviamente, ci sono caratteristiche diverse che impongono, ad esempio, attrezzatura e vestiario diversi. Se parliamo di sport al freddo, dobbiamo necessariamente distinguere quelli praticati d’inverno, quando la stagione appunto è fredda, da quelli praticati comunque a temperature basse ma anche in stagioni diverse. Fra i primi ricordiamo solo quelli più praticati, e cioè quelli che, tra l’altro, hanno portato medaglie olimpiche, campioni del mondo e
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tanti allori. Il riferimento è allo sci alpino, allo sci da fondo e agli sport che si praticano in montagna. La preparazione deve essere appropriata, con esercizi specifici per ogni distretto corporeo interessato. E siccome tipicamente questi sport vengono praticati d’inverno, non possiamo pensare di iniziare la preparazione a novembre, ma dobbiamo per forza ragionare su tempi più lunghi. E’ logico ricordare che per pratica sportiva non ci si riferisce alla saltuarietà della sciata, e cioè si va con gli amici una volta ogni tanto, tre volte all’anno, giusto per la gita e la voglia di divertimento. Per pratica sportiva si intende normalmente qualcosa di più organizzato, che impegna, che dà anche un benessere più duraturo. Preparazione significa molto semplicemente essere fisicamente a posto, ma ciò deve riguardare vari aspetti: ad esempio l’apparato cardiocircolatorio e l’apparato locomotore, con particolare attenzione agli arti inferiori. Ciò significa pre-sciistica, e quindi esercizi di potenziamento nello specifico distretto corporeo che viene particolarmente sollecitato dai movimenti rapidi e con un carico di forza non indifferente. Diviene assolutamente necessario allenare i due apparati, proprio perché dalla combinazione dei fattori climatici e fisici risulta una base davvero solida su cui costruire la stagione sportiva, sia agonistica che di puro divertimento. Alla fine, interessa mettere assieme tutte le varianti, per avere una prestazione soddisfacente, anche solo per il puro divertimento. Ognuno di noi deve riconoscere i propri limiti fisici, che non devono mai essere superati, perché la pratica sportiva non dovrebbe mai essere causa di problemi seri. Gli sport invernali sono ben definiti dalla FISI, Federazione Italiana Sport Invernali, ma a noi interessa come ci avviciniamo, come lo pratichiamo, come deve essere il nostro fisico quando si inizia a praticare la singola
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disciplina. E allora le differenze potrebbero essere sostanziali, solo pensando a quali distretti corporei impegnano la discesa libera, il kilometro lanciato, lo sci di fondo, l’hockey su ghiaccio; ma queste differenze si appianano nella gioia di fare sport, nella fatidica frase: si vede il fiato, che sta ad indicare semplicemente la differenza di temperatura e di umidità fra l’aria espirata e la temperatura esterna. L’altra faccia della medaglia sono gli sport praticati a temperatura bassa, con il freddo, ma con clima estivo. E allora qui ricordiamo lo sci sui ghiacciai, ai 3000 metri di altezza del Plateau Rosa in Val d’Aosta, utilizzato come allenamento per la stagione agonistica. Ricordiamo anche i “ritiri” in quota delle squadre di calcio professionistiche, molto in uso qualche anno fa nel secolo scorso, ma ormai limitati temporalmente per motivi pubblicitari. Diviene però utile per tutti riconoscere che lo sport va oltre qualsiasi remora di tipo precauzionale, a fronte di un’idoneità fisica e una voglia di fare, di esserci, anche solo da comprimari. Certo, d’estate si può praticare il curling e il pattinaggio su ghiaccio, anche se fuori fa caldo. Seppure siano diversi l’impegno cardiovascolare e l’impegno muscolare, sono sport di tutte le stagioni, sempre che sia disponibile l’impianto sportivo dove poterlo praticare. Ciò significa allargare il nostro orizzonte a quante strutture sono disponibili, a quanto viene messo a disposizione dagli Enti istituzionali; ma questo vale sia d’inverno che d’estate. E allora torniamo ai concetti fondamentali di sport: va fatto indipendentemente dal clima, va fatto con giudizio, va praticato nel rispet-
to dei propri limiti fisici, che possono variare al freddo. Ogni persona deve conoscere le regole dello sport che vuole praticare, ma anche le regole del funzionamento del proprio organismo, soprattutto nel momento in cui la temperatura esterna può condizionare la prestazione. E’ ovvio che la prestazione sia comunque condizionata da diversi parametri, ma fare sport d’inverno ha caratteristiche diverse rispetto all’estate. Ai medici potrebbe interessare in modo particolare l’influenza del microclima sulla prestazione. Al reflessologo potrebbe interessare cosa percepisce su un piede che gioca sul ghiaccio.
Federico Merisi Medico sportivo
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Salone benessere a Treviglio Succede che la FIRP decida di partecipare a un evento sulla salute e il benessere. Succede che qualcuno della FIRP accetti di mettersi in gioco con qualche reflessologo amico, in una location non usuale ma sicuramente suggestiva e intrigante. Andare a cercare eventi di questo tipo serve, ma soprattutto serve cogliere le occasioni e farle fruttare, non solo per l’immagine, ma soprattutto per diffondere la reflessologia e confrontarsi con altre tecniche, sicuramente diverse, magari complementari. Non ci vuole molto per capire le differenze con altre scelte: qui mettiamo in pratica quanto studiato, ma è una sensazione diversa, molto diversa; qui non siamo in uno studio, fra quattro mura, con un rapporto quasi ovattato con il nostro cliente; qui siamo in fiera, con il vociare di tutti i visitatori. Qui siamo a Treviglio, il 20 e 21 settembre, al Salone Salute-Benessere e Alimentazione, all’interno di un bellissimo Palazzetto dello Sport. Ci sono quasi cento espositori, ognuno con il suo bagaglio culturale, o con i suoi prodotti. Al di là degli stand puramente enogastronomici, che comunque abbiamo visitato con piacere, al di là delle conferenze a tema, che sono state comunque seguite dal pubblico, pare giusto fare qualche apprezzamento sullo svolgimento della manifestazione. La presenza della FIRP non è passata inosservata, anzi, abbiamo trovato un ottimo riscontro, sia come informazioni molto semplici, forse un po’ superficiali, che come applicazione pratica della reflessologia plantare. Al nostro stand hanno mostrato i piedi 65 persone, e ciò dimostra una buona risposta da parte di chi ha visitato la Fiera. In più, non eravamo solo noi della FIRP a rappresentare le Discipline BioNaturali. Ai reflessologi FIRP che hanno presenziato alla manifestazione
interessava fondamentalmente il contatto con i piedi, per far capire la bontà della tecnica universalmente conosciuta da millenni. Alla FIRP non interessa misurarsi con le altre DBN; alla FIRP interessa la reflessologia, e la sua espansione. E quindi ben vengano eventuali contatti approfonditi. E sicuramente sono stati benvenuti allo stand della FIRP il Presidente Stefano Suardi, profondo conoscitore dei meccanismi interni alla FIRP e promotore della nostra presenza alla Fiera, e Guido Zandi , vecchia volpe della reflessologia. Bella esperienza, anche se un po’ faticosa, ma sicuramente gratificante: questa è la sintesi delle due giornate, che si ripeterà sicuramente l’anno prossimo, e sicuramente non solo a Treviglio, perché è insito nello spirito dei reflessologi cogliere tutte le occasioni per far conoscere la bontà della reflessologia. Un grazie particolare al segretario Mangili e al consigliere Regazzoni che hanno organizzato in modo perfetto la presenza allo stand in fiera, e un sentito ringraziamento anche ai docenti che hanno prestato la loro opera.
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La redazione 10-07-2014 20:24:28
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La FIRP informa CORSO 48 ORE In accordo con un Ente di formazione riconosciuto da regione Lombardia, la FIRP sta organizzando il corso della durata di 48 ore che consente l’acquisizione dell’attestato delle competenze. Al corso possono partecipare tutti i Soci che hanno frequentato la Scuola triennale, e che sono in regola col pagamento della quota annuale. Questo significa adeguata preparazione e anche partecipazione alla vita associativa, in cui, ad esempio, viene inserita questa informativa. Si tratta di un corso che va a completare le conoscenze acquisite durante i tre anni di frequenza del corso di base, e che consente un ulteriore miglioramento nello svolgimento della professione di reflessologo. E’ possibile una riduzione delle ore a 35 per coloro che possono dimostrare di aver svolto la propria attività, ad esempio con certificazioni o tramite l’evidenza di fatturazione nei confronti del cliente. Molto probabilmente in primavera verrà organizzato un altro corso, proprio perché la FIRP crede nella formazione, soprattutto per fornire ai Soci le migliori opportunità di crescita professionale. Non dimentichiamoci che è in vigore la Legge 4/2013, che disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi, e tra queste, ovviamente c’è la reflessologia plantare con tutte le DBN.
ESAMI DOCENTI In data 13 settembre si sono svolti gli esami per per il passaggio da docente di prima nomina a docente effettivo. Molti complimenti a Lucia Guandalino, Emanuele Livotto e a Sabrina Vandoni, che hanno brillantemente superato la prova, e si trovano ora nella condizione di fornire un apporto ancora maggiore alla scuola, e quindi agli allievi. Ne conosciamo da anni l’impegno. Nella stessa data Barbara Fontanini e Susanna Gerolin hanno superato la prova d’esame e sono diventati docenti di 1° nomina. Anche a loro vanno i complimenti con l’auspicio di vederli ancora per tanti anni in FIRP. REFLESSOLOGIA MONDIALE Il vicepresidente vicario Angelo Goisis si è recato in Perù, dove, nell’ambito di un’azione umanitaria, si è impegnato a propagandare e a promuovere la reflessologia. A lui il Consiglio ha dato il placet per questa esperienza, che sarà senz’altro positiva e di cui saranno fornite notizie dettagliate nel prossimo numero.
SCUOLE Anche quest’anno è iniziato un nuovo anno scolastico, di cui riferiamo in altre pagine di questa rivista. Ci fa piacere sottolineare qui che, nonostante qualche difficoltà, ci siamo ancora, più bravi e più belli di prima, e soprattutto con tanta, tanta voglia di sederci con umiltà ai piedi del cliente perché crediamo davvero negli effetti positivi della reflessologia.
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