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L’ELETTRICO È IL FUTURO. INTANTO PERÒ TOGLIAMO LE AUTO VECCHIE DALLE STRADE

L’ELETTRICO È IL FUTURO. INTANTO PERÒ TOGLIAMO LE AUTO VECCHIE DALLE STRADE

Togliere dalle strade una sola auto vecchia equivale ad azzerare le emissioni di ben diciannove auto Euro 6.

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Nel 2030, un’auto su tre in Italia sarebbe elettrica, mossa solo da batterie, secondo le previsioni di uno studio congiunto di Automobile Club d’Italia, Enea e CNR. Per molti, questa sarebbe una notizia. Invece per Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’ACI, la notizia è un’altra: quell’82% di vetture che ancora gireranno mosse da un motore termico, magari unite a quel 10% di ibride, che avranno principalmente un propulsore a combustione interna, insieme a uno elettrico. Tener conto di questa presenza di motori termici assegna dei compiti precisi. All’industria, quello di continuare a sviluppare le tecnologie, senza il timore di apparire “fuori moda”. Tutte le tecnologie, dal diesel al biometano, dall’ibrido al benzina, fino all’elettrico, su cui siamo ancora abbastanza indietro. Secondo Sticchi Damiani, “grazie all’evoluzione costante delle tecnologie, alla naturale crescita dell’elettrificazione e alle spontanee scelte del mercato è possibile raggiungere, progressivamente e senza forzature, una nuova mobilità sostenibile che salvaguardi il diritto universale alla mobilità e garantisca un significativo miglioramento della qualità dell’aria e la tenuta del forte settore automobilistico italiano”.

Alla politica, quello di non ignorare che la sostenibilità della mobilità passa soprattutto per lo svecchiamento del parco, che va aiutato senza ideologie. “Quando qualche sindaco, preso dall’entusiasmo, vieta l’ingresso alle vetture Euro 4 sbaglia – aggiunge Sticchi Damiani – perché un’Euro 4 inquina il 50% in meno di un’Euro 3”.

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Un terzo delle auto sulle nostre strade, 13,7 milioni, è ante Euro 4, ossia con un’anzianità da 13 a oltre venti anni, con tutto ciò che significa in termini di misure di sicurezza attive e passive, oltre che di sostenibilità ambientale. Un’auto di oggi emette sostanze inquinanti venti volte inferiori a quelle del secolo scorso. Detto diversamente, togliere dalle strade una sola auto vecchia equivale a azzerare le emissioni di ben diciannove auto Euro 6. Proprio qui sta il punto: che non vengono tolte dalla circolazione. Le Euro 2 e 3, che hanno anche un mercato all’estero, vengono radiate in ragione di meno del 10% all’anno: significa che per eliminarle impiegheremo dieci anni. Le Euro 1 hanno una velocità di uscita che è la metà: ci vorranno vent’anni per farle fuori. Per le Euro 0, antecedenti al 1992, neppure vale la pena fare il calcolo, visto che sono inamovibili, anche perché vengono premiate dallo Stato col dimezzamento e poi azzeramento del bollo, con la scusa che sarebbero storiche.

Ai media, quello di scendere con i piedi per terra, lì dove stanno le ruote gommate su cui si muovono i cittadini. Eventualmente chiedendosi quanto sia probabile (ma credibile è più appropriato) che in undici anni 3,3 milioni di auto elettriche vengano immatricolate nel Bel Paese. Si tratta di 300mila all’anno, a cominciare dal prossimo. Ora, se partiamo dal dato vero di mercato, che parla di 6.000 targhe nel 2019, pare quanto meno ottimista prevedere di moltiplicare per cinquanta. È vero che una media è una media, ma è altrettanto vero che se le 300mila non le vendi l’anno prossimo poi quello dopo te ne toccano 600mila, e così via. Forse è il tempo di accettare il fatto che togliere dalle strade le auto inquinanti è molto più green che metterne poche migliaia di elettriche.

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 28 novembre 2019

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